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$ rifiuti, camorra, droga, rom... una città in perenne emergenza. che fare? come fare? lo abbiamo chiesto ad alex zanotelli, uno che di questa metropoli ha fatto la sua missione NAPOLI ANNO ZERO $ 139 ESCLUSIVO

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rifiuti, camorra, droga, rom... una città in perenne emergenza. che fare? come fare? lo abbiamo chiesto ad alex zanotelli, uno che di questa metropoli ha fatto la sua missione

NAPOLI ANNO ZERO

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ESCLUSIVO

IL mIssIONARIO Padre Alex Zanotelli è nato il 26 agosto 1938

a Livo, paese di 400 abitanti della provincia

di Trento. Missionario comboniano, ex storico direttore di Nigrizia, è

stato 12 anni a Korogocho, la baraccopoli di Nairobi. Ora è nel cuore di Napoli,

al Rione Sanità.

di Andrea Mattei / foto di Livio Senigalliesi

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LA MIA AfRICAALEx ZANOTELLI, missionario comboniano, ha lasciato la baraccopoli di nairobi «per convertire il mio popolo bianco». alle falde del vesuvio

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segue a pag. 142

LE PIRAmIdI A Giugliano, comune dell’hinterland napoletano, in località Taverna del Re, in un’area che misura 14 chillometri di lunghezza per 4 di larghezza, sono state accumulate in questi ultimi anni 6 milioni di ecoballe. Le chiamano le piramidi. È una zona inaccessibile.

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fRuttA fREscA Le ecoballe di Taverna del Re di “eco” hanno ben poco: al loro interno si possono trovare pneumatici, rifiuti tossici e monnezza di ogni tipo. Producono percolato che va a inquinare i terreni circostanti dove si produce frutta (qui sopra un campo di meloni) destinata a tutta Italia.

7,7%la percentuale di raccolta differenziata a Napoli. 10,6% in Campania. 39% a Brescia.

15.000 il numero dei netturbini in Campania. La Lombardia, con olltre 3 milioni di abitanti in più, ne conta 16.500.

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«tempo fa la asl ha fatto un’indagine da cui risulta che il numero dei malati mentali

a correggyyjgjbltrove. ci sono anche dei geni? non so rispondere»

LA cIttà dELLE EmERgENZE Scampia, con le Vele e le case popolari del Lotto B sotto il controllo della camorra, ma anche con il campo rom, e Chiaiano, a ridosso della zona degli ospedali, dove dovrebbe essere realizzata la discarica voluta dal governo. Come si vede dalla cartina, le emergenze napoletane distano pochi chilometri una dall’altra. E basta uscire di poco dal nucleo cittadino per trovare tutte le altre zone calde dell’emergenza rifiuti. Qui sopra, Antonio, della comunità Hurtado di Scampia, nella piazza Grandi Eventi, una piazza nata come luogo di aggregazione, ma così grande da rendere impossibile l’organizzazione di qualsiasi evento. A lato, le famigerate Vele, ormai quasi disabitate e in via di demolizione. Nell’altra pagina, bambini del campo rom di Scampia.

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600i rom che vivono da anni nel campo di Scampia, sotto i ponti della tangenziale.

Sul marciapiede di fronte alla chiesa, due vigili osservano indifferenti il viavai senza regole che scorre inesorabile. Motorini smarmittati con a bordo intere famiglie (padre, madre e finanche due figli, tutti religiosamente senza casco) sfrecciano per i vicoli stretti del Rione Sanità. Questo, che ha dato i natali a Totò ed è oggi la zona a più alta densità di popolazione d’Europa, è il posto in cui i più triti e scontati luoghi comuni su Napoli e sui napoletani prendono corpo. Qui, nella parrocchia di Santa Maria, che gli abitanti del quartiere chiamano però ’O Monacone, Alex Zanotelli ha trovato la sua nuova frontiera di missione. Dopo i 12 anni passati a Korogocho, la baraccopoli ai margini di Nairobi, questo settantenne padre comboniano, storico direttore di Nigrizia, ha deciso di tornare in Italia, e ha scelto proprio Napoli come avamposto «di resistenza». A ridosso del campanile c’è la sua casa: una torre (tre stanzette unite da un’angusta scala a chiocciola) abbandonata da decenni ma abitata da misteriose presenze, «un monacello, cioè un folletto benigno, e il fantasma di una donna che, raccontano, qui dentro sarebbe morta impiccata. Ma io, finora, non ho incontrato nessuno...».Zanotelli è seduto in angolo del suo “quartier generale”, un piccolo ambiente dove trovano spazio il bagno, un cucinino e un tavolo sommerso di carte, libri, giornali e comunicati stampa che lui produce a ritmo continuo, «perché il problema più grosso oggi è riuscire a informare, a far passare sui giornali le nostre battaglie. Ci dà spazio la stampa estera, ma qui in Italia non c’è verso, non passa niente, niente di niente».

Una vita sempre in prima linea, padre Alex ha scelto Napoli sei anni fa, quando le emergenze della città non erano in prima pagina, come oggi. «Ti racconto l’ultima scena a Korogocho: la sera prima di partire la gente della baraccopoli mi ha detto “Alex, dobbiamo pregare insieme”. Io ho fatto una lunga preghiera, e alla fine mi hanno fatto inginocchiare e mi hanno imposto le mani sul capo. Tutti insieme. Poi un pastore ha iniziato a pregare: “Papà, grazie di averci regalato Alex in questi anni… Ora torna nel suo spirito perché lui possa riandare alla sua tribù bianca e convertirla”. Ecco, in quel momento ho sentito l’importanza che se la mia tribù

bianca non si converte non ci sarà più speranza. A quel punto è stato facile capire che il Sud Italia era la mia meta e, anche grazie ai consigli di don Ciotti, ho scelto Napoli». Sembrano mondi lontani, eppure c’è un filo che lega tutto. Le baracche di Korogocho sono costruite a ridosso di un’immensa discarica ed è proprio la discarica la principale fonte di vita degli ultimi di Nairobi: «Lì ho imparato il significato della monnezza: lì arrivano i rifiuti dei rifiuti di Nairobi eppure su questi la gente campa. Raccoglie tutto e tutto è riusato, riciclato, riparato o rivenduto, qualsiasi cosa… migliaia di persone vivono di questo. I poveri mi hanno fatto capire che i rifiuti sono una ricchezza, non si può buttare via nulla».

Nel 1978, forte di 13 anni di esperienza come missionario in Sudan, Zanotelli diventa direttore di Nigrizia, il mensile dei comboniani, giornale che trasformerà in un organo di informazione socio-politico sulla situazione africana. Memorabili le sue campagne contro il commercio illegale di armi, le denunce degli interessi dell’Italia e dei Paesi occidentali nelle guerre africane, gli attacchi ai potenti dell’epoca, Andreotti, Spadolini, Craxi, Piccoli… «Io sono stato silurato da Nigrizia perché avevo parlato della malacooperazione e del giro di armi Somalia-Italia. Allora, però, non sapevo il perché di quel giro di armi: le

armi arrivavano lì perché la Somalia permetteva di trasportare lì i nostri rifiuti tossici e di sotterrarli (ora sono venuti fuori con lo tsunami). Lo aveva capito Ilaria Alpi: tra l’85 e il ’90 partivano aerei militari da Roma diretti in Somalia carichi di aiuti alimentari; ma si fermavano a Palermo e lì venivano scaricati i viveri e caricate le armi, destinazione Mogadiscio. Chi è che gestiva questo giro? Mafia e servizi segreti. Poi, con la caduta di Siad Barre è finito tutto e si è dovuta cercare una nuova destinazione per i rifiuti tossici». Allora il cerchio si chiude. «Basta andarsi a leggere quanto scrive Alessandro Iacuelli su Altrenotizie.org: nell’89 al ristorante La Taverna di Villaricca c’è un incontro tra rappresentanti della camorra di Pianura e Casal di Principe, un massone

«la storia della monnezza per le strade era un falso problema. la vera tragedia sono i rifiuti tossici che avvelenano la gente. ma di questo non si parla...»

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sENtItEcI gENtE Nihad “Nino” Smajovic, del campo rom di Scampia, è il presidente di Asunen Romalen (Sentiteci Gente), associazione per i diritti dei rom.

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«hanno obbligato i rom a rispondere a domande come di che etnia sei? di che religione sei? questa è una vergogna!»

rappresentante dei politici locali, e un uomo di Licio Gelli in cui si decide che la Campania diventa il nuovo sversatoio nazionale dei rifiuti tossici. Migliaia di Tir arrivano nel Triangolo della morte (Acerra, Nola, Marigliano), nelle Terre dei fuochi (a nord di Napoli) e nelle campagne del casertano. La Camorra ha capito già 20 anni fa che la munnezza è ricchezza, ha fatto soldi a non finire».È in sostanza quello che si racconta non solo in Gomorra, ma anche nel documentario sull’ecomafia in Campania Biùtiful Cauntri. Con Nicola di Legambiente ci avviciniamo a queste terre avvelenate. A Giugliano, la zona di Taverna del Re è off limits: qui stazionano da anni sei milioni di ecoballe accatastate in un’area immensa, 14 chilometri di lunghezza per quattro di larghezza. Qualcuno ha calcolato che, messe una dietro all’altra, formerebbero una fila di ecoballe lunga da Napoli al Mar Baltico, fin oltre quell’inceneritore danese (ma costruito dagli italiani!) considerato un modello nel settore dello smaltimento. Nei campi a pochi metri dalle piramidi di ecoballe si lavora a pieno ritmo: queste che erano le campagne dei Borboni ancora oggi sono una delle zone più importanti per la produzione di frutta a livello nazionale. «Quelle ecoballe di “eco” non hanno nulla!», si accalora padre Alex. «Dentro c’è di tutto, pneumatici, materiali tossici... e sono lì a produrre percolato, a inquinare i terreni, ad avvelenare i bambini. Oggi la Campania ha raggiunto gli stessi livelli di tumore del Nordest, che però ha fabbriche e lavoro. Noi, senza fabbriche e senza lavoro, per i rifiuti siamo condannati alla stessa sorte. Davanti a tutto questo

ho diritto di indignarmi. Per me è una questione etica e morale. Ci devo essere come prete, come missionario».Eppure in questi stessi giorni Berlusconi è a Napoli a dichiarare che l’emergenza è finita, rifiuti per le strade in effetti non se ne vedono più. Zanotelli cita Naomi Klein e il suo Shock Economy a supporto della sua rabbia: «Il problema della monnezza per le strade era un falso problema, utilizzato ad arte per nascondere la vera emergenza, quella dei rifiuti tossici. L’economia dei disastri di cui parla la Klein è proprio questa: sfrutti lo shock per far passare misure straordinarie e altrimenti inaccettabili. Il decreto

Berlusconi è fascista e criminale: con la forza dei militari impone 10 discariche e quattro inceneritori, un’assurdità. Se tutti e quattro gli inceneritori funzioneranno avranno una capacità di combustione superiore alla quantità di rifiuti prodotti in tutta la Campania. Quindi? Quindi dovremo importare la spazzatura da fuori, è evidente. E tutto ciò viene imposto con la forza dell’esercito, in deroga a tutto...». Nei vicoli del Rione Sanità tutti riconoscono padre Alex, si fermano, lo salutano, gli chiedono aiuto e sostegno per mille battaglie. Ma la voglia di combattere, di attivarsi, come convive con il famoso fatalismo dei napoletani? In fondo la

raccolta differenziata, per restare in tema di rifiuti, la devono fare loro... «Certo, ma ci vuole una volontà politica a monte. Non si è mai voluta la raccolta differenziata, e non la si vuole neanche oggi. Se ci fosse, non servirebbero discariche e inceneritori. E invece si punta tutto sugli inceneritori perché con quelli si fanno soldi a palate. Ma la grazia di questo disastro è che la gente ha cominciato a capire. Più che di fatalismo parlerei di individualismo, imposto da questo tipo di società che ci atomizza. La gente va aiutata a capire, va informata. In 40 anni che confesso non c’è mai stato un fedele che venisse a confessare peccati contro l’ambiente. Niente. Come se non siano cose che riguardano l’etica, la morale. In questo anche la Chiesa ha grosse responsabilità...». Non lontano da questi vicoli c’è un’altra Napoli (o forse la stessa), raccontata da Gomorra: Scampia e le sue Vele, la camorra e il traffico di droga. Zanotelli dice che «prima di arrestare i camorristi dovrebbero arrestare i politici e gli architetti che hanno costruito quell’assurdità, andrebbe distrutta e ricostruita da zero»; e in effetti l’aspetto urbanistico è una chiave di lettura che aiuta a capire quest’ennesima terra di confine. Con Antonio, 25 anni, volontario del Centro Hurtado (associazione di formazione per il lavoro e per la cultura a Scampia), ci avviciniamo alle famigerate Vele: ormai sono in gran parte disabitate, in via di demolizione, ma il traffico di droga si è spostato solo poco più in là. Le case popolari del Lotto B sono ora la più grande piazza dello spaccio d’Europa, la camorra controlla ogni movimento

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L’ImPRONtA dEI ROm Nel campo rom di Scampia è stata avviata l’operazione di “censimento” voluta dal ministro Maroni: le prime impronte digitali sono state prese qui...

tutt’intorno, lì non ci si avvicina e non si scattano foto. Ma non tutta Scampia è sotto il giogo della criminalità: qui è un pullulare di associazioni («pure troppe», lamenta Antonio), di iniziative di volontariato, di tentativi di aggregazione. Non tutti andati a buon fine, «come questa piazza Grandi Eventi, realizzata nel 2002 e pensata come luogo di incontro. Ma l’hanno fatta talmente grande che di eventi non se n’è visto neanche uno». La parrocchia di Santa Maria della Speranza è costruita all’incrocio di quattro strade. L’idea dell’architetto era quella di realizzare un’ideale continuità tra le vie convergenti e la nuova chiesa: così si spiega

la sua forma piramidale con i lati che volgono verso l’asfalto. Solo che, al tempo (era la seconda metà degli anni Ottanta), i ragazzi di Scampia interpretarono alla lettera l’idea architettonica dell’opera e scorrazzavano notte e giorno con i motorini fin sopra il tetto della chiesa. «Che oggi, per questo, appare come un fortino inespugnabile, circondata da inferriate alte e arrugginite». Altra emergenza, altra frontiera, ma sempre la stessa Napoli. Scampia, per non farsi mancare niente, convive da decenni con uno dei più grandi campi rom d’Italia. Qui, sotto i ponti della tangenziale, è stata avviata l’operazione di “censimento” voluta dal ministro Maroni: le prime impronte digitali ai rom sono state prese qui. «Io sono stato in mezzo a quella

gente», racconta padre Alex. «Lo scandalo non sono solo le impronte, ma anche le schede che hanno dovuto compilare: bisogna rispondere a domande come “di che religione sei?”, “di quale etnia?”... Beh, questo non è tollerabile, non si può tornare indietro a cose del genere! Poi loro, i rom, dicono che sono contenti, che è la prima volta che hanno un pezzo di carta in mano, ma io non lo posso accettare». Nihad Smajovic, che tutti chiamano Nino, ormai è una celebrità («Sono stato anche da Bruno Vespa») e si aggira per il campo Rom spiegandoci che «non è che siamo contenti, però abbiamo assecondato volentieri questa iniziativa del governo, sperando che serva a togliere alibi a tutti

quei politici che, grazie a noi, hanno vinto le elezioni. Certo, poi io ho letto i libri di storia, e non posso non vedere che questa schedatura somiglia molto a quello che succedeva durante il fascismo. In democrazia non esiste una cosa del genere». I bambini del campo sono riuniti in un piazzale di terra polverosa: oggi c’è teatro e tutta la comunità è impegnata nei preparativi del prossimo spettacolo. «L’unica nostra arma», spiega Nino, «è la cultura, la nostra cultura. Noi viviamo da sempre ai margini di qualche città, abbandonati da tutti. Ora, qui, con il teatro stiamo cercando di far vedere che non siamo come ci dipingono, certo facciamo anche noi i nostri errori, qualcuno sbaglia, ma abbiamo una dignità e possiamo avere un ruolo in

questa società». Il degrado del campo Rom di Scampia è però dirompente, «quando sono stato lì», ricorda Zanotelli, «sono rimasto di stucco: senza acqua, né luce... mai viste condizioni simili in Italia, una cosa di una vergogna incredibile». I cumuli di rifiuti invadono le baracche, i topi schizzano da ogni dove, mentre cani randagi frugano tra gli avanzi. Nino non si nasconde: «Sto facendo un grosso sforzo per far capire alla mia gente che dobbiamo partire anche da questo. Il degrado e i rifiuti sono anche colpa nostra, dobbiamo essere noi a dare l’esempio. Anzi, sai che ti dico? Che vogliamo dare uno schiaffo a Napoli, e fare noi, qui, nel nostro campo, la raccolta differenziata».Lasciamo padre Alex alla sua gente: in questi giorni c’è da impedire l’apertura di un mega supermercato che rappresenterebbe la condanna per le tante botteghe che hanno fatto la storia del Rione Sanità. «Avverti un senso di frustrazione, di rabbia, di impotenza incredibile. Napoli, la Campania oggi sono questo. Ci sentiamo traditi da tutti, ti chiedi se è possibile questo silenzio, me lo chiedevo anche a Nigrizia, andavo in cappella a pregare, e piangevo... Mi chiedevo: e se fossi io il matto? Ma sono così sicuro che quello che dico è giusto? Ma chi ti credi di essere? Questa è la domanda che ti assale, e così ti senti ancora più solo. Però Dio si manifesta nella forza che ti dà per continuare a lottare. E dentro la lotta percepisci il bello della vita. Anche qui: sento che sto lottando per la salute di questa gente, e capisco che ci devo stare anche se siamo quattro gatti. Sarebbero contenti se me ne andassi, il sindaco mi ignora... Ma io non mollo, perché questa è missione». ù

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LA mIA PARROcchIA Padre Alex Zanotelli sul marciapiede davanti alla parrocchia di Santa Maria alla Sanità (che gli abitanti del quartiere chiamano ’O Monacone) dove vive da sei anni.

«avverti un senso di frustrazione, di rabbia, di impotenza... napoli, la campania oggi sono questo. ci sentiamo traditi da tutti. ma io non mollo. perché questa è la mia missione»