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IL MERCATO - attrezzi

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Page 1: Mercato - attrezzi

IL MERCATO - attrezzi

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El Greco, La purificazione del tempio, 1570, olio su tela, National Gallery of Art, Washington

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1Mercato, un termine enormemente diffuso, isolato o sostenuto da determinazioni che ne cambiano radicalmente implicazioni pare sfuggire ogni volta ad una comprensione, alimentandone il desiderio. Un luogo comune, un luogo di radicali separazioni, un luogo di traffico, eppure uno spazio pieno. Uno spazio di esposizione. Un luogo talvolta virtuale, dove le transizioni finanziarie corrono più veloci della percezione umana. Un non luogo costituito dalle cattedrali del con-sumo che ridisegnano gli spazi urbani. Attraver-sandone alcune sue differenti forme progressiva-mente ci ritroviamo con un oggetto mancante, privo di sostanza su cui nondimeno il potere eser-cita una funzione specifica: un’infinita proiezione.

Nella città, il mercato: difficilmente ci sono spazi che vi si sottraggono.

«Uomo in affitto», il foglietto stampato in a5, per raddoppiare le chances che dieci centesimi offrono di farsi pubblicità nella propria assenza, si trova appeso sui pali della luce o delle fermate del tram. Dai banchi della chiassosa piazza qualcosa ha spiccato il volo .

Mercato della frutta, della verdura, dell’abbigliamento, del lavoro, mercato delle informazioni, mercato in internet, mercato degli schiavi.Dove sta il mercato? Uno spazio, un acquisto, una vendita, uno scambio, un’economia? Un’immagine

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2Nel dialogo “Il Sofista” di Platone (IV secolo a.C.) si afferma che nell’arte dello scambio vi sono due specie, una relativa allo scambio di doni, l’altra a quello commerciale. Si aggiunge che l’arte del commercio a sua volta si divide in due: l’arte della vendita diretta di prodotti e quella che scambia i prodotti altrui. Che viene descritta anche come l’arte di impadronirsi. Si amplia poi il discorso nell’ambito del mercato dell’arte (musica, pittura) che riguarda il commercio di “cose riguardanti l’anima”. Infine si discute de “l’ arte dell’acquistare” attraverso la lotta. Paltone arriva a criticare quindi l’arte dell’acquisire in quanto sofistica.

OSPITE Dell’arte del procacciarsi duplice era l’aspetto, l’una parte era relativa alla caccia, l’altra invece alla permuta.TEETETO Infatti era così.OSPITE Di quella della permuta noi indichiamo ancora due aspetti, l’uno che si compie con doni, l’altro tramite il commercio. TEETETO Sia ben detto cosi.OSPITE E diremo a nostra volta che l’arte che si svolge mediante il commercio si divide in due parti.TEETETO Come?OSPITE Una che è vendita diretta dei propri prodotti, l’altra invece, che scambia il lavoro altrui e

viene chiamata arte dello scambio. TEETETO Certamente.OSPITE Ebbene? Di questa seconda la permuta che avviene in città, un presso a poco una mezza parte di essa, non viene chiamata quella del riven-dugliolo?TEETETO Sì.OSPITE E lo scambio che si compie da una città all’altra mediante la compravendita non viene chia-mato commercio? TEETETO E perché no?OSPITE E del commercio non sappiamo che l’una parte è di quelle cose di cui si nutre e si serve il corpo, l’altra di quelle invece di cui si alimenta e si sostiene l’anima, e avviene lo scambio effettuando vendite attraverso il denaro?TEETETO Come dici?OSPITE Forse ignoriamo quella che riguarda l’anima, dato che l’altra in qualche modo la com-prendiamo.TEETETO Sì.OSPITE La musica poi, tutta quanta noi diciamo, venduta talvolta di città in città, condotta altrove e ancora venduta e l’arte pittorica e quella di fare mirabilia e molti altri prodotti dell’anima, portate in giro e messe in vendita, alcune a scopo di conforto, altre di sollecitudine, a chi le porta e le smercia può essere giustamente attribuito il nome di commerci

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3ante non meno di chi provvede alla vendita di cibi e di bevande.TEETETO È verissimo quello che dici.OSPITE E dunque anche a chi acquista apprendi-menti e li scambia di città in città al costo di denaro darai lo stesso nome?[…]OSPITE Consideriamo ancora se il genere che ora è stato sottoposto a ricerca non sia somigliante a qualche altro.TEETETO Ma quale?OSPITE Per noi parte dell’arte dell’acquistare era costituito dalla lotta.TEETETO Si disse proprio così.OSPITE Ora è possibile non fuori di maniera divi-dere la lotta in due branche.TEETETO In quali? Di’ pure.OSPITE Ponendo di essa una parte incline al confronto e l’altra al combattimento.TEETETO È così.OSPITE Ma a quell’aspetto di essa che riguarda il combattimento che avviene da corpo a corpo è vero-simile e conveniente dare un nome quale violenza o un presso a poco.TEETETO Sì.

Verso le sei e mezza l’orchestra cominciò a prepara-rsi: bassi in forma di banconi, violini in forma di ombrosi ombrelloni, flauti di fiori e timpani di frutta. La scena era ancora quasi sgombra: solo venditrici, nessun avventore. Mi riaddormentai. Verso le nove, quando mi risvegliai, era esplosa la festa: i mercati sono le feste del mattino, perché, avrebbe detto Jean Paul, la fame apre il giorno così come l’amore lo chiude. Avevano fatto la loro comparsa le monete con il ticchettio sincopato, e lentamente sfilavano e si incrociavano le fanciulle compratrici che, ondeggiando da tutti i lati, moltiplicavano la lus-inga delle loro sinuosità. Ma non appena, vestitomi, abbandonai il palco e volli metter piede sulla scena, svanì ogni splendore e ogni freschezza. Compresi allora che tutti i doni del mattino sono come il primo raggio di sole: si colgono solo dall’alto. In verità, non era stata l’aurora del mercato quella che aveva fino a poco prima acceso il delicato mosaico della piazza? Ora tutto era sepolto sotto le cartacce e i rifiuti. Non più musiche e danze, ma solo gente in-teressata e indaffarata. Nulla più di un mattino può dare questa sensazione di perdita irrimediabile. Walter Benjamin, «Weimar I» in Strada a senso unico, Einaudi, Torino 2006, pp. 121-122

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Giotto, Purificazione del Tempio, 303-305 ca., affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova, Italia

4Lì su due piedi si eseguono riparazioni; ho visto saldare qualcosa al cannello. Di posti a sedere neanche l’ombra: tutti stanno in piedi, ciarlano e trafficano. Qui si manifesta la funzione architet-tonica della merce. Panni e stoffe formano pilastri e colonne; scarpe, valenki, appesi in fila e ai cordoni sopra il banco, finiscono per crearvi sopra un bal-dacchino; grandi garmoski (fisarmoniche) formano delle pareti sonore, capaci di canto come la statua di Memnone. Walter Benjamin, «Mosca» in Immagini di città, Einaudi, Torino 2007, p. 23

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5La lenta istituzionalizzazione del commercio risale all’epoca antica. Nella società cretese-micenea (2000-1200 a.C.) il commercio di alcuni prodotti era già affermato. Nell’Iliade e Odissea i giudizi sono molto negativi su commercio e commercianti. Il saccheggio e la guerra erano considerati i mezzi giusti per approvvigionarsi.La stessa guerra di Troia per alcuni storici fu una guerra commerciale, per altri una guerra di saccheggio. Chi andava per mare scambiava merci o rubava. Nella società delle città-stato ateniesi i meteci erano mercanti stranieri che venivano considerati nella stratificazione sociale appena sopra agli schiavi, dovevano essere rappresentati da un uomo libero in caso di controversie, non avevano diritti politici né di proprietà. Anche nella soceità Azteca in un contesto di mercato fiorente c’erano delle barriere per cui i commercianti erano tenuti ad essere umili, era prevista la confisca delle loro ricchezze nel caso aumentassero troppo. Nella società medievale inizia a modificarsi la concezione verso i commercianti. Gurevic nell’analisi della figura del mercante evidenzia cheIl mercante restava [...] un “paria” della società medievale nella fase iniziale del suo sviluppo. In che cosa propriamente consiste la giustificazione

del suo profitto? Egli acquista la merce a un prezzo e la rivende a uno più alto. Qui si celano le possibil-ità dell’inganno e dell’ingiusto lucro; i teologi ricorda-vano volentieri le parole: “il mestiere del mercante non è grato a Dio”. […]Particolare sdegno destavano quei ricchi che prestavano denaro a interesse. Ed erano i mercanti a ricorrere più spesso a questo sistema di moltipli-cazione del capitale. Invece dei viaggi commerciali in terre lontane, collegati a non piccolo rischio (o accanto al commercio), molti abbienti preferivano prestare denaro a chi ne aveva bisogno. E ne avevano bisogno tutti: dai sovrani ai nobili, ai piccoli commercianti, agli artigiani e ai contadini.La riprovazione sociale e anche religiosa si attenua fino a consentire la nascita della piccola borghesia di cui i commercianti sono rappresentanti. I papi Pio V e Benedetto XIV emettono encicliche o bolle che di fatto ufficializzano un’autorizzazione che già esisteva anche per quanto riguarda i mercanti di denaro, ovvero i banchieri, mantenendo un atteggiamento contraddittorio verso queste figure. La Chiesa si adattò a spostare il suo centro di azione dalla campagna alla città e si adegua alle condizioni di vita dell’urbanizzazione del XIII secolo, gli ordini dominicani e francescani predi-cano in questo contesto.

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6Le forme arcaiche di economia nella società costi-tuiscono due forme principali che precedono l’economia di mercato-RECIPROCITA’ soggetti: famiglia, parentela allar-gata, comunità. Si tratta della prestazione di servizi o cessione di beni materiali, con la previsione di avere successivamente una restituzione di servizi o beni in forme fissate da norme culturali. Esempio classico “L’anello di Kula” studiato da Malinowski: nell’arcipelago delle Trobriand (Est della Nuova Guinea) rituale basato sugli scambi di monili fatti di conchiglie. Da isola ad isola continua circolazione di collane di conchiglie rosse in senso orario e di braccialetti di conchiglie bianche in senso antiorario. Si crea un vero e proprio anello per cui gli oggetti ricevuti in dono vengono tenuti per un po’ per poi essere riportati ad un’altra isola fino a tornare da dove erano stati creati. Ha valore non solo di scambio, ma di condivisione e appartenenza culturale. -REDISTRIBUZIONE forme tipiche della società dell’antico egitto e del feudalesimo. Capo tribù o faraone o signore che detiene il potere politico raccoglie i prodotti (da contadini e artigiani) che vengono trasferiti “al centro” e successiva-mente allocati e ripartiti fra i membri della società.

I prezzi vengono stabiliti non dal mercato, ma da dei decreti del signore. Il contenuto economico è parte del rapporto politico che lega i sudditi al potere centrale che offre protezione, servizi collettivi e organizzazione della società. La redistribuzione si può combinare con altre forme, come il mercato, come forma dominante o secondaria. Nella nostra epoca riguarda la regolazione dell’economia da parte dello stato che redistribuisce sussidi e servizi.

Queste combinazioni cambiano con l’affermarsi dello scambio di mercato che si è diffuso gradual-mente fino a diventare il modo dominante di inte-grazione dell’economia nella società. Cambia anche il tipo di solidarietà, di attribuzione di status assieme alla forma dello scambio.Con l’affermazione del mercato il rapporto economia-società cambia, l’economia non è più incapsulata nella società, ma si autoregola.Questo almeno per le teorie economiche neoclassi-che e di Smith. In una concezione in cui esiste un mercato che si basa su regole che in realtà non si sono mai viste nella realtà, ma che rappresentano quasi degli ideal-tipi weberiani se pensiamo al mer-cato della concorrenza perfetta in cui l’equilibrio tra domanda e offerta dovrebbe accontentare tutti i soggetti dello scambio economico.

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7Le istituzioni che precedono la polizia sono queste. La città, la strada, il mercato e la rete stradale che alimenta il mercato. […] Vedete anche – ed è l’altra osservazione che volevo fare a proposito del rapporto tra la polizia e, diciamo, l’urbanità – come l’instaurazione della polizia non possa affatto essere dissociata da una teoria e da una pratica di

governo che si è soliti etichettare come mercantil-ismo. Il mercantilismo riguarda una tecnica e un calcolo di rafforzamento della potenza degli stati nella competizione europea attraverso il commercio, il suo sviluppo e il nuovo vigore impresso alle relazioni commerciali. […] Polizia e commercio, poli-zia e sviluppo urbano, polizia e sviluppo di tutte le

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città, 1338-1339, affresco, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena, Italia

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8attività del mercato in senso lato: tutto ciò costituirà un’unità essenziale nel XVII secolo e fino all’inizio del XVIII. Lo sviluppo dell’economia di mercato, la moltiplicazione e l’intensificazione degli scambi a partire dal XVI secolo, l’attivazione della circolazione monetaria, tutto ciò ha fatto entrare l’esistenza umana nel mondo astratto e puramente rappresentativo della merce e del valore di scambio. […] l’entrata nell’esistenza umana nel mondo astratto della merce, avvenuta nel secolo XVII […] E’ un fascio di relazioni intelleggibili e ana-lizzabili, che permettono di tenere insieme, come le facce di uno stesso poliedro, un certo numero di elementi fondamentali: la formazione di un’arte di governo che obbedisce al principio della ragion di stato; una politica della competizione nella forma dell’equilibrio europeo; la ricerca di una tecnica di crescita delle forze statuali mediante la polizia, il cui scopo essenziale è l’organizzazione dei rapporti tra popolazione e produzione di merci; infine la comparsa della città-mercato, con tutti i problemi di coabitazione e circolazione, che richiedono la vigilanza di un buon governo guidato dai principi della ragion di stato. […] Si potrebbe dire che esiste un ciclo tra ragion di stato e privilegio urbano, un legame fondamentale tra la polizia e il primato della merce. Nella misura

in cui si stabilisce il rapporto tra ragion di stato e privilegio urbano, tra polizia e primato della merce, il vivere e il «più che vivere», l’essere e il ben-essere degli individui sono davvero diventati pertinenti per l’intervento del governo […] il commercio è pensato come lo strumento principale della potenza di uno stato, e quindi come l’oggetto privilegiato di una polizia il cui obiettivo è la crescita delle forze dello stato. Michel Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, Corso al Collège de France (1977-1978), 5 aprile 1978, Feltrinelli, Milano 2007, pp. 343-345

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Affresco nella Casa del Panettiere o anche Casa del Magistrato, 56-68 ca., Museo Nazionale, Napoli da Pompei, Italia

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10MERCATO (µάκελλον; macellum, emporium). - Non è ancora del tutto chiara la tesi che tende a dis-sociare, per il mondo greco, il concetto di mercato da quello di agorà, […] il tipo di mercato ellenistico appare sostanzialmente ispirato il mercato romano cui, peraltro, si giunge ugualmente, in seguito a un processo di separazione o di sdoppiamento delle funzioni della "piazza" o Foro (v.), con una evoluzi-one che, a Roma, è quasi contemporanea a quella che si svolge ad Atene senza tuttavia che sia possi-bile parlare di una diretta imitazione dalla Grecia, come accadrà invece per il mercato ellenistico.Treccani, dizionario enciclopedico online

Non abbiamo etimologia per merx, il cui senso è ‘mercanzia’; propriamente ‘oggetto di traffico’; da cui mercor ‘darsi al traffico, farne un mestiere’ gen-eralmente in paesi lontani, e mercator ‘trafficante, commerciante’. Questi termini, come si vede, non hanno rapporti con quelli che indicano il fatto di comperare e di vendere: sono nozioni diverse. D’altronde questo commercio, questo traffico, non è cosa da cittadini, ma di solito è lasciato a uomini di condizione inferiore che spesso non sono nemmeno uomini del luogo, ma stranieri, schiavi liberati, spe-cializzati in questa attività. Emile Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, v. I, Einaudi, Torino 2001, p. 105

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11La massa come tale, a prescindere dalle diverse classi che la compongono, non ha un significato sociale primario, e quello secondario dipende dall’insieme di relazioni a partire dalle quali essa si costituisce volta per volta. Il pubblico in un teatro, un esercito, l’insieme degli abitanti di una città, formano delle masse che come tali non apparten-gono a una determinata classe. Il libero mercato moltiplica rapidamente e in quantità vertiginosa queste masse, giacché ogni merce attira intorno a sé la massa dei suoi acquirenti. Gli stati totalitari hanno a modello preso questo genere di massa. [J 81a, I], Walter Benjamin «Appunti e Materiali», «Baudelaire», in I ‘passages’ di Parigi, Einaudi, Torino 2002, p. 411

Col cartellino del prezzo, la merce fa il suo ingresso sul mercato. Individualità materiale e qualità costi-tuiscono solo l’incentivo allo scambio, risultando del tutto irrilevanti ai fini della valutazione sociale del valore. La merce è diventata un astratto. Una volta sfuggita alle mani del suo produttore, liberatasi ormai della sua particolarità reale, ha cessato di essere prodotto e dominio dell’uomo. Ha acquistato «un’oggettività spettrale» e conduce vita propria. «A prima vista, una merce sembra una cosa banale, ovvia. Dalla sua analisi risulta che è una cosa imbrigliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici» Liberatasi dalla volontà dell’uomo, la merce si inserisce in una misteriosa gerarchia, rifiuta o sviluppa capacità di scambio, recita secondo leggi proprie, come un attore su un palcoscenico chimerico [G 5, 1] Otto Ruhle, Karl Marx, Hellerau (1928), pp. 284-85 in Walter Benjamin «Appunti e Materi-ali», «Esposizioni, pubblicità, Grandville», in I ‘pas-sages’ di Parigi, Einaudi, Torino 2002, p. 191

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12Jean-Léon Gérôme, Mercato di schiavi, 1871, olio su tela, John J. Emery Fund, Cincinnati Art Museum, Cincinnati, USA, dettaglio

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13Ora il capitale per il commercio di merci non è altro che la forma trasformata di una parte di questo capitale di circolazione che si trova costantemente sul mercato, occupato nel processo della metamorfosi e sempre circoscritto nei confini della sfera della circolazione. Noi diciamo di una parte, perché una parte della vendita e dell’acquisto di merci si opera sempre diretta-mente fra i capitalisti industriali stessi. Di quest’ultima parte noi facciamo del tutto astrazione nella presente ricerca, dato che non apporta alcun contributo alla determinazione del concetto, alla conoscenza della natura specifica del capitale commerciale, e d’altronde, per i fini che perseguiamo, essa già stata esaurientemente analizzata nel II Libro.Il commerciante di merci, in quanto capitalista in generale, si presenta innanzitutto sul mercato come rappre-sentante di una determinata somma di denaro che egli anticipa nella sua qualità di capitalista e che egli vuole trasformare da x (il valore originario della somma) in x + p (questa somma più il relativo profitto). Dato che egli non è solo capitalista in generale, ma commerciante di merci in particolare, è evidente che il suo capi-tale deve apparire originariamente sul mercato nella forma di capitale monetario, poiché non produce alcuna merce , ma solo commercia con esse, rende possibile il loro movimento e per commerciare con esse egli deve innanzitutto comperare, quindi possedere del capitale monetario. Karl Marx, Il capitale, Libro III, sez. IV, «Trasformazione del capitale-merce e del capitale monetario in capi-tale per il commercio di merci e capitale per il commercio di denaro (capitale commerciale)», cap. 16, «Il capitale per il commercio di merci», http://www.criticamente.com

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14I «cavilli metafisici» di cui, secondo Marx, si compi-ace la merce, sono innanzitutto i cavilli della formazione dei prezzi. Come la merce pervenga al suo prezzo è cosa che non si può mai calcolare esat-tamente, né nel corso della sua produzione né in seguito, quando si trova sul mercato. Esattamente la stessa cosa accade all’oggetto nella sua esist-enza allegorica: non è in nessun modo stabilito a quale significato lo condurrà l’assorta profondità dell’allegorico. Una volta però che abbia acquisito questo significato, esso può essergli in ogni momento sottratto a favore di un altro. Le mode dei significati cambiano quasi altrettanto rapidamente di quanto cambia adesso il prezzo delle merci. E, in effetti, significato vuol dire per la merce: prezzo; come merce essa non ne ha altri. Perciò l’allegorico tra le merci si trova nel proprio elemento. Come flaneur si è immedesimato nell’anima della merce; come allegorico riconosce nel «cartellino del prezzo» con cui la merce entra sul mercato l’oggetto delle sue rimuginazioni: il significato. Il mondo con cui questo nuovo significato lo fa entrare in intimità non è divenuto un mondo più felice. Un inferno infuria nell’anima della merce, che pure sembra trovare nel prezzo la sua pace.[J 80, 2; J80a, I], Walter Benjamin «Appunti e Materiali», «Baudelaire», in I ‘passages’ di Parigi, Einaudi, Torino 2002, p. 408-409

Ai magasins de nouveauté si affiancano i giornali. La stampa organizza il mercato dei valori spirituali, che in un primo momento registra una grande impennata. I nonconformisti si ribellano alla consegna dell’arte al mercato. Essi si raccolgono intorno alla bandiera dell’«art pour l’art». Da questa parola d’ordine scaturisce la concezione dell’opera d’arte totale, che cerca di preservare l’arte dallo sviluppo della tecnica. La solennità con cui l’opera d’arte totale celebra se stessa è il pendant degli svaghi che trasfigurano la merce. L’uno e l’altra as-traggono dall’esistenza sociale dell’uomo. Baude-laire soggiace alla malia di Wagner. Walter Benjamin, «Parigi, la capitale del XIX secolo», in I ‘passages’ di Parigi, Einaudi, Torino 2002, pp. 15

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Jean Léon Gérome, Mercato di schiavi a Roma, ca.1884, olio su tela, The Walters Art Museum, Baltimora, USA, dettaglio

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16Di Xosé Carlos Arias da: Velocità e capitalismo. Alta frequenza, alchimia e corsa verso lo zero. ...a che cosa ci riferiamo esattamente quando parliamo di movimenti ultrarapidi? […] E’ superfluo dire che questo folle avanzamento delle transazioni verso "i limiti fisici della velocità della luce" non si può real-izzare attraverso decisioni umane, ma solamente lo possono fare macchine potentissime. Un fatto particolarmente rilevatore delle implicazioni reali di queste trasformazioni è stato il cosiddetto "Flash Crash" del 6 maggio del 2010, un giorno in cui i mercati mondiali sembrarono -in un particolare momento- avvicinarsi all’orlo del collasso totale. Ciò che successe fu studiato nei dettagli da Haldane, che è considerato da molti l’attuale cervello della Banca di Inghilterra- nel suo già citato lavoro "La corsa verso lo zero". Durante 27 minuti l’indice di Wall Street caddè in 862.000 milioni di dollari nel valore di capitalizzazione, cosa che non era mai successa nella storia passata in un così breve margine di tempo. I prezzi di alcuni dei principali titoli delle imprese del mondo precipitarono in caduta libera (per es. la potente Accenture ha visto volatizzarsi il 99% del valore delle sue azioni). Il recupero fu ugualmente repentino, però il vissuto di quell’interminabile attimo "lasciò attoniti tanto gli agenti di mercato quanto gli organi di vigilanza del mercato borsistico e gli accademici. […]

La cosa peggiore è che non sappiamo esattamente che successe durante quei venti minuti, nei quali non apparve nessuna notizia o rumore destabiliz-zatore rispetto alle compagnie affettate (nemmeno su Accenture). Questo vuoto di conoscenza è molto inquietante. Rispetto a ciò come riassume il gruppo di fisici prima menzionati, in termini più generali, ci manca una spiegazione scientifica dei fenomeni finanziari inferiori al secondo; così come alcuni dei più accreditati studiosi contemporanei dei mercati di capitali -come Robert Shiller, Simon Johnson, Haldane- affermano ripetutamente che non sappi-amo nulla su alcune parti del complesso edificio dl questi mercati. Tra i meccanismi reali che hanno reso possibile fatti come quello appena menzionato spicca il sistema di negoziazione di alta frequenza (HFT) che si è esteso come la polvere da New York al resto delle piazze finanziarie di tutto il mondo negli ultimi decenni: nato timidamente nei mercati dei derivati negli anni 90, nel cui mercato d’origine comprendeva nel 2005 un quinto della transizioni totali, mentre nel 2012 si approssimava ai tre quarti. Un sistema automatizzato che si giustifica nella ricerca immediata di prezzi e quantità tra offerta e domanda di tutti i tipi di azionisti finanzi-ari: in teoria ci troveremmo davanti alla chimera del marcato perfetto, assolutamente efficiente e senza nessun tipo di costo di transizione. Però

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17il dinamismo smisurato del gioco comporta che molti acquisti si dissolvano in microsecondi e che alla fine della giornata molti operatori non abbiano nessun titolo nel loro portfolio, questa è la massima espressione della condizione virtuale degli strumenti finanziari. Per la maggiorparte si sono già individuate diverse patologie operative: ad es. l’utilizzo dello stesso algoritmo da parte di molti operatori ha fatto si che ci sia un comportamento di branco. E se qualcosa tipo un fatto casuale, un errore del sistema operativo, provocasse un impaz-zimento del sistema stesso? Le conclusioni del testo parlano di una distopia di questo sistema che viene osannato da molti, ma che in realtà comporta dei grandi rischi economici e sociali, per cui mai come oggi la velocità sta giocando con il fuoco.

Mi piace la concezione di distopia del mercato e credo che la terza parte in qualche modo lo renda evidente. Un altro aspetto interessante che mi ha fatto perdere nei meandri della conoscenza umana è stata la citazione dei sistemi geometrici dei frat-tali di Julia e Mandelbrot nel testo di Andrew Hal-dane http://www.bis.org/review/r110720a.pdf

Fotografia dall’Archivio del Verbano, Cusio, Ossola, operai impiegati alla costruzione del Tunnel del Sempione, ca. 1900

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Nicholas Chevalier, Gara verso il mercato, Tahiti, 1880, olio su tela, Art Gallery of New South Waltes, Sydney, Australia

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19Per dimostrare quanto i tempi fossero cambiati, si richiamò ad Adam Smith, il quale aveva sostenuto più o meno che la merce lavoro è la più difficile da trasportare. Egli constatò al contrario che la forza lavoro era diventata mobile. L’Europa, il mondo intero le si schiudevano come mercato. [U4, 1] Louis Héritier, Die Arbeitsboersen, «Die neue Zeit», Stuttgart 1896, XIV, I, pp. 645-47 in Walter Benjamin «Appunti e Materiali», «Saint-Simon, ferrovie», in I ‘passages’ di Parigi, Einaudi, Torino 2002, p. 645

Venti yen al giorno per non avere altro che il loro tempo? Non c’è nessuno al mondo che non ne sia naturalmente provvisto. E’ parte di noi, dalla nascita. Non c’è bisogno di fatica per impararlo, il tempo. Chi nasce lo ottiene gratuitamente, non se lo deve guadagnare, lo dice anche Bly al capitolo 27 della sua raccolta di detti. ‘E l’offerta sul mercato è spropositata’. Per questo tempo, che tutti abbiamo gratuitamente, che nessuno si deve procurare, del quale c’è un’offerta enorme […]Günther Anders, La catacomba molussica, I ed. 1933, Lupetti, Milano 2008, p. 258

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20E il linguaggio è la logica che veglia questa connessione tra linguaggio e mondo. Così come il gold exchange standard, veg-liava la connessione fra denaro e base aurea. […] Il linguaggio è il valore spettacolare supremo perché rivela il nulla di tutte le cose, il denaro è la merce suprema perché mostra in ultima analisi, la nullità di tutte le merci.Trascrizione dalla registrazione di Giorgio Agamben «Il capitalismo come religione», L’opera Dell’uomo. Archeologia della politica, giovedì 11 aprile 2013, Cattedra Borromini 2012/2013 Università della Svizzera italiana, Mendrisio

Non si tratta più di strappare il soggetto a dei legami tradizionali esterni, come aveva ordinato l’ipotesi liberale, ma di ricostruire del legame sociale privando il soggetto d’ogni sostanza. È necessario che ciascuno divenga un involucro senza carne, il miglior conduttore possibile della comunicazi-one sociale, il luogo d’un circuito retroattivo infinito che proceda senza nodi. Il processo di cibernetizzazione conclude così il “processo di civilizzazione”, fino all’astrazione dei corpi e dei loro affetti nel regime dei segni.Tiqqun, Ipotesi cibernetica

Leggiamo: «lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accu-mulazione che diventa immagine». tesi n. 34, parte I «La separazione compiuta» [in Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2004, pag. 64]L’accumulazione del capitale nel suo apice estremo si fa immagine, ovvero si mostra nel suo puro essere scambiabile al di fuori e separato da ogni uso, in un rapporto tutto parti-colare con il proprio destino.

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Fotografia dall’Archivio del Verbano, Cusio, Ossola, operai impiegati alla costruzione del Tunnel del Sempione, ca. 1900

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Iginio Muzzani, Due giovani lavoratori per la costruzione del Tunnel del Sempione, 1902, Archivio del Verbano, Cusio, Ossola

Diego Rivera, Il venditore di cavoli, 1936, acquarello su carta, El Museo Dolores Olmedo, Xochimilco,Messico

Il Maciste di Porta Pila, fotografia dalla Stampa Sera, Torino 4.V.1980

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23Michael Glawogger, Workingman’s Death, 2005, Austria, 35mm, col., son., 122’ Charles Ferguson, Inside Job, 2010, USA, 35mm, col., son., 108’Franco Martinelli, Italia a mano armata, 1976, Italia, 35mm, col., son., 95’Joaquim Pedro de Andrade, Il linguaggio della persuasione, 1970, Brasile, 35 mm, col., son., 10’ Ettore Scola, Trevico-Torino. Viaggio nel Fiat-Nam, 1971, Italia, 16mm, col., son., 101’ Oliver Stone, Wall Street, 1987, USA, col., son., 126’ Johan Van der Keuken, I Love $, 1986, Olanda, 16mm, col., son., 145’ Robert Wise, Executive Suite, 1954, USA, 35mm, bn, son., 103’ Frederick Wiseman, The Store, 1983, USA, 16mm, col., son., 118’Frederick Wiseman, Meat, 1976, USA, 16mm, bn, son., 113’

Se lei andrà un giorno di domenica, la domenica mattina, lei troverà migli-aia di immigrati riuniti in capannelli, sono quasi tutti gruppi di paesi, molto probabilmente se non troverà il suo paese a Porta Palazzo troverà qualche paese vicino. E tutto sommato direi che le conviene anche andare, perchè vedrà un altro problema, lei lo sta risolvendo, quello del lavoro, ma per molti è un problema. Non sempre, anzi molto spesso non sono le istituzioni ufficiali, vedi l’ufficio del lavoro a risolverlo, ma sono altri strumenti, ad esempio Porta Palazzo dove la domenica [...] Ettore Scola, Trevico-Torino. Viaggio nel Fiat-Nam, 1971, Italia, 16mm, col., son., 101’

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Valentin De Boulogne, La cacciata dei mercanti dal tempio, 1618 ca., olio su tela, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma, Italia

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25In un regime di pubblicità, la conquista dell’attenzione nella parte del singolo coincide infatti con la svalutazione del vicino all’interno di un unico sistema di riferimento estimativo che permette di comparare e gerarchizzare gli status. Ogni sistema pubblico di concorrenza segue il mod-ello della borsa valori, il successo dell’uno coincide con la sconfitta dell’altro dal momento che la stima può essere distribuita solo in modo gerarchico. Ancora una volta il pensiero torna alla scena della festa nel discorso sulla disuguaglianza in cui Rous-seau aveva immaginato lo scatenarsi al culmine del divertimento mondano di una gara generalizzata per piacere agli altri e oscurare i rivali. La conver-genza tra esposizione, seduzione, aperto o celato agonismo è il lato oscuro della festa e di ogni espe-rienza di intesa pubblicità. Barbara Carnevali, Le apparenze sociali, Il Mulino, Bologna 2012, pp.90-91

L’accusa sollevata con più frequenza è quella riassunta dai termini estetismo ed estetizzazione, termini tanto vaghi quanto colpevolizzanti, con cui si allude al presunto occultamento o misconosci-mento dell’autentica realtà sociale che si accompa-gnerebbe ad uno sguardo estetico, cioè focalizzato sulle apparenze. Come se proporsi di analizzare la superficie di un fenomeno, di apprezzarne le qualità, di spiegarne le ragioni della sua attrattiva, la sua maggiore o minore gradevolezza o bellezza, la sua capacità di suscitare piacere, equivalesse automaticamente a negarne la consistenza anche materiale ed economica o rinnegare il suo legame con il potere e dunque a fare gli interessi dei domi-nanti e delle élite, il più frequente corollario politico dell’accusa di estetismo. Barbara Carnevali, Le apparenze sociali, Il Mulino, Bologna 2012, pp.144-145

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Che cosa significa tutto questo? Significa: la vera rappresentazione respinge la contemplazione. Per incorporare il visitatore, come accade qui, nell’esposizione, l’ottica deve tenersi entro dei limiti. Ogni vista (Anschauung) produrrebbe instu-pidimento, se mancasse il momento di sorpresa. Ciò che è da vedere, non deve coincidere, o anche essere simile a ciò che una dicitura avrebbe da dire. Deve portare con sé qualcosa di nuovo, un trucco d’evidenza, che con le parole fondamental-mente non sarà raccontato. Walter Benjamin, «Bekränzter Eingang. Zur Auss-tellung ‘Gesunde Nerven’ im Gesundheitshaus Kreuzberg», in Gesammelte Schriften, Vol. IV-1, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1972, p. 560

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Jean-Léon Gérôme, Mercato di schiavi, 1871, olio su tela, John J. Emery Fund, Cincinnati Art Museum, Cincinnati, USA,