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1 Centro di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione REGALIM Monitoraggio delle abitudini alimentari di ogni singola regione italiana: caratterizzazione del territorio e della struttura sociale per un consumo alimentare responsabile a salvaguardia della cultura delle tradizioni locali Le abitudini alimentari e il consumo sostenibile in Italia

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Centro di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

REGALIM

Monitoraggio delle abitudini alimentari di ogni singola regione italiana:

caratterizzazione del territorio e della struttura sociale per un consumo alimentare responsabile a salvaguardia della cultura delle tradizioni locali

Le abitudini alimentari e il consumo sostenibile in Italia

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La presente monografia è stata realizzata per illustrare i risultati del progetto “REGALIM - Monitoraggio delle abitudini

alimentari di ogni singola regione italiana: caratterizzazione del territorio e della struttura sociale per un consumo

alimentare responsabile a salvaguardia della cultura delle tradizioni locali”, finanziato dal Ministero delle Politiche

Agricole Alimentari e Forestali (D.M. 7105 del 29/03/2010).

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Coordinatore Scientifico del Progetto: Anna Saba

Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione

EDITO da CREA. Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Roma

Ottobre 2015

ISBN 978-88-97081-78-4

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Indice

Introduzione 5 Anna Saba Premessa metodologica 6 Anna Saba 1. Abitudini alimentari della popolazione adulta. 8

Aida Turrini, Laura D’Addezio 2. Atteggiamenti del consumatore verso un comportamento alimentare

eco-sostenibile in Italia. 35 Anna Saba, Antonella Pettinelli

3. Le abitudini alimentari in Italia seguono un consumo eco-

sostenibile? 48 Laura D’Addezio, Anna Saba, Aida Turrini

4. Modellizzazione della struttura valoriale di Schwartz e sua

applicazione in ambito alimentare ecosostenibile. 60 Marco Vassallo

5. Abitudini alimentari e stile di vita degli adolescenti: lo studio

ALIADO 82 Laura Censi, Myriam Galfo, Romana Roccaldo, Deborah Martone, Laura D’Addezio, Marika Ferrari

6. Inserimento della tematica del consumo responsabile nei sistemi

informativi nutrizionali 129 Aida Turrini

APPENDICE 1 147

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Introduzione

Lo studio dei consumi alimentari, sia in ottica nutrizionale che in termini di abitudini alimentari

e di motivazioni delle scelte, riveste grande importanza in virtù delle innumerevoli implicazioni

salutistiche, economiche e sociali. D’altro canto, la domanda alimentare è la domanda primaria per

eccellenza perché atta a soddisfare bisogni primari e profondamente radicata negli individui che spesso

attribuiscono ai prodotti alimentari valori simbolici e significati particolari. L’acquisto e il consumo

del cibo dipendono sempre più da un insieme di situazioni soggettive che derivano dall’azione di un

insieme di fattori di natura demografica, economica, culturale (ad esempio la dimensione della

famiglia, la disponibilità di tempo per la preparazione dei cibi, il valore attribuito al tempo libero,...).

Una maggiore attenzione del consumatore agli equilibri socio-ambientali e culturali risponde

all’esigenza di perseguire la tutela delle risorse materiali e immateriali. Il consumatore si mostra

partecipe di ciò che accade ed è preoccupato dei riflessi che il suo comportamento può avere. In questo

ambito la componente “ecologica” che vede un consumatore particolarmente attento agli effetti delle

attività di produzione e consumo in termini di inquinamento delle risorse materiali contribuisce a far

emergere nel consumatore un nuovo bisogno che incide sempre più sul suo comportamento d’acquisto.

Una ulteriore tendenza del consumatore è data dalla crescente attenzione per la propria soggettività che

si manifesta anche con la richiesta di prodotti che soddisfino la sua ricerca di benessere (prodotti

‘light’; prodotti senza conservanti, pesticidi, prodotti freschi..).

L’importanza e lo stretto legame tra “alimentazione e salute” è sottolineata dall’Organizzazione

Mondiale della Sanità (http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs394/en/) che considera una

nutrizione adeguata e la salute diritti umani fondamentali. Le abitudini alimentari, che influiscono sulle

scelte e preferenze alimentari, e quindi sul consumo energetico e sull’assunzione dei nutrienti, si

sviluppano generalmente nella prima infanzia e, in particolare, durante l’adolescenza. Il contesto

ambientale domestico e scolastico svolgono certamente un ruolo essenziale nella definizione del

rapporto del bambino o adolescente col consumo dei singoli alimenti. Gli sforzi per migliorare le

abitudini alimentari, al fine di rendere più semplice l’adozione di uno stile di vita salutare, dovrebbero

pertanto concentrarsi principalmente nelle fasce di età più giovani.

In questo contesto si colloca la presente ricerca realizzata nell’ambito del progetto REGALIM,

realizzata su un campione di soggetti distribuito sul territorio nazionale, il cui obiettivo generale è stato

quello di approfondire l’analisi di tre aspetti: 1) le abitudini alimentari di un campione rappresentativo

della popolazione italiana; 2) gli atteggiamenti del consumatore italiano verso un’alimentazione eco-

sostenibile; 3) le abitudini alimentari di un gruppo di adolescenti della regione Lazio anche nell’ottica

dell’aderenza alla Dieta Mediterranea.

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In particolare, il capitolo 1 fornisce un quadro delle abitudini alimentari su base regionale . Il

capitolo 2 affronta in generale la tematica del consumo alimentare sostenibile in Italia, analizzando i

fattori che determinano, o ostacolano, l’acquisto di prodotti ecosostenibili. Il capitolo 3 esplora i

comportamenti di consumo alimentare sostenibile in Italia differenziati per area geografica e in

relazione alle diverse priorità che i soggetti attribuiscono alla struttura dei valori. Il capitolo 4 mette in

luce il contributo informativo del sistema dei valori di Schwartz e di alcune tecniche statistiche

avanzate applicate allo studio del comportamento alimentare ecosostenibile. Il capitolo 5

approfondisce la questione della prevalenza del sovrappeso e dell’obesità negli adolescenti in relazione

alle loro abitudini alimentari, sedentarietà, stile di vita e atteggiamenti verso il consumo alimentare.

Infine, il capitolo 6 discute l’importanza di disporre di basi informative affidabili e aggiornate e

dell’uso in maniera integrata di fonti statistiche per la costruzione di sistemi informativi organizzati,

fondamentali per gli studi di popolazione e per la complessa tematica della stima dei modelli di

comportamento.

Premessa metodologica

I capitoli che seguono analizzano alcuni degli aspetti emersi nei due studi realizzati in Italia,

nell’ambito del progetto REGALIM, che hanno riguardato, rispettivamente, un campione di

popolazione adulta (capitoli 1,2,3,4 e 6) e un campione di adolescenti del Lazio (capitolo 5). In questo

paragrafo si descrivono sinteticamente i campionamenti utilizzati nei due studi, per facilitare la

comprensione da parte del lettore limitando le ripetizioni sulla descrizione dello studio cui ogni

capitolo fa riferimento.

Studio su un campione della popolazione adulta

Campione

L’universo di riferimento per questa indagine, svolta nel corso del 2011, è la popolazione italiana

da cui è stato estratto con criterio casuale un campione di 3.025 soggetti adulti (maggiorenni)

responsabili degli acquisti alimentari (o che condividono la responsabilità con altri membri della

famiglia), residenti in tutte le regioni italiane (rappresentate nel campione proporzionalmente secondo

la classe di ampiezza demografica) con livello di stratificazione per ripartizione geografica principale

(Nord Ovest, Nord Est, Centro, Mezzogiorno). Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

selezione per quote secondo il genere, la classe di età, la regione e l’ampiezza del centro di residenza.

In una prima fase i soggetti sono stati contattati telefonicamente per fissare un appuntamento per la

consegna del questionario di rilevazione, auto-compilato dall’intervistato, e quindi concordare il

giorno per il ritiro del questionario. Le interviste sono state realizzate nel mese di giugno 2011.

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Il campione finale è risultato di 3004 soggetti di età compresa tra i 18 e i 97 anni.

Questionario

Per la realizzazione dello studio sul campione adulto è stato utilizzato un questionario strutturato

in 2 sezioni volte ad analizzare: la sezione 1, gli atteggiamenti della popolazione verso il consumo

alimentare eco-sostenibile e gli obiettivi o motivazioni espresse attraverso un sistema di 10 tipologie

valoriali; la sezione 2, le abitudini alimentari.

Il questionario riportava in prefazione una breve definizione di “prodotto con tecniche

ecosostenibili” derivata dalla letteratura (USDA-AFSIC) che identificava tali prodotti come “beni

prodotti con tecniche agricole eco-sostenibili, ovvero quelle pratiche agricole che operano nel modo

più naturale possibile, riducendo al minimo il ricorso a pratiche dannose per il suolo, ed utilizzando

fonti energetiche rinnovabili. Esempi di queste tecniche più diffuse in Italia sono l’agricoltura

biologica, l’agricoltura biodinamica e le produzioni integrate.”

Le singole sezioni del questionario vengono descritte dettagliatamente nei capitoli che affrontano

i diversi temi trattati. In particolare, i capitoli che fanno riferimento allo studio sulla popolazione

adulta analizzano e discutono i risultati delle informazioni raccolte attraverso il questionario, in

relazione ai diversi argomenti trattati

Studio su un campione di adolescenti

Campione

L’universo di riferimento per questa indagine sono stati gli adolescenti delle seconde classi delle

scuole superiori pubbliche e private della Regione Lazio. Il campione di adolescenti è stato selezionato

in modo casuale. In totale sono state reclutate 21 classi, per un totale di 438 studenti iscritti.

Questionario

Per raccogliere le informazioni sulle variabili oggetto di studio sono stati utilizzati 5 questionari:

1) un questionario alimentare; 2) un questionario sullo stile di vita; 3) un questionario per l’aderenza

alla Dieta Mediterranea; 4) un questionario sul sistema dei valori negli adolescenti; 5) un questionario

sul sistema dei valori nei genitori. Per i dettagli metodologici si rimanda al capitolo 5.

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1. Abitudini alimentari della popolazione adulta

Aida Turrini, Laura D’Addezio

Sommario

I dati raccolti hanno evidenziato frequenze abituali di consumo maggiormente elevate al Centro-

Sud per quasi tutti i gruppi di alimenti, fatta eccezione per verdure e ortaggi il cui consumo quotidiano

caratterizza le regioni del Centro-Nord. Per gli snack e i dolci prevale una frequenza di consumo meno

che settimanale in tutte le aree. L’acqua minerale (a prevalente consumo quotidiano) si contrappone

alle bevande gassate e alcoliche per le quali prevale la percentuale di non consumatori, in totale e nelle

macro-aree. Fa eccezione il vino per cui al Nord Ovest e al Centro l’abitudine di consumarne meno di

un bicchiere a settimana prevale sul non-consumo. Il 97% segue una dieta che definisce

mediterranea/tradizionale. È abbastanza diffuso l’acquisto di prodotti a marchio DOP (60%), DOCG e

IGP (45%). I canali di acquisto sono nel 96% i supermercati, e nell’85% negozi tradizionali. I luoghi di

consumo dei pasti fuori casa sono il ristorante tradizionale con cucina mediterranea (67%), la casa di

amici (65%) e il bar (53%). Qualche innovazione negli stili di consumo come l’acquisto degli alimenti

a base di soia, degli integratori alimentari, dei fortificati, e dei prodotti tipici a marchio, è più presente

al Nord rispetto al Centro-Sud. Oltre la metà (55%) indica i programmi radio-televisivi come fonte di

informazione sull’alimentazione. I fattori che influenzano le scelte alimentari sono genuinità, prezzo e

freschezza. Infine, si è osservato che la popolazione sembra seguire le raccomandazioni sulla

frequenza di consumo dei principali alimenti, e ciò può rappresentare una buona base per sensibilizzare

quote sempre maggiori di italiani.

Parole chiave

Alimentazione, abitudini alimentari, stili di consumo alimentare regionali

Abstract

The data collected as part of the REGALIM project showed higher consumption frequencies of

almost all the food groups in the Centre and South of Italy, whereas a daily consumption of vegetables

mainly characterized Northern and Central regions. Salty snacks and sweets were mainly consumed

less than once a week in all geographical areas. Mineral water was consumed daily, whereas the

percentage of non-consumers prevailed for both carbonated and alcoholic beverages. Only in the North

West and Centre of Italy it was consumed mostly less than a glass of wine per week. 97% of Italians

declared to follow a Mediterranean/traditional dietary pattern. A considerable percentage of subjects

purchased DOP products (60%), and DOCG and IGP products (45%). Supermarkets (96%) and

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traditional grocery shops (85%) were the preferred places for food shopping. Traditional restaurants

with Mediterranean cuisine (67%), but also friends’ house (65%) and bars (53%) were the most chosen

places for consumption of out-of-home meals.

Elements of novelty in food consumption patterns such as the habit of buying DOP/DOCG/IGP

products, soy based foods, dietary supplements and fortified foods, were more present in the North

than in the Centre and South. Over half of population (55%) chose the TV/radio programs as a source

of information on food and nutrition. Authenticity, price and freshness were the factors rated as most

important in driving food choices. Italy’s population seemed to adhere to recommendations on food

consumption in most cases, and this may represent a good starting point for involving more and more

people.

Keywords

Nutrition, dietary habits, food consumption regional styles

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1.1. Introduzione

I consumi alimentari sono riconosciuti come uno degli indicatori della qualità degli stili di vita

nella popolazione e il consumo di alimenti per tipologia è a sua volta un indicatore della qualità della

dieta (EURODIET, 2001).

Tradizionalmente si distinguono due approcci per la valutazione dei consumi alimentari: gli studi

orientati a valutare gli aspetti nutrizionali e gli studi con finalità di analisi economica.

Rientrano nel primo filone tutti gli studi che incentrano la valutazione sulle quantità di alimenti

effettivamente “ingerite” dagli individui, al fine di stimare l’assunzione delle sostanze, strutturali

(nutrienti, vitamine, minerali, ecc.) e non (additivi, residui, contaminanti, ecc.), veicolate dagli alimenti

(Turrini et al, 1991; Saba et al, 1992). L’approccio con obiettivi nutrizionali richiede una rilevazione

più dettagliata della dieta, comportando una notevole complessità di realizzazione legata alle difficoltà

della misurazione dell’aspetto quantitativo, all’impegno richiesto ai rilevatori e ai soggetti indagati,

alla gestione dei dati raccolti e, non ultimo, ai costi in termini economici. Tale complessità ha condotto

allo sviluppo di molteplici metodologie per valutare i consumi alimentari in ottica nutrizionale

(Turrini, 1993).

Nel secondo filone di studi sono inclusi i metodi di stima della contabilità nazionale che

forniscono le quantità di alimenti disponibili, i cosiddetti Bilanci Alimentari Nazionali (ISTAT, 1995)

e la rilevazione dei consumi delle famiglie (ISTAT, 2011a). Il principale pregio dei dati prodotti

dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), oltre alla rappresentatività sia a livello nazionale che di

macro-area e di regione, è la regolarità della loro produzione, che rende possibile confronti nel tempo e

nello spazio della struttura dei consumi alimentari.

In particolare, le sezioni 3. Stili alimentari e 4. Bevande del questionario dell’Indagine

Multiscopo dell’ISTAT (ISTAT, 2014) i cui risultati sono pubblicati nei volumi “Aspetti della vita

quotidiana”, consentono di trarre indicazioni sull’alimentazione nelle regioni in termini di percentuale

di persone che dichiarano una determinata frequenza di consumo di alimenti e bevande.

Tenendo conto della relazione inversa che esiste tra la precisione del dato che si vuole rilevare e

il grado di accettabilità della rilevazione da parte dei soggetti indagati, le indagini per rilevare i

consumi con finalità nutrizionali presentano un basso grado di accettabilità, dato l’alto livello di

precisione e dettaglio in fase di registrazione delle informazioni. Dall’altra parte, la rilevazione delle

frequenze di consumo delle diverse tipologie di alimenti rappresenta uno strumento sufficientemente

agile che consente di descrivere il profilo alimentare delle regioni italiane (Turrini, 2011).

Le Linee Guida per una sana alimentazione (INRAN, 2003) assegnano un ruolo centrale alla

varietà di alimenti e, tra i diversi gruppi alimentari, alle verdure e ortaggi e alla frutta, dei quali si

raccomanda di consumare, in totale, almeno 5 porzioni al giorno intese come piatti e/o numero di

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frutti. Le porzioni consumate di frutta e verdura rappresentano un indicatore importante della qualità

dell’alimentazione acquisita, come testimoniato dalle indicazioni EURODIET (2001) incluse nel

lavoro del Comitato WHO/FAO (2003) che indica anche le quantità giornaliere: 400g di verdure,

ortaggi o frutta, di cui 30g possono essere occupati dai legumi secchi (Nishida et al, 2004); il sistema

di indicatori europei per la salute considera il consumo di frutta (indicatore n. 49) e il consumo di

verdura e ortaggi (indicatore n. 50) (ECHIM, 2012; PASSI, 2015).

Nella sezione 3. Stili alimentari del questionario dell’Indagine Multiscopo è contenuta anche una

domanda, per coloro che consumano quotidianamente verdura o ortaggi, relativa al numero di porzioni

assunte abitualmente durante la giornata e, analogamente, per coloro che consumano quotidianamente

frutta, al numero/porzione (fetta, grappolo, ecc.) di frutti (Mariani et al, 2006; ISTAT, 2014)

La frequenza di consumo è solo una parte dell’informazione inserita nel modello descrittivo

dello stile alimentare, che è legato alle tradizioni gastronomiche, ma anche alle modalità con cui la

popolazione si alimenta, considerando variabili come luoghi, tempi ed occasioni di consumo dei pasti.

Vari aspetti razionali e irrazionali si intersecano, e l’individuo modella inizialmente la sua

alimentazione sulle tradizioni familiari, ma la modifica nel corso del tempo in dipendenza dei

mutamenti del gusto e degli atteggiamenti verso il cibo, dei vincoli di tempo, di disponibilità e

reperibilità dei prodotti, di considerazioni di tipo economico, problemi di salute, ecc. (Turrini, 1996).

L’esigenza di conciliare tempi di vita e di lavoro con le attività relative all’alimentazione

(procurare e trattare gli alimenti per farne cibo) ha portato nel tempo a produrre e consumare alimenti

trattati per rispondere alle esigenze della cosiddetta convenience per salvare spazio e tempo (Warde,

1999). L’uso più o meno esteso è in relazione con le radici culturali e conseguentemente con la

percezione che le persone ne hanno (si veda ad esempio Saba et al, 2008).

Il processo di modulazione di uno stile alimentare viene influenzato da numerosi fattori,

compresa la mole di informazioni in parte di fonte pubblica, in parte sociale non-governativa (es.

associazioni dei consumatori) e, infine, privata (produttori e distributori). Complessivamente, coesiste

una “duplice tendenza al “cosmopolitismo e al regionalismo”, all’omologazione e alla

differenziazione (Morace et al, 1990). Se da un lato, l’omologazione del tipo di alimentazione viene

favorita dall’estensione della grande distribuzione,” e più in generale da tutti i fenomeni legati alla

globalizzazione che portano anche a esportare/importare cucine etniche (Marletta et al, 2010),

“dall’altro, coesiste un effetto di “radicazione” che comporta tra l’altro la riscoperta dei cibi della

tradizione. In parallelo, si assiste alla diffusione di una crescente consapevolezza del consumatore

dell’importanza del rapporto con la propria di salute e con l’ambiente, che ha condotto segmenti via

via più ampi di popolazione ad adottare comportamenti alimentari che si discostano dai modelli

correnti (Fabris, 1995; Morace et al, 1990)”, (Turrini et al, 1996).

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Il presente studio è orientato a stimare le abitudini alimentari in termini di frequenze di consumo

su base regionale, considerando l’importanza che il gradiente geografico ha nella differenziazione dei

modelli alimentari (Saba et al, 1990; Turrini et al, 2001; Piccinelli et al, 2011). Lo studio si propone di

fornire un quadro degli stili alimentari prevalenti sul territorio italiano, cercando di cogliere i diversi

aspetti che, come si è detto sopra, possono contribuire a definite tali stili e dettagliando la conoscenza

quantitativa dei comportamenti di consumo rispetto all’intero territorio (Saba et al, 1990; Turrini et al,

2001; Leclercq et al, 2009).

La progettazione della sezione alimentare del questionario dello studio REGALIM

(Monitoraggio delle abitudini alimentari di ogni singola REGione italiana: caratterizzazione del

territorio e della struttura sociale per un consumo ALIMentare responsabile a salvaguardia della

cultura e delle tradizioni locali) è stata realizzata partendo da un’analisi dei modelli di rilevazione del

tipo “questionario” già disponibili e da un’analisi di una banca dati già disponibile che contenesse

informazioni sul rapporto degli italiani con l’alimentazione e le tematiche relative alle scelte

alimentari.

Si è scelto come modello di riferimento per la definizione delle tipologie di alimenti e bevande, e

delle relative frequenze di consumo, e per la rilevazione delle porzioni di frutta e verdura, il

questionario individuale dell’indagine “Aspetti della vita quotidiana” nell’Indagine Multiscopo

(ISTAT, 2014), ed integrandolo per quanto riguarda altri aspetti correlati al consumo alimentare.

1.2. Metodologia

Il disegno dello studio

Le abitudini alimentari del campione selezionato della popolazione italiana (vedi la Premessa

metodologica in questa Monografia) sono state rilevate attraverso le domande contenute nella sezione

2 del questionario, che riprende, in gran parte, le frequenze di consumo rilevate nella sezione

alimentare del questionario individuale dell’indagine “Aspetti della Vita Quotidiana” facente parte di

un sistema integrato di indagini sociali - le Indagini Multiscopo sulle famiglie, che l’Istituto Nazionale

di Statistica conduce annualmente (ISTAT, 2014). L’obiettivo è di sintetizzare gli stili di consumo

alimentare mediante un numero minimo di variabili, e di poter confrontare eventualmente i risultati

con gli omologhi dati ISTAT.

Sulla base del modello dell’ISTAT (2014) sono, quindi, state rilevate individualmente le

frequenze di consumo delle principali categorie di alimenti: pane/pasta/riso, salumi, carne di

pollo/tacchino/coniglio/vitello, carne bovina (manzo, vitellone), carne suina (escluso salumi), latte,

formaggi/latticini, uova, pesce, frutta, verdure in foglia cotte e crude, pomodori (escluse

conserve)/melanzane/peperoni/finocchi/zucchine e altri vegetali in frutto/piselli e altri legumi freschi,

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legumi secchi o in scatola, patate, snack salati, dolci. Le risposte sono state registrate attraverso 5

modalità: (1= “più di una volta al giorno”, 2= “una volta al giorno”, 3= “qualche volta a settimana”, 4=

“meno di una volta a settimana”, 5= “mai”). Ai soggetti che dichiarano di consumare almeno una volta

al giorno verdure, ortaggi o frutta (VOF) è stato chiesto inoltre di registrare il numero di porzioni

abitualmente consumate in una giornata, essendo questa variabile un indicatore della qualità

dell’alimentazione nel contesto della salute pubblica (EURODIET, 2001; ECHIM, 2012; NOO, 2010).

Per valutare il consumo delle bevande, quali acqua minerale, bevande gassate (esclusa acqua),

birra, vino, altre bevande alcoliche, sono state considerate le seguenti modalità di risposta: 1= “oltre 1

litro al giorno”, 2= “da 1/2 litro a 1 litro al giorno”, 3= “1-2 bicchieri al giorno”, 4= “meno di 1

bicchiere al giorno”, 5= “non lo consumo”.

Oltre alle frequenze di consumo, sono state rilevate altre variabili che descrivono aspetti di stile

alimentare e atteggiamenti con riferimento al mese precedente l’indagine. I quesiti sono raggruppati

come segue:

a) abitudini di consumo di prodotti di recente introduzione nell’alimentazione italiana (piatti pronti,

prodotti a base di soia, integratori e alimenti fortificati) e alimenti tradizionali di qualità (alimenti

tipici a marchio: DOP – Denominazione di Origine Protetta, DOC – Denominazione di Origine

Controllata, DOCG – Denominazione di Origine Controllata Garantita, IGP – Indicazione

Geografica Protetta, PAT – Prodotti Agroalimentari Tradizionali);

b) stile di consumo (canali di acquisto e luoghi di consumo);

c) informazione e atteggiamenti verso l’alimentazione (fonti di informazione, fattori che influenzano

l’acquisto dei prodotti alimentari, modelli alimentari). In particolare, a ciascun soggetto è stato

chiesto di indicare i 3 fattori più importanti nel decidere l’acquisto di un prodotto alimentare (da

scegliere da una serie di attributi elencati senza un ordine particolare: prezzo, impatto ambientale,

valorizzazione della tipicità, luogo di origini, stagionalità, marca, genuinità, freschezza,

convenienza, sicurezza, sapore, tradizione). Per la definizione del proprio modello alimentare

corrente, la scelta prevedeva: mediterraneo/tradizionale, macrobiotico, ad esclusione di carne,

vegetariano/vegetaliano/vegano/fruttariano, altro.

Analisi dei dati

Tutte le informazioni sopra elencate sono state analizzate sia per le 4 macro-aree geografiche,

Nord Est, Nord Ovest, Centro, Mezzogiorno, sia per le 20 regioni italiane, valutando le possibili

differenze attraverso le tabelle di contingenza ed il test Chi-quadro, ove permesso da una sufficiente

numerosità campionaria in ciascun sotto-campione di soggetti. Nei casi in cui il test Chi-quadro è

risultato significativo, sono stati calcolati i residui standardizzati per le frequenze e condotti i test post-

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hoc di verifica delle aree geografiche responsabili della significatività. Nei casi di numerosità

insufficiente è stata condotta una analisi puramente descrittiva.

Nel caso di variabili misurate su scala (numero di porzioni consumate), per verificare se ci

fossero differenze nei valori medi per area, è stato applicato il test non parametrico di Kruskal-Wallis,

non essendo verificata l’ipotesi di normalità distributiva, ed i relativi test post-hoc per le comparazioni

tra coppie di medie.

Le significatività dei test statistici sono state definite al livello di p < 0,05.

Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il pacchetto statistico SPSS, versione

20.0 (SPSS Inc., Chicago, IL).

1.3. Risultati

Le distribuzioni delle unità campionarie per macro-area geografica e per regione sono riportate

nelle figure 1 e 2, e riflettono la distribuzione percentuale della popolazione residente in Italia nel

2011, alla data di riferimento dell’ultimo censimento della popolazione effettuato proprio in quell’anno

(Istat, 2011b).

Figura 1. - Distribuzione del campione per macro-area geografica

Le regione con la più alta percentuale di residenti, e quindi a più alta rappresentazione

campionaria è la Lombardia (17%), seguita dal Lazio e dalla Campania (entrambe al 9%), mentre le

regioni a più bassa rappresentazione sono la Basilicata, il Molise (1%) e la Valle d’Aosta (0.3%). In

queste due ultime regioni è risultata particolarmente bassa la numerosità del campione (rispettivamente

19 unità in Molise e 10 in Valle d’Aosta), non raggiungendo la soglia minima (n>=30) necessaria per

l’applicazione di determinate procedure inferenziali. Per questo motivo i risultati presentati per regione

sono da intendersi con significato puramente descrittivo, senza pretesa di estensione all’intera

popolazione, ove non diversamente specificato.

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Figura 2. -Distribuzione del campione per regione

Consumo di alimenti e bevande

Il consumo di alimenti e bevande può essere descritto considerando diverse dimensioni

strutturali.

Un primo elemento è la scansione temporale che contraddistingue il consumo dei diversi gruppi

alimentari. In tabella 1, si può osservare la percentuale di risposta per frequenza di consumo

consolidata a livello nazionale, che, attraverso la frequenza modale, mette in evidenza gli alimenti di

consumo prevalentemente quotidiano (moda A.più di una volta al giorno e B.una volta al giorno) –

“pane, pasta, riso” (33,46%+48,24%=81,7%), “latte”, “verdure in foglia cotte e crude (spinaci,

insalate, cicoria, cavolo e broccolo)”, “pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi,

zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi”, e “frutta”, e quelli di

consumo prevalentemente settimanale (moda qualche volta a settimana) – “carne di pollo, tacchino,

coniglio, vitello”, “carni bovine (manzo, vitellone, ecc.), “salumi”, “pesce”, “uova”, “formaggi e

latticini”, “legumi secchi o in scatola” e “patate”, o più raro (moda meno di una volta a settimana) –

“carni di maiale (escluso salumi)”, “snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive)”, “dolci (torte

farcite, merendine, gelati, ecc.)”. Il gruppo alimentare con frequenza modale “più di una volta al

giorno” è la frutta, il gruppo alimentare con più elevata percentuale di non consumo (risposta mai) è

“snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive)”.

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Tabella 1. - Frequenza di consumo percentuali di risposta (%) per gruppi di alimenti in Italia.

Gruppo Alimentare

Più di una

volta al giorno

Una volta

al giorno

Qualche volta a

settimana

Meno di una volta

a settimana

Mai non

specificato Totale

% % % % % % %

Pane, pasta, riso 33,46 48,24 15,41 2,13 0,33 0,43 100

Salumi 2,60 10,25 54,19 26,43 5,89 0,63 100

Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello 2,26 13,12 66,54 14,88 2,50 0,70 100

Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.) 1,53 6,66 59,52 27,13 4,29 0,87 100

Carni di maiale (escluso salumi) 1,33 4,73 38,85 43,28 10,12 1,70 100

Latte 16,71 44,41 14,48 8,85 14,41 1,13 100

Formaggi, latticini 7,99 24,97 52,16 11,52 2,60 0,77 100

Uova 0,90 4,33 54,63 36,09 3,16 0,90 100

Pesce 1,07 4,19 55,19 33,16 4,53 1,86 100

Verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)

25,20 41,41 26,17 5,43 1,50 0,30 100

Pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi 20,51 43,94 31,29 3,30 0,67 0,30 100

Frutta 49,13 33,36 12,58 3,06 1,43 0,43 100

Legumi secchi o in scatola 1,07 2,60 45,14 40,18 10,65 0,37 100

Patate 0,77 3,06 61,12 32,39 2,30 0,37 100

Snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive) 0,60 3,66 18,41 42,88 33,52 0,93 100

Dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.) 2,70 9,22 33,62 43,97 10,05 0,43 100

Legenda: “le frequenze di consumo con percentuale più elevata (moda) sono evidenziate in giallo”. Fonte: Studio REGALIM, 2011

I profili percentuali regionali sono stati analizzati voce per voce generando le schede riportate

nell’appendice 1.

La tabella 2 riporta, invece, una sintesi della presenza o meno di un gradiente geografico,

considerando le frequenze di consumo (quotidiana – una o più volte al dì, settimanale e meno che

settimanale). Nella maggior parte dei casi si può osservare una dicotomia per cui laddove si verifica

una disuguaglianza in un senso questo trova l’opposto in una delle altre modalità. Fanno eccezione

“pane, pasta, riso” e “latte”, tra gli alimenti con frequenza di consumo quotidiana e i “salumi” tra gli

alimenti con frequenza di consumo prevalentemente settimanale per i quali il gradiente geografico si

caratterizza per una sola modalità. Si differenziano dagli altri “snack salati (patatine, popcorn, salatini,

olive)” e “dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.)” che sono consumati più raramente (meno di una

volta a settimana) da tutti.

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Tabella 2. - Gradiente geografico basato sul confronto delle percentuali di risposta per gruppi di alimenti in Italia

ALIMENTO QUOTIDIANO

(una volta o più al giorno)

SETTIMANALE (meno di una volta al giorno)

MENO CHE SETTIMANALE

(meno di una volta a settimana)

Pane, pasta, riso CENTRO-MEZZOGIORNO > NORD

Salumi CENTRO > NORD&MEZZOGIORNO

Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello

MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

CENTRO-NORD > MEZZOGIORNO

Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.) MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

CENTRO-NORD > MEZZOGIORNO

Carni di maiale (escluso salumi) CENTRO-SUD > NORD NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

Latte CENTRO-MEZZOGIORNO > NORD

Formaggi, latticini NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

CENTRO-SUD > NORD

Uova CENTRO-MEZZOGIORNO > NORD

NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

Pesce CENTRO-MEZZOGIORNO > NORD

NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

Verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)

NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

Pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi

CENTRO-NORD > MEZZOGIORNO

MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

Frutta CENTRO-MEZZOGIORNO > NORD

NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

Legumi secchi o in scatola MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

CENTRO-NORD > MEZZOGIORNO

Patate MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

CENTRO-NORD > MEZZOGIORNO

Snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive)

Dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.)

In grassetto gli alimenti a prevalente consumo quotidiano. Nord = Nord Ovest & Nord Est; Mezzogiorno = Sud e Isole Gradiente geografico sottolineato dai colori: NORD > CENTRO-MEZZOGIORNO

CENTRO-NORD > MEZZOGIORNO

CENTRO > NORD-MEZZOGIORNO

CENTRO-MEZZOGIORNO > NORD

MEZZOGIORNO > CENTRO-NORD

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Nella maggior parte dei casi si osserva una frequenza di consumo più elevata nelle regioni del

Centro-Sud (insieme o separatamente, ossia Centro o Mezzogiorno). Uniche eccezioni sono le

“verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)” e i “pomodori (escluse

conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore” per i quali al

Nord e Centro-Nord si osservano valori superiori che al Centro-Sud e al Sud rispettivamente.

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Porzioni giornaliere di frutta e verdura

Le porzioni di frutta consumate giornalmente sono in media 1,9 per il campione totale, valore

che non varia significativamente nelle quattro macro-aree geografiche. Le regioni che raggiungono le 2

porzioni giornaliere sono la Sardegna (2,33), l’Abruzzo, la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna, la

Lombardia e l’Umbria, mentre Basilicata e Marche raggiungono, in media, solo 1,6 porzioni (Figura

3).

Figura 3. - Numero medio di porzioni giornaliere di Verdure, Ortaggi e Frutta, per macro-area e regione

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Il consumo di verdure e ortaggi non raggiunge le 2 porzioni giornaliere, né per nel totale (1,6) né

nelle singole ripartizioni geografiche. Si registrano, tuttavia, alcune differenze significative tra le

macro-aree geografiche (p<0,05): al Sud la media delle porzioni consumate risulta significativamente

inferiore rispetto al Nord Ovest e al Nord Est (1,5 vs 1,6 e 1,7 rispettivamente); al Centro è più bassa

che al Nord Est (1,5 vs 1,7). Esaminando i dati per regione, le porzioni medie di verdure e ortaggi sono

sempre inferiori alle porzioni di frutta, e si conferma il trend geografico per cui nelle regioni del Nord

il consumo è più alto (fa eccezione la Valle d’Aosta con 1,3 porzioni giornaliere) che nelle regioni del

Mezzogiorno (fa eccezione l’Abruzzo con 1,7 porzioni medie). Il Trentino Alto Adige si distingue per

il consumo più alto (1,9 porzioni giornaliere), la Basilicata e il Molise per il più basso (1,0 e 1,1

rispettivamente).

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In totale, si consumano quotidianamente in media 3,1 porzioni di verdure, ortaggi e frutta, e si

conferma un più basso consumo al Mezzogiorno rispetto al Nord Ovest e al Nord Est (2,9 vs 3,2,

p<0,05). Il valore minimo si raggiunge in Basilicata (1,9), il massimo in Trentino-Alto Adige (3,5), pur

rimanendo al di sotto delle 5 porzioni giornaliere, obiettivo raccomandato per una sana alimentazione

(INRAN, 2003).

La percentuale degli intervistati che segue le suddette raccomandazioni, assumendo 5 o più

porzioni al giorno di frutta e/o verdura, risulta solo il 12%, con un massimo del 15% al Nord Est, ed un

minimo del 7% al Mezzogiorno. Esaminando lo stesso dato per singola regione, le quote maggiori di

intervistati, pari al 18-19%, che seguono la raccomandazione si registrano in Trentino-Alto Adige,

Emila Romagna, Abruzzo e Sardegna.

Bevande

La tabella 3 riepiloga le percentuali di risposta per livello di consumo delle bevande che, come si

può osservare, vedono una spiccata differenza tra il livello di consumo di “acqua minerale” (moda

oltre un litro al giorno), e le altre bevande che o non sono consumate (specialmente le “altre bevande

alcoliche” 67,81%) o lo sono per una quantità meno di un bicchiere a settimana (38,25% “bevande

gassate (esclusa acqua)”; 40,25% “Birra”; 37,02% “Vino”; 27,16% “Altre bevande alcoliche”).

Tabella 3. - Frequenza di consumo, percentuali di risposta (%) per gruppi di bevande in Italia.

Bevanda Oltre un litro al giorno

Da 1/2 litro a 1 litro al giorno

1-2 bicchieri al

giorno

Meno di 1 bicchiere a settimana

Non lo consumo per

niente

non specificato

Totale

% % % % % % %

Acqua minerale 50,27 31,66 5,73 2,96 9,19 0,20 100

Bevande gassate (esclusa acqua) 1,43 4,56 11,72 38,25 42,18 1,86 100

Birra 0,50 1,63 7,99 40,25 48,20 1,43 100

Vino 0,40 3,33 20,27 37,02 38,05 0,93 100

Altre bevande alcoliche 0,27 0,77 2,60 27,16 67,81 1,40 100

Legenda: Giallo intenso = moda; giallo chiaro = seconda moda Fonte: Studio REGALIM, 2011

La più elevata percentuale, in media nazionale, di non consumatori si ha per le bevande che si

possono considerare senz’altro più “voluttuarie” rispetto all’acqua minerale (qui non viene considerata

l’acqua di rubinetto): “altre bevande alcoliche (67,8%), birra (48,2%), bevande gassate (42,2%) e vino

(38,0%), con un gradiente geografico che vede in generale una percentuale di non-consumo più elevata

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nelle regioni del Mezzogiorno, mentre al Nord Ovest e al Centro l’abitudine a consumare una seppur

bassa quantità di vino (meno di un bicchiere a settimana) prevale sul non-consumo. La figura 4 mostra

una sintesi dell’andamento territoriale del non-consumo di queste bevande.

Figura 4. - Distribuzione dei non-consumatori (risposta “non lo consumo” per bevande gassate, birra, vino e

altri alcolici per ripartizione geografica

Fonte: Studio REGALIM, 2011

.

Consumo di piatti pronti, prodotti a base di soia, integratori e alimenti fortificati

Il 36% del campione ha dichiarato di consumare piatti pronti durante un settimana tipo. Questa

percentuale è significativamente più alta al Centro (44%) e più bassa al Mezzogiorno (30%) (p<0,05,

test Chi-quadro). Esaminando il dato a livello di singola regione si conferma il trend osservato per

macro-area, anche se con qualche eccezione. Le regioni con più alta percentuale di consumatori di

piatti pronti sono proprio quelle centrali, con punte del 56% nelle Marche e 49% in Toscana, mentre fa

eccezione l’Umbria dove si registra la percentuale più bassa in assoluto (17%). La Basilicata è in

controtendenza rispetto alle altre regioni del Sud, con il 45% di consumatori. Il 26% del campione li

acquista presso i negozi artigianali (rosticceria, pizza al taglio, supermercato, produttore), un’abitudine

che è più diffusa al Centro (36%) e meno al Mezzogiorno (20%) (p<0,05); l’11% acquista piatti pronti

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industriali confezionati, precotti o cotti, abitudine più diffusa al Nord Ovest (14%) e meno al

Mezzogiorno (7%) (p<0,05); il 18% li acquista presso tavole calde, ristoranti, pizzerie o mense.

Il 14% dei rispondenti dichiara di consumare prodotti a base di soia, percentuale che si registra

più alta al Nord Est (18%) e più bassa al Sud (11%) (p<0,05). Risultano maggiormente consumati il

latte e altre bevande a base di soia (6% del totale), senza significative variazioni territoriali, e lo yogurt

(5%, con il Nord Est che raggiunge il 7%). Il consumo di formaggio di soia e dei prodotti sostitutivi

della carne, pur essendo indicato in generale da percentuali molto basse di rispondenti (rispettivamente

2% e 4% del campione totale), risulta comunque più diffuso al Nord e meno al Sud (p<0,05). Dolci e

dessert alla soia sono consumati dal 3% del campione, senza variazioni territoriali di rilievo.

L’uso abituale di integratori alimentari riguarda il 17% del totale. Gli integratori a base di

vitamine (11%) sono più usati di quelli a base di minerali (8%). Anche in questa abitudine il Nord Est

e il Mezzogiorno si distinguono con comportamenti tra loro opposti, e diversi da quelli del totale

popolazione (integratori a base di vitamine: 14% Nord Est, 8% Mezzogiorno; integratori a base di

minerali: 12% al Nord Est, 5% al Mezzogiorno). In Veneto e Marche si osservano le più alte

percentuali di consumatori: 27% per il totale integratori; 19% per gli integratori a base di vitamine;

14% per quelli a base di minerali solo in Veneto. Percentuali non trascurabili si osservano anche in

Piemonte, Emilia Romagna (20%) e Lombardia (19%). I suddetti risultati per regione non sono tuttavia

supportati da significatività statistica.

Il consumo di alimenti fortificati interessa il 25% del totale, ed è più diffuso al Nord Est (31%,

p<0,05). Gli alimenti fortificati più consumati sono i biscotti, fette biscottate, cracker o grissini (14%

nel totale, 18% al Nord Est, p<0,05), seguiti dal latte (11% nel totale, 15% al Nord Est, p<0,05),

cereali (11%), succhi di frutta (9%) e caramelle (3%). In Trentino-Alto Adige si registra la percentuale

più alta di consumatori (65% totale alimenti arricchiti, 58% latte, 52% biscotti/fette

biscottate/cracker/grissini), seguito da Marche (44% totale, 37% biscotti/fette

biscottate/cracker/grissini, 15% latte) e Veneto (31% totale, 15% biscotti, 13% latte).

Consumo di alimenti tipici a marchio: DOP, DOCG, IGP, PAT

La maggioranza dei rispondenti ha dichiarato di acquistare, nell’arco dell’anno, almeno una volta

prodotti alimentari contrassegnati da un marchio, fatta eccezione per i prodotti PAT (Preparazioni

Alimentari Tradizionali) per i quali la risposta prevalente è stata “non so/non ci faccio caso” (50%)

seguita dai “no” (26%), mentre il restante 24% ha risposto positivamente, e non si sono osservate

differenze significative nelle risposte per macro-area.

Vediamo in dettaglio le abitudini di acquisto degli altri prodotti, osservando i risultati riportati

nelle figure 5, 6 e 7.

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I prodotti a marchio DOP sono acquistati dal 60% del campione, più diffusamente al Nord Est

(68%, p<0,05) (qui si osserva anche una percentuale ridotta di “non so/non ci faccio caso”) e meno al

Mezzogiorno (52%, p<0,05). Al Centro nulla cambia rispetto al dato generale. I dati per regioni

confermano la tendenza, poiché in quelle settentrionali la percentuale di acquisto supera per tutte la

soglia del 60% (fa eccezione il Trentino, 46%). In tutte le regioni meridionali la percentuale di

acquisto si colloca al di sotto della soglia del 60%, in Umbria si registra la percentuale più bassa

(41%).

Figura 5. - Abitudine all’acquisto dei prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP), per area geografica e regione (%)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

I prodotti a marchio DOCG sono acquistati dal 45% del campione, ma si osserva anche un’alta

percentuale di “non so/non ci faccio caso” (37%). L’acquisto è significativamente più diffuso sia Nord

Ovest che al Nord Est (54% e 51%), meno diffuso al Meridione (35%). Entrando nel dettaglio

regionale, le percentuali più alte si confermano in Lombardia e Emilia Romagna (57%), la più bassa in

Calabria (22%).

Il 45% dichiara di acquistare i prodotti IGP, mentre il 39% risponde “non so/non ci faccio caso”

e anche in questo caso l’acquisto è più diffuso tra i residenti al Nord Ovest e al Nord Est (54% e 51%),

meno diffuso al Mezzogiorno (35%) (Figura 7).

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

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AREA GEOGRAFICA Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno

Nell’ultimo anno le è capitato di acquistare

Prodotti alimentari tipici a Denominazione di Origine Protetta (DOP)?

Si No Non so-non ci faccio caso

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Figura 6. - Abitudine all’acquisto dei prodotti a Denominazione di Origine Controllata Garantita (DOCG), per area geografica e regione (%)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Figura 7. - Abitudine all’acquisto dei prodotti a Indicazione Geografica Protetta (IGP), per area geografica e regione (%)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

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AREA GEOGRAFICA Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno

Nell’ultimo anno le è capitato di acquistare

Prodotti alimentari tipici a Denominazione di Origine Controllata

Garantita (DOCG)?

Si No Non so-non ci faccio caso

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AREA GEOGRAFICA Nord Ovest Nord Est Centro Mezzogiorno

Nell’ultimo anno le è capitato di acquistare

Prodotti alimentari tipici a Indicazione Geografica Protetta (IGP)?

Si No Non so-non ci faccio caso

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Canali di acquisto e luoghi di consumo

Il supermercato o ipermercato è il canale più utilizzato per gli acquisti alimentari (96% del

totale), seguito a breve distanza dal negozio tradizionale (85%) che risulta, peraltro, significativamente

più utilizzato al Mezzogiorno (93%, p<0,05) (Figura 8).

Figura 8. - Luoghi di acquisto per la spesa alimentare (% di risposta, ogni soggetto poteva dare una o più risposte)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Il negozio artigianale che vende prodotti già pronti per il consumo si colloca al terzo posto

(55%), anche se è meno frequentato al Nord Ovest (48%, p<0,05), mentre il 50% dei rispondenti

acquista presso il mercato rionale. L’abitudine di acquistare gli alimenti direttamente presso il

produttore è considerevolmente diffusa in generale (44%), e specialmente al Nord Est (50%, p<0,05),

ma meno diffusa al Nord Ovest (37%, p<0,05). Le botteghe del commercio equo e solidale sono tra i

canali meno utilizzati (10%), tuttavia si registra un utilizzo maggiore di esse al Nord Est (14%,

p<0,05), ed un minore utilizzo al Sud (8%, p<0,05).

96,0%

85,4%

54,7%

50,1%

43,8%

19,4%

11,4%

10,5%

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97,9%

79,6%

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52,4%

44,5%

17,8%

13,3%

7,8%

7,5%

3,3%

2,3%

Supermercato-Ipermercato

Negozio tradizionale

Negozio artigianale che vende alimenti pronti o semi-

pronti per il consumo

Mercato rionale

Direttamente presso il produttore

Negozio specializzato nella vendita di alimenti biologici

Vendita di prodotti alimentari a domicilio (surgelati,

vini, olio,...)

Botteghe del commercio equo e solidale

Macchine distributrici di alimenti

Gruppi di acquisto solidale (G.A.S.)

Drug-store aperto 24 ore

TOTALE

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Mezzogiorno

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Figura 9. - Luoghi di consumo di pasti fuori casa (% di risposta, ogni soggetto poteva dare una o più risposte)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Come luoghi per il consumo dei pasti fuori casa (figura 9) sono stati più frequentemente indicati:

il ristorante tradizionale con cucina mediterranea (67% del totale, 76% dei residenti al Centro, p<0,05);

la casa di amici (65%); il bar (53% del totale, ma il dato si riduce al Nord Est 44%, p<0,05); locali

dove ci si riunisce per festeggiamenti (37%), maggiormente indicati dai residenti al Mezzogiorno e

molto meno dai residenti al Nord (50% vs 27%, p<0,05); fiere o sagre (29%), più al Nord Est a meno

nel Mezzogiorno (42% vs 20%, p<0,05). Il 25% dei rispondenti ha dichiarato di consumare al

lavoro/scuola/università il pasto portato da casa, mentre l’uso della mensa o punto di ristoro aziendale

riguarda solo il 15% dei rispondenti, percentuale che sale al 18% e 21% nelle due aree settentrionali, e

scende al 9% al Mezzogiorno (p<0,05).

Fonti di informazione, fattori che influenzano l’acquisto dei prodotti alimentari, modelli alimentari

I programmi televisivi o radiofonici sono la fonte più indicata per le notizie e le informazioni sui

temi dell’alimentazione (55%), con un aumento della percentuale al Mezzogiorno (62%) ed una

flessione, pur rimanendo la fonte principale, al Nord Ovest (47%) e al Centro (48%) (p<0,05). Altre

fonti risultano essere i parenti o amici (40%), la stampa generalista (33%), i libri e le riviste

67,5%

65,4%

53,0%

37,6%

37,0%

29,3%

25,4%

17,7%

14,7%

12,1%

8,6%

8,1%

2,4%

66,6%

61,9%

53,3%

36,5%

26,9%

31,7%

26,7%

22,6%

17,8%

13,2%

7,1%

8,5%

1,5%

61,9%

65,2%

44,5%

40,3%

27,4%

42,5%

25,5%

21,3%

21,1%

13,9%

8,3%

7,4%

2,6%

76,3%

70,2%

58,8%

43,7%

37,5%

30,1%

27,8%

20,5%

13,7%

9,7%

11,5%

7,7%

5,1%

66,1%

65,5%

53,9%

33,4%

49,8%

19,9%

22,9%

10,3%

9,3%

11,6%

8,3%

8,3%

1,3%

Ristorante tradizionale-mediterraneo

A casa di amici

Bar

All’aria aperta

Luoghi dove vengono celebrati feste, matrimoni,

battesimi, ecc.

Fiere, sagre

Al lavoro-scuola-università portandomi il pasto da casa

Ristorante etnico (cucina tipica di altri Paesi)

Mensa -punto ristoro aziendale

A casa propria a seguito di ordine telefonico o via

internet

Ristorante che utilizza ingredienti biologici

Mezzo di trasporto (pullman, treno, aereo, nave)

Ristorante macrobiotico

Può indicare se nell’ultimo mese le è capitato di consumare almeno un pasto

nei seguenti luoghi?

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Mezzogiorno

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specializzati (29%, ma 37% al Nord Est p<0,05), il medico (25%), internet (23%). Tra le fonti meno

indicate risultano le istituzioni quali gli enti di ricerca e i Ministeri (7%) e la scuola-università (8%)

(figura 10).

Figura 10. - Fonti di informazione sull’alimentazione (% di risposta, ogni soggetto poteva dare una o più risposte)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Il modello alimentare di gran lunga prevalente tra quelli indicati come risposta (figura 11) è

quello mediterraneo-tradizionale (96,6%). La percentuale di coloro che hanno dichiarato di seguire un

modello alimentare diverso (3,4 %) è ancora più bassa nelle regioni meridionali (1,8%, p<0,05).

54,7%

40,4%

31,9%

29,4%

25,1%

23,3%

11,8%

9,1%

9,1%

8,4%

6,9%

1,1%

47,3%*

37,3%

30,7%

27,4%

20,6%

24,4%

16,3%*

8,6%

9,1%

6,6%

6,8%

1,1%

58,5%

40,6%

36,4%

35,9%*

26,0%

20,1%

9,2%

9,3%

11,1%

9,3%

7,5%

1,3%

48,2%*

40,8%

31,7%

26,5%

23,7%

26,7%

12,2%

6,8%

6,7%

8,0%

7,7%

1,3%

62,3%*

42,4%

30,5%

29,1%

29,0%*

22,2%

9,3%*

10,6%

9,3%

9,4%

6,2%

1,0%

Programmi radio-TV

Parenti-amici

Stampa (quotidiani, stampa generalista)

Libri specializzati, opuscoli, riviste specializzate

Medico

Internet

Nessuna

Cartelli-manifesti

Lavoro

Scuola-Università

Istituzioni (Enti di ricerca, Ministeri, altre istituzioni)

Altro (specificare)

Può indicare le sue fonti di informazione sull'alimentazione?

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Mezzogiorno

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Figura 11. - Modelli alimentari

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Il fattore che più frequentemente è stato indicato al 1° posto come ordine di importanza nel

decidere un acquisto alimentare è la genuinità (22% di preferenze), al 2° posto il prezzo (18%), al 3°

posto la freschezza (17%). I fattori che, invece, più frequentemente sono stati esclusi dalla graduatoria

dei tre più importanti sono: la tradizione, la valorizzazione della tipicità e l’impatto ambientale del

prodotto. La genuinità è il fattore più indicato in tre ripartizioni geografiche (Nord Ovest, Centro e

Mezzogiorno), con un valore significativamente più elevato nel Mezzogiorno (Genuinità 25% p<0,05),

mentre al Nord Est si attribuisce più importanza al prezzo.

1.4. Discussione

Complessivamente possiamo individuare linee di tendenza nei comportamenti di consumo

alimentare, inteso come assunzione di alimenti, e di stile alimentare, inteso come insieme di

caratterizzazioni nella tipologia di alimenti utilizzati in relazione al tempo di preparazione e/o al luogo

di consumo, così come le motivazioni delle scelte e gli atteggiamenti verso l’impatto ambientale che

tali scelte implicano.

La metodologia di misurazione adottata consente la rilevazione su un vasto campione di

popolazione, ma questo approccio non consente di stimare le quantità effettivamente assunte per le

quali sarebbe necessario adottare altre tecniche di misurazione per così dire “pesate” – visivamente

stimate attraverso misure contenute in atlanti fotografici oppure pesate con una bilancia, anche se

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questa metodica non viene più correntemente adottata a causa della difficoltà di pesare gli alimenti

soprattutto nel consumo fuori casa. Ci si sta spostando via via verso tecniche sempre più “leggere”

come le app per smartphone, hyphone, windows phone che consentono di colloquiare con l’individuo

che partecipa allo studio in modo efficiente (si veda ad esempio il lavoro che si sta svolgendo

nell’ambito della Joint Programming Initiative Healthy Diet for Healthy Life, in particolare il progetto

DEDIPAC, sito web www.dedipac.eu).

Chiaramente non è possibile stimare le quantità assunte di alimenti in grammi, ma è utile

confrontare i dati della serie spaziale. Inoltre, per quanto riguarda l’indagine di cui è stata riprodotta la

sezione frequenze degli alimenti (Indagini Multiscopo – Aspetti della Vita Quotidiana) è possibile

confrontare i dati con altri valori della serie temporale in quanto l’indagine viene ripetuta ogni anno

con le stesse modalità (http://siqual.istat.it/SIQual/visualizza.do?id=0058000).

I dati di frequenza confrontati con i dati ISTAT dello stesso anno forniscono risultati di livello

comparabile (Scalvedi, 2015).

Tabella 4. - Classificazione delle frequenze di consumo in relazione ai LARN

Più di una

volta al giorno

Una volta al giorno

Qualche volta a

settimana

Meno di una volta a settimana

Mai

Pane, pasta, riso 1 2 3 4 5

Salumi 1 2 3 4 5

Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello 1 2 3 4 5

Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.) 1 2 3 4 5

Carni di maiale (escluso salumi) 1 2 3 4 5

Latte 1 2 3 4 5

Formaggi, latticini 1 2 3 4 5

Uova 1 2 3 4 5

Pesce 1 2 3 4 5

Verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)

1 2 3 4 5

Pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi

1 2 3 4 5

Frutta 1 2 3 4 5

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Più di una

volta al giorno

Una volta al giorno

Qualche volta a

settimana

Meno di una volta a settimana

Mai

Legumi secchi o in scatola 1 2 3 4 5

Patate 1 2 3 4 5

Snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive) 1 2 3 4 5

Dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.) 1 2 3 4 5

Oltre un litro al giorno

Da ½ litro a 1 litro al

giorno

1-2 bicchieri al giorno (meno

di ½ litro)

Meno di un bicchiere al

giorno

Non lo consumo per

niente

Acqua minerale 1 2 3 4 5

Bevande gassate (esclusa acqua) 1 2 3 4 5

Birra 1 2 3 4 5

Vino 1 2 3 4 5

Altre bevande alcoliche (aperitivi…) 1 2 3 4 5

Legenda: Rosso = troppo; blu = adeguato; verde = troppo poco

Elaborazione CREA su indicazioni LARN, 1996 e 2014 (SINU)

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Figura 12. – Distribuzione della percentuale di casi in cui la frequenza di consumo è simile al valore consigliato dai LARN – dati per ripartizione geografica principale, Italia - 2011

Fonte: Studio REGALIM, 2011

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Figura 13. – Distribuzione della percentuale di casi in cui la frequenza di consumo è simile al valore consigliato dai LARN – dati per regione, Italia -

2011

Fonte: Studio REGALIM, 2011

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Le regioni che presentano una adesione più elevata ai valori di consumo raccomandati dai LARN

sono nel Mezzogiorno (Figura 12) in particolare in Sicilia e Campania (Figura 13), e nel Nord-Ovest,

in particolare in Lombardia (Figura 13), mentre nelle regioni del Nord Est e Centro si osserva un

livello intermedio per tutte le voci rilevate (Figura 12) sia pure con punte rispettivamente nel Veneto

per il Nord Est e in Toscana e Lazio per il Centro (Figura 13).

1.5. Conclusioni

Lo studio delle frequenze di consumo alimentare permette di tracciare un quadro complessivo

delle abitudini alimentari permettendo di porre in relazione “consumi” e “altre variabili” di fenomeni

correlati in modo meno invasivo delle indagini che rilevano le quantità consumate giornalmente.

Questi ultimi dati ancorché essenziali sono rilevati su scala nazionale circa ogni dieci anni. Nei periodi

intermedi le tendenze temporali e spaziali sono rilevate con tecniche più “leggere” che consentono di

osservare dati su vasti campioni pur con un impegno meno oneroso.

È possibile pertanto far riferimento alle fonti statistiche ufficiali per ottenere stime intermedie e

indicazioni di fondo utili per alcuni tipi di valutazioni, in particolare i confronti sul territorio.

Analizzando i quesiti relativi allo stile alimentare e agli atteggiamenti, complessivamente si

osserva una tendenza verso comportamenti più tradizionali nelle regioni meridionali, ma in generale la

popolazione italiana nel suo complesso, pur nella variabilità, sembra aderire alle raccomandazioni sulle

frequenze di consumo consigliate nella maggior parte dei casi e questo può rappresentare una buona

base per cercare di sensibilizzare quote sempre maggiori di italiani.

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2. Atteggiamenti del consumatore verso un comportamento alimentare eco-sostenibile in Italia. Anna Saba, Antonella Pettinelli

Sommario

Il concetto di sviluppo sostenibile nasce in tempi abbastanza recenti, in seguito all’avvenuta

presa di coscienza del fatto che lo sfruttamento delle risorse naturali poteva provocare effetti

irreversibili all’ecosistema. Tuttavia, lo sviluppo sostenibile resta ancora un concetto vagamente

definito che lo stesso consumatore ha difficoltà a comprenderne il significato e, di conseguenza, a

tradurlo in un modello alimentare sostenibile.

La letteratura evidenzia che il comportamento alimentare del consumatore produce effetti sulla

sostenibilità dell’ambiente. Pertanto, la comprensione dei fattori che facilitano, o ostacolano, un

comportamento alimentare sostenibile, può contribuire all’elaborazione di efficaci strategie di

intervento e di comunicazione finalizzate a sensibilizzare il consumatore e renderlo consapevole

dell’importanza delle sue azioni legate al suo consumo alimentare.

Parole chiave

Consumatore, atteggiamenti, consumo alimentare sostenibile, determinanti

Abstract

The term of sustainable development was born in fairly recent times, following the realization of

the fact that the exploitation of natural resources could cause irreversible effects on the ecosystem.

However, sustainable development remains a loosely defined concept that consumers have difficulty

understanding the meaning and, consequently, translating it into a sustainable food model. It is

however acknowledged that the food consumption of the consumer produces effects on the

sustainability of the environment.

Understanding factors that determine a sustainable food behavior, make possible to plan

effective strategies and communication intervention aimed at sensitizing consumers about the

importance of the consequences of their food consumptions that go beyond the single food choice.

Keywords

Consumers, attitudes, sustainable food consumption, determinants

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2.1. Introduzione

Il concetto di sostenibilità nasce negli anni ’60 - ‘70, quando si iniziò a prendere coscienza che

l’utilizzo delle risorse naturali poteva provocare effetti irreversibili all’ecosistema. Solo alla fine degli

anni ’80 la World Commission on Environment and Development, conosciuta come Commissione

Bruntland, pubblicò il rapporto Our Common Future portando all’attenzione del mondo la grave crisi

dell’ecosistema globale e introducendo il concetto di sviluppo sostenibile come ‘uno sviluppo che

soddisfi i bisogni presenti senza compromettere l’abilità delle future generazioni di soddisfare i propri’

(WCED, 1987). Diverse altre definizioni sono state proposte nel corso degli anni, dando vita a diverse

interpretazioni. La visione più ampia del concetto di sostenibilità, condivisa anche dal World Summit

on Sustainable Development di Johannesburg (WSSD, 2002), comprende la sostenibilità sociale,

economica ed ecologica. Tuttavia, nessuna di queste definizioni risponde alla domanda di quali siano i

comportamenti di consumo che dovrebbero, o non dovrebbero, essere considerati sostenibili.

Considerato che circa un terzo dell’impatto ambientale riguarda il consumo di alimenti e bevande delle

famiglie (DEPA, 2002), ne deriva il ruolo cruciale del consumatore, attraverso il suo comportamento

alimentare, nel contribuire alla sostenibilità dell’ambiente (Schrader e Thögerson, 2011; Carlsson-

Kanyama et al, 2009; Dabbert et al, 2004). Tuttavia, lo stesso consumatore ha difficoltà a comprendere

il significato di “sviluppo sostenibile” e, di conseguenza, a tradurlo in un modello alimentare

sostenibile.

L’assenza di una chiara definizione del concetto ha contribuito, anche nell’ambito del consumo

alimentare, a focalizzare l’attenzione su alcuni specifici aspetti, e a rivolgere l’interesse, di volta in

volta, ai prodotti dell’agricoltura biologica (Aertsens et al, 2009; Coley et al, 2009), ai prodotti locali

(Hinrichs e Allen, 2008; Seyfang, 2006), al mercato del commercio equo e solidale (Clarke et al, 2007;

De Pelsmacker et al, 2005), al benessere degli animali (Miele e Evans, 2010; Vanhonacker et al,

2007).

Parte del dibattito sul consumo alimentare sostenibile si è, inoltre, focalizzato intorno anche alla

questione della produzione agricola locale e ai benefici sociali e ambientali ad essa collegati (Norberg-

Hodge et al, 2002; Morgan et al, 2006). Una supposizione che sembra essere molto diffusa tra il

pubblico e i media, e supportata da alcuni studi in letteratura, è infatti che il prodotto locale, rispetto

quello non locale, contribuisca ad un minor impatto sull’ambiente grazie alla distanza più breve che il

prodotto deve percorrere tra il luogo di produzione e quello del suo acquisto e consumo. Più è breve la

distanza di trasporto dell’alimento minore è l’uso dell’energia utilizzata durante la produzione e il

trasporto (Hill, 2008; Defra, 2005). Tuttavia molti studi in letteratura rilevano che la distanza

necessaria per trasportare il prodotto è in realtà uno scarso indicatore dell’impatto ambientale (Coley et

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37

al, 2009; Mason et al, 2002). Resta il fatto, comunque, che il prodotto locale viene spesso promosso

come un prodotto che contribuisce positivamente all’ambiente.

In ogni caso, non esiste ancora una formale definizione del termine ‘prodotto locale’. In

letteratura viene identificato come quel prodotto che è cresciuto, prodotto e venduto all’interno di una

singola regione. Altri studi lo definiscono, invece, come quello prodotto e venduto nel raggio di 50-90

chilometri (Groves, 2005; La Trobe, 2001).

La letteratura scientifica evidenzia, comunque, un atteggiamento generalmente positivo verso il

consumo alimentare sostenibile da parte di larghi segmenti di consumatori (Vassallo e Saba, 2015;

Vermeir e Verbeke, 2006; De Pelsmacker et al, 2003; Robinson e Smith, 2002; Bissonnette e

Contento, 2001). Tuttavia, nonostante una positiva dichiarata apertura verso un consumo alimentare

sostenibile da parte dei consumatori, resta ancora la necessità di capire quali siano i potenziali fattori

che entrano in gioco nel processo decisionale che inducono il consumatore a scegliere se seguire o no

tale comportamento (Vermeir & Verbeke, 2006).

Il presente capitolo riporta un’analisi descrittiva riguardante alcuni risultati dello studio sul

consumatore finalizzato all’analisi delle determinanti e delle barriere del consumo alimentare

sostenibile in Italia, realizzato nell’ambito del progetto REGALIM.

2.2. Metodologia

Gli atteggiamenti del campione dei consumatori italiani (vedi la Premessa metodologica) verso

l’alimentazione eco-sostenibile sono stati rilevati nella prima parte della sezione 1 del questionario.

La prima parte della sezione 1 è stata disegnata in base ad una estensione del modello teorico del

comportamento pianificato (Theory of Planned Behaviour) di Ajzen (1991) che comprendeva le

variabili di base del modello: gli atteggiamenti, le norme soggettive, il controllo percepito sul

comportamento (nel presente studio misurava la percezione della difficoltà di trovare sul mercato i

prodotti), l’intenzione di eseguire il comportamento (misurata in base alla frequenza di acquisto del

prodotto nel mese precedente la rilevazione). La misura delle variabili del modello TPB è stata ripetuta

per ciascuno dei due tipi di prodotti. L’estensione del modello TPB ha incluso le seguenti variabili:

l’efficacia percepita, definita come la percezione che il consumatore ha riguardo l’impegno del singolo

individuo nel mettere in atto le azioni necessarie al raggiungimento di uno specifico obiettivo che, nel

nostro caso, è rappresentato dalla tutela dell’ambiente (Roberts, 1996); la responsabilità percepita dal

consumatore, definita come la sua percezione di sentirsi o meno responsabile nel compiere una

determinata azione (Bissonnette e Contento, 2001); l’identificazione di sé stesso, ossia, per il nostro

studio, la percezione di sé in relazione alla messa in atto di un comportamento orientato alla

salvaguardia dell’ambiente e della salute (Bissonnette e Contento, 2001; Sparks e Shepherd, 1992;

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Sparks et al,1995); il comportamento di consumo passato, misurato con la frequenza di acquisto dei

prodotti econostenibili e locali nel corso dei 6 mesi precedenti la rilevazione (Chatzisarantis et al,

2007; Bamberg & Ajzen, 2003).

Quasi tutte le variabili sono state misurate con una scala bipolare likert a 7 item (in cui

l’elemento posizionato al centro corrispondeva alla posizione di neutralità). Il comportamento è stato

misurato utilizzando invece una scala unipolare che identificava la frequenza di consumo (da “mai” a

“sempre” per la prima, da “mai” ad “ogni giorno” per la seconda).

2.3. Risultati

Considerando le variabili socio-demografiche, il campione, responsabili o co-responsabili degli

acquisti, si compone prevalentemente di donne (60%), con un livello di istruzione medio-alto (il 44,7%

ha il diploma di media superiore e il 14,4% un diploma di laurea). Il 50% degli intervistati appartiene

alla classe di età 35-64 anni, mentre il resto del campione si distribuisce equamente tra le due classi di

età 18-34 anni e >=65 anni.

La maggior parte degli intervistati ha un atteggiamento favorevole verso sia gli alimenti prodotti con

tecniche eco-sostenibili che quelli prodotti localmente, sebbene l’atteggiamento risulta essere più

positivo nei riguardi dei prodotti locali, probabilmente perché più conosciuti e familiari (Figura 1). I

prodotti locali sono considerati, infatti, più facilmente disponibili sul mercato rispetto a quanto lo siano

gli alimenti prodotti con tecniche ecosostenibili (Figura 2).

Figura 1. - Atteggiamenti verso il consumo di prodotti ecosostenibili e locali (% totale risposte)

“Acquistare alimenti eco-sostenibili/locali è per me……”

0 20 40 60 80 100

negativo

né negativo/né positivo

positivo

insensato

né insensato/né sensato

sensato

inutile

né inutile/né utile

utile

locali ecosostenibili

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39

Figura 2. - Percezione di potere controllare se acquistare i prodotti ecosostenibili e locali (% totale risposte)

“Quanto ritiene sia facile trovare disponibili sul mercato alimenti……”

La percezione di trovare con difficoltà il prodotto ecosostenibile sul mercato è confermata anche

da una più bassa frequenza di acquisto di questo prodotto nel corso dei mesi passati (Figura 3), rispetto

a quella che viene dichiarata, invece, per i prodotti locali.

Figura 3. - Frequenza di acquisto di prodotti ecosostenibili e locali nei passati 6 mesi (% totale risposte)

“Nei passati 6 mesi, quanto spesso ha acquistato alimenti……”

0 10 20 30 40 50 60

estremamente difficile

difficile

né difficile/né facile

facile

estremamente facile

locali eco-sostenibili

0

5

10

15

20

25

30

35mai

raramente

occasionalmente

spesso

molto spesso

sempre

eco-sostenibili locali

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Questo dato è confermato anche dalla frequenza di consumo dei prodotti locali nel corso dei sei

mesi precedenti l’indagine, che risulta essere abbastanza alta (‘spesso’, 31% di risposte; ‘molto

spesso’, 19.7% di risposte), al contrario dei prodotti ecosostenibili che sono caratterizzati

principalmente da un consumo meno abituale (‘occasionalmente’, 31.3% di risposte; ‘raramente’,

26.8% di risposte).

Questo comportamento di consumo, più favorevole per i prodotti locali, si conferma anche nel

corso del mese precedente lo studio (Figura 4).

Figura 4. - Frequenza di acquisto dei prodotti eco-sostenibili e locali nel corso del mese precedente lo studio (% totale risposte)

“Lo scorso mese, quanto spesso ha acquistato alimenti……”

Per quanto riguarda, invece, il contributo del singolo individuo per la salvaguardia dell’ambiente,

si osserva che la quasi totalità degli intervistati ritiene importante adottare azioni che salvaguardino

l’ambiente e sente di avere la responsabilità, attraverso l’acquisto alimentare e l’uso che ne fa degli

alimenti, di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente (Figura 5). Gli stessi intervistati, nella maggior

parte dei casi, si percepiscono come persone che si preoccupano dell’ambiente e della salute (Figura

6).

0

10

20

30

40

50

60

mai

qualche volta

1 v. a settimana≥ 2 v. a settimana

ogni giorno

ecosostenibili locali

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Figura 5. - Alcune opinioni riguardo la percezione della responsabilità del singolo individuo a contribuire alla salvaguardia dell’ambiente (% totale risposte)

Figura 6. - La percezione di sé stesso in relazione ai temi dell’ambiente e della salute (% totale risposte)

La Figura 7 mostra i fattori più importanti che guidano la decisione del campione intervistato di

acquistare i prodotti alimentari. Come si può osservare, i fattori più importanti nella decisione di

acquisto sono la freschezza, la genuinità e il prezzo, mentre l’impatto ambientale è considerato tra i

primi 3 fattori più importanti solo dal 7.2% degli intervistati.

0 10 20 30 40 50

mi sento responsabile di contribuire acambiamenti per salvaguardare l'ambiente

è inutile che il singolo individuo faccia qualcosaper salvaguardare l'ambiente

quando acquisto alimenti, considero come l'usoche ne faccio possa incidere sull'ambiente e su gli

altri

cosa io faccia non produce alcuna differenza perl'ambiente, poiché il comportamento del singolo

non ha alcun effetto

se si acquistassero prodotti venduti dalle aziende"socialmente responsabili" , si avrebbero effetti

positivi sulla società

molto d'accordo d'accordo né in disaccordo/né d'accordo in disaccordo molto in disaccordo

0 10 20 30 40 50 60

mi considero un consumatore attento allasalute

mi considero un consumatore che sipreoccupa della salvaguardia

dell'ambiente

molto d'accordo d'accordo né in disaccordo/né d'accordo in disaccordo molto in disaccordo

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Figura 7. - I tre fattori più importanti per decidere di acquistare un prodotto alimentare (incidenza % nei primi tre posti) (grafico da Scalvedi, 2015)

Relativamente alle opinioni che le persone hanno sul proprio comportamento, la maggior parte

degli intervistati percepisce che gli altri, in particolare la famiglia e le persone per loro importanti,

ritengono che questi prodotti debbano essere acquistati (Figura 8), soprattutto se si tratta di prodotti

locali.

Figura 8. - La percezione dell’influenza delle opinioni degli altri sul comportamento d’acquisto dei prodotti ecosostenibili e locali (% totale risposte)

prodotti ecosostenibili

prodotti locali

53,0 48,741,9

27,2 26,7 24,9 23,217,2 16,1

7,2 5,2 3,9

0

25

50

75

100

0 20 40 60 80 100

le persone che sonoimportanti per me…

la mia famiglia pensa che

la società si aspetta che

i miei amici pensano che

li debba acquistare

debba/non debba acquistare

non li debba acquistare

0 20 40 60 80 100

le persone che sonoimportanti per me…

la mia famiglia pensa che

la società si aspetta che

i miei amici pensano che

li debba acquistare

debba/non debba acquistare

non li debba acquistare

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Infine, gli intervistati si dichiarano più propensi ad acquistare i prodotti locali nei giorni

successivi l’indagine, rispetto ai prodotti ecosostenibili (Figura 9).

Figura 9. - Probabilità di acquistare i prodotti ecosostenibili e locali la settimana successiva all’indagine (% totale risposte)

2.4. Discussione e Conclusioni

La maggior parte dei rispondenti dello studio REGALIM mostra un atteggiamento favorevole

verso i prodotti sia ecosostenibili che locali, ed un elevato grado di coinvolgimento con il tema della

sostenibilità. Tuttavia, per quanto riguarda i prodotti ecosostenibili, presentati al campione di soggetti

come “beni prodotti con tecniche agricole eco-sostenibili, ovvero quelle pratiche agricole che operano

nel modo più naturale possibile, riducendo al minimo il ricorso a pratiche dannose per il suolo, ed

utilizzando fonti energetiche rinnovabili”, si osserva una improbabile intenzione di acquisto di tali

prodotti nei giorni successivi l’indagine a cui si aggiunge una scarsa frequenza di acquisto nei mesi

passati. In particolare, osservando il consumo nei 6 mesi prima dell’indagine, si potrebbe dedurre che

il consumo dei prodotti locali è un consumo più abituale rispetto a quello dei prodotti ecosostenibili.

Questa contraddizione (o gap) tra atteggiamento positivo verso il consumo di alimenti prodotti

con tecniche ecosostenibili e verso una improbabile intenzione di acquistarli evidenzia che, per questo

tipo di prodotti, gli atteggiamenti da soli sono uno scarso predittore sia delle intenzioni che dello stesso

comportamento (De Boer et al, 2009; Hughner et al. 2007; Ajzen, 2001; Bernués et al,2003). Il

presente capitolo non entra nel merito delle relazioni causali tra le variabili del modello esteso di TPB

(che sono, invece, oggetto di approfondimento in altri lavori attualmente in preparazione o sotto

revisione), tuttavia, sulla base dei risultati di alcuni studi in letteratura, si possono qui fare alcune

riflessioni riguardo le motivazioni del gap tra atteggiamenti e comportamenti. Gli studi in letteratura ci

dicono che l’intenzione di acquistare un prodotto sostenibile è il principale determinante dell’acquisto,

0

10

20

30

40

50molto improbabile

improbabile

né improbabile/néprobabile

probabile

molto probabile

ecosostenibili locali

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mentre l’atteggiamento verso questo tipo di prodotti, la percezione di obblighi morali, e la percezione

di essere in grado di porre in atto il comportamento voluto, influenzano l’intenzione di acquistare e

quindi, indirettamente, il comportamento sostenibile (Bamberg e Möser, 2007). Tuttavia, è

riconosciuto che il comportamento di acquisto dei prodotti alimentari è guidato da diversi fattori,

L’abitudine, il prezzo, la mancanza di disponibilità del prodotto sul mercato, la non conoscenza o il

non riconoscimento del prodotto (es., assenza di etichetta informativa) potrebbero essere solo alcuni

dei fattori che potrebbero ostacolare l’acquisto di prodotti sostenibili per l’ambiente (Vermeir e

Verbeke, 2006; Robinson e Smith, 2002; Thøgersen 2004; Koster, 2009; Carrigan e Attalla, 2001). Un

comportamento attento alla salvaguardia dell’ambiente può essere determinato anche da motivi di

interesse personale e di interesse per la società (de Pelsmacker et al, 2003). I valori dell’universalismo

(senso di protezione del benessere di tutte le persone e della natura) e benevolenza (voler preservare e

migliorare il benessere degli altri) sono risultati essere, infatti, fortemente correlati con gli

atteggiamenti favorevoli verso questo tipo di prodotti e con l’intenzione di acquistarli (Vassallo e

Saba, 2015; D’Addezio et al, 2015) confermando i risultati di altri studi in letteratura (Vermeir e

Verbeke, 2008; Thøgersen, 2001).

Tuttavia, i risultati di questo capitolo mettono comunque in luce che la percezione, da parte dei

consumatori, di una scarsa presenza sul mercato di questi prodotti potrebbe di fatto rappresentare una

delle barriere che ostacolano l’acquisto di prodotti sostenibili (Ajzen, 1985). Forse questa barriera per i

prodotti sostenibili spiegherebbe anche la differenza di comportamento riguardo i prodotti locali. Ad

una percezione di disponibilità sul mercato dei prodotti locali corrisponde una intenzione ed un

comportamento di acquisto più forte. Inoltre, c’è da considerare che la percezione di una limitata

accessibilità al prodotto sostenibile potrebbe derivare da una incerta identificazione del prodotto sul

mercato per la mancanza di informazioni in etichetta, o di messaggi promozionali, che diano la

possibilità al consumatore di riconoscerli e, quindi, di fare una scelta consapevole. Fermo restando,

come ampiamente riconosciuto in letteratura, che l’attenzione del consumatore verso l’informazione

riportata in etichetta dipende fortemente dal suo grado di coinvolgimento (Kokkinaki, 1997; Vermeir e

Verbeke 2006). Probabilmente, anche se il campione intervistato ha risposto positivamente alle

opinioni riguardo la responsabilità verso le tematiche dell’ambiente e si percepisce come una persona

attenta alla salvaguardia dell’ambiente, non considera comunque la salvaguardia dell’ambiente come

uno dei fattori importanti per scegliere i prodotti.

Infine, per quanto riguarda le norme soggettive, le opinioni della famiglia sono fortemente a

favore di un consumo dei prodotti sostenibili e locali secondo la percezione dei soggetti intervistati,

sebbene non abbiano una rilevante influenza sul loro comportamento di consumo (Vassallo et al, sotto

revisione).

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In conclusione, gli atteggiamenti fortemente positivi verso il consumo di prodotti sostenibili non

si traducono nell’acquisto o intenzione di acquistare tali prodotti, cosa che invece avviene per i

prodotti locali, evidentemente più familiari per gli intervistati. Va comunque ricordato che nonostante

il “consumo sostenibile” sia un concetto ampiamente diffusosi negli ultimi anni, rimane ancora un

concetto astratto per i consumatori che trovano, quindi, difficoltà a comprenderlo e a tradurlo in un

modello alimentare sostenibile.

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3. Le abitudini alimentari in Italia seguono un consumo eco-sostenibile?

Laura D’Addezio, Aida Turrini, Anna Saba

Sommario

Negli ultimi anni l’analisi dei legami tra modelli di consumo alimentare e problemi ambientali ha

ricevuto grande attenzione dalla comunità internazionale e scientifica. La necessità di cambiare gli

attuali modelli di consumo alimentare in modelli più eco-sostenibili è riconosciuta nelle agende

politiche internazionali. Secondo studi recenti le diete a prevalenza di frutta e verdura comportano un

minore impatto ambientale rispetto alle diete con prevalenza di carni. Questo studio si propone di

esplorare le differenze, a livello di macro-area geografica in Italia, nella tendenza verso comportamenti

alimentari sostenibili, nonché nell’atteggiamento verso le produzioni eco-sostenibili e nelle priorità

valoriali personali. Per i 3004 soggetti adulti dello studio REGALIM sono state analizzate le abitudini

di consumo di “frutta e verdura” e di “carne”, due categorie alimentari contrapposte riguardo

all’impatto ambientale che la loro produzione comporta. È stato analizzato l’atteggiamento verso

l’acquisto di alimenti prodotti con tecniche eco-sostenibili, anche in relazione al sistema dei valori

personali. Al Nord Est è stato rilevato un più diffuso consumo giornaliero di verdure, oltre a una

minore abitudine al consumo di carni bovine e pollame, sia giornaliero che settimanale, al Sud e nelle

Isole si è osservata una tendenza opposta. Non sono emerse differenze territoriali significative, né

nell’atteggiamento verso gli alimenti eco-sostenibili prevalentemente positivo in tutte le aree, né nella

priorità attribuita all’Universalismo che denota comprensione, tolleranza e protezione del benessere di

tutte le persone e della natura. Questo risultato suggerisce di indagare più a fondo la relazione tra

domanda di sostenibilità dei consumatori e le effettive scelte alimentari.

Parole chiave

Consumi alimentari, alimentazione sostenibile, consumo di frutta e verdura, consumo di carni,

atteggiamenti verso gli alimenti sostenibili, valori umani

Abstract

Analyses of the relationship between food consumption patterns and environmental issues have

recently received considerable attention from the international and scientific community. The need to

change current food consumption habits towards environmentally sustainable food consumption

patterns is acknowledged in political agendas. Researchers agree that changes towards more plant-

based diets could help substantially in reducing greenhouse gases emissions and water footprint.

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This study aimed to explore territorial differences in Italy, in adopting sustainable food

behaviours and attitude towards environmentally sustainable food production, and basic human values.

Consumption habits of “fruit and vegetables” and “meat” of the 3004 adults recruited under the

REGALIM study were analysed by main geographical area. The attitude towards the purchase of food

produced with environmentally sustainable techniques, and its relation to the system of personal values

were also analysed. In the North East a higher proportion of people consumed vegetables daily, and a

smaller proportion of people consumed beef and poultry, both on a daily and weekly basis. In the

South and Islands there was a lower percentage of daily consumption of vegetables, and a greater

percentage of daily consumption of beef and pork. On the other hand, there were no significant

differences, neither in the attitude towards environmentally sustainable food production, which was

predominantly positive in all areas, nor in the priority given to universalism denoting understanding,

tolerance, and protection for the welfare of all people and for nature. Results suggest to further

investigate how consumers deal with the demand of sustainability when making food choices.

Keywords

Food consumption, sustainable food, fruit and vegetables consumption, meat consumption, attitudes

towards sustainable food, human values

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3.1. Introduzione

Negli ultimi decenni la comunità internazionale e quella scientifica hanno ripetutamente e

ampliamente trattato la questione della sostenibilità. Nel documento delle Nazioni Unite (UN, 1987) si

legge che lo sviluppo sostenibile “dovrebbe soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la

capacità delle future generazioni di soddisfare le loro proprie necessità”.

E’ ormai riconosciuto che gli attuali modelli di consumo alimentare sono insostenibili ed

incidono fortemente sull’ambiente, la società e l’economia (Carlsson-Kanyama, 1998; Carlsson-

Kanyama, 2004; Duchin, 2005; Burlingame and Dernini, 2011). Alla luce di questo, è stata più volte

rimarcata nelle agende politiche internazionali la necessità di apportare sostanziali cambiamenti nei

modelli di consumo individuali e collettivi.

La stretta associazione tra il concetto di agricoltura sostenibile e quello di sicurezza alimentare

(FAO, 1996) suggerisce che le strategie di sviluppo sostenibile debbano essere orientate verso un

obiettivo combinato di tipo sia socioeconomico che ambientale. Nella stessa definizione di “dieta

sostenibile” (FAO e Biodiversity International, 2012) si stabilisce chiaramente che uno degli obiettivi

di un sistema alimentare sostenibile è il rispetto e la protezione dell’ambiente (Fanzo et al, 2012), oltre

alla salute e alla nutrizione, all’accessibilità, equità e convenienza economiche.

Un’alimentazione sostenibile, quindi, “prevede il consumo di cibo sano dal punto di vista

nutrizionale, con una bassa impronta in termini di uso del suolo e di risorse idriche, con basse

emissioni di carbonio e azoto, attento alla conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, ricco di

cibi locali e tradizionali, equo e accessibile per tutti” (One Planet, 2015).

Vari studi in letteratura rilevano che i prodotti alimentari di origine animale sono associati a più

alte emissioni di gas serra, rispetto ai prodotti di origine vegetale, come conseguenza delle emissioni

degli allevamenti dei ruminanti (Duchin, 2005; Leclercq et al, 2010). Studi recenti mostrano, inoltre,

che le diete a base prevalentemente di frutta e verdure hanno minore impatto sull’ambiente rispetto a

quelle in cui il consumo di carne è alto (Pimentel and Pimentel, 2003; Reijnders and Soret, 2003).

In relazione alla suddetta necessità di apportare sostanziosi cambiamenti negli attuali modelli di

consumo alimentare, viene riconosciuto il ruolo cruciale del consumatore informato, come evidenziato

nelle linee guida per la protezione del consumatore pubblicate dal Dipartimento Affari Economici e

Sociali delle Nazioni Unite (UN, 2003). In questo documento, che ha tra gli obiettivi generali proprio

la promozione del consumo sostenibile, vengono date disposizioni ai Governi per lo sviluppo di

strategie, anche attraverso i programmi di informazione ed educazione per aumentare la

consapevolezza dell’impatto dei modelli di consumo.

Il processo di transizione verso modelli di consumo sostenibili deve quindi basarsi su una

profonda conoscenza dei meccanismi di comportamento dei consumatori (Brunori e Lari, 2012). In

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questo contesto, è importante rivolgere l’attenzione ai fattori motivazionali che determinano le scelte

alimentari dei singoli consumatori, nonché ai valori personali che stanno alla base delle motivazioni

stesse. La questione della sostenibilità si va quindi ad aggiungere ai tanti fattori, spesso tra loro in

conflitto, che influiscono sulle scelte alimentari. Studi precedenti hanno analizzato, ad esempio, gli

atteggiamenti dei consumatori verso i prodotti dell’agricoltura biologica (Fotopoulos et al, 2003),

oppure l’importanza dei fattori etici nel decidere gli acquisti alimentari (Carrigan and Attalla, 2001).

I valori personali sono concetti che caratterizzano gruppi culturali, le società, gli individui e

spiegano le motivazioni alla base degli atteggiamenti e dei comportamenti (Schwartz, 1992). Ciò che

distingue un valore da un altro è il tipo di obiettivo o di motivazione che esso esprime e l’importanza

che gli viene attribuita (Schwartz, 1992). Conoscere la diversa importanza assegnata a determinati

valori rispetto ad altri può contribuire a distinguere i modi di pensare dei consumatori e le motivazioni

che portano alle decisioni e alle preferenze. In particolare, la priorità che una persona dà ai valori

dell’universalismo (comprensione, tolleranza e protezione del benessere di tutte le persone e della

natura) potrebbe rappresentare una base psicologica per un modello di consumo più sostenibile rispetto

a quello convenzionale (Grunert and Juhl, 1995; Thøgersen and Ölander, 2002).

Al fine di studiare la tendenza di una popolazione verso modelli di consumo alimentare più

rispettosi dell’ambiente, è opportuno quindi analizzare, oltre alle effettive scelte di consumo, anche gli

atteggiamenti dei consumatori verso il cibo prodotto con tecniche eco-sostenibili, nonché indagare il

sistema di motivazioni che portano alle scelte e alle preferenze.

Tutto ciò premesso, questo capitolo si propone di esplorare eventuali differenze territoriali, a

livello di macro-area geografica, nella tendenza verso comportamenti di consumo alimentare

sostenibile in Italia, e se tali differenze si riscontrano anche nelle priorità valoriali dei soggetti. A tale

scopo, ci si focalizza su una parte dell’informazione rilevata nell’ambito del progetto REGALIM, in

particolare sulle abitudini di consumo di “frutta e verdura” e di “carne”, due categorie alimentari

individuate come contrapposte in relazione all’impatto ambientale che la loro produzione comporta. Si

analizza l’atteggiamento verso l’acquisto di alimenti prodotti con tecniche eco-sostenibili, anche in

relazione al sistema dei valori personali. Si indaga, inoltre, se il gruppo “non consumatori di carne”,

rispetto a quello di “frequenti consumatori di carne”, possiede atteggiamenti più disponibili verso la

produzione eco-sostenibile e attribuisce maggiore importanza al benessere degli altri e dell’ambiente.

3.2. Metodologia

Soggetti e questionario

Sono state analizzate alcune delle informazioni raccolte nelle due sezioni del questionario auto-

compilato dai 3004 soggetti di 18 e più anni, rappresentativo della popolazione italiana (vedi la

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Premessa metodologica). Dalla seconda sezione del questionario, quella delle abitudini alimentari (per

la descrizione della sezione si rimanda al capitolo 1) sono state considerate le frequenze di consumo di

frutta, verdure in foglia crude e cotte, pomodori, altre verdure in frutto e legumi freschi, carni (bovine,

pollame e altre carni bianche, suine, salumi). Le modalità di risposta relative a tali frequenze di

consumo sono state accorpate in “una o più volte al giorno”, “qualche volta a settimana”, “meno di una

volta a settimana o mai”. Dalla prima parte della sezione 1 (si rimanda al capitolo 2 per i dettagli) sono

state considerate le risposte alla domanda “Per me acquistare alimenti prodotti con tecniche eco-

sostenibili è…”, con risposta misurata su una scala di valori da 1 (atteggiamento sfavorevole) a 7

(atteggiamento favorevole), e le risposte alla domanda “Nel corso del mese passato, quanto spesso ha

acquistato alimenti prodotti con tecniche eco-sostenibili?”. Infine, dalla seconda parte della sezione 1

del questionario sono state considerate le 40 domande del Portrait Values Questionnaire (PVQ)

utilizzate per misurare i 10 tipi valoriali di Schwartz (Capanna et al, 2005) (vedi capitolo 5 per i

dettagli metodologici).

Tutte le suddette informazioni sono state analizzate per le quattro aree geografiche italiane

principali: Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud e Isole.

Analisi dei dati

Per studiare le differenze nelle frequenze di consumo di frutta, verdura e carne, di acquisto di

prodotti ecosostenibili e nell’atteggiamento verso di essi, tra le diverse aree geografiche, è stato

utilizzato il test del Chi-quadrato. Nei casi in cui il test Chi-quadro è risultato significativo, sono stati

calcolati i residui standardizzati delle frequenza e condotti i test post-hoc di verifica delle aree

geografiche responsabili della significatività. Nei casi di numerosità insufficiente, è stata condotta

un’analisi puramente descrittiva.

E’ stata condotta l’ANOVA per confrontare, tra le quattro macro-aree geografiche, i punteggi

medi dei dieci valori (Autodirezione, Stimolazione, Edonismo, Successo, Potere, Sicurezza,

Conformismo, Tradizione, Benevolenza, Universalismo) ottenuti raggruppando opportunamente gli

items del questionario PVQ. La consistenza interna per ognuno dei 10 tipi valoriali è stata calcolata

attraverso il coefficiente alpha di Cronbach.

Sono state calcolate le correlazioni tra i 10 tipi valoriali e le variabili atteggiamento e

comportamento verso il consumo di prodotti eco-sostenibili, per il campione totale e per ogni area

geografica.

Allo scopo di valutare gli atteggiamenti verso l’acquisto di alimenti prodotti con tecniche eco-

sostenibili e le priorità valoriali in relazione al consumo di carne, ci si è focalizzati sul consumo di

carne bovina la cui produzione, come detto nell’introduzione a questo capitolo, risulta avere un

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maggiore impatto sull’ambiente. I soggetti sono stati quindi suddivisi in due gruppi, “consumatori” (vi

fanno parte tutti coloro che la consumano carni bovine “una volta al giorno/qualche volta a

settimana/meno di una volta a settimana”) e “non consumatori” (coloro che hanno risposto “mai”).

Le significatività dei test statistici sono state definite al livello di p < 0,05.

Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il pacchetto statistico SPSS, versione

20.0 (SPSS Inc., Chicago, IL).

3.3. Risultati

In Italia, come pure nelle singole aree geografiche, la frutta viene consumata per lo più

giornalmente, mentre le carni, sia fresche che conservate, una o più volte a settimana (Figura1). Fa

eccezione la carne suina il cui consumo abituale è più occasionale (meno di una volta a settimana).

Sono emerse alcune differenze per area geografica. Al Nord Est una percentuale maggiore di soggetti

consuma verdure a foglia una o più volte al giorno, ed una percentuale minore consuma carne bovina e

carni bianche giornalmente o settimanalmente. Al Sud e Isole si riscontra una minore percentuale di

consumi giornalieri di verdure, sia in frutto che in foglia, in favore di un maggiore consumo su base

settimanale. Sempre al Sud e Isole, si osserva un più diffuso consumo giornaliero di carne bovina e

suina, che si riflette in un minore consumo occasionale di queste carni (Figura1).

In generale, la maggioranza dei soggetti mostra un atteggiamento positivo verso l’acquisto di

prodotti eco-sostenibili (78%), mentre meno del 50% dei soggetti dichiara di acquistarli usualmente

(una o più volte a settimana) (Figura 2). Al Nord Est tale quota raggiunge il 50%, tuttavia non emerge

una differenza significativa rispetto alle altre aree.

In linea generale, sia nel campione totale che nelle quattro aree geografiche, i soggetti appaiono

dare maggiore rilevanza ai valori dell’Universalismo, Benevolenza e Sicurezza. In particolare, questi

valori risultano avere più importanza per i soggetti del Sud e Isole, rispetto a quelli delle altre aree

territoriali (p<0.001) (Figura 3). Osservando i dati, emerge inoltre che i soggetti residenti al Sud e Isole

danno maggiore importanza ai valori della conservazione (Sicurezza, Conformismo, Tradizione) in

confronto alle altre aree geografiche. Differenze significative si evidenziano comunque anche

nell’importanza attribuita al Successo e Potere. Nessuna differenza significativa tra le aree geografiche

è emersa relativamente al valore generale dell’apertura al cambiamento (Stimolazione e

Autodirezione).

Sia per il campione totale che per le 4 aree geografiche, l’Universalismo risulta essere il valore

più fortemente correlato con l’atteggiamento positivo verso l’acquisto di prodotti eco-sostenibili,

(r2>=0,33, p<0,01) (Figura 4), e anche con la responsabilità percepita di acquistare prodotti

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ecosostenibili per salvaguardare l’ambiente (r2=0,45, p<0,01), e con l’identificazione di sé come

individuo che si preoccupa della salvaguardia dell’ambiente (r2=0,41, p<0,01).

Analizzando i due gruppi di consumatori, “frequenti consumatori di carne” e “non consumatori

di carne”, è emerso che coloro che hanno dichiarato di non aver mai consumato la carne attribuiscono

maggiore importanza al valore dell’Universalismo e ai valori dell’apertura al cambiamento

(Stimolazione e Autodirezione). Al contrario, i frequenti consumatori di carne danno maggiore

rilevanza ai valori della conservazione (Sicurezza, Conformismo, Tradizione).

Figura 1. - Frequenze di consumo per macro area geografica (% di risposta)

Fonte: Studio REGALIM, 2011 - (*) p<0,05, test Chi quadro

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Figura 2. - Atteggiamento verso l’acquisto di prodotti alimentari prodotti con tecniche agricole eco-sostenibili e frequenza di acquisto nell’arco del mese precedente all’intervista (% di risposta per area geografica)

Fonte: Studio REGALIM, 2011

Figura 3. - Punteggi medi dei valori per area geografica

Fonte: Studio REGALIM, 2011 (*) p<0,05, test ANOVA

0

1

1

2

2

3

3

4

4

5

5

BENEVOLENZA*

UNIVERSALISMO*

AUTO-DIREZIONE

STIMOLAZIONE

EDONISMO

SUCCESSO

POTERE

SICUREZZA*

CONFORMITA'*

TRADIZIONE*

Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole

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Figura 4. Correlazione tra l’atteggiamento verso il consumo di alimenti prodotti con tecniche eco-sostenibili e ciascuno dei 10 valori umani

Fonte: Studio REGALIM, 2011

3.4. Discussione

Frutta e verdura, due categorie di alimenti il cui consumo è raccomandato nelle diete sostenibili,

sono consumate in prevalenza giornalmente, in tutte e quattro le macro-aree geografiche. Dai risultati

esposti nel capitolo 1 della presente monografia, la percentuale di persone che dichiarano di consumare

cinque o più porzioni al giorno di frutta o di verdura, obiettivo raccomandato per una sana

alimentazione (SINU, 1996) che raggiunge il 12% nel totale campione, registra un massimo del 15% al

Nord Est ed un minimo del 7% al Sud e Isole. Al Nord Est sono inoltre emersi dei comportamenti

alimentari più eco-sostenibili, vale a dire una maggiore abitudine al consumo giornaliero di verdure, ed

un consumo di carne meno frequente, al contrario di quanto è emerso al Sud e Isole. Al Nord-Est si

osserva anche un più diffuso atteggiamento favorevole all’acquisto di alimenti prodotti con tecniche

eco-sostenibili, e anche se il dato non è supportato da significatività statistica, esso è più in tendenza

con le scelte di consumo che nelle altre aree. Dai risultati esposti nel capitolo 1, è emerso che i

residenti del Nord Est si distinguono per altri comportamenti che denotano una tendenza verso modelli

di consumo più sostenibili. Infatti, in quest’area del paese è più diffusa l’abitudine di acquistare gli

alimenti direttamente presso il produttore (50% dei rispondenti) e si registra anche un maggiore

utilizzo delle botteghe del commercio equo e solidale (14%), specialmente in confronto al Sud e Isole

(8%). Anche il ricorso ai Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), la cui costituzione è ritenuta un segnale

-0,3

-0,2

-0,1

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

TOTALE Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole

UNIVERSALISMO

BENEVOLENZA

SICUREZZA

CONFORMITA'

TRADIZIONE

AUTO-DIREZIONE

STIMOLAZIONE

EDONISMO

SUCCESSO

POTERE

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di innovazione verso il consumo alimentare sostenibile (Fonte et al, 2011), risulta leggermente più

diffuso al Nord Est, anche se ancora scarsamente praticato.

I soggetti del campione italiano, sia totale che nelle quattro aree geografiche, che si dichiarano in

buona maggioranza motivati ad acquistare i prodotti eco-sostenibili, tendono a dare priorità ed

importanza ai valori dell’Universalismo, ossia a quei valori che riguardano la comprensione,

l’apprezzamento, il benessere di tutte le persone e della natura, confermando i dati di letteratura

secondo i quali l’Universalismo risulta essere il valore più fortemente correlato con l’atteggiamento

verso l’acquisto di prodotti eco-sostenibili (Lea e Worsley, 2001; Hayley et al, 2015; Ruby, 2012).

In generale, il campione di soggetti residenti al Sud e Isole sembra porre maggiore attenzione ai

valori della conservazione, che portano a limitare le azioni che potrebbero violare le aspettative e

norme sociali, e sembrano ricercare sicurezza, armonia e stabilità della società più di quanto avviene

nei soggetti delle altre aree geografiche.

Jackson (2005) afferma che la motivazioni a cambiare dei singoli individui può non essere

sufficiente a generare cambiamenti nei comportamenti, per effetto dei condizionamenti sociali ed

istituzionali. Infatti, le politiche intervengono costantemente sul comportamento dei consumatori,

soprattutto attraverso la loro influenza sul contesto sociale dove le persone agiscono e fanno le loro

scelte (Jackson, 2005). Ciò ribadisce il ruolo centrale del consumatore. Le politiche efficaci per un

consumo sostenibile dovrebbero, quindi, coinvolgere tutti gli attori, produttori, distributori e

consumatori, facendo leva proprio sul ruolo di questi ultimi (Brunori e Lari, 2005). Ad esempio, il

supporto allo sviluppo di forme alternative di produzione e distribuzione, come i farmers’ market e i

Gruppi di Acquisto Solidale, sono ritenute un’ azione “dal basso” molto efficace nell’ambito di

politiche per il consumo sostenibile, perché sollecitano innovazione e adeguamento anche da parte del

settore privato (produttori) e delle istituzioni (Brunori et al, 2012).

3.5. Conclusioni

In conclusione, seppure in tutte e quattro le aree geografiche venga attribuita grande importanza

ai valori quali Universalismo, Benevolenza e Sicurezza, e nonostante un generale atteggiamento

positivo nei confronti della produzione e del consumo di alimenti eco-sostenibili, sono emerse

differenze nei comportamenti riguardo al consumo abituale frutta, verdura e carni. Questo risultato

suggerisce di indagare più a fondo la natura delle interrelazioni tra gli atteggiamenti verso le

produzioni e i consumi sostenibili e gli effettivi comportamenti alimentari, considerando anche il

contesto sociale nel quale agiscono i consumatori.

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4. Modellizzazione della struttura valoriale di Shalom Schwartz e sua applicazione in ambito alimentare ecosostenibile.

Marco Vassallo

Sommario

Obiettivo principale di questo capitolo è quello di promuovere l’applicazione della struttura

valoriale di Shalom Schwartz alle scelte alimentari. Secondo obiettivo è quello di incoraggiare

l’utilizzo di tecniche statistiche avanzate nel campo delle equazioni strutturali (come i fattori del

secondo-ordine, modelli strutturali a media latente e variabili latenti “fantasma”) per ottenere

informazioni non comuni. In tal senso, l’intera tassonomia valoriale di Schwartz è stata applicata ad un

campione rappresentativo di consumatori Italiani. Inoltre, tale tassonomia è stata ipotizzata, insieme ad

un comportamento passato di acquisto, come variabile esplicativa per un modello di accettazione

(atteggiamento) alimentare verso prodotti ecosostenibili. Dall’analisi delle correlazioni stimate si è

riscontrata una alta correlazione tra le dimensioni valoriali della auto-trascendenza (benevolenza

universale) ed il conservatorismo e tra l’apertura al cambiamento e l’auto-affermazione. A livello di

medie latenti, i consumatori del sud Italia si sono rivelati maggiormente universali e benevolenti, come

anche maggiormente conservatori e spinti verso la ricerca dell’auto-affermazione. Modellizzando

l’atteggiamento si è ottenuto un interessante opposto contributo dell’auto-trascendenza e del

conservatorismo, il primo in maniera favorevole mentre il secondo in maniera sfavorevole, verso i

prodotti ecosostenibili. L’apertura al cambiamento e l’auto-affermazione sono risultati meno

importanti mentre un sostanziale contributo è stato fornito dal comportamento passato di acquisto di

questi prodotti. Quindi produrre alimenti tradizionali italiani con tecniche ecosostenibili, che ne

conservano la qualità con prezzi competitivi e con una chiara e trasparente ricaduta positiva

sull’ambiente, sembra essere un ottimo viatico per una completa accettazione sociale dei prodotti

ecosostenibili che ne porterebbe ad un più agevole acquisto.

Parole chiave

Valori umani di Schwartz, prodotti alimentari ecosostenibili, modelli a struttura media latente, variabili

latenti fantasma

Abstract

This chapter has the aim to promote the using of the basic human values taxonomy of Shalom

Schwartz to food choices. Second aim is to encourage the application of advanced statistical modeling

under structural equation modeling framework to gain unrevealed information. By doing so, the entire

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taxonomy was performed to a representative sample of Italian consumers so as to understand

motivational values and how these values can explain an acceptance (attitude) towards buying

responsible products together with a past purchasing experience. Latent means and latent ANCOVA

models were applied for evaluating between groups differences in constructs means of the Schwartz’s

taxonomy domains across the main four Italian macro-regions. High-order factors and phantom latent

variables were introduced into the attitude model. Results on the estimated correlations of the high-

order dimensions of the Schwartz’s taxonomy were substantial between self-transcendence and

conservation and between openness to change and self-enhancement value dimensions. At latent

means level, Southern Italian consumers were found more self-transcendence, conservative, self-

enhancement oriented. Interestingly, self-transcendence and conservation played the most important

role (the former in favor, the latter in disfavor) while modeling the attitude, whereas openness to

change and self-enhancement were less important. As a consequence, turning the traditional

agricultural system into a sustainable process seems vital for obtaining a cultural acceptance of

sustainable products in Italy. Furthermore, quality of rewarding purchasing experiences of these

products, at a fair value for money and at a transparent information for the environment, makes these

products more feasibly purchasable in Italy.

Keywords

Schwartz human values, attitudes, sustainable food products, latent means models, phantom latent

variables

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4.1. Introduzione

Obiettivo primario di questo capitolo sarà quello di promuovere l’utilizzo della struttura

cognitiva del sistema valoriale di Shalom Schwartz (1992) per meglio comprendere certe dinamiche di

accettazione alimentare, in questo caso ecosostenibile. Inoltre, nell’ottica dell’analisi dei dati, obiettivo

secondario sarà anche quello di promuovere l’utilizzo di tecniche statistiche avanzate per la

modellizzazione delle variabili latenti che sono state discusse al workshop internazionale Three-day

Workshop: Structural Equation Modeling and Latent Variable Models1 coordinato dall’autore di

questo capitolo e tenutosi presso i locali del dipartimento di Statistica “Paolo Fortunati” della

Università di Bologna dal 12 al 14 settembre 2012 e finanziato dal progetto REGALIM.

In estrema sintesi ed in generale, le strutture cognitive della psicologia applicata alla ricerca sul

comportamento umano consistono nella rilevazione della conoscenza dichiarativa e procedurale

dell’uomo (Anderson, 1983; Peter & Olson, 1990). In breve, la conoscenza dichiarativa può essere

immaginata come un sistema di categorie cognitive (ad es. convinzioni, atteggiamenti, intenzioni,

valori) e loro associazione, mentre la conoscenza procedurale può essere vista come un sistema di

rappresentazioni cognitive di una tipica sequenza di azioni a seguito di un dato stimolo. L’utilizzo di

queste strutture cognitive insieme all’interazione tra processi di comprensione e di integrazione aiuta a

comprendere il comportamento umano (Anderson, 1983; Peter & Olson, 1990), qui consumatore.

Nello specifico di questo capitolo verrà inizialmente presentata l’intera modellizzazione a

struttura latente della tassonomia dei sistemi valoriali di Shalom Schwartz (1992), che rappresenta

appunto un esempio di struttura cognitiva, applicata ad un campione di consumatori. Successivamente,

verrà utilizzata l’intera tassonomia come variabile esplicativa della componente volontaria

dell’atteggiamento (estrapolata dalla teoria del comportamento pianificato di Icek Ajzen - 1991) verso

un consumo ecosostenibile.

4.1.1. Il sistema dei valori umani di Shalom Schwartz e sua modellizzazione

I valori umani sono stati concettualizzati in letteratura come astrazioni che rappresentano gli

obiettivi desiderati o i risultati finali (Rokeach, 1968; Schwartz & Bilsky, 1987). I valori costituiscono

il livello più astratto della cognizione, la quale influenza la percezione e la valutazione di questi, anche

se non specificatamente in relazione a situazioni o oggetti. Si ritiene, quindi, che i valori siano i criteri

usati dalle persone come istruzioni per valutare gli stimoli (ad es. situazioni, persone e oggetti) e

servono, come asserisce Rokeach (1968), da campioni o modelli per gli atteggiamenti, le convinzioni

ed i comportamenti.

1 Al workshop sono stati invitati tre eccellenze nel campo della ricerca metodologica: prof. Gregory Hancock della

Università del Maryland (USA), prof. Kenneth Bollen della Università del Nord Carolina (USA), prof. Irini Moustaki della London School of Economics and Political Science (UK).

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In generale è stato assodato che i valori sono universali nel senso che, in tutto il mondo, gli

individui seguono gli stessi valori, ma quello che può variare è l’importanza relativa attribuita ad essi

(Rokeach, 1973; Schwartz & Bilsky, 1987). Inoltre, i valori vengono generalmente interpretati come

strutture estremamente stabili e possono, quindi, essere considerati come ottime variabili di previsione

dei comportamenti nel lungo periodo. Di conseguenza, i valori e le attitudini formano una struttura

gerarchica per finire verso i comportamenti stessi.

Schwartz e Bilsky (1987) evidenziarono cinque principali caratteristiche, o cardini, dei valori

umani che costituiscono una base di ricerca comune in quest’ambito: i valori sono (1) concetti o

convinzioni circa (2) gli obiettivi desiderati o i comportamenti che (3) trascendono da situazioni

specifiche, che (4) guidano la selezione e la valutazione di persone, comportamenti ed eventi, e (5)

sono ordinati in base all’importanza relativa. Partendo da questi cinque cardini, nel corso dell’ultimo

decennio, Schwartz e Sagiv (1995), Schwartz (1994; 1996), e Smith e Schwartz (1997) hanno proposto

una teoria sistematica sul contenuto e sull’organizzazione dei sistemi di valutazione degli individui

chiamata appunto “Teoria dei Valori”. In breve, la teoria dei valori identifica un insieme di dieci

differenti tipi di valori trans-culturali, ed universali, chiamati domini valoriali: benevolenza,

universalismo, auto-direzione, stimolazione, edonismo, successo, potere, sicurezza, conformismo e

tradizione. Questi dieci domini formano tra loro una struttura quasi-circolare, un circomplesso, di

valori motivazionali opposti e compatibili a seconda della loro vicinanza, o lontananza, come

rappresentato in figura 1 e denominata Schwartz’s Taxonomy of Motivational Value Domains

(tassonomia dei sistemi dei valori motivazionali di Schwartz).

Figura 1.- La struttura dei sistemi di valori di Schwartz (1992)

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Questa struttura circomplessa è, a sua volta, caratterizzata da quattro dimensioni ortogonali che

ne riassumono la struttura integrata: la dimensione di “autoaffermazione – auto-trascendenza” oppone i

valori di potere e successo (che enfatizzano il raggiungimento degli interessi personali) ai valori di

universalismo e benevolenza (che implicano l’attenzione al benessere ed agli interessi degli altri),

mentre la dimensione di “apertura al cambiamento-conservatorismo” oppone i valori di auto-direzione

e stimolazione (che enfatizzano il pensiero indipendente e la disponibilità a nuove esperienze) ai valori

di sicurezza, conformismo e tradizione (che sottintendono auto-restrizione, ordine e resistenza nei

confronti dei cambiamenti). L’edonismo ha degli elementi in comune sia con l’apertura al

cambiamento che con l’autoaffermazione (Schwartz et al, 2000; Schwartz et al, 2001). Un’analisi su

oltre 200 campioni provenienti da più di 60 nazioni ha supportato questa distinzione dei 10 valori e la

struttura delle loro relazioni2 (Schwartz, 2004a,b; Schwartz et al, 2001; Schwartz & Sagiv, 1995).

Per poter misurare questi dieci domini si sono sviluppati, nel corso degli anni, diversi questionari

strutturati. Il primo in assoluto è stato il Schwartz Value Inventory (SVI) di Schwartz (1992). Si tratta

di un questionario, composto da 57 domande (item), sviluppato sulla base di studi teorici ed empirici

durati diversi decenni. Successivamente, queste 57 domande sono state ottimizzate dallo stesso

Schwartz dando luogo ad una tipologia più concreta formata da 40 domande e denominata Portrait

Value Questionnaire (PVQ; Schwartz, 2004a,b; Schwartz et al, 1999; Schwartz et al, 2001), ossia il

questionario per la rilevazione dei valori personali. Lo stesso Schwartz (2004a,b) raccomanda che sia il

SVI che il PVQ possono essere applicati ad un’ampia gamma di contesti compreso quello alimentare

(Allen et al, 2000; Allen & Baines, 2002; Dreezens et al, 2005; Kihlberg & Risvik, 2007; Krystallis et

al, 2008; Worsley & Lea, 2008; Thøgersen, 2009). In tal senso, l’intera struttura valoriale verrà,

quindi, applicata alla componente volontaria dell’atteggiamento della teoria del comportamento

pianificato per ottenere un modello predittivo dell’atteggiamento (Peter et al, 1999; Thøgersen, 2009)

verso il consumo di prodotti alimentari ecosostenibili e, quindi, rispondere alla motivazione di

accettazione sociale, o meno, del perché i consumatori vogliono, o perché non vogliono, questo tipo di

prodotti

In termini di equazioni strutturali il modello dell’atteggiamento (A) con il sistema dei valori si

esplica con il seguente sistema (1):

IVi=f( IIVj); i=(1,10)

A = f (IIVj); j=(1,4) (1)

Dove IVi e IIVj sono rispettivamente i dieci domini (fattori latenti del primo ordine) e le quattro

dimensioni (fattori latenti del secondo ordine) della teoria valoriale di Schwartz. Oltre al sistema (1)

verrà considerata la componente del comportamento passato (CP) poiché in letteratura è stato

2 Di recente Schwartz et al. (2012) hanno sviluppato interessanti sub-domini valoriali rispetto ai 10 originari.

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riscontrato un suo importante contributo anche a livello di atteggiamento (Hagger et al, 2001;

Thøgersen , 1997, 2009):

A = f (IIVj; CP); j=(1,4) (2)

In figura 2 è visualizzato l’intero sistema (2).

Figura 2. - Modellizzazione dell’atteggiamento con la struttura valoriale di Schwartz ed il comportamento passato come antecedenti

Il modello in figura 2 sarà successivamente oggetto di simulazione per le quattro dimensioni

esogene del sistema valoriale di Schwartz. Tale simulazione verrà esplicitata attraverso l’utilizzo di

variabili latenti “fantasma” (Phantom Latent Variables; Rindskopf, 1984) applicate alla dimensione di

apertura al cambiamento come mostrato in figura 3a e 3b (Vassallo, 2015a). Tale modellizzazione

permette di simulare, attraverso le variabili “fantasma”, uno scenario di tipo what if ossia cosa

accadrebbe al campione di consumatori, in termini di struttura valoriale, se il coefficiente strutturale

dell’apertura al cambiamento fosse incrementato in favore e/o in sfavore di un atteggiamento positivo

verso i prodotti ecosostenibili. La flessibilità del sistema di covarianze, attraverso il sistema di

restrizioni a variabili latenti “fantasma”, permette di ricostruire tali scenari che si rivelano

fondamentali a livello di politiche decisionali se si hanno a disposizione conoscenze, o ipotesi, a-priori

da voler inserire e valutare (ad es. il coefficiente dell’apertura al cambiamento uguale ad una certo

valore conosciuto). Nel caso queste conoscenze a-priori non dovessero essere disponibili è possibile

comunque simulare un incremento e/o decremento dei coefficienti strutturali di interesse per valutare

quanto il campione, o meglio la visione attuale dei consumatori intervistati, sia disposto o meno a

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cambiare, in questo caso, in termini di valori nello spiegare una accettazione (un atteggiamento

positivo) verso dei prodotti ecosostenibili. Il modello a in figura 3 coinvolge una sola variabile

“fantasma” che impone restrizioni sul coefficiente strutturale dell’apertura al cambiamento verso

l’atteggiamento di essere maggiore, o uguale, ad una certa costante k che rappresenta la conoscenza a-

priori. Viceversa nel modello b si utilizzano due variabili “fantasma” per imporre restrizioni sul

coefficiente strutturale dell’apertura al cambiamento verso l’atteggiamento di essere minore, o uguale,

ad una costante k.

Figura 3. – Modello dell’atteggiamento con variabili latenti “fantasma” (Vassallo, 2015a).

A B

4.1.2. L’approccio delle medie latenti al sistema valoriale di Schwartz

La modellizzazione del sistema valoriale di Schwartz presentata in questo capitolo comprenderà,

inoltre, l’utilizzo di una tecnica multivariata avanzata per il trattamento delle medie a livello di

costrutto chiamata modelli strutturali a media latente Structured/Latent Means Modeling (Sörbom;

1974; Hancock, 1997). Tali modelli permettono il confronto tra costrutti, fattori latenti, a livello di

media, tra diversi gruppi di popolazione sia indipendenti (between-subjects design) che dipendenti

(within-subjects design) tenendo sotto controllo sia una invarianza culturale tra i gruppi che l’errore di

misura tipico delle variabili latenti. In altri termini, questi modelli rispondono alla necessità di

conoscere quanto in media si differiscono certi costrutti latenti di interesse tra diversi gruppi di

popolazione assicurando, in maniera simultanea, una corretta comparazione a livello culturale e un

corretto confronto a livello di media latente. Se questi confronti a livello di latente venissero fatti

attraverso i modelli tradizionali (M)ANOVA riporterebbero valori distorti poiché i modelli tradizionali

non tengono in considerazione (modellizzare) le differenze culturali (essendo necessaria una

uguaglianza di varianze e covarianze, o test di sfericità, nelle misure tra i diversi gruppi; uguaglianze

non necessarie, in quanto stimate, nei modelli a struttura latente) e nemmeno l’errore di misura che

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risulta compreso nelle misure stesse (Hancock, 1997; Thompson & Green, 2006). In tal senso, in

questo capitolo verranno riportati risultati sulle differenze tra medie latenti strutturali per l’intera

tassonomia di Schwartz per gruppi di consumatori appartenenti alle quattro grandi macro-aree

geografiche Italiane (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud) (Vassallo, 2015b). Questa ulteriore analisi a

livello di media latente si è ritenuta necessaria per meglio individuare le differenze valoriali a livello

territoriale e per sopperire all’alta correlazione che i domini della tassonomia di Schwartz spesso

presentano. Infine verrà presentato anche un modello strutturale ANCOVA per variabili latenti (Latent

ANCOVA, Latent Covariate; Hancock, 2004) per verificare quanto le differenze tra le medie latenti

della tassonomia di Schwartz cambierebbero se alcuni domini venissero ipotizzati come covariate

esterne. Di estremo interesse è stato ipotizzare il dominio dell’edonismo (che la teoria di Schwartz

ipotizza condividere le dimensioni di apertura al cambiamento e auto-affermazione, vedi figura 2),

come covariata esterna nel predire i domini di auto-direzione, stimolazione, potere e successo. E,

quindi, come le differenze in media di questi quattro domini tra le quattro macro-aree Italiane siano, a

loro volta, cambiate quando l’edonismo viene appunto tenuto sotto controllo (Vassallo, 2015b).

4.2. Metodi

In tabella 1 sono riportati le caratteristiche demografiche del campione suddivise per area

geografica (vedi la Premessa metodologica per il disegno dello studio)

Tabella 1. – Profilo socio-demografico del campione in percentuali

ITALIA N = 3004

Nord Ovest N = 814

Nord Est N = 557

Centro N = 600

Sud N = 699

Isole N = 334

Sesso* Maschio

Femina 39.9 60.1

40.2 59.8

39.1 60.9

40.2 59.8

39.6 60.4

40.7 59.3

Classi di età* 18-34

35-64 >64

24.6 52.7 22.7

25.1 52.6 22.4

23.7 54.4 21.9

25.2 52.3 22.5

24.5 52.4 23.2

24.3 51.2 24.6

Livello di istruzione Nessuna o classi elementari Scuola elementare Scuola media superiore Laurea Post laurea mancanti

8.6 30.9 44.7 14.1 1.4 0.3

6.6 32.2 45.1 14.4 1.2 0.5

8.1 33.0 42.2 14.7 1.4 0.5

7.3 26.2 50.7 13.5 2.3 0.0

11.9 30.9 40.6 15.3 1.0 0.3

9.6 32.9 46.1 10.8 0.9 0.0

Nucleo familiare

Una persona

Due persone Tre persone Quattro persone Più di quattro persone mancanti

15.1 30.1 23.8 22.9 8.1 0.0

16.6 33.8 24.9 18.9 5.8 0.0

19.6 33.2 22.1 19.2 5.9 0.0

12.2 31.5 27.3 22.8 6.2 0.0

14.2 24.5 21.9 27.5 12.0 0.0

11.4 24.9 21.9 29.0 12.6 0.3

*Chi-quadro non significativo tra le cinque aree geografiche al 95% di livello di confidenza.

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4.2.1. Questionario e misure

Al campione selezionato è stato consegnato un questionario da auto compilare costruito ad hoc,

che nella sezione 1 includeva una parte relativa alla teoria classica ed estesa del comportamento

pianificato applicata ai prodotti ecosostenibili e locali ed una al sistema valoriale di Schwartz. Ad

interesse di questo capitolo qui si riportano i risultati delle analisi relativamente ad alcunedomande che

misurano l’atteggiamento ed il comportamento passato verso i prodotti ecosostenibili nella teoria

delcomportamento pianificato (prima parte della sezione 1 del questionario) qalle 40 domande che

misurano il sistema valoriale di Schwartz (seconda parte della sezione 1 del questionario)

Per quanto riguarda la parte del questionario dedicata alla teoria classica ed estesa del

comportamento pianificato, sono state considerate tre domande per misurare l’atteggiamento prese da

Vermeir e Verbeke (2008). “Per me acquistare alimenti prodotti con tecniche ecosostenibili è”;

misurata con una scala bipolare con etichette agli estremi negativo-positivo per cogliere la dimensione

affettiva dell’atteggiamento e due scale bipolari con etichette agli estremi insensato-saggio e inutile-

utile per cogliere la dimensione cognitiva dell’atteggiamento. Tutte le etichette sono state codificate

con valori da 1 a 7. E’ stata inoltre considerata una domanda che misura il comportamento passato

preso da Hagger et al, (2001) e Bamberg et al, (2003). “Quanto spesso ha acquistato alimenti prodotti

con tecniche ecosostenibili?”; misurata con una scala unipolare con etichette codificate con valori da 1

a 6: mai, raramente, occasionalmente, spesso, molto spesso, sempre.

Per la parte di questionario dedicata alla struttura valoriale (seconda parte della sezione 1 del

questionario) è stata riportata l’intera versione Italiana3 e validata del PVQ (Capanna et al, 2005), un

questionario composto da 40 domande con brevi descrizioni (portrait) verbali di 40 persone ipotetiche.

Ogni descrizione si riferisce implicitamente all’importanza di un valore. Per esempio, la descrizione:

“Vuole godersi la vita a fondo. Divertirsi è importante per lui” descrive una persona per la quale i

valori edonistici sono importanti. Ogni descrizione è accompagnata dalla domanda “Quanto ti

assomiglia questa persona?”. Le risposte possibili sono su una scala unipolare con valori da 1 a 6 e con

le seguenti etichette: mi assomiglia molto, mi assomiglia, mi assomiglia in qualche modo, mi

assomiglia un po’, non mi assomiglia e non mi assomiglia affatto. Quindi, gli intervistati confrontano

ciascuna descrizione con se stessi piuttosto che confrontare loro stessi con la descrizione. In questo

modo, gli intervistati prestano attenzione solo agli aspetti della personalità relativi alla descrizione e

pertanto il giudizio di similarità si baserà presumibilmente solo su questi aspetti. Il numero di

descrizioni (item) per ogni valore rispecchia l’ampiezza della definizione concettuale del valore stesso:

6 descrizioni per descrivere l’universalismo, 5 per la sicurezza, 4 per la tradizione, il conformismo, la

benevolenza, l’auto-direzione e il successo, 3 per la stimolazione, l’edonismo e il potere.

3 L’intero questionario può essere richiesto all’autore di questo capitolo.

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4.2.2. Analisi dei dati

L’applicazione dei modelli strutturali per variabili latenti è il miglior metodo conosciuto per

risolvere il sistema di equazioni (1-2). I modelli strutturali permettono la stima dei parametri di

interesse in maniera simultanea tenendo conto dell’errore di misura in ciascuna variabile latente

coinvolta, unendo tre metodologie statistiche: modelli di misurazione, modelli di causazione e analisi

fattoriale.

Il software statistico utilizzato è stato LISREL ver.8.8 (Jöreskog & Sörbom, 2007). Altre analisi

statistiche multivariate sono state eseguite tramite l’utilizzo del pacchetto statistico SPSS ver.20.0.

4.3. Risultati

4.3.1. Analisi strutturale del sistema dei valori motivazionali di Schwartz

Qui di seguito vengono riportati i risultati principali (Vassallo & Saba, 2015) dell’analisi

confermativa sui domini e sulle dimensioni della struttura dei valori di Schwartz applicata al campione

di consumatori rilevato e rappresentata in figura 1. Tutti i descrittori relativi a ciascun dominio sono

risultati significativi e validi (risultati non riportati, ma possono essere richiesti all’autore del capitolo).

In tabella 2 sono mostrate le correlazioni rispetto a ciascun dominio e dimensione. Gli indicatori di

adattamento sono risultati abbastanza buoni, in accordo con i ben noti cut-off4, sia per l’analisi

confermativa per i domini del primo ordine (i.e., Chi-quadro (df=689): 6635.26, p<0.001,

RMSEA=.056, CFI=.96, TLI-NNFI=.96. SRMR=.054) che per quella del secondo ordine (i.e., Chi-

quadro (df=721): 8701.54, p<0.001, RMSEA=.063, CFI=.95, TLI-NNFI=.95. SRMR=.075).

Purtuttavia, sempre dalla tabella 2, si notano delle alte correlazioni (>.85) che mettono a rischio

la validità discriminante della tassonomia quasi-circomplessa. Ossia più le correlazioni sono alte e più

risulta difficile che quei domini siano distinti tra di loro.

4 Valori del Root Mean Square Error of Approximation (RMSEA; Newitt & Handcock, 2000) uguali o minori di .05 vengono considerati buoni (Hu & Bentler, 1999), tra .05 e .08 marginali, maggiori di 0.10 non accettabili (Browne & Cudeck, 1993). Valori maggiori di .90 per il Comparative Fit Indices CFI vengono considerati buoni (Bentler, 1990) mentre valori oltre .95 preferiti (Hu & Bentler, 1999). Valori dello Standardized Root Mean Squared Residual (SRMR) al di sotto di .09 sono considerati buoni (Hu & Bentler, 1999).

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Tabella 2. – Correlazioni stimate tra i domini latenti del primo e secondo ordine della teoria dei valori motivazionali di Schwartz (campione effettivo di n=2797; Vassallo & Saba, 2015)

Fattori del primo ordine Fattori del secondo ordine U B T C S P Su E St A-d A-t Co A-a A-c

U 1 B .83 1 T .57 .63 1 C .78 .78 .88 1 S .76 .66 .78 .90 1 P -.16 -.04 .01 .02 .14 1

Su .08 .20 .09 .20 .29 .93 1 H .13 .25 .07 .19 .23 .65 .78 1 St .17 .27 .01 .13 .20 .70 .84 .94 1

A-d .68 .67 .25 .52 .60 .43 .62 .66 .80 1 A-t .93 .90 .70 .83 .77 .07 .07 .29 .32 .26 1 Co .78 .75 .84 .99 .92 .17 .18 .21 .23 .19 .83 1

A-a .07 .06 .15 .18 .17 .92 1.00 .73 .80 .67 .07 .18 1 A-c .30 .29 .20 .23 .22 .75 .81 .91 .99 .82 .32 .23 .81 1

Note: U=Universalismo; B=Benevolenza; T=Tradizione; C=Conformismo; S=Sicurezza; P=Potere; Su=Successo; E=Edonismo; St=Stimolazione; A-d=Auto-direzione; A-t=Auto-trascendenza; Co=Conservatorismo; A-a=Auto-affermazione; A-c=Apertura al cambiamento.

Infatti è facile notare come i domini di tradizione, sicurezza e conformismo siano molto correlati

tra di loro all’interno della dimensione conservatorismo. Stessa tendenza per potere e successo,

edonismo e stimolazione. Quindi il modello quasi-circomplesso dei valori di Schwartz risulta essere

violato in quei domini per quel che riguarda il nostro campione. Inoltre il dominio valoriale

dell’edonismo in questo caso, ossia per il consumatore italiano, si associa maggiormente alla

dimensione dell’apertura al cambiamento rispetto all’autoaffermazione (correlazione stimata di .91 vs

.73).

Interessante però notare come le dimensioni più correlate siano state quelle dell’apertura al

cambiamento con l’auto-affermazione (correlazione di .81) e quelle dell’auto-trascendenza con il

conservatorismo (correlazione di .83) rimodellando così la tassonomia in maniera ellittica come in

figura 4. Questa capacità della struttura valoriale di Schwartz di modellarsi, allargandosi e

restringendosi, passando da una quasi-circolo ad un circomplesso ellittico a seconda delle correlazioni,

permette di individuare il profilo valoriale della popolazione oggetto di studio. In questo caso il

consumatore italiano. Da questo risultato è evidente come il consumatore italiano sia caratterizzato da

quelle quattro dimensioni che sono a due a due vicine e opposte. In pratica nel consumatore italiano

esiste uno spirito auto-trascendente e conservatore che si oppone ad una apertura al cambiamento e alla

ricerca di successo.

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Figura 4. – Tassonomia di Schwartz compressa

In tabella 3 si sono successivamente analizzate le differenze tra le medie (latenti) di ciascun

dominio valoriale per le principali quattro macro-aree italiane (Vassallo, 2015b) con specifico

riferimento al sud Italia a causa dei ben noti problemi di natura economica e sociale e caratterizzato da

forte tradizione culturale (Barbagallo, 1980; De Rosa, 1993; Mutti, 2000). Dai risultati si è riscontrata

una netta superiorità, in media, dei consumatori del sud per quel che riguarda i domini valoriali di

conformismo, tradizione e sicurezza e ricerca del successo. I consumatori del sud Italia sono anche

mediamente più universali e benevolenti di quelli del centro e del nord ovest del paese, nonché simili a

quelli del nord est per questi due domini. Particolarmente interessante è risultata la ricerca del successo

che risulta uguale, in media, in tutte le aree italiane con eccezione del nord est dove è

significativamente inferiore rispetto al sud. Stesso discorso per i domini di apertura al cambiamento ed

edonismo dove si sono riscontrate solo poche differenze tra le aree. Da notare come i consumatori del

centro Italia siano risultati, in media, più edonistici di quelli del sud. A tal proposito il dominio

valoriale dell’edonismo è stato maggiormente esaminato ipotizzandolo come covariata esterna

(applicazione della Latent ANCOVA, Latent Covariate; Hancock, 2004) nello spiegare, in egual

maniera nelle quattro macro-aree italiane (in questa analisi la numerosità campionaria del sud è stata

unita a quella delle isole sia per la minore numerosità di quest’ultima e sia perché sud ed isole

rappresentano una classificazione territoriale standard), i domini adiacenti di potere, successo,

stimolazione e auto-direzione (Vassallo, 2015b). Dai risultati standardizzati presentati in tabella 4 è

interessante notare che nell’ipotesi di considerare l’edonismo uguale in tutte e quattro le macro-aree

esso influisce maggiormente sull’auto-direzione e sul successo rendendo le differenze con il sud Italia

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più marcate, in negativo, nei domini di auto-affermazione e apertura al cambiamento (vedi la tabella 4

e confronto con la tabella 3). Particolarmente sensibili sono stati i consumatori del centro Italia il cui

edonismo rispetto a quelli del sud è superiore in media (.15 dalla tabella 3) e che, se non soddisfatto,

risultano essere ancora più lontani, più severi, nella ricerca dell’auto-affermazione e dell’apertura al

cambiamento rispetto al sud.

Tabella 3. - Stime standardizzate delle medie strutturali di ciascun dominio della struttura valoriale di Schwartz per quattro macro aree Italiane e con il Sud Italia come gruppo di riferimento (Vassallo, 2015b)

Nota: ns = non significativo T-value <|2|

Tabella 4. – Stime standardizzate delle medie strutturali di ciascun dominio della struttura valoriale di Schwartz per quattro macro aree Italiane e con il Sud Italia come gruppo di riferimento e il dominio Edonismo come covariata (Vassallo, 2015b)

Nota: ns = non significativo T-value <|2|

4.3.2. Modello dell’atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili e la struttura valoriale di Schwartz

Questa struttura cognitiva di valori è stata utilizzata nel modello precedentemente rappresentato

in figura 2 e con sistema di equazioni (2) che mette in relazione le quattro dimensioni valoriali con

l’atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili considerando anche il comportamento passato (CP). In

tabella 5 vengono rappresentati i coefficienti strutturali del modello. Gli indicatori di adattamento sono

risultati soddisfacenti (i.e., modello per prodotti ecosostenibili: Chi-quadro (df=876)= 9274.06,

p<.001, RMSEA=.059, CFI=.96, TLI-NNFI=.95. SRMR=.074; per gli alimenti locali: Chi-quadro

(df=875)= 9031.63, p<.001, RMSEA=.058, CFI=.96, TLI-NNFI=.95. SRMR=.074).

Sud Centro Nord Ovest Nord Est

Auto-trascendenza Universalismo .00 -.26 -.29 -.11ns Benevolenza .00 -.15 -.13 -.11ns

Conservatorismo Conformismo .00 -.33 -.20 -.23 Tradizione .00 -.46 -.39 -.42 Sicurezza .00 -.36 -.31 -.23

Auto-affermazione Potere .00 -.06ns .03ns -.30 Successo .00 -.12 -.12 -.30

Edonismo Edonismo .00 .15 .04ns .07ns

Apertura al cambiamento Stimulazione .00 .01ns -.11ns -.14 Auto-direzione .00 -.11ns -.05ns .05ns

Edonismo ↓

Edonismo ↓

Sud Centro Nord Ovest Nord Est

Auto-affermazione

.71 Potere .00 -.17 .00ns -.34

.82 Successo .00 -.25 -.15 -.36 Apertura al cambiamento

.70 Stimolazione .00 -.15 -.13 -.21

.95 Auto-direzione .00 -.20 -.08ns .03ns

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Risulta evidente dai risultati in tabella 5 che l’atteggiamento positivo5 del consumatore italiano

verso un consumo ecosostenibile è principalmente guidato da valori universali e di benevolenza verso

il prossimo e meno da uno spirito conservatore, seppur presente. Il comportamento passato pesa

positivamente. L’apertura al cambiamento verso un atteggiamento al consumo e sembra non essere

significativamente presente.

Le dimensione di auto-trascendenza trovata significativamente positiva nello spiegare

l’atteggiamento nell’intero paese Italia è stata ritrovata altrettanto significativa per le cinque aree

geografiche, come rappresentato nella tabella 6. Una diversa situazione è stata riscontrata per l’altra

dimensione, il conservatorismo, che seppur trovata anch’essa abbastanza significativa per i prodotti

ecosostenibili il suo apporto negativo sembra confermarsi rilevante nel nord est e nel sud Italia mentre

è più debole al centro e nelle isole. Questo risultato fa chiaramente intuire che seppur i valori di

universalismo e di benevolenza siano evidenti nel guidare l’atteggiamento verso i prodotti

ecosostenibili, un sostanziale conservatorismo esiste agendo in sfavore di questi prodotti.

Tabella 5.– Soluzioni (standardizzate tra parentesi) del modello strutturale dell’atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili

Nota: ns = non significativo T-value <|2|

5 I tre item dell’atteggiamento sono risultati in media tutti positivi (negativo/positivo: media 5.98 (sd=1.18);

insensato/saggio: media 6.00 (sd=1.20); inutile/utile: media 5.96 (sd=1.21); da Vassallo & Saba, 2015).

Coefficienti strutturali

Domini Dimensioni Coefficienti strutturali

1.00 (1.00)

CP � CP �

Atteggiamento verso

l’acquisto di

prodotti ecosostenibili

.45 (.41)

1.00 (.96)

U �

A-t � 1.39 (.73) .86

(.87) B �

1.00 (.99)

C �

Co � -.77

(-.41) .91

(.84) T �

.93 (.92)

S �

1.00 (.94)

P �

A-a � .10ns (.08) 1.22

(.95) Su �

1.04 (.91)

E �

A-c � -.16ns (-.24)

1.00 (.99)

St �

.47 (.83)

A-d �

R2 = .46

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Tabella 6. - Significatività sinottica delle dimensioni valoriali nel predire atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili (in rosso le dimensioni non significative; in blu una debole significatività con p<0.10; in verde una forte significatività p<0.01)

Questo modello è stato, inoltre, oggetto di due importanti approfondimenti. Il primo (Vassallo &

Saba, 2015) lo ha visto applicato a due categorie di spesa media mensile per alimenti e bevande (i.e., al

di sotto e al di sopra dei 400 Euro mensili che risulta essere intorno al livello medio di spesa mensile

per la categoria alimenti e bevande in Italia (ISTAT, 2012, 2013). Il secondo, come precedentemente

accennato, lo ha visto oggetto di simulazione (Vassallo, 2015a) per la dimensione dell’apertura al

cambiamento della tassonomia di Schwartz.

La tabella 7 mostra le soluzioni del modello dell’atteggiamento per le due categorie di spesa.

Interessante notare come per i consumatori italiani con meno di 400 euro al mese per la spesa di

alimenti e bevande incrementi la propensione universale e di benevolenza verso il prossimo e

l’ambiente, quindi in linea con dei prodotti ecosostenibili, ma di contro aumenta anche il

conservatorismo insieme ad una chiusura al cambiamento e la ricerca di successo e potere. Quando

invece si hanno più di 400 euro mensili per fare la spesa, non si ricerca più né potere né successo

(domini dell’auto affermazione non-significativi) e nemmeno una apertura al cambiamento. Inoltre la

propensione all’universalismo e benevolenza cala come anche lo spirito conservatore e tradizionale.

Prodotti Ecosostenibili

Domini Dimensioni ITALIA NO NE CE SUD ISO

Universalismo Benevolenza

Auto-trascendenza + + + + + + Conformismo Tradizione Sicurezza

Conservatorismo - • - - - - Potere Successo

Auto-affermazione • • • • • • Edonismo Stimolazione Autodirezione

Apertura al cambiamento • • • • • -

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Tabella 7. - Soluzioni (standardizzate tra parentesi) del modello strutturale dell’atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili per le due categoria di spesa (Vassallo & Saba, 2015)

Totale campione n=2760

< 400 Euro

n=1729 63%

> 400 Euro

n=1031 37%

Domini Dimensioni < 400 Euro

n=1729 63%

> 400 Euro

n=1031 37%

Totale campione n=2760

1.00 (1.00)

1.00 (1.00)

1.00 (1.00)

CP � CP �

Atteggiamento verso

l’acquisto

0.42 (0.39)

0.47 (0.43)

0.45 (0.41)

1.00 (0.96)

1.00 (0.96)

1.00 (0.95)

U �

A-t � 1.74

(0.96) 1.00

(0.49) 1.39

(0.73) 0.86 (0.87)

0.85 (0.88)

0.90 (0.86)

B �

1.00 (0.99)

1.00 (1.00)

1.00 (0.99)

C �

Co � -1.11

(-0.59) -0.44

(-0.23) -0.77

(-0.41) 0.91

(0.84) 0.91

(0.84) 0.92

(0.86) T �

0.93 (0.92)

0.98 (0.92)

0.83 (0.92)

S �

1.00 (0.94)

1.00 (0.90)

1.00 (0.96)

P �

A-a � 0.30

(0.21) 0.03ns (0.02)

0.10ns (0.08) 1.22

(0.95) 1.29

(1.00) 1.26

(1.00) A �

1.04 (0.91)

1.04 (0.93)

1.03 (0.87)

H �

A-c � -0.33

(-0.24) -0.12ns (-0.09)

-0.16ns

(-0.24) 1.00

(0.99) 1.00

(1.00) 1.00

(0.99) St �

0.47 (0.83)

0.48 (0.85)

0.43 (0.79)

S-d �

R2 = 0.50 0.40 0.46

Nota: ns = non significativo T-value <|2|

Per quel che invece riguarda la simulazione è stato d’interesse ipotizzare cosa sarebbe accaduto

al modello dell’atteggiamento se si fosse incrementato il coefficiente strutturale dell’apertura al

cambiamento nel predire un atteggiamento positivo verso i prodotti ecosostenibili, dato che era

risultato non significativo (-.16 dalla tabella 5) ed essendo anche di maggiore interesse sociale verso

dei prodotti innovativi. Per simulare questo incremento è stato utilizzato lo stesso modello

dell’atteggiamento senza considerare il consumo passato e con la sola struttura valoriale, più

propriamente di interesse, come variabili esplicative. Sono state quindi applicate variabili “fantasma”

(i.e., phantom latent variables; Rindskopf, 1984; come precedentemente mostrato in figura 3) per

ottenere la stima del coefficiente dell’apertura al cambiamento inizialmente maggiore e poi minore del

valore, ancora trovato non significativo dopo aver tolto la componente del comportamento passato, di -

.13 (Vassallo, 2015a). All’aumentare dell’effetto diretto (tabella 8), dell’apertura al cambiamento verso

l’atteggiamento, k ≥ -.13, le nuove stime del modello riportano un incremento dell’effetto totale

simulato (effetto totale fantasma) che rappresenta quanto è necessario aumentare l’effetto diretto

dell’A-c verso l’atteggiamento affinché si abbia una stima maggiore di quella non significativa. E’

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chiaro che questo comporta una cambiamento negli altri coefficienti strutturali relativi alle rimanenti

tre dimensioni valoriali. Infatti, all’aumentare dell’A-c verso l’atteggiamento aumenta anche il

coefficiente strutturale del conservatorismo, mentre diminuisce l’auto-trascendenza e

l’autoaffermazione. Processo inverso se viene simulata una diminuzione dell’effetto diretto, k ≤ -.13

(tabella 9).

Tabella 8. - Soluzioni (standardizzate tra parentesi) del modello strutturale A con variabili “fantasma” dell’atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili (Vassallo, 2015a)

Modello a

k A-c Co A-t A-a

- Effetto diretto -.13*(-.09) -1.11 (-.58) 1.83 (.73) .08*(.06) Steps C-Sq(838)=9212.88; RMSEA=.060; CFI=.96; TLI=.95; SRMR=.075

1 -.10

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

-.10 (-.10) .59 (.58) .49 (.48)

-.08* (-.06)

.50 (.38)

-1.02 (-1.03)

C-Sq(839)=17405.11; RMSEA=.084; CFI=.94; TLI=.93; SRMR=.11

2 .10

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

.10 (.10)

.61 (.59)

.71 (.69)

.24 (.18)

.13* (.10)

-1.24 (-1.25)

C-Sq(839)=17848.62; RMSEA=.085; CFI=.94; TLI=.93; SRMR=.11

3 .50

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

.50 (.50)

.62 (.62) 1.12 (1.12)

1.38 (1.02)

-1.20 (-.87)

-1.82 (-1.83)

C-Sq(839)=24559.91; RMSEA=.10; CFI=.92; TLI=.92; SRMR=.13

4 1.00

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

1.00 (1.00) .64 (.65)

1.64 (1.65)

2.96 (2.14) -3.07 (-2.13) -2.57 (-2.55)

C-Sq(839)=68260.93; RMSEA=.17; CFI=.88; TLI=.87; SRMR=.14

Nota: * = non significativo T-value <|2|

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Tabella 9. - Soluzioni (standardizzate tra parentesi) del modello strutturale B con variabili “fantasma” dell’atteggiamento verso i prodotti ecosostenibili (Vassallo, 2015a)

Modello b

k A-c Co A-t A-a

- Effetto diretto -.13*(-.09) -1.11 (-.58) 1.83 (.73) .08*(.06) Steps C-Sq(838)=9212.88; RMSEA=.060; CFI=.96; TLI=.95; SRMR=.075

1 -.20

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

-.20 (-.16) -.50 (-.41) -.70 (-.57)

-2.55 (-1.50)

3.58 (2.07)

1.04 (.83)

C-Sq(839)=10898.65; RMSEA=.066; CFI=.95; TLI=.95; SRMR=.086

2 -.50

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

-.50 (-.40) -.49 (-.39) -.99 (-.79)

-2.92 (-1.70)

4.03 (2.30)

1.27 (1.01)

C-Sq(839)=10485.34; RMSEA=.064; CFI=.95; TLI=.95; SRMR=.084

3 -1.00

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

-1.00 (-.79) -.46 (-.36)

-1.46 (-1.15)

-3.54 (-2.03) 4.78 (2.78) 1.66 (1.30)

C-Sq(839)=10030.48; RMSEA=.063; CFI=.95; TLI=.95; SRMR=.081

4 -1.50

Effetto diretto Effetto totale “fantasma” indiretto

Effetto totale “fantasma”

-1.50 (-1.16) -.42 (-.33)

-1.92 (-1.49)

-4.16 (-2.36) 5.53 (3.06) 2.05 (1.59)

C-Sq(839)=9751.00; RMSEA=.062; CFI=.95; TLI=.95; SRMR=.079

Nota: ns = non significativo T-value <|2|

4.4. Discussione e Conclusioni

La teoria dei valori di Shalom Schwartz rappresenta un importante strumento cognitivo per

definire quale siano le aspettative future della popolazione oggetto di studio in riferimento a

determinati contesti di applicazione. La modellizzazione della tassonomia dei valori avviene

principalmente per due fasi: la prima attraverso una approfondita analisi a struttura latente delle

correlazioni tra i suoi fattori rivelando le polarità della forma e, quindi, il maggiore interesse per la

popolazione di riferimento verso quella particolare tematica di ricerca; la seconda attraverso una

analisi per gruppi di popolazione, sia a livello di correlazione tra i fattori che di medie tra gli essi,

rivelandone, nel primo caso, una diversa o simile forma ellittica, mentre, nel secondo caso, una

differenza in media a livello di costrutto. Questa analisi delle differenze tra le medie a livello di

costrutto risulta particolarmente utile quando si hanno dei costrutti altamente correlati tra di loro

all’interno dei gruppi di comparazione tali da non permetterne una chiara distinzione (Vassallo,

2015b). Inoltre, l’applicazione di questi modelli a struttura media latente sono necessari se si vuole

ottenere un confronto corretto tra medie di costrutti tra diversi gruppi di popolazione che tenga conto

della loro diversa formazione culturale e dell’errore di misura tipico dei costrutti cognitivi.

Nel nostro caso, applicando la tassonomia in un contesto di scelta alimentare responsabile

italiano, si è rivelata particolarmente importante per individuare quale sia la situazione valoriale dei

consumatori italiani mostrando, a livello di correlazione, una forte concentrazione su motivazioni

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universali e conservatori contrapposta ad una apertura al cambiamento, guidata dall’edonismo, con

annessa una ricerca per il successo e affermazione nella vita. I consumatori del sud Italia si sono

rivelati mediamente più universali, conservatori e maggiormente protesi verso la ricerca di successo ed

affermazione rispetto al resto dell’Italia, mentre quelli del centro molto più edonistici. Per l’apertura al

cambiamento la situazione, in media, non si diversifica molto territorialmente, seppur il sud rimane

leggermente più aperto al cambiamento rispetto al resto dell’Italia.

Questa prima valutazione della tassonomia valoriale ha permesso anche di comprendere una

possibile accettazione socio-culturale verso prodotti ecosostenibili quando l’intera struttura è stata

applicata ad un modello dell’atteggiamento verso il loro acquisto. Il consumatore italiano accetta

prodotti ecosostenibili perché ha un forte spirito universale (dimensione valoriale dell’auto

trascendenza molto forte nello spiegare questo atteggiamento) seppur contrapposto alla tendenza

conservatrice legata alle tradizioni alimentari. Questa componente conservatrice, essendo molto

radicata, non può essere ignorata e deve andare, quindi, pari passo con una potenziale apertura al

cambiamento se si vuole che i prodotti sostenibili restino culturalmente accettati, altrimenti si rischia

un calo di quei valori universali che ne consentono l’accettazione stessa (Vassallo, 2015a). Inoltre, la

disponibilità economica per fare la spesa può sempre fare la differenza ed agire negativamente sia

verso un potenziale acquisto che verso un calo della accettazione culturale: essere dei consumatori

“etici” costa (Vassallo & Saba, 2015). Questi prodotti alimentari a consumo di tipo responsabile però,

dopo essere stati accettati culturalmente, devono garantire questa sostenibilità affinché si abbia una

intenzione all’acquisto molto vicina al comportamento finale di acquisto stesso (Vassallo et al,

submitted). Il consumatore italiano, infatti, cerca sicurezze che un acquisto di prodotti responsabili,

soprattutto definiti come ecosostenibili, si rivelino realmente tali, che contribuiscano a salvaguardare

l’ambiente oltre ad essere di qualità pari o superiore a quelli prodotti con tecniche tradizionali. Se

questo avviene il consumatore italiano li continua ad acquistare (comportamento passato molto forte

sia nello spiegare il comportamento d’acquisto che l’atteggiamento; Vassallo et al, submitted; Vassallo

& Saba, 2015) altrimenti rischia di non acquistarli e, quindi, di non poter portare seguito al suo

desiderio di valori universali e responsabili.

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5. Abitudini alimentari e stile di vita degli adolescenti: lo studio ALIADO

Laura Censi, Myriam Galfo, Romana Roccaldo, Deborah Martone, Laura D’Addezio, Marika Ferrari

Sommario

Lo studio ALIADO, parte integrante del progetto REGALIM, è nato con l’obiettivo di

approfondire la prevalenza del sovrappeso/obesità degli adolescenti attraverso dati misurati di peso e

statura su un campione rappresentativo della Regione Lazio, valutando le relazioni tra abitudini

alimentari, stile di vita, attività fisica e sedentarietà, in associazione anche con i loro atteggiamenti

verso tali aspetti. Lo studio è stato effettuato su 369 adolescenti delle seconde classi delle scuole

superiori tra dicembre 2011 e maggio 2012, ai quali sono stati misurati peso, statura e circonferenza

vita. I ragazzi hanno compilato dei questionari sullo stile di vita e sulle abitudini alimentari; il

KIDMED test è stato somministrato per intervista a ciascun soggetto per valutare l’aderenza alla dieta

mediterranea. Su un sotto-campione (302 soggetti) è stata valutata l’attività fisica utilizzando gli

accelerometri. I risultati hanno evidenziato: un’alta prevalenza di sovrappeso/obesità (specialmente tra

i maschi), sedentarietà e attività fisica non in linea con le raccomandazioni; una scarsa aderenza alle

linee guida per una sana alimentazione ed un basso livello di aderenza alla dieta mediterranea (tra i più

bassi d’Europa), dovuto soprattutto ad uno scarso consumo di frutta e verdura. Sono necessari

interventi per modificare questi comportamenti non salutari, che possono influenzare anche lo stile di

vita e la salute futuri. In particolare, le generazioni italiane più giovani dovrebbero imparare ad

apprezzare i cibi caratteristici della dieta mediterranea, iniziando già nella prima infanzia. Inoltre,

l’utilizzo di dati antropometrici misurati, piuttosto che auto-riferiti, negli adolescenti dovrebbe essere

esteso a tutte le altre regioni italiane.

Parole chiave

Adolescenti, Abitudini alimentari, Dieta mediterranea, Stile di vita, Attività fisica, Sedentarietà.

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Abstract

The ALIADO study aimed to evaluate more in-depth and study the prevalence of overweight and

obesity in adolescents obtained from measured weight and height in Italy, considering the relationship

between food habits, lifestyle and the environment in association with their attitudes towards these

issues. The study is part of the project REGALIM funded by the Ministry of Agriculture and Forestry

(Mipaaf). The study was conducted in a representative sample of 369 adolescents, recruited in

secondary schools of the Lazio region, between December 2011 and May 2012. Weight, height and

waist circumference of each subject were measured. The adolescents completed questionnaires on

lifestyle and eating habits; the KIDMED test was given (interview) to each subject to evaluate the

adherence to the Mediterranean diet. A sub-sample (302 subjects) wore an accelerometer to assess

physical activity for a week. The results showed: a high prevalence of overweight (especially among

males), sedentary lifestyle, physical activity not in accordance with the recommendations, poor

adherence to dietary guidelines and a low level of adherence to the Mediterranean diet (among the

lowest ones in Europe), mainly due to a low consumption of fruit and vegetables. Interventions are

needed to change these unhealthy behaviors, which can influence lifestyle and health of later ages.

Younger Italian generations should learn to appreciate the key Mediterranean foods, starting earlier in

life. Moreover, measured rather than self-reported anthropometry in adolescents should be extended to

all the other Italian regions.

Keywords

Adolescents, Food habits, Mediterranean diet, Lifestyle, Physical activity, Sedentary lifestyle

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5.1. Introduzione

L’adolescenza è un periodo fondamentale della vita che comprende la comparsa della pubertà e

la maggiore età e rappresenta una delle fasi più veloci dell’accrescimento corporeo, accompagnato da

modificazioni del sistema nervoso centrale e dalla maturazione di vari organi (Patton e Viner, 2007).

Questo intenso sviluppo biologico, caratterizzato da una profonda evoluzione sul piano fisico e

ormonale, è associato anche a importanti modifiche psicologiche, sociali e comportamentali, tra cui la

transizione sociale verso l’indipendenza dai genitori e una forte affiliazione tra pari (Viner et al, 2015).

Durante questo periodo di passaggio, compreso tra i 10 e i 19 anni (WHO, 1986), si plasmano anche

l’identità, i valori e le credenze (Bissonnette e Contento, 2001). Tali cambiamenti influenzano lo stile

di vita e molti dei comportamenti collegati con lo stato di salute che si mantengono poi anche nell’età

adulta (Viner et al, 2015). Così, molti dei fattori di rischio associati alle malattie croniche non

trasmissibili che si manifestano in età più avanzata, tra cui il fumo, l’alcol, l’obesità e la scarsa attività

fisica, di solito emergono durante l’adolescenza (Patton et al, 2012; Alwan et al, 2010). Lo stato di

salute, in questa fase della vita, è il risultato delle interazioni tra lo sviluppo prenatale, quello della

prima infanzia e i cambiamenti biologici e sociali che accompagnano la pubertà, modellate dai

determinanti sociali, dai fattori di rischio e da quelli protettivi. Tali fattori influenzano l’acquisizione di

comportamenti correlati con la salute (Sawyer et al, 2012), comprese le abitudini e le scelte alimentari

(Mulye et al, 2009; Branca et al, 2007), abitudini che influiscono sull’assunzione dei nutrienti e sul

consumo energetico e che si sviluppano generalmente nella prima infanzia e durante l’adolescenza

(Cooke, 2007; Birch et al, 2007). L’ambiente familiare e quello scolastico svolgono un ruolo

essenziale nella definizione del rapporto con il cibo e del consumo dei singoli alimenti (Patrick e

Nicklas, 2005; Ogata e Hayes, 2014), ma in aggiunta alle influenze dei genitori e dei coetanei, stanno

emergendo diversi fattori nuovi, tra cui la commercializzazione di prodotti (come tabacco, alcol,

alimenti ricchi di grassi, zucchero e sale) e di stili di vita non salutari, che si rivolge particolarmente ai

giovani. Così, come un’epidemia di malattie infettive, i mass media possono essere visti come un

vettore che trasporta atteggiamenti e prodotti a un numero sempre maggiore di ospiti, provocando la

diffusione di comportamenti in precedenza non comuni (Sawyer et al, 2012). Anche l’aspetto estetico

può avere un ruolo fondamentale e molti giovani possono essere influenzati dai media, che

suggeriscono loro come apparire per avere successo (Calado et al, 2010; Anschutz et al, 2009; Van den

Berg et al, 2007), da mode alimentari e dalla tendenza alla magrezza (Madanat et al, 2011). Il tentativo

di perdere peso è una caratteristica comune nelle ragazze intorno ai tredici anni e la frequenza di tale

comportamento tende ad aumentare con l’età tra le ragazze, ma non tra i ragazzi (Currie et al, 2012).

Queste differenze di genere possono essere spiegate in parte dai cambiamenti puberali. I maschi con la

pubertà diventano più muscolosi e acquisiscono caratteristiche somatiche in linea con una forma ideale

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del corpo maschile e questo li può aiutare a sviluppare un concetto di sé più positivo (Muris et al,

2005; Smolak et al, 2006). Viceversa nelle ragazze, l’aumento del grasso corporeo associato allo

sviluppo puberale contrasta con gli stereotipi dei media della forma ideale del corpo femminile; ciò

può contribuire allo sviluppo di un’immagine negativa del proprio corpo (Smolak et al, 2006).

Tutti questi fattori possono contribuire a sviluppare errate abitudini alimentari. Studi recenti

hanno evidenziato che i bambini e gli adolescenti nei paesi occidentali non raggiungono il livello

raccomandato di assunzione di frutta e verdura (Yngve et al, 2005; Evans et al, 2012), mentre esistono

prove convincenti sugli effetti protettivi per la salute da parte di diete ricche di questi alimenti. Negli

adulti una dieta ricca di frutta e verdura è associata a un ridotto rischio per le malattie croniche, tra cui

ictus, diabete e alcuni tipi di cancro (Boeing et al, 2012; Bhupathiraju e Tucker, 2011; World Cancer

Research Fund/American Institute for Cancer Research, 2007; WHO, 2003). Nei bambini il consumo

di frutta e verdura è protettivo nei confronti del sovrappeso e dell’obesità (Pala et al, 2013) e sostituire

alimenti ad alta densità energetica con frutta e verdura può aiutare nella gestione del peso corporeo

(Hebestreit et al, 2014). Poiché è stato osservato che l’assunzione di frutta e verdura tende anche a

diminuire dagli 11 anni ai 15 anni, gli adolescenti rappresentano un target importante per gli interventi

di promozione della salute, anche se certamente impegnativo, proprio a causa dei significativi

cambiamenti evolutivi caratteristici di questo periodo della vita (Currie et al, 2012). Pertanto, è

fondamentale agire precocemente in tal senso, già in età infantile, proseguendo poi anche durante

l’adolescenza, sia perché la dieta incide sulla crescita e sullo sviluppo, ma anche perché le abitudini

alimentari acquisite durante l’età evolutiva possono essere conservate anche in età adulta (Lake et al,

2009; Merten et al, 2009; te Velde et al, 2007). Promuovere stili di vita salutari è particolarmente

importante anche in considerazione del fatto che la prevalenza dell’obesità è cresciuta rapidamente in

tutto il mondo, tanto che questo fenomeno, che rappresenta uno dei principali problemi di salute

pubblica nei paesi industrializzati, è stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

una “epidemia globale” (WHO, 2000). In particolare, è preoccupante l’andamento dell’obesità in età

evolutiva, dal momento che l’eccesso di peso in età infantile predispone ad un maggior rischio che

l’obesità si manifesti anche in età adulta (Gunnell et al, 1998; Singh et al, 2008). Questo implica, oltre

ad un futuro aumento dell’epidemia di obesità negli adulti, anche un abbassamento dell’età media in

cui si manifestano le patologie associate all’obesità, con notevoli ripercussioni sulla spesa pubblica e

sulla qualità della vita (Branca et al, 2007). Le cause dell’obesità sono complesse e comprendono

l’interazione di fattori individuali e ambientali che contribuiscono all’assunzione di energia in eccesso

e/o ad un dispendio energetico insufficiente (Anderson e Butcher, 2006; Swinburn et al, 2011). Ridurre

la prevalenza dell’obesità in età evolutiva rappresenta perciò una priorità importante di salute pubblica.

Per questo è fondamentale analizzare i fattori modificabili che la determinano al fine di poter

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predisporre le misure più adatte per la promozione di stili di vita salutari e anche per poter verificare

l’efficacia di tali azioni (Lobstein et al, 2015).

Ricerche recenti condotte su questa fascia di età in Europa, compresa l’Italia, hanno messo in

evidenza la necessità di approfondire lo studio sulle relazioni tra le abitudini alimentari, lo stile e

l’ambiente di vita degli adolescenti. Tra questi, il progetto europeo HELENA (HEalthy Lifestyle in

Europe by Nutrition in Adolescence; www.helenastudy.com), che ha esaminato le abitudini di vita di

circa 3000 ragazzi tra i 13 e i 17 anni in dieci paesi europei, ha rilevato abitudini alimentari non in

linea con le raccomandazioni internazionali (US Department of Health and Human Services e US

Department of Agriculture 2005; WHO, 2003). In particolare, gli adolescenti osservati consumavano

soltanto la metà della quantità consigliata di frutta e verdura, ma carne e prodotti a base di carne, grassi

e dolci in eccesso (Diethelm et al, 2012), con un apporto energetico totale derivante da grassi che

superava il limite raccomandato (FAO, 2010) per circa la metà del campione (Vyncke et al, 2012).

Questo studio ha anche evidenziato una scarsa attività fisica tra i ragazzi: appena poco più della metà

dei maschi (56,8%) e addirittura solo il 27,5% delle femmine praticava almeno 60 minuti di attività

fisica moderata/vigorosa al giorno (Ruiz et al, 2011), come da raccomandazioni internazionali (WHO,

2010).

Nello stesso ambito, lo studio multicentrico internazionale HBSC- Health Behaviour in School-

aged Children (che esamina ogni quattro anni lo stato di salute degli adolescenti di 11, 13 e 15 anni e i

fattori che la influenzano) ha rilevato, nei 43 paesi partecipanti, un’alta prevalenza di

sovrappeso/obesità, maggiore nei maschi rispetto alle femmine, con valori che tendono a diminuire in

queste ultime al crescere dell’età: rispettivamente 17% nei maschi e 13% nelle femmine undicenni,

17% e 11% a tredici anni e 18% e 10% a 15 anni (Currie et al, 2012). Va specificato che nello studio

HBSC, i dati di peso e statura utilizzati per calcolare l’indice di massa corporea (IMC, kg/m2) e

classificare lo stato ponderale, sono stati auto-riferiti dai ragazzi studiati, e che quindi questi risultati

vanno interpretati con cautela (Currie et al, 2012); infatti, alcuni autori riferiscono che i valori della

prevalenza di sovrappeso/obesità valutati da dati antropometrici auto-riferiti potrebbero essere

sottostimati, rispetto a quelli ottenuti da dati di peso e statura misurati (Himes et al, 2005, Jayawardene

et al, 2014). Altri autori, invece hanno riscontrato che l’IMC basato su dati auto-riferiti è abbastanza

affidabile (Strauss, 1999) e adatto ad identificare relazioni valide tra variabili negli studi

epidemiologici (Strauss, 1999; Goodman et al, 2000).

Anche nello studio HBSC le abitudini alimentari degli adolescenti non sono risultate adeguate:

un’alta percentuale dei ragazzi non aveva l’abitudine quotidiana alla prima colazione (solo il 71% la

consumava tutti i giorni), con una maggiore tendenza a saltare tale pasto con l’aumentare dell’età;

inoltre, è risultata bassa anche la percentuale di adolescenti che consumava la frutta tutti i giorni: era

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maggiore nelle femmine, rispetto ai maschi e diminuiva con l’aumentare dell’età (a 11 anni 46% nelle

femmine vs 38% nei maschi; a 13 anni 40% vs 33%; a 15 anni 35% vs 27%). In particolare, in Italia lo

studio HBSC ha evidenziato valori più alti della prevalenza di adolescenti in sovrappeso/obesi rispetto

alla media dei paesi partecipanti (Cavallo et al, 2013). Infatti, più di un ragazzo su cinque aveva un

eccesso di peso (sovrappeso 17,5% e obesità 3,4%). E’ stato anche osservato un trend geografico delle

frequenze di sovrappeso/obesità, con valori che aumentavano dalle regioni del Nord a quelle del Sud (i

valori più elevati sono stati rilevati in Campania - 26,2% di sovrappeso e 5,7% di obesità; quelli più

bassi nella PA di Bolzano - 8% di sovrappeso e 0,7% di obesità). Come per gli altri Paesi europei, i

dati della prevalenza erano maggiori nei maschi rispetto alle femmine e tendevano a diminuire al

crescere dell’età (il 29,3% dei maschi e il 19,5% delle femmine tra gli undicenni erano in

sovrappeso/obesi, contro il 25,6% nei maschi e il 12,3% nelle femmine per i quindicenni). Le abitudini

alimentari in Italia sono risultate ancora più lontane dalle raccomandazioni rispetto alla media dei

ragazzi dei vari paesi dello studio HBSC, soprattutto per il consumo della frutta. Circa la metà dei

ragazzi di 11 anni non consumava frutta quotidianamente (il 49% delle femmine, 56% dei maschi),

con una frequenza che aumentava nelle fasce di età superiori, fino ad arrivare per i quindicenni al 70%

nei maschi e al 61% nelle femmine. Inoltre, gli adolescenti italiani sono risultati all’ultimo posto in

Europa per quanto riguarda la pratica dell’attività fisica (Currie et al, 2012): solo circa il 10% dei

maschi e il 6% delle femmine raggiungeva infatti i 60 minuti di attività fisica moderata/intensa

raccomandati (WHO, 2010).

Sulla base di tali considerazioni, questo studio di approfondimento ALIADO (acronimo di:

ALImentazione e stile di vita negli ADOlescenti), parte integrante del Progetto REGALIM, è nato

quindi dalla necessità di approfondire e analizzare in Italia la prevalenza del sovrappeso e dell’obesità

negli adolescenti, ottenuta da dati di peso e statura misurati, valutando anche le relazioni tra le

abitudini alimentari, lo stile e l’ambiente di vita, in associazione con i loro atteggiamenti verso tali

aspetti.

L’indagine è stata eseguita su un campione rappresentativo di adolescenti della regione Lazio,

scelta come regione modello in quanto dall’indagine HBSC ha mostrato caratteristiche intermedie per

la prevalenza di sovrappeso/obesità e per le abitudini alimentari dei ragazzi, rispetto alle altre regioni

italiane.

Sono state valutate le abitudini alimentari dei ragazzi nell’ottica dell’aderenza alle linee guida

internazionali (WHO, 2003). Particolare attenzione è stata rivolta allo studio dell’aderenza alla Dieta

Mediterranea (DM) degli adolescenti, indagata con una metodica validata e già ampiamente utilizzata

in altri paesi europei (Serra-Majem et al, 2004), quale indicatore della qualità della dieta. La DM è

caratterizzata, infatti, soprattutto da un abbondante consumo di frutta, verdura, olio di oliva, cereali e

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frutta secca; da un consumo moderato di prodotti caseari; da un basso a un moderato consumo di pesce

e pollame e carne rossa in piccole quantità (Trichopoulou e Lagiou, 1997; Willett et al, 1995).

Numerosi studi hanno descritto i molteplici benefici della DM negli adulti (Esposito et al, 2006;

Estruch et al, 2013; Keys, 1995; Panagiotakos et al, 2007; Psaltopoulou et al, 2004; Trichopoulou et al,

2003). Anche per quanto riguarda l’età evolutiva, sebbene il numero degli studi sia più limitato, sono

stati osservati numerosi effetti benefici per la salute di bambini e adolescenti (Chatzi et al, 2007;

Costarelli et al, 2013; Farajian et al, 2011; Garcia-Marcos et al, 2007; Giannini et al, 2014; Lydakis et

al, 2012; Mazaraki et al, 2011; Schröder et al, 2013; Tognon et al, 2014; Tsiachris et al, 2010;

Velazquez-Lopez et al, 2014). Purtroppo, nonostante la continua evidenza scientifica a favore di

questo modello alimentare e il fatto che la DM sia stata dichiarata dall’UNESCO nel 2010 “Patrimonio

Mondiale Immateriale dell’Umanità” (http://www.unesco.org/culture/ich/en/RL/00394), è stato

riscontrato un suo graduale abbandono da parte delle popolazioni del bacino mediterraneo, soprattutto

per quanto riguarda i più giovani (Grosso et al, 2013; Heberstreit et al, 2010; Kafatos et al, 1997;

Roccaldo et al, 2014; Serra-Majem et al, 2004; Van Diepen et al, 2011).

E’ stata anche valutata l’abitudine al consumo di energy drink. Infatti, la loro diffusione tra gli

adolescenti solleva preoccupazioni per i loro effetti sulla salute (Goldfarb et al, 2014) e studi recenti

hanno evidenziato la necessità di ulteriori ricerche incentrate sulla natura e le modalità di consumo di

energy drink tra i giovani (Burrows et al, 2013). Questo anche in considerazione della mancanza di una

regolamentazione legislativa che preveda l’informazione dei consumatori sugli eventuali rischi di un

uso di tali bevande in eccesso o in combinazione con medicinali, droghe o alcol (Reissig et al, 2009).

Nell’ambito dello stile di vita dei ragazzi esaminati, sono state anche valutate l’attività fisica e la

sedentarietà sulla base delle raccomandazioni. Infatti, l’attività fisica è essenziale per la salute fisica e

mentale a breve e a lungo termine (USDHHS, 2008; Janssen et al, 2010), è associata a un minor

rischio di aumento di peso tra le persone che la praticano regolarmente (Fogelholm, 2000) in quanto è

un fattore determinante della spesa energetica, e quindi, è fondamentale per l’equilibrio energetico e il

controllo del peso (WHO, 2010). L’attività fisica può migliorare il rendimento scolastico e cognitivo

(Martínez-Gómez, 2011), è associata con una maggiore salute muscolo-scheletrica e cardiovascolare e

può ridurre l’ansia e la depressione tra i giovani (Strong, 2005). Inoltre, la pratica dell’attività fisica

aiuta ad attuare i processi di socializzazione, identificazione e strutturazione del carattere (Nelson,

2006; Fox et al, 2000). Tuttavia, nonostante i suoi benefici per la salute, la letteratura indica che il

livello di attività fisica diminuisce nel corso della vita, in particolare proprio durante l’adolescenza

(Currie et al, 2012; Sallis, 2000). I risultati degli studi di monitoraggio supportano l’idea che la

promozione dell’attività fisica in bambini e adolescenti è di grande importanza per la salute pubblica

(Telama, 2009).

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Recentemente è stata prestata molta attenzione anche agli effetti dannosi dei comportamenti

sedentari, proprio perché oggi l’inattività fisica è considerata uno tra i più grandi problemi di salute

pubblica (Blair, 2009). Nei paesi sviluppati, infatti, la sedentarietà è un’importante causa di malattie

croniche e di mortalità prematura, oltre al fatto che negli adolescenti, anche in soggetti che

raggiungono alti livelli di attività fisica (Eisenmann et al, 2008), il tempo trascorso a guardare la

televisione è associato con l’obesità (Vicente-Rodrìguez et al, 2008) e con fattori rischio di malattie

metaboliche cardiovascolari (Ekelund et al, 2006; Martinez-Gòmez et al, 2010).

Infine, è stato valutato il tempo dedicato al sonno, che è di grande importanza per la salute ed è

risultato inversamente associato con l’obesità. Infatti da vari studi effettuati sembra essere un fattore di

rischio modificabile per la prevenzione dell’obesità in età evolutiva (Cappuccio et al, 2008).

6.2. Metodologia

La raccolta dei dati è stata eseguita nel periodo compreso tra dicembre 2011 e maggio 2012.

Popolazione in studio

Lo studio è stato eseguito su un campione rappresentativo di adolescenti delle seconde classi

delle scuole superiori pubbliche e private della Regione Lazio, selezionate in modo casuale. Sono state

scelte solo le seconde classi per ottenere un campione omogeneo per età. In totale sono state reclutate

21 classi, per un totale di 438 studenti iscritti. La partecipazione al progetto è stata elevata,

specialmente in considerazione della notevole collaborazione richiesta alle famiglie, agli insegnanti e

ai ragazzi. L’86,1% dei genitori dei ragazzi iscritti alle classi selezionate ha dato il consenso per la

partecipazione dei propri figli allo studio; tuttavia, l’1,7% dei ragazzi era assente nei giorni in cui sono

state eseguite le rivelazioni, quindi la percentuale di partecipazione è risultata pari all’84,4% (Figura

1). Complessivamente sono stati raccolti dati validi su 373 adolescenti; 4 ragazzi avevano un’età

maggiore di 18 anni e non sono stati inclusi nell’analisi dei dati, così il campione finale è risultato pari

a 369 ragazzi (162 maschi e 207 femmine).

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Iscritti

n 438

(21 classi)

Consensi

86,1%

Assenti non

recuperati

1,7% Percentuale di

partecipazione

84,4%

Rifiuti

13,9%

Figura 1. - Campione dei ragazzi delle seconde classi della scuola secondaria selezionati nello studio

Aspetti etici

Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti

e la Nutrizione (INRAN); sono stati sottoposti alle misure solo gli adolescenti che avevano il consenso

informato firmato da un genitore o da un tutore legale. Ai sensi della Legge 675/1996 e successive

integrazioni e modifiche, tutte le misure sono state raccolte in modo da garantire l’anonimato dei

soggetti in studio.

Modalità di campionamento

Il metodo di campionamento scelto è quello “a grappolo” (cluster survey design - CSD)

modificato da Bennet (1991), che prevede la classe come unità di campionamento. Il campione è stato

selezionato a livello regionale in base alla lista delle seconde classi delle scuole superiori dell’Ufficio

scolastico regionale per il Lazio. Questo metodo consente una stima accurata dei parametri in studio,

assumendo il livello di rappresentatività per area geografica, risparmiando tempo e risorse, rispetto al

metodo classico (random o casuale semplice - CCS). Tuttavia, questo tipo di campionamento ha come

limite la tendenza ad “assomigliarsi” dei ragazzi di una classe selezionata. Per limitare tale tendenza,

nella valutazione della numerosità del campione è stato utilizzato un coefficiente di correzione (Effetto

del Disegno). La numerosità è stata calcolata sulla base di una prevalenza attesa di sovrappeso/obesità

del 30%, utilizzando un livello di precisione desiderato del 5% e un effetto del disegno di 2. Il numero

risultante è stato poi aumentato dell’11,5% per compensare eventuali rifiuti da parte dei soggetti

selezionati.

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Metodi e strumenti per la raccolta e l’elaborazione dei dati

Antropometria

Per ciascun ragazzo sono stati misurati il peso, la statura e la circonferenza vita secondo le

raccomandazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 1995). Le misure

sono state eseguite la mattina a scuola. Il peso è stato misurato con il soggetto in biancheria intima,

tramite bilancia elettronica (SECA 872TM), con precisione 50 grammi; la statura è stata misurata con

stadiometro (SECA 214 TM), con precisione 1 millimetro; la circonferenza vita è stata rilevata in

triplicato con fettuccia metrica (SECA 201), con precisione 1 millimetro. L’indice di massa corporea

(IMC) è stato calcolato dal peso in chilogrammi diviso per il quadrato della statura in metri (kg/m2). Al

fine di classificare lo stato ponderale degli adolescenti, i valori dell’IMC sono stati confrontati con

quelli delle tabelle di riferimento internazionali specifiche per età e sesso, suggerite dalla International

Obesity Task Force, IOTF (Cole e Lobstein, 2012). Secondo le recenti raccomandazioni del Childhood

Obesity Group Europeo (Rolland-Cachera, 2011) è stata utilizzata anche la definizione dell’OMS (De

Onis, 2007; Blössner et al, 2009) per valutare la prevalenza di sovrappeso e obesità. Tuttavia, per le

analisi di associazione tra sovrappeso/obesità e le variabili indagate sono stati presi in considerazione i

cut-off IOTF. Per quanto riguarda la circonferenza vita è stato calcolato il rapporto circonferenza

vita/statura (WC/Ht), considerato un buon indice per classificare i soggetti con più alto rischio cardio-

metabolico (Maffeis et al, 2008; Katzmarzyk et al, 2012), usando il valore soglia pari a 0,5 (Browning

et al, 2010).

Abitudini alimentari

Per il rilevamento delle abitudini alimentari è stata adottata la metodica della “Frequenza di

consumo” (Willett, 1998), ampiamente utilizzata negli studi epidemiologici (Bingham, 1987; Block,

1982) per stimare quanto frequentemente singoli alimenti o gruppi di alimenti siano assunti, facendo

riferimento alla dieta abituale. Il questionario di frequenza utilizzato è stato messo a punto sulla base

delle indagini nutrizionali precedenti condotte dall’INRAN in età evolutiva e comprende:

- una lista di 24 categorie di alimenti e gruppi di alimenti, scelti sulla base degli obiettivi

dell’indagine e da una sezione dove si riportano le risposte relative alle frequenze di consumo

(giornaliera e settimanale) di ciascun alimento/gruppo di alimenti;

- un approfondimento sulla prima colazione, per raccogliere informazioni sul luogo e la frequenza

di assunzione di questo pasto e sulla tipologia e la frequenza degli alimenti consumati, oltre ai

motivi che eventualmente impediscono un consumo quotidiano della colazione;

- una domanda sulla frequenza di consumo dei pasti principali, oltre la prima colazione e una

domanda sull’abitudine a mangiare al di fuori dei pasti principali;

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- un approfondimento sulla merenda scolastica per raccogliere informazioni sull’abitudine al

consumo di questo pasto e sulla tipologia e la frequenza degli alimenti consumati.

Aderenza alla Dieta Mediterranea (DM)

Il livello di aderenza alla DM del campione è stato determinato con il KIDMED test e descritto

attraverso l’indice KIDMED (Mediterranean Diet Quality Index for children and adolescents). Il test è

composto da 16 domande basate sui principi della DM. A quelle con una connotazione negativa

relativamente alla DM viene assegnato un valore di -1, a quelle con una connotazione positiva il valore

di + 1. Il KIDMED test può essere autosomministrato o somministrato attraverso una intervista. Il

punteggio totale può variare da -4 a 12 e viene classificato in 3 livelli: ≥ 8, alta aderenza alla DM; 4-7,

media aderenza; ≤3, bassa aderenza (Serra-Majem et al, 2004).

Ambiente e stile di vita

Per approfondire l’ambiente e lo stile di vita familiare degli adolescenti, tramite questionario

sono state raccolte informazioni relative a: paese di provenienza del ragazzo, livello di istruzione dei

genitori, attività lavorativa dei genitori, composizione del nucleo familiare, preparazione dei pasti,

scelte alimentari, eventuale adozione di una dieta, fonti di informazione relative ad una corretta

alimentazione, atteggiamenti all’atto dell’acquisto dei prodotti, luoghi maggiormente frequentati nel

tempo libero, attività sportiva svolta, spuntino dopo lo sport, tipo di sport praticato, comportamenti

sedentari (come guardare la televisione o utilizzare il computer), ore di sonno abituali per notte, attività

svolte nel tempo libero, abitudine al fumo, consumo di sostanze alcoliche, uso di integratori/energy

drink e farmaci.

Attività fisica

Per valutare l’attività fisica degli adolescenti, su un sotto campione di 302 ragazzi è stato

utilizzato un accelerometro Actigraph, posizionato sul fianco destro allacciato alla vita da una cintura

espandibile. Lo strumento rileva i movimenti effettuati secondo l’asse verticale e determinati dalla

funzione combinata della frequenza e dell’intensità del movimento. I dati sono stati registrati in uno

specifico intervallo di tempo e sono espressi in “counts”. Ogni count rappresenta la quantità e

l’ampiezza delle accelerazioni raccolte in ogni intervallo di tempo. In questo studio sono stati utilizzati

due modelli di accelerometro Actigraph: GTM1 e AM7164, in quanto entrambi forniscono risultati

analoghi per la classificazione dei soggetti nei vari livelli di attività fisica quando è applicato

l’intervallo di tempo di registrazione di 1 minuto (Kozey et al, 2010). Per una valutazione affidabile

dell’attività fisica abituale, i dati sono stati raccolti per sette giorni consecutivi, cinque nei giorni feriali

e due nel fine settimana (Trost et al, 2000). I file dei dati ottenuti tramite gli accelerometri sono stati

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elaborati utilizzando il pacchetto software “MAHUFFE” (http://www.mrc-epid.cam.ac.uk/physical-

activity-downloads), per valutare, per ciascun soggetto, il tempo (in minuti al giorno) trascorso nelle

diverse categorie di intensità dell’attività fisica, come media nel periodo dei sette giorni di

misurazione. L’attività leggera è stata definita per l’intervallo pari a 100-1951 counts per minuto,

l’attività moderata per un’intensità compresa tra 1952-5725 counts al minuto e l’attività vigorosa per

più di 5725 counts al minuto (Freedson et al, 1998). Poiché il tempo trascorso svolgendo attività

vigorosa era molto breve, è stata considerata una variabile unica, comprendente sia i minuti di attività

fisica moderata, che vigorosa (MVPA). I soggetti sono stati classificati al di sopra o al di sotto di 60

minuti/giorno di tempo trascorso svolgendo attività fisica moderata/vigorosa, secondo le attuali

raccomandazioni internazionali per la salute pubblica (WHO, 2010).

Analisi statistica

Tutte le analisi sono state eseguite tramite SPSS statistical software package versione 20.0 (SPSS

Inc., Chicago, IL). Le variabili continue sono presentate come media e deviazioni standard (ds); le

variabili categorizzate come frequenze assolute e relative e l’analisi dell’associazione tra coppie di esse

è da intendersi puramente descrittiva. Per descrivere l’aderenza alla dieta mediterranea in relazione ad

altre variabili categoriali, è stata eseguita l’analisi bivariata, tramite tabelle di contingenza e test chi-

quadrato di Pearson; il valore di p<0,05 è stato considerato statisticamente significativo.

6.3. Risultati

Caratteristiche del campione

Le caratteristiche del campione esaminato sono riportate nelle Tabelle 1 e 2. Come atteso,

emerge una maggiore prevalenza di sovrappeso e obesità del campione con l’utilizzo delle referenze

dell’OMS (De Onis, 2007; Blössner et al, 2009), rispetto a quelle dell’IOTF (Cole e Lobstein, 2012).

Inoltre è stato osservato un rapporto circonferenza vita/statura >0,5 nel 12,7% del campione

(esattamente tutti gli obesi e il 29,8% dei sovrappeso).

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Tabella 1. - Caratteristiche del campione (media ± ds)

Maschi

n= 162

Femmine

n= 207

Totale

n=369

Età (anni) 15,9±0,6 15,7±0,5 15,8±0,5

Peso (kg) 68,5±15,0 57,8±10,2 62,5±13,6

Statura (cm) 173,9±6,7 162,0±6,6 167,2±8,9

IMC (kg/m2) 22,6±4,4 22,0±3,6 22,3±4,0

Circonferenza vita (cm) 77,4±10,6 70,3±7,6 73,4±9,7

Tabella 2. - Stato ponderale del campione secondo le definizioni IOTF (Cole e Lobstein, 2012) e OMS (De Onis, 2007; Blössner et al, 2009)

Sottopeso Normopeso Sovrappeso Obesi

N % 95% IC * N % 95% IC N % 95% IC N % 95% IC

Maschi

IOTF 11 6,8 3,4-11,8 102 63,0 55,0-70,4 31 19,1 13,4-26,0 18 11,1 6,7-17,0

OMS 4 2,5 0,7-6,2 103 63,6 55,7-71,0 36 22,2 16,1-29,4 19 11,7 7,2-17,7

Femmine

IOTF 12 5,8 3,0-9,9 158 76,3 69,6-81,9 26 12,6 8,4-17,9 11 5,3 2,7-9,3

OMS 1 0,5 0,0-2,7 165 79,7 73,6-85,0 29 14,0 9,6-19,5 12 5,8 3,0-9,9

Maschi e Femmine

IOTF 23 6,2 4,1-9,3 260 70,5 65,5-75,1 57 15,4 12,0-19,6 29 7,9 5,4-11,2

OMS 5 1,4 0,5-3,3 268 72,6 67,8-77,1 65 17,6 13,9-22,0 31 8,4 5,9-11,8 *IC = intervallo di confidenza

Ambiente e stile di vita familiare

Dall’analisi dei dati è emerso che il 93,7% dei ragazzi che hanno partecipato all’indagine ha la

cittadinanza italiana, il 4,9% ha la cittadinanza straniera e l’1,4% ha la doppia cittadinanza (Figura 2).

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Italiana93,7%

Straniera4,9%

Doppia Cittadinanza

1,4%

Figura 2. - Cittadinanza (%) dei ragazzi inclusi nel campione

Le famiglie mono genitoriali rappresentano il 15,1%, per l’87,3% costituite dalla madre. La

maggior parte dei genitori (Figura 3) ha un titolo di studio di scuola media superiore (51,4% delle

madri e il 49,2% dei padri), mentre una percentuale leggermente superiore di madri (25,7%) ha

conseguito una laurea rispetto ai padri (24,0%).

Figura 3. - Titolo di studio dei genitori

Il 36,2% delle madri lavora come impiegata, il 31,3% è casalinga, il 6,5% lavora in proprio e il

6,0% è libera professionista; per i padri, il 25,3% lavora come impiegato, il 22,8% è operaio, il 13,9%

è lavoratore in proprio e il 14,2% libero professionista.

Un aspetto importante considerato per lo stile di vita in questa fascia di età, è il consumo dei

pasti con la famiglia riunita. Dai risultati si osserva che il pasto principale maggiormente consumato

dai ragazzi con tutta la famiglia è la cena, con una percentuale dell’83,9%, rispetto alla colazione

(17,5%) e al pranzo (35,1%), come riportato nella Figura 4.

26,8

23,0

49,2

51,4

24,0

25,7

0% 25% 50% 75% 100%

Padre

Madre

Fino a Media Inferiore Media Superiore Laurea

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Figura 4. - Pasti consumati (%) con la famiglia riunita

Si è riscontrato che il 13,0% dei ragazzi guarda sempre la TV mentre fa la colazione, il 49,6%

mentre consuma il pranzo e ben il 55,8% durante la cena. Inoltre il 25,3% del campione mangiucchia

qualcosa mentre guarda la TV nel pomeriggio o la sera.

Considerando alcuni aspetti dello stile di vita, si è indagato sull’eventualità che il ragazzo abbia

mai seguito o segua una dieta. Il 23,8% degli adolescenti ha dichiarato di aver fatto una dieta

dimagrante, mentre il 17,1% non l’ha mai seguita, ma vorrebbe farla (Figura 5). Considerando il

genere, sono principalmente le femmine ad essere state a dieta (il 32,4% contro il 13,0% dei maschi);

analizzando invece lo stato ponderale, hanno seguito una dieta il 35,1% dei ragazzi in sovrappeso, il

58,6% degli obesi e il 19,6% dei normopeso.

Figura 5. - Ragazzi che hanno seguito una dimagrante per genere (a) e per stato ponderale (b)

Il 10,8% dei ragazzi (il 12,1% delle femmine e il 9,1% dei maschi) ha riferito di essere a dieta al

momento dell’indagine (dati non mostrati in grafico). E’ interessante sottolineare che per il 65% dei

17,535,1

83,937,5

53,6

13,9

45,0

11,3

2,1

0

25

50

75

100

Colazione Pranzo Cena

Sempre

A volte

Mai

%

13,032,4 23,8

76,5 45,4 59,1

10,522,2 17,1

0

25

50

75

100

Maschi Femmine Totale

Si No No, ma vorrei farla

%

19,635,1

58,6

65,0 35,1

20,7

15,229,8 20,7

0

25

50

75

100

Normopeso Sovrappeso Obesi

Si No No, ma vorrei farla

%

(a) (b)

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ragazzi a dieta, il motivo è perdere peso, mentre per il 30% le motivazioni sono per essere in forma, in

salute o perché praticano uno sport che richiede un regime dietetico; infine un soggetto segue la dieta

per un’intolleranza alimentare (dati non mostrati in grafico). La maggior parte dei ragazzi a dieta ha un

eccesso di peso (il 27,6% degli obesi e il 12,1% dei sovrappeso). Anche il 9,2% dei ragazzi normopeso

ha dichiarato di seguire una dieta (Figura 6 a), la metà dei quali per perdere peso. La dieta è stata

prescritta da un nutrizionista/dietologo (46,2%) o da un medico (23,1%) nella maggior parte dei casi;

ma oltre un quarto dei ragazzi segue un regime dietetico senza prescrizione (Figura 6 b).

Figura 6. - Ragazzi che attualmente seguono una dieta particolare, distribuiti per stato ponderale (a); nella sezione (b) della figura è mostrata la distribuzione di chi ha prescritto la dieta, distinguendo i risultati in base al motivo della dieta

La durata media del sonno degli adolescenti studiati è di 456,6±59,5 minuti per notte (7,6±1,0

ore), senza particolare differenza tra i due sessi (459 minuti per i maschi e 454,6 minuti per le

femmine, Figura 7a). In questo studio la durata del sonno per notte non è risultata associata allo stato

ponderale (sottopeso 476,1; normopeso 454 minuti; sovrappeso 456,4; obesi 463,4; Figura 7b).

Considerando che in questa fascia di età le ore raccomandate di sonno per notte sono 8-10 ore

(Hirshkowitz et al, 2015), va evidenziato che quasi la metà dei ragazzi dorme meno di 8 ore per notte

(il 47,8%), senza differenze per sesso e stato ponderale.

9,2 12,127,6

90,8 87,972,4

0%

50%

100%

Normopeso Sovrappeso Obesità

non a dieta

a dieta

3,8 8,33,8

16,723,18,3

23,133,3

46,233,3

0%

50%

100%

Dimagrire Essere informa/sport

nutrizionista/dietologo

nessuno

medico

genitori/parenti

allenatore/personaltrainer

(a) (b)

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28,4

66,7

4,9

27,1

68,1

4,8

27,6

67,5

4,9

0

50

100

Fumo si Fumo no Ho smesso

Maschi Femmine Totale

%

459,0 454,6 456,5

400

425

450

475

500

Maschi Femmine Totale

min

uti

476,1454,1 456,4 463,4

400

425

450

475

500

Sottopeso Normopeso Sovrappeso Obesi

min

uti

Figura 7. Durata media del sonno (minuti/notte) in base a genere (a) e stato ponderale (b)

Uso di sostanze che influiscono sulla salute

Dall’analisi dei dati risulta che il 27,6% del campione fuma, più i maschi rispetto alle femmine

(28,4% contro 27,1%) e il 4,9% ha smesso di fumare (Figura 8). Inoltre, tra coloro che fumano, il

65,3% lo fa più volte al giorno, l’11,9% una volta al giorno e il 6,9% due - tre giorni a settimana.

Figura 8. - Abitudine al fumo

Per quanto riguarda l’abitudine al consumo di bevande alcoliche, vietate per legge al di sotto dei

18 anni di età, ben il 19% dei ragazzi dichiara di bere birra da 1 giorno a settimana a tutti i giorni (il

7,6% 2-3 giorni a settimana, più i maschi che le femmine); mentre il 33,3% la beve a volte. Il 6,2% dei

ragazzi afferma di bere 1 giorno a settimana vino, il 3% liquori e addirittura l’8,4% superalcolici, con

percentuali maggiori nei maschi rispetto alle femmine come riportato in Tabella 3.

(b) (a)

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Tabella 3. - Frequenza percentuale di consumo delle bevande alcoliche per genere

Maschi Femmine Totale

Birra Mai 41,4 52,7 47,7

A volte 30,9 35,3 33,3

1 giorno a settimana 12,3 7,2 9,5

2-3 giorni a settimana 11,7 4,3 7,6

4-6 giorni a settimana 2,5 0,5 1,4

Tutti i giorni 1,2 0,0 0,5

Vino

Mai 54,0 73,4 65,0

A volte 34,0 21,7 27,1

1 giorno a settimana 8,6 4,3 6,2

2-3 giorni a settimana 1,2 0,5 0,8

4-6 giorni a settimana 1,2 0,0 0,5

Tutti i giorni 0,6 0,0 0,3

Liquori Mai 67,9 76,8 72,9

A volte 25,3 19,8 22,2

1 giorno a settimana 4,3 1,9 3,0

2-3 giorni a settimana 1,9 1,4 1,6

4-6 giorni a settimana 0,6 0,0 0,3

Tutti i giorni 0,0 0,0 0,0

Superalcolici

Mai 61,7 72,0 67,5

A volte 22,2 20,8 21,4

1 giorno a settimana 11,7 5,8 8,4

2-3 giorni a settimana 3,1 1,4 2,2

4-6 giorni a settimana 1,2 0,0 0,5

Tutti i giorni 0,0 0,0 0,0

Inoltre, la percentuale di adolescenti che fa uso di energy drink e/o integratori è del 13,3%, con

una maggiore frequenza nei maschi rispetto alle femmine (17,9% contro 9,7%).

Il 17,6% dei ragazzi consuma alimenti fortificati, in particolar modo cereali da prima colazione e

biscotti/fette biscottate/crackers/grissini, mentre l’1,6% utilizza dolcificanti.

Per quanto riguarda l’assunzione di farmaci, più di un quarto dei ragazzi (26,6%) dichiara di

farne uso, con una maggiore frequenza tra le femmine rispetto ai maschi (il 31,4% contro il 20,5%).

Conoscenze e fattori legati alle scelte alimentari

Le principali fonti d’informazione su una corretta alimentazione per i ragazzi esaminati sono

rappresentate soprattutto da parenti/amici (40,7%) e da medici, dietologi e pediatri (20,2%); il 14,6%

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del campione ha risposto di non avere nessuna fonte d’informazione; soltanto il 4,8% fa riferimento

innanzitutto alla scuola e appena l’1,1% alle istituzioni pubbliche (Figura 9).

Figura 9. - Principali fonti di informazione per una corretta alimentazione

Dai risultati relativi ai dati sulle scelte alimentari, è emerso che il 75,3% degli adolescenti

studiati partecipa all’acquisto dei prodotti alimentari, il 66,8% alla preparazione dei pasti, solo il 4,6%

fa la spesa per conto proprio, il 29,1% si prepara i pasti e il 10,7% mangia quello che gli piace fuori

casa.

Inoltre, riguardo alle affermazioni che i ragazzi trovano giuste per loro, l’86,4% ritiene giusto

mangiare con gli amici, il 63,1% consumare alimenti conosciuti e di marca, il 49,1% che è giusto

mangiare davanti alla TV, il 21,2% davanti al PC e il 24,2% mentre studia, il 29,3% andare al bar

nell’happy hour, il 46,2% trova giusto mangiare molto e il 24,2% trova giusto mangiare poco. E ancora

sui prodotti alimentari da acquistare, il 14,6% legge sempre le etichette, il 70,1% guarda sempre la

scadenza, il 20,1% controlla sempre il contenuto in calorie, il 5,7% sempre quello in nutrienti, il 20,7%

la provenienza degli alimenti, il 12,3% sempre le modalità di conservazione.

Infine, per quanto riguarda il proprio modello di alimentazione, il 49,5% dei ragazzi lo definisce

globalizzato (cioè mangia un po’ di tutto) e il 48,6% mediterraneo.

Attività fisica, sedentarietà ed uso del tempo libero

Dall’analisi relativa alla pratica dell’attività sportiva e al movimento è emerso che il 64,8% dei

ragazzi fa sport (il 74,1% dei maschi e il 57,5% delle femmine) e il 66,1% fa attività fisica non

altro2,8%

internet5,3%

istituzioni pubbliche

1,1%

materiale informativo

2,0%

nessuna14,6%

medici, dietologi, pediatri20,2%

parenti/amici40,7%

programmi TV3,9%

riviste/giornali4,5%

scuola4,8%

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strutturata, come giocare a pallone, andare in bicicletta, passeggiare o ballare (il 69,1% dei maschi e il

63,0% delle femmine) come riportato nelle Figure 10 a e b.

Figura 10. - Percentuale dei ragazzi che pratica sport organizzato (a) e attività fisica non strutturata, come giocare a pallone, andare in bicicletta, passeggiare, ballare (b)

Il 14,1% dei ragazzi non pratica sport e nessuna altra attività fisica; il 21,1% fa solo attività fisica

non strutturata, il 19,8% solo sport organizzato e il 45,0% le pratica entrambe (Figura 11).

Figura 11. - Distribuzione dei ragazzi che praticano o non praticano sport organizzato e/o attività fisica non strutturata.

Tra coloro che non praticano attività sportiva, la maggior parte (il 58,0%) indica come

motivazione la mancanza di tempo (Figura 12).

no sport o altra attività

fisica14%

solo attività fisica non strutturata

21%solo sport

organizzato20%

sia attività fisica non

strutturata che sport

organizzato45%

74,157,5 64,8

25,942,5 35,2

0

25

50

75

100

Maschi Femmine Totale

No

Si

%

(b) (a)

69,163,0 66,1

25,942,5 35,2

0

25

50

75

100

Maschi Femmine Totale

No

Si

%

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Figura 12. - Distribuzione delle motivazioni che ostacolano la pratica dello sport organizzato riferite dai ragazzi esaminati

In base alle raccomandazioni internazionali (WHO, 2010), sono stati considerati attivi i ragazzi

che hanno dichiarato di svolgere almeno 60 minuti di attività fisica, includendo quella organizzata,

quella non organizzata e le ore di educazione motoria a scuola. Va precisato però che nei 60 minuti è

inclusa tutta l’attività, sia quella leggera che quella moderata e vigorosa, in quanto le informazioni

raccolte tramite il questionario non consentono di stimare le varie intensità dell’attività fisica. In base a

queste indicazioni, è risultato attivo il 45,3% degli adolescenti partecipanti allo studio, con percentuali

più elevate tra i maschi rispetto alle femmine (52,5% contro 39,6%) e tra i normo-sottopeso rispetto ai

sovrappeso-obesi (48,4% contro 34,9%).

Inoltre, è stato riscontrato che i ragazzi si muovono, in media, per 64,8±42,2 minuti al giorno;

considerando più specificatamente il genere e lo stato ponderale, 71,8 minuti al giorno i maschi, 59,4

minuti al giorno le femmine, 55,0 minuti i sottopeso, 69,5 minuti i normopeso, 56,8 minuti i

sovrappeso e 46,4 gli obesi (Tabella 4).

24,4%

2,5%8,4%

58,0%

6,7%

altro

fa già molta attività motoria

costi troppo alti

mancanza di tempo

no strutture sportive vicine abitazione

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58,5%23,0%

7,7%

0,3%3,6% 2,5% 4,6%

Mezzi pubblici

In automobile

A piedi

In bicicletta

Motorino/moto

Minicar

Pulmino

Tabella 4. - Minuti di attività fisica al giorno

N Media ±

Maschi 162 71,8±43,0

Femmine 207 59,4±40,7

Sottopeso 23 55,0±39,1

Normopeso 260 69,5±42,4

Sovrappeso 57 56,8±42,4

Obesi 29 46,4±34,6

Totale 369 64,8±42,2

Inoltre per quanto riguarda il tragitto casa – scuola, si è visto che il 58,5% del campione si reca a

scuola con i mezzi pubblici, il 23,0% viene accompagnato in automobile e solo il 7,7% va a piedi,

come riportato nella Figura 13.

Figura 13. Distribuzione percentuale dei mezzi utilizzati dai ragazzi per andare a scuola

Dai risultati sul tempo libero e sui momenti di svago è emerso che il 13,9% del campione va al

cinema 1 giorno a settimana, il 16,6% a volte va a teatro; per 2-3 giorni a settimana il 12,5% si reca nei

centri commerciali, il 35,6% va in giro con gli amici e il 39,6% fa sport. Il 61,2% ascolta musica e il

6,3% suona uno strumento tutti i giorni. Il 4,1% va in una sala giochi e il 9,3% va in discoteca 1 giorno

a settimana e ancora il 3,0% fa volontariato 1 giorno a settimana. Soltanto l’8,7% dei ragazzi cucina

tutti i giorni, e il 5,2% per 4-6 giorni a settimana; tuttavia solo circa 3 ragazzi su dieci non cucinano

mai (Tabella 5).

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Tabella 5. - Risposte dei ragazzi sul loro tempo libero (%)

Tutti

i giorni

4-6 giorni a

settimana

2-3 giorni a

settimana

1 giorno a settimana

A volte Mai

Andare al cinema - 0,3 1,9 13,9 70,7 13,3

Andare a teatro - 0,3 - 1,1 16,6 82,1

Andare nei centri commerciali 0,8 1,1 12,5 22,0 55,4 8,2

Ascoltare musica 61,2 8,4 10,6 4,9 13,3 1,6

Suonare strumento musicale 6,3 1,6 3,0 3,5 16,6 69,0

Frequentare sale giochi 1,1 1,4 3,3 4,1 23,4 66,8

Andare in giro con gli amici 17,9 17,9 35,6 13,9 13,0 1,6

Andare in discoteca - 0,3 1,9 9,3 33,2 55,3

Cucinare 8,7 5,2 13,0 7,1 35,1 31,0

Fare Sport 11,7 13,6 39,6 5,7 16,0 13,6

Fare attività di volontariato - 0,5 1,6 3,0 11,4 83,4

Considerando i luoghi di ristoro (Figura 14), il 29,3% degli adolescenti va al ristorante o in

pizzeria 1 giorno a settimana, il 16,0% mangia al fast-food; mentre il 21,2% frequenta un bar o

gelateria e il 19,0% mangia la pizza a taglio o va in rosticceria 2-3 giorni a settimana La metà dei

ragazzi non va mai in birreria o al pub, ma il 28,3% frequenta tali locali a volte e il 12,8% 1 giorno a

settimana.

Figura 14. - Distribuzione percentuale dei luoghi di ristoro frequentati dai ragazzi

Per quanto riguarda le attività sedentarie, le linee guida internazionali (AAP, 2001; USDHHS,

2008) raccomandano di non superare 2 ore al giorno guardando uno schermo (TV, videogiochi,

computer, internet, ecc.). Il 91,3% dei ragazzi coinvolti nello studio trascorre oltre 2 ore al giorno

guardando uno schermo (Figura 15), con una percentuale maggiore tra i maschi rispetto alle femmine

8,4

4,9

12,2

4,9

5,2

21,2

19,0

29,3

16,0

12,8

22,6

32,5

54,5

62,0

28,3

39,1

37,1

2,2

16,3

51,1

6,3

5,1

0% 25% 50% 75% 100%

Ristorante/pizzeria

Fast food

Birreria/pub

Bar/gelateria/pasticceria

Pizzeria ataglio/rosticceria Tutti i giorni

4-6 giorni a settimana

2-3 giorni a settimana

1 giorno a settimana

A volte

Mai

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(93,3% contro 89,9%). In particolare, il 42,3% trascorre più di 2 ore al giorno utilizzando il PC nei

giorni feriali (per navigare su Internet, usare Facebook, Skype, Messenger, ecc.) e la percentuale

aumenta nei giorni festivi (53,4%). Il 35,3% ha l’abitudine di guardare la TV oltre 2 ore al giorno,

sempre con una maggiore percentuale nei giorni festivi (48,2%). Tra gli adolescenti che trascorrono

più di 2 ore al giorno davanti al televisore quelli in sovrappeso-obesi (SO) superano in percentuale i

normo–sottopeso (NS): rispettivamente 45,9% e 32,2% nei giorni feriali, 53,5% e 46,6% nei giorni

festivi. Di contro nella categoria dei normo-sottopeso c’è un lieve maggior utilizzo del PC per più di 2

ore al giorno rispetto alla categoria dei sovrappeso-obesi (42,8% contro 40,7% nei giorni feriali; 54,4%

contro 50,0% nei giorni festivi).

Figura 15. - Distribuzione percentuale dell’uso della TV e del PC per stato ponderale, nei giorni feriali e festivi

Per quanto riguarda le differenze in relazione al genere (Figura 16), la percentuale di femmine

che guarda la TV per più di 2 ore al giorno nei giorni feriali è più alta rispetto a quella dei maschi

(37,7% contro 32,3%), viceversa nei giorni festivi sono più i maschi a guardare la TV (50,6% contro

46,4%) e sono sempre i maschi a utilizzare maggiormente il PC per oltre 2 ore al giorno (43,2% contro

41,5% nei giorni feriali e 54,6% contro 52,9% nel weekend).

32,245,9 46,6 53,5

42,8 40,754,4 50,0

38,929,4 31,8 25,6 37,5 32,6

26,9 25,6

29,0 24,7 21,6 20,9 19,8 26,7 18,7 24,4

0

20

40

60

80

100

NS SO NS SO NS SO NS SO

TV feriali TV festivi

Oltre 2 ore 1-2 ore Niente/meno di 1 ora

PC feriali PC festivi

%

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32,3 37,750,6 46,4 43,2 41,5

54,6 52,9

39,8 34,330,9 30,0 34,6 37,7

23,6 28,8

28,0 28,0 18,5 23,7 22,2 20,8 21,8 18,3

0

20

40

60

80

100

Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineTV feriali TV festivi

Oltre 2 ore 1-2 ore Niente/meno di 1 ora

PC Feriali PC Festivi

Figura 16. - Distribuzione percentuale dell’uso della TV e del PC per stato ponderale, nei giorni feriali e festivi, per genere

Anche per i videogiochi ne fanno maggiormente uso i maschi e la categoria dei sovrappeso-

obesi. Inoltre il 67,8% dei ragazzi ha un televisore in camera con una percentuale più elevata tra i

sovrappeso-obesi rispetto ai normo-sottopeso (76,5% contro 65,2%) e tra i maschi rispetto alle

femmine (72,6% contro 64,1%), mentre il 72,4% ha un PC in camera, con una percentuale

leggermente maggiore tra le femmine (73,4% contro 71,0% dei maschi) e nella categoria dei normo-

sottopeso (73,1% contro 69,8% dei sovrappeso-obesi).

Valutazione dell’attività fisica da accelerometro

Un sotto-campione di 302 ragazzi ha indossato l’accelerometro, per poter eseguire una

valutazione del livello di attività utilizzando un metodo oggettivo, che valuta sia la durata dell’attività

che la sua intensità. Come atteso, la percentuale di ragazzi attivi, che raggiungono cioè almeno 60

minuti al giorno di attività fisica moderata e vigorosa, secondo quanto raccomandato (WHO, 2010), è

risultata molto inferiore rispetto a quanto rilevato tramite questionario, considerando il totale dei

minuti di attività fisica svolta, senza valutare la sua intensità. Infatti solamente il 4% dei ragazzi è

risultato attivo di cui l’83,3% sono maschi. Dai dati registrati risulta che gli adolescenti svolgono in

media solo 25,0±15,7 minuti al giorno di attività moderata/vigorosa su una settimana, con valori più

alti nei maschi rispetto alle femmine e nei sottopeso rispetto alle altre categorie (Tabella 6). Tuttavia,

va detto che tale metodo da solo non permette di avere informazioni sul tipo di attività svolta, che

invece vengono acquisite tramite questionario.

%

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Tabella 6. Media±deviazione standard (ds) al giorno dei minuti di attività fisica moderata/vigorosa (MVPA), valutati tramite accelerometro

MVPA medio al giorno

N Media ± ds

Maschi 128 30,1±17,7

Femmine 174 21,2±12,9

Sottopeso 21 28,6±21,6

Normopeso 212 25,2±14,6

Sovrappeso 49 25,1±17,6

Obesi 20 18,1±13,6

Totale 302 25,0±15,7

Frequenza di consumo dei gruppi di alimenti

Nella Tabella 7 è riportata la distribuzione percentuale di frequenza dei vari alimenti consumati

dal campione in studio come emersa dai questionari. Le Linee Guida per una sana alimentazione

italiana (INRAN, 2003) raccomandano di consumare quotidianamente 5 porzioni di verdura e frutta

fresca che rappresentano una fonte importantissima di fibra, vitamine e minerali. Dall’elaborazione dei

dati, è risultato che una rilevante percentuale di adolescenti non rispetta tali raccomandazioni. Solo il

24,4% dei ragazzi consuma la frutta più volte al giorno come raccomandato, il 4,9% non la consuma

mai. La situazione è analoga per il consumo di verdura: quella cruda solo un quarto del campione la

mangia quotidianamente 1 o più volte e l’8,4% non la consuma mai; quella cotta viene consumata una

o più volte al giorno da appena il 13,9% degli adolescenti, il 10,1% non la consuma mai e ben il 29,3%

la mangia solo 2-3 volte a settimana.

Per quanto riguarda invece i legumi, il 12,2% dei ragazzi non ne consuma affatto e solo il 24,7%

di loro è in linea con le raccomandazioni, consumandoli 2-3 volte a settimana.

Per gli alimenti del gruppo cereali, sono stati rilevati i consumi di patate, pane, pizza e pasta/riso.

Gli alimenti appartenenti a questo gruppo sono caratterizzati principalmente dalla presenza di notevoli

quantità di carboidrati complessi sotto forma di amido e ne viene raccomandato un consumo

giornaliero. Il pane e la pasta/riso vengono entrambi mangiati una o più volte al giorno dal 53% circa

del campione. Le patate vengono consumate 2-3 volte a settimana dal 38,5% dei ragazzi, il 44,7%

mangia la pizza una volta a settimana.

Il gruppo del latte e derivati (latte, yogurt, latticini e formaggi) comprende alimenti che

forniscono calcio in forma altamente biodisponibile, una notevole fonte di proteine di alta qualità

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biologica ed alcune vitamine. Le raccomandazioni prevedono un consumo giornaliero di latte e yogurt,

mentre per quanto riguarda il consumo di formaggi freschi e stagionati viene consigliata una frequenza

da 2 a 3 volte a settimana. Dall’elaborazione dei dati rilevati nel questionario emerge che solo il 48,5%

dei soggetti mangia 1 o più volte al giorno latte/yogurt, mentre circa l’8% non consuma mai questi

alimenti. I ragazzi che aderiscono alle raccomandazioni di un consumo di formaggi di 2-3 volte a

settimana risultano essere il 33,3%, l’8,4% non li consuma mai e il 3,5% li mangia una o più volte al

giorno.

Il gruppo di alimenti carne, pesce e uova fornisce proteine ad elevata qualità biologica,

oligoelementi e vitamine del complesso B. E’ stata rilevata la frequenza di consumo di carne (‘rossa’ e

‘bianca’), würstel, prodotti a base di carne, pesce (suddiviso in pesce fresco o surgelato, pesce in

scatola e prodotti a base di pesce), salumi ed affettati e uova. E’ consigliato per questo tipo di alimenti

un consumo di 1-2 porzioni al giorno dando la preferenza alle carni magre ed al pesce e moderando per

la quantità l’utilizzo di quei prodotti con maggiore contenuto di grassi, quali alcuni tipi di carne e di

insaccati; relativamente alle uova, un consumo accettabile è quello di 2 unità a settimana. La

percentuale dei ragazzi che consuma carne 2-3 volte a settimana non si diversifica nei due sottogruppi

(carne rossa e bianca) aggirandosi intorno al 48%; alcuni soggetti non consumano mai questo alimento

(carne rossa 3,5%, carne bianca 1,9%). I salumi/affettati incidono sull’assunzione totale giornaliera di

grassi e apportano elevate quantità di sale e vengono mangiati 2-3 volte a settimana dal 37,0% del

campione, il 10,0% di essi li consuma 1 o più volte al giorno. Il 9,2% dei ragazzi consuma würstel 2-3

volte a settimana. L’11% circa dei soggetti non consuma mai il pesce fresco o surgelato, il 16,0% mai

quello conservato con olio e circa un quarto del campione non consuma mai prodotti a base di pesce.

Chi lo consuma 2-3 volte a settimana lo mangia soprattutto fresco (26,1%), così come chi lo consuma

solo una volta a settimana (32,6%).

Per quanto riguarda le uova, il 7,2% dei ragazzi non ne consuma mai o quasi mai, mentre circa il

65% le consuma da 1 a 3 volte a settimana, come raccomandato per soggetti sani e per questa fascia di

età.

Dall’analisi delle frequenze di consumo riportate nel questionario emerge che per quanto

riguarda i dolci, circa il 28% dei ragazzi li consuma una o più volte al giorno, mentre il 3,3% non li

mangia mai. Riguardo al consumo di patatine varie e snack salati, il 17,3% dei ragazzi non consuma

mai patatine varie, mentre il 15,3% le mangia 2-3 giorni a settimana. Gli snack salati non vengono mai

consumati dal 18,5% del campione, il 13,0% li mangia 1 giorno a settimana.

Le bevande analcoliche confezionate vengono consumate una o più volte al giorno dal 12,3% dei

soggetti, il 20,1% le consuma 2-3 giorni a settimana, mentre circa il 12% non le consuma mai. Per

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quanto concerne invece i succhi di frutta confezionati il 19,5% del campione non li consuma mai, il

6,3% li beve una o più volte al giorno, mentre il 17,3% 2-3 giorni a settimana.

Tabella 7. - Frequenza (%) di consumo dei vari alimenti

Frequenze di consumo dei vari pasti

Per quanto riguarda il consumo dei vari pasti, la prima colazione viene fatta quotidianamente da

circa il 62% dei ragazzi mentre il 9,2% non la fa mai (Figura 17). La maggior parte di coloro che fanno

colazione tutti i giorni, la consuma a casa (83,8%).

Più volte al giorno

1 volta al giorno

4-6 giorni a settimana

2-3 giorni a settimana

1 giorno a settimana

A volte

Mai

Frutta fresca/spremute 24,4 10,0 14,9 16,8 6,5 22,5 4,9

Verdura e ortaggi crudi 15,4 9,7 24,7 24,4 6,5 10,8 8,4

Verdura e ortaggi cotti 4,9 9,0 16,0 29,3 13,3 17,4 10,1

Legumi - 1,4 4,6 24,7 25,5 31,7 12,2

Patate - 1,9 9,5 38,5 26,3 22,5 1,1

Pane 32,2 20,9 24,1 8,4 3,5 8,1 2,7

Pizza - 3,3 7,6 17,1 44,7 25,5 1,9

Pasta/riso 14,6 38,8 29,3 11,4 2,4 2,4 1,1

Latte/yogurt 10,8 37,7 19,5 11,4 4,6 8,1 7,9

Formaggi/latticini 3,5 7,3 16,5 33,3 13,0 17,9 8,4

Carni rosse 0,5 6,2 22,0 48,8 11,7 7,3 3,5

Carni bianche 0,8 3,8 16,8 47,4 19,0 10,3 1,9

Salumi/affettati 2,7 7,3 23,0 36,6 12,7 14,1 3,5

Wurstel - 0,3 2,2 9,2 19,3 48,6 20,4

Prodotti a base di carne - 0,8 4,9 14,1 19,8 43,8 16,6

Pesce fresco o surgelato - 1,0 3,5 26,1 32,6 25,0 11,0

Pesce in scatola con olio - 0,8 3,0 17,7 25,8 36,7 16,0

Prodotti a base di pesce - 0,5 1,3 7,8 19,2 46,8 24,1

Uova - 0,5 2,2 23,8 40,7 25,2 7,2

Dolci 15,2 12,5 21,7 22,3 7,1 17,9 3,3

Patatine varie confezionate - 1,4 3,8 14,9 13,8 48,8 17,3

Crackers/salatini/popcorn - 1,9 5,2 10,3 13,0 51,1 18,5

Bibite analcoliche confezionate 7,1 5,2 12,5 20,1 13,0 30,2 12,0

Succhi di frutta confezionati 1,4 4,9 10,3 17,3 10,8 35,8 19,5

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Figura 17. - Frequenza di consumo della colazione

Nella Tabella 8 sono riportate le frequenze relative agli alimenti consumati dai ragazzi che fanno

colazione tutti i giorni. Gli alimenti maggiormente consumati giornalmente sono latte (74,9%),

tè/orzo/caffè (21,5%), biscotti/brioche/torte/ciambellone (32,5%); il 38,2% aggiunge zucchero alle

bevande.

Tabella 8. - Frequenze (%) degli alimenti consumati da coloro che fanno colazione “tutti i giorni”

La Tabella 9 mostra le frequenze di consumo degli altri pasti principali. La merenda della

mattina e quella del pomeriggio non vengono mai consumate da circa il 9% e dal 7,3% dei ragazzi

rispettivamente. Il 7,6% del campione pranza 4-6 giorni a settimana.

Tutti i giorni

4-6 giorni a

settimana

2-3 giorni a

settimana

1 giorno a settimana A volte Mai

Latte 74,9 5,7 3,1 3,1 7,5 5,7

Yogurt 4,4 1,8 4,8 4,4 28,1 56,6

Succhi di frutta confezionati 3,1 3,5 5,3 4,8 32,5 50,9

Frutta fresca/spremute 5,3 3,1 5,7 6,6 28,5 50,9

Tè/orzo/caffè 21,5 6,6 7,9 5,3 28,5 30,3

Biscotti/brioche/torte/ciambellone 32,5 14,9 12,3 4,4 24,1 11,8

Merendine confezionate 8,8 6,1 9,2 4,4 27,2 44,3

Fette biscottate/cereali/pane/pizza 19,7 10,5 9,2 7,0 25,0 28,5

Cioccolata spalmabile/miele/marmellata 6,6 3,5 9,2 7,5 35,5 37,7

Zucchero 38,2 5,7 2,6 2,2 10,5 40,8

9,2

10,6

1,6

6

10,8

61,8

0 20 40 60 80 100

Mai

A volte

1 giorno a sett.

2-3 giorni a sett.

4-6 giorni a sett.

Tutti i giorni

%

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Tabella 9. - Frequenze (%) di consumo dei pasti principali

Nella Tabella 10 sono riportate le frequenze relative agli alimenti consumati dai ragazzi che

fanno la merenda della mattina tutti i giorni (circa il 41,0%). Gli alimenti maggiormente utilizzati per

questo pasto sono le merendine confezionate/barrette (10,7%), il pane (16,7%), gli affettati/formaggi

(12,7%) e la pizza/focaccia (15,3%). Circa il 77,0% del campione non sceglie mai di mangiare la frutta

o le spremute.

Tabella 10. - Frequenze (%) relative agli alimenti consumati da coloro che fanno la merenda della mattina “tutti i giorni”

E’ stato chiesto ai ragazzi di riportare anche la frequenza di consumo degli alimenti al di fuori

dei cinque pasti principali. E’ emerso che circa il 12% di loro mangia alimenti oltre a quelli dei pasti

principali, il 13,3% non lo fa mai, mentre il 15,2% lo fa 2-3 giorni a settimana (Figura 18).

Tutti i giorni 4-6 giorni a settimana

2-3 giorni a

settimana

1 giorno a settimana

A volte

Mai

Merenda mattina 40,8 18 15,3 1,3 16,1 8,6

Pranzo 89,8 7,5 1,1 0,3 0,5 0,8

Merenda pomeriggio 28,7 23,1 15 2,4 23,6 7,2

Cena 94,1 3,2 1,1 - 0,5 1,1

Tutti i giorni

4-6 giorni a

settimana

2-3 giorni a

settimana

1 giorno a

settimana A volte Mai

Frutta fresca/spremute 0,7 2,7 2,7 2,0 15,3 76,7

Succhi di frutta confezionati 3,4 2,0 3,4 4,0 16,1 71,1

Bibite analcoliche gassate 1,3 1,3 5,3 6,0 18,7 67,3

Latte/yogurt 4,7 - - 3,3 2,7 89,3

Merendine confezionate/barrette 10,7 12,7 18,7 4,7 26,7 26,7

Pane 16,7 14,0 4,0 3,3 18,0 44,0

Affettati/formaggi 12,7 12,7 4,7 6,0 13,3 50,7

Cioccolata spalmabile/miele/marmellata 6,7 2,0 9,3 10,0 19,3 52,7

Biscotti/torta/crostata/ciambelline/fette biscottate 5,3 7,3 6,0 6,7 20,7 54,0

Pizza/focaccia 15,3 15,3 16,7 8,0 24,7 20,0

Patatine varie confezionate 4,7 6,0 10,7 8,0 24,0 46,7

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Figura 18. - Frequenza (%) di consumo dei fuori pasto

Il 38,4% dei ragazzi fa uno spuntino dopo aver praticato un’attività sportiva, soprattutto con

panino o pizza (41,4%), biscotti o merendine (20,7%), frutta (19,3%), succo di frutta (10,0%) e

patatine in sacchetto (4,3%; dati non mostrati in grafico).

Il 48,0% circa dei soggetti in studio ha riferito di avere un modello alimentare mediterraneo ma,

dai dati raccolti con il test KIDMED, somministrato per intervista a ciascun soggetto, solo il 17,6% di

essi aveva un livello ottimale di aderenza alla DM senza differenze significative tra i generi e

associazione con lo stato ponderale. Una così bassa aderenza ottimale è dovuta principalmente a bassi

consumi di frutta e verdura (Figura 19). Infatti, solo il 30,4% degli adolescenti consumava la frutta più

volte al giorno; anche la percentuale di coloro che consumavano verdure crude o cotte più volte al

giorno era particolarmente bassa (21,7%), maggiormente dalle ragazze (24,2%) rispetto ai ragazzi

(18,5%). Il pesce veniva mangiato 2-3 volte a settimana come raccomandato solo dal 50,0%, più dai

maschi (58,0%) che dalle femmine (43,0%). Anche per quanto riguarda i legumi, alimenti

fondamentali della DM, solo il 50,0% li consumava più di 1 volta a settimana senza differenze di

genere. Appena l’11,4% mangiava frutta secca 2-3 volte a settimana, maggiormente i maschi (13,6%).

Ben il 31,7% del campione non faceva colazione tutti i giorni, erano la ragazze (35,7%) a saltare

maggiormente questo pasto fondamentale rispetto ai ragazzi (26,5%). Solo il 75,0% circa di coloro che

facevano la colazione consumava prodotti lattiero caseari, più maschi 79,0% che femmine (71,5%). Il

trend è simile per quanto riguarda il consumo di 2 yogurt o 40 g di formaggio ogni giorno. Circa il

60,0% mangiava prodotti da forno o pasticceria a colazione (maschi 65,4% vs femmine 55,1%),

piuttosto che cereali e granaglie (pane, fette biscottate, cereali). Circa il 50,0% dei soggetti mangiava

dolci e caramelle più volte al giorno con una più alta percentuale di maschi (54,9% vs femmine 4,1%).

13,3

44,2

4,6

15,2

11,1

11,7

0 20 40 60 80 100

Mai

A volte

1 giorno a sett.

2-3 giorni a sett.

4-6 giorni a sett.

Tutti i giorni

%

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Figura 19. - Distribuzioni relative (%) alle singole componenti su cui è basato l’indice KIDMED

Quando è stata considerata l’interazione con i vari aspetti relativi allo stile di vita, è emersa una

maggiore aderenza alla DM in quegli adolescenti che leggevano le etichette alimentari e in particolare,

la lista degli ingredienti, la tabella nutrizionale, la presenza di additivi e la provenienza del prodotto

riportati sulle stesse. Inoltre, migliori percentuali di aderenza sono state riscontrate anche in coloro che

facevano la colazione con la famiglia, che non mangiavano davanti alla televisione, al computer o al

fast-food e che non bevevano superalcolici. Uno stile di vita attivo sembra migliorare il livello di

Un frutto o un succo di frutta ogni giorno

Un secondo frutto al giorno

Verdure fresche o cotte ogni giorno

Verdure fresche o cotte >1 volta/giorno

Pesce almeno 2-3 volte a settimana

Fast -food più di 1 volta a settimana

Legumi più di 1 volta a settimana

Pasta o riso 5 o più volte a settimana

Cereali o granaglie a colazione

Frutta secca almeno 2-3 volte a settimana

Usa olio di oliva a casa

Salta la colazione

Prodotti lattiero caseari a colazione

Prodotti da forno o pasticceria a colazione

2 yogurt o 40 g di formaggio ogni giorno

Dolci e caramelle più volte al giorno

71,5

28,4

58,0

18,5

58,0

11,7

47,5

96,3

53,1

13,6

96,3

26,5

79,0

65,4

70,4

54,9

72,8

31,9

67,6

24,2

43,0

11,1

49,8

87,9

48,3

9,7

98,1

35,7

71,5

55,1

60,4

4,1

72,1

30,4

63,4

21,7

49,6

11,4

48,8

91,6

50,4

11,4

97,3

31,7

74,8

59,6

64,8

47,2

Maschi Femmine Totale

%

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aderenza (bassa 15,9% vs 30,8%; media 62,8% vs 58,5%; alta 21,3% vs 10,8%). Infine, è stata

indagata anche l’associazione tra aderenza e stagione di nascita dei soggetti. Pur non essendo risultata

significativa, si nota un’associazione positiva tra alta aderenza ed essere nati in primavera ed estate

(Tabella 11).

Tabella 11. - Indice KIDMED, comportamenti alimentari e stile di vita del campione (%)

Bassa Media Alta p Totale 21 ,1 61 ,2 17 ,6 Sesso

Femmine 22 ,7 59 ,9 17 ,4 0 ,705

Maschi 19 ,1 63 ,0 17 ,9

IMC Sottopeso/normopeso 21 ,9 61 ,1 17 ,0

0 ,727 Sovrappeso/obeso 18 ,6 61 ,6 19 ,8

Colazione con la famiglia Sempre/qualche volta 15 ,3 63 ,1 21 ,7

0 ,002 Mai 28 ,7 59 ,1 12 ,2

Pranzo con la famiglia Sempre 17 ,6 62 ,6 19 ,8

0 ,393 Qualche volta/mai 23 ,1 60 ,5 16 ,4

Cena con la famiglia Sempre 19 ,7 60 ,8 19 ,4

0 ,07 Qualche volta/mai 28 ,3 63 ,3 8 ,3

Partecipa agli acquisti alimentari

Sì 24 ,2 63 ,7 12 ,1 0 ,251

No 20 ,2 60 ,3 19 ,5 Partecipa alla preparazione dei pasti

Sì 24 ,6 61 ,5 13 ,9 0 ,272

No 19 ,2 61 ,2 19 ,6

Lettura delle etichette Spesso/sempre 13 ,1 62 ,1 24 ,8

0 ,001 Qualche volta/mai 26 ,3 60 ,7 12 ,9 Lettura degli ingredienti sull'etichetta

Spesso/sempre 9 ,8 64 ,2 26 ,0 <0 ,0001 Qualche volta/mai 26 ,9 59 ,6 13 ,5

Lettura dei nutrienti sull'etichetta

Spesso/sempre 10 ,1 58 ,2 31 ,6 <0 ,0001 Qualche volta/mai 24 ,3 61 ,8 13 ,9

Lettura delle calorie sull'etichetta

Spesso/sempre 17 ,1 62 ,9 20 ,0 0 ,278

Qualche volta/mai 23 ,7 60 ,1 16 ,2 Lettura degli additivi sull'etichetta

Spesso/sempre 8 ,8 59 ,6 31 ,6 0 ,002 Qualche volta/mai 23 ,2 61 ,6 15 ,2

Lettura della provenienza del prodotto

Spesso/sempre 15 ,3 63 ,6 21 ,0 0 ,019 Qualche volta/mai 26 ,6 58 ,9 14 ,6

Mangia mentre guarda la TV

Sì 30 ,9 57 ,5 11 ,6 <0 ,0001 No 11 ,7 64 ,9 23 ,4

Mangia mentre è al computer

Sì 32 ,1 59 ,0 9 ,0 0 ,007 No 18 ,3 61 ,7 20 ,0

Mangia al fast-food Qualche volta/mai 18 ,1 62 ,5 19 ,4

0 ,02 Una o più volte a settimana 31 ,3 57 ,5 11 ,3

Modello alimentare mediterraneo 12 ,9 64 ,6 22 ,5

< 0 ,0001 globalizzato/vegetariano/no carne/altro 28 ,7 58 ,5 12 ,8

Fumo Sì 29 ,4 53 ,9 16 ,7

0 ,053 No/ex fumatore 18 ,0 64 ,0 18 ,0

Consumo di superalcolici Qualche volta/≥1 volta a settimana 29 ,2 56 ,7 14 ,2

0 ,027 Mai 17 ,3 63 ,5 19 ,3

Stile di vita attivo Sì 15 ,9 62 ,8 21 ,3

0 ,001 No 30 ,8 58 ,5 10 ,8

Stagione di nascita Primavera/estate 19,3 60,4 20,3

0,307 Autunno/inverno 23,2 62,1 14,7

Legenda: in verde le variabili che risultano significativamente associate con l’aderenza alla Dieta Mediterranea p<0,05 Test Chi-quadro

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6.4. Discussione

I dati raccolti con lo studio ALIADO hanno mostrato un’alta prevalenza di sovrappeso/obesità: il

23,3% degli adolescenti studiati ha un eccesso di peso secondo i criteri IOTF (Cole e Lobstein, 2012) e

il 26,0% secondo i criteri OMS (De Onis, 2007; Blössner et al, 2009).

Come atteso, la prevalenza di sovrappeso/obesità è risultata superiore a quella osservata

nell’indagine HBSC (Cavallo et al, 2013) pari al 18,3%, valutata in base agli stessi criteri IOTF ma a

partire da dati di peso e statura auto-riferiti anziché misurati, nella stessa regione italiana (Lazio) e in

un campione di età simile. La differenza è più marcata per la prevalenza di obesità (7,9% nel nostro

campione, contro il 1,5% nell’indagine HBSC), rispetto a quella del sovrappeso (16,8% vs 15,4%).

Tuttavia, in analogia allo studio HBSC, anche in ALIADO l’eccesso di peso è più frequente tra i

maschi.

Questo studio ha messo anche in evidenza come per circa la metà del campione la pratica

dell’attività fisica, valutata tramite questionario, non è in linea con gli standard raccomandati (almeno

60 minuti al giorno di attività moderata/vigorosa; WHO, 2010). Inoltre, la scarsa attività fisica è

risultata più evidente nelle femmine e nella categoria dei sovrappeso/obesi. La valutazione oggettiva

tramite accelerometro, metodo che consente di distinguere l’attività di intensità moderata e quella

vigorosa da quella leggera, ha però messo in evidenza come solo il 4,0% dei ragazzi è risultato in linea

con le raccomandazioni. E’ noto che gli strumenti di raccolta dati basati su dati auto-riferiti

generalmente sovrastimano l’intensità e la durata dell’attività fisica, soprattutto a causa della natura

intermittente della maggior parte degli sport e delle attività (Berman et al, 1998; Baquet et al, 2007).

Infatti, ad esempio chi riferisce di svolgere per un’ora uno sport di intensità moderata o vigorosa (a

seconda dello sport), non tiene conto del fatto che in realtà quella intensità è mantenuta solo per un

limitato periodo di tempo all’interno di quell’ora (Ekelund et al, 2011). Tuttavia, relativamente

all’utilizzo dell’accelerometro, ci sono ancora criticità legate soprattutto all’interpretazione dei dati;

pertanto è necessaria una standardizzazione internazionale del metodo, che utilizzi misurazioni

oggettive dell’attività fisica, ma integrata da strumenti basati su dati auto-riferiti (Ekelund et al, 2011).

Studi condotti su ragazzi adolescenti hanno documentato una diminuzione dell’attività fisica con

l’aumentare dell’età (Corder et al, 2010; Dumith et al, 2011) e una recente revisione sistematica ha

riscontrato un declino dell’attività fisica di circa il 7% per anno durante l'adolescenza (Dumith et al,

2011).

Anche lo studio inglese longitudinale SPEEDY-Sport, Physical activity and Eating behaviour:

Environmental Determinants in Young people, che ha esaminato i fattori associati all’attività fisica e

all’alimentazione, condotto su un campione di ragazzi in tre periodi differenti dal 2007 al 2011 (a 9-10

anni, dopo un anno a 10-11 anni e dopo 4 anni a 13-14 anni), ha evidenziato un netto calo dell’attività

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fisica passando in media da 73,9 minuti di attività moderata-vigorosa a 9-10 anni a 71,7 minuti a 10-11

anni fino a 62 minuti a 13-14 anni (Corder et al, 2014). Dallo studio multicentrico internazionale

HBSC sono emersi bassi livelli di attività fisica, con valori che decrescono al crescere dell’età ed è

evidente che la percentuale dei giovani italiani che svolgono attività fisica per “almeno un’ora al

giorno per sette giorni a settimana”, è circa la metà rispetto a quella internazionale. Nello specifico, le

percentuali per i maschi sono: a 11 anni 10% vs 28% dei ragazzi degli altri paesi, a 13 anni 9% vs 24%

e a 15 anni 10% vs 19%; mentre per le femmine: a 11 anni 6% vs 19% delle coetanee degli altri paesi,

a 13 anni il 5% vs 13% e a 15 anni 5% vs 10%. Il problema, che meno di un adolescente italiano su

dieci svolga il minimo di attività fisica consigliato, mette in evidenza l’importanza e l’urgenza di

sviluppare azioni efficaci per aumentare il tempo dedicato allo sport e al movimento (Cavallo et al,

2013). Dai risultati del progetto europeo HELENA si evince che gli adolescenti delle regioni del Nord

e del Centro Europa (Austria, Belgio, Francia, Germania, Ungheria e Svezia) risultano più attivi

rispetto ai loro coetanei del Sud Europa (Grecia, Italia e Spagna). Ma se nei maschi vi sono lievi

differenze (58,6% nel Centro–Nord Europa contro 53,7% nel Sud Europa), nelle ragazze queste si

mostrano decisamente più marcate (1 su 3 del Centro-Nord Europa pratica almeno 60 minuti di attività

fisica moderata/vigorosa al giorno, contro 1 su 5 nell’Europa del Sud; Ruiz et al, 2011). In Italia, il

fatto che l’attività fisica nell’adolescenza tenda a diminuire con l’età dei ragazzi, emerge anche

dall’indagine multiscopo nazionale dell’ISTAT sulle famiglie, condotta nel 2012

(http://www.istat.it/it/archivio/96427). I risultati mostrano infatti che il 19,3% dei ragazzi di età

compresa tra gli 11 e i 14 anni non pratica sport né alcun tipo di attività fisica, contro il 20,4% dei

giovani di 15-17 anni, con maggiori percentuali delle femmine rispetto ai maschi (22,2% nell’età 11-

14 anni e 23,8% nell’età 15-17 anni contro il 16,5% nell’età 11-14 anni e 17,1% nella fascia di età 15-

17 anni).

Per quanto riguarda i comportamenti sedentari, oltre un terzo degli adolescenti guarda la

televisione e utilizza il PC per più di 2 ore al giorno, contrariamente a quanto suggerito dalle linee

guida internazionali (AAP, 2001; USDHHS, 2008); la loro percentuale aumenta di gran lunga nei

giorni festivi, fino ad interessare quasi la metà del campione. Questi risultati sono in linea con quanto

emerso dagli studi europei (HBSC ed HELENA) e dall’indagine multiscopo nazionale dell’ISTAT

sulle famiglie del 2012, dove si osserva un aumento di comportamenti sedentari legati ai mezzi di

trasporto e alle attività ricreative (http://www.istat.it/it/archivio/96427).

Per quel che concerne l’abitudine al fumo e al consumo di bevande alcoliche, lo studio ha

rilevato che quasi un terzo del campione fuma (e di questi la maggior parte lo fa più volte al giorno),

soltanto quasi la metà dei ragazzi non consuma mai birra, mentre poco più di due terzi beve vino.

Inoltre, un’alta percentuale di adolescenti consuma alcolici saltuariamente, più i maschi che le

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femmine e addirittura l’8,4% consuma superalcolici un giorno a settimana. Tali risultati sono in linea

con quelli dell’indagine HBSC, dove è emerso che tali comportamenti a rischio sono maggiormente

diffusi tra i ragazzi di 15 anni, rispetto a quelli più giovani, età in cui la crisi evolutiva corrisponde ad

una esigenza di cambiamento puberale, che rende molto più critica questa fase rispetto a quella

preadolescenziale (Cavallo et al, 2013).

Il quadro generale dei dati sulle abitudini alimentari degli adolescenti esaminati ha mostrato una

frequenza di consumo di frutta e verdura inferiore alle raccomandazioni (INRAN, 2003), con basse

percentuali di ragazzi che consumano tali alimenti più volte al giorno. Anche per gli altri gruppi di

alimenti i risultati si discostano dalle linee guida (INRAN, 2003), in particolare i legumi e il pesce

sono consumati, con la frequenza raccomandata, solo da un quarto del campione; mentre salumi e

affettati, dolci e bevande analcoliche confezionate sono consumati troppo frequentemente. Tali risultati

sono in linea con quanto riportato dagli studi INRAN-SCAI 2005-06, HBSC ed HELENA (Diethelm

et al. 2012; Duffey et al, 2012; Cavallo et al, 2013; Lazzeri et al, 2014; Sette et al, 2011; Vincke et al.

2012).

L’inversione di questa tendenza, aumentando il consumo di alimenti vegetali ed integrali e

riducendo quello di alimenti di origine animale, soprattutto carne e salumi, permetterebbe di ridurre la

densità della dieta, migliorando la sua qualità, sia per l’equilibrio tra i macronutrienti che per

l’assunzione di fibre e micronutrienti (WHO, 2003; O’Connor et al, 2013; Patterson et al, 2010).

Consumi alimentari inadeguati durante l’infanzia e l’adolescenza non sono solo associati con

l’insorgere dell’obesità nei giovani, ma anche con il rischio di sviluppare malattie quali il cancro,

obesità e cardiovascolari in età adulta (Diethelm et al, 2012).

Per quanto riguarda l’abitudine alla prima colazione, è emerso che il 9% circa degli adolescenti

non la fa mai e soltanto il 62% la fa tutti i giorni (solo il 17,5% di coloro che la fanno, consuma il

pasto a famiglia riunita), valore simile a quelli delle indagini HBSC ed HELENA (Cavallo et al, 2013;

Hallström et al, 2011; Lazzeri et al, 2014). Il 13,0% dei ragazzi guarda sempre la TV mentre fa la

colazione. Alla luce di ciò è importante ricordare che la prima colazione svolge un ruolo fondamentale

nella qualità e nell’adeguatezza della dieta ed il suo consumo può influenzare il controllo dell’appetito

e l’introito energetico giornaliero, contribuendo a migliorare l’equilibrio nutrizionale dell’intera

giornata (Giovannini et al, 2010). Tra i principali effetti benefici del consumo della colazione risultano

un miglioramento della capacità di memorizzazione, del livello di attenzione, della capacità di

risoluzione dei problemi matematici e di resistenza durante l’esercizio fisico; gli studi disponibili

indicano inoltre una correlazione tra l’abitudine alla colazione e la performance scolastica, i dati

presenti in letteratura confermano che il consumo della prima colazione è associato ad un miglior

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rendimento e apprendimento scolastico (Adolphus et al, 2013; Bellisle, 2004; Cueto, 2001; Vermorel

et al, 2003).

Per gli altri pasti principali quotidiani, è la cena quello maggiormente consumato con la famiglia

riunita. Da studi precedenti è emersa l’importanza di consumare almeno un pasto al giorno con i

famigliari (Roccaldo et al, 2014; Rollins et al, 2010). Anche in questo studio gli adolescenti che fanno

la colazione con la famiglia hanno un più alto livello di aderenza alla dieta mediterranea. E’ emerso

inoltre, che circa il 12% dei ragazzi mangia alimenti al di fuori di quelli dei cinque pasti quotidiani,

che quasi la metà del campione guarda la TV mentre consuma il pranzo e più della metà durante la

cena. In alcuni studi è stata evidenziata un’associazione positiva tra il guardare la TV durante i pasti,

sia con un più alto indice di massa corporea, che con una più bassa qualità della dieta (Dubois et al,

2008; Liang et al, 2009; Vik et al, 2013). Circa tre quarti del campione partecipa all’acquisto dei

prodotti alimentari (controllando sempre la scadenza) e alla preparazione dei pasti, un ragazzo su dieci

mangia quello che gli piace fuori casa; circa due su dieci controllano la provenienza degli alimenti e il

contenuto in calorie. Un quarto degli adolescenti ha dichiarato di aver fatto una dieta dimagrante,

principalmente le femmine. Al momento dell’indagine ha riferito di essere a dieta circa un ragazzo su

dieci, soprattutto per perdere peso (la maggior parte ha un eccesso ponderale); oltre un quarto dei

ragazzi a dieta segue un regime dietetico dimagrante senza prescrizione. In studi precedenti è emerso

che il mettersi a dieta per controllare o perdere il peso è uno dei fattori di rischio per i disordini relativi

al peso, quali i disordini alimentari e l’alimentazione disturbata (Haines et al, 2006; Neumark-Sztainer

et al, 2007).

Come già precedentemente messo in evidenza, la DM ha molti benefici per la salute anche in età

evolutiva. Dai risultati sopra riportati emerge che gli adolescenti del campione non seguono il modello

mediterraneo, confermando il trend comune ai paesi del bacino mediterraneo relativo alla continua e

aumentata perdita di aderenza alla DM (Grosso et al, 2013; Heberstreit et al, 2010; Kafatos et al, 1997;

Roccaldo et al, 2014; Serra-Majem et al, 2004; Van Diepen et al, 2011). Infatti, solo il 17,6% dei

soggetti ha un’alta aderenza: la loro alimentazione è povera di frutta e verdura, legumi, pesce (cibi

fondamentali di questo modello alimentare), mangiano troppa carne e di conseguenza grassi e proteine

animali superano i livelli raccomandati (SINU, 2014). Risultati simili al nostro studio, riguardo una

bassa aderenza alla DM in questa fascia di età, sono stati riportati in precedenti indagini svolte in

Sicilia (Grosso et al, 2013) e in Grecia (Kontogianni et al, 2008) dove sono state riscontrate basse

percentuali di adolescenti con un punteggio KIDMED ottimale (≥8), mentre la Spagna e il Portogallo

mostrano percentuali maggiori di ragazzi con un’alta aderenza (Ayechu et al, 2010; Da Rocha Leal et

al, 2011; Mariscal-Arcas et al, 2009).

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Nel campione in studio è emerso che l’aderenza alla DM migliora in coloro che fanno colazione

con la famiglia riunita, e anche in chi non mangia davanti alla TV, al PC e al fast-food, non beve

superalcolici; con la lettura delle etichette, degli ingredienti, dei nutrienti, degli additivi e della

provenienza del prodotto riportati sulle stesse. Anche lo stile di vita attivo sembra migliorare il livello

di aderenza. Infine, anche se non è risultata significativa si è notata un’associazione positiva tra alta

aderenza ed essere nati in primavera ed estate, il che suggerisce l’opportunità di un futuro

approfondimento.

6.5. Conclusioni

I risultati dello studio ALIADO, eseguito su un campione rappresentativo di adolescenti della

Regione Lazio, hanno messo in evidenza un’alta prevalenza di sovrappeso, sedentarietà e inattività

fisica soprattutto tra i maschi e una scarsa aderenza alle linee guida per una sana alimentazione

dell’INRAN e alle raccomandazioni internazionali dell’OMS ed un basso livello di aderenza alla dieta

mediterranea (tra i più bassi d’Europa), per quanto riguarda le abitudini alimentari.

Alla luce di ciò, è palese che l’acquisizione di uno stile di vita sano tra gli adolescenti necessita

di interventi educativi per promuovere una corretta alimentazione ed una regolare attività fisica, quali

fattori determinanti per mantenere ogni individuo in un buono stato di salute. E’ inoltre essenziale che

tali interventi siano sostenuti e affiancati da politiche che tengano anche conto delle varie specificità

territoriali e socio-ambientali.

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6. Inserimento della tematica del consumo responsabile nei sistemi informativi nutrizionali

Aida Turrini

Sommario

La costruzione di sistemi informativi rappresenta un’esigenza fondamentale per gli studi di

popolazione e in particolare per la complessa tematica della stima dei modelli di comportamento

alimentare che riuniscono in sé tipologie di dati diversi (consumi, composizione, concentrazione), sono

utilizzati per analisi diverse (quantitative e qualitative, adeguatezza, sicurezza d’uso, impatto

ambientale), in ottica medico-biologica, socio-demografica, motivazionale, o anche economica e si

connettono quindi alla scienza del consumatore e ad altri rami della vita di un Paese.

Nell’ottica di ottimizzare le risorse, fronteggiare i big data e il data deluge, ridurre il

sovraccarico di ricercatori e rispondenti, l’uso integrato di fonti statistiche diverse e raccolte di dati

primarie, e il disegno di rilevazioni che forniscano indicazioni su fenomeni emergenti in un flusso

informativo organizzato sembra l’unica soluzione. In tutto ciò la declinazione regionale dei fenomeni

rappresenta una caratteristica ineludibile per un territorio complesso e articolato come l’Italia.

Disegni concettuali, realizzati analizzando quanto già esistente in altri contesti possono costituire

un punto di partenza per lo sviluppo di un sistema di raccolte di dati, primari o secondari che siano,

specifico per il contesto nutrizionale, in cui aspetti oggettivi e soggettivi siano investigati a definire

sempre più in dettaglio tutti i fattori che influiscono sul comportamento alimentare e che ne sono a

loro volta influenzati. In questo contesto, l’effettiva rispondenza dei modelli di consumo alla

sensibilità verso la questione del consumo responsabile è una prima tematica cui il progetto

REGALIM ha voluto contribuire.

Parole chiave

Sistema informativo nutrizionale, studi di popolazione, modelli di consumo alimentare,

comportamento alimentare, scienza del consumatore, consumo responsabile.

Abstract

The construction of information systems is a basic requirement for population studies and, in

particular, in the complex issue of estimating models of eating behavior that bring together different

types of data (food consumption, food composition, chemical occurrence), are used for various

analyses (quantitative, qualitative, nutritional adequacy, safety use, environmental impact) in medical-

biological research, socio-demographic field, consumers research, and in economics, and connect in

other branches of knowledge of the life of a country.

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In order to optimize the resources, deal with big data and data deluge, reduce the burden of

researchers and respondents, combine the use of different statistical sources and collection of primary

data, and design of surveys to describe emergent phenomena in an structured flow of information

seems the only solution. In this context, analyse the phenomena at regional level is extremely

appropriate in an area as complex and varied as the Italian territory.

Building conceptual designs through an analysis of already available information may represent a

starting point for the development of a nutrition-specific data collection system, of both primary and

secondary data, where objective and subjective aspects are investigated in order to define with a more

and more precision all the factors that influence eating behavior, and which are in turn influenced by it.

In this context, the analysis of the actual compliance of food consumption patterns with the awareness

towards the issues of responsible consumption is a first matter to which the REGALIM project was

aimed to contribute.

Keywords

Nutritional information system, population studies, food consumption patterns, eating habits, consumer

science, responsible consumption

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6.1. Introduzione

L’adozione di corrette politiche alimentari e nutrizionali non può prescindere dalla conoscenza

dettagliata della realtà e ha, dunque, bisogno di disporre di una base informativa affidabile e aggiornata

(EFSA, 2010). Questo è ancora più vero per la formulazione di una corretta ed efficace politica

alimentare che promuova una dieta salutare nella popolazione (Capacci et al, 2012).

I dati sull'alimentazione rappresentano, dunque, una base informativa essenziale per il

monitoraggio e la sorveglianza della qualità della dieta, nella sua valenza di equilibrio degli apporti

nutrizionali e di sicurezza d'uso, da una parte per la prevenzione di malattie cronico-degenerative

(EURODIET, 2001; Nishida et al, 2004; WHO, 2003; Bevilacqua et al, 2003) e dall’altra per limitare

l'esposizione a sostanze nocive veicolate dalla dieta (EFSA, 2014), che si affianca, tra l’altro, alle

norme igienico-sanitarie previste per la catena produttiva che riguardano, invece, l’esposizione in

acuto (Demortain, 2007).

Le basi di dati alimentari in ottica nutrizionale sono, inoltre, essenziali per la definizione delle

raccomandazioni nutrizionali (SINU, 2014) e le linee guida per una sana alimentazione (INRAN,

2003) oggi in revisione.

Il problema di disporre di indicatori su dieta e salute è ben noto a livello di salute pubblica

(NOO, 2010) ed è stato affrontato in ambito europeo nel progetto ECHIM (European Commission,

2012).

I dati alimentari si prestano a essere analizzati da diversi punti di vista come tutti i fenomeni che

presentano connessioni con diversi aspetti della vita di un Paese (per una visione complessiva si veda

ad esempio, Waltner-Toews and Lang, 2000). L’ideale sarebbe chiaramente quello di strutturare un

sistema di rilevazione a cadenza periodica e in cui ciascun fenomeno viene rilevato a intervalli regolari

acquisendo quella massa di dati statistici rappresentativi (Turrini, 2013). Tuttavia, la stima dei modelli

di consumo alimentare su base nutrizionale non è ancora entrata nel novero delle statistiche correnti,

soprattutto a causa delle difficoltà di replicare su vasti campioni le indagini che seguono metodologie

specifiche nella misurazione delle quantità di alimenti ingerite quotidianamente (Turrini, 1993).

6.2. Metodologia

La presente analisi si basa sulla disamina della letteratura scientifica e tecnica disponibile

sull’argomento. In particolare, viene presentata l’evoluzione di quelli che oggi costituiscono i sistemi

alla base degli studi a carattere nutrizionale e la futura prospettiva di ricerca in quelle infrastrutture

della ricerca - si veda a questo proposito ESFRI - European Strategy Forum on Research Infrastructure

(European Commission, 2015), al fine di verificare le possibilità di stabilizzare una rilevazione

statistica che comprenda le tematiche del comportamento alimentare e della sensibilità verso aspetti del

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consumo responsabile. La stabilizzazione deve avvenire a livello regionale per permettere quelle

analisi territoriali essenziali per la vita di un Paese complesso e articolato come l’Italia. Sappiamo,

infatti, da tutti gli studi precedenti (Saba et al, 1990; Turrini et al, 2001; Piccinelli et al, 2011) e dai

lavori presentati nella presente monografia dello studio REGALIM che la declinazione geografica ha

sempre una notevole importanza statistica, corrispondendo a differenze culturali di cui gli stili

alimentari sono una componente importante (Axelson, 1986).

6.3. Risultati

Le indagini statistiche a carattere nutrizionale

Le diverse metodologie forniscono gradi variabili di precisione della stima dell’ingestione di

alimenti e delle sostanze (nutrienti e non) veicolate con la dieta determinando una fase di scelta

metodologica che dipende dal livello di conoscenza corrente. Questo tema viene affrontato in Europa

dagli anni ’80 quando con il progetto Eurofoods-Enfant del programma quadro FLAIR (European

Commission, 1990-1994), proseguito poi nell’azione concertata COST99 (European Commission,

1994-1999), si è cominciato a parlare di compatibilità e comparabilità dei dati sull’alimentazione con

valenza nutrizionale (a partire da consumi alimentari e composizione degli alimenti). Queste

esperienze hanno permesso di individuare gli elementi portanti di un sistema di banche dati

nutrizionali (Turrini, 2000a, Turrini et al.) e delle problematiche legate alla qualità dei dati alimentari

(Turrini, 2000b). In particolare, l’elemento della descrizione (LanguaL, 2015) e classificazione degli

alimenti (EFSA, 2015), ossia l’aspetto centrale – ancorché non unico (Trichopoulou et al, 2003) del

trattamento dei dati alimentari ai fini della comparabilità delle stime ottenute.

Insieme alle problematiche relative alla raccolta di dati primari si è lavorato all’ottimizzazione

dell’uso dei dati secondari, come è il caso delle indagini sui consumi delle famiglie (in inglese

Household Budget Surveys - HBS), oggetto del progetto DAFNE (Trichopoulou et al, 2003) e riportati

anche nell’European Nutrition and Health Report (Elmadfa et al, 2009) che include anche una analisi

basata sui Bilanci Alimentari Nazionali (in inglese Food Balance Sheets – FBS, si veda FAO, 2015)

insieme ai dati nazionali di 23 Paesi europei (Elmadfa (a cura di), 2009).

L’idea di armonizzare le rilevazioni sui consumi alimentari in ottica nutrizionale non è stata

abbandonata. Gli aspetti metodologici sono stati delineati dal gruppo di lavoro del progetto

EFCOSUM - European Food Consumption Survey Methods (EFCOSUM, 2002) ripreso dal progetto

EFCOVAL - European Food COnsumption methods VALidation (European Commission, 2006-2010)

e dall’EFSA confluendo nelle linee guida per gli studi di popolazione a carattere nutrizionale (EFSA,

2014).

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Nel frattempo, l’EFSA ha cominciato a lavorare per costruire una banca dati europea di dati sui

consumi alimentari / nutrizionali individuali, dapprima su dati secondari aggregati, di cui il primo

esempio è rappresentato dal CONCISE Database (EFSA,2008), poi su dati individuali già raccolti,

dando vita al Comprehensive Database (EFSA, 2011) e, infine, promuovendo la raccolta di dati

armonizzata attraverso il programma EU-Menu ratificato nella Declaration of the Advisory Forum on

the Paneuropean Food Consumption Survey (EFSA, 2010). La rete di ricerca, nata come Network of

Excellence del 6° Programma Quadro della ricerca europea, European Food Information Resources

(EuroFIR) (European Commission, 2006-2010; 2011-2013) ha integrato i database di composizione

degli alimenti europei e internazionali in un sistema europeo, l’International Agency for Research on

Cancer (IARC, 2015a) attraverso il progetto EPIC-European Prospective Investigation into Cancer

and Nutrition European (IARC, 2015) ha sviluppato un sistema computer assisted di raccolta e

gestione di dati individuali di consumo. Dal progetto Montecarlo in poi sono stati sviluppati software

per la stima probabilistica dell’esposizione che ricercatori e operatori nel settore della gestione del

rischio possono utilizzare, come MCRA (Boon, 2000-2003). L’EFSA ha sviluppato una serie di

strumenti per la trasmissione di dati armonizzati sulla sicurezza alimentare (SSD) (EFSA, 2014) e

pubblicato le linee guida per gli studi sulla dieta totale (EFSA-FAO-WHO, 2011). Dal 2010 in poi la

Commissione Europea ha finanziato una serie di progetti finalizzati a disegnare sistemi per la ricerca in

nutrizione che, sfruttando le esperienze di Network of Excellence che si sono trasformate in

Association Internationale Sans But Lucratif (AISBL) per garantire la sostenibilità delle attività di

ricerca, integrino le diverse componenti in modo sistematico nell’ottica del sistema europeo di

infrastrutture per la ricerca (European Commission, 2015). Il 7° Programma Quadro della ricerca

europea ha visto lo sviluppo di progetti come EURODISH (European Commission, 2012-2015)

finalizzato a integrare le diverse componenti di un sistema di raccolta, trattamento ed elaborazione di

dati sull’alimentazione per studi a carattere nutrizionale. Ampliando ancora quest’ottica sono nate le

Joint Programming Initiative (European Commission, 2010-ad oggi) che hanno l’obiettivo di mettere a

sistema metodi e banche dati appartenenti a settori scientifici complementari come, “consumi

alimentari”, “determinanti”, “stato di nutrizione”, “salute” (European Commission, 2010-ad oggi), e

“ambiente” (Ferrari et al, 2013), che abitualmente sono investigati con metodologie specifiche

raramente integrate.

L’idea di un sistema di sorveglianza con le caratteristiche suddette non è nuova nell’ambito della

sorveglianza sanitaria e nutrizionale in Italia (Ferro-Luzzi et al, 1994; Bevilacqua et al, 2003; ISS,

2006-ad oggi), basato su un osservatorio simile a quanto realizzato nell’ambito della salute che si

affianca ai programmi di monitoraggio degli alimenti per assicurare che gli standard di sicurezza d’uso

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siano rispettati (Ministero Salute, 2015) e alla più recente messa in atto dei programmi di

biomonitoraggio (ISPRA, 2015).

Tuttavia in Italia, che peraltro ha aderito al programma EU-Menu (EFSA, 2014), il sistema di

raccolta dati nutrizionali, ancorché impostato, è ancora in fase sperimentale, basata su attività legate ai

progetti (Turrini et al, 2008). Solo a livello di indicatori abbiamo raccolte di dati come “PASSI” (ISS,

2006-ad oggi) e “OKkio alla salute” (Ministero della salute, 2008-ad oggi; ISS, 2008-ad oggi),

nell’ambito di “Guadagnare salute” (Ministero della salute, 2007-ad oggi) oppure in studi

internazionali come HBSC (Ministero della salute, 2010-ad oggi).

La tematica del consumo responsabile nei comportamenti alimentari

Il paradigma “produzionista” ha dominato i sistemi agro-alimentari dal periodo post-bellico della

seconda guerra mondiale in poi (Ridgway et al, 2015) e un semplice “input-output” costituiva il

modello teorico di riferimento (Waltner-Toews e Lang, 2000).

Attualmente, la promozione di diete salutari e sostenibili è riconosciuta come una priorità per la

politica alimentare e nutrizionale (FAO, 2012; SDC, 2009; Buttriss and Riley, 2013), anche

analizzando modelli di riferimento come la dieta mediterranea, riconosciuta come patrimonio

immateriale dell’umanità (Burlingame and Dernini, 2011; Dernini and Berry, 2015). L’obiettivo è di

coniugare sicurezza nutrizionale e sostenibilità ambientale, tenendo conto delle diverse dimensioni.

Il tema del consumo alimentare responsabile in relazione alla sostenibilità ambientale sta

diventando un tema emergente con l’accrescimento della conoscenza dei legami tra agricoltura-

ambiente-salute insieme alla valutazione del quadro economico e dei benefici sociali di un’economia

legata ad una agricoltura sostenibile (Berry et al, 2014).

A livello delle statistiche correnti abbiamo i dati dell’ufficio statistico della Commissione

Europea (EUROSTAT, 2013) che forniscono un sistema di indicatori per la governance dei Paesi

europei. Nel 2013 ha pubblicato il report Sustainable development in the European Union con l’intento

di dare seguito alle indicazioni emerse dalla conferenza delle Nazioni Unite nel 2012 a Rio de Janeiro,

che vedono i paesi impegnati ad adottare un approccio olistico nell’affrontare le sfide globali,

includendo la protezione dell’ambiente nelle strategie di politica economica, garantendo decorose

condizioni di vita e di lavoro. La speranza di vita è variabile a seconda delle condizioni socio-

economiche di un paese, paesi con peggiori condizioni socio-economiche, incluso un più elevato tasso

di disoccupazione, ignoranza sul tema della salute, stress, e dieta povera sono fattori associati ad un

maggiore consumo di alcolici, e così via. (EUROSTAT, 2013).

Occorrerà studiare il modo di estrarre variabili da altre indagini o aggiungere quesiti specifici per

la valutazione del consumo responsabile, alla stregua di altre esperienze in cui viene selezionato un set

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di indicatori come per l’osservatorio regionale OSSERVASALUTE (2003-ad oggi), o ancora, per la

redazione del rapporto annuale sul benessere equo e solidale (ISTAT-CNEL,2013-ad oggi).

L’inclusione della stima dell’impatto ambientale negli studi di popolazione sul consumo

alimentare nutrizionale è stata studiata come tematica dei rischi connessi al consumo alimentare

(inadeguatezza della dieta, insicurezza della dieta, inquinamento legato all’alimentazione). In

precedenza, la valutazione dell’impatto ambientale delle attività relative all’alimentazione sono state

effettuate a partire dai consumi alimentari medi pubblicati e hanno riguardato il peso dei rifiuti legati

alle attività relative all’alimentazione (Laraia et al, 2004), l’impronta idrica (Capone et al, 2013) e

l’impatto ambientale totale basato sul calcolo del ciclo di vita dell’alimento (Baroni et al, 2014).

Sintetizzando, la tematica dell’impatto ambientale si inserisce nella seconda fase dell’evoluzione

della ricerca europea (figura 1) e nelle infrastrutture che si stanno prefigurando dovranno essere

considerati database, procedure e metodi specifici e le relative strutture e risorse.

Figura 1. - Schema concettuale delle fasi evolutive degli studi di popolazione in nutrizione

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Il contributo del progetto REGALIM

L’azione 3 del progetto REGALIM ha come obiettivo quello di identificare le prospettive di

stabilizzazione di un sistema di rilevazione degli aspetti riguardanti un consumo alimentare

responsabile, come driver verso la sostenibilità ambientale.

Il fronte cui si rivolge l’attività del progetto REGALIM è quello dell’analisi integrata di

atteggiamenti e motivazioni verso un consumo responsabile e i comportamenti alimentari, sulla base di

una specifica rilevazione individuale.

L’integrazione di fenomeni diversi in uno stesso studio richiede una attenta valutazione del

numero di quesiti in un questionario e/o del numero di strumenti necessari per ottenere un insieme di

variabili utile per le stime che si intendono ottenere (Turrini et al, 1996). Ad esempio, una valutazione

dello stato nutrizionale richiede una rilevazione dettagliata dei consumi alimentari su più giorni (recall

di 24h ore ripetuto – EFSA (2014a), diario di tre giorni (Leclercq et al, 2009); diario di sette giorni

individuale (Turrini et al. 2001) e familiare 1980-84 (Saba et al, 1990), contemporaneamente richiede

la misurazione di peso e statura con apposita strumentazione e metodologia validata (Censi et al,

2013). Volendo analizzare la relazione tra motivazioni delle scelte e comportamenti alimentari, una

analisi contemporanea con metodi dedicati e la stima dei consumi alimentari fornisce stime altrimenti

non ottenibili (Di Natale et al, 2002).

L’importanza della tematica è ben presente anche se nella pratica poi i comportamenti non sono

perfettamente corrispondenti ai desiderata (si veda D’Addezio, Saba e Turrini, capitolo 4 della presente

monografia). Pur nella discrepanza tra “intenzione” e “azione” il fatto che le persone considerino come

desiderabili i comportamenti salutari e rispettosi dell’ambiente è il terreno fertile su cui puntare per far

sì che si vada verso la coerenza tra “pensieri e comportamenti”. In uno studio preliminare alla

formulazione del questionario dello studio REGALIM sui responsabili dell’alimentazione in Italia

sono stati monitorati alcuni atteggiamenti e comportamenti verso l’alimentazione e gli acquisti

alimentari nel periodo 2005-2011, includendo alcuni elementi che sono legati al consumo sostenibile.

Considerando gli elementi di interesse nell’acquisto, vediamo (tabella 1) che la provenienza e gli

ingredienti sono sempre indicati dalla maggioranza dei rispondenti nel periodo 2005-2011 in cui è

svolto il sondaggio realizzato da Format Research che costituisce la base di dati acquisita per il

progetto REGALIM.

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Tabella 1. - Nella scelta di acquisto del prodotto su una scala da 1 a 5, quanta attenzione pone ai seguenti aspetti?

Fattore PUNTEGGIO ATTRIBUITO dalla maggioranza dei

rispondenti negli anni 2005-2011

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 PROVENIENZA 5 5 5 5 5 5 5 INGREDIENTI 5 5 5 5 5 5 5

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI

3 3 3 5 5 3 3

PREZZO 1 1 1 1 1 e 3 1 5 MARCA 3 3 3 3 3 3 5

Banca dati Format Research 2005-2011

Chiedendo informazioni sui cambiamenti apportati agli acquisti di gruppi di alimenti (tabella 2)

si vede che dichiarano di avere aumentato di molto il consumo di “pane”, “frutta” e “verdura” anche se

la percentuale di risposte risulta in diminuzione nell’arco 2008-2011 in cui è stata posta la specifica

domanda. Per “riso”, “pesce”, “formaggi” e “carne” invece la maggiore frequenza è per chi ha

aumentato leggermente il consumo. Interessante notare che solo per la carne la percentuale di risposte

non diminuisce e che per riso e formaggi la percentuale non supera il 60% e il 50% rispettivamente.

Tabella 2. - Rispetto a 12 mesi fa come è cambiato oggi il rapporto con ognuno dei seguenti alimenti in fase di spesa? Risposte maggioritarie (%)

2008 2009 2010 2011 Tasso medio annuo di

incremento %

Ho aumentato molto il consumo

PANE 77,5 77,4 77,7 71,3 -0,24 FRUTTA 76,1 76,4 76,1 73,4 -0,11 VERDURA 63,6 64,3 64,1 63,4 -0,01

Ho aumentato leggermente il consumo

RISO 59,8 59,8 59,8 59,3 -0,02 PESCE 71,8 72,1 71,9 70,7 -0,04 CARNE 72,4 72,9 73,2 73,4 0,04 FORMAGGI 45,6 45,3 45,6 45,2 -0,03

Banca dati Format Research 2005-2011

Nell’ottica di un consumo alimentare sostenibile l’attenzione alla provenienza (tabella 1)

rappresenta un importante elemento, così come l’aumento di verdura e frutta (tabella 2).

Ancora, guardando all’aspetto delle confezioni vediamo che ci sono materiali che creano disagio.

Vediamo in figura 2 la distribuzione delle risposte tra coloro che hanno indicato di avere disagio verso

quel materiale componente del packaging.

Anche questo è indicativo di come la popolazione percepisce i materiali e la plastica insieme al

cartone sono percepiti come “fonte di disagio”.

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La popolazione sembra, dunque, mostrare sensibilità rispetto ai temi ambientali legati

all’alimentazione, anche se in alcuni casi, come quello del consumo di carne, i comportamenti

sembrano andare in direzione diversa da quella attesa.

Qui si apre il complesso discorso della percezione e delle convinzioni. I cibi più familiari sono

percepiti come benefici, comunque, perciò una riduzione del consumo può essere difficoltosa, d’altro

canto può valere il viceversa per quanto concerne cibi con i quali si ha poca familiarità e per cui si

richiederebbe un incremento del consumo. Temi complessi per i quali è stato attivato anche il progetto

europeo FoodrisC (European Commission, 2010-2013).

Figura 2. - Quali sono i materiali che le creano maggiori disagi? (tra coloro che hanno risposto “sì” alla domanda “Quando effettua acquisti alimentari le creano disagio le confezioni degli alimenti?”

Banca dati Format Research 2005-2011

6.4. Discussione

Il Sistema Statistico Nazionale è l’ambiente più idoneo nell’ambito del quale verificare la

fattibilità di uno studio di popolazione a carattere nazionale. L’elaborazione dei dati pubblicati nella

presente monografia è stata inserita nel Programma Statistico Nazionale del triennio 2010-2012

(SISTAN, 2012) proprio per la sua valenza di applicazione della sezione sulle frequenze alimentari

dell’indagine Multiscopo Aspetti della Vita Quotidiana (ISTAT, 2015).

Il confronto dei risultati relativi alla sezione alimentare ci dice che, in linea di massima, per

quanto riguarda il fronte delle frequenze di consumo la fonte ISTAT è sufficiente per stimare

0% 20% 40% 60% 80% 100%

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

4%

3%

3%

3%

4%

3%

3%

4%

4%

4%

6%

5%

4%

4%

3%

2%

2%

3%

3%

3%

2%

3%

2%

2%

3%

2%

2%

1%

8%

9%

12%

12%

11%

9%

8%

4%

5%

7%

6%

5%

5%

5%

0%

0%

1%

1%

0%

0%

0%

Alluminio

Latta

Carta

Vetro

Materie plastiche

Cartone

Acciaio

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l’evoluzione temporale del fenomeno, mentre l’analisi multivariata consente di individuare tipologie di

stile alimentare (Scalvedi, 2015).

L’idea di stabilire un sistema di indagini permanenti per soddisfare in continuo le esigenze

informative ha ispirato un progetto nel quale confluivano i diversi aspetti della ricerca in nutrizione

riguardante gli studi di popolazione (Turrini (a cura di), 2013). In epoca di big data e data deluge è

assolutamente necessario dotarsi di una struttura per la collezione e collazione delle informazioni che

ruotano intorno all’alimentazione (Turrini et al, 2013).

L’analisi della realtà ha fatto emergere la pratica impossibilità di realizzare uno specifico sistema

di rilevazione basato su metodi di misura consoni alle stime a carattere nutrizionale

(fondamentalmente a causa della necessità di dettagliare al massimo i dati alimentari utilizzando diari

o interviste strutturate ad hoc, ma anche del grande numero di variabili da prendere in considerazione

allo stato attuale delle conoscenze), a maggior ragione se correlati all’analisi dei modelli di

comportamento (tipicamente i metodi della scienza del consumatore), nonché alle stime dello stato di

nutrizione e di esposizione a sostanze indesiderabili veicolate con la dieta, come sopra illustrato. La

difficoltà, naturalmente, si esaspera negli studi su scala nazionale che coinvolgono necessariamente

vasti campioni.

La soluzione più idonea sembra quindi in linea con quanto già teorizzato per cui gli studi sulla

dieta degli individui a carattere nazionale sono condotti a intervalli all’incirca decennali, inframezzati

da studi di approfondimento che coinvolgono campioni meno estesi, ma con indagini più dettagliate di

quelle possibili in campioni più vasti. Nell’intervallo tra una indagine e l’altra, l’esigenza informativa

può essere soddisfatta attraverso le serie storiche disponibili e le statistiche ufficiali in genere (Turrini,

1993; Turrini et al. 1996).

A fronte di una esigenza informativa continuativa, conciliare tutti gli elementi si rivela

un’impresa quanto mai ardua. Il sovraccarico dovuto a eccesso di richiesta statistica (sia come

esposizione alle richieste sia in relazione ad una specifica richiesta è un problema riconosciuto e sul

quale l’ISTAT (BLUE-ETS, 2010-2013, ed EUROSTAT (Hedlin et al. (a cura di), 2005). L’attenzione

di chi raccoglie le informazioni si sta spostando vieppiù sulla raccolta di dati amministrativi disponibili

anche per ottimizzare le risorse.

6.5. Conclusioni

Le conclusioni non possono che essere interlocutorie nel processo di costruzione del sistema di

monitoraggio dei modelli di comportamento alimentare a tutto tondo, che deve necessariamente tenere

conto dei cambiamenti che intervengono.

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Il quesito che ci si pone è “come comportarsi di fronte a fenomeni nuovi, o non catalogabili in

fonti amministrative, sui quali ancora non esiste una tradizione di indagini?”

La soluzione che possiamo proporre nello specifico caso della domanda di ricerca del progetto

REGALIM è quella di inserire un numero di quesiti (minimo come numerosità e massimo come

informatività) riguardanti il consumo responsabile da abbinare all’indagine Aspetti della Vita

Quotidiana, costituendo un piccolo addendum che non alteri eccessivamente il disegno dello studio,

ma fornisca le indicazioni utili, ma questo dovrà essere oggetto di proposta da discutere con i

responsabili del Sistema Statistico Nazionale.

In questo modo si inserirebbe una nuova tematica nelle rilevazioni su scala nazionale con la

possibilità di avere campioni rappresentativi a livello regionale, permettendo la massima accuratezza in

accordo con la dimensione regionale che come più volte sottolineato è una dimensione ineludibile per

la comprensione del comportamento alimentare in tutte le accezioni e con tutte le sue implicazioni.

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146

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147

Appendice 1.

Schede relative ai singoli gruppi alimentari rilevati nella sezione del questionario REGALIM dedicata alla rilevazione delle abitudini di consumo

Sommario

01.Pane, pasta, riso 148

02.Salumi 150

03. Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello 152

04. Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.) 154

05. Carni di maiale (escluso salumi) 156

06. Latte 158

07. Formaggi, latticini 160

08. Uova 162

09. Pesce 164

10. Verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)

[verdure] 166

11. Pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine,

carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi [ortaggi] 168

12. Frutta 170

13. Legumi secchi o in scatola 172

14. Patate 174

15. Snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive) 176

16. Dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.) 178

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148

01. Pane, pasta, riso In generale, questa categoria di prodotti presenta un consumo quotidiano (81,7% a livello nazionale). In generale il profilo delle frequenze è illustrato nella prima riga della tabella seguente.

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al giorno

2.Una volta al giorno

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

5.Mai

TOTALE 2° Moda 3° 4° 5°

La frequenza di consumo modale è, in 18 regioni su 20, “Una volta al giorno”. Solo in due casi (Sardegna e Toscana) la frequenza modale è “Più di una volta al giorno”. In generale “qualche volta a settimana” rappresenta la terza modalità. Differiscono Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia per le quali è la seconda. Infine, il “mai” supera “meno di una volta a settimana” in Calabria. Regioni con frequenza di consumo quotidiana superiore alla percentuale nazionale Mezzogiorno 17.Basilicata 96,80% Mezzogiorno 19.Sicilia 90,40% Centro 11.Marche 90,00% Nord-Est 04.Trentino-Alto Adige 89,60% Centro 09.Toscana 88,50% Mezzogiorno 18.Calabria 86,40% Mezzogiorno 13.Abruzzo 86,10% Nord-Ovest 07.Liguria 85,70% Mezzogiorno 15.Campania 85,50% Centro 10.Umbria 84,80% Mezzogiorno 16.Puglia 82,90% Pane, pasta, riso Totale 81,70%

Regioni con frequenza di consumo quotidiana inferiore alla percentuale nazionale Nord-Est 08.Emilia Romagna 81,40% Mezzogiorno 20.Sardegna 78,80% Centro 12.Lazio 78,80% Nord-Ovest 03.Lombardia 78,10% Nord-Ovest 01.Piemonte 75,10% Nord-Est 05.Veneto 74,10% Nord-Ovest 02.Valle d’Aosta 70,00% Mezzogiorno 14.Molise 68,40% Nord-Est 06.Friuli Venezia Giulia 66,10%

Considerando il numero di regioni che presentano una percentuale di consumo quotidiano di “pane, pasta, riso” più elevata della media nazionale osserviamo il seguente quadro. Mezzogiorno: 6 regioni su 8, di cui 3 regioni (Sicilia 39.8%, Campania 40,0% e Sardegna 40,0%) presentano un consumo “più volte al dì” sopra la percentuale nazionale che è pari a 33.5%. In Sardegna questa frequenza di consumo rappresenta anche la moda. Centro: 3 regioni su 4, di cui 2 regioni (Marche 33,8% e Toscana 50,8%) presentano un consumo “più volte al dì” sopra la percentuale nazionale. In Toscana questa frequenza di consumo rappresenta anche la moda. Nord-Est : 1 regione su 3, di cui 1 regione (Trentino-Alto Adige 41,7%) presenta un consumo “più volte al dì” sopra la percentuale nazionale. Nord-Ovest : 1 regione su 4, di cui 1 regione (Lombardia 35,2%) presenta un consumo “più volte al dì” sopra la percentuale nazionale. Complessivamente, considerando un consumo quotidiano (sommando “più di una volta al giorno” e “una volta al giorno” di “pane, pasta, riso”) si osserva un gradiente geografico Mezzogiorno > Centro > Nord Ovest > Nord Est.

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149

34,7%

34,2%

33,5%

33,2%

30,9%

51,1%

49,7%

48,2%

44,8%

46,3%

12,1%

14,3%

15,4%

17,1%

20,3%

1,5%

1,2%

2,1%

3,7%

2,0%

,4%

,0%

,3%

,5%

,4%

Mezzogiorno

Centro

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Pan

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asta

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riso

Pan

e, p

asta

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soP

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riso

Pan

e, p

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

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150

02. Salumi La frequenza “qualche volta a settimana” rappresenta la moda per tutte le regioni italiane ed in media è dell’54,2% (minimo 36,8% per il Molise – massimo 67,7% per la Basilicata). La seconda modalità è prevalentemente (19/20) “meno di una volta a settimana” (eccezione per l’Abruzzo in cui è la terza, mentre la seconda è “una volta al giorno”; il “mai” e “una volta al giorno” sono prevalentemente (19/20) 4° o 5°. La frequenza di consumo meno gettonata è dunque “più volte al giorno” per quanto indicata (range percentuale 0,0%-Basilicata, Valle d’Aosta, Umbria, Trentino-Alto Adige; 5,3% - Molise).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al giorno

2.Una volta al giorno

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

5.Mai

Totale 5° 3° Moda 2° 4°

Regioni con frequenza di consumo settimanale superiore alla percentuale nazionale

Mezzogiorno 17.Basilicata 67,7% Centro 11.Marche 65,0% Nord-Ovest 07.Liguria 64,3% Nord-Ovest 02.Valle d’Aosta 60,0% Mezzogiorno 16.Puglia 58,8% Centro 10.Umbria 58,7% Nord-Est 06.Friuli Venezia Giulia 58,1% Nord-Est 08.Emilia Romagna 57,8% Mezzogiorno 15.Campania 57,1% Centro 09.Toscana 56,5% Mezzogiorno 20.Sardegna 55,3%

Salumi Totale 54,2%

Regioni con frequenza di consumo settimanale inferiore alla percentuale nazionale

Nord-Est 04.Trentino Alto Adige 54,2%

Nord-Ovest 03.Lombardia 53,7%

Centro 12.Lazio 53,0%

Mezzogiorno 19.Sicilia 52,6%

Nord-Est 05.Veneto 49,0%

Nord-Ovest 01.Piemonte 48,8%

Mezzogiorno 18.Calabria 45,6%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 40,3%

Mezzogiorno 14.Molise 36,8%

Considerando il numero di regioni che presentano una percentuale di consumo settimanale di “salumi” più elevata della media nazionale osserviamo il seguente quadro. Ad eccezione del Centro per il quale 3 regioni su 4 presentano una percentuale di consumo settimanale di salumi superiore alla percentuale nazionale, le altre tre ripartizioni geografiche hanno in 50% superiore e il 50% inferiore. A livello di ripartizione geografica, di conseguenza, il Centro risulta l’area geografica in cui la percentuale di consumo settimanale è più elevata. Complessivamente, considerano un consumo settimanale si osserva un gradiente geografico Centro > Mezzogiorno > Nord Est > Nord Ovest .

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151

2,7%

2,6%

2,8%

1,4%

3,1%

8,7%

10,3%

12,0%

8,1%

10,7%

56,2%

54,2%

53,8%

53,7%

53,6%

24,7%

26,4%

26,1%

29,8%

25,8%

6,5%

5,9%

4,9%

6,8%

6,0%

Centro

Totale

Mezzogiorno

Nord Est

Nord Ovest

Sal

umi

Sal

umi

Sal

umi

Sal

umi

Sal

umi

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

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03. Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello La frequenza “qualche volta a settimana” rappresenta la moda per tutte le regioni italiane ed in media è dell’66,5% (minimo 57,4% per l’Emilia-Romagna– massimo 100,0% per i 10 casi della Valle d’Aosta) Come 2° e 3° modalità si alternano “meno di una volta a settimana” (7 regioni) e “una volta al giorno” (11 regioni); il “mai” e “una volta al giorno” sono sempre 4° o 5° o viceversa. Fa eccezione la Basilicata per cui il “mai” è la seconda modalità in termini di frequenze percentuali (9,7%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al giorno

2.Una volta al giorno

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

5.Mai

Totale 5° 3° Moda 2° 4°

Nord-Ovest 02.Valle d’Aosta 100,0%

Mezzogiorno 17.Basilicata 80,6%

Nord-Est 06.Friuli Venezia Giulia 74,2%

Centro 11.Marche 73,8%

Mezzogiorno 14.Molise 73,7%

Mezzogiorno 15.Campania 72,0%

Mezzogiorno 16.Puglia 71,9%

Mezzogiorno 18.Calabria 71,8%

Mezzogiorno 20.Sardegna 71,8%

Nord-Est 05.Veneto 69,5%

Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello Totale 66,5%

Nord-Ovest 03.Lombardia 65,6%

Centro 10.Umbria 65,2%

Centro 12.Lazio 64,3%

Centro 09.Toscana 63,9%

Mezzogiorno 19.Sicilia 63,5%

Nord-Ovest 01.Piemonte 62,7%

Nord-Est 04.Trentino Alto Adige 62,5%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 61,1%

Nord-Ovest 07.Liguria 60,7%

Nord-Est 08.Emilia Romagna 57,4%

Considerando il numero di regioni che presentano una percentuale di consumo settimanale di “Carne di pollo, tacchino, coniglio, vitello” più elevata della media nazionale osserviamo il seguente quadro. Sei su otto regioni del Mezzogiorno presentano una percentuale superiore alla media nazionale. A livello di ripartizione geografica, di conseguenza, il gradiente geografico per ripartizione risulta Mezzogiorno > Centro > Nord Est > Nord Ovest.

Page 153: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

153

3,2%

2,3%

2,5%

1,3%

1,6%

13,5%

13,1%

14,0%

10,6%

13,8%

69,4%

66,5%

65,5%

65,0%

64,7%

12,5%

14,9%

14,2%

19,0%

15,6%

1,0%

2,5%

3,3%

3,4%

3,2%

Mezzogiorno

Totale

Centro

Nord Est

Nord Ovest

Car

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di p

ollo

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glio

, vi

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Car

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di p

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cch

ino,

coni

glio

, vi

tello

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana5.Mai 6.MR

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154

04. Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.) La frequenza “qualche volta a settimana” rappresenta la moda per tutte le regioni italiane ed in media è dell’59,5% (minimo 48,1% per il Veneto – massimo 90,0% per i 10 casi della Valle d’Aosta). Anche la 2° modalità è la stessa per tutte le regioni con una media del 27,1% (minimo 10,0% per la Valle d’Aosta – massimo 43,8% per il Trentino-Alto Adige. La 3° modalità a livello nazionale è per il 6,7% “Una volta al giorno” (10 regioni minimo 0,0% in Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige; massimo 15,3% in Abruzzo). La 4° modalità è “Mai” che arriva al 4,3% (minimo 0,0% in Valle d’Aosta, Basilicata e Sardegna; massimo 9,7% in Friuli-Venezia Giulia). Infine, la carne bovina – ricordando che la vitella non è inclusa in questa categoria, viene consumata “più di una volta al giorno” nell’1,5% dei casi (minimo 0,0% in Valle d’Aosta, Basilicata, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto; massimo 5,3% in Molise). In Sicilia, Abruzzo, Toscana e Molise la percentuale che ha indicato “più di una volta al giorno” è superiore al “mai”.

AREA/REGIONE 1.Più di una

volta al giorno 2.Una volta al giorno

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

5.Mai

Totale 5° 3° Moda 2° 4°

3.Qualche

volta a settimana

4.Meno di una volta a

settimana Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 90,0% 10,0% Mezzogiorno 17.Basilicata 71,0% 22,6% Mezzogiorno 15.Campania 66,5% 24,4% Mezzogiorno 20.Sardegna 65,9% 25,9% Centro 11.Marche 65,0% 23,8% Mezzogiorno 16.Puglia 64,8% 23,1% Nord Ovest 1.Piemonte 63,6% 24,4% Mezzogiorno 19.Sicilia 63,5% 17,7% Centro 10.Umbria 60,9% 21,7% Mezzogiorno 18.Calabria 60,2% 27,2% Mezzogiorno 13.Abruzzo 59,7% 18,1% Nord Ovest 7.Liguria 59,5% 31,0%

Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.)

Totale 59,5% 27,1%

Centro 12.Lazio 58,0% 25,1% Nord Est 8.Emilia Romagna 57,4% 33,3% Centro 9.Toscana 57,1% 24,1% Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 56,5% 27,4% Nord Ovest 3.Lombardia 55,9% 30,0% Mezzogiorno 14.Molise 52,6% 31,6% Nord Est 4.Trentino Alto Adige 52,1% 43,8% Nord Est 5.Veneto 48,1% 40,7% Considerando il numero di regioni che presentano una percentuale di consumo settimanale di “Carni bovine (manzo, vitellone, ecc.)” più elevata della media nazionale osserviamo il seguente quadro.

Page 155: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

155

Sette su otto regioni del Mezzogiorno presentano una percentuale superiore alla media nazionale. Tre regioni su quattro per il Nord-Ovest, due regioni su quattro per il Centro, nessuna regione del Nord-Est presenta una percentuale di consumo “qualche volta a settimana” superiore alla media nazionale. A livello di ripartizione geografica, di conseguenza, il gradiente geografico ripartizione per la percentuale di consumo “qualche volta a settimana” risulta Mezzogiorno > Centro > Nord-Ovest > Nord-Est.

1,9%

1,5%

2,5%

,9%

,7%

8,4%

6,7%

8,5%

5,3%

3,4%

64,2%

59,5%

58,8%

58,7%

52,8%

22,6%

27,1%

24,3%

28,4%

36,8%

2,4%

4,3%

4,5%

5,5%

5,7%

Mezzogiorno

Totale

Centro

Nord Ovest

Nord Est

Car

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ovin

e(m

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ne,

ecc

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ecc

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Car

ni b

ovin

e(m

anzo

,vi

tello

ne,

ecc

.)

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana5.Mai 6.MR

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05. Carni di maiale (escluso salumi)

Il consumo di carne di maiale (ad esclusione dei salumi) presenta un profilo di consumo che si differenzia da quello delle altre carni. La carne bianca presenta un consumo modale settimanale (“qualche volta a settimana”) e quotidiano (“una volta al giorno”), la carne bovina presenta una frequenza di consumo settimanale e come seconda “meno di una volta a settimana”, mentre la carne di maiale ha come frequenza modale “meno di una volta a settimana” (43,3% a livello nazionale, minimo 22,9% in Trentino-Alto Adige; massimo Valle d’Aosta 70,0%), seguita da “qualche volta a settimana” (38,8% a livello nazionale; minimo 27,4% in Liguria; massimo 62,5% in Trentino-Alto Adige).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 5° 4° 2° Moda 3°

4.Meno di una volta

a settimana

3.Qualche volta a

settimana

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 70,0% ,0%

Mezzogiorno 18.Calabria 51,5% 29,1%

Centro 11.Marche 50,0% 35,0%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 50,0% 33,9%

Nord Est 5.Veneto 49,8% 32,1%

Mezzogiorno 17.Basilicata 48,4% 45,2%

Nord Ovest 3.Lombardia 47,9% 31,8%

Mezzogiorno 14.Molise 47,4% 52,6%

Nord Ovest 1.Piemonte 45,6% 34,1%

Nord Ovest 7.Liguria 45,2% 27,4%

Centro 12.Lazio 44,2% 33,6%

Nord Est 8.Emilia Romagna 44,1% 41,7%

Carni di maiale (escluso salumi) Totale 43,3% 38,8%

Mezzogiorno 15.Campania 40,7% 44,7%

Mezzogiorno 16.Puglia 39,7% 44,7%

Centro 10.Umbria 39,1% 58,7%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 38,9% 41,7%

Mezzogiorno 19.Sicilia 36,1% 42,2%

Centro 9.Toscana 35,1% 49,7%

Mezzogiorno 20.Sardegna 30,6% 58,8%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 22,9% 62,5% Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale

Tendono consumare un po’ più spesso (“qualche volta a settimana”) le regioni del Mezzogiorno (5 su 8: Sardegna 58,8%, Campania e Puglia 44,7%, Sicilia 42,2%, Abruzzo 41,7%) del Centro (2 su 4: Umbria 58,7%, Toscana 49,7%). La regione con più elevata percentuale per questa modalità di risposta è il Trentino-Alto Adige con 62,5%, unica del Nord a presentare questo andamento. Il gradiente geografico per ripartizione geografica è quindi il seguente (figura XX): Nord Ovest > Nord Est> Centro > Mezzogiorno per la frequenza “meno di una volta a settimana” e “mai”, mentre è Mezzogiorno > Centro > Nord Est > Nord Ovest per la modalità “qualche volta a settimana”.

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157

,6%

,7%

1,3%

1,8%

1,9%

4,2%

3,6%

4,7%

4,2%

6,1%

31,6%

38,4%

38,8%

40,8%

43,7%

47,3%

45,4%

43,3%

41,7%

39,9%

14,3%

11,0%

10,1%

10,5%

6,2%

Nord Ovest

Nord Est

Totale

Centro

Mezzogiorno

Car

ni d

i mai

ale

(esc

luso

sal

umi)

Car

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i mai

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Car

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i mai

ale

(esc

luso

sal

umi)

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 158: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

158

06. Latte

Il latte viene consumato quotidianamente “una volta al giorno” (moda nazionale pari al 44,4%; minimo in Emilia-Romagna 33,8%; massimo in Basilicata 74,2%) o “più volte al giorno” come seconda modalità per numero di risposte (a li vello nazionale 16,7%; minimo in Basilicata 6,5%; massimo in Sardegna 24,7%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al giorno

2.Una volta al giorno

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

5.Mai

Totale 2° Moda 3° 5° 4°

2.Una volta al giorno

1.Più di una volta al giorno

Mezzogiorno 17.Basilicata 74,2% 6,5% Nord Est 4.Trentino Alto Adige 66,7% 12,5% Mezzogiorno 16.Puglia 56,8% 14,1% Centro 10.Umbria 52,2% 13,0% Mezzogiorno 18.Calabria 51,5% 9,7% Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 50,0% 20,0% Centro 11.Marche 48,8% 11,3% Centro 9.Toscana 48,2% 22,0% Nord Ovest 7.Liguria 46,4% 22,6% Centro 12.Lazio 45,2% 12,4% Mezzogiorno 20.Sardegna 44,7% 24,7%

Latte Totale 44,4% 16,7%

Nord Ovest 3.Lombardia 44,1% 15,5% Mezzogiorno 19.Sicilia 43,8% 12,4% Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 41,9% 21,0% Nord Ovest 1.Piemonte 40,6% 12,0% Mezzogiorno 13.Abruzzo 40,3% 16,7% Nord Est 5.Veneto 39,5% 17,7% Mezzogiorno 15.Campania 37,1% 30,9% Mezzogiorno 14.Molise 36,8% 15,8% Nord Est 8.Emilia Romagna 33,8% 15,2%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla

media nazionale

La frequenza modale “una volta al giorno” è la stessa in tutte le regioni, mentre la seconda e la terza variano, “più di una volta al giorno” è seconda in Trentino-Alto Adige (12,5%), Toscana (22,0%), Liguria (22,6%) e Sardegna (24,7%); mentre “qualche volta a settimana” è seconda in Basilicata (12,9%), Umbria (21,7%), Calabria (16,5%), Lombardia (16,3%) e Molise (21,1%).

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Nel Mezzogiorno 4 regioni su 8, nel Nord-Ovest 2 su 4, nel Nord-Est 1 su 4 presentano una percentuale superiore alla media nazionale di risposte “una volta al giorno”; il Centro è, invece, la ripartizione geografica in cui tutte e quattro le regioni presentano una percentuale superiore alla media nazionale. Il gradiente geografico è quindi il seguente (figura XX): “Centro > Mezzogiorno > Nord Ovest > Nord Est” per la modalità “una volta al giorno”, mentre è “Mezzogiorno > Nord Est > Nord Ovest > Centro” considerando solo il consumo “più volte al giorno”.

15,3%

18,6%

16,7%

15,4%

16,7%

47,2%

45,9%

44,4%

43,5%

40,0%

14,7%

13,6%

14,5%

15,6%

14,4%

8,7%

7,5%

8,9%

10,4%

9,3%

13,8%

13,4%

14,4%

13,5%

18,3%

Centro

Mezzogiorno

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Lat

te L

atte

Lat

te L

atte

Lat

te

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 160: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

160

07. Formaggi, latticini

A differenza del latte, i formaggi presentano una frequenza di consumo modale di “qualche volta a settimana” (52,2% media nazionale; minimo in Valle d’Aosta 30,0%; massimo in Basilicata 67,7%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 4 2 Moda 3 5

3.Qualche volta a

settimana

Mezzogiorno 17.Basilicata 67,7%

Centro 12.Lazio 64,0%

Centro 11.Marche 62,5%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 61,3%

Mezzogiorno 18.Calabria 59,2%

Mezzogiorno 15.Campania 57,1%

Centro 10.Umbria 56,5%

Mezzogiorno 16.Puglia 55,8%

Mezzogiorno 14.Molise 52,6%

Formaggi, latticini Totale 52,2%

Nord Est 8.Emilia Romagna 52,0%

Mezzogiorno 20.Sardegna 51,8%

Nord Est 5.Veneto 51,0%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 50,0%

Nord Ovest 7.Liguria 47,6%

Mezzogiorno 19.Sicilia 47,4%

Nord Ovest 3.Lombardia 47,3%

Nord Ovest 1.Piemonte 46,1%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 43,8%

Centro 9.Toscana 42,9%

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 30,0% Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale

È interessante notare che solo in un caso la moda è uguale per tutte le regioni tranne la Valle d’Aosta in cui 7 rispondenti su 10 hanno indicato di consumare formaggi e latticini “una volta al giorno”, ma data l’esiguità del campione questo potrebbe essere dovuto alla casualità. Confrontando questo dato con l’analogo derivante dall’Indagine Multiscopo “Aspetti della Vita Quotidiana” (AVQ) condotta nello stesso anno si osserva un valore percentuale di formaggi e latticini consumati una volta al giorno di 39%. La seconda frequenza indicata è “una volta al giorno”, 25,0% in media nazionale, con un minimo di 13,9% nel Lazio e un massimo di 43,8% in Trentino-Alto Adige. Per Marche (12,5%), Calabria (13,6%) e Campania (16,0%), la percentuale di risposta “una volta al giorno” si colloca al terzo posto. In questi tre casi i formaggi e latticini sono più frequentemente consumati “meno di una volta a settimana” che “una volta al giorno”.

Page 161: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

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Nel Mezzogiorno 5 regioni su 8, nel Centro 3 su 4, nel Nord-Est 1 su 4 presentano una percentuale più elevata di risposte “qualche volta a settimana”; il Nord-Ovest è, invece, la ripartizione geografica in cui tutte e quattro le regioni presentano una percentuale inferiore alla media nazionale. Il gradiente geografico è quindi il seguente (figura XX): “Centro > Mezzogiorno > Nord Est > Nord Ovest” per la modalità “qualche volta a settimana”, mentre è “Nord Ovest > Mezzogiorno > Nord Est > Centro” considerando solo il consumo “una volta al giorno”. Il Nord Ovest è anche l’area in cui il consumo più di una volta al giorno è superiore all’analoga frequenza delle altre ripartizioni geografiche (9,5% contro l’8,0% medio nazionale).

7,3%

7,3%

8,0%

7,9%

9,5%

21,2%

24,2%

25,0%

23,3%

29,9%

56,5%

54,0%

52,2%

51,9%

46,8%

12,3%

11,4%

11,5%

13,5%

9,7%

2,2%

2,2%

2,6%

2,9%

3,2%

Centro

Mezzogiorno

Totale

Nord Est

Nord Ovest

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Fo

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Fo

rmag

gi,

latti

cini

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 162: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

162

08. Uova

Le uova presentano una frequenza di consumo modale di “qualche volta a settimana” (54,6% media nazionale; minimo in Umbria 30,0%; massimo in Valle d’Aosta 100,0%). Solo in Veneto e Umbria la frequenza modale è “meno di una volta a settimana” e “qualche volta a settimana” si colloca al secondo posto.

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 5 3 Moda 2 4

3.Qualche volta a

settimana

4.Meno di una volta a

settimana Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 100,0% ,0%

Mezzogiorno 17.Basilicata 74,2% 25,8%

Mezzogiorno 14.Molise 73,7% 15,8%

Centro 9.Toscana 67,0% 22,5%

Mezzogiorno 16.Puglia 63,3% 29,1%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 62,5% 33,3%

Centro 11.Marche 61,3% 32,5%

Mezzogiorno 19.Sicilia 60,2% 26,5%

Mezzogiorno 15.Campania 60,0% 29,8%

Nord Ovest 7.Liguria 59,5% 34,5%

Mezzogiorno 18.Calabria 56,3% 28,2%

Mezzogiorno 20.Sardegna 55,3% 32,9%

Uova Totale 54,6% 36,1%

Centro 12.Lazio 54,4% 35,3%

Nord Ovest 1.Piemonte 53,5% 38,7%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 50,0% 37,5%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 48,4% 40,3%

Nord Est 8.Emilia Romagna 48,0% 45,1%

Nord Ovest 3.Lombardia 46,7% 44,3%

Nord Est 5.Veneto 43,6% 48,6%

Centro 10.Umbria 34,8% 58,7%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale

Nel caso delle uova la prima e la seconda modalità sono quasi perfettamente complementari rispetto alla media nazionale. Laddove il consumo più frequente rispetto alla media nazionale è “qualche volta a settimana” la voce “meno di una volta a settimana” presenta un valore ad essa inferiore e viceversa (eccezione per il Lazio che risulta avere la percentuale di risposta inferiore al livello nazionale per entrambe le frequenze). Nel Lazio la modalità di frequenza indicata più rispetto alla media nazionale è “mai” (4,9% vs. 3,2%). Nel Mezzogiorno ben 7 regioni su 8, nel Centro e nel Nord Ovest 2 su 4, nel Nord-Est 1 su 4 presentano una percentuale più elevata di risposte “qualche volta a settimana” rispetto alla media nazionale. Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “qualche volta a settimana” è quindi il seguente (figura XX): “Mezzogiorno >Centro > Nord Ovest > Nord Est” mentre per “meno di una volta a settimana “ è “Nord Est > Nord Ovest > Centro > Mezzogiorno.

Page 163: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

163

1,5%

,5%

,9%

,4%

1,1%

5,1%

4,8%

4,3%

4,2%

2,5%

59,9%

57,8%

54,6%

50,5%

47,4%

29,1%

32,7%

36,1%

41,3%

45,1%

3,6%

3,3%

3,2%

2,6%

3,1%

Mezzogiorno

Centro

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Uo

vaU

ova

Uo

vaU

ova

Uo

va

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 164: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

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09. Pesce

Il pesce (che include anche crostacei e frutti di mare) presenta una frequenza di consumo modale di “qualche volta a settimana” (55,2% media nazionale; minimo in Trentino-Alto Adige 75,1%; massimo nelle Marche7,0%). In Umbria, Basilicata e Trentino-Alto Adige la frequenza modale è “meno di una volta a settimana” (56,5%; 61,3% e 66,7% rispettivamente), e dunque “qualche volta a settimana” si colloca al secondo posto.

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al giorno

2.Una volta al giorno

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

5.Mai

Totale 5 4 Moda 2 3

3.Qualche volta a settimana

4.Meno di una volta a settimana

Centro 11.Marche 75,0% 21,3%

Mezzogiorno 15.Campania 69,1% 20,4%

Centro 9.Toscana 65,4% 22,5%

Mezzogiorno 20.Sardegna 63,5% 27,1%

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 60,0% 40,0%

Mezzogiorno 19.Sicilia 59,8% 26,5%

Mezzogiorno 16.Puglia 59,8% 32,7%

Mezzogiorno 18.Calabria 57,3% 25,2%

Nord Ovest 7.Liguria 56,0% 31,0%

Pesce Totale 55,2% 33,2%

Centro 12.Lazio 55,1% 32,2%

Mezzogiorno 14.Molise 52,6% 31,6%

Nord Est 5.Veneto 51,9% 34,6%

Nord Ovest 3.Lombardia 50,3% 36,8%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 50,0% 41,9%

Nord Est 8.Emilia Romagna 49,5% 40,2%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 48,6% 34,7%

Nord Ovest 1.Piemonte 45,2% 43,3%

Centro 10.Umbria 34,8% 56,5%

Mezzogiorno 17.Basilicata 32,3% 61,3%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 27,1% 66,7%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale

Anche nel caso del pesce, la prima e la seconda modalità sono quasi perfettamente complementari rispetto alla media nazionale. Laddove il consumo più frequente rispetto alla media nazionale è “qualche volta a settimana” la voce “meno di una volta a settimana” presenta un valore ad essa inferiore e viceversa Eccezione, anche per questo alimento come nel caso delle uova per il Lazio, questa volta insieme al Molise, che risulta avere la percentuale di risposta inferiore al livello nazionale per entrambe le frequenze. Nel Lazio la modalità di frequenza indicata più rispetto alla media nazionale è “mai” (6,7% vs. 4,5%). Nel Molise, invece, sia “una volta al giorno” (5,3% vs. 4,2%) che “mai” (5,3% vs. 4,5%) superano la percentuale nazionale Nel Mezzogiorno 5 regioni su 8, nel Centro e nel Nord Ovest 2 su 4, presentano una percentuale più elevata di risposte “qualche volta a settimana” rispetto alla media nazionale. Il Nord-Est in toto presenta una percentuale della risposta a “qualche volta a settimana” sotto la percentuale nazionale. Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “qualche volta a settimana” è quindi il seguente (figura XX): “Mezzogiorno >Centro > Nord Ovest > Nord Est” mentre per “meno di una volta a settimana “ è “Nord Est > Nord Ovest > Centro > Mezzogiorno.

Page 165: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

165

Il trend geografico espresso a livello di ripartizione geografica presenta dunque un profilo esattamente uguale a quello trovato per il latte.

1,5%

,5%

1,1%

,9%

1,3%

5,0%

4,7%

4,2%

3,3%

3,4%

60,6%

59,5%

55,2%

49,6%

48,7%

27,7%

29,5%

33,2%

38,0%

40,2%

3,3%

4,3%

4,5%

5,9%

5,0%

Mezzogiorno

Centro

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Pes

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esce

Pes

ceP

esce

Pes

ce

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 166: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

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10. Verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo) [verdure]

Con le verdure torniamo a un gruppo di alimenti che presenta un consumo quotidiano. La moda tra le frequenze di consumo per il gruppo “verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)” è “una volta al giorno” (41,4%) seguita da “qualche volta a settimana (26,2%), “più di una volta al giorno” (25,2%), “meno di una volta a settimana” (5,4%), e una percentuale molto bassa di “mai” (1,5%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno

2.Una volta al

giorno

3.Qualche volta a

settimana

4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 3 Moda 2 4 5

Complessivamente, il 66,6% dei rispondenti consuma almeno una volta al giorno le verdure (minimo in Basilicata 19,4%; massimo in Valle d’Aosta 90,0%). La verdura è maggiormente consumata “una volta al giorno” (41,4% in media), e solo nel 25,2% dei casi “più di una volta al giorno”. Questa distribuzione si presenta in tutte le regioni eccezion fatta per il Friuli-Venezia Giulia in cui il 30,6% dei rispondenti ha indicato “una volta al giorno” e il 43,5% “più di una volta al giorno”.

Consumo

quotidiano

2.Una volta

al giorno

1.Più di una

volta al giorno Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 90,0% 60,0% 30,0%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 85,4% 52,1% 33,3%

Centro 11.Marche 80,0% 58,8% 21,3%

Nord Est 5.Veneto 75,3% 42,4% 32,9%

Centro 9.Toscana 74,3% 55,5% 18,8%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 74,2% 30,6% 43,5%

Nord Ovest 1.Piemonte 71,4% 42,9% 28,6%

Nord Ovest 3.Lombardia 71,2% 43,9% 27,2%

Nord Est 8.Emilia Romagna 70,1% 38,2% 31,9%

Mezzogiorno 15.Campania 67,6% 40,7% 26,9%

Verdure in foglia cotte e crude (spinaci,

insalate, cicoria, cavolo, broccolo)

Totale 66,6% 41,4% 25,2%

Centro 12.Lazio 65,7% 38,9% 26,9%

Mezzogiorno 14.Molise 63,2% 42,1% 21,1%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 62,5% 37,5% 25,0%

Centro 10.Umbria 60,9% 37,0% 23,9%

Mezzogiorno 19.Sicilia 60,2% 41,4% 18,9%

Nord Ovest 7.Liguria 58,3% 39,3% 19,0%

Mezzogiorno 20.Sardegna 56,5% 29,4% 27,1%

Mezzogiorno 16.Puglia 49,7% 34,2% 15,6%

Mezzogiorno 18.Calabria 49,5% 35,9% 13,6%

Mezzogiorno 17.Basilicata 19,4% 19,4% ,0%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

Page 167: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

167

In gran parte delle regioni del Mezzogiorno (7/8) la percentuale di consumo quotidiano è al di sotto della media nazionale, mentre per le ripartizioni geografiche Centro e Nord Est la distribuzione è metà e metà. Solo nel Nord Ovest 3 regioni su 4 presentano una percentuale superiore alla media nazionale. Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “una volta al giorno” è quindi il seguente (figura XX): “Centro > Nord Ovest > Nord Est >Mezzogiorno” mentre per “più di una volta al giorno “ è “Nord Est > Nord Ovest > Centro > Mezzogiorno.

23,3%

26,8%

25,2%

33,8%

20,4%

46,7%

43,4%

41,4%

40,4%

37,4%

23,5%

22,5%

26,2%

21,0%

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5,0%

5,3%

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6,5%

1,0%

,2%

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1,0%

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Centro

Nord Ovest

Totale

Nord Est

Mezzogiorno

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

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168

11. Pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi [ortaggi]

Il profilo medio di consumo degli ortaggi è perfettamente analogo a quello delle “Verdure in foglia cotte e crude (spinaci, insalate, cicoria, cavolo, broccolo)”, rimaniamo, dunque, nel gruppo degli alimenti con consumo

quotidiano. La moda tra le frequenze di consumo per questo gruppo è “una volta al giorno” (43,9%) seguita da “qualche volta a settimana (31,3%), “più di una volta al giorno” (20,5%), “meno di una volta a settimana” (3,3%), e una percentuale molto bassa di “mai” (0,7%). Confrontando però la graduatoria delle frequenze nel caso delle verdure si ha una maggiore variabilità dei ranghi a livello regionale rispetto al profilo nazionale, mentre il profilo di consumo degli ortaggi risulta maggiormente omogeneo (differiscono solo Puglia, Calabria e Basilicata in cui la moda è “qualche volta a settimana” e Sardegna in cui “una volta al giorno” e “qualche volta a settimana” hanno la stessa percentuale superiore a quella delle altre frequenze

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 3 Moda 2 4 5

Complessivamente, il 64,4% dei rispondenti consuma almeno una volta al giorno un ortaggio (minimo in Umbria 22,6%; massimo in Valle d’Aosta 79,0%), ma a differenza del caso delle verdure, gli ortaggi sono maggiormente consumati “più di una volta al giorno” invece che “una volta al giorno” (43,9% vs. 20,5%) e questo vale per tutte le regioni.

Consumo quotidiano

1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al giorno

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 79,0% 56,5% 22,6%

Centro 9.Toscana 76,4% 55,5% 20,9%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 73,6% 50,0% 23,6%

Centro 11.Marche 71,3% 60,0% 11,3%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 70,8% 56,3% 14,6%

Nord Ovest 1.Piemonte 70,5% 47,0% 23,5%

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 70,0% 60,0% 10,0%

Nord Est 5.Veneto 69,5% 44,9% 24,7%

Mezzogiorno 15.Campania 68,0% 48,7% 19,3%

Nord Ovest 3.Lombardia 65,6% 42,5% 23,1%

Centro 10.Umbria 65,2% 45,7% 19,6%

Nord Est 8.Emilia Romagna 65,2% 38,2% 27,0%

Pomodori (escluse conserve), melanzane, peperoni, finocchi, zucchine, carciofi, carote, zucche, cavolfiore, piselli e altri legumi freschi

Totale 64,4% 43,9% 20,5%

Mezzogiorno 14.Molise 63,2% 42,1% 21,1%

Nord Ovest 7.Liguria 63,1% 48,8% 14,3%

Centro 12.Lazio 61,1% 41,0% 20,1%

Mezzogiorno 20.Sardegna 57,6% 29,4% 28,2%

Mezzogiorno 19.Sicilia 56,2% 39,0% 17,3%

Mezzogiorno 16.Puglia 52,8% 36,7% 16,1%

Mezzogiorno 18.Calabria 47,6% 35,9% 11,7%

Mezzogiorno 17.Basilicata 22,6% 22,6% ,0%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

Page 169: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

169

Tutte le regioni del Nord Est presentano una frequenza di consumo quotidiano (considerando insieme “una

volta al giorno” e “più di una volta al giorno”) al di sopra della media nazionale, per il Nord Ovest e il Centro

questo vale per 3 regioni su 4, mentre nella grande maggioranza delle regioni del Mezzogiorno (6/8) mostra

una percentuale di consumo quotidiano inferiore alla media nazionale. Occorre tenere presente, che le

conserve di pomodoro non sono incluse in questo dato, secondo quanto richiesto nel questionario.

Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “una volta al giorno” è quindi il seguente (figura XX):

“Centro > Nord Est > Nord Ovest > Mezzogiorno” mentre per “più di una volta al giorno “ è “Nord Est > Nord

Ovest > Centro > Mezzogiorno.

19,2%

24,4%

22,1%

20,5%

17,9%

48,5%

44,7%

44,6%

43,9%

40,4%

29,3%

27,3%

28,9%

31,3%

36,5%

2,5%

3,1%

3,1%

3,3%

4,1%

,2%

,2%

1,0%

,7%

1,0%

Centro

Nord Est

Nord Ovest

Totale

Mezzogiorno

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Pom

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Pom

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

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170

12. Frutta

Il profilo medio di consumo della frutta è più decisamente pluri-quotidiano, infatti la moda tra le frequenze di consumo per questo gruppo è “più di una volta al giorno” (49,1%) seguita da “una volta al giorno” (33,4%), “qualche volta a settimana” (12,6%), “meno di una volta a settimana” (3,1%), e una percentuale bassa di “mai” (1,4%). Marche (57,5%), Basilicata (48,4%) e Calabria (43,7%) hanno nella frequenza “una volta al giorno” la moda, parimenti il Trentino-Alto Adige che presenta una frequenza uguale tra “più di una volta al giorno” e “una volta al giorno” (39,6%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale Moda 2 3 4 5

Complessivamente, l’82,5% dei rispondenti consuma almeno una volta al giorno una porzione di frutta (minimo in Molise 68,4% e massimo in Valle d’Aosta in cui la totalità dei soggetti ha risposto “più di una volta al giorno” oppure “una volta al giorno”). Nella maggior parte delle regioni la percentuale “più di una volta al giorno” è superiore alla percentuale di risposte “una volta al giorno”; fanno eccezione le Marche, dove la prima frequenza raggiunge il 35,0% e la seconda il 57,5%, la Basilicata dove si ha 41,9% vs. 48,4%, la Calabria con 33,0% vs. 43,7% e, infine, il Trentino-Alto Adige in cui sono perfettamente pari (39,6%).

Consumo quotidiano

1.Più di una volta al giorno

2.Una volta al giorno

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 100,0% 70,0% 30,0%

Centro 11.Marche 92,5% 35,0% 57,5%

Mezzogiorno 17.Basilicata 90,3% 41,9% 48,4%

Mezzogiorno 15.Campania 89,1% 58,5% 30,5%

Centro 9.Toscana 89,0% 53,4% 35,6%

Mezzogiorno 16.Puglia 86,4% 48,7% 37,7%

Centro 10.Umbria 82,6% 58,7% 23,9%

Frutta Totale 82,5% 49,1% 33,4%

Nord Ovest 1.Piemonte 82,0% 43,8% 38,2%

Centro 12.Lazio 82,0% 44,9% 37,1%

Mezzogiorno 19.Sicilia 81,5% 54,2% 27,3%

Nord Ovest 3.Lombardia 80,7% 50,5% 30,2%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 80,6% 52,8% 27,8%

Nord Est 5.Veneto 79,4% 49,4% 30,0%

Nord Est 8.Emilia Romagna 79,4% 50,0% 29,4%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 79,2% 39,6% 39,6%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 79,0% 50,0% 29,0%

Mezzogiorno 20.Sardegna 78,8% 45,9% 32,9%

Mezzogiorno 18.Calabria 76,7% 33,0% 43,7%

Nord Ovest 7.Liguria 75,0% 47,6% 27,4%

Mezzogiorno 14.Molise 68,4% 36,8% 31,6% Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

Tutte le regioni del Nord Est presentano una frequenza di consumo quotidiano (considerando insieme “una volta al giorno” e “più di una volta al giorno”) al di sotto della media nazionale, per il Nord Ovest

Page 171: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

171

questo vale per 3 regioni su 4, per il Mezzogiorno in 5 regioni su 8 e, infine, per il Centro con 1 sola regione su 4.

Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “più di una volta al giorno “ è “Mezzogiorno > Centro > Nord Est > Nord Ovest”, mentre per la modalità “una volta al giorno” è “Centro > Mezzogiorno > Nord Ovest > Nord Est”.

47,3%

50,7%

49,1%

48,6%

48,8%

38,3%

33,0%

33,4%

32,1%

30,5%

10,3%

11,8%

12,6%

13,9%

14,5%

1,7%

2,8%

3,1%

3,7%

4,1%

1,3%

1,5%

1,4%

1,4%

1,4%

Centro

Mezzogiorno

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Fru

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Fru

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 172: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

172

13. Legumi secchi o in scatola

Con i legumi secchi rientriamo nella categoria dei consumi a cadenza settimanale, infatti la moda è “qualche volta

a settimana” (45,1%) seguita da “meno di una volta a settimana” (40,2%), il 10,7% ha dichiarato di non consumarli “mai”, il 2,6% “una volta al giorno” e l’1,1% “più di una volta al giorno”.

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 5 4 Moda 2 3

In 11 regioni su 20 la percentuale “qualche volta a settimana ” è superiore alla percentuale di risposte “meno di una volta a settimana” (6/8 del Mezzogiorno, 2/4 del Centro e del Nord Est, nessuna del Nord-Ovest). Tutte le regioni in cui la percentuale della frequenza “meno di una volta a settimana” supera “qualche volta a settimana” diventano, così, la moda, si trovano nel gruppo con consumo settimanale al di sotto della percentuale nazionale.

3.Qualche volta a

settimana

4.Meno di una volta a

settimana Mezzogiorno 14.Molise 78,9% 10,5%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 75,0% 20,8%

Mezzogiorno 17.Basilicata 71,0% 29,0%

Mezzogiorno 15.Campania 68,7% 19,3%

Mezzogiorno 18.Calabria 60,2% 28,2%

Mezzogiorno 16.Puglia 53,3% 31,2%

Centro 10.Umbria 50,0% 47,8%

Centro 12.Lazio 48,8% 38,2%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 47,2% 44,4%

Legumi secchi o in scatola Totale 45,1% 40,2%

Nord Est 5.Veneto 44,0% 39,1%

Mezzogiorno 19.Sicilia 43,8% 36,5%

Nord Est 8.Emilia Romagna 41,7% 44,6%

Centro 11.Marche 40,0% 53,8%

Mezzogiorno 20.Sardegna 38,8% 47,1%

Nord Ovest 3.Lombardia 36,4% 46,7%

Centro 9.Toscana 36,1% 50,3%

Nord Ovest 1.Piemonte 31,3% 49,3%

Nord Ovest 7.Liguria 31,0% 53,6%

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 30,0% 70,0%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 25,8% 48,4%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “qualche volta a settimana “ è “Mezzogiorno > Nord Est > Centro > Nord Ovest”, mentre per la modalità “meno di una volta a settimana” si verifica esattamente l’opposto: “Nord Ovest > Centro > Nord Est > Mezzogiorno”.

Page 173: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

173

2,1%

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3,7%

2,6%

2,5%

2,5%

1,4%

55,2%

45,1%

43,8%

43,7%

34,4%

30,8%

40,2%

40,6%

44,8%

48,4%

7,9%

10,7%

12,9%

7,5%

14,9%

Mezzogiorno

Totale

Nord Est

Centro

Nord Ovest

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana5.Mai 6.MR

Page 174: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

174

14. Patate

Anche le “patate” rappresentano una categoria di consumo a cadenza settimanale, infatti la moda è “qualche volta a

settimana” (61,1%) (minimo in Friuli-Venezia Giulia 51,6% e massimo in Valle d’Aosta) seguita da “meno di una volta a settimana” (32,4%), e, ancora a seguire “una volta al giorno” (3,1%), “mai” (2,3%), e “più di una volta al giorno” (0,8%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 5 3 Moda 2 4

Tutte le 8 regioni del Mezzogiorno presentano una frequenza di consumo “qualche volta a settimana ” al di sopra della percentuale media nazionale, insieme a Valle d’Aosta e Toscana).

3.Qualche volta a

settimana Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 80,0%

Mezzogiorno 17.Basilicata 77,4%

Mezzogiorno 14.Molise 73,7%

Mezzogiorno 20.Sardegna 72,9%

Mezzogiorno 16.Puglia 69,8%

Mezzogiorno 18.Calabria 67,0%

Mezzogiorno 15.Campania 66,5%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 63,9%

Mezzogiorno 19.Sicilia 61,4%

Centro 9.Toscana 61,3%

Patate Totale 61,1%

Centro 12.Lazio 60,8%

Nord Ovest 7.Liguria 60,7%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 60,4%

Centro 10.Umbria 58,7%

Nord Ovest 1.Piemonte 58,1%

Nord Est 8.Emilia Romagna 56,9%

Nord Ovest 3.Lombardia 56,9%

Nord Est 5.Veneto 56,4%

Centro 11.Marche 56,3%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 51,6%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “qualche volta a settimana “ è dunque “Mezzogiorno > Centro > Nord Ovest> Nord Est.

Page 175: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

175

1,0%

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1,0%

,7%

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3,8%

3,1%

3,3%

2,1%

2,9%

66,8%

61,1%

60,2%

57,9%

56,4%

27,0%

32,4%

32,7%

35,5%

37,5%

1,4%

2,3%

2,7%

3,1%

2,5%

Mezzogiorno

Totale

Centro

Nord Ovest

Nord Est

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Pat

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Pat

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Pat

ate

Pat

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 176: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

176

15. Snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive)

Con gli snack entriamo nelle categorie a consumo meno che settimanale. La moda è infatti “meno di una volta a settimana” (42,9%) (minimo in Umbria 28,3% e massimo in Valle d’Aosta 60,0%) seguita da “mai” (33,5%), da “qualche volta a settimana” (18,4%), e, a seguire “una volta al giorno” (3,7%), e “più di una volta al giorno” (0,6%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 5 4 3 Moda 2

Il profilo è abbastanza omogeneo tra tutte le regioni, ma in tre casi la moda è “mai” (Piemonte 41,5%; Friuli-Venezia Giulia 53,2% e Umbria 47,8%).

4.Meno di una volta a

settimana Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 60,0%

Nord Est 5.Veneto 54,3%

Mezzogiorno 18.Calabria 48,5%

Mezzogiorno 17.Basilicata 48,4%

Centro 11.Marche 47,5%

Mezzogiorno 14.Molise 47,4%

Mezzogiorno 15.Campania 47,3%

Mezzogiorno 16.Puglia 46,2%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 43,1%

Centro 9.Toscana 42,9%

Snack salati (patatine, popcorn, salatini, olive) Totale 42,9%

Nord Est 8.Emilia Romagna 42,6%

Centro 12.Lazio 41,3%

Mezzogiorno 19.Sicilia 41,0%

Mezzogiorno 20.Sardegna 40,0%

Nord Ovest 7.Liguria 39,3%

Nord Ovest 3.Lombardia 38,8%

Nord Ovest 1.Piemonte 38,2%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 35,5%

Nord Est 4.Trentino Alto Adige 35,4%

Centro 10.Umbria 28,3%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

I valori percentuali più elevati sono in 6/8 regioni del Mezzogiorno (solo le Isole sono escluse), 2/4 regioni del Centro, 1/4 regioni del Nord Ovest e del Nord Est. Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “meno di qualche volta a settimana “ è comunque “Nord Est > Mezzogiorno > Centro > Nord Ovest”.

Page 177: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

177

,5%

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42,9%

41,7%

38,9%

33,2%

32,5%

33,5%

35,0%

33,9%

Nord Est

Mezzogiorno

Totale

Centro

Nord Ovest

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1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR

Page 178: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

178

16. Dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.)

La moda per i dolci è “meno di una volta a settimana” (44,0%) (minimo in Umbria 26,1% e massimo in Trentino-Alto Adige 66,7%), seguita da “qualche volta a settimana” (33,6%), “mai” (10,1%), “una volta al giorno” (9,2%), e “più di una volta al giorno” (2,7%).

AREA/REGIONE 1.Più di una volta al

giorno 2.Una volta al

giorno 3.Qualche volta a

settimana 4.Meno di una volta a

settimana 5.Mai

Totale 5 4 2 Moda 3

In Toscana (38,7%), Marche (48,8%), Friuli-Venezia Giulia (41,9%), Sardegna (43,5%) e Umbria (60,9%) la moda è “qualche volta a settimana” mostrando i valori rappresentati in parentesi vicino al nome della regione.

4.Meno di una volta a

settimana Nord Est 4.Trentino Alto Adige 66,7%

Mezzogiorno 17.Basilicata 58,1%

Mezzogiorno 18.Calabria 56,3%

Mezzogiorno 15.Campania 52,0%

Mezzogiorno 19.Sicilia 48,2%

Mezzogiorno 16.Puglia 44,7%

Centro 12.Lazio 44,2%

Dolci (torte farcite, merendine, gelati, ecc.) Totale 44,0%

Nord Ovest 3.Lombardia 43,3%

Nord Est 5.Veneto 43,2%

Mezzogiorno 13.Abruzzo 43,1%

Nord Est 8.Emilia Romagna 42,6%

Nord Ovest 7.Liguria 40,5%

Nord Ovest 1.Piemonte 40,1%

Nord Ovest 2.Valle d’Aosta 40,0%

Centro 9.Toscana 37,7%

Centro 11.Marche 37,5%

Mezzogiorno 14.Molise 36,8%

Nord Est 6.Friuli Venezia Giulia 33,9%

Mezzogiorno 20.Sardegna 32,9%

Centro 10.Umbria 26,1%

Nota. In arancione percentuale superiore alla media nazionale; in verde percentuale inferiore alla media nazionale; in grigio percentuale uguale alla media nazionale

I valori percentuali più elevati sono in 5/8 regioni del Mezzogiorno, 1/4 regioni del Nord Est e del Centro, mentre quattro su quattro regioni del Nord Ovest presentano un dato inferiore alla media nazionale. Il gradiente geografico per la modalità di frequenza “meno di qualche volta a settimana “ è “Mezzogiorno > Nord Est > Nord Ovest > Centro”.

Page 179: monografia conclusiva 21 ottobre 2015 - sito.entecra.itsito.entecra.it/portale/public/documenti/monografia_regalim_2015.pdf · Il piano di campionamento ha previsto, inoltre, una

179

2,6%

2,9%

2,7%

3,2%

2,0%

8,1%

9,2%

9,2%

10,9%

8,8%

30,0%

34,6%

33,6%

33,0%

39,7%

47,8%

44,0%

44,0%

42,1%

39,8%

11,0%

9,2%

10,1%

10,0%

9,3%

Mezzogiorno

Nord Est

Totale

Nord Ovest

Centro

Do

lci (

tort

efa

rcite

,m

eren

din

e,g

elat

i, ec

c.)

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Do

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tort

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rcite

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din

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i, ec

c.)

1.Più di una volta al giorno 2.Una volta al giorno 3.Qualche volta a settimana4.Meno di una volta a settimana 5.Mai 6.MR