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IT IT Unita nella diversità TESTI APPROVATI nella seduta di martedì 24 marzo 2009 P6_TA-PROV(2009)03-24 EDIZIONE PROVVISORIA PE 422.706 PARLAMENTO EUROPEO 2009 - 2010

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IT IT

Unita nella diversità

TESTI APPROVATI

nella seduta di

martedì

24 marzo 2009 P6_TA-PROV(2009)03-24 EDIZIONE PROVVISORIA PE 422.706

PARLAMENTO EUROPEO

2009 - 2010

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PE 422.706\ I

IT

INDICE

TESTI APPROVATI DAL PARLAMENTO

P6_TA-PROV(2009)0146 Accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei * (A6-0071/2009 - Relatore: Paolo Costa) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’Accordo tra la Comunità europea e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (COM(2008)0041 – C6-0041/2009 – 2008/0017(CNS))..................................................................................................... 1

P6_TA-PROV(2009)0147 Trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) ***I (A6-0130/2009 - Relatore: Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni elementi e caratteristiche dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) (COM(2008)0690 – C6-0414/2008 – 2008/0213(COD)) .................................................................................................... 2

P6_TA-PROV(2009)0148 Regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) * (A6-0129/2009 - Relatore: Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) (COM(2008)0842 – C6-0019/2009 – 2008/0235(CNS)) ............. 3

P6_TA-PROV(2009)0149 Raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea * (A6-0119/2009 - Relatore: Sirpa Pietikäinen) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di raccomandazione del Consiglio che modifica il Regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (13411/2008 – C6-0351/2008 – 2008/0807(CNS)) ...................................................................... 4

P6_TA-PROV(2009)0150 Priorità dell'Unione europea per la 64

a sessione dell'assemblea generale delle Nazioni

Unite (A6-0132/2009 - Relatore: Alexander Graf Lambsdorff) Raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio del 24 marzo 2009 sulle priorità dell'Unione europea per la 64a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (2009/2000(INI)) ................................................................................................................. 9

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II /PE 422.706

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P6_TA-PROV(2009)0151 Un anno dopo Lisbona: il partenariato EU-Africa in azione (A6-0079/2009 - Relatore: Maria Martens) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 su Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione (2008/2318(INI)) ................................................................... 17

P6_TA-PROV(2009)0152 Contratti OSM (A6-0085/2009 - Relatore: Alain Hutchinson) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui contratti relativi agli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) (2008/2128(INI))................................................................... 27

P6_TA-PROV(2009)0153 Studi artistici nell'Unione europea (A6-0093/2009 - Relatore: Maria Badia i Cutchet) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sugli studi artistici nell'Unione europea (2008/2226(INI)) ........................................................................................................... 37

P6_TA-PROV(2009)0154 Dialogo attivo con i cittadini sull'Europa (A6-0107/2009 - Relatore: Gyula Hegyi) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul dialogo attivo con i cittadini sull'Europa (2008/2224(INI))...................................................................................................... 42

P6_TA-PROV(2009)0155 Attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (A6-0081/2009 - Relatore: Thierry Cornillet) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui lavori dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (2008/2303(INI))..................................................... 51

P6_TA-PROV(2009)0156 Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli all’utilizzo dei Fondi strutturali (A6-0095/2009 - Relatore: Constanze Angela Krehl) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulle migliori prassi nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali (2008/2061(INI))......... 57

P6_TA-PROV(2009)0157 Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure per lo sviluppo

rurale (A6-0042/2009 - Relatore: Wojciech Roszkowski) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla complementarità e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale (2008/2100(INI))......................................................................................................................... 67

P6_TA-PROV(2009)0158 Prodotti cosmetici (rifusione) ***I (A6-0484/2008 - Relatore: Dagmar Roth-Behrendt) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione) (COM(2008)0049 – C6-0053/2008 – 2008/0035(COD)) ........................................................... 74

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PE 422.706\ III

IT

P6_TA-PROV(2009)0159 Immissione sul mercato dei biocidi ***I (A6-0076/2009 - Relatore: Daciana Octavia Sârbu) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l’estensione di determinati periodi di tempo (COM(2008)0618 – C6-0346/2008 – 2008/0188(COD)) .......... 119

P6_TA-PROV(2009)0160 Struttura e aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati * (A6-0121/2009 - Relatore: Zsolt László Becsey) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati (COM(2008)0459 – C6-0311/2008 – 2008/0150(CNS)).......................................................... 125

P6_TA-PROV(2009)0161 Lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'Unione europea (A6-0054/2009 - Relatore: Cristiana Muscardini) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'UE (2008/2071(INI))............................................................. 134

P6_TA-PROV(2009)0162 Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune (A6-0092/2009 - Relatore: Vasco Graça Moura) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune (2008/2225(INI)) ............................................................. 143

P6_TA-PROV(2009)0163 Libro verde sula coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della

politica di coesione (A6-0083/2009 - Relatore: Lambert van Nistelrooij) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione (2008/2174(INI))....................................................................................................................... 150

P6_TA-PROV(2009)0164 Dimensione urbana della politica di coesione (A6-0031/2009 - Relatore: Oldřich Vlasák) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (2008/2130(INI)) ........................ 160

P6_TA-PROV(2009)0165 Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007–2013 (A6-0108/2009 - Relatore: Miroslav Mikolášik) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sull'attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007–2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione (2008/2183(INI)) ..................................... 168

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IV /PE 422.706

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P6_TA-PROV(2009)0166 Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e

dell’occupazione (A6-0041/2009 - Relatore: Zsolt László Becsey) Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 recante raccomandazioni alla Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (2008/2122(INI)) .......................................................................... 176

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P6_TA-PROV(2009)0146

Accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei *

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’Accordo tra la Comunità europea

e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (COM(2008)0041 – C6-

0041/2009 – 2008/0017(CNS))

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta di decisione del Consiglio (COM(2008)0041),

– visti l'articolo 80, paragrafo 2, e l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, del trattato CE,

– visto l'articolo 300, paragrafo 3, primo comma, del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0041/2009),

– visti l'articolo 51, l'articolo 83, paragrafo 7, e l'articolo 43, paragrafo 1, del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per i trasporti e il turismo (A6-0071/2009),

1. approva la conclusione dell'accordo;

2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al governo del Nepal.

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IT

P6_TA-PROV(2009)0147

Trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) ***I

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni elementi e

caratteristiche dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

(COM(2008)0690 – C6-0414/2008 – 2008/0213(COD))

(Procedura di codecisione – codificazione)

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0690),

– visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0414/2008),

– visto l'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi1,

– visti gli articoli 80 e 51 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione giuridica (A6-0130/2009),

A. considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modifiche sostanziali,

1. approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

1 GU C 102 del 4.4.1996, pag. 2.

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P6_TA-PROV(2009)0148

Regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) *

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

regolamento del Consiglio relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie

doganali (versione codificata) (COM(2008)0842 – C6-0019/2009 – 2008/0235(CNS))

(Procedura di consultazione – codificazione)

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0842),

– visti gli articoli 26, 37 e 308 del trattato CE, a norma dei quali è stato consultato dal Consiglio (C6-0019/2009),

– visto l'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi1,

– visti gli articoli 80 e 51 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione giuridica (A6-0129/2009),

A. considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modifiche sostanziali,

1. approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

1 GU C 102 del 4.4.1996, pag. 2.

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4 /PE 422.706

IT

P6_TA-PROV(2009)0149

Raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea *

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

raccomandazione del Consiglio che modifica il Regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio

sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea

(13411/2008 – C6-0351/2008 – 2008/0807(CNS))

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

– vista la raccomandazione della Banca Centrale Europea al Consiglio (13411/2008)1,

– visto l'articolo 170, paragrafo 6 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0351/2008),

– visto l'articolo 51 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0119/2009),

1. approva la raccomandazione della Banca centrale europea quale emendata;

2. invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

3. chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente il testo sottoposto a consultazione;

4. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Banca centrale europea.

Emendamento 1

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Considerando 7 bis (nuovo)

Testo della Banca centrale europea Emendamento

(7 bis) Al fine di aumentare la trasparenza, i dati statistici che il SEBC raccoglie dalle istituzioni del settore finanziario dovrebbero essere resi disponibili al pubblico, garantendo tuttavia un elevato livello di protezione dei dati.

1 GU C 251 del 3.10.2008, pag. 1.

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IT

Emendamento 2

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Considerando 7 ter (nuovo)

Testo proposto dalla Banca Centrale

Europea

Emendamento

(7ter) È opportuno tener conto delle migliori prassi e delle pertinenti raccomandazioni internazionali in materia di sviluppo, produzione e diffusione delle statistiche europee.

Emendamento 3

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Considerando 8

Testo della Banca centrale europea Emendamento

(8) Inoltre, è importante assicurare una stretta cooperazione tra il SEBC e il Sistema statistico europeo (SSE), in particolare, per promuovere lo scambio di dati riservati tra i due sistemi a fini statistici, alla luce dell’articolo 285 del trattato e dell’articolo 5 dello statuto.

(8) Inoltre, è importante assicurare una stretta cooperazione tra il SEBC e il Sistema statistico europeo (SSE) per evitare duplicazioni nella raccolta dei dati statistici, in particolare, per promuovere lo scambio di dati riservati tra i due sistemi a fini statistici, alla luce dell’articolo 285 del trattato e dell’articolo 5 dello statuto.

Emendamento 4

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Articolo 1 – punto 2 bis (nuovo)

Regolamento (CE) n. 2533/98 Articolo 2 bis (nuovo)

Testo della Banca centrale europea Emendamento

2 bis. È inserito il seguente articolo:

"Articolo 2 bis (nuovo)

Al fine di ridurre al minimo l'onere statistico, di evitare duplicazioni e di garantire un approccio coerente nella produzione di statistiche europee, il SEBC e il SSE collaborano strettamente nel rispetto dei principi statistici di cui all'articolo 3.";

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6 /PE 422.706

IT

Emendamento 5

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Articolo 1 – punto 4 – lettera g

Regolamento (CE) n. 2533/98 Articolo 8 – paragrafi da 11 a 13

Testo della Banca centrale europea Emendamento

g) Sono aggiunti i seguenti paragrafi da 11 a 13:

soppresso

“11. Fatte salve le disposizioni nazionali sullo scambio delle informazioni statistiche riservate diverse dalle informazioni di cui al presente regolamento, la trasmissione delle informazioni statistiche riservate tra un membro del SEBC che ha raccolto l’informazione e un’autorità del SSE può aver luogo a condizione che la trasmissione sia necessaria per l’efficiente sviluppo, produzione o divulgazione o per migliorare la qualità delle statistiche europee nelle rispettive sfere di competenza del SSE e del SEBC. Qualsiasi trasmissione oltre la prima trasmissione deve essere esplicitamente autorizzata dal membro del SEBC che ha raccolto l’informazione.

12. Se sono trasmessi dati riservati tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC, tali dati saranno utilizzati esclusivamente a fini statistici e sono accessibili solo per i membri del personale impegnato in attività nel settore statistico all’interno del proprio specifico settore lavorativo.

13. Le misure di tutela di cui all’articolo 19 del Regolamento (CE) n. [XX] si applicano a tutti i dati riservati trasmessi tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC ai sensi dei paragrafi 11 e 12 e dell’articolo 20, paragrafo 1a, del Regolamento (CE) n. [XX]. La BCE pubblica un rapporto annuale sulla riservatezza relativo alle misure adottate per salvaguardare la riservatezza dei dati statistici.”;

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PE 422.706\ 7

IT

Emendamento 6

Raccomandazione per un regolamento – atto modificativo

Articolo 1 – punto 4 bis (nuovo)

Regolamento (CE) n. 2533/98 Articolo 8 bis (nuovo)

Testo della Banca centrale europea Emendamento

4 bis. È inserito il seguente articolo:

"Articolo 8 bis

Cooperazione tra il SSE e il SEBC

1. Fatte salve le disposizioni nazionali sullo scambio delle informazioni statistiche riservate diverse dalle informazioni di cui al presente regolamento, la trasmissione delle informazioni statistiche riservate tra un membro del SEBC che ha raccolto le informazioni e un’autorità del SSE può aver luogo a condizione che tale trasmissione sia necessaria per lo sviluppo, la produzione o la divulgazione efficienti o per migliorare la qualità delle statistiche europee, ivi comprese le statistiche dell'area euro, nelle rispettive sfere di competenza del SSE e del SEBC. Qualsiasi ulteriore trasmissione oltre alla prima richiede l'espressa autorizzazione del membro del SEBC che ha raccolto le informazioni.

2. Se sono trasmessi dati riservati tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC, tali dati sono utilizzati esclusivamente a fini statistici e sono accessibili solo ai membri del personale impiegato in attività statistiche nell’ambito del proprio specifico settore lavorativo.

3. Le misure di tutela e le misure di cui all’articolo 20 del Regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del ... sulle statistiche europee* si applicano a tutti i dati riservati trasmessi tra un’autorità del SSE e un membro del SEBC ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo e dell’articolo 21, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. …/2009**. La BCE pubblica una

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8 /PE 422.706

IT

relazione annuale relativa alle misure adottate per tutelare la riservatezza dei dati statistici.”.

* GU: inserire numero, data e riferimento del regolamento. ** GU: inserire numero del regolamento.

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PE 422.706\ 9

IT

P6_TA-PROV(2009)0150

Priorità dell'Unione europea per la 64a sessione dell'assemblea generale delle

Nazioni Unite

Raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio del 24 marzo 2009 sulle

priorità dell'Unione europea per la 64a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni

Unite (2009/2000(INI))

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta di raccomandazione destinata al Consiglio, presentata da Alexander Graf Lambsdorff a nome del gruppo ALDE, sulle priorità dell'Unione europea per la 64a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (B6-0034/2009),

– vista la raccomandazione del Parlamento europeo del 9 luglio 2008 destinata al Consiglio sulle priorità dell'Unione europea per la 63a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite1,

– viste le priorità dell'Unione europea per la 63a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottate dal Consiglio il 16 giugno 2008 (9978/08),

– vista la 63a Assemblea generale delle Nazioni Unite, in particolare le seguenti risoluzioni: di tale organo "Cooperazione tra le Nazioni Unite e l'Unione interparlamentare"2, "Convenzione sul divieto di impiego di armi nucleari"3, "Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari"4, "Convenzione sull'interdizione della messa a punto, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e tossiniche e sulla loro distruzione"5, "Moratoria sull'applicazione della pena capitale"6, "Tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nella lotta contro il terrorismo"7, "Situazione dei diritti dell'uomo nella Repubblica democratica popolare di Corea"8, "Situazione dei diritti dell'uomo nella Repubblica islamica dell'Iran"9, "Dichiarazione di Doha sul finanziamento dello sviluppo: documento finale della Conferenza internazionale di monitoraggio delle iniziative di finanziamento dello sviluppo per valutare l'attuazione del consenso di Monterrey"10, "Situazione dei diritti dell'uomo in Myanmar"11, "Attività per lo sviluppo"12, "Potenziamento del dipartimento degli affari politici"13, "Bilancio del programma per il biennio 2008–2009"14 e "Progetto di bilancio del programma proposto per il biennio 2010–

1 Testi approvati, P6_TA(2008)0339. 2 A/RES/63/24. 3 A/RES/63/75. 4 A/RES/63/87. 5 A/RES/63/88. 6 A/RES/63/168. 7 A/RES/63/185. 8 A/RES/63/190. 9 A/RES/63/191. 10 A/RES/63/239. 11 A/RES/63/245. 12 A/RES/63/260. 13 A/RES/63/261. 14 A/RES/63/264 A-C.

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2011"1,

– vista la sua risoluzione del 14 gennaio 2009 sullo sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, incluso il ruolo dell'Unione europea2,

– vista la sua risoluzione del 18 dicembre 2008 sulle prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali3,

– visti l'articolo 114, paragrafo 3, e l'articolo 90 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per lo sviluppo (A6-0132/2009),

A. considerando che, dopo quattro anni, sarebbe opportuno ricordare agli Stati membri delle Nazioni Unite il loro impegno volto a conseguire gli ambiziosi obiettivi del documento finale del vertice mondiale del 2005 approvato a New York il 16 settembre 2005,

B. considerando che solo un sistema multilaterale globale, efficace e inclusivo è in grado di far fronte alle numerose sfide e minacce interconnesse che nazioni, società e cittadini si trovano ad affrontare, quali quelle alla pace, alla stabilità e alla sicurezza umana, le sfide rappresentate dalla povertà, dal cambiamento climatico, dalla sicurezza energetica e dalle conseguenze della crisi economica e finanziaria a livello mondiale,

C. considerando che la 63a Assemblea generale delle Nazioni Unite ha preso importanti decisioni su diverse questioni legate al programma di riforma, compresi miglioramenti nella gestione delle risorse umane e nell'amministrazione della giustizia, un parziale rafforzamento del dipartimento per gli affari politici e l'avvio di trattative intergovernative sulla riforma del Consiglio di sicurezza,

D. considerando che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato, sulla base di una proposta presentata dalla sua terza commissione, una serie di importanti risoluzioni su un'ampia gamma di questioni relative a diritti umani, questioni sociali e questioni umanitarie, comprese tre risoluzioni per paese e il Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali,

E. considerando che, grazie all'iniziativa "Delivering as One" (Agire uniti) e al lavoro dei due copromotori, si sono ottenuti progressi concreti, in maniera pragmatica, nell'attuazione di alcune delle riforme per la coerenza dell'intero sistema delle Nazioni Unite, e considerando la necessità di consolidare i risultati conseguiti e compiere ulteriori progressi nei settori individuati dalla 63a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,

F. considerando che la mancata riforma di organi quali il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) potrebbe portare a tentativi, da parte di raggruppamenti informali quali il G8 o il G20, di sostituirsi ad accordi istituzionali globali,

G. considerando che l'Unione europea deve promuovere quelli che essa considera valori

1 A/RES/63/266. 2 Testi approvati, P6_TA(2009)0021. 3 Testi approvati, P6_TA(2008)0369.

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universali assoluti, pur impegnandosi a evitare la polarizzazione delle posizioni,

H. considerando d'altra parte che la cooperazione tra il Segretariato delle Nazioni Unite e le istituzioni comunitarie non è mai stata così stretta e rispecchia i valori, gli obiettivi e gli interessi condivisi delle due organizzazioni,

I. considerando che la capacità operativa delle Nazioni Unite nel campo delle attività per la pace e la sicurezza deve essere ulteriormente rafforzata e che la cooperazione tra l'Unione europea e le Nazioni Unite nelle operazioni di mantenimento della pace rappresenta un elemento fondamentale per la pace e la sicurezza globali,

J. considerando il crescente numero di incidenti mortali fra i membri delle forze di pace delle Nazioni Unite e la necessità di adottare tutte le misure possibili per proteggerli,

K. considerando che l'Unione europea e gli Stati Uniti sono partner strategici ed è nel loro interesse reciproco affrontare insieme le minacce e le sfide comuni del nuovo scenario globale, sulla base del diritto internazionale e nell’ambito delle istituzioni multilaterali, con particolare riferimento alle Nazioni Unite; considerando che la dichiarazione rilasciata dal nuovo rappresentante permanente degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Susan Rice, sembra indicare un rinnovato impegno a lavorare in maniera costruttiva con le Nazioni Unite,

L. considerando che l'Unione europea ha indicato, nella sua dichiarazione al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del 19 settembre 2008, che i quattro punti seguenti del documento finale della Conferenza di revisione di Durban sono inaccettabili (le cosiddette "linee rosse" dell'Unione europea): 1) il fatto di porre l'accento su una regione del mondo in particolare; 2) la riapertura della dichiarazione di Durban del 2001 inserendo un divieto contro la "diffamazione delle religioni", inteso a limitare la libertà di espressione e a imporre la censura propria delle leggi islamiche contro la blasfemia; 3) la definizione di un ordine di priorità tra le vittime e 4) la politicizzazione o la polarizzazione del dibattito,

M. considerando che, nel contesto dell'aggravarsi della recessione globale, la situazione dei paesi in via di sviluppo potrebbe regredire di decenni, come risultato del crollo dei prezzi delle materie prime, della riduzione dei flussi di investimento, dell'instabilità finanziaria e della diminuzione delle rimesse e che il valore degli attuali impegni dell'Unione europea in materia di aiuto subirà una diminuzione annua di quasi 12 miliardi USD, essendo tali impegni espressi come percentuale del PIL degli Stati membri,

1. rivolge al Consiglio le seguenti raccomandazioni:

L'Unione europea nel contesto delle Nazioni Unite

a) inserirsi nel sistema delle Nazioni Unite in qualità di mediatore imparziale fra gli interessi e i valori dei diversi gruppi presenti, in modo da promuovere una comprensione comune e una maggiore coesione in relazione ai tre pilastri strettamente interconnessi sui quali si basano le Nazioni Unite, ossia pace e sicurezza, sviluppo economico e sociale e diritti umani;

b) garantire, insieme alla Commissione, che le questioni legate al programma multilaterale siano affrontate sistematicamente nell'ambito dei dialoghi bilaterali che l'Unione europea e i suoi Stati membri intrattengono con altri paesi e gruppi regionali;

c) studiare attentamente, con la nuova amministrazione degli Stati Uniti, i modi per rafforzare la cooperazione fra le due parti, a sostegno delle loro comuni priorità nel contesto delle

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Nazioni Unite;

Pace e sicurezza

d) promuovere il dibattito avviato dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in merito all'attuazione del principio "Responsabilità di proteggere" ("Responsibility to Protect", R2P), in modo da ottenere un consenso rafforzato e un'impostazione maggiormente operativa nei confronti di questa pietra miliare della dottrina delle Nazioni Unite, resistendo allo stesso tempo a eventuali tentativi di ridurne la portata;

e) garantire che il carattere preventivo del principio R2P sia adeguatamente sottolineato nel suddetto dibattito e fare in modo che sia dedicata sufficiente attenzione al sostegno dei paesi vulnerabili e instabili affinché possano sviluppare le capacità necessarie ad accollarsi tale responsabilità, concentrandosi nello specifico sugli attori a livello regionale, che rappresentano gli interlocutori più efficaci nelle situazioni di instabilità;

f) garantire che il principio R2P sia applicato nelle situazioni di crisi in cui lo Stato interessato non è in grado di proteggere i propri cittadini da genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l'umanità;

g) incoraggiare l'Unione africana a sviluppare le proprie capacità di gestione delle crisi e invitare i responsabili dell’Unione europea e delle Nazioni Unite a sostenere tale impegno e a intensificare la cooperazione con l’Unione africana riguardo all’instaurazione della pace e della sicurezza nel continente africano;

h) sollecitare gli Stati membri dell'Unione europea a intraprendere tutti gli sforzi necessari affinché si giunga alla conclusione dei negoziati sulla convenzione globale contro il terrorismo internazionale;

Diritti umani

i) sostenere chiaramente in tutte le risoluzioni discusse e adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite i principi del diritto umanitario internazionale e condannare in maniera inequivocabile qualsiasi violazione degli stessi, in particolare per quanto concerne la sicurezza degli operatori delle Nazioni Unite e di altri operatori umanitari;

j) rivolgersi ad altri gruppi regionali per promuovere una maggiore consapevolezza e conoscenza dei principi contemplati dalla Dichiarazione sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, sostenuta dall'Unione europea e approvata dai 66 Stati membri delle Nazioni Unite;

k) fare appello al Segretario generale delle Nazioni Unite affinché informi la 65a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in merito all'osservanza da parte degli Stati membri del divieto della pena di morte per i minori e includa nella sua relazione informazioni sul numero di minori autori di reati attualmente condannati a morte e il numero di esecuzioni nel corso degli ultimi cinque anni;

l) nell'ottica della revisione del 2011 del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, avviare un dibattito sottolineando la complementarità tra la terza commissione, organismo intergovernativo dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a partecipazione universale, e il Consiglio dei diritti umani, la cui composizione è limitata e il cui mandato è

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maggiormente operativo;

m) invitare gli Stati membri a riconsiderare la propria partecipazione alla Conferenza di revisione di Durban a Ginevra nell'aprile 2009 qualora la violazione di tutte e quattro le "linee rosse" di cui nella bozza di documento finale del 20 febbraio 2009 fosse confermata nei negoziati successivi che condurranno alla Conferenza;

n) promuovere e sostenere gli sforzi volti a garantire che il regime sanzionatorio delle Nazioni Unite in materia di terrorismo sia soggetto a procedure trasparenti e giuste, in particolare mediante l'introduzione di una procedura di notifica efficace e di un sistema autonomo di controllo giurisdizionale, in ottemperanza con la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee;

o) esortare il Consiglio di sicurezza e la sua commissione antiterrorismo a cooperare con gli organismi competenti per i diritti umani delle Nazioni Unite al fine di monitorare costantemente l'osservanza degli obblighi ai sensi della legislazione internazionale in materia di diritti umani, rifugiati e diritto umanitario;

p) insistere affinché tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite ratifichino lo statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI), a cominciare dai membri del Consiglio di sicurezza e, in vista della conferenza di revisione della CPI che si terrà quest’anno, sostenere attivamente gli sforzi per raggiungere un accordo sulla definizione ancora pendente di crimine di aggressione e sulle condizioni in base alle quali la Corte può esercitare la propria giurisdizione, come previsto all’articolo 5, paragrafo 2, dello statuto di Roma;

Riforma delle Nazioni Unite

q) promuovere il processo in corso volto a ottenere coerenza tra i progressi ottenuti a livello nazionale nell'attuazione della riforma "Delivering as One" e le diverse pratiche commerciali attuate a livello centrale da agenzie e programmi delle Nazioni Unite, che fino ad ora hanno ostacolato una maggiore cooperazione e un miglior coordinamento sul terreno;

r) sviluppare il coordinamento a livello di Unione europea, compreso il coordinamento dei donatori, nelle relazioni con agenzie, fondi e programmi delle Nazioni Unite a livello centrale e nazionale, anche partecipando ai fondi multilaterali guidati dalle Nazioni Unite, e ampliare il dialogo, già ben consolidato, con il Segretariato delle Nazioni Unite, in modo da coinvolgere anche agenzie e programmi dell'ONU;

Ambiente

s) promuovere un dibattito sulla prossima Conferenza delle parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP15) a Copenaghen nel dicembre 2009 per creare una base consensuale e favorire l'adozione di un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici per il periodo post-2012; in tale contesto, far convergere le posizioni a sostegno di un pacchetto tecnologico e finanziario per facilitare l'approvazione di un nuovo accordo vincolante da parte dei paesi in via di sviluppo;

t) appoggiare l'adozione da parte della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite di una struttura più coerente per la gestione ambientale globale che, come sostenuto dal Consiglio governativo/Forum globale dei ministri dell'Ambiente del Programma ambientale delle Nazioni Unite, rappresenti un sistema di gestione in grado di far fronte alle enormi

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sfide future;

Governance globale

u) assumere un ruolo guida nell'attuale dibattito sulla governance globale, compresa la governance economica e finanziaria, nell'ottica di rafforzare i mandati e migliorare le pratiche delFondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, risollevando allo stesso tempo le attività dell'ECOSOC;

v) sfruttare i prossimi negoziati intergovernativi sulla riforma del Consiglio di sicurezza, basati sul regolamento dell'Assemblea generale della Nazioni Unite, come un'opportunità per concentrarsi su punti di convergenza e ottenere progressi tangibili in merito al chiarimento delle competenze del Consiglio di sicurezza rispetto agli altri organismi delle Nazioni Unite, all'aggiunta di nuovi membri permanenti e non permanenti (eventualmente su base temporanea) in modo da migliorare la rappresentatività e la legittimità del Consiglio di sicurezza, e alla revisione dei metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza;

w) sottolineare che un seggio dell'Unione europea al Consiglio di sicurezza rimane l'obiettivo a lungo termine dell'Unione europea;

Non proliferazione e disarmo

x) promuovere le condizioni necessarie per il successo della Conferenza di revisione delle parti trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT) del 2010, in particolare avallando e promuovendo la proposta di convenzione modello sulle armi nucleari; raggiungere un consenso in merito alla proposta di trattato per l'esclusione dei materiali fissili ("Fissile Material Cutoff Treaty"); impegnarsi per l'adozione, da parte della Conferenza sul disarmo, di un programma di lavoro concreto per rendere operativo tale organismo; impegnarsi a livello multilaterale e bilaterale con gli Stati membri delle Nazioni Unite per rilanciare la ratifica del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e infine incoraggiare ulteriori sforzi per avviare i negoziati riguardo a un trattato sulle armi;

Riforma della gestione

y) sfruttare appieno il proprio effetto leva finanziario all'interno delle Nazioni Unite per garantire che il bilancio per il periodo 2010-2011 soddisfi in maniera migliore le urgenti esigenze operative di questa organizzazione e garantire al Segretario generale dell'ONU maggior discrezione nello stanziamento di risorse umane, in linea con tali esigenze e alla luce della decisione operativa presa dagli organismi competenti delle Nazioni Unite, in particolare il Consiglio di sicurezza e l'Assemblea generale;

z) nel contesto delle discussioni relative a una revisione dei criteri di valutazione per la ripartizione delle spese delle Nazioni Unite, stabilire un chiaro legame tra una miglior rappresentazione nel contesto dei diversi organi delle Nazioni Unite e una condivisione più equa degli oneri finanziari;

aa) sviluppare una politica del personale comunitario maggiormente coordinata nel contesto delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di incrementare la trasparenza e l'efficienza delle procedure di assunzione e garantire che le condizioni di assunzione continuino comunque a rappresentare un'attrattiva per i cittadini dell'Unione europea;

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Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM)

ab) svolgere un ruolo di guida globale agendo da catalizzatore delle azioni internazionali volte ad ottenere risultati in merito alle promesse degli OSM in vista delle crescenti prove a testimonianza del fatto che il mondo non sta tenendo fede alle promesse fatte in relazione agli OSM;

ac) sostenere l'iniziativa "MDG gap task force" finalizzata al monitoraggio degli impegni assunti a livello internazionale in materia di aiuti, commercio, riduzione del debito e accesso ai medicinali di prima necessità e alla tecnologia;

ad) sollecitare la rapida organizzazione della conferenza ad alto livello delle Nazioni Unite sulla crisi finanziaria ed economica mondiale e il suo impatto sullo sviluppo, concordata in occasione della conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo del 2008;

ae) aprire un dibattito sull'iniziativa di appello all'azione da parte delle imprese ("Business call to action") e sugli impegni per il finanziamento e il sostegno degli sforzi tesi al conseguimento degli OSM, ivi incluse le eventuali modalità per affiancare a detta iniziativa un aumento della responsabilità da parte del settore imprenditoriale;

af) sostenere, congiuntamente a tutte le iniziative descritte, l'adesione ai principi sanciti dalla dichiarazione di Parigi sull'efficienza degli aiuti e al programma d'azione di Accra ("Accra Agenda for Action") al fine di migliorare la qualità e la distribuzione degli aiuti;

ag) sfruttare l'opportunità offerta dalla 64a Assemblea generale delle Nazioni Unite per riferire sui progressi conseguiti verso il rispetto dei parametri di riferimento stabiliti nel calendario di azione dell'Unione europea in materia di OSM;

ah) invitare la Commissione a riferire in merito ai progressi ottenuti nell'attuazione dei contratti OSM e a incoraggiare altri donatori ad aumentare la quota di aiuti erogati in modo prevedibile e a lungo termine attraverso l'opzione del sostegno di bilancio;

Raccomandazioni finali

ai) esortare gli Stati membri dell'Unione europea a dare seguito agli impegni presi per un multilateralismo più efficace, garantendo la ratifica rapida e sistematica di tutte le convenzioni e i trattati delle Nazioni Unite,

aj) promuovere la decisione presa dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua summenzionata risoluzione sulla "Cooperazione tra le Nazioni Unite e l'Unione interparlamentare" di prevedere un punto separato all'ordine del giorno provvisorio della 65a Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicato alla cooperazione tra l'Organizzazione delle Nazioni Unite, i parlamenti nazionali e l'Unione interparlamentare, a condizione che il titolo del punto all'ordine del giorno includa anche un riferimento alle "assemblee parlamentari regionali", e promuovere un dibattito su come i parlamentari, i parlamenti nazionali e le assemblee parlamentari nazionali possano svolgere un ruolo più attivo in seno alle Nazioni Unite;

o

o o

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2. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente raccomandazione al Consiglio e, per conoscenza, alla Commissione.

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Un anno dopo Lisbona: il partenariato EU-Africa in azione

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 su Un anno dopo Lisbona: il

partenariato Africa-UE in azione (2008/2318(INI))

Il Parlamento europeo,

– vista la strategia congiunta Africa-UE (“strategia congiunta”) e il primo piano d’azione (2008-2010) per l’attuazione del partenariato strategico Africa-UE adottati dall’Unione europea e dai Capi di Stato e di governo africani a Lisbona l’8 e il 9 dicembre 2007,

– vista la comunicazione della Commissione intitolata “Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione” (COM(2008)0617),

– viste le conclusioni del Consiglio Affari generali e relazioni esterne del 10 novembre 2008 su “Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione”,

– vista la relazione congiunta sui progressi compiuti nell’attuazione della strategia comune Africa-UE e del primo piano d’azione (2008-2010) adottata dalla troika ministeriale Africa-UE ad Addis Abeba, Etiopia, il 21 novembre 2008,

– vista la nota del 17 dicembre 2008 inviata dalla commissione ad hoc del Parlamento panafricano per le relazioni con il Parlamento europeo e dalla delegazione ad hoc del Parlamento europeo per le relazioni con il Parlamento panafricano alle presidenze in carica dell’Unione africana (UA) e dell'Unione europea, alla Commissione europea e alla Commissione dell'Unione africana sul ruolo del Parlamento panafricano e del Parlamento europeo nell’attuazione e nel monitoraggio della strategia congiunta,

– vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sulla situazione attuale delle relazioni Africa-UE1,

– vista la sua risoluzione del 17 novembre 2005 su una strategia di sviluppo per l’Africa2,

– visto l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 20003 e modificato a Lussemburgo il 25 giugno 20054 ("Accordo di Cotonou"),

– visto il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo5,

– visti gli articoli dal 177 al 181 del trattato CE,

– visto l’articolo 45 del suo regolamento,

1 GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 633. 2 GU C 280 E del 18.11.2006, pag. 475. 3 GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3. 4 GU L 209 dell'11.8.2005, pag. 27. 5 GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41.

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– visti la relazione della commissione per lo sviluppo e il parere della commissione per il commercio internazionale (A6-0079/2009),

A. considerando che l’obiettivo dell’eliminazione della povertà deve rimanere assolutamente al centro della strategia congiunta,

B. considerando che metà della popolazione africana vive ancora in povertà e che l’Africa è l’unico continente che non sta compiendo progressi verso gli obiettivi di sviluppo del millennio, segnatamente per quanto concerne la riduzione della povertà, la mortalità infantile, la salute materna e la lotta contro l’HIV/AIDS e la malaria,

C. considerando che la strategia congiunta mira ad andare “oltre lo sviluppo”, “oltre l’Africa” e “oltre le istituzioni” per coprire una gamma più ampia di questioni africane e globali rispetto al passato, quali l’energia, il cambiamento climatico e la sicurezza, e per coinvolgere uno spettro di attori istituzionali più ampio,

D. considerando che, nel corso dell’ultimo anno, è stata definita buona parte dell’architettura istituzionale nonché metodi di lavoro innovativi della strategia congiunta UE-Africa, ma che i progressi reali registrati in tale ambito sono pochi,

E. considerando che, nonostante il riconoscimento esplicito nella strategia congiunta del ruolo fondamentale del Parlamento panafricano e del Parlamento europeo per la revisione del progressi compiuti e per l’orientamento politico del partenariato, questi devono ancora essere coinvolti in modo significativo e strutturale nell'istituzione, adattamento e monitoraggio della strategia congiunta,

F. considerando che la partecipazione della società civile e delle autorità locali, in particolare di quelle africane, all’attuazione della strategia congiunta è stata minima,

G. considerando che i finanziamenti per l'attuazione della strategia congiunta sono stati molto limitati e che in effetti le risorse necessarie per il finanziamento erano già del tutto programmate prima dell’approvazione della strategia congiunta,

H. considerando che l’inclusione del Fondo europeo di sviluppo nel bilancio comunitario, richiesta più volte dal Parlamento, garantirebbe una maggiore coerenza politica nonché un controllo parlamentare delle spese legate allo sviluppo,

I. considerando che la quota di commercio globale dell’Africa sta diminuendo e che l’Africa viene esclusa dalle opportunità offerte dalla globalizzazione,

J. considerando che la fuga illecita di capitali fa perdere ogni anno alle economie africane miliardi di euro e che la "fuga dei cervelli" priva il continente di buona parte della capacità intellettuale essenziale per il suo sviluppo futuro,

K. considerando che la produzione alimentare e la sicurezza alimentare in Africa non costituiscono più delle priorità politiche e che gli investimenti in tali settori sono drasticamente diminuiti nell’ultimo decennio, con conseguenze potenzialmente disastrose, come evidenziato dalla recente crisi dei prezzi alimentari,

L. considerando che l’Africa è sottorappresentata nelle organizzazioni internazionali e nei forum multilaterali che decidono su molte delle questioni da cui dipende il futuro del continente,

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M. considerando che la relazione durevole UE-Africa assume un significato nuovo con l’emergere di donatori non tradizionali i cui programmi e le cui priorità per l’Africa presentano nuovi rischi e sfide,

N. considerando che è essenziale individuare le sinergie ed evitare la sovrapposizione tra le istituzioni della strategia congiunta e quelle delle relazioni esistenti, come l’accordo di Cotonou, la strategia euromediterranea e il partenariato strategico Sudafrica-UE,

O. considerando che la revisione dell’accordo di Cotonou del 2009 cercherà di chiarire la relazione futura degli ACP con l’UA,

P. considerando che è scarso il livello di consapevolezza degli obiettivi e delle azioni della strategia congiunta e considerando che, soprattutto in Africa, la consapevolezza pubblica del partenariato strategico Africa-UE e l’adesione allo stesso sono collegati direttamente alla capacità della strategia congiunta di conseguire risultati tangibili e immediati per migliorare gli standard di vita della popolazione africana,

Q. considerando che il partenariato dovrebbe tenere in considerazione il fatto che, sebbene un "partenariato su base paritaria" significhi che l’UE e l’UA sono uguali in termini di partecipazione alle discussioni e all’impostazione politica, la dura realtà è che entrambi i continenti e le loro istituzioni sono ancora ben lontani dall’essere uguali in termini di sviluppo istituzionale, di capacità decisionale e di risorse,

Istituzione di un’architettura Africa-UE

1. accoglie positivamente il fatto che, a un anno di distanza dall’approvazione della strategia congiunta, le principali componenti dell'architettura istituzionale per la sua attuazione siano in vigore e abbiano iniziato a funzionare, avvalendosi di un piano d’azione che prevede dei risultati e delle tempistiche, e che ci siano stati dei progressi verso l'attuazione della strategia congiunta e dei suoi partenariati tematici; deplora però che, alla fine del primo anno di attuazione, alcuni partenariati stiano ancora definendo i metodi di lavoro e non abbiano ancora stabilito risultati, tempistiche e dotazioni di bilancio;

2. accoglie con favore il fatto che, durante il primo anno dopo la firma della strategia congiunta UE-Africa, l’Unione europea e l’UA si siano incontrate più spesso di quanto fosse successo in passato ;

3. invita le Commissioni UE e UAe gli Stati membri dell’Unione europea e dell’UA a completare in modo prioritario l’architettura istituzionale sviluppando le componenti parlamentari, della società civile e delle autorità locali che devono guidare e sostenere il processo garantendone la trasparenza, l'appropriazione e la legittimità democratica;

4. accoglie con favore la creazione di gruppi nell'Unione europea incaricati dell'attuazione che vedono la partecipazione degli Stati membri interessati non solo perché il finanziamento della strategia congiunta dipende in larga parte dai contributi degli Stati membri, ma anche perché il coinvolgimento diretto degli Stati membri contribuirà ad accrescere la consapevolezza, la continuità e la sostenibilità delle azioni previste dal piano di azione;

5. esorta le istituzioni della strategia congiunta a concentrarsi pienamente sui risultati necessari, considerato che il primo piano d’azione dura meno di tre anni (2008-2010);

Ruolo dei parlamenti

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6. ribadisce la richiesta alla Commissione europea e alla Commissione dell’Unione africana di intraprendere le misure necessarie per coinvolgere il Parlamento europeo e il Parlamento panafricano nell’attuazione, nel monitoraggio e nella fornitura di orientamenti politici per la strategia congiunta, in linea con il loro status di componenti fondamentali della sua architettura istituzionale;

7. sottolinea il ruolo svolto dagli organismi interparlamentari del Parlamento europeo e dei parlamenti africani, fra cui l’assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e l’assemblea parlamentare Euromed nel promuovere la pace e la sicurezza, il buon governo e la democrazia, nonché nel fungere da piattaforme efficaci in termini di cooperazione e di gestione di questioni di interesse comune;

8. prende atto del fatto che l’undicesimo incontro della troika ministeriale Africa-UE ha approvato la prima relazione annuale sui progressi compiuti nell’attuazione della strategia congiunta e nel suo primo piano di azione, al quale l’Unione europea ha collaborato con la summenzionata comunicazione della Commissione;

9. si rammarica tuttavia che tale relazione sia stata elaborata senza alcuna consultazione o contributo ufficiale da parte del Parlamento europeo e del Parlamento panafricano;

10. propone che i presidenti del parlamento panafricano e del Parlamento europeo partecipino sistematicamente e intervengano ai vertici UE-Africa per presentare le conclusioni di tali parlamenti relativamente all’attuazione del piano d’azione, avanzando altresì proposte in merito agli orientamenti futuri della strategia congiunta;

11. chiede che immediatamente prima della Troika ministeriale di primavera i membri di quest'ultima svolgano uno scambio di opinioni con i rappresentanti degli organi competenti del parlamento panafricano e del Parlamento europeo, nel corso del quale i due parlamenti possano presentare i loro suggerimenti e raccomandazioni sull'ultima relazione annuale congiunta sui progressi compiuti; propone che la discussione sui suggerimenti e le raccomandazioni dei parlamenti sia iscritta all'ordine del giorno della suddetta riunione della Troika ministeriale; si aspetta che la successiva relazione annua congiunta - adottata nel corso della successiva Troika ministeriale d'autunno - indichi come sia stato tenuto conto di questi suggerimenti e raccomandazioni; chiede che i rappresentanti parlamentari incontrino anch'essi i ministri della Troika a margine della riunione autunnale della Troika;

12. ritiene che i parlamenti panafricano ed europeo dovrebbero partecipare a un livello adeguato sia ai gruppi di esperti congiunti sia alla task force UA-UE;

13. accoglie positivamente il fatto che la Commissione europea abbia stabilito nel 9° FES un programma di sostegno di 55 milioni EUR per rafforzare le capacità delle istituzioni dell'Unione africa; afferma ancora una volta che parte di tale bilancio deve essere impiegato per il rafforzamento della capacità amministrativa e operativa del Parlamento panafricano ed esorta le Commissioni a elaborare i piani d’azione per l’utilizzo di queste linee di bilancio in stretta consultazione con il Parlamento panafricano e in cooperazione con il Parlamento europeo;

14. raccomanda che la parte del bilancio destinata al Parlamento panafricano sia direttamente da questo amministrata, una volta che il Parlamento panafricano si sia dotato della necessaria capacità amministrativa e abbia adempiuto agli obblighi prescritti dal

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regolamento finanziario CE (in particolare il suo articolo 56)1 che consente alla Commissione di fare eseguire il bilancio da una gestione centralizzata e indiretta;

15. invita la Commissione europea e la Commissione dell’UA a semplificare le procedure per garantire che il dialogo con i parlamenti sia diretto ed effettivo e non gravato da ritardi inaccettabili, prendendo in debita considerazione le loro specificità procedurali;

16. esorta ancora una volta a iscrivere nel bilancio il Fondo europeo di sviluppo e chiede al tempo stesso alla Commissione di informare il Parlamento europeo e il Parlamento panafricano in merito a tutte le fasi del processo di bilancio;

Società civile e attori non statali

17. ritiene che per far sì che la strategia congiunta costituisca un partenariato al servizio dell’individuo con un’ampia base e gamma di attività, essa dovrà coinvolgere efficacemente la società civile e le autorità locali e facilitare la loro partecipazione efficace al lavoro degli organismi incaricati dell’attuazione;

18. dato che dal piano d’azione emerge che tutti i partenariati UE-Africa sono aperti a una vasta gamma di azioni, deplora che si dia tanto rilievo alle azioni statali; sottolinea l'esigenza di potenziare e chiarire maggiormente il contributo e l’impegno nel processo dei parlamenti e degli attori non statali, quali le organizzazioni della società civile, le autorità locali e gli altri attori non statali;

19. accoglie positivamente il Consiglio economico, sociale e culturale africano (ECOSOCC) come strumento per costruire un partenariato tra i governi africani e la società civile; è tuttavia preoccupato del basso livello di partecipazione della società civile africana nell’attuazione della strategia congiunta e invita a realizzare sforzi immediati, in particolare da parte africana, per istituire, in stretta cooperazione con le parti interessate, delle procedure per l'identificazione, la mappatura e l'effettiva partecipazione degli attori non statali africani rappresentativi;

20. esorta la Commissione europea a sviluppare adeguati strumenti per lo sviluppo delle capacità delle organizzazioni africane della società civile finalizzati, nello specifico, a potenziare la loro capacità di contribuire all’attuazione della Strategia comune;

Partenariato

21. rileva che la strategia congiunta deve inoltre affrontare questioni che, sebbene appartengano formalmente a una diversa architettura istituzionale, hanno una profonda influenza sul futuro dell’Africa e determinano la relazione tra i due continenti, come gli accordi di partenariato economico e le relazioni tra i raggruppamenti regionali degli accordi di partenariato economico e altri raggruppamenti regionali presenti in Africa (comprese le comunità economiche regionali), la seconda revisione dell’accordo di Cotonou, la strategia euromediterranea, il partenariato strategico UE-Sudafrica, il rapporto dell’Africa con i nuovi attori globali quali la Cina e il Brasile;

22. ritiene che lo sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile possa realizzarsi soltanto nei paesi che offrono garanzie di pace, democrazia e diritti umani;

1 Regolamento del Consiglio (CE, Euratom) n. 1605/2002 del 25 luglio 2002 che stabilisce il

regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1).

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23. esorta la Commissione europea, il Consiglio e la parte Africa a garantire che vi sia coerenza tra questa strategia e le altre politiche che possono avere un impatto negativo sulla promozione di un nuovo partenariato strategico UE-Africa, in particolare le politiche commerciali, ambientali, migratorie e agricole; sottolinea che il dialogo politico tra l’Unione europea e l’Africa dovrebbe riguardare tali questioni;

24. evidenzia che, per combattere in modo efficace la povertà, lotta che rimane al centro della strategia congiunta, il partenariato strategico UE-Africa deve aiutare a stimolare uno sviluppo economico e sociale sostenibile, attrarre gli investimenti esteri, promuovere un commercio internazionale equo e contribuire a creare le condizioni alle quali i paesi africani possano gradualmente adeguarsi per trovare un loro posto nell’economia globale;

Pace e sicurezza

25. si compiace dei progressi compiuti nell'ambito del partenariato per la pace e la sicurezza; prende atto del dialogo UA-UE sulle situazioni di crisi in Africa e oltre; sottolinea che tale dialogo deve affrontare tutte le questioni relative alla pace e alla sicurezza dalla prevenzione e risoluzione dei conflitti alla ricostruzione successiva ai conflitti e le attività di pacificazione, compreso un dialogo approfondito sull’attuazione del principio della “responsabilità di proteggere”;

26. invita a dare la corretta priorità all’attuazione dell’architettura di pace e di sicurezza africana; evidenzia ancora una volta che il Fondo europeo di sviluppo (FES) non è una fonte di finanziamento adeguata per la futura reintegrazione del Fondo per la pace in Africa; ritiene che la spesa del FES debba rispettare i criteri fissati dal Comitato di assistenza allo sviluppo dell’OCSE (OCSE/CAS) per l’aiuto pubblico allo sviluppo; ribadisce l’invito a cercare una soluzione definitiva per il finanziamento del Fondo per la pace in Africa;

27. accoglie con favore il fatto che a settembre 2008 il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon abbia istituito un gruppo UA-ONU di personalità illustri per individuare le modalità di sostegno della comunità internazionale alle operazioni di mantenimento della pace dell’UA con mandato ONU;

Governance e diritti dell’uomo

28. rileva che il concetto di governance va oltre la semplice lotta alla corruzione e deve dimostrare quanto bene funzioni una società, tramite il mantenimento della legge e dell’ordine, il rispetto e la promozione attiva dei diritti dell’uomo, la lotta contro la corruzione, la creazione di ricchezza, la distribuzione trasparente ed equa della ricchezza, e i servizi sociali e sanitari essenziali; sottolinea che gli attori esterni non devono valutare la governance esclusivamente sulla base di criteri imposti dall’esterno, ma piuttosto sulla base di valori e standard reciprocamente concordati e condivisi;

29. mette in luce l’importanza di una democrazia sostenibile che includa il buon governo e le elezioni democratiche al fine di promuovere lo sviluppo delle capacità parlamentari, il coinvolgimento della società civile e delle autorità locali nel dialogo politico;

30. sottolinea che la governance deve essere migliorata su entrambi i fronti: non costituisce una priorità soltanto in Africa ma anche in Europa, che deve migliorare la governance e la responsabilità in termini di impegno a fornire assistenza e migliore coordinamento dei donatori al fine di prendere maggiormente in considerazione i cosiddetti "Stati orfani" di

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aiuti; sottolinea che i parlamenti nazionali e continentali, gli attori non statali e le autorità locali svolgono un ruolo chiave in tale ambito;

31. esorta a sostenere maggiormente le iniziative africane esistenti, quali il meccanismo africano di valutazione inter pares (APRM), che ad oggi costituisce l’impegno più serio da parte dei paesi africani per migliorare la governance nel continente, e i vari strumenti messi in atto dall’UA, che incrementeranno l’appropriazione africana del processo;

32. manifesta seria preoccupazione per il fatto che "i profili di governance" sviluppati dalla Commissione per ogni paese ACP, alla base della programmazione dell’aiuto allo sviluppo in relazione ai fondi aggiuntivi pari a 2.700 milioni EUR previsti dal 10 FES, siano stati preparati senza alcun elemento partecipativo; sottolinea che l’ammissibilità ai fondi aggiuntivi dei paesi beneficiari è stata valutata secondo una serie di criteri di cui uno soltanto direttamente legato agli obiettivi di sviluppo del millennio; manifesta sgomento per il fatto che i "profili" della Commissione europea rischiano di minare il processo APRM; esorta la Commissione europea a consultare e informare il Parlamento europeo e il Consiglio circa il seguito dato e l’attuazione di questi fondi onde accertarsi che vengano stanziati a favore delle iniziative di governance al fine di sostenere l’agenda UA per la governance e il processo APRM;

33. invita al dialogo nell’ambito del partenariato di governance e dei diritti umani per affrontare il problema dell’impunità delle violazioni dei diritti dell’uomo, esaminando le migliori pratiche in base alla legge nazionale e internazionale, compreso il lavoro dei tribunali penali internazionali istituiti in Sierra Leone e in Ruanda;

Commercio, sviluppo economico e integrazione regionale

34. considera che, per quanto concerne il partenariato per il commercio e per l’integrazione regionale, nelle giuste condizioni, l’aumento delle attività commerciali sia uno stimolo essenziale alla crescita economica, a condizione che le politiche commerciali siano coerenti con gli obiettivi di sviluppo; accoglie pertanto con favore l’obiettivo del partenariato di sostenere l’integrazione regionale africana e di potenziare le capacità commerciali del continente;

35. auspica in una rapida conclusione del round per lo sviluppo di Doha dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ma insiste sul fatto che esso debba rimanere essenzialmente un "ciclo per lo sviluppo" inteso a promuovere l’integrazione delle nazioni africane nell’economia globale, a ridurre efficacemente le sovvenzioni agricole che alterano i mercati e ad abolire le sovvenzioni alle esportazioni agricole;

36. ritiene che l’Unione europea dovrebbe aiutare gli Stati africani a garantire l’autosufficienza della loro agricoltura e a promuovere i servizi essenziali e le industrie nazionali vulnerabili;

37. afferma che gli accordi di partenariato economico siglati con gli Stati africani devono essere i primi e più importanti strumenti per uno sviluppo che rispetti le diverse capacità e livelli di sviluppo e abilità di ciascun beneficiario;

38. sottolinea il fatto che gli accordi di partenariato economico devono promuovere e non minare l’integrazione regionale africana; sostiene gli sforzi dell’UA per rafforzare le comunità economiche regionali che rappresentano gli elementi costitutivi fondamentali dell’integrazione regionale del continente;

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39. chiede fermamente che la Commissione europea e gli Stati membri onorino i propri impegni per la fornitura entro il 2010 di almeno 2.000 milioni EUR all’anno in concreti aiuti al commercio, la maggior parte dei quali devono essere destinati all’Africa; invita a fissare e a fornire tempestivamente la quota delle risorse destinate agli aiuti agli scambi; sottolinea che questi fondi dovrebbero rappresentare risorse aggiuntive e non un mero "intervento cosmetico" sul fondo FES;

40. invita il partenariato a trattare la più ampia agenda di aiuti al commercio, compreso lo sviluppo delle infrastrutture, la promozione dello sviluppo industriale e una migliore regolamentazione che preveda regole di origine più semplici e di facile impiego;

41. invita il partenariato ad affrontare inoltre gli aspetti economici che, sebbene non siano necessariamente correlati al commercio, hanno conseguenze importanti per le economie africane, quali la necessità di intraprendere azioni per arrestare l’illecita fuga di capitali e per promuovere la regolamentazione internazionale dei paradisi fiscali;

42. auspica che la Strategia comune riconosca e sostenga il ruolo dei migranti e delle varie diaspore a favore dello sviluppo dei propri paesi di origine, promuovendo i loro investimenti in questi paesi e riducendo il costo dei trasferimenti;

Questioni chiave per lo sviluppo

43. afferma che, per quanto concerne il partenariato sugli obiettivi di sviluppo del millennio, anche con aiuti più abbondanti e migliori sarà difficile raggiungere tali obiettivi, e invita pertanto gli Stati membri dell'Unione europea a mantenere gli impegni recentemente confermati alla conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo, nonché al forum di alto livello sull’efficacia degli aiuti di Accra, in particolare per quanto concerne il volume di tali aiuti, la coerenza politica, l’appropriazione, la trasparenza e la divisione del lavoro tra donatori;

44. rileva che la sanità di base e l’educazione primaria e secondaria sono catalizzatori cruciali per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio; di conseguenza incoraggia i paesi africani a fare in modo che tali settori siano una delle priorità principali nelle loro strategie di riduzione della povertà; invita il partenariato a promuovere tale sviluppo, alla luce dell’impegno della Commissione europea a spendere almeno il 20% del bilancio comunitario per gli aiuti in tali settori; esorta la Commissione a estendere l’impegno al Fondo europeo di sviluppo; ribadisce che tutti gli sforzi in tal senso dovrebbero includere le persone con disabilità; accoglie con favore, a tale proposito, i risultati della prima riunione del gruppo congiunto di esperti ed esorta le parti interessate a garantire che si realizzino progressi nell’anno a venire;

45. esorta la Commissione a intraprendere azioni urgenti finalizzate a realizzare gli impegni presi in ambito sanitario per quanto concerne le conclusioni e le raccomandazioni contenute nella relazione della Corte dei conti europea, datata gennaio 2009, sul tema "L’aiuto allo sviluppo fornito dalla CE ai servizi sanitari nell’Africa subsahariana"; sottolinea che, nel corso della 10a revisione intermedia del FES, è importante incrementare gli aiuti forniti dalla Commissione europea al settore sanitario nell’Africa subsahariana al fine di mantenere fede all’impegno degli obiettivi di sviluppo del millennio in ambito sanitario;

46. esorta gli Stati membri dell’UE e dell’UAnione europea ad attribuire maggiore importanza alla sicurezza e alla sovranità alimentare africana e a promuovere azioni intese a

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incrementare la produttività e la competitività dell’agricoltura, in particolare la produzione alimentare per i mercati locali e la promozione di "corridoi verdi"attorno alle città;

47. esorta gli Stati membri a inserire nei dibattiti, nell’ambito e al di là della Strategia comune, la questione dell’equa distribuzione della ricchezza derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali; insiste sul fatto che gli introiti nazionali derivanti dalle risorse naturali dovrebbero essere prioritariamente stanziati in maniera più equa al fine di soddisfare le esigenze di base della popolazione, segnatamente nel settore sanitario, dell’istruzione, della conservazione delle risorse naturali e dell'ambiente, contribuendo in tal modo a perseguire gli obiettivi di sviluppo del millennio (MDG);

48. manifesta preoccupazione per il fatto che il recente periodo di crescita record dell’Africa subirà un’inversione di tendenza a causa del rallentamento economico globale e sottolinea che il continente potrebbe regredire di decenni in conseguenza del crollo dei prezzi delle materie prime, della riduzione dei flussi di investimenti, dell’instabilità finanziaria e del calo delle rimesse;

Altri aspetti della strategia

49. ricorda che, per quanto concerne il cambiamento climatico, i paesi sviluppati ne sono i principali responsabili, ma l’impatto negativo di tale cambiamento ricade invece principalmente sui paesi in via di sviluppo; afferma pertanto che sono necessari nuovi finanziamenti per far sì che gli Stati africani non siano costretti a pagare un prezzo sproporzionato per adattarsi a tali effetti o per ridurli; sostiene inoltre la dichiarazione congiunta UE-Africa sul cambiamento climatico presentata nel dicembre 2008 a Poznan in occasione della Conferenza dei firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico;

50. richiede che, nel contesto del partenariato per la migrazione e l’occupazione, venga individuata una soluzione giusta e funzionale al problema della “fuga dei cervelli” che priva molte nazioni africane di un gran numero di lavoratori qualificati, in particolare nel settore sanitario;

51. auspica che il nuovo sistema della "carta blu" europea eviti che la manodopera qualificata dei paesi in via di sviluppo si esaurisca in settori in cui questi paesi presentano carenza di manodopera, in particolare i settori sanitario e dell’istruzione;

52. esorta la Commissione europea a utilizzare il partenariato UE-Africa per fornire sostegno ai paesi africani affinché applichino la flessibilità prevista dalla dichiarazione di Doha sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) e sulla sanità pubblica al fine di promuovere l’accesso ai farmaci essenziali a costi abbordabili in Africa;

53. esorta entrambe le parti, per quanto concerne il partenariato per la scienza e la tecnologia, ad adoperarsi al fine di colmare il divario digitale intensificando la cooperazione nell’ambito dello sviluppo e del trasferimento tecnologico, segnatamente in materia di telefonia e di Internet;

54. auspica che la strategia congiunta sia caratterizzata da misure specifiche finalizzate a migliorare le opportunità per le donne, i bambini e le persone disabili in Africa, in quanto nei paesi in via di sviluppo questi gruppi fanno fronte a difficoltà estremamente serie;

55. sottolinea che, per permettere alla strategia congiunta di andare “oltre l'Africa”, con una maggiore cooperazione UE-Africa nell’ambito degli enti internazionali e nei negoziati

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multilaterali su questioni quali il commercio, i diritti umani e i cambiamenti climatici, l’Unione europea e l’Africa devono lavorare per rendere più democratiche e rappresentative le istituzioni internazionali come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’OMC, garantendo in questo modo che l’Africa possa esercitare un’influenza proporzionata alle sue dimensioni e al suo status;

56. esorta nuovamente le istituzioni europee a creare uno strumento finanziario specifico per l’attuazione della strategia congiunta, centralizzando tutte le fonti di finanziamento esistenti in modo chiaro, prevedibile e programmabile; si chiede fino a che punto la strategia congiunta riuscirà a perseguire le proprie nobili ambizioni o a fornire un effettivo valore aggiunto senza ricorrere a nuovi finanziamenti o addirittura alla riprogrammazione dei finanziamenti esistenti;

57. esorta i governi europei e africani a informare in modo più efficace e sistematico i propri cittadini circa le azioni e i risultati della strategia congiunta nonché a promuovere una maggiore copertura mediatica;

Uno sguardo al futuro

58. auspica che vi sia un coinvolgimento significativo del Parlamento europeo e del Parlamento panafricano nonché delle organizzazioni della società civile e delle autorità locali , sulla base dell’esperienza del vertice UE-Africa tenutosi a Lisbona l’8 e il 9 dicembre 2007, nel periodo di avvicinamento al terzo vertice Africa-UE nel 2010 e che partecipino attivamente al vertice stesso;

59. esorta le commissioni e le presidenze dell’Unione europea e dell’UA ad accogliere le proposte di cui sopra finalizzate a rafforzare la partecipazione parlamentare all’attuazione e al monitoraggio della strategia congiunta;

60. mira a generare, all’interno del Parlamento europeo, il coordinamento e la sinergia necessaria tra tutti gli enti per sostenere l’attuazione e il monitoraggio della strategia congiunta; ribadisce, a tale proposito, la sua intenzione di trasformare la delegazione ad hoc per le relazioni con il Parlamento panafricano in una delegazione interparlamentare a pieno titolo;

o

o o

61. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e parlamenti degli Stati membri, al Comitato economico e sociale europeo, al Consiglio economico, sociale e culturale africano, alla Commissione UA, al Consiglio esecutivo UA, al Parlamento panafricano, al Consiglio dei ministri ACP e all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.

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Contratti OSM

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui contratti relativi agli Obiettivi

di sviluppo del Millennio (OSM) (2008/2128(INI))

Il Parlamento europeo,

− vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, del 18 settembre 2000, con la quale la comunità internazionale si è impegnata a raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) per dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015, dichiarazione che è stata riaffermata in occasione di varie conferenze delle Nazioni Unite, in particolare alla Conferenza di Monterrey sul finanziamento dello sviluppo,

− visti gli impegni assunti dagli Stati membri in occasione del Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002,

− vista la sua risoluzione del 20 giugno 2007 "A metà percorso verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio"1,

− vista la dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea dal titolo "Il consenso europeo"2, firmata il 20 dicembre 2005,

− visto il "pacchetto OSM" della Commissione, del 2005,

− vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio – finanziamento dello sviluppo ed efficacia degli aiuti" (COM(2005)0133),

− vista la relazione annuale della Commissione dal titolo "Onorare le promesse dell'Europa per quanto riguarda il finanziamento dello sviluppo" (COM(2007)0164),

− vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Gli aiuti dell'UE: dare di più, meglio e più rapidamente" (COM(2006)0087),

− vista la sua risoluzione del 23 settembre 2008 sul seguito dato alla Conferenza di Monterrey del 2002 sul finanziamento dello sviluppo3,

− visti i risultati e il documento finale sul seguito dato alla conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo per riesaminare la realizzazione del consenso di Monterrey (Doha, Qatar, 29 novembre - 2 dicembre 2008)4,

1 GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 232. 2 GU C 46 del 24.02.2006, pag. 1. 3 Testi approvati, P6_TA(2008)0420. 4 A/Conf.212/L.1/Rev1 del 9 dicembre 2008.

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− vista la sua risoluzione del 22 maggio 2008 sul seguito dato alla Dichiarazione di Parigi del 2005 sull'efficacia degli aiuti1,

− visto il documento della Commissione del 19 giugno 2007 dal titolo "Il contratto OSM, un approccio per un aiuto finanziario a più lungo termine e più prevedibile",

− visto il nuovo partenariato strategico Africa-UE,

− vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sulla situazione delle relazioni UE-Africa2,

− vista la dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti, del 2 marzo 2005, e le conclusioni del forum di alto livello di Accra, tenutosi dal 2 al 4 settembre 2008, sul seguito dato a tale dichiarazione,

− vista la sua risoluzione del 6 aprile 2006 sull'efficacia degli aiuti e sulla corruzione nei paesi in via di sviluppo3,

− vista la sua risoluzione del 4 settembre 2008 sulla mortalità materna in vista dell'evento di alto livello sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio del 25 settembre 20084,

− visto il documento della Commissione dal titolo "The Aid Delivery Methods. Guidelines of the Programming, Design & Management of General Budget Support"5,

− viste le disposizioni dell'accordo di Cotonou del 23 giugno 2000, in particolare l'articolo 58 successivo alla revisione del 2005, che enumera le istituzioni ammesse al finanziamento,

− viste le indicazioni di buone prassi dell'OCSE in materia di aiuti finanziari, in "Armonizzare l'aiuto per rafforzarne l'efficacia"6,

− vista la relazione speciale della Corte dei conti n. 2/2005 sugli aiuti al bilancio a titolo del FES a favore dei paesi ACP: la gestione del piano "riforma delle finanze pubbliche" da parte della Commissione, corredata delle risposte della Commissione7,

− vista la relazione speciale della Corte dei conti n. 10/2008 sull'aiuto allo sviluppo fornito dalla CE ai servizi sanitari nell'Africa subsahariana, accompagnata dalle risposte della Commissione,

− vista la relazione "Valutazione generale dell'aiuto finanziario - relazione di sintesi", IDD and Associates, maggio 20068,

− vista la sua risoluzione del 13 febbraio 2006 sui nuovi meccanismi di finanziamento dello

1 Testi approvati, P6_TA(2008)0237. 2 GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 633. 3 Testi approvati, P6_TA(2006)0141. 4 Testi approvati, P6_TA(2008)0406. 5 Pubblicato in inglese nel gennaio 2007 dalla Commissione, AIDCO - DEV - RELEX. 6 DAC Reference Document, volume 2, 2006. 7 GU C 249 del 7.10.2005, pag. 1. 8 IDD and Associates, maggio 2006.

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sviluppo nel quadro degli Obiettivi di sviluppo del Millennio1,

– vista la firma della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, firmata dalla Comunità europea e dagli Stati membri,

− visto l'articolo 45 del suo regolamento,

− visti la relazione della commissione per lo sviluppo (A6-0085/2009),

A. considerando che nell'aderire alla dichiarazione del Millennio per lo sviluppo del 2000, l'Unione europea si è impegnata, insieme all'intera comunità internazionale, a dimezzare la povertà estrema nel mondo entro il 2015, concentrando i propri sforzi sugli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio,

B. considerando che secondo stime recenti sono ancora circa 1,4 miliardi le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà (ossia 1,25 dollari USA al giorno), oltre un quarto cioè della popolazione dei paesi in via di sviluppo,

C. considerando i nuovi impegni presi nel 2007 dalla Commissione e dagli Stati membri dell'Unione europea per contribuire significativamente a colmare il ritardo accumulato nel perseguire gli Obiettivi,

D. considerando che la mancanza di accesso alle cure mediche e ai servizi di base provoca la morte di milioni di persone e perpetua il circolo vizioso della povertà, mentre l'accesso a tali cure e all'istruzione di base costituisce un diritto umano di cui i governi devono garantire il rispetto e la realizzazione,

E. considerando la possibilità per i contratti OSM di porsi come uno degli strumenti idonei ad affrontare le sfide poste nei paesi in via di sviluppo dalla crisi alimentare mondiale, in particolare nel settore agricolo,

F. considerando che, nonostante i numerosi sforzi compiuti finora, la maggior parte dei paesi in via di sviluppo non dispone delle risorse necessarie per raccogliere le sfide cui si trova di fronte in materia di sanità e di istruzione e che è quindi indispensabile ottenere un aiuto esterno,

G. considerando che il Parlamento europeo è chiamato a concedere il discarico relativo al Fondo europeo di sviluppo (FES),

H. considerando l'intenzione della Commissione di aumentare in modo significativo l'utilizzo dell'aiuto finanziamento nel corso del decimo FES per migliorare l'efficacia degli aiuti e realizzare gli obiettivi che si è posta,

I. considerando che gli insegnanti e gli operatori del settore sanitario nei paesi in via di sviluppo lavorano attualmente in condizioni deplorevoli, che per raggiungere gli OSM sono necessari circa due milioni d'insegnanti e oltre quattro milioni di operatori del settore sanitario e che adeguati livelli di aiuti finanziari nell’ambito di un contratto OSM consentirebbero la loro assunzione e la loro formazione,

1 GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 396.

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J. considerando che la frequente carenza di personale del settore sanitario e di insegnanti è resa più grave dalla fuga di cervelli predisposta dai paesi ricchi,

K. considerando l'intenzione dell'Unione europea di continuare ad aumentare le proprie spese in materia di aiuti finanziari, in particolare attraverso l'incremento significativo dell'aiuto settoriale per la sanità e l'istruzione, soprattutto nei paesi africani,

L. considerando che i contratti OSM vogliono ottenere risultati concreti nell'ambito degli OSM in materia di sanità e di istruzione di base, ma che altri settori prioritari potrebbero diventare, anch'essi, oggetto di un contratto OSM,

M. considerando che secondo la posizione ufficiale del Parlamento sull'aiuto allo sviluppo, espressa nella sua risoluzione del 13 febbraio 2006 sul nuovo meccanismo di finanziamento per lo sviluppo nell'ambito degli obiettivi del Millennio1, occorre che "(...) l'aumento della quantità proceda di pari passo con un aumento della qualità, vale a dire che l'efficacia degli aiuti deve essere migliorata attraverso la regola delle 3 C, coordinamento, complementarità e coerenza, nonché riducendo i costi di transazione degli aiuti, migliorando i meccanismi di aiuto più prevedibili e sostenibili, aumentando la rapidità di consegna degli aiuti, svincolando ulteriormente questi ultimi, ricercando soluzioni per oneri debitori insostenibili, promuovendo la buona governance e lottando nei modi opportuni contro la corruzione, nonché aumentando la capacità di assorbimento dei beneficiari degli aiuti",

N. considerando che un flusso di aiuti prevedibile e a lungo termine può contribuire direttamente ed efficacemente alla realizzazione concreta delle strategie di eliminazione della povertà, definite negli OSM,

O. considerando che a dispetto degli impegni presi a Monterrey (2002), a Gleneagles (2005), a Parigi (2005) e ad Accra (2008) per migliorare la quantità e la qualità dell'aiuto allo sviluppo, diversi Stati membri dell'Unione europea continuano a non concedere tutto l'aiuto che si erano impegnati a prestare, e che quando viene erogato una parte di esso risulta inadeguata,

P. considerando che nel 30% dei casi sembrano verificarsi dei ritardi nell'erogazione degli aiuti finanziari forniti dalla Commissione per via dell'eccessiva pesantezza delle procedure amministrative,

Q. considerando che la mancanza di prevedibilità degli aiuti finanziari scaturisce in particolare dal carattere annuale della maggior parte delle condizioni cui è soggetta la loro concessione, e che questa mancanza di prevedibilità costringe talvolta i paesi beneficiari ad impiegare gli aiuti prima ancora che questi siano effettivamente concessi e senza la certezza che un giorno lo saranno,

R. considerando che la mancanza di prevedibilità dell’aiuto europeo allo sviluppo riguarda anche i paesi beneficiari caratterizzati da un sufficiente grado di certezza giuridica e da un quadro normativo stabile,

S. considerando che la Commissione è il principale donatore multilaterale di aiuti allo sviluppo, che essa è uno dei primi donatori ad aver fornito aiuti finanziari e fa sempre più

1 GU C 290 E del 29.11.2006, pag. 396, paragrafo 6.

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ricorso a questa forma di sostegno, che negli ultimi anni ha rappresentato un quinto degli aiuti da essa forniti,

T. considerando che, se gli aiuti finanziari costituiscono già uno degli strumenti che consentono di migliorare il sostegno dell'Unione europea, essi risulterebbero ancora più efficaci se fossero più prevedibili e concessi per un periodo più lungo,

U. considerando che l'aiuto finanziario attualmente erogato dalla Commissione è programmato per un periodo di tre anni, che si riduce a un anno con talune agenzie,

V. considerando che la proposta di contratto OSM non ha implicazioni di bilancio e che il contratto OSM non è un nuovo strumento, ma una modalità di realizzazione degli strumenti esistenti,

W. considerando che nell'attuale situazione, lo status del documento della Commissione sui contratti OSM non è chiaro,

X. considerando che la Commissione ritiene oggi che sia giunto il momento di dare forma concreta alla nozione di contratto legato a risultati tangibili nell'ambito degli OSM, in luogo della verifica annuale delle tradizionali condizionalità di ogni donatore,

Y. considerando che la durata del contratto comporta un impegno finanziario che assicuri una maggiore prevedibilità da parte del paese donatore in cambio di un impegno più marcato da parte del paese beneficiario in materia di risultati concreti da raggiungere,

Z. considerando che la Commissione ha previsto di concludere una prima serie di contratti OSM per un periodo di 6 anni, vale a dire fino alla fine del decimo FES,

AA. considerando che la proposta della Commissione di concludere contratti per una durata di 6 anni va ben oltre l'attuale tendenza degli altri finanziatori a livello mondiale,

AB considerando che la Commissione ha esortato gli Stati membri a cofinanziare i contratti OSM per mezzo di contributi aggiuntivi al FES su base volontaria,

AC. considerando che i contratti OSM, che rientrano nello strumento di aiuto finanziario generale elaborato sulla base dei criteri stabiliti nell'accordo di Cotonou, non richiedono alcuna modifica delle decisioni concernenti i programmi in corso e le differenti modalità di attuazione dell’aiuto finanziario generale; che i contratti OSM non implicano l'istituzione di un nuovo strumento finanziario e continuano pertanto a basarsi sulle disposizioni in tema di aiuti finanziari contenute nell'accordo di Cotonou e, allo stesso modo, i contratti OSM rimangono compatibili con le linee guida interne recentemente definite in tema di aiuti finanziari generale,

AD. considerando che i criteri di ammissibilità per il contratto OSM includono il rispetto dell'articolo 9 dell'accordo di Cotonou sui diritti dell'uomo, i principi democratici e lo stato di diritto,

AE. considerando che un aiuto finanziario efficace dovrebbe consentire ai suoi beneficiari di finanziare le proprie strategie e programmi molto concreti di miglioramenti dell'accesso a servizi pubblici efficienti nei settori della sanità e dell'istruzione,

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AF. considerando che la Commissione non ha mantenuto gli impegni di coinvolgere, in modo sistematico, i parlamentari e i rappresentanti delle organizzazioni della società civile nei suoi dialoghi con i governi dei paesi in via di sviluppo e che, inoltre, viene oggi ampiamente riconosciuto che, per essere efficace, lo sviluppo dovrebbe essere completamente nelle mani dei governi, ma anche dei parlamenti e delle organizzazioni della società civile dei paesi in via di sviluppo,

AG. considerando che la Commissione ha previsto che i paesi ammissibili sono quelli che avranno ottenuto risultati soddisfacenti a livello macroeconomico e di gestione di bilancio nell'attuazione degli aiuti finanziari e che la Commissione si distingue in ciò dagli altri fornitori di aiuti finanziari, come l’FMI o la Banca Mondiale, che subordinano il rispettivo aiuto a numerose condizioni in contrasto con il principio di appropriazione da parte del paese beneficiario,

AH. considerando che molti dei paesi che hanno un bisogno urgente di aiuti più consistenti e efficaci per accelerare i progressi lungo il cammino verso gli OSM non soddisfano i criteri attualmente definiti dalla Commissione per la conclusione di un contratto OSM,

AI. considerando che, nella loro forma attuale, i contratti OSM si rivolgono unicamente ai paesi ACP,

AJ. considerando che gli aiuti finanziari erogati dalla Commissione soffrono di una grave mancanza di trasparenza e di "appropriazione" da parte dei paesi poveri e che solo rare volte gli accordi di finanziamento sono resi pubblici,

AK. considerando che il principio fondamentale dell'aiuto allo sviluppo è fornire aiuti a coloro che ne hanno più bisogno e là dove possono essere utilizzati nel modo più efficiente,

AL. considerando a titolo d'esempio che nel Burkina Faso nessuno era al corrente dei negoziati in corso per un contratto OSM tra il Burkina Faso e la Commissione, e che attualmente non è disponibile alcuna informazione al riguardo sul sito della delegazione della Commissione nel Burkina Faso,

AM. considerando che nell'ambito del consenso europeo per lo sviluppo, l'Unione si è impegnata ad adottare un approccio basato sui risultati e sull'utilizzo di indicatori di prestazioni,

AN. considerando la necessità per la Commissione di continuare a subordinare il suo aiuto finanziario ai risultati registrati da parte dei paesi beneficiari in materia di parità di genere e di promozione dei diritti delle donne,

AO. considerando che in materia di aiuti finanziari sono già stati conclusi accordi tra la Commissione e il Burkina Faso (2005-2008), l’Etiopia (2003-2006), il Ghana (2007-2009), il Kenya (2004-2006), il Madagascar (2005-2007), il Malawi (2006-2008), il Mali (2003-2007), il Mozambico (2006-2008), la Tanzania (2006-2008), l’Uganda (2005-2007) e lo Zambia (2007-2008),

AP. considerando che nel mondo vi sono circa 650 milioni di persone disabili, l'80% delle quali vivono in paesi in via di sviluppo e che tra queste una persona su cinque vive sotto la soglia della povertà estrema; considerando altresì che queste persone costituiscono uno dei

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gruppi più importanti di poveri e di esclusi e che sono vittime di molteplici discriminazioni e raramente hanno accesso alle cure di base e all'istruzione,

AQ. considerando che nel quadro degli obblighi generali e in particolare dell'articolo 32 della summenzionata convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, i firmatari di tale convenzione sono obbligati a tener conto della disabilità nelle loro attività di cooperazione allo sviluppo,

AR. considerando che gli OSM non saranno raggiunti entro il 2015 se non si terrà debitamente conto dell'inclusione e della partecipazione delle persone con disabilità,

AS. considerando che la relazione sull'attuazione del partenariato Africa-UE del 22 novembre 2008, in particolare il paragrafo 37, sottolinea la mancanza flagrante di azioni intraprese a favore delle persone con disabilità negli sforzi per il raggiungimento degli OSM,

Obiettivi del Millennio - cooperazione allo sviluppo

1. ribadisce che l'aiuto allo sviluppo dovrebbe essere basato sui bisogni e sui risultati conseguiti e che la politica di aiuto allo sviluppo dovrebbe essere concepita in cooperazione con i paesi beneficiari;

2. ribadisce che, per raggiungere gli OSM, i paesi donatori devono rispettare tutti i loro impegni e migliorare la qualità dell'aiuto che forniscono;

3. insiste sulla necessità di sviluppare nuovi meccanismi per un aiuto più prevedibile e meno volatile;

4. rammenta l'obiettivo della dichiarazione di Abuja, che fissa al 15% del bilancio nazionale la spesa del settore sanitario e l'obiettivo della campagna mondiale per l'istruzione, che prevede il 20% del bilancio nazionale per il settore dell'istruzione;

Settori prioritari

5. chiede alla Commissione di continuare a legare il suo aiuto nei settori della sanità e dell'istruzione, in particolare della sanità di base e dell'istruzione primaria ai risultati registrati in tali settori, e di precisare, inoltre, l'importanza che sarà attribuita alle prestazioni registrate in tali settori rispetto a un insieme più completo di indicatori e come intenda valutare i progressi realizzati i tali settori;

Efficacia dell'aiuto - Stabilità e prevedibilità

6. chiede alla Commissione di migliorare la prevedibilità dell'aiuto finanziario grazie all'esecuzione di contratti OSM e all'estensione dei principi che derivano da tali contratti a un maggior numero di paesi, oltre che all'aiuto finanziario settoriale;

7. rammenta alla Commissione la necessità di ridurre significativamente i ritardi inutili provocati dal peso eccessivo delle sue procedure amministrative;

8. chiede ai governi dei paesi in via di sviluppo di aumentare la loro spesa per la sanità fino al 15% del bilancio nazionale in conformità alla Dichiarazione di Abuja, e la loro spesa per l'istruzione fino al 20% del bilancio nazionale come richiesto dalla campagna mondale per l'istruzione;

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Aiuto al bilancio

9. chiede alla Commissione di assicurare livelli elevati di spesa sotto forma di aiuto finanziario, perseguendo nel contempo l'obiettivo di aumentare in modo significativo l'aiuto finanziario nel settore sociale dei paesi ACP e di incrementare l'aiuto finanziario settoriale nelle altre regioni;

Contratti OSM

10. osserva con interesse che la proposta di contratti OSM della Commissione assicura un livello minimo garantito di aiuti (70% dell'impegno totale) ai paesi ammessi;

11. esprime, tuttavia, la sua delusione circa il fatto che il documento relativo ai contratti OSM non specifica alcun calendario per la realizzazione di tali contratti, che sono stati concepiti principalmente per coprire il periodo di sei anni del decimo FES e chiede quindi alla Commissione di fornire un calendario preciso;

12. osserva che il contratto OSM ha come obiettivo principale di contribuire al miglioramento dell'efficacia dell'aiuto e all'accelerazione dei progressi compiuti verso la realizzazione degli OSM per i paesi che ne hanno più bisogno;

13. chiede alla Commissione di adottare una comunicazione che formalizzi l'iniziativa del contratto OSM e di estendere tale iniziativa ai paesi non ACP che soddisfano i criteri di ammissibilità;

Parlamenti e società civile - Appropriazione - Trasparenza

14. invita la Commissione e i paesi beneficiari a vigilare sul coinvolgimento dei loro parlamenti e della società civile, comprese le organizzazioni di persone disabili, in tutte le fasi del dialogo sull'aiuto finanziario, anche ai fini dell'elaborazione, della realizzazione e della valutazione del programma stabilito nei contratti OSM;

15. sottolinea che invece di imporre condizioni unilaterali ai beneficiari, i donatori dovrebbero promuovere il buon governo, la democrazia e la stabilità nei paesi beneficiari servendosi di criteri trasparenti stabiliti in cooperazione con questi paesi;

16. ritiene che, nell'interesse della trasparenza, le condizioni per l'esborso della quota variabile dell’aiuto dovrebbero basarsi sui risultati, nella misura in cui ciò incoraggi i donatori e i beneficiari ad analizzare l'impatto reale del denaro speso e aumenti la trasparenza nell'utilizzo dei fondi pubblici;

17. invita la Commissione a vigilare periodicamente sui risultati dei suoi programmi e a condividere tali risultati con il Parlamento;

18. raccomanda che la Commissione lavori al rafforzamento del dialogo tra i donatori e i beneficiari, in particolare per determinare i bisogni reali e i settori in cui l'aiuto sia necessario;

19. chiede che l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE svolga un ruolo più attivo nella definizione delle priorità, nella negoziazione dei contratti OSM e in tutti gli altri stadi del processo;

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Criteri di selezione - Creatività e flessibilità

20. chiede alla Commissione di condizionare il suo aiuto finanziario ai risultati raggiunti nell'ambito del buon governo e della trasparenza, ma anche in materia di difesa e rispetto dei diritti umani, in particolare quelli dei più poveri e degli emarginati come le persone disabili, le minoranze, le donne e i bambini, e di vigilare affinché l'aiuto finanziario non sia speso in settori diversi da quelli definiti nel contratto OSM;

21. ribadisce che i programmi indicativi nazionali dovrebbero essere definiti con la collaborazione dei parlamenti dei paesi interessati, dell'Assemblea parlamentare paritetica e della società civile;

22. osserva che la proposta relativa ai contratti OSM non fa menzione di quali paesi faranno oggetto della prima tornata di contratti OSM e osserva che, nella loro forma attuale, i contratti OSM riguardano unicamente i paesi ACP;

23. deplora che la politica dell'Unione europea in tema di aiuto finanziario a favore dei paesi in via di sviluppo sia sempre più soggetta alle condizioni imposte dal FMI, alle quali viene subordinato l'ottenimento degli aiuti per lo sviluppo dell'Unione europea; ritiene, inoltre, che tale condizionalità sia in contraddizione con la politica dei paesi beneficiari per quanto riguarda il principio di appropriazione;

24. pone l'accento sul bisogno di sviluppare altri approcci in tema di aiuto finanziario per i paesi che non soddisfano i requisiti di ammissibilità ai contratti OSM, in particolare per i paesi colpiti da situazioni di fragilità; sottolinea, inoltre, che è evidente che i paesi che si trovano in condizioni di maggiore fragilità non hanno la capacità di soddisfare gli attuali criteri di ammissibilità;

25. raccomanda che i contratti OSM siano messi a disposizione anche dei paesi che rientrano nell'ambito di applicazione dello strumento di finanziamento della cooperazione per lo sviluppo;

26. chiede alla Commissione di spiegare chiaramente in che modo ha previsto che i contratti OSM proposti si integrino ad altre modalità di distribuzione degli aiuti;

27. mette in guardia contro il pericolo di ricorrere indiscriminatamente e in modo eccessivo a contratti OSM, che verrebbero visti come l'unica modalità realmente efficace di distribuzione degli aiuti ed esorta pertanto la Commissione a scegliere i meccanismi di distribuzione più adatti a ogni singola iniziativa;

28. chiede alla Commissione di rafforzare la capacità dei parlamenti dei paesi beneficiari di partecipare alle procedure di bilancio e la capacità dei parlamenti e della società civile di impegnarsi nell'elaborazione delle politiche nazionali, fornendo maggiore sostegno finanziario, insistendo sulla partecipazione ai dialoghi politici con i paesi beneficiari e concentrandosi su indicatori di gestione delle finanze pubbliche tesi a responsabilizzare maggiormente i governi nei confronti dei loro cittadini;

Valutazione - Indicatori di prestazione

29. invita la Commissione, in collaborazione con i paesi partner, a collegare ogni contratto OSM a una serie di indicatori di prestazioni in modo da valutare i progressi ottenuti

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nell'esecuzione del contratto, indicatori che dovranno inoltre quantificare l'inclusione di persone e bambini disabili;

Dimensione di genere

30. attira l'attenzione della Commissione sull'assoluta necessità di continuare a subordinare il suo aiuto finanziario ai risultati ottenuti dai paesi beneficiari in materia di parità di genere e di promozione dei diritti della donna, e chiede che gli indicatori di prestazione vengano rafforzati sotto tale aspetto nei contratti OSM per ricomprendere anche i diritti della donna e i diritti delle persone disabili; chiede anche alla Commissione di rafforzare gli indicatori di prestazione in materia di parità di genere legati all'aiuto finanziario e di allargarli ad altre sfere come i diritti delle persone con disabilità e i diritti delle donne, in particolare per quanto riguarda la promozione dell’accesso di tutte le donne a un’informazione e a servizi di salute sessuale e genetica globale, il miglioramento dell’accesso e il rafforzamento del ricorso ai metodi di pianificazione familiare, la promozione concreta dell’istruzione e l’emancipazione delle donne, nonché la lotta contro le discriminazioni e a favore della parità tra i sessi;

o

o o

31. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, al Consiglio ACP e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi ACP.

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Studi artistici nell'Unione europea

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sugli studi artistici nell'Unione

europea (2008/2226(INI))

Il Parlamento europeo,

– visti gli articoli 149 e 151 del trattato CE,

– vista la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente1,

– vista la decisione n. 1350/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa all'Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009)2,

– viste le conclusioni del Consiglio del 24 e 25 maggio 2007, relative al contributo dei settori culturale e creativo al conseguimento degli obiettivi di Lisbona, e le conclusioni del Consiglio del 21 e 22 maggio 2008,

– vista la relazione congiunta 2008 del Consiglio e della Commissione sull'attuazione del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010" – "L'apprendimento permanente per la conoscenza, la creatività e l'innovazione"3,

– vista la sua risoluzione del 7 giugno 2007 sullo statuto sociale degli artisti4,

– vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione5,

– vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 sulle industrie culturali in Europa6,

– viste le raccomandazioni contenute nella convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, del 20 ottobre 2005,

– visto l'articolo 45 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per la cultura e l'istruzione (A6-0093/2009),

A. considerando che l'Unione europea, secondo lo spirito del suo motto "Unità nella diversità", dovrebbe riconoscere la sua storia comune e che è grazie all'intrinseca universalità della storia dell'arte europea che tale obiettivo può essere raggiunto,

B. considerando che la scuola deve tornare ad essere la principale sede della democratizzazione dell'accesso alla cultura,

1 GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10. 2 GU L 348 del 24.12.2008, pag. 115. 3 GU C 86 del 5.4.2008, pag. 1. 4 GU C 125 E del 22.5.2008, pag. 223. 5 Testi approvati, P6_TA(2008)0124. 6 Testi approvati, P6_TA(2008)0123.

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C. considerando che l'educazione artistica e culturale, di cui l'educazione all'immagine è parte, è di importanza cruciale nel sistema educativo degli Stati membri,

D. considerando che l'educazione artistica e culturale è una componente fondamentale della formazione dei bambini e dei giovani, in quanto contribuisce allo sviluppo della libera volontà, della sensibilità e dell'apertura verso gli altri; che essa rappresenta un aspetto cruciale delle pari opportunità e la condizione essenziale di un'autentica democratizzazione dell'accesso alla cultura,

E. considerando che, per raccogliere la sfida della democratizzazione dell'accesso alla cultura, occorre promuovere una coscienza artistica a tutti i livelli e a tutte le età, riconoscere l'importanza delle attività artistiche amatoriali e di gruppo e promuovere l'accesso all'istruzione in campo artistico,

F. considerando che, purtroppo, gli imperativi economici inducono troppo spesso gli Stati membri a dare meno spazio alle arti nella politica generale dell'istruzione,

G. considerando che l'educazione artistica costituisce il fondamento della formazione professionale nel settore dell'arte e incoraggia la creatività nonché lo sviluppo fisico e intellettuale in tale ambito, favorendo legami più stretti e proficui tra istruzione, cultura e arte,

H. considerando che le scuole e i centri di istruzione artistica e di progettazione contribuiscono a sviluppare filosofie, a creare nuovi stili e movimenti artistici e ad aprire le porte verso altri mondi culturali, rafforzando in tal modo l'immagine dell'Unione europea nel mondo,

I. considerando che la formazione è molto importante per il successo dei professionisti del settore artistico e creativo,

J. considerando che gli studi artistici orientati allo sviluppo della carriera e della professione richiedono, oltre al talento, una solida base culturale che può essere acquisita dagli studenti soltanto attraverso un percorso formativo multidisciplinare e sistematico, e che ciò accresce le opportunità occupazionali in questo settore, in quanto consente di acquisire una cultura generale, metodi di ricerca, capacità imprenditoriali ed economiche nonché competenze in vari ambiti di attività legati al mondo artistico contemporaneo,

K. considerando che il potenziale economico e occupazionale rappresentato dalle imprese e dalle industrie impegnate in attività creative, culturali e artistiche nell'Unione europea influisce in modo sensibile sullo sviluppo del settore artistico,

L. considerando che la rivoluzione tecnologica è all'origine di una maggiore competitività sia all'interno dei singoli paesi che tra di essi e che per tale motivo le capacità intellettuali e la creatività rivestono grande importanza nell'ambito della strategia di Lisbona,

M. considerando che la rapida e continua evoluzione che caratterizza le nostre società impone capacità di adattamento, flessibilità, creatività, innovazione e comunicazione maggiori in ambito lavorativo, e che tali qualità dovrebbero essere stimolate dai sistemi di istruzione e di formazione dei vari Stati membri, in linea con gli obiettivi del summenzionato programma "Istruzione e formazione 2010",

N. considerando che è opportuno tener conto delle notevoli disparità esistenti tra gli Stati

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membri per ciò che concerne i modelli di insegnamento artistico,

O. considerando che la globalizzazione e la maggiore mobilità dei cittadini, al pari dei successivi allargamenti dell'Unione europea, hanno reso l'educazione alla cultura e alla diversità un fattore importante per la preservazione delle identità e la promozione della comprensione interculturale e interreligiosa; considerando che è necessario continuare a perseguire anche dopo il 2008 gli obiettivi previsti dall'Anno europeo del dialogo interculturale in materia di sensibilizzazione e di promozione della cultura,

1. ritiene che l'educazione artistica debba fare obbligatoriamente parte dei programmi di insegnamento scolastico a tutti i livelli, al fine di favorire la democratizzazione dell'accesso alla cultura;

2. sottolinea quanto sia importante inserire sia nei programmi scolastici che in quelli di formazione professionale e apprendimento permanente, corsi intesi a stimolare e sviluppare la creatività a tutte le età nel quadro del processo di apprendimento permanente;

3. rammenta che l'educazione artistica e culturale mira, tra l'altro, a contribuire all'educazione civica e contribuisce al potenziamento della capacità di elaborazione del pensiero e allo sviluppo intellettuale, emotivo e fisico della persona;

4. riconosce, nel quadro dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione 2009, il ruolo delle arti come importante fattore di innovazione nella società e nell'economia;

5. richiama l'attenzione del Consiglio e degli Stati membri sul ruolo della cultura europea e della sua eterogeneità quale fattore d'integrazione e sull'importanza dell'istruzione artistica e culturale a livello europeo, nonché della salvaguardia dei valori culturali tradizionali delle varie regioni;

6. rileva che il numero di studenti di discipline artistiche interessati a proseguire gli studi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza è in costante aumento, e, pertanto, incoraggia gli Stati membri a coordinare a livello dell'Unione europea le rispettive politiche in materia di educazione artistica, a scambiarsi le migliori prassi e a rafforzare la mobilità sia degli studenti che degli insegnanti in questo settore;

7. propone di accrescere la mobilità dei professionisti del settore artistico prestando maggiore attenzione al tema del riconoscimento delle qualifiche; ritiene che tale risultato debba essere raggiunto incoraggiando gli istituti di formazione e i datori di lavoro a far riferimento al Quadro europeo delle qualifiche, in modo da rendere comparabili a livello europeo le competenze e le qualifiche nel settore;

8. sollecita a tal proposito la Commissione a collaborare con gli Stati membri nella definizione di un quadro di mobilità per gli europei impegnati in attività artistiche e creative, ponendo l'accento in particolare sulla mobilità dei giovani artisti e degli studenti di materie artistiche;

9. ferma restando la competenza degli Stati membri in tale materia, ritiene opportuno un coordinamento delle politiche in materia di educazione artistica a livello dell'Unione europea, in particolare per quanto concerne:

− la definizione della natura, del contenuto e della durata degli studi artistici per le diverse categorie di destinatari,

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− il legame tra educazione artistica, creatività e innovazione,

− l'efficacia delle politiche in materia di eduzione artistica dal punto di vista del loro impatto socioeconomico,

− l'equilibrio fra studio teorico e iniziazione alla pratica di una disciplina artistica onde evitare un insegnamento astratto,

− l'applicazione e lo sviluppo di metodi e strategie di insegnamento artistico in linea con le esigenze della società dell'informazione,

− la formazione di un corpo docente specializzato e di "tecno-artisti" esperti dei nuovi mezzi di comunicazione accanto a quella degli insegnanti specializzati tradizionali;

10. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a:

− riconoscere quanto sia importante promuovere l'educazione artistica e la creatività nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza, in conformità della strategia di Lisbona,

− definire il ruolo dell'educazione artistica quale strumento pedagogico essenziale per valorizzare la cultura in un mondo globalizzato e multiculturale,

− mettere a punto strategie comuni per promuovere politiche in materia di educazione artistica e di formazione di insegnanti specializzati in tale disciplina,

− riconoscere l'importanza del ruolo svolto dagli artisti nella società e la necessità di prevedere competenze specifiche per l'insegnamento artistico nell'ambito del processo di istruzione,

− incoraggiare i rappresentanti nazionali del gruppo di lavoro sull'istruzione e la cultura recentemente costituito nel quadro del metodo di coordinamento aperto per la cultura a discutere il ruolo delle arti nei vari contesti educativi (formale, informale e non formale) e a tutti i livelli di istruzione (da quello prescolare fino ed oltre la formazione professionale dispensata negli istituti superiori di insegnamento artistico) nonché la formazione necessaria agli insegnanti specializzati,

− incoraggiare i rappresentanti nazionali dei gruppi di lavoro sull'industria culturale previsti dal metodo di coordinamento aperto a dare centralità al tema della formazione professionale e dello sviluppo professionale continuo di artisti, dirigenti, insegnanti, facilitatori e di altri operatori culturali,

− invitare i soggetti interessati della società civile a condividere le proprie conoscenze ed esperienze in questo settore, in riferimento al processo avviato nell'ambito del metodo di coordinamento aperto;

− migliorare l'offerta formativa destinata ai professionisti dell'arte riconoscendo gli studi artistici superiori a tutti e tre i livelli indicati nel processo della dichiarazione di Bologna (laurea, master, dottorato), accrescendo quindi la mobilità degli artisti all'interno dell'Unione europea,

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– introdurre disposizioni specifiche per la promozione dell'educazione artistica nel quadro del programma pluriennale per la cultura,

− riconoscere l'importanza delle attività artistiche amatoriali e di gruppo;

11. insiste sul fatto che l'insegnamento della storia dell'arte deve prevedere anche incontri con artisti e visite a luoghi di cultura, onde stimolare la curiosità e la capacità di riflessione degli studenti;

12. ribadisce che, nell'introdurre la dimensione artistica nei programmi d'insegnamento, è importante utilizzare le risorse offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione e da Internet, quali canali di insegnamento moderno e adeguati alla realtà contemporanea;

13. sottolinea in proposito il contributo essenziale di progetti quali Europeana, la biblioteca digitale europea;

14. raccomanda la creazione congiunta di un portale europeo per l'educazione artistica e culturale e l'inclusione dell'educazione artistica nei programmi scolastici degli Stati membri, affinché siano garantiti lo sviluppo e la promozione del modello culturale europeo, particolarmente apprezzato a livello internazionale;

15. chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di monitorare i progressi realizzati nell'introduzione dell'educazione artistica nei programmi scolastici e suggerisce in particolare alla Commissione di promuovere gli studi necessari a produrre dati affidabili concernenti l'impatto dell'insegnamento di tale disciplina sul livello d'istruzione e competenze degli studenti dell'Unione europea;

16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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Dialogo attivo con i cittadini sull'Europa

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul dialogo attivo con i cittadini

sull'Europa (2008/2224(INI))

Il Parlamento europeo,

− vista la dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione intitolata "Insieme per comunicare l'Europa", firmata il 22 ottobre 2008,

− vista la comunicazione della Commissione del 2 aprile 2008 intitolata "Debate Europe" – Valorizzare l'esperienza del Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito" (Piano D) (COM(2008)0158),

− vista la comunicazione della Commissione del 24 aprile 2008 intitolata "Comunicare l'Europa tramite gli audiovisivi" (SEC(2008)0506),

− vista la comunicazione della Commissione del 21 dicembre 2007 intitolata "Comunicare l'Europa via Internet – Coinvolgere i cittadini" (SEC(2007)1742),

− visto il documento di lavoro della Commissione del 3 ottobre 2007 intitolato "Proposta relativa ad un Accordo interistituzionale Insieme per comunicare l'Europa" (COM(2007)0569),

− vista la decisione n. 1904/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma "Europa per i cittadini" mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva1,

− vista la comunicazione della Commissione del 1° febbraio 2006 intitolata "Libro bianco su una politica europea di comunicazione" (COM(2006)0035),

− vista la comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2005 intitolata "Il contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: Un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito" (COM(2005)0494),

− vista la sua risoluzione del 16 novembre 2006 sul Libro bianco su una politica europea di comunicazione2,

− vista la sua risoluzione del 12 maggio 2005 sull'attuazione della strategia d'informazione e di comunicazione dell'Unione europea3,

− visto l'articolo 45 del suo regolamento,

1 GU L 378 del 27.12.2006, pag. 32. 2 GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 369. 3 GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 403.

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− visti la relazione della commissione per la cultura e l'istruzione e i pareri della commissione per gli affari costituzionali, della commissione per gli affari esteri, della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, della commissione per lo sviluppo regionale, della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e della commissione per le petizioni (A6-0107/2009),

A. considerando che un’Unione europea democratica e trasparente richiede maggior dialogo tra i cittadini e le istituzioni europee, compreso il Parlamento, ma anche una discussione ininterrotta sull’Europa a livello sia europeo che nazionale e locale,

B. considerando che dopo il rifiuto del progetto di trattato che stabilisce una costituzione per l'Europa in Francia e nei Paesi Bassi, il 53,4% del popolo irlandese ha votato contro la ratifica del trattato di Lisbona in un referendum; considerando altresì che quando le persone hanno una comprensione inadeguata delle politiche dell'Unione europea o dei trattati è più probabile che vi si oppongano,

C. considerando che il sondaggio 69 dell'Eurobarometro ha evidenziato che il 52% dei cittadini dell'Unione crede che l'adesione del proprio paese all'Unione europea sia stata una scelta positiva, mentre solo il 14% è convinto del contrario,

D. considerando che la conoscenza dell’Unione europea, delle sue politiche e del suo funzionamento, ma anche dei diritti garantiti dai trattati sarà fondamentale per il ripristino della fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee,

E. considerando che nel 2004 è stato nominato, per la prima volta, un commissario specifico per la strategia di comunicazione, nonostante non sia stata ancora adottata una politica in materia di comunicazione a causa della mancanza di una base giuridica adeguata nei trattati,

Opinione pubblica

1. rammenta che i sondaggi mostrano che più sono bassi il grado di istruzione e la ricchezza dei cittadini dell'Unione, più aumenta la probabilità che essi si oppongano a un'ulteriore integrazione europea, un fatto che indica che l'ideale europeo, a dispetto di tutti gli sforzi compiuti finora, raggiunge soprattutto la fascia sociale europea colta e abbiente; considera essenziale alla realizzazione dei principi e dei valori del progetto dell'Unione europea un dialogo attivo tra l'Unione europea e i suoi cittadini, ma riconosce che finora esso non è stato molto efficace;

2. deplora che, nonostante gli sforzi e le buone idee della Commissione, si sia conseguito solo un successo molto modesto nell'accrescere la conoscenza e l'interesse dei cittadini dell'Unione per le tematiche europee, cosa che è stata messa, purtroppo, in risalto dall'esito del referendum svoltosi in Irlanda;

3. rimarca che è particolarmente importante creare rapporti di comunicazione coesi con contenuti mirati, sia tra l'Unione europea e le regioni con caratteristiche particolari, sia tra l'Unione europea e determinati gruppi sociali;

4. osserva che, secondo recenti sondaggi, una vasta maggioranza di europei vuole che l'Unione europea si esprima con una sola voce sulle questioni di politica estera; sottolinea che una dichiarazione in tal senso è stata inserita, su richiesta dei cittadini dell'Unione, nelle

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raccomandazioni/lettera aperta dei partecipanti alla conferenza conclusiva dei sei progetti dei cittadini relativi al Piano D del 9 dicembre 2007; rileva che le 27 raccomandazioni contenute in tale lettera aperta includono anche una richiesta all'Unione di un'azione più efficace nel settore della politica e della coesione sociali, in particolare al fine di ridurre le disparità salariali e promuovere la parità tra uomini e donne e, più in generale, di accordare un'attenzione specifica alle questioni connesse alla parità, che vengono spesso trascurate; suggerisce che è quindi altresì importante riflettere su quanto viene comunicato attraverso le azioni e operare un confronto per verificare in che misura il messaggio trasmesso attraverso le azioni si discosta da quello che l'Unione europea vuole trasmettere ai suoi cittadini;

5. ricorda che la maggioranza delle donne ha votato "no" negli ultimi referendum sull'Unione europea: il 56 % in Francia (Eurobarometro Flash 171), il 63 % nei Paesi Bassi (Eurobarometro Flash 172) e il 56 % in Irlanda (Eurobarometro Flash 245); ritiene che tale voto negativo sia dovuto, fra l'altro, al mancato coinvolgimento delle istituzioni comunitarie nelle politiche che riguardano direttamente le donne e che sono alla base della persistente disparità fra donne e uomini, quali le politiche in materia di conciliazione della vita professionale e familiare o in materia di assistenza alle persone dipendenti;

Aspetti costituzionali e interistituzionali

6. sottolinea la necessità di concludere rapidamente il processo di ratifica del trattato di Lisbona, che rafforzerà ulteriormente la trasparenza dell'Unione europea e il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali; ricorda in questo ambito le nuove opportunità che il trattato di Lisbona concederebbe alla democrazia partecipativa, in particolar modo nell'ambito dell'iniziativa dei cittadini;

7. sottolinea la necessità di iniziative coordinate e di un'azione comune da parte di tutte le istituzioni dell'Unione europea e degli Stati membri, per dialogare con i cittadini dell'Unione sulle tematiche europee; accoglie favorevolmente la summenzionata dichiarazione comune del 22 ottobre 2008 che stabilisce obiettivi chiari per il miglioramento della comunicazione nell'Unione europea da parte del Parlamento, del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri ; ritiene che essa potrebbe essere più ambiziosa, in quanto il Parlamento stesso aveva chiesto un accordo interistituzionale tra tutte le istituzioni sulla politica della comunicazione;

8. ritiene che le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero avviare ulteriori discussioni sull'Europa, e attuare immediatamente i concetti enunciati nella summenzionata dichiarazione comune, nella comunicazione della Commissione del 1° febbraio 2006 e nel documento di lavoro della Commissione del 3 ottobre 2007;

9. condivide la posizione della Commissione nel considerare la democrazia partecipativa uno strumento in grado di integrare utilmente la democrazia rappresentativa; sottolinea, tuttavia, che la democrazia partecipativa non significa soltanto prestare ascolto ai cittadini, ma anche fornire loro strumenti utili per influenzare la politica europea; osserva che, per conseguire tali obiettivi, le istituzioni dovranno aprirsi maggiormente e adottare approcci in grado di consentire, ogniqualvolta si discutano questioni concernenti l'Unione europea, l'effettiva partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni in tutte le fasi di discussione; sottolinea inoltre l'esigenza di garantire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti elaborati dalle istituzioni quale condizione indispensabile per esercitare influenza;

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10. sottolinea l'importanza ed il valore del processo di consultazione quale efficace strumento per coinvolgere i cittadini, permettendo loro di fornire direttamente il loro apporto al processo politico a livello di Unione europea; invita la Commissione ad adottare ulteriori iniziative per diffondere tempestivamente informazioni sulle future consultazioni dell'Unione europea attraverso i mezzi di comunicazione e le altre sedi appropriate a livello nazionale, regionale e locale, ad ampliare la gamma dei pareri dei soggetti interessati sentiti nel corso delle consultazioni sulla legislazione comunitaria e a pubblicizzare maggiormente su Internet le consultazioni sulle politiche e le iniziative dell'Unione europea in modo da garantire che tutte le parti interessate, in particolare le piccole e medie imprese e le organizzazioni locali non governative (ONG), siano coinvolte nel dibattito; sottolinea l’importanza dei rappresentanti della società civile, ad esempio le reti di professionisti e consumatori a tutti i livelli, da quello transnazionale a quello locale, che costituiscono piattaforme per uno scambio di opinioni informato sulle politiche dell'Unione europea, contribuendo in tal modo ad una migliore qualità della normativa; riconosce i problemi di attuazione e applicazione della normativa e incoraggia i consumatori e le imprese ad esercitare i propri diritti e ad informare le istituzioni dell'Unione europea dei problemi esistenti;

11. ritiene che le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri dovrebbero coordinare i loro sforzi di comunicazione e creare un partenariato con la società civile al fine di sfruttare le possibili sinergie; sottolinea la necessità di un coordinamento fra le istituzioni e l'opportunità di istituire rapporti fra i canali televisivi della Commissione e del Parlamento; invita la Commissione a migliorare la cooperazione e il coordinamento fra i suoi rappresentanti negli Stati membri e gli Uffici di informazione del Parlamento; chiede alle rappresentanze della Commissione e del Parlamento negli Stati membri di migliorare la cooperazione in materia di consultazione dei cittadini, condivisione con i cittadini di informazioni, conoscenze e idee sull'Unione europea, nonché possibilità per gli elettori di incontrare i deputati del Parlamento europeo eletti nei diversi paesi e funzionari dell'Unione europea;

12. si compiace del fatto che la Commissione sostenga il ruolo del Parlamento e dei partiti politici europei e riconosce la necessità di colmare il divario esistente tra le politiche nazionali e quelle europee, specialmente durante le campagne elettorali europee;

13. invita le tre principali istituzioni a prevedere l'organizzazione di discussioni aperte comuni in grado di integrare i dibattiti aperti del Parlamento attraverso la trattazione di temi relativi ai problemi quotidiani dei consumatori rafforzando così la fiducia di questi ultimi nel mercato interno e nella protezione di cui godono; rileva che gli intergruppi del Parlamento stanno svolgendo pienamente il loro ruolo di intermediari dei cittadini, un ruolo che collega effettivamente la sfera politica e la società civile;

14. prende atto con soddisfazione del fatto che la Commissione ha recepito molti suggerimenti precedentemente avanzati dal Parlamento, quali i forum dei cittadini in ambito sia comunitario che nazionale, un ruolo più importante da riservare alle organizzazioni della società civile e l'uso innovativo dei nuovi mezzi di comunicazione;

Aspetti locali

15. invita la Commissione a estendere il suo dialogo a tutti i livelli adattando il proprio messaggio ai vari gruppi di destinatari in base alla loro estrazione sociale; propone di rafforzare il dialogo tra l'Unione europea e i suoi cittadini fornendo ad ognuno le stesse

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informazioni, con modalità adeguate ai singoli gruppi di destinatari, e facilitando il dibattito con e tra cittadini informati; ritiene che le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero integrare nelle loro politiche le conclusioni dei dibattiti locali organizzati sotto l'egida del Piano D, nonché tenere in considerazione le aspettative che i cittadini nutrono nei confronti dell'Unione europea quando questa decide sulle nuove normative;

16. invita gli Stati membri a lanciare efficaci campagne di comunicazione sull'Unione europea a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale; invita la Commissione a diffondere le migliori prassi individuate nell'ambito di tali campagne e propone la creazione di un sistema di comunicazione permanente ed interattivo tra le istituzioni dell'Unione europea ed i cittadini, mediante regolari campagne di tipo locale e regionale da parte dell'Unione europea, l'aiuto dei media regionali e la partecipazione attiva della società civile, delle ONG, delle camere di commercio, dei sindacati e delle organizzazioni professionali;

17. sottolinea che la politica di coesione dell'Unione europea rappresenta un punto fermo della solidarietà sociale e dell'integrazione europea; ritiene, pertanto, che i cittadini dovrebbero essere messi al corrente degli sforzi e degli effetti specifici delle politiche dell'Unione europea sulla loro vita quotidiana, mettendo in evidenza il contributo dell'Unione europea e i benefici del progetto comune europeo; auspica in questo contesto che le autorità locali assolvano più efficacemente i propri obblighi di informazione in merito agli aiuti ricevuti dall'Unione europea; sottolinea altresì che l'impegno dei rappresentanti eletti locali e regionali è essenziale per sviluppare la formazione e l'informazione; plaude al riguardo all'istituzione di un programma Erasmus per i rappresentanti eletti locali e regionali;

18. sottolinea che il coinvolgimento dei partner nella preparazione e attuazione dei programmi operativi, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento generale sui Fondi strutturali (FSE) 2007-2013, contribuisce in maniera significativa a promuovere la politica di coesione dell'Unione europea e ad avvicinarla ai cittadini; rileva che tali partner hanno l'opportunità unica di rendersi conto per esperienza diretta dei problemi reali che preoccupano più profondamente i cittadini; invita pertanto la Commissione a garantire che il principio del partenariato sia correttamente applicato a livello nazionale, regionale e locale; sottolinea l'importanza per le autorità nazionali e regionali di avvalersi delle attuali possibilità finanziarie previste dai FSE, al fine di migliorare le competenze di questi partner, in particolare per quanto concerne la formazione; nota l'importante ruolo che i fondi strutturali hanno svolto nel promuovere la cooperazione transfrontaliera attraverso programmi e progetti comunitari, che ha incoraggiato lo sviluppo di una cittadinanza attiva e di una democrazia partecipativa; invita la Commissione a continuare a fornire sostegno e lavorare in partenariato con tali progetti e programmi;

19. sottolinea, nel contesto delle prossime elezioni europee, l'esigenza di un'informazione a livello locale e regionale rivolta ai cittadini, in particolare ai giovani e a coloro che votano per la prima volta; in un contesto più generale, pone in evidenza l'importanza di coinvolgere i deputati al Parlamento europeo, in cooperazione con gli eletti a livello regionale e locale, nel processo di consultazione dei cittadini nelle rispettive regioni, dal momento che rappresentano la voce dell'opinione pubblica nell'Unione europea; sostiene gli sforzi profusi dal Comitato delle regioni per rafforzare la consultazione a livello regionale e per includere in tale processo le reti regionali e i principali attori locali e regionali, onde incoraggiare un dibattito al livello di base che tenga conto delle loro opinioni e dei loro interessi;

20. insiste sulla necessità di una maggiore partecipazione dei suoi deputati alla comunicazione

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con i cittadini dell'Unione, nonché di modifiche nell'organizzazione del lavoro del Parlamento, tali da consentire che il dialogo tra i deputati e i cittadini si svolga ad un livello quanto più locale possibile; auspica che, in parallelo con le campagne dei partiti politici, i deputati al Parlamento europeo saranno strettamente coinvolti "sul terreno" nella campagna elettorale europea;

21. esorta la Commissione ad avviare campagne d'informazione su scala ridotta a livello locale con il coinvolgimento degli attori locali, a promuovere attività che consentano una migliore informazione dei cittadini riguardo ai paesi di origine degli immigrati, ma anche ad informare meglio gli immigrati sui diritti e doveri connessi alla cittadinanza dell'Unione, quale modo più efficace e significativo di conseguire i citati obiettivi di comunicazione, nonché a proseguire gli sforzi compiuti nel quadro dell'Anno europeo del dialogo interculturale 2008;

Istruzione, mezzi di comunicazione e tecnologie dell'informazione e della comunicazione, cittadinanza attiva

22. sottolinea l'importanza di introdurre la politica e la storia europea nei programmi scolastici di ciascuno Stato membro al fine di rafforzare i valori europei nonché di sviluppare i dipartimenti di studi europei nelle università; chiede alla Commissione di fornire un sostegno finanziario per la promozione di tali progetti; invita gli Stati membri a promuovere l'istituzione di un corso sulla storia dell'integrazione europea e sul funzionamento dell'Unione europea al fine di gettare le basi di una conoscenza europea comune;

23. sottolinea il particolare ruolo dell'educazione civica quale fattore essenziale per la promozione della cittadinanza attiva; nota l'esigenza di sostenere un modello attivo di educazione civica che offra ai giovani l'opportunità di entrare in contatto diretto con la vita politica, con i rappresentanti politici a livello nazionale, locale ed europeo, con i rappresentanti delle ONG e con le iniziative civiche; propone che la Commissione sostenga progetti pilota che promuovano un siffatto modello di educazione civica negli Stati membri;

24. raccomanda che programmi come Erasmus, Leonardo da Vinci, Grundtvig e Comenius siano promossi più efficacemente attraverso una comunicazione più diffusa e organizzata in modo da incoraggiare il maggior numero possibile di persone a prendervi parte, aumentare la partecipazione dei cittadini meno abbienti e agevolare la loro mobilità all'interno dell'Unione europea; richiama l'attenzione sul fatto che proprio questi programmi hanno un'eco molto positiva presso i giovani e danno un importante contributo al successo dell'integrazione europea;

25. accoglie positivamente la summenzionata comunicazione della Commissione del 21 dicembre 2007, che stabilisce obiettivi chiari per trasformare il sito web Europa in un sito web 2.0 orientato ai servizi; sollecita la Commissione a completare la costruzione del nuovo sito entro il 2009 e ritiene che il nuovo sito web debba offrire ai cittadini un forum per condividere le loro opinioni e partecipare a sondaggi online, nel cui ambito tutte le ONG, le istituzioni pubbliche e i singoli individui possano condividere le loro esperienze di progetti di comunicazione dell'Unione europea; invita la Commissione a raccogliere e pubblicare in tale pagina web le esperienze dei beneficiari delle attività finanziate nell'ambito del Piano D;

26. accoglie favorevolmente l'idea di "EU Tube", poiché con quasi 1,7 milioni di visitatori, costituisce uno strumento unico con cui comunicare le politiche dell'Unione europea ai

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giovani utenti di Internet; invita inoltre la Commissione a preparare orientamenti per campagne Internet efficienti e a condividerli con le altre istituzioni dell'Unione europea;

27. invita la Commissione a sfruttare meglio il materiale audiovisivo disponibile su "Europa via Satellite", creando rapporti con i canali televisivi locali e i mezzi di comunicazione comunitari interessati a ricevere questo materiale per trasmetterlo, al fine di raggiungere un pubblico più vasto;

28. ritiene che la rete Europe Direct sia uno strumento importante per rispondere alle domande dei cittadini attraverso la posta elettronica o il numero telefonico gratuito da tutta l'Unione europea e che sarebbe opportuno pubblicizzare ulteriormente tale strumento;

29. giudica la protezione dei consumatori e il mercato interno quali settori della massima importanza per comunicare l’Europa ai consumatori e alle imprese; invita gli Stati membri a moltiplicare gli sforzi volti a comunicare i benefici del mercato unico a livello nazionale, regionale e locale; chiede alla Commissione e agli Stati membri di promuovere e rafforzare la comunicazione e l'informazione interattive, al fine di realizzare un dialogo efficace tra consumatori, imprese e istituzioni mediante i vari strumenti elettronici della tecnologia più recente, e di contribuire allo sviluppo del commercio elettronico;

30. chiede alla Commissione di rafforzare, potenziando le proprie risorse umane e finanziarie, gli sforzi di coordinamento nel settore della formazione e dell’informazione dei consumatori sui loro diritti e doveri; invita gli Stati membri a incrementare le risorse finanziarie e umane assegnate alla rete dei Centri europei dei consumatori, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica e garantire l'applicazione dei diritti dei consumatori dell'Unione europea e sollecita gli Stati membri, in considerazione dell'attuale crisi finanziaria mondiale e dell'aumento dei livelli di indebitamento dei consumatori, ad adoperarsi per migliorare il livello di alfabetizzazione finanziaria dei consumatori stessi, in particolare per quanto riguarda i loro diritti e doveri, come pure i loro mezzi di ricorso in materia di risparmio e prestiti;

31. invita gli Stati membri ad incrementare le risorse finanziarie e umane destinate alla rete SOLVIT che consente di risolvere gratuitamente i problemi relativi all' applicazione erronea o mancata delle norme comunitarie; chiede alla Commissione di accelerare la semplificazione dei vari servizi di informazione e consulenza sul mercato unico; sostiene quindi il concetto, presentato nella comunicazione della Commissione del 20 novembre 2007 dal titolo "Un mercato unico per l’Europa del XXI secolo" (COM (2007)0724), di approccio integrato per la fornitura di servizi di assistenza connessi al mercato unico, attraverso la creazione di un portale unico; prende atto delle iniziative della Commissione sulla riduzione degli oneri amministrativi e su “legiferare meglio”; chiede in particolare miglioramenti per sostenere le piccole e medie imprese, che rappresentano un'importante fonte di occupazione in Europa;

32. rileva che un Anno europeo del volontariato sarebbe un'opportunità ideale per collegare ai cittadini le istituzioni dell'Unione europea; ricorda che in tutta l'Unione europea i volontari sono oltre 100 milioni, e invita la Commissione a preparare il terreno perché il 2011 sia dichiarato "Anno europeo del volontariato" presentando non appena possibile una proposta legislativa adeguata in tal senso;

33. sottolinea l'importanza di tenere in considerazione le opinioni dei cittadini riguardo all'Europa come attore mondiale, tenendo conto, in particolare, del ruolo sempre più

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significativo assunto al riguardo dal Parlamento europeo; incoraggia pertanto i suoi deputati e i membri del Consiglio a partecipare alle visite dei membri della Commissione in relazione al Piano D in considerazione del fatto che esse svolgono una funzione di rilievo nello stabilire un contatto con i parlamenti nazionali, la società civile, i dirigenti d'impresa, i leader sindacali e le autorità locali e regionali degli Stati membri;

34. si compiace del fatto che il mondo in generale sta dimostrando un interesse sempre maggiore per il progetto europeo e che l'Unione europea e i suoi cittadini, dal canto loro, stanno acquisendo maggiore consapevolezza dei vantaggi derivanti dalla condivisione della propria esperienza sopranazionale con altri paesi e regioni, in particolare con i vicini dell'Unione europea; invita pertanto la Commissione a sviluppare, tramite le sue delegazioni presso i paesi terzi, metodi per raggiungere i cittadini di questi paesi e informarli sulle opportunità nell'Unione europea, ad esempio per quanto concerne i programmi dei mezzi di comunicazione e altri tipi di programmi incentrati sulla cultura, l'istruzione, l'apprendimento linguistico, la mobilità o gli scambi, come Erasmus Mundus;

35. osserva che, soprattutto nel quadro dell'aumento delle presenze di cittadini di paesi terzi sul territorio dell'Unione europea e dell'emergere di società multiculturali, cui anch'essi hanno contribuito, occorre compiere maggiori sforzi per provvedere all'integrazione degli immigrati nell'Unione europea, assicurando loro un concreto accesso alle informazioni sulle implicazioni della cittadinanza dell'Unione, ad esempio rafforzando i partenariati tra i diversi livelli di amministrazione (locale, regionale e nazionale) e i soggetti non governativi (ad esempio datori di lavoro, società civile e associazioni per i migranti, mezzi di comunicazione e organizzazioni non governative a sostegno dei migranti); ritiene che un'integrazione riuscita favorirà l'ulteriore sviluppo di una consapevolezza multiculturale europea basata sulla tolleranza, sul dialogo e sull'uguaglianza;

36. invita la Commissione a promuovere programmi e campagne (quali "Il mondo visto dalle donne") al fine di incoraggiare una maggiore attività sociale, politica e culturale delle donne, tenendo conto del ruolo delle donne nel dialogo intragenerazionale e ai fini della sostenibilità e prosperità della società; esorta quindi a una migliore informazione delle ragazze e delle donne in merito al concetto di cittadinanza europea e ai diritti ad essa connessi, segnatamente nelle regioni socialmente e geograficamente isolate; sottolinea che il fine di tali campagne di sensibilizzazione dovrebbe essere una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica e al processo decisionale; sottolinea la necessità di promuovere misure volte a eliminare il divario digitale di genere affinché le donne possano beneficiare, a pari condizioni, degli strumenti di partecipazione al dialogo sull'Europa; si congratula con la Commissione per la scelta dei progetti da co-finanziare, ai sensi del Piano D, da parte delle sue rappresentanze, che includono molti progetti gestiti da organizzazioni di donne e molti progetti che coinvolgono le donne; sottolinea l'esigenza di promuovere la partecipazione dei cittadini in ambiti quali la violenza di genere o la tratta degli esseri umani, dato che in tali ambiti il coinvolgimento della società risulta indispensabile al fine di progredire nella risoluzione dei problemi; riconosce le competenze delle donne in materia di risoluzione dei problemi e dei conflitti ed esorta la Commissione a potenziare la partecipazione delle donne a task force e gruppi di lavoro dedicati a questioni di vita familiare, custodia dei bambini, istruzione, ecc.;

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37. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio europeo, alla Commissione, al Consiglio, alla Corte di giustizia delle Comunità europeee, alla Corte dei conti, al Comitato delle regioni, al Comitato economico e sociale europeo e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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Attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sui lavori dell’Assemblea

parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (2008/2303(INI))

Il Parlamento europeo,

– visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 20001 (accordo di Cotonou),

– visto il regolamento dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE (APP), adottato il 3 aprile 20032, modificato da ultimo a Port Moresby (Papua-Nuova Guinea) il 28.11.20083,

– visto il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo4,

– vista la dichiarazione di Kigali (Ruanda) adottata dall'APP il 22 novembre 2007 per gli accordi di partenariato economico (APE) orientati allo sviluppo5,

– vista la dichiarazione di Port Moresby adottata il 28 novembre 2008 sulla crisi mondiale finanziaria e alimentare,

– viste le risoluzioni adottate dall'APP nel 2008:

– sulle conseguenze sociali e ambientali dei programmi di adeguamento strutturale6,

– sulle esperienze dal processo di integrazione regionale europea pertinenti ai paesi ACP7,

– sulle questioni di sicurezza alimentare nei paesi ACP e il ruolo della cooperazione ACP-UE8,

– sulla situazione in Kenya9,

– sulla protezione dei civili nel corso delle operazioni di mantenimento della pace da parte delle Nazioni Unite e delle organizzazioni regionali10,

1 GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3. 2 GU C 231 del 26.9.2003, pag. 68. 3 ACP-UE/100.291/08/def. 4 GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41. 5 GU C 58 dell'1.3.2008, pag. 44. 6 GU C 271 del 25.10.2008, pag. 20. 7 GU C 271 del 25.10.2008, pag. 27. 8 GU C 271 del 25.10.2008, pag. 32. 9 GU C 271 del 25.10.2008, pag. 37. 10 ACP-UE/100.291/08/def.

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– sull'efficacia degli aiuti e la definizione dell'aiuto pubblico allo sviluppo1,

– sulle conseguenze sociali del lavoro minorile e le strategie per combattere il lavoro minorile2,

– sulla situazione in Mauritania3,

– sulla situazione in Zimbabwe4,

– visto il comunicato dell'APP di Windhoek (Namibia) del 29 aprile 20085,

– visto il comunicato dell'APP di Port Vila (Vanuatu) del 1° dicembre 20086,

– vista la dichiarazione dell'Ufficio di presidenza dell'APP del 25 novembre 2008 sulla Presidenza francese dell'UE7,

– visto il Consenso europeo sugli aiuti umanitari siglato il 18 dicembre 20078,

– visto l'articolo 45 del proprio regolamento,

– vista la relazione della commissione per lo sviluppo (A6-0081/2009),

A. considerando la firma dell'APE con alcune regioni o paesi ACP nel corso del 2008 e le discussioni tenute in seno all'APP nel marzo 2008 a Lubiana (Slovenia) e nel novembre 2008 a Port Moresby, sullo stato di avanzamento dei negoziati in merito all'APE,

B. considerando l'approvazione del summenzionato regolamento (CE) n. 1905/2006, che prevede programmi tematici applicabili anche ai paesi ACP nonché un programma di misure di accompagnamento a favore dei paesi ACP aderenti al protocollo dello zucchero,

C. considerando l'impegno, assunto dal commissario per lo sviluppo e gli aiuti umanitari in occasione della sessione dell'APP tenutasi nel giugno 2007 a Wiesbaden, di sottoporre i documenti strategici nazionali e regionali per i paesi ACP (periodo 2008-2013) all'esame democratico dei parlamenti, ed esprimendo soddisfazione per l'attuazione di detto impegno,

D. considerando che il nuovo riesame dell'accordo di Cotonou, previsto per il 2010, rappresenta un'occasione importante per sviluppare la dimensione regionale dell'APP e per rafforzare non solo il controllo parlamentare al livello delle regioni ACP, ma anche per consolidare il ruolo e le attività della stessa APP in quanto istituzione,

E. considerando il notevole successo delle due riunioni regionali dell'APP tenutesi in Namibia e nel Vanautu nel 2008, grazie alle quali è stato possibile adottare i comunicati di

1 ACP-UE/100.300/08/def. 2 ACP-UE/100.247/08/def. 3 ACP-UE/100.440/08/def. 4 ACP-UE/100.439/08/def. 5 APP 100.288. 6 APP 100.452. 7 APP 100.448. 8 Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione europea, intitolata "Consenso europeo sull'aiuto umanitario" (GU C 25 del 30.1.2008, pag. 1).

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Windhoek e di Port Vila di cui sopra,

F. considerando che la situazione nello Zimbabwe si è ulteriormente aggravata nel corso del 2008 nonostante le elezioni del luglio 2008 ma esprimendo soddisfazione per l'accordo raggiunto sull'approvazione di una risoluzione sullo Zimbabwe nel quadro della 16a

sessione dell'APP tenutasi a Port Moresby,

G. considerando il persistere del conflitto nella Repubblica democratica del Congo (RDC) e le gravi e ripetute violazioni dei diritti umani che ne discendono, e ricordando la necessità di aiuti umanitari efficaci e di un rafforzato impegno da parte della comunità internazionale,

H. considerando i lavori del parlamento panafricano (PPA) e la formalizzazione di relazioni tra il Parlamento europeo e il PPA, nonché l'intenzione, espressa dal Presidente del Parlamento europeo nel suo intervento nel corso della decima sessione del PPA del 28 ottobre 2008, di istituire una delegazione interparlamentare per la prossima legislatura,

I. considerando lo svolgimento quasi congiunto della 16a sessione dell'APP a Port Moresby e della conferenza internazionale sul finanziamento dell'aiuto allo sviluppo tenutasi a Doha, che ha costretto numerosi membri del Parlamento europeo ad una scelta difficile,

J. considerando gli eccellenti contributi, rispettivamente, della Presidenza slovena dell'Unione europea (da gennaio a giugno 2008) e del governo della Papua-Nuova Guinea alle sessioni dell'APP tenutesi a Lubiana e a Port Moresby citate in precedenza,

K. considerando le missioni di studio dell'Ufficio di presidenza dell'APP effettuate nel 2008:

− nella Repubblica delle Seicelle e

− in Suriname, a Saint Vincent e a Saint Lucie,

1. esprime soddisfazione per il fatto che l'APP abbia continuato a offrire nel 2008 un quadro per un dialogo aperto, democratico e approfondito sul negoziato dell'APE tra l'Unione Europea e i paesi ACP;

2. sottolinea le preoccupazioni espresse dall'APP in merito a vari elementi dei negoziati, sia sul piano formale sia su quello sostanziale; ricorda che il dibattito continua a seguito dell'adozione dell'APE con il Cariforum ("Forum dei Paesi ACP dei Caraibi") e della conclusione di accordi interinali con paesi di altre regioni;

3. accoglie con favore la risposta positiva del nuovo Commissario per il commercio, in linea con le dichiarazioni del presidente della Commissione, alla richiesta di diversi paesi e regioni ACP di riesaminare i contenziosi;

4. sottolinea la necessità di un rigoroso controllo parlamentare sia durante i negoziati sia nel quadro dell'applicazione degli APE; deplora che l'azione e il ruolo dell'APP siano minacciati dalla prospettiva dell'istituzione di un nuovo organo, vale a dire la commissione parlamentare, nel quadro dell'APE, in mancanza di chiarezza riguardo alle relazioni tra detto organo e l'APP; chiede che la commissione parlamentare operi nel quadro dell’APP al fine di evitare una proliferazione di riunioni costosa e problematica, avvalendosi del sistema di riunioni regionali dell’APP, nonché per beneficiare dell’esperienza dell’APP e promuovere una sinergia tra tutte le regioni degli APE; sottolinea quanto sia auspicabile che questa commissione operi in maniera flessibile, al fine di far tesoro delle esperienze in materia di

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questioni commerciali e di sviluppo dei deputati del Parlamento europeo che partecipano all'esame dell’APE nelle commissioni;

5. sottolinea in particolare il ruolo cruciale dei parlamenti dei paesi ACP, degli attori non statali e dei poteri locali nel monitoraggio e nella gestione degli APE e chiede alla Commissione di garantire la loro partecipazione al processo di negoziazione in corso, la qual cosa implica un'agenda chiara per proseguire i negoziati, accettata dai paesi ACP e dall'Unione europea e fondata su un approccio partecipativo;

6. sottolinea la preoccupazione dell'APP riguardo alle ripercussioni dell'attuale crisi finanziaria e si compiace dell'adozione da parte dell'APP della dichiarazione di Port Moresby, citata in precedenza, sulla crisi mondiale finanziaria e alimentare e invita l'APP a discutere con regolarità in merito a tale argomento;

7. accoglie con favore l'impegno, assunto dal commissario per lo sviluppo e gli aiuti umanitari nell'ambito della sessione dell'APP di Kigali di cui sopra, di sottoporre i documenti strategici nazionali e regionali per i paesi ACP (periodo 2008-2013) all'esame democratico dei parlamenti e si congratula per il lavoro già compiuto da alcuni parlamenti dei paesi ACP nell'ambito dell'analisi di tali documenti;

8. rammenta, a tale proposito, la necessità di coinvolgere strettamente i parlamenti nel processo democratico e nelle strategie nazionali di sviluppo e sottolinea il loro ruolo fondamentale per quanto riguarda l'attuazione, il seguito e il controllo delle politiche di sviluppo;

9. invita i parlamenti dei paesi ACP a esigere dai rispettivi governi nonché dalla Commissione di essere coinvolti nel processo di preparazione della messa in atto dei documenti strategici nazionali e regionali relativi alla cooperazione tra l'Unione e i loro paesi (periodo 2008-2013);

10. esorta la Commissione a fornire tutte le informazioni disponibili ai parlamenti dei paesi ACP e a prestare loro assistenza nell'ambito dell'attività di controllo democratico, in particolare offrendo sostegno alle capacità;

11. è favorevole all’integrazione del Fondo europeo di sviluppo (FES) nel bilancio dell’Unione europea al fine di rafforzare la coerenza, la trasparenza e l’efficacia della politica di cooperazione allo sviluppo e di garantirne il controllo democratico; sottolinea che anche l'integrazione del FES nel bilancio dell'Unione costituisce una risposta pertinente alle difficoltà di esecuzione e di ratifica dei FES futuri;

12. invita i parlamenti a esercitare un rigoroso controllo parlamentare per quanto attiene al FES; sottolinea la posizione privilegiata dell'APP nell'ambito di tale dibattito ed esorta l'APP nonché i parlamenti ACP a partecipare attivamente, in particolare nell'ambito del riesame dell'accordo di Cotonou previsto per il 2010; insiste affinché l’APP partecipi all’insieme del processo di negoziazione di tale revisione;

13. nota con soddisfazione il carattere sempre più parlamentare e quindi politico dell'APP, nonché la maggiore incisività dell'impegno dei suoi membri e della qualità dei suoi dibattiti, il che contribuisce in misura determinante al partenariato ACP-UE;

14. ritiene che le risoluzioni dell'APP sulla situazione in Kenya e in Zimbabwe, menzionate in

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precedenza, siano esempi significativi del dialogo rafforzato;

15. invita l’APP a continuare a vigilare sulla situazione in Sudan, e in particolare nel Darfur, segnatamente valutando la posizione dell’Unione europea e dei paesi ACP per quanto concerne i mandati d'arresto della Corte penale internazionale;

16. invita l'APP a continuare a vigilare sulla situazione in Somalia, che mette in pericolo la vita dei cittadini somali, costituisce una minaccia per la sicurezza della regione ed è fonte di instabilità mondiale a motivo dei crescenti fenomeni di criminalità, estremismo e pirateria;

17. invita l'APP a proseguire il dibattito sulla preoccupante situazione in Zimbabwe, dove le elezioni svolte nel luglio 2008 non hanno portato alla restaurazione della democrazia e il contesto economico rappresenta una vera minaccia per la salute e la vita di milioni di cittadini, nonché per la stabilità della regione;

18. esorta l'APP a continuare a contribuire all'azione di sensibilizzazione della comunità internazionale sui conflitti che dilaniano la parte orientale della RDC, a promuovere una soluzione politica negoziata alla crisi e a sostenere qualsiasi intervento possa essere proposto nel quadro di una soluzione negoziata;

19. invita l'APP a proseguire e ad approfondire il dialogo con il PPA e con i parlamenti delle organizzazioni regionali in considerazione dell'importanza dell'integrazione regionale per la pace e lo sviluppo dei paesi ACP;

20. deplora il fatto che l'APP non sia stata consultata adeguatamente in occasione dell'elaborazione della strategia congiunta UE-Africa e auspica che l'APP venga attivamente coinvolta nell'attuazione di tale strategia;

21. si compiace del fatto che le riunioni regionali, previste nell'accordo di Cotonou e nel regolamento dell'APP, abbiano avuto luogo a partire dal 2008; ritiene che tali riunioni consentano un effettivo scambio di opinioni su importanti aspetti regionali, tra cui la prevenzione e la risoluzioni dei conflitti, e che le politiche europee contribuiscano al rafforzamento delle coesioni regionali; sottolinea che tali riunioni si svolgono in un momento particolarmente opportuno nel quadro del negoziato, della conclusione e dell'attuazione degli APE e devono costituire una priorità; si congratula con gli organizzatori delle due riunioni, estremamente riuscite, tenutesi in Namibia e nel Vanautu ed è a favore dell'organizzazione delle prossime riunioni nel 2009 nelle regioni dei Caraibi e dell'Africa occidentale;

22. sollecita l'APP a rafforzare il ruolo della propria commissione per gli affari politici onde trasformarla in un'autentica sede di prevenzione e risoluzione dei conflitti, nel quadro del partenariato ACP-UE e a generalizzare, a tal fine, i confronti sulle situazioni d'emergenza proprie di un paese; si compiace del lavoro compiuto nel settore della protezione dei civili nell'ambito delle operazioni di mantenimento della pace nonché dell'intenzione di impegnarsi a fondo sul versante della governance nei paesi ACP;

23. si compiace altresì per la relazione della commissione per gli affari politici dell'APP sulle esperienze del processo d'integrazione regionale europea pertinenti per i paesi ACP – adottata a Lubiana nel marzo 2008 – che evidenzia i vantaggi fondamentali dell’integrazione, quali la pace e la sicurezza, la prevenzione della degenerazione di conflitti potenziali in conflitti armati, la prosperità, il benessere, la democrazia e il rispetto dei diritti

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umani;

24. prende atto con soddisfazione dell'intenzione espressa dalla commissione per lo sviluppo economico, le finanze e il commercio dell'APP di avviare un'analisi dei documenti strategici regionali per le regioni ACP;

25. sottolinea il ruolo svolto dalla commissione per gli affari sociali e l'ambiente dell'APP nell'area del lavoro minorile nonché l'intenzione di analizzare la situazione sociale dei giovani nei paesi ACP;

26 si compiace altresì per la relazione della commissione per gli affari sociali e l’ambiente sulle ripercussioni sociali e ambientali dei programmi di adeguamento strutturale – adottata a Lubiana – la quale sostiene l'idea che la pratica di subordinare i prestiti della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (FMI) alle condizioni di politica economica ha avuto delle ripercussioni sociali e ambientali disastrose sui paesi ACP e andrebbe pertanto sostituita da una politica di prestiti specifica per ogni singolo paese tesa a ridurre la povertà;

27. invita l'APP a esigere di essere strettamente coinvolta nel processo di riesame dell'accordo di Cotonou che verrà intrapreso nel 2009, al fine di garantire il rafforzamento futuro del ruolo e delle attività dell'APP;

28. prende nota con soddisfazione della crescente partecipazione alle sessioni dell'APP di attori non statali, partecipazione messa in luce nel corso del dibattito che ha portato alla summenzionata dichiarazione di Port Moresby del novembre 2008 sulle crisi finanziaria ed alimentare mondiali, nonché nella relazione dei partner economici e sociali sugli APE, presentata nell'ambito dell'APP tenutasi a Lubiana;

29 auspica, oltre alla relazione annuale sull’attività dell’APP ACP-UE, l’elaborazione di una riflessione congiunta tra il segretariato dei paesi ACP e il Parlamento europeo sulle condizioni di funzionamento dell’APP, in particolare il voto per collegio separato, la parità di trattamento dei parlamentari nonché le missioni congiunte d’inchiesta e di osservazione delle elezioni;

30. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, al Consiglio ACP, all'Ufficio di presidenza dell'APP, ai governi e ai parlamenti della Slovenia e della Papua-Nuova Guinea.

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Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli all’utilizzo dei Fondi

strutturali

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulle migliori prassi nel settore

della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali (2008/2061(INI))

Il Parlamento europeo,

– visto il programma URBACT, avviato nel quadro dell'iniziativa URBAN, che agevola e sviluppa le buone pratiche e gli scambi di esperienze di oltre 200 città dell'Unione europea,

– vista la sua risoluzione del 21 ottobre 2008 sulla governance e il partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale1,

– visto il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione,2

– visto il regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale,3

– visti gli articoli 158 e 159 del trattato CE,

– viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo tenutosi a Lisbona il 23 e 24 marzo 2000,

– vista la comunicazione della Commissione del 19 giugno 2008 intitolata “Quinta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale - Regioni in crescita, Europa in crescita” (COM(2008)0371),

– vista la comunicazione della Commissione del 6 ottobre 2008 intitolata “Libro verde sulla coesione territoriale - Fare della diversità territoriale un punto di forza” (COM(2008)0616),

– vista la comunicazione della Commissione dell'8 novembre 2006 intitolata “Regioni per il cambiamento economico” (COM(2006)0675),

– visto lo studio della sua Unità tematica Politiche strutturali e di coesione intitolato “Le buone pratiche nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali”,

– tenuto conto dell’audizione pubblica del 17 luglio 2008 organizzata dalla sua commissione per lo sviluppo regionale,

– visto l'articolo 45 del suo regolamento,

– visti la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e il parere della commissione 1 Testi approvati, P6_TA(2008)0492. 2 GU L 239 del 1.9.2006, pag. 248. 3 GU L 210 del 31.7.2006, pag. 1.

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per i bilanci (A6-0095/2009),

A. considerando che la politica di coesione è uno dei più importanti settori d'azione nell'Unione europea, non soltanto in considerazione della sua dotazione finanziaria, ma anche e soprattutto perché costituisce un pilastro fondamentale nel processo d’integrazione europea e per la sua importanza per la coesione sociale, economica e territoriale dell'Unione europea e per lo sviluppo delle sue 268 regioni, riducendo i deficit e le disparità di sviluppo e migliorando la vita di tutti i cittadini dell'Unione europea,

B. considerando che le regioni dell’Unione europea si trovano di fronte a sfide largamente simili, il cui impatto tuttavia differisce grandemente da regione a regione date le specificità delle regioni per quanto riguarda il carattere (ad esempio regioni insulari o montane) e la popolazione: globalizzazione e ristrutturazioni economiche accelerate che ne derivano, apertura delle relazioni commerciali, conseguenze della rivoluzione tecnologica, cambiamenti climatici, sviluppo dell’economia basata sulla conoscenza, evoluzione demografica, calo demografico e aumento dell'immigrazione,

C. considerando che i migliori risultati, che rafforzano la base di conoscenze e migliorano la competitività, sono spesso raggiunti nell'ambito di progetti svolti in cooperazione tra settore pubblico, imprese, settore dell'istruzione e attori locali,

D. considerando che la politica di coesione non è in grado di sviluppare appieno il proprio potenziale per superare tali sfide poiché i potenziali richiedenti, per accedere al sostegno dei fondi strutturali dell’Unione europea, si trovano di fronte a grossi ostacoli, quali:

– eccessiva burocrazia,

– regolamentazioni troppo numerose e complesse, in certi casi disponibili unicamente on-line, il che esclude molti potenziali beneficiari di questi fondi dall'accesso a tali risorse,

– frequenti modifiche, da parte di certi Stati membri, dei criteri di ammissibilità e della documentazione richiesta,

– mancanza di trasparenza dei processi decisionali e dei regimi di cofinanziamento, e ritardi nei pagamenti,

– amministrazione centrale lenta e macchinosa negli Stati membri e applicazione delle norme in una maniera che dilata ulteriormente la burocrazia e fa sì che le informazioni siano fornite in modo inadeguato,

– insufficiente capacità amministrativa decentrata e diversità dei modelli di amministrazione regionale negli Stati membri, che ostacolano la disponibilità di dati comparativi e lo scambio di migliori prassi,

– inadeguatezza dei meccanismi di coordinamento interregionale,

– assenza di un sistema funzionante di cooperazione fra autorità nazionali, regionali e locali,

E. considerando che parecchi degli attuali errori nel settore della politica di coesione sono riconducibili a questi ostacoli esistenti,

F. considerando che i ritardi nell'attuazione della politica strutturale sono dovuti in parte all'eccessiva rigidità delle procedure, e che pertanto occorre considerare l'opportunità di

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una loro semplificazione e di una chiara divisione di responsabilità e competenze fra l'Unione europea, gli Stati membri e le autorità locali e regionali,

1. sottolinea che, sebbene si debba tener conto del valore aggiunto della diffusione delle migliori prassi presso la generalità del pubblico in termini di migliore comunicazione e rapporto costi-benefici, i tentativi di introdurre tali prassi nella politica regionale dell'Unione europea dovrebbero rivolgersi soprattutto alle autorità di gestione, guidandole nell'elaborazione delle norme che disciplinano l'accesso alle risorse strutturali, in modo che gli scambi di informazioni e di esperienze possano contribuire a un deciso miglioramento della qualità dei progetti, fornendo soluzioni a problemi comuni e permettendo di scegliere interventi più efficaci e mirati;

2. rileva la necessità di semplificare le procedure per l 'attuazione dei progetti e programmi nel quadro dei fondi strutturali, specialmente per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo; accoglie pertanto con favore, a tale riguardo, il pacchetto di revisione normativa dei Fondi strutturali messo a punto in risposta all'attuale crisi finanziaria; attende con impazienza le ulteriori proposte della Commissione in materia, che dovranno essere annunciate entro i prossimi mesi;

Eliminazione degli ostacoli

3. esorta la Commissione, allo scopo di eliminare gli ostacoli citati, ad assumere, fra l'altro, le seguenti iniziative:

– impostare a lungo termine i criteri di valutazione dei progetti cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea;

– per i progetti innovativi, sviluppare criteri di valutazione specifici - adeguati alla natura innovativa dei progetti - che in sostanza ammettano un margine di errore più ampio, anziché valutarli con gli stessi criteri applicati ad altri tipi di progetti;

– ridurre dagli attuali dieci anni a tre anni la durata massima dell’obbligo di conservare la documentazione relativa al progetto per i controlli da parte della Commissione;

– elaborare speciali misure d'intervento e nuovi indicatori qualitativi per le regioni con determinate specificità geografiche, come le regioni montane e a bassa densità di popolazione e le regioni ultraperiferiche, di confine e insulari, e adattare di conseguenza la scala territoriale degli interventi, al fine di promuovere la coesione territoriale nell'Unione europea;

– semplificare il sistema dei controlli e cercare di introdurre un sistema di controllo unico;

– adattare le norme in materia di pubblici appalti in modo da semplificarle e armonizzarle;

– coordinare con gli Stati membri le disposizioni sull'ammissibilità delle spese;

– assicurare in maggior misura gli anticipi ai beneficiari;

– migliorare il coordinamento delle misure attuate e cofinanziate nel quadro della politica di coesione e nel quadro della PAC II (sviluppo delle zone rurali);

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– rendere più flessibili i programmi di assistenza tecnica;

– introdurre meccanismi per promuovere la cooperazione in rete e facilitare la gestione di progetti in gruppo;

– alleviare gli oneri amministrativi creati da questi progetti e limitarli in proporzione alle dimensioni del progetto;

– semplificare, chiarire ed accelerare l'iter dei progetti e renderli maggiormente orientati ai risultati;

– incoraggiare attivamente gli Stati membri a creare un sistema efficace di cooperazione e di condivisione delle responsabilità fra i livelli nazionale, regionale e locale;

– facilitare l'accesso ai fondi grazie a una più stretta cooperazione con i governi nazionali per ridurre i tempi burocratici;

– predisporre un calendario per l'adozione di iniziative volte a rimuovere gli ostacoli e a migliorare le possibilità di accesso ai fondi;

4. raccomanda alla Commissione di procedere inoltre a sviluppare un approccio concertato, accessibile a tutti, riguardo allo scambio interregionale delle migliori prassi, onde consentire agli attori che partecipano alla politica di coesione di usufruire delle esperienze altrui;

5. rimarca espressamente che l'individuazione delle migliori prassi non deve portare ad appesantimenti amministrativi per i richiedenti e i promotori di progetti;

6. chiede che nell'utilizzazione dei fondi strutturali le formalità amministrative siano ridotte al minimo e non aumentino inutilmente a causa delle diverse condizioni imposte dagli Stati membri;

7 ribadisce il proprio sostegno alla prassi volte a garantire che ogni Stato membro produca una dichiarazione di affidabilità nazionale annuale che copra i fondi comunitari in gestione condivisa, e chiede che tale prassi sia generalizzata;

Criteri generali e tematici per individuare le migliori prassi

8. si compiace dell’approccio definito nel quadro dell’iniziativa “Regioni per il cambiamento economico”, che prevede, in primo luogo, di individuare e pubblicizzare le migliori prassi col conferimento del premio annuale "REGIO STARS" e, in secondo luogo, di istituire un sito internet per le migliori prassi; richiama l'attenzione sul fatto che, con il solo Internet, l'efficacia di tale iniziativa risulterebbe limitata;

9. critica la scarsa trasparenza delle basi oggettive utilizzate dalla Commissione per individuare le migliori prassi;

10. invita la Commissione, alla luce dell’ampio uso del concetto di “migliori prassi”, a cui di frequente si affiancano i concetti di “buone prassi” o di “success stories”, a definire una serie di criteri specifici per la politica di coesione, che consentano di distinguere queste “migliori prassi” da quelle relative ad altri progetti;

11. raccomanda alla Commissione di tener conto, nell'individuazione delle migliori prassi, dei seguenti aspetti:

– qualità del progetto,

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– garanzia del principio del partenariato,

– sostenibilità della misura in questione,

– contributo positivo alla parità delle opportunità e all'integrazione della dimensione di genere,

– carattere innovativo del progetto,

– approccio integrato fra le politiche settoriali e territoriali dell'Unione euroepa,

– uso efficace delle risorse,

– durata del progetto prima dell'attuazione,

– attivazione del progetto nei tempi e nei modi prestabiliti,

– impulso significativo per la regione o per l'intera Unione europea,

– impatto sull'occupazione,

– vantaggi per le PMI,

– agevolazione della messa in rete e della cooperazione territoriale fra regioni,

– trasferibilità del progetto, ovvero sua applicabilità in altre regioni del'Unione europea,

– valore aggiunto delle attività nel quadro delle politiche dell'Unione europea,

– impatto positivo del progetto sui cittadini, sulle regioni e gli Stati membri e sulla società nel suo complesso;

12. sottolinea che tutti i criteri per l'individuazione delle migliori prassi devono essere chiaramente misurabili e affidabili, così da evitare frizioni, effetti indesiderati e giudizi soggettivi che rischierebbero di compromettere l'intera procedura di classificazione dei progetti sulla base dei criteri stessi; invita pertanto la Commissione a descrivere chiaramente il contenuto di detti criteri e il modo in cui vanno applicati;

13. raccomanda che, sulla base dell’analisi di numerosi progetti relativi a diverse regioni dell’Unione europea, si prendano in considerazione fattori supplementari per identificare le migliori prassi in settori della politica di coesione che sono di particolare rilievo per lo sviluppo sia di singole regioni che dell’Unione europea nel suo insieme e che mostrano una marcata varietà di approcci in termini di attuazione;

14. raccomanda, con riferimento al settore “ricerca e sviluppo/innovazione”, di considerare i seguenti fattori:

– investimenti qualitativamente significativi nella scienza e nella ricerca,

– legami fra economia, mondo accademico e istituti di ricerca, con un particolare accento sul rafforzamento delle PMI, anche come strumento per far decollare lo sviluppo territoriale,

– legami fra istituti scientifici e istituti di ricerca,

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– sviluppo e/o innovazione riguardanti tecnologie orientate al futuro e/o loro applicazioni pratiche,

– utilizzazione delle nuove tecnologie in settori tradizionali,

– applicazione nell'industria,

– soluzioni in settori chiave per l'Unione europea, per esempio, ecologia ed energia;

15. raccomanda, con riferimento al settore "ambiente, clima e politica energetica sostenibile”, di considerare i seguenti fattori:

– misure di protezione per zone particolarmente a rischio, adeguate alle specificità locali (sensibilità), in particolare per le acque,

– conservazione e uso efficiente delle risorse scarse,

– approccio responsabile all’uso delle risorse,

– misure per risolvere il problema della povertà energetica,

– rilevante aumento dell’efficienza energetica,

– rilevante riduzione del consumo di energia,

– aumento della quota di fonti energetiche rinnovabili,

– misure per ridurre le emissioni di CO2,

– metodi e/o procedimenti per la conservazione delle risorse scarse o in pericolo;

16. raccomanda, con riferimento al settore “creazione di posti di lavoro di qualità”, di considerare i seguenti fattori:

– miglioramento delle condizioni di lavoro,

– aumento del numero di posti di lavoro di qualità,

– creazione sostenibile di posti di lavoro rivolti al futuro,

– garanzia di pari accesso al mercato del lavoro per ambo i generi,

– aumento della produttività,

– aumento della competitività,

– creazione di posti di lavoro indipendenti dalla collocazione territoriale, come nel campo dell’“e-business”,

– interventi per una maggiore specializzazione della forza lavoro,

– uso dei mezzi moderni d'informazione e comunicazione,

– conciliazione della vita familiare e lavorativa,

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– interventi a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione (ad esempio giovani, donne, persone con disabilità, immigrati, disoccupati di lunga durata, disoccupati di età superiore ai 45 anni, persone che non hanno ricevuto un'istruzione formale),

– migliore accessibilità e disponibilità di trasporti, telecomunicazioni, istruzione e servizi sanitari;

17. raccomanda, con riferimento al settore “apprendimento permanente”, di considerare i seguenti fattori:

– miglioramento qualitativo degli standard formativi e aumento quantitativo dell'offerta di formazione, con particolare riferimento alle opportunità per le componenti di popolazione più svantaggiate o a rischio (ad esempio giovani, donne, persone con disabilità, immigrati, disoccupati di lunga durata, disoccupati di età superiore ai 45 anni, persone prive di istruzione scolastica),

– stretto collegamento fra istruzione, formazione e vita lavorativa,

– progetti di formazione specificamente adeguati alle esigenze, sia in termini qualitativi che quantitativi,

– introduzione e utilizzo di tecnologie e procedure moderne,

– misure per stimolare e mantenere la disponibilità alla formazione,

– maggiore utilizzazione delle opportunità di formazione,

– formazione linguistica permanente;

18. raccomanda, con riferimento al settore “sviluppo urbano integrato”, di considerare i seguenti fattori:

– politica integrata a lungo termine per il trasporto pubblico locale, la circolazione di pedoni e biciclette e l'uso dell'automobile, in un'ottica di efficace integrazione fra le diverse modalità di trasporto, sia pubbliche che private,

– gestione efficiente del traffico,

– promozione dello sviluppo economico delle città,

– aumento degli investimenti imprenditoriali, misure tese a incentivare e a mantenere il livello dell'occupazione - ponendo soprattutto l'accento sull'occupazione e l'imprenditoria giovanile - e a migliorare la vita sociale,

– rigenerazione e integrazione di quartieri degradati e di aree deindustrializzate,

– migliore qualità della vita nei centri urbani, ad esempio disponibilità e accessibilità dei servizi pubblici,

– creazione di spazi verdi e di aree ricreative e maggiore efficienza nell'uso delle risorse idriche ed energetiche, specialmente nel settore abitativo,

– servizi e strutture per le persone con disabilità,

– promozione di iniziative volte a creare legami tra la popolazione, e soprattutto i giovani, e le loro città,

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– presa in considerazione dello spazio di vita costituito dal territorio urbano, suburbano e rurale prossimo alla città,

– riduzione dell'utilizzo eccessivo dei terreni grazie a una ben maggiore rivalorizzazione dei terreni inutilizzati ed evitando lo sviluppo urbano incontrollato,

– migliore accessibilità delle attrezzature urbane e di trasporto per le persone a mobilità ridotta,

– maggiore interazione fra centri urbani e aree rurali,

– impiego di un approccio integrato;

19. raccomanda, con riferimento al settore “evoluzione demografica”, di considerare i seguenti fattori:

– accesso universale ai servizi,

– rafforzamento delle misure tese ad attrarre i lavoratori qualificati,

– maggiore coinvolgimento delle fasce più vulnerabili della popolazione migliorando istruzione e formazione,

– misure in materia di orario di lavoro flessibile,

– misure per semplificare la vita dei genitori che lavorano consentendo loro di conciliare vita familiare e vita lavorativa,

– misure per favorire l'agevole integrazione dei migranti,

– esigenze speciali delle persone con disabilità e degli anziani,

– contributo al mantenimento dei livelli demografici (in aree soggette a calo demografico);

20. raccomanda, con riferimento al settore “cooperazione transfrontaliera”, di considerare i seguenti fattori:

– incremento della qualità e della quantità dei contatti transfrontalieri,

– creazione di reti permanenti o di meccanismi di cooperazione a lungo termine,

– armonizzazione dei diversi sistemi e procedure,

– coinvolgimento di nuovi partner,

– creazione di autonomia finanziaria,

– trasferimento e scambio permanenti di conoscenze a livello transfrontaliero,

– sfruttamento comune delle potenzialità delle regioni partner,

– collegamenti infrastrutturali fra regioni partner;

21. raccomanda, con riferimento al settore “partenariati pubblico-privato”, di considerare i seguenti fattori:

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– miglioramento qualitativo della realizzazione del progetto in termini di efficacia e redditività,

– accelerazione dei tempi di attuazione del progetto,

– meccanismo trasparente di distribuzione del rischio,

– migliore gestione del progetto,

– accresciuta partecipazione delle autorità e degli operatori locali e regionali ai partenariati pubblico-privato,

– regole di condotta chiare e trasparenti per le attività di imprese ed enti del settore pubblico;

22. invita la Commissione a tener conto della necessità di favorire le migliori prassi in materia di meccanismi di finanziamento, in particolar modo quelli dei partenariati pubblico-privato e quelli che beneficiano del sostegno della Banca europea per gli investimenti e del Fondo europeo per gli investimenti;

23. è consapevole del fatto che è estremamente difficile che un progetto soddisfi contemporaneamente tutti i criteri summenzionati; invita pertanto la Commissione a redigere un elenco di tali criteri in ordine di priorità, prima di applicarli, e a stabilire quali debbano avere maggiore priorità, in modo da facilitare la designazione dei progetti meritevoli come migliori prassi; sottolinea la necessità di utilizzare i criteri sulle migliori prassi stabiliti di comune accordo in maniera aperta e trasparente, il che consentirà una migliore gestione, accettazione e comparabilità di tali prassi e consentirà di evitare la confusione con altri concetti simili;

24. invita la Commissione, in vista del futuro utilizzo dei termini “migliori prassi”, “buone prassi” e “success stories”, a elaborare una chiara e trasparente suddivisione o graduazione di tali concetti ai fini della descrizione dei progetti;

Scambio delle migliori prassi

25. invita la Commissione a organizzare e coordinare lo scambio di migliori prassi attraverso una rete di regioni, e a creare a tale scopo un sito web pubblico contenente le informazioni essenziali sui progetti in tutte le lingue della Comunità;

26. raccomanda alla Commissione di istituire, nel contesto dell’attuale quadro amministrativo, un ufficio specifico nell’ambito della Direzione generale Politica regionale, che organizzi, in collaborazione con questa rete delle regioni, la valutazione, la raccolta e lo scambio delle migliori prassi, e funga da punto di contatto permanente sia per l'offerta che per la domanda, con l’obiettivo di instaurare un scambio a lungo termine, continuo, affidabile ed efficace, delle migliori prassi nel settore della politica di coesione; invita la Commissione a diffondere in tutti i suoi servizi questa cultura delle buone prassi;

27. propone in tale ambito che i meccanismi di valutazione analizzino e prendano in considerazione metodologie affidabili già sperimentate; ritiene che occorra dare particolare enfasi alla cooperazione con una rete di autorità regionali e agenzie specializzate, che sono la fonte principale del materiale primario di migliori prassi per la valutazione;

28. rammenta che, mentre l'Unione europea fornisce finanziamenti e buone prassi, spetta ai responsabili nazionali, regionali e locali trarne profitto; accoglie con favore in tale ambito l'istituzione di un programma Erasmus per i rappresentanti eletti locali e regionali;

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29. raccomanda che la Commissione si avvalga degli strumenti del Comitato delle regioni, in particolare la Piattaforma di monitoraggio su Lisbona e la Rete di monitoraggio della sussidiarietà per lo scambio delle migliori prassi fra regioni e Stati membri, al fine di identificare e determinare insieme gli obiettivi, programmare gli interventi e infine procedere a una valutazione comparativa dei risultati della politica di coesione;

o

o o

30. incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

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Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure

per lo sviluppo rurale

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla complementarità e il

coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale (2008/2100(INI))

Il Parlamento europeo,

– visti gli articoli 158 e 159 del trattato CE,

– visto il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione1, in particolare l'articolo 9,

– visto il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)2,

– vista la decisione 2006/702/CE del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione3,

– vista la decisione 2006/144/CE del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013)4,

– vista l'Agenda territoriale dell'Unione europea e il primo programma d'azione per l'attuazione dell'agenda territoriale dell'Unione europea,

– visto il Libro verde della Commissione, del 6 ottobre 2008, dal titolo "Coesione territoriale - Fare della diversità territoriale un punto di forza" (COM(2008)0616),

– visto lo studio dell'Osservatorio in rete dell'assetto territoriale europeo (ORATE) dal titolo "Il futuro del territorio: scenari territoriali per l'Europa",

– visto l'articolo 45 del suo regolamento,

– visti la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e il parere della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (A6-0042/2009),

A. considerando che la nozione di zone rurali è stata definita dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e che tale definizione comprende elementi quali la bassa densità demografica e la mancanza di accesso ai servizi, che tale definizione viene utilizzata dalla Commissione per identificare e delineare gli obiettivi di sviluppo di tali zone,

B. considerando che le zone rurali differiscono notevolmente da uno Stato membro all'altro e 1 GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25. 2 GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1. 3 GU L 291 del 21.10.2006, pag. 11. 4 GU L 55 del 25.2.2006, pag. 20.

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che, mentre in talune regioni e in taluni Stati membri le zone rurali hanno conosciuto una crescita demografica ed economica, gli abitanti di molte di queste zone stanno migrando verso zone urbane o stanno cercando di riqualificarsi, creando così sfide immense per le zone rurali,

C. considerando che le zone rurali coprono fino all'80% del territorio dell'Unione europea,

D. considerando che le zone rurali intermedie, che sono caratterizzate da una struttura economica simile a quella delle aree urbane adiacenti, differiscono dalle zone prevalentemente rurali, periferiche o isolate,

E. considerando che uno degli obiettivi di sviluppo dell'Unione consiste nel promuovere il progresso economico e sociale e un elevato livello di occupazione nonché nel raggiungere uno sviluppo equilibrato e sostenibile,

F. considerando che la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione europea può essere rafforzata attraverso lo sviluppo economico, la promozione delle opportunità occupazionali nelle zone rurali e urbane e garantendo la parità di accesso ai servizi pubblici,

G. considerando che la riforma della politica strutturale per gli anni 2007-2013 ha determinato cambiamenti a livello della struttura dei Fondi e nei criteri di ripartizione degli aiuti a titolo di questa politica, nonché la creazione del nuovo Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) legato alla politica agricola comune (PAC) e sganciato dalla politica di coesione,

H. considerando che già in passato i programmi LEADER hanno dimostrato come si possa promuovere con successo lo sviluppo delle regioni mediante gli strumenti di politica regionale,

I. considerando che è di importanza cruciale per il successo del FEASR assicurare la complementarità fra le attività cofinanziate dal FEASR e quelle cofinanziate dai Fondi strutturali per far sì che gli aiuti provenienti da vari fondi, in particolare dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), dal Fondo di coesione e dal Fondo sociale europeo (FSE) siano adeguatamente coordinati e ne sia garantita la complementarità,

J. considerando che la creazione del FEASR, la separazione dei finanziamenti di sviluppo regionale dalla politica di coesione e dalla prospettiva più ampia di sviluppo regionale non deve far sì che taluni obiettivi (ad esempio protezione dell'ambiente, trasporti e istruzione) siano doppioni o vengano semplicemente trascurati,

K. considerando che il costante trasferimento di risorse tra il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e il FEASR porta ad incertezze di pianificazione sia per gli agricoltori che per i promotori di progetti di sviluppo rurale,

L. considerando che a causa delle restrizioni di bilancio c'è il rischio che i mezzi disponibili nell'ambito del FESR vengano utilizzati in gran parte per rafforzare la competitività economica concentrata nei centri urbani più importanti o nelle regioni più dinamiche, mentre le risorse del FEASR sono principalmente destinate al miglioramento della competitività dell'agricoltura - settore che continua a rappresentare il motore dell'economia delle zone rurali - nonché al sostegno delle attività non agricole e dello sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI) in tali aree, donde la necessità di un più stretto

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coordinamento per assicurare una copertura totale delle aree in questione,

M. considerando che le PMI, soprattutto le microimprese e le imprese artigiane, svolgono un ruolo essenziale per il mantenimento della vita economica e sociale nelle campagne e per la garanzia della loro stabilità,

N. considerando che gli obiettivi della politica di sviluppo rurale non devono essere in contraddizione con quelli di Lisbona, fintantoché tale sviluppo si basa sul meccanismo della competitività relativa (migliore rapporto costo/efficienza), in particolare nell'industria locale di trasformazione agroalimentare e in relazione allo sviluppo delle PMI e delle infrastrutture e dei servizi come il turismo, l'istruzione o la protezione dell'ambiente,

O. considerando l'opportunità di riconoscere il rapporto naturale che intercorre fra politica agricola e politica di sviluppo rurale e la loro complementarità,

1. ritiene che i criteri tradizionali utilizzati per distinguere le zone rurali da quelle urbane (più scarsa densità demografica e livello di urbanizzazione) potrebbero non essere sempre sufficienti per dare una visione completa della situazione; ritiene pertanto che si debba esplorare anche la possibilità di aggiungere altri criteri e chiede alla Commissione di presentare un’analisi e proposte concrete in materia;

2. è convinto che, date le disparità considerevoli tra le zone rurali nei vari Stati membri, e poiché queste rappresentano fino all'80% circa del territorio dell'Unione europea, è necessario adottare ed attuare un approccio adeguato mirato e integrato per il loro sviluppo durevole, teso a livellare le disparità esistenti e a promuovere il dinamismo economico delle zone sia urbane che rurali; sottolinea la necessità di destinare adeguati finanziamenti alle azioni corrispondenti;

3. ricorda a tale proposito che tutte le regioni dell'Unione europea nel suo insieme, comprese le zone rurali e remote, dovrebbero in linea di principio beneficiare delle medesime opportunità di sviluppo per evitare di aggravare l'esclusione territoriale delle aree più svantaggiate;

4. sottolinea che in numerose zone rurali le difficoltà di accesso ai servizi pubblici, la mancanza di lavoro e la piramide di età riducono il potenziale di sviluppo, soprattutto per i giovani e le donne;

5. osserva che, in alcune zone, non esistono alternative a determinate forme di produzione agricola, che in molti casi devono essere sostenute a ogni costo per motivi ambientali e di politica regionale, soprattutto in regioni agricole isolate o montane colpite dalla desertificazione;

6. ricorda che il Consiglio europeo di Göteborg, del 15 e 16 giugno 2001, ha ampliato gli obiettivi di Lisbona ai concetti di durabilità e di coesione e che la politica di sviluppo rurale mira per l'appunto a pervenire a un'agricoltura sostenibile, al mantenimento di attività rurali non agricole, alla valorizzazione dei potenziali di sviluppo locale, alla protezione dell'ambiente, all'assetto equilibrato dei territori e allo sviluppo delle PMI;

7. è convinto che una corretta attuazione della politica di sviluppo rurale, in vista dello sviluppo sostenibile a lungo termine delle zone rurali, esige che si tenga conto delle risorse naturali e delle specificità delle regioni, tra cui la protezione, il potenziamento e la gestione

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del patrimonio rurale, e lo sviluppo di collegamenti e interazioni con le zone urbane;

8. sottolinea inoltre l'importanza di valutare aree di attività economica alternativa e le opportunità che derivano da quelle aree per la diversificazione delle attività occupazionali della popolazione;

9. ritiene che, per affrontare le sfide future, le zone rurali necessitino di una politica di sviluppo equilibrata che integri tutti gli attori economici e sociali, comprese le piccole e microimprese attive nei settori della produzione e dei servizi, dato il loro ruolo nello sviluppo locale integrato;

10. ritiene che, per quanto riguarda i nuovi Stati membri, la politica di sviluppo rurale debba essere finalizzata al miglioramento dell'efficienza dell'agricoltura e alla riduzione del divario di sviluppo economico tra campagna e città, sostenendo tra l'altro le attività non agricole, obiettivo conseguibile anche tramite i Fondi strutturali;

11. plaude alle ambizioni stabilite durante la Seconda conferenza europea sullo sviluppo rurale svoltasi a Salisburgo nel 2003, ma deplora il fatto che i finanziamenti concessi nel quadro del secondo pilastro della PAC attraverso le ultime prospettive finanziarie siano stati ridotti in modo significativo, rischiando l'inefficacia e creando una divisione tra agricoltori e residenti rurali;

12. sottolinea l'esigenza di elaborare una strategia di sviluppo rurale coerente a lungo termine, allo scopo di favorire un utilizzo quanto più possibile efficiente ed efficace di tutti i finanziamenti disponibili.

13. invita gli Stati membri e le autorità regionali a formulare, in cooperazione con la Commissione e d'intesa con le autorità competenti e le organizzazioni che rappresentano la società civile, una strategia trasparente di sviluppo rurale sostenibile di lungo periodo ai livelli nazionale e regionale, intesa a individuare chiaramente le priorità e gli obiettivi in materia di sviluppo rurale e garantire l’adeguamento, il coordinamento e la complementarità degli aiuti provenienti dalle varie fonti di finanziamento disponibili;

14. invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali ad associare direttamente le organizzazioni rappresentative delle PMI, delle microimprese e delle imprese artigiane all'identificazione di tali priorità, onde rispondere al meglio alle esigenze e alle attese di dette imprese;

15. riconosce l'enorme importanza del ruolo di identificazione e soluzione di problemi specifici nelle zone rurali svolto dalla politica di sviluppo rurale e ritiene che l'istituzione del FEASR per il secondo pilastro della PAC rappresenti un tentativo di darsi un’impostazione flessibile, strategica, tematica ed integrata per dare risposta alla diversità di situazioni e di proporzioni delle sfide che le zone rurali dell’Unione europea si trovano ad affrontare, e di semplificare le procedure di finanziamento e far sì che i finanziamenti siano concentrati su queste aree;

16. ricorda che agli Stati membri è stato chiesto di preparare, per il corrente periodo di programmazione, due documenti strategici: un piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale (FEASR) e un quadro strategico nazionale di riferimento per la politica regionale (Fondi strutturali); ricorda anche che gli Stati membri sono stati invitati ad attivare sinergie e ad istituire meccanismi di coordinamento operativo tra i vari fondi; si rammarica tuttavia

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che in tale processo ci si sia preoccupati soprattutto di assicurare la delimitazione rispettiva dei vari fondi e programmi anziché attivarne sinergie;

17. ritiene che l’efficienza della politica di sviluppo rurale si potrà ottenere solo se le misure attuate a titolo del FEASR e della politica di sviluppo regionale vengono coordinate e sono complementari, in modo da evitare doppi finanziamenti e lacune; nota con preoccupazione l'insufficiente coordinamento fra codeste azioni nel corso dell’attuale periodo di programmazione nei singoli Stati membri; chiede pertanto alla Commissione di proporre riforme volte a garantire un migliore coordinamento programmatico e una migliore attuazione delle misure cofinanziate nel quadro della politica di coesione e della PAC; riconosce che la riforma post 2013 della PAC e dei Fondi strutturali dell'Unione europea offrirà un’opportunità di riesaminare la relazione tra sviluppo rurale, da un lato, e politica agricola e politica di coesione, dall’altro;

18. riconosce che il ruolo principale della politica di sviluppo rurale è di continuare a mantenere la popolazione nelle campagne con un tenore di vita dignitoso;

19. considera che l'approccio volto a separare lo sviluppo rurale dalla politica di coesione con la creazione del FEASR va sorvegliato da vicino per valutarne il vero impatto sullo sviluppo delle zone rurali; nota che il nuovo sistema è stato introdotto nel 2007 e che è pertanto troppo presto per trarre conclusioni sul futuro di questa politica comunitaria;

20. sottolinea che una delle priorità della politica di sviluppo rurale è di proporre misure che non costringano la gente delle campagne ad abbandonare l'agricoltura e che contribuiscano anche a promuovere la competitività delle imprese, l'agricoltura biologica e, ad esempio, prodotti e bevande tradizionali di alta qualità;

21. nota con interesse che l'Asse 3 e l'Asse 4 (LEADER) del secondo pilastro della PAC (politica di sviluppo rurale), che rappresentano il 15% del totale della spesa del FEASR, riguardano attività extra-agricole rivolte principalmente alla diversificazione delle economie rurali; ritiene, data la natura degli interventi finanziati a titolo di questi Assi, simili ad alcune azioni finanziate dai Fondi strutturali, che vi sia il rischio di una sovrapposizione di politiche;

22. sottolinea tuttavia la necessità di tener conto soprattutto delle prospettive degli addetti al settore agricolo, che devono restare il target privilegiato delle misure di sostegno a titolo della politica di sviluppo rurale;

23. sottolinea l'importanza del sostegno dato ai giovani agricoltori per farli restare sulla loro terra, anche se non dediti esclusivamente alla produzione agricola, mediante incentivi per lo sviluppo e anche per altre attività quali l'agriturismo e mediante il rafforzamento delle PMI nelle zone rurali;

24. ritiene che gli obiettivi principali della politica di sviluppo rurale possano essere ottenuti soltanto se questa politica riceve adeguati finanziamenti da utilizzare conformemente alle priorità stabilite per le zone rurali e che i fondi raccolti attraverso la modulazione debbano essere ridistribuiti alle comunità agricole attive;

25. è dell'avviso che il coordinamento della politica strutturale con gli interventi di sviluppo rurale permetta di realizzare progetti ad alto valore aggiunto europeo; vede in tale coordinamento un'opportunità di valorizzazione duratura delle zone rurali, ad esempio

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tramite interventi infrastrutturali o misure di protezione ambientale;

26. chiede alla Commissione di presentare dati e stime dettagliate relative all'utilizzazione del FEASR e dei Fondi strutturali nelle zone rurali e di esaminare le sinergie realizzabili tra FEASR e Fondi strutturali in termini di finanziamenti disponibili per le zone rurali;

27. invita la Commissione a valutare se i programmi di politica regionale possano permettere di offrire agli agricoltori un reddito certo, ad esempio affidando loro attività di protezione dell'ambiente, di conservazione della natura e di tutela del paesaggio;

28. sottolinea che le principali sfide in materia di coesione territoriale restano lo sviluppo sostenibile, il livello di reddito per abitante, l’accessibilità, l'accesso ai beni e ai servizi pubblici e lo spopolamento delle campagne e che sostenere attività economiche in regioni rurali costituisce il mezzo più efficace di affrontarle;

29. chiede alla Commissione e agli Stati membri di tenere conto sistematicamente delle zone rurali nelle politiche dell'Unione europea e di offrire adeguato sostegno a progetti di sviluppo del capitale umano, in particolare attraverso l’offerta di opportunità di formazione per imprenditori agricoli e non agricoli nelle zone rurali, con particolare accento sulle giovani donne, con l’obiettivo di promuovere l’occupazione e la creazione di posti di lavoro;

30. sottolinea che lo sviluppo nelle zone rurali richiede una maggiore attenzione e un più forte sostegno per la preservazione del paesaggio naturale ed agricolo, l'ecoturismo, la produzione e l'utilizzo di energia rinnovabile ed iniziative locali come i piani di approvvigionamento locale di prodotti alimentari di qualità e i mercati di agricoltori locali;

31. richiama l’attenzione sul ruolo che svolgono le PMI nello sviluppo rurale e il contributo da esse fornito alla convergenza ai livelli regionale e locale; invita la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali e locali a porre l'accento sul rafforzamento della competitività assistendo anche altri settori produttivi, e a incoraggiare lo spirito d'impresa nelle zone rurali sopprimendo segnatamente gli ostacoli amministrativi e giuridici, fornendo infrastrutture IT adeguate e incrementando gli incentivi per l'avvio di nuove attività imprenditoriali, nonché offrire maggiore supporto alle attività non agricole promuovendo la diversificazione economica in queste aree;

32. ancora una volta richiama l'attenzione del Consiglio, della Commissione, degli Stati membri e delle autorità locali sull'immensa posta in gioco rappresentata dall'annunciata scomparsa di diversi milioni di piccole imprese nelle zone rurali con tutte le conseguenze per l'occupazione e dunque per la stabilità delle aree rurali stesse; chiede che vengano adottate misure a tutti i livelli in stretta cooperazione con le parti economiche e sociali;

33. riconosce che le difficoltà connesse all'attuazione dello sviluppo rurale attengono alle interferenze tra le politiche settoriali e la politica di coesione territoriale e tra le loro rispettive dimensioni economiche e sociali, oltre che ai numerosi modelli organizzativi di ripartizione delle competenze e al coordinamento delle azioni a livello degli Stati membri; a questo proposito sottolinea ancora una volta la necessità di creare sinergie tra il FEASR e i Fondi strutturali e di coesione e invita la Commissione ad assistere le autorità nazionali, regionali e locali nel rendersi adeguatamente conto delle possibilità offerte da questi strumenti finanziari; chiede agli Stati membri di garantire il dialogo tra autorità di gestione in modo da creare sinergie tra gli interventi dei differenti fondi e potenziarne l’efficacia;

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34. è del parere che, preliminarmente alla riforma del finanziamento rurale, la Commissione debba svolgere una valutazione dettagliata di tutte le politiche settoriali che hanno un impatto sulle zone rurali, in particolare la PAC e la politica regionale, nell'ambito della coesione territoriale e che venga definita una serie di buone pratiche attinenti alla politica di sviluppo rurale nel suo insieme;

35. invita il Consiglio a convocare una sessione informale e congiunta dei ministri competenti per l'agricoltura e la politica regionale per discutere sui migliori mezzi di coordinamento tra politica di coesione e misure di sviluppo rurale, e ad invitare a detta sessione gli organi consultivi dell'Unione europea (Comitato delle regioni e Comitato economico e sociale europeo), come pure i rappresentanti delle autorità regionali e locali;

36. chiede alla Commissione di creare un gruppo di lavoro ad alto livello entro il 2011 come parte del controllo dello "stato di salute" della PAC (Health Check) che presenti proposte per garantire il futuro dell'economia rurale e di quanti vivono nelle zone rurali dopo il 2013;

37. invita la Commissione ad istituire o consolidare una reale governance e una partnership a tutti i livelli, coinvolgendo direttamente tutte le parti interessate, comprese le PMI e le microimprese, e le parti economiche e sociali, al fine di definire le priorità di azione più adatte alle esigenze di sviluppo delle zone rurali;

38. osserva che il processo di sviluppo rurale deve essere riconciliato con gli interessi delle aree suburbane e strettamente coordinato con la promozione dello sviluppo urbano, e insiste sul fatto che le sinergie fra politiche di sviluppo rurale ed urbano non sono né adeguate né efficaci;

39. riconosce il potenziale della comunità rurale nell’apportare un contributo positivo all'ambiente attraverso una partecipazione ad attività ecocompatibili e allo sviluppo di fonti energetiche alternative come i biocombustibili, in particolare se si considerano le quattro nuove sfide enunciate nel quadro della verifica dello stato di salute della PAC (Health Check), tra cui la biodiversità e le energie rinnovabili;

40. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

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P6_TA-PROV(2009)0158

Prodotti cosmetici (rifusione) ***I

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione)

(COM(2008)0049 – C6-0053/2008 – 2008/0035(COD))

(Procedura di codecisione: rifusione)

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0049),

– visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0053/2008),

– visto l’accordo interistituzionale del 28 novembre 2001 ai fini di un ricorso più strutturato alla tecnica della rifusione degli atti normativi1,

– vista la lettera in data 21 novembre 2008 della commissione giuridica alla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare a norma dell'articolo 80 bis, paragrafo 3, del suo regolamento,

– visti gli articoli 80 bis e 51 del suo regolamento,

– visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e il parere della commissione giuridica (A6-0484/2008),

A. considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione non contiene modificazioni sostanziali se non quelle espressamente indicate come tali e che, per quanto concerne la codificazione delle disposizioni immutate degli atti precedenti e di tali modificazioni, la proposta si limita ad una mera codificazione degli atti esistenti, senza modificazioni sostanziali,

1. approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione e quale emendata in appresso;

2. prende atto della dichiarazione della Commissione allegata alla presente risoluzione;

3. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

4. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento, al Consiglio e alla Commissione.

1 GU C 77 del 28.3.2002, pag. 1.

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P6_TC1-COD(2008)0002

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 25 marzo 2009 in vista

dell'adozione del regolamento (CE) n. .../2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui

prodotti cosmetici (rifusione)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità ║ europea, in particolare l'articolo 95,

vista la proposta della Commissione ║,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo1 ,

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato2,

considerando quanto segue:

(1) La direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici 3, ha subito diverse e sostanziali modificazioni. In occasione di nuove modificazioni della suddetta direttiva è ║ opportuno ║, in questo caso specifico, per ragioni di chiarezza, procedere alla sua rifusione in un testo unico.

(2) Il presente regolamento intende semplificare le procedure e snellire la terminologia, riducendo gli oneri amministrativi e le ambiguità. Inoltre ▌ rafforza taluni elementi del quadro normativo sui cosmetici, quali il controllo all'interno del mercato, al fine di garantire un elevato livello di tutela della salute umana.

(3) Il regolamento è lo strumento giuridico adeguato, dato che prevede norme chiare e dettagliate, che non lasciano spazio a divergenze nel recepimento da parte degli Stati membri. Il regolamento garantisce inoltre che le prescrizioni giuridiche siano attuate contemporaneamente in tutta la Comunità.

(4) Il presente regolamento armonizza in modo esauriente le regole all'interno della Comunità al fine di creare un mercato interno dei prodotti cosmetici garantendo un livello elevato di tutela della salute umana.

(5) Le preoccupazioni di ordine ambientale cui possono dar origine le sostanze impiegate nei prodotti cosmetici sono considerate tramite l'applicazione del regolamento (CE)

1 GU C 27 del 3.2.2009, pag. 34. 2 Posizione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009. 3 GU L 262 del 27.9.1976, pag. 169. ║

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n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'Agenzia europea per le sostanze chimiche1, che consente di valutare la sicurezza ambientale a livello intersettoriale.

(6) Il presente regolamento riguarda soltanto i prodotti cosmetici ad esclusione dei medicinali, dei dispositivi medici e dei biocidi. La distinzione risulta soprattutto dalla definizione particolareggiata dei prodotti cosmetici, la quale fa riferimento sia ai punti di applicazione dei prodotti stessi, sia ai fini perseguiti con il loro impiego.

(7) Per stabilire se un prodotto debba essere considerato prodotto cosmetico è opportuno basarsi sulla valutazione caso per caso, tenendo conto di tutte le caratteristiche del prodotto in questione. Esempi tipici di prodotti cosmetici possono comprendere creme, emulsioni, lozioni, gel e oli per la pelle, maschere di bellezza, fondotinta,(liquidi, paste, ciprie), cipria per il trucco, talco per il dopobagno e per l'igiene corporale, saponi di bellezza, saponi deodoranti, profumi, acque da toletta ed acqua di Colonia, preparazioni per bagni e docce (sali, schiume, oli, gel), prodotti per la depilazione, deodoranti e antitraspiranti, coloranti per capelli, prodotti per l'ondulazione, la stiratura e il fissaggio, prodotti per la messa in piega, prodotti per pulire i capelli (lozioni, polveri, shampoo), prodotti per mantenere i capelli in forma (lozioni, creme, oli), prodotti per l'acconciatura dei capelli (lozioni, lacche, brillantine), prodotti per la rasatura (saponi, schiume, lozioni), prodotti per il trucco e lo strucco, prodotti destinati ad essere applicati sulle labbra, prodotti per la cura dei denti e della bocca, prodotti per la cura delle unghie e lacche per le stesse, prodotti per cure intime esterne, prodotti solari, prodotti autoabbronzanti, prodotti per schiarire la pelle e prodotti antirughe.

(8) La Commissione dovrebbe definire le categorie di prodotti cosmetici che sono rilevanti ai fini dell'applicazione del presente regolamento.

(9) I prodotti cosmetici devono essere sicuri nelle condizioni normali o ragionevolmente prevedibili di uso. In particolare, i rischi per la salute umana non vanno giustificati attraverso un'analisi rischi-vantaggi.

(10) La presentazione di un prodotto cosmetico e in particolare la forma, l'odore, il colore, l'aspetto, l'imballaggio, l'etichettatura, il volume o le dimensioni dello stesso non dovrebbero mettere a repentaglio la salute e la sicurezza dei consumatori creando confusione con i prodotti alimentari, in conformità della direttiva 87/357/CEE del Consiglio del 25 giugno 1987, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori2 .

(11) Per stabilire responsabilità chiare, ogni prodotto cosmetico dovrebbe essere collegato ad un responsabile all'interno della Comunità. ▌

(12) Garantire la rintracciabilità di un prodotto in tutta la catena di fornitura contribuisce a semplificare la vigilanza sul mercato e a migliorarne l’efficienza. Un sistema efficiente

1 GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1. Versione rettificata nella GU L 136 del 29.5.2007, pag. 3. 2 GU L 192 dell'11.7.1987, pag. 49.

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di tracciabilità agevola alle autorità di vigilanza del mercato il compito di rintracciare gli operatori economici.

(13) È necessario determinare a quali condizioni un distributore debba essere considerato persona responsabile.

(14) Tutti i grossisti, siano essi persone fisiche o giuridiche, e i dettaglianti che vendono direttamente al consumatore sono coperti dal riferimento al distributore. È quindi opportuno adattare gli obblighi del distributore al rispettivo ruolo e alla parte di attività di ognuno di tali operatori.

(15) Il settore europeo dei cosmetici è una delle attività industriali vittime della contraffazione, con rischi sempre maggiori per la salute umana. Gli Stati membri dovrebbero prestare particolare attenzione all'applicazione della legislazione comunitaria orizzontale e delle misure riguardanti i prodotti contraffatti nel settore dei prodotti cosmetici, come ad esempio il regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativo all'intervento dell'autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti1 e la direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale2. I controlli all'interno del mercato rappresentano uno strumento efficiente per l'identificazione dei prodotti che non sono conformi ai requisiti del presente regolamento.

(16) Per garantirne la sicurezza, i prodotti cosmetici che vengono commercializzati devono essere fabbricati nel rispetto delle buone prassi di fabbricazione.

(17) Ai fini di un'efficiente sorveglianza del mercato, la documentazione informativa sul prodotto va tenuta ad immediata disposizione dell'autorità competente dello Stato membro in cui si trova la documentazione presso un indirizzo unico all'interno della Comunità.

(18) Per essere comparabili e di qualità elevata, i risultati degli studi non clinici sulla sicurezza eseguiti al fine di valutare la sicurezza dei prodotti cosmetici devono essere conformi alla legislazione comunitaria pertinente.

(19) È opportuno precisare le informazioni che devono essere a disposizione delle autorità competenti. Tali informazioni includono tutti gli elementi necessari relativi all'identità, alla qualità, alla sicurezza per la salute umana e agli effetti attribuiti al prodotto cosmetico. In particolare tali informazioni sul prodotto includono una relazione sulla sicurezza del prodotto cosmetico, dalla quale risulti che è stata effettuata una valutazione della sicurezza del prodotto.

(20) Per garantire un'applicazione ed un controllo uniformi delle restrizioni applicabili a determinate sostanze, il campionamento e l'analisi vanno effettuati in modo riproducibile e standardizzato.

1 GU L 196 del 2.8.2003, pag. 7. 2 GU L 157 del 30.4.2004, pag. 45.

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(21) Ai sensi del presente regolamento il termine "miscela" dovrebbe avere lo stesso significato del termine "preparato" precedentemente utilizzato nella legislazione comunitaria.

(22) Per ragioni di efficace sorveglianza del mercato, è opportuno che venga stabilito l'obbligo di notifica all'autorità competente di determinate informazioni riguardanti il prodotto cosmetico immesso sul mercato.

(23) Per consentire un intervento medico rapido ed adeguato nei casi di alterazione della salute, le informazioni necessarie sulla formula del prodotto vanno trasmesse ai centri antiveleno e agli organismi analoghi istituiti dagli Stati membri.

(24) Per ridurre al minimo gli oneri amministrativi, le suddette notifiche vanno effettuate centralmente per l'intera Comunità facendo ricorso ad un'interfaccia elettronica.

(25) Al fine di garantire un'agevole transizione alla nuova interfaccia elettronica, è opportuno consentire agli operatori economici di notificare le informazioni richieste in conformità del presente regolamento anteriormente alla sua data di applicazione.

(26) Il principio generale di responsabilità del fabbricante o importatore per la sicurezza del prodotto va sostenuto da restrizioni applicabili a determinate sostanze degli allegati II e III. Inoltre le sostanze destinate ad essere impiegate come coloranti, conservanti e filtri UV vanno elencate negli allegati IV, V e VI rispettivamente, affinché possano essere autorizzate per tali impieghi.

(27) Per evitare ambiguità va chiarito che l'elenco dei coloranti autorizzati di cui all'allegato IV comprende unicamente sostanze che agiscono attraverso l'assorbimento o la riflessione e non sostanze che agiscono attraverso la fotoluminescenza, l'interferenza o la reazione chimica.

(28) Per affrontare le tematiche sollevate riguardanti la sicurezza l'allegato IV, che si limita attualmente alle sostanze coloranti per la pelle, dovrà comprendere anche le sostanze coloranti per capelli, dopo che il Comitato scientifico della sicurezza dei consumatori (CSSC) avrà ultimato la valutazione dei rischi relativa a tali sostanze. A tal fine la Commissione deve avere la possibilità di includere le sostanze coloranti per capelli nel campo d'applicazione del suddetto allegato attraverso la procedura di comitatologia.

(29) L’uso di nanomateriali in prodotti cosmetici può aumentare con l’ulteriore sviluppo della tecnologia. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la libera circolazione delle merci e la certezza giuridica per i produttori, è necessario elaborare una definizione uniforme di nanomateriali a livello internazionale. La Comunità dovrebbe adoperarsi per pervenire a un accordo sulla definizione nelle pertinenti sedi internazionali. Qualora fosse raggiunto un siffatto accordo, la definizione di nanomateriali nel presente regolamento dovrebbe essere adattata di conseguenza.

(30) Attualmente vi sono informazioni inadeguate sui rischi associati ai nanomateriali. Per poterne valutare meglio la sicurezza, il CSSC dovrebbe fornire orientamenti, in

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cooperazione con gli organi competenti, sulle metodologie per i test che tengano conto delle caratteristiche specifiche dei nanomateriali.

(31) La Commissione dovrebbe rivedere regolarmente le disposizioni sui nanomateriali alla luce dei progressi scientifici.

(32) Considerate le proprietà pericolose delle sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR), categorie 1A, 1B e 2, ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele1, il loro utilizzo nei prodotti cosmetici dovrebbe essere vietato. Tuttavia, poiché una proprietà pericolosa di una determinata sostanza non comporta necessariamente sempre rischi, dovrebbe sussistere la possibilità di autorizzare l'impiego di sostanze classificate come CMR 2 qualora, in considerazione dell'esposizione e della concentrazione, esse siano state ritenute sicure per l'impiego nei prodotti cosmetici dal CSSC e vengano regolamentate dalla Commissione negli allegati al presente regolamento. Per quanto riguarda le sostanze classificate come CMR 1A o 1B, dovrebbe sussistere la possibilità, nei casi eccezionali in cui tali sostanze sono conformi ai requisiti relativi alla sicurezza alimentare, anche perché sono presenti naturalmente nei prodotti alimentari e non esistono sostanze alternative adeguate, di impiegarle nei prodotti cosmetici se tale impiego è stato ritenuto sicuro dal CSSC. Tale possibilità può essere utilizzata al più tardi entro 15 mesi dalla classificazione delle sostanze come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione di categoria 1A o 1B, ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008. Tali sostanze dovrebbero essere sottoposte a continue revisioni da parte del CSSC.

(33) Una valutazione della sicurezza delle sostanze, in particolare di quelle classificate come sostanze CMR 1A o 1B, dovrebbe tenere conto dell’esposizione complessiva a tali sostanze provenienti da tutte le fonti. Al contempo è essenziale che quanti partecipano alle valutazioni della sicurezza adottino un approccio armonizzato all’elaborazione e all’utilizzo delle stime relative all’esposizione complessiva. Di conseguenza, è opportuno che la Commissione, in stretta cooperazione con il CSSC, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e altre parti interessate, proceda con urgenza a una revisione e metta a punto orientamenti riguardanti la produzione e l’utilizzo delle stime relative all’esposizione complessiva a tali sostanze.

(34) La valutazione del CSSC concernente l'impiego di sostanze classificate come CMR 1A e 1B nei prodotti cosmetici dovrebbe tener conto anche dell'esposizione a tali sostanze dei gruppi di popolazione vulnerabili, come bambini di età inferiore a tre anni, persone anziane, donne incinte e che allattano nonché persone che evidenziano compromissione del sistema immunitario.

(35) Il CSSC dovrebbe esprimere pareri, ove opportuno, sulla sicurezza dell'impiego di nanomateriali nei prodotti cosmetici. I pareri dovrebbero basarsi sulle informazioni complete messe a disposizione dalla persona responsabile.

(36) Le azioni della Commissione e degli Stati membri relative alla protezione della salute umana dovrebbero essere basate sul principio di precauzione.

1 GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1.

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(37) Per garantire la sicurezza dei prodotti, le sostanze vietate sono ammesse solo sotto forma di tracce se tecnicamente inevitabili anche osservando procedimenti corretti di fabbricazione e a condizione che il prodotto in questione sia sicuro.

(38) Il protocollo sulla protezione e il benessere degli animali allegato al trattato stabilisce che la Comunità e gli Stati membri devono tenere pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali nell'attuazione delle politiche comunitarie, segnatamente nel settore del mercato interno.

(39) La direttiva 86/609/CEE del Consiglio, del 24 novembre 1986, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici1 ha stabilito regole comuni per l'utilizzo degli animali a fini sperimentali nella Comunità e ha fissato le condizioni alle quali tali esperimenti devono essere condotti nel territorio degli Stati membri. In particolare il suo articolo 7 prescrive che gli esperimenti su animali siano sostituiti da metodi alternativi, laddove essi esistano e siano scientificamente validi.

(40) È possibile garantire la sicurezza dei prodotti cosmetici e dei loro ingredienti attraverso metodi alternativi non necessariamente applicabili a tutti gli usi dei componenti chimici. Occorre dunque promuovere l'utilizzo di tali metodi nell'industria cosmetica nel suo insieme e assicurarne l'adozione a livello comunitario se essi offrono ai consumatori un grado di protezione equivalente.

(41) È oggi possibile garantire la sicurezza dei prodotti cosmetici finiti sulla base delle conoscenze in materia di sicurezza degli ingredienti che essi contengono. Disposizioni che vietano la realizzazione di sperimentazione animale per i prodotti cosmetici finiti devono pertanto essere previste. L'applicazione, segnatamente da parte delle piccole e medie imprese, sia di metodi di sperimentazione sia di procedure di valutazione dei dati pertinenti disponibili, compreso l'uso del metodo "read-across" e del metodo della forza probante, che consentono di evitare il ricorso alla sperimentazione animale per la valutazione della sicurezza dei prodotti cosmetici finiti, potrebbe essere agevolata da linee guida della Commissione.

(42) La sicurezza degli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici potrà essere garantita progressivamente applicando metodi alternativi che non comportino l'impiego di animali, convalidati a livello comunitario, oppure approvati in quanto scientificamente validi dal Centro europeo per la convalida di metodi alternativi (ECVAM) e tenendo nel debito conto lo sviluppo della convalida in seno all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE). Dopo aver consultato il CSSC circa la possibilità di applicare i metodi alternativi convalidati al settore dei prodotti cosmetici, la Commissione dovrebbe pubblicare immediatamente i metodi convalidati o approvati ritenuti applicabili a detti ingredienti. Per raggiungere il livello di tutela degli animali più elevato possibile occorre fissare un termine entro il quale introdurre un divieto definitivo.

(43) La Commissione ha fissato un calendario delle scadenze in relazione al divieto di commercializzare prodotti cosmetici la cui formulazione finale, i cui ingredienti o combinazioni di ingredienti siano stati testati su animali, ed in relazione al divieto di tutti i test attualmente effettuati usando animali sino all'11 marzo 2009. Per quanto riguarda

1 GU L 358 del 18.12.1986, pag. 1.

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tuttavia gli esperimenti concernenti la tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica è opportuno che il termine massimo per il divieto della commercializzazione di prodotti cosmetici per i quali tali test sono effettuati, sia l'11 marzo 2013. Sulla base di relazioni annuali, la Commissione dovrebbe essere autorizzata ad adattare il calendario entro i rispettivi termini massimi di cui sopra.

(44) Un migliore coordinamento delle risorse a livello comunitario contribuirà all'approfondimento delle conoscenze scientifiche indispensabili allo sviluppo di metodi alternativi. È fondamentale al riguardo che la Comunità prosegua ed aumenti i suoi sforzi e prenda le misure necessarie, segnatamente attraverso i programmi quadro di ricerca, per promuovere la ricerca e la messa a punto di nuovi metodi alternativi che non comportano l'impiego di animali.

(45) Il riconoscimento, da parte dei paesi terzi, dei metodi alternativi elaborati nella Comunità dovrebbe essere incoraggiato. A tal fine, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi al massimo per facilitare l'accettazione di questi metodi da parte dell'OCSE. La Commissione dovrebbe inoltre cercare di ottenere, nel quadro degli accordi di cooperazione della Comunità europea, il riconoscimento dei risultati dei test di sicurezza effettuati nella Comunità attraverso metodi alternativi, al fine di garantire che le esportazioni dei prodotti cosmetici per i quali sono stati utilizzati siffatti metodi non siano ostacolate e di evitare che i paesi terzi esigano la ripetizione di test ricorrendo alla sperimentazione animale.

(46) È necessario pervenire a una situazione di trasparenza riguardo agli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici. Si otterrà tale trasparenza indicando sull'imballaggio gli ingredienti impiegati nei prodotti cosmetici. Ove non sia possibile nella pratica indicare gli ingredienti sull'imballaggio, le relative indicazioni devono essere allegate, di modo che il consumatore disponga di tali informazioni

(47) La Commissione dovrebbe compilare un glossario delle denominazioni comuni degli ingredienti al fine di garantire un'etichettatura uniforme e di agevolare l'identificazione degli ingredienti cosmetici. Tale glossario non è inteso a costituire un elenco limitativo di sostanze impiegate nei prodotti cosmetici.

(48) Allo scopo di informare i consumatori, è opportuno che i prodotti cosmetici rechino un'indicazione precisa e facilmente comprensibile sulla loro durata di utilizzo. Poiché i consumatori dovrebbero essere informati in merito alla data fino alla quale il prodotto continua a svolgere la sua funzione iniziale e resta sicuro, è importante conoscere la durata di conservazione minima, vale a dire la data entro la quale è meglio utilizzare il prodotto. Se la durata di conservazione minima è superiore a trenta mesi, il consumatore deve essere informato sul periodo di tempo in cui il prodotto, una volta aperto, può essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore. Tuttavia, tale requisito non si applica se il concetto di durata dopo l'apertura non è rilevante, cioè per i prodotti monouso, i prodotti che non rischiano di deteriorarsi o i prodotti che non si aprono.

(49) Il CSSC ha stabilito che un certo numero di sostanze può provocare reazioni allergiche, per cui è necessario limitarne l'uso e/o assoggettarle a talune condizioni. Al fine di garantire che i consumatori siano adeguatamente informati, la presenza di tali sostanze va indicata nell'elenco degli ingredienti ed è opportuno richiamare l'attenzione dei consumatori sulla presenza di tali ingredienti. Tale informazione dovrebbe migliorare la

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diagnosi delle allergie da contatto per questi consumatori e dovrebbe consentire loro di evitare l'utilizzo di prodotti cosmetici che non tollerano. Per le sostanze che possono provocare reazioni allergiche ad una parte consistente della popolazione occorre considerare altre misure restrittive, come il divieto o la limitazione della concentrazione.

(50) Nel valutare la sicurezza di un prodotto cosmetico dovrebbe essere possibile tenere conto dei risultati delle valutazioni del rischio effettuate in altri ambiti pertinenti. L’utilizzo di tali dati dovrebbe essere debitamente sostanziato e giustificato.

(51) I consumatori vanno protetti da dichiarazioni ingannevoli in merito all'efficacia e ad altre caratteristiche dei prodotti cosmetici. Si applica, in particolare, la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno1. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, dovrebbe inoltre definire criteri comuni relativi a dichiarazioni specifiche per i prodotti cosmetici.

(52) Dovrebbe essere possibile dichiarare, per determinati prodotti cosmetici, che non sono stati ottenuti attraverso sperimentazioni su animali. La Commissione ha elaborato, di concerto con gli Stati membri, una serie di linee guida al fine di assicurare l'applicazione di criteri comuni all'uso delle dichiarazioni sulla sperimentazione animale e la loro interpretazione univoca, in particolare per evitare che esse traggano in inganno il consumatore. Nell'elaborare tali linee guida, la Commissione ha tenuto conto anche dell'opinione delle numerose piccole e medie imprese che costituiscono la maggioranza dei fabbricanti che non ricorrono alla sperimentazione animale, delle pertinenti organizzazioni non governative nonché della necessità dei consumatori di poter operare una distinzione pratica tra i prodotti in base al criterio della sperimentazione animale.

(53) Oltre alle informazioni contenute nell'etichetta, ai consumatori va data la possibilità di chiedere determinate informazioni riguardanti il prodotto al responsabile, al fine di effettuare scelte documentate.

(54) Per garantire il rispetto delle prescrizioni del presente regolamento è necessaria un'efficace vigilanza sul mercato. A tal fine gli effetti indesiderabili gravi vanno notificati e le autorità competenti devono avere la possibilità di chiedere al responsabile un elenco dei prodotti cosmetici contenenti sostanze in merito alle quali sussistono seri dubbi in termini di sicurezza.

(55) Il presente regolamento non pregiudica la possibilità degli Stati membri di disciplinare, nel rispetto del diritto comunitario, la notifica da parte dei professionisti del settore sanitario di gravi effetti indesiderati alle competenti autorità degli Stati membri.

(56) Il presente regolamento non pregiudica la possibilità degli Stati membri di disciplinare, nel rispetto del diritto comunitario, l'insediamento di operatori economici nel settore dei prodotti cosmetici.

1 GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22.

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(57) Nei casi di mancato rispetto del presente regolamento può essere necessaria una procedura chiara ed efficace per il ritiro ed il richiamo dei prodotti. Tale procedura deve basarsi, ove possibile, sulle regole comunitarie esistenti per i prodotti non sicuri.

(58) Per quanto riguarda i prodotti che, pur essendo conformi alle prescrizioni del presente regolamento potrebbero rivelarsi pericolosi per la salute umana, va prevista una procedura di salvaguardia.

(59) La Commissione dovrebbe fornire indicazioni circa l'interpretazione e l'applicazione uniformi del concetto di rischi gravi, per facilitare l'applicazione coerente del presente regolamento.

(60) Per uniformarsi ai principi delle buone prassi amministrative, le decisioni delle autorità competenti adottate nel quadro della sorveglianza del mercato devono essere debitamente motivate.

(61) Per garantire un controllo efficiente all'interno del mercato è necessario un elevato livello di cooperazione amministrativa tra le autorità competenti. Questo riguarda soprattutto l'assistenza reciproca nella verifica di documentazione informativa relativa ad un prodotto che si trova in un altro Stato membro.

(62) La Commissione deve essere assistita dal CSSC, un organismo indipendente di valutazione dei rischi.

(63) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione1.

(64) Occorre, in particolare, conferire alla Commissione la facoltà di adeguare al progresso tecnico gli allegati al presente regolamento. Dato che tali misure hanno portata generale e sono intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, è opportuno che siano adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.

(65) Ove, per imperativi motivi d'urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d'urgenza prevista dall'articolo 5 bis, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE ai fini dell'adozione di talune misure relative a CMR, nanomateriali e rischi potenziali per la salute umana.

(66) Gli Stati membri dovrebbero definire le norme concernenti le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l'effettiva applicazione. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

(67) Gli operatori economici, gli Stati membri e la Commissione devono poter disporre del tempo sufficiente ad adeguarsi ai cambiamenti introdotti dal presente regolamento. Per tale motivo è opportuno prevedere un periodo transitorio sufficiente per tale

1 GU L 262 del 17.7.1999, pag. 23. ║

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adeguamento. Tuttavia, al fine di garantire un'agevole transizione, è opportuno consentire agli operatori economici di immettere sul mercato prodotti cosmetici conformi al presente regolamento prima della scadenza del periodo transitorio.

(68) Al fine di rafforzare la sicurezza dei prodotti cosmetici e la sorveglianza del mercato, i prodotti cosmetici immessi sul mercato dopo la data di applicazione del presente regolamento dovrebbero adempiere agli obblighi riguardanti la valutazione della sicurezza, la documentazione informativa e la notifica, anche se prescrizioni analoghe sono già state osservate ai sensi della direttiva 76/768/CEE.

(69) Occorre abrogare la direttiva 76/768/CE ║. Tuttavia, al fine di garantire un trattamento medico adeguato in caso di difficoltà e di assicurare la sorveglianza del mercato, le autorità competenti dovrebbero conservare per un determinato periodo di tempo le informazioni pervenute ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3 e dell'articolo 7 bis, paragrafo 4, della direttiva 76/768/CEE concernente i prodotti cosmetici, e le informazioni conservate dalla persona responsabile dovrebbero essere ugualmente disponibili per lo stesso periodo di tempo.

(70) Il presente regolamento non pregiudica gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato IX, parte B.

(71) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la realizzazione del mercato interno e un livello elevato di protezione della salute umana mediante la conformità dei prodotti cosmetici, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni dell’azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Capo I

Ambito d'applicazione e definizioni

Articolo 1

Ambito d'applicazione e obiettivo

Il presente regolamento stabilisce norme che ogni prodotto cosmetico immesso sul mercato deve rispettare, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno ed un livello elevato di tutela della salute umana.

Articolo 2

Definizioni

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) "prodotto cosmetico": qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra,

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organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei.

b) "sostanza": un elemento chimico e i suoi composti, allo stato naturale od ottenuti per mezzo di un procedimento di fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurità derivanti dal procedimento utilizzato, ma esclusi i solventi che possono essere separati senza compromettere la stabilità della sostanza o modificarne la composizione;

c) "miscela": una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze;

d) "fabbricante": una persona fisica o giuridica che ▌ fabbrica un prodotto cosmetico oppure lo fa progettare o fabbricare e lo commercializza apponendovi il suo nome o marchio;

e) "distributore": una persona fisica o giuridica nella catena della fornitura, diversa dal fabbricante o dall'importatore, che mette a disposizione un prodotto sul mercato comunitario;

f) "utilizzatore finale": consumatori o professionisti che utilizzano il prodotto cosmetico;

g) "messa a disposizione sul mercato": la fornitura di un prodotto ▌ per la distribuzione, il consumo o l'uso sul mercato comunitario nel corso di un'attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;

h) "immissione sul mercato": la prima messa a disposizione di un prodotto sul mercato comunitario;

i) "importatore": una persona fisica o giuridica la quale sia stabilita nella Comunità e immetta sul mercato comunitario un prodotto originario di un paese terzo;

j) "norma armonizzata": una norma adottata da uno degli organismi europei di normalizzazione elencati nell'allegato I della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche1 sulla base di una richiesta presentata dalla Commissione conformemente all'articolo 6 di tale direttiva;

k) "nanomateriale": ogni materiale insolubile o biopersistente e fabbricato intenzionalmente avente una o più dimensioni esterne, o una struttura interna, di misura da 1 a 100 nm;

l) "conservanti": sostanze destinate esclusivamente o prevalentemente ad inibire lo sviluppo di microorganismi nel prodotto cosmetico;

m) "coloranti": sostanze destinate esclusivamente o prevalentemente a colorare il prodotto cosmetico, il corpo intero o talune sue parti, attraverso l'assorbimento o la riflessione della luce visibile; vanno inoltre considerati coloranti i precursori dei coloranti di ossidazione per capelli;

1 GU L 24 del 21.7.1998, pag. 37. ║

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n) "filtri UV": sostanze destinate esclusivamente o prevalentemente a proteggere la pelle da determinate radiazioni UV attraverso l'assorbimento, la riflessione o la diffusione delle radiazioni UV;

o) "effetto indesiderabile": una reazione avversa per la salute umana derivante dall'uso normale o ragionevolmente prevedibile di un prodotto cosmetico specifico;

p) "effetto indesiderabile grave": un effetto indesiderabile che induce incapacità funzionale temporanea o permanente, disabilità, ospedalizzazione, anomalie congenite o rischi mortali immediati;

q) "ritiro": qualsiasi provvedimento volto ad impedire la messa a disposizione sul mercato di un prodotto cosmetico nella catena della fornitura;

r) "richiamo": qualsiasi provvedimento volto ad ottenere la restituzione di un prodotto cosmetico che è già stato reso disponibile all'utilizzatore finale.

s) "formulazione quadro": una formulazione che elenca la categoria o la funzione di ingredienti e la loro concentrazione massima nel prodotto cosmetico o fornisce le pertinenti informazioni quantitative e qualitative ogniqualvolta un prodotto cosmetico non sia coperto da tale formula o lo sia solo parzialmente. La Commissione fornisce indicazioni che consentono di predisporre la formulazione quadro e le adegua regolarmente al progresso tecnico-scientifico.

2. Ai fini del paragrafo 1, lettera a), una sostanza o miscela destinata ad essere ingerita, inalata, iniettata o innestata nel corpo umano non va considerata prodotto cosmetico.

3. La Commissione, considerando le varie definizioni di nanomateriali pubblicate da organismi diversi ed i costanti sviluppi tecnico-scientifici nel settore delle nanotecnologie, adegua e adatta il paragrafo 1, lettera k), ai progressi tecnico-scientifici, concordando successivamente le definizioni a livello internazionale. Tale misura, intesa a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

Capo II

Sicurezza, responsabilità, libera circolazione

Articolo 3

Sicurezza

I prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato devono essere sicuri per la salute umana se utilizzati in condizioni d'uso normali o ragionevolmente prevedibili, tenuto conto in particolare di quanto segue:

a) presentazione, compresa la conformità alla direttiva 87/357/CEE,

b) etichettatura,

c) istruzioni per l'uso e l'eliminazione,

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d) qualsiasi altra indicazione o informazione da parte della persona responsabile definita dall'articolo 4.

La presenza di ▌ avvertenze non dispensa le persone definite agli articoli 2 e 4 dal rispetto degli altri obblighi previsti dal presente regolamento.

Articolo 4

Persona responsabile

1. Sono immessi sul mercato soltanto i prodotti cosmetici per i quali una persona fisica o giuridica è stata designata come persona responsabile all'interno della Comunità.

2. Per ogni prodotto cosmetico immesso sul mercato, la persona responsabile ne garantisce il rispetto degli obblighi pertinenti stabiliti dal presente regolamento ▌.

3. Per i prodotti cosmetici fabbricati all'interno della Comunità e non esportati e reimportati nella Comunità, il fabbricante stabilito all'interno della Comunità è la persona responsabile.

Il fabbricante può designare tramite mandato scritto una persona stabilita all'interno della Comunità quale persona responsabile, che accetta per iscritto.

4. Se il fabbricante di un prodotto cosmetico fabbricato all'interno della Comunità e non esportato e reimportato nella Comunità è stabilito all'esterno della Comunità, esso designa tramite mandato scritto una persona stabilita all'interno della Comunità quale persona responsabile, che accetta per iscritto.

5. Per i prodotti cosmetici importati il rispettivo importatore è la persona responsabile del prodotto cosmetico specifico che immette sul mercato.

Il fabbricante può designare tramite mandato scritto una persona stabilita all'interno della Comunità quale persona responsabile, che accetta per iscritto.

6. Il distributore è la persona responsabile quando immette un prodotto sul mercato con il suo nome o con il suo marchio o modifica un prodotto già immesso sul mercato in modo tale che possa essere compromessa la conformità con i requisiti applicabili.

La traduzione delle informazioni relative a un prodotto cosmetico già immesso sul mercato non è considerata modifica del prodotto di natura tale da poter compromettere la conformità con i requisiti applicabili del presente regolamento.

Articolo 5

Obblighi della persona responsabile

1. La persona responsabile garantisce il rispetto degli articoli 3 (sicurezza), 8 (buone prassi di fabbricazione), 10 (valutazione della sicurezza), 11 (documentazione informativa), 12 (campionamento e analisi), 13 (notifica), 14 (restrizioni applicabili alle sostanze elencate negli allegati), 15 (CMR), 16 (nanomateriali), 17 (tracce), 18 (sperimentazione animale), 19, paragrafi 1, 2 e 5 (etichettatura), 20 (dichiarazioni relative al prodotto), 21 (accesso pubblico alle informazioni), 23 (informazioni sugli effetti indesiderabili gravi) e 24 (informazioni sulle sostanze).

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2. Le persone responsabili che ritengono o hanno motivo di credere che un prodotto che esse hanno immesso sul mercato non sia conforme al presente regolamento prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale prodotto o, se del caso, lo ritirano dal mercato e lo richiamano.

Inoltre, qualora il prodotto presenti un rischio, ne informano immediatamente le competenti autorità nazionali degli Stati membri in cui hanno reso disponibile il prodotto e degli Stati membri nei quali la documentazione informativa è immediatamente disponibile, indicando in particolare i dettagli relativi alla mancata conformità e le misure correttive prese.

3. Le persone responsabili cooperano con tali autorità, su richiesta di queste ultime, per qualsiasi azione intesa ad evitare i rischi presentati dai prodotti che esse hanno reso disponibili sul mercato. In particolare, le persone responsabili, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità di aspetti specifici del prodotto, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità.

Articolo 6

Obblighi dei distributori

1. Nel contesto delle loro attività, i distributori, quando rendono disponibile sul mercato un prodotto, agiscono con la dovuta attenzione in relazione alle prescrizioni applicabili.

2. Prima di rendere un prodotto disponibile sul mercato, i distributori verificano che:

– l'etichetta contenga le informazioni previste dall'articolo 19, paragrafo 1, lettere a), e) e g) e dall'articolo 19, paragrafi 3 e 4;

– siano rispettati i requisiti linguistici di cui all'articolo 19, paragrafo 5;

– non sia scaduto il termine minimo di conservazione specificato, ove applicabile, all'articolo 19, paragrafo 1.

3. Qualora i distributori ritengano o abbiano motivo di ritenere che:

– un prodotto non è conforme alle prescrizioni del presente regolamento, non rendono disponibile il prodotto sul mercato finché non è reso conforme ai requisiti applicabili;

– un prodotto che hanno reso disponibile sul mercato non è conforme al presente regolamento, verificano che siano adottate le misure correttive necessarie per rendere conforme tale prodotto, ritirarlo o richiamarlo.

Inoltre, qualora il prodotto presenti un rischio, i distributori ne informano immediatamente la persona responsabile e le competenti autorità nazionali degli Stati membri in cui hanno reso disponibile il prodotto, indicando in particolare i dettagli relativi alla mancata conformità e le misure correttive prese.

4. I distributori garantiscono che, fintantoché un prodotto è sotto la loro responsabilità, le condizioni di stoccaggio o di trasporto non pregiudichino la conformità ai requisiti del presente regolamento.

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5. I distributori cooperano con le autorità competenti, su richiesta di queste ultime, per qualsiasi azione intesa ad evitare i rischi presentati dai prodotti che essi hanno reso disponibili sul mercato. In particolare, i distributori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità del prodotto ai requisiti elencati al paragrafo 2, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità.

Articolo 7

Identificazione nella catena di fornitura

Su richiesta delle autorità competenti:

– le persone responsabili devono essere in grado di identificare i distributori ai quali forniscono il prodotto cosmetico;

– il distributore deve essere in grado di identificare il distributore o la persona responsabile per conto dei quali il prodotto cosmetico è stato fornito e i distributori ai quali detto prodotto è stato fornito.

Il presente obbligo rimane vigente per un periodo di tre anni dopo la data in cui il lotto del prodotto cosmetico è stato messo a disposizione del distributore.

Articolo 8

Buone prassi di fabbricazione

1. Nella fabbricazione di prodotti cosmetici vanno rispettate le buone prassi di fabbricazione al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 1.

2. Qualora la fabbricazione avvenga in conformità delle pertinenti norme armonizzate, i cui riferimenti sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, si presume il rispetto delle buone prassi di fabbricazione.

Articolo 9

Libera circolazione

Gli Stati membri non possono, per motivi inerenti alle esigenze contenute nel presente regolamento, rifiutare, vietare o limitare la messa a disposizione sul mercato di prodotti cosmetici conformi alle disposizioni del presente regolamento.

Capo III

Valutazione della sicurezza, documentazione informativa sul prodotto, notifica

Articolo 10

Valutazione della sicurezza

1. Al fine di verificare la conformità del prodotto cosmetico all'articolo 3, la persona responsabile deve garantire che i prodotti cosmetici, prima dell'immissione sul mercato, siano

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stati sottoposti alla valutazione della qualità sulla base delle informazioni pertinenti e che sia stata elaborata una relazione sulla sicurezza dei prodotti cosmetici in conformità dell'allegato I.

La persona responsabile deve garantire che:

a) l'uso cui è destinato il prodotto cosmetico e l'esposizione sistemica anticipata ai singoli ingredienti in una formulazione finale siano presi in considerazione nella valutazione della sicurezza;

b) nella valutazione della sicurezza sia utilizzato un approccio adeguato basato sulla forza probante per rivedere i dati provenienti da tutte le fonti esistenti;

c) la relazione sulla sicurezza dei prodotti cosmetici venga aggiornata tenendo conto delle informazioni supplementari pertinenti disponibili successivamente all'immissione sul mercato dei prodotti.

Il primo comma si applica altresì ai prodotti cosmetici che sono stati notificati a norma della direttiva 76/768/CEE.

La Commissione, in stretta cooperazione con tutte le parti interessate, adotta orientamenti adeguati che consentano alle imprese, in particolare alle piccole e medie imprese, di ottemperare ai requisiti figuranti all’allegato I. Tali orientamenti sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 32, paragrafo 2.

2. La valutazione della sicurezza dei prodotti cosmetici di cui all'allegato I, parte B, va eseguita da persone in possesso di diplomi ▌ o altri documenti attestanti qualifiche formali ottenute in seguito al completamento di corsi di studio universitari ▌ teorici e pratici in campo farmaceutico, tossicologico, medico o in discipline analoghe, o di corsi riconosciuti equivalenti da uno Stato membro.

3. Gli studi non clinici sulla sicurezza eseguiti nell'ambito della valutazione della sicurezza di cui al paragrafo 1, realizzati dopo il 30 giugno 1988 per valutare la sicurezza di un prodotto cosmetico, devono rispettare la legislazione comunitaria sui principi di buona prassi di laboratorio, nella versione applicabile al periodo di realizzazione dello studio, o altre norme internazionali riconosciute equivalenti dalla Commissione o dall'ECHA.

Articolo 11

Documentazione informativa sul prodotto

1. Quando un prodotto cosmetico è immesso sul mercato, la persona responsabile tiene una documentazione informativa sul prodotto cosmetico per il quale è persona responsabile. La documentazione informativa sul prodotto è conservata per un periodo di dieci anni dopo la data in cui l'ultimo lotto del prodotto cosmetico è stato immesso sul mercato.

2. La documentazione informativa contiene le seguenti informazioni ed i seguenti dati da aggiornare quando necessario:

a) una descrizione del prodotto cosmetico che consenta di collegare chiaramente la documentazione informativa sul prodotto al prodotto cosmetico stesso;

b) la relazione sulla sicurezza del prodotto cosmetico di cui all'articolo 10, paragrafo 1;

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c) una descrizione del metodo di fabbricazione ed una dichiarazione relativa all'osservanza delle buone prassi di fabbricazione di cui all'articolo 8;

d) qualora la natura degli effetti o del prodotto lo giustifichi, le prove degli effetti attribuiti al prodotto cosmetico;

e) i dati concernenti le sperimentazioni animali effettuate dal fabbricante, dai suoi agenti o dai suoi fornitori relativamente allo sviluppo o alla valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico o dei suoi ingredienti, inclusi gli esperimenti sugli animali effettuati per soddisfare i requisiti legislativi o regolamentari di paesi terzi.

3. La persona responsabile tiene la documentazione informativa sul prodotto ad immediata disposizione delle autorità competenti dello Stato membro in cui tale documentazione viene tenuta, in formato elettronico o di altro tipo presso il proprio indirizzo indicato sull'etichetta.

Le informazioni contenute nella documentazione informativa sul prodotto sono disponibili ▌ in un lingua facilmente comprensibile per le autorità competenti dello Stato membro.

4. I requisiti previsti ai paragrafi da 1 a 3 si applicano altresì ai prodotti cosmetici che sono stati notificati a norma della direttiva 76/768/CEE.

Articolo 12

Campionamento e analisi

1. Il campionamento e l'analisi dei prodotti cosmetici vanno effettuati in modo affidabile e riproducibile.

2. In assenza di una legislazione comunitaria applicabile, qualora la fabbricazione avvenga in conformità delle pertinenti norme armonizzate, i cui riferimenti sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, si presumono l'affidabilità e la riproducibilità.

Articolo 13

Notifica

1. Prima di immettere sul mercato il prodotto cosmetico, la persona responsabile trasmette alla Commissione le seguenti informazioni in formato elettronico:

a) la categoria del prodotto cosmetico e il nome o i nomi che consentono la sua identificazione specifica;

b) il nome e l'indirizzo della persona responsabile presso la quale viene tenuta ad immediata disposizione la documentazione informativa sul prodotto;

c) il paese di origine in caso di importazione;

d) lo Stato membro in cui viene immesso sul mercato il prodotto cosmetico;

e) le informazioni che consentano di contattare una persona fisica competente in caso di necessità;

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f) la presenza di sostanze sotto forma di nanomateriali e:

i) la loro identificazione compresa la denominazione chimica (IUPAC) e altri descrittori come specificato al paragrafo 2 del preambolo agli allegati da II a VI;

ii) le condizioni di esposizione ragionevolmente prevedibili;

g) il nome e il numero CAS o CE di sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, di categoria 1A o 1B, ai sensi dell'allegato VI, parte 3, del regolamento (CE) n. 1272/2008;

h) la formulazione quadro ║ che consenta di effettuare un trattamento medico pronto ed adeguato in caso di alterazione della salute.

Il primo comma si applica altresì ai prodotti cosmetici notificati a norma della direttiva 76/768/CEE.

2. Quando il prodotto è immesso sul mercato, la persona responsabile notifica l'etichetta originale e, qualora ragionevolmente leggibile, una fotografia del relativo contenitore.

3. A decorrere dalla data di cui all'articolo 40, paragrafo 2, un distributore che rende disponibile in uno Stato membro un prodotto cosmetico già immesso sul mercato di un altro Stato membro e traduce, di propria iniziativa, un qualsiasi elemento dell'etichetta del prodotto in questione al fine di rispettare il diritto nazionale, trasmette alla Commissione le seguenti informazioni in formato elettronico:

a) la categoria del prodotto cosmetico, il suo nome nello Stato membro di spedizione e il suo nome nello Stato membro in cui il prodotto è stato messo a disposizione, al fine di consentire la sua identificazione specifica;

b) lo Stato membro in cui il prodotto cosmetico è messo a disposizione;

c) il nome e l'indirizzo della persona responsabile presso la quale è tenuta ad immediata disposizione la documentazione informativa sul prodotto;

d) il proprio nome e indirizzo.

4. Se un prodotto cosmetico non è più immesso sul mercato a decorrere dalla data di cui all'articolo 40, paragrafo 2, il distributore che introduce detto prodotto in uno Stato membro dopo la data in questione comunica le seguenti informazioni alla persona responsabile:

a) la categoria del prodotto cosmetico, il suo nome nello Stato membro di spedizione e il suo nome nello Stato membro in cui il prodotto è stato messo a disposizione, al fine di consentire la sua identificazione specifica;

b) lo Stato membro in cui il prodotto cosmetico è messo a disposizione;

c) il proprio nome e indirizzo.

Sulla base di tale comunicazione la persona responsabile trasmette alla Commissione in formato elettronico le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo, qualora le notifiche ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, e dell'articolo 7 bis, paragrafo 4, della direttiva

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76/768/CEE non siano state eseguite nello Stato membro in cui il prodotto cosmetico è messo a disposizione.

5. La Commissione mette immediatamente a disposizione in formato elettronico le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a g), e al paragrafo 3 a tutte le autorità competenti ▌.

Tali informazioni possono essere utilizzate esclusivamente dalle autorità competenti a fini di sorveglianza del mercato, dell'analisi del mercato, della valutazione e delle informazioni per i consumatori nell'ambito degli articoli 25, 26 e 27.

6. La Commissione mette immediatamente a disposizione in formato elettronico le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 3 ai centri antiveleno o organismi analoghi istituiti dagli Stati membri.

Le suddette informazioni possono essere utilizzate esclusivamente da tali organismi a fini di trattamento medico.

7. Qualora le informazioni di cui ai paragrafi 1, 3 e 4 subiscano modifiche, la persona responsabile e il distributore forniscono quanto prima il relativo aggiornamento.

8. La Commissione, tenendo conto del progresso tecnico-scientifico e delle specifiche esigenze di sorveglianza del mercato, può modificare i paragrafi da 1 a 7 aggiungendovi altri requisiti.

Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

Capo IV

Restrizioni applicabili a determinate sostanze

Articolo 14

Restrizioni applicabili alle sostanze elencate negli allegati

1. Fatto salvo l'articolo 3, i prodotti cosmetici non possono contenere:

a) sostanze vietate:

– sostanze vietate di cui all'allegato II;

b) sostanze soggette a restrizioni:

– sostanze soggette a restrizioni non impiegate conformemente alle restrizioni indicate nell'allegato III;

c) coloranti:

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i) coloranti diversi da quelli elencati nell'allegato IV e coloranti ivi elencati ma non impiegati conformemente alle condizioni indicate nel suddetto allegato, ad eccezione dei prodotti per la colorazione dei capelli di cui al paragrafo 2;

ii) fatte salve la lettera b), la lettera d), punto i) e la lettera e), punto i), sostanze elencate nell'allegato IV ma non destinate ad essere impiegate come coloranti, e non impiegate conformemente alle condizioni indicate nel suddetto allegato.

d) conservanti:

i) conservanti diversi da quelli elencati nell'allegato V e conservanti ivi elencati ma non impiegati conformemente alle condizioni indicate nel suddetto allegato;

ii) fatte salve la lettera b, la lettera c), punto i) e la lettera e), punto i), sostanze elencate nell'allegato V ma non destinate ad essere impiegate come conservanti, e non impiegate conformemente alle condizioni indicate nel suddetto allegato.

e) filtri UV:

i) Filtri UV diversi da quelli elencati nell' Allegato VI e filtri UV ivi elencati ma non impiegati conformemente alle condizioni indicate nel suddetto allegato ;

ii) fatte salve la lettera b), la lettera c), punto i), e la lettera d), punto i), sostanze elencate nell'allegato VI ma non destinate ad essere impiegate come filtri UV, e non impiegate conformemente alle condizioni indicate nel suddetto allegato.

2. In seguito ad una decisione della Commissione relativa all'estensione del campo d'applicazione dell'allegato IV ai prodotti per la colorazione dei capelli, tali prodotti non possono contenere coloranti destinati a colorare i capelli diversi da quelli elencati nell'allegato IV e coloranti destinati a colorare i capelli che non vengono impiegati in modo conforme alle condizioni indicate nel suddetto allegato.

La decisione della Commissione di cui al primo comma, volta a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

Articolo 15

Sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione

1. L'utilizzo, nei prodotti cosmetici, di sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, di categoria 2, ai sensi dell'allegato VI, parte 3, del regolamento (CE) n. 1272/2008 è vietato. Tuttavia una sostanza classificata nella categoria 2 può essere utilizzata nei prodotti cosmetici se è stata sottoposta alla valutazione del CSSC e dichiarata sicura per l'utilizzo nei prodotti cosmetici. A tal fine, la Commissione adotta le misure necessarie in conformità della procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

2. L'utilizzo, nei prodotti cosmetici, di sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, di categoria 1A e 1B ai sensi dell'allegato VI, parte 3, del regolamento (CE) n. 1272/2008 è vietato.

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Tuttavia le suddette sostanze possono essere eccezionalmente impiegate nei prodotti cosmetici se, successivamente alla loro classificazione come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, di categoria 1A e 1B ai sensi dell'allegato VI, parte 3, del regolamento (CE) n. 1272/2008, vengono soddisfatte tutte le condizioni seguenti:

a) sono conformi alle prescrizioni relative alla sicurezza di cui al regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare1;

b) non sono disponibili sostanze alternative adeguate, come documentato nell'analisi delle alternative;

c) l'applicazione è fatta per un uso particolare della categoria di prodotti con un'esposizione conosciuta; nonché

d) sono state valutate e ritenute sicure dal CSSC per l'impiego nei prodotti cosmetici, in particolare in vista dell'esposizione a detti prodotti e tenendo conto dell'esposizione complessiva derivante da altre fonti nonché tenendo particolarmente conto dei gruppi di popolazione vulnerabili.

Per evitare l'uso improprio del prodotto cosmetico va prevista un'etichettatura specifica in conformità dell'articolo 3, tenendo conto degli eventuali rischi connessi alla presenza di sostanze pericolose e delle vie di esposizione.

Per attuare il presente paragrafo la Commissione modifica gli allegati al presente regolamento nel rispetto della procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3 entro e non oltre 15 mesi dall'inserimento delle sostanze in questione nell'allegato VI, parte 3, del regolamento (CE) n. 1272/2008.

Per ragioni imperative di urgenza, la Commissione può avvalersi della procedura d'urgenza di cui all'articolo 32, paragrafo 4.

La Commissione incarica il CSSC di eseguire una nuova valutazione delle sostanze in questione non appena emergono preoccupazioni riguardo alla sicurezza e comunque al più tardi ogni cinque anni dopo l'inclusione delle sostanze negli allegati da III a VI.

3. Entro il ...*, la Commissione garantisce che siano elaborati orientamenti adeguati al fine di consentire un approccio armonizzato allo sviluppo e all'utilizzo delle stime di esposizione complessiva in sede di valutazione della sicurezza dell'impiego delle sostanze CMR. Tali orientamenti sono elaborati in consultazione con il CSSC, l’ECHA, l’EFSA e altre parti interessate facendo ricorso, se del caso, alle migliori prassi pertinenti.

4. Una volta disponibili criteri concordati a livello comunitario o internazionale per l'identificazione delle sostanze alteranti il sistema endocrino, o al più tardi cinque anni dopo

1 GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1. ║ * Due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento.

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l'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione riesamina quest'ultimo per quanto riguarda le sostanze alteranti il sistema endocrino.

Articolo 16

Nanomateriali

1. Per ogni prodotto contenente nanomateriali quali definiti all’articolo 2 è assicurato un livello elevato di protezione della salute umana.

2. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai nanomateriali utilizzati come coloranti, filtri UV o conservanti disciplinati all'articolo 14, a meno che non sia espressamente specificato.

3. Oltre alla notifica di cui all'articolo 13, i prodotti cosmetici contenenti nanomateriali sono notificati dalla persona responsabile alla Commissione in formato elettronico sei mesi prima dell'immissione sul mercato, tranne quando detti prodotti sono già stati immessi sul mercato dalla medesima persona responsabile prima del ...**.

In quest'ultimo caso, i prodotti cosmetici contenenti nanomateriali immessi sul mercato sono notificati dalla persona responsabile alla Commissione in formato elettronico tra il ...** e il ...***, in aggiunta alla notifica di cui all'articolo 13.

Il primo e il secondo comma non si applicano ai prodotti cosmetici contenenti nanomateriali in conformità ai requisiti di cui all'allegato III.

Le informazioni notificate alla Commissione includono quanto meno i punti seguenti:

a) l'identificazione del nanomateriale compresi la denominazione chimica (IUPAC) e altri descrittori come specificato al paragrafo 2 del preambolo agli allegati da II a VI;

b) la descrizione del nanomateriale comprese la dimensione delle particelle e le proprietà fisiche e chimiche;

c) una stima della quantità che si prevede immettere sul mercato per anno;

d) il profilo tossicologico del nanomateriale;

e) i dati sulla sicurezza del nanomateriale relativi alla categoria del prodotto cosmetico in cui detto nanomateriale è usato;

f) le condizioni di esposizione ragionevolmente prevedibili.

La persona responsabile può designare tramite mandato scritto un'altra persona fisica o giuridica per la notifica dei nanomateriali e ne informa la Commissione.

La Commissione fornisce un numero di riferimento relativo alla presentazione del profilo tossicologico che può sostituire la precedente lettera d).

** Trentasei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. *** Quarantadue mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

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4. Nel caso in cui nutra preoccupazioni riguardo alla sicurezza del nanomateriale, la Commissione chiede immediatamente al CSSC di esprimere un parere concernente la sicurezza di tali nanomateriali per le pertinenti categorie di prodotti cosmetici e le condizioni di esposizione ragionevolmente prevedibili. La Commissione rende pubbliche tali informazioni. Il CSSC formula il suo parere entro sei mesi dalla richiesta della Commissione. Qualora il CSSC riscontri dati mancanti, la Commissione chiede alla persona responsabile di fornirli entro un termine ragionevole esplicitamente indicato, non prorogabile. Il CSSC formula il suo parere finale entro sei mesi dalla presentazione dei dati aggiuntivi. Il parere del CSSC è messo a disposizione del pubblico.

5. Qualora nutra qualsiasi preoccupazione riguardo alla sicurezza, la Commissione può invocare in qualsiasi momento la procedura di cui al paragrafo 4, ad esempio in seguito a nuove informazioni fornite da terzi.

6. Tenendo conto del parere del CSSC e qualora sussistano rischi potenziali per la salute umana, inclusi i casi in cui i dati sono insufficienti, la Commissione può modificare gli allegati II e III del presente regolamento.

7. La Commissione, tenendo conto del progresso tecnico-scientifico, può modificare il paragrafo 3 aggiungendovi altri requisiti.

8. Le misure di cui ai paragrafi 6 e 7, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 32, paragrafo 3.

9. Per motivi imperativi di urgenza la Commissione può avvalersi della procedura di cui all'articolo 32, paragrafo 4.

10. Le seguenti informazioni sono rese disponibili dalla Commissione:

a) Entro il ...*, la Commissione mette a disposizione un catalogo di tutti i nanomateriali utilizzati nei prodotti cosmetici immessi sul mercato, compresi quelli utilizzati come coloranti, filtri UV e conservanti in una sezione separata,, indicando le categorie dei prodotti cosmetici e le condizioni di esposizione ragionevolmente prevedibili. In seguito detto catalogo è regolarmente aggiornato e messo a disposizione del pubblico.

b) La Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di verifica annuale, recante informazioni sull'evoluzione dell'utilizzazione di nanomateriali nei prodotti cosmetici nella Comunità, compresi quelli usati come coloranti, filtri UV e conservanti in una sezione separata. La prima relazione è presentata entro il ...*. L’aggiornamento della relazione riepiloga, in particolare, i nuovi nanomateriali nelle nuove categorie di prodotti cosmetici, il numero di notifiche, i progressi compiuti nella messa a punto di metodi di valutazione specifici per i nanomateriali e di guide alla valutazione della sicurezza, nonché informazioni sui programmi di cooperazione internazionale.

* Quarantotto mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. * Cinquantaquattro mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento.

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11. La Commissione riesamina periodicamente alla luce dei progressi scientifici le disposizioni del presente regolamento relative ai nanomateriali e, se del caso, propone modifiche appropriate di tali disposizioni.

La prima revisione è effettuata al più tardi entro il ...**.

Articolo 17

Tracce di sostanze vietate

La presenza involontaria di quantità ridotte di una sostanza vietata, derivante da impurità degli ingredienti naturali o sintetici, dal procedimento di fabbricazione, dall'immagazzinamento, dal trasferimento dall'imballaggio e tecnicamente inevitabile nelle buone prassi di fabbricazione, si tollera ▌ a condizione che ║ sia in conformità dell'articolo 3.

Capo V

Sperimentazione animale

Articolo 18

Sperimentazione animale

1. Fatti salvi gli obblighi generali derivanti dall'articolo 3, è vietato quanto segue:

a) l'immissione sul mercato dei prodotti cosmetici la cui formulazione finale sia stata oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo dopo che un tale metodo alternativo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario, tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all'OCSE;

b) l'immissione sul mercato dei prodotti cosmetici contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo dopo che un tale metodo alternativo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario, tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all'OCSE;

c) la realizzazione, all'interno della Comunità , di sperimentazioni animali relative a prodotti cosmetici finiti, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento;

d) la realizzazione, all'interno della Comunità, di sperimentazioni animali relative a ingredienti o combinazioni di ingredienti allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, dalla data in cui dette sperimentazioni vanno sostituite da uno o più metodi alternativi convalidati che figurano nel regolamento (CE) n. 440/2008 della Commissione, del 30 maggio 2008, che istituisce dei metodi di prova ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la

** Cinque anni dalla data di applicazione del presente regolamento.

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registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH)1, o nell'allegato IX del presente regolamento.

2. La Commissione, previa consultazione del CSSC e del Centro europeo per la convalida dei metodi alternativi (ECVAM) e tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all'OCSE, stabilisce calendari per l'attuazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e d), comprese le scadenze per la graduale soppressione dei vari esperimenti. I calendari sono stati messi a disposizione del pubblico il 1° ottobre 2004 e sono stati trasmessi al Parlamento europeo e al Consiglio. Il periodo di attuazione è limitato all'11 marzo 2009 in relazione al paragrafo 1, lettere a), b) e d).

Per quanto riguarda gli esperimenti concernenti la tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica, per i quali non sono ancora allo studio metodi alternativi, il periodo di attuazione è limitato all'11 marzo 2013 in relazione al paragrafo 1, lettere a) e b).

La Commissione studia le possibili difficoltà tecniche per quanto riguarda il rispetto del divieto in relazione agli esperimenti concernenti, in particolare, la tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica, per i quali non sono ancora allo studio metodi alternativi. Le informazioni sui risultati provvisori e finali di tali studi figurano nelle relazioni annuali di cui all'articolo 35.

Sulla base di tali relazioni annuali, i calendari stabiliti a norma del paragrafo 2, primo comma, possono essere adeguati fino all'11 marzo 2009 in relazione al primo comma o fino all'11 marzo 2013, in relazione al secondo comma e previa consultazione degli stessi organismi di cui al primo comma .

La Commissione studia i progressi e il rispetto delle scadenze nonché eventuali difficoltà tecniche che ostacolano il rispetto del divieto. Le informazioni sui risultati provvisori e definitivi dagli studi della Commissione figurano nella relazione annuale di cui all'articolo 35. Qualora tali studi concludano, al più tardi entro due anni prima della scadenza del limite massimo indicato al secondo comma, che, per motivi tecnici, uno o più esperimenti di cui al suddetto comma non saranno messi a punto e convalidati prima della scadenza del periodo di cui al secondo comma, la Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio e presenta una proposta legislativa conformemente all'articolo 251 del trattato.

In circostanze eccezionali, qualora sorgano gravi preoccupazioni riguardo alla sicurezza di un ingrediente cosmetico esistente, gli Stati membri possono chiedere alla Commissione di accordare una deroga al paragrafo 1. La richiesta contiene una valutazione della situazione e indica le misure necessarie. Su tale base la Commissione, previa consultazione del CSSC, può autorizzare con una decisione motivata la deroga. L'autorizzazione in questione stabilisce le condizioni di tale deroga per quanto riguarda gli obiettivi specifici, la durata e la relazione sui risultati.

Le misure di cui al primo comma, volte a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

Una deroga può essere accordata soltanto se:

1 GU L 142 del 31.5.2008, pag. 1.

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a) l'ingrediente è ampiamente utilizzato e non può essere sostituito con un altro ingrediente atto a svolgere una funzione analoga;

b) il problema specifico riguardante la salute umana è dimostrato e la necessità di effettuare esperimenti sugli animali è giustificata e supportata da un protocollo di ricerca dettagliato proposto come base per la valutazione.

La decisione di autorizzazione, le relative condizioni e il risultato finale raggiunto formano parte integrante della relazione annuale che la Commissione deve presentare conformemente all'articolo 35.

3. Ai fini del presente articolo e dell'articolo 20:

a) "prodotto cosmetico finito" indica il prodotto cosmetico nella sua formulazione finale quale immesso sul mercato a disposizione del consumatore finale, ovvero il suo prototipo;

b) "prototipo" indica il primo modello o progetto che non è stato prodotto in lotti e dal quale è stato copiato o sviluppato il prodotto cosmetico finito.

Capo VI

Informazione del consumatore

Articolo 19

Etichettatura

1. Fatte salve le altre disposizioni del presente articolo, i prodotti cosmetici sono messi a disposizione sul mercato solamente se il recipiente e l'imballaggio dei prodotti cosmetici recano le seguenti indicazioni, in caratteri indelebili, facilmente leggibili e visibili:

a) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo della persona responsabile. Tali indicazioni possono essere abbreviate, purché l'abbreviazione permetta di identificare tale persona e il suo indirizzo. Qualora vengano indicati più indirizzi, quello presso cui la persona responsabile tiene ad immediata disposizione la documentazione informativa sul prodotto va messo in evidenza. Per i prodotti cosmetici importati è indicato il paese di origine;

b) il contenuto nominale al momento della confezione, indicato in peso o in volume, fatta eccezione per gli imballaggi con un contenuto inferiore a 5 g o a 5 ml, i campioni gratuiti e le monodosi; per quanto riguarda gli imballaggi preconfezionati, che vengono solitamente commercializzati per insieme di pezzi e per i quali l'indicazione del peso o del volume non ha alcun rilievo, il contenuto può non essere indicato, purché sull'imballaggio venga menzionato il numero di pezzi. Questa indicazione non è necessaria qualora il numero di pezzi sia facile da determinare dall'esterno o qualora il prodotto venga solitamente commercializzato solo ad unità;

c) la data fino alla quale il prodotto cosmetico, stoccato in condizioni adeguate, continua a svolgere la sua funzione iniziale e, in particolare, resta conforme all'articolo 3 (qui di seguito: "durata di conservazione minima").

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La data stessa oppure le indicazioni relative alla sua localizzazione sull'imballaggio devono essere precedute dal simbolo indicato al punto 3 dell'allegato VII al presente regolamento oppure dalla dicitura: "da usare preferibilmente entro ║".

La durata di conservazione minima è indicata in modo chiaro e si compone, nell'ordine, del mese e dell'anno oppure del giorno, del mese e dell'anno. Se necessario, tale indicazione è completata precisando anche le condizioni da rispettare per garantire la durata indicata.

L'indicazione della durata di conservazione minima non è obbligatoria per i prodotti cosmetici che abbiano una durata minima superiore ai trenta mesi. Per tali prodotti è riportata un'indicazione relativa al periodo di tempo in cui il prodotto, una volta aperto, è sicuro e può essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore. Tale informazione è indicata, tranne nei casi in cui il concetto di conservazione dopo l'apertura non è rilevante, tramite il simbolo indicato al punto 2 dell'allegato VII al presente regolamento, seguito dal periodo (espresso in mesi e/o anni);

d) le precauzioni particolari per l'impiego, almeno quelle indicate negli allegati da III a VI, nonché le eventuali indicazioni concernenti precauzioni particolari da osservare per i prodotti cosmetici di uso professionale;

e) il numero della partita di fabbricazione o il riferimento che permetta di identificare il prodotto cosmetico. In caso di impossibilità pratica, dovuta alle modeste dimensioni dei cosmetici, questa indicazione deve figurare solamente sulla confezione;

f) la funzione del prodotto cosmetico, salvo se risulta dalla sua presentazione;

g) l'elenco degli ingredienti. Tali indicazioni possono figurare unicamente sull'imballaggio. L' elenco viene preceduto dal termine "ingredienti".

Ai fini del presente articolo "ingrediente" indica una qualsiasi sostanza o miscela di sostanze usata intenzionalmente nel prodotto cosmetico durante il procedimento di fabbricazione. Tuttavia, non sono considerate ingredienti:

i) le impurità contenute nelle materie prime utilizzate,

ii) le sostanze tecniche secondarie utilizzate nella fabbricazione ma che non compaiono nella composizione del prodotto finito.

I composti odoranti e aromatici e le loro materie prime vengono indicati con il termine "profumo" o "aroma". Inoltre, la presenza di sostanze la cui indicazione è prescritta ai sensi della colonna "Altre" dell'allegato III figura nell'elenco degli ingredienti oltre ai termini profumo e aroma.

Nell'elenco gli ingredienti vanno indicati in ordine decrescente di peso al momento di incorporazione nel prodotto cosmetico. Gli ingredienti presenti in concentrazioni inferiori all'1% possono essere elencati in qualsiasi ordine, dopo quelli presenti in concentrazioni superiori all'1%.

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Nell'elenco degli ingredienti figura chiaramente ogni ingrediente contenuto sotto forma di nanomateriali. La dicitura "nano", tra parentesi, segue la denominazione di tali ingredienti.

I coloranti diversi da quelli destinati a colorare le zone pilifere possono essere indicati in ordine sparso dopo gli altri ingredienti cosmetici. Per i prodotti cosmetici da trucco immessi sul mercato in varie sfumature di colore, possono essere menzionati tutti i coloranti diversi da quelli destinati a colorare le zone pilifere utilizzati nella gamma a condizione di aggiungervi le parole "può contenere" o il simbolo "+/-". Se del caso, è utilizzata la nomenclatura CI (Colour Index).

2. In caso di impossibilità pratica di indicare sull'etichetta le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere d) e g), si applica quanto segue:

− Le informazioni vanno indicate su un foglio, su un'etichetta, una fascetta o un cartellino allegati o fissati al prodotto cosmetico.

− Se possibile, deve figurare un riferimento alle suddette informazioni, in forma abbreviata oppure con il simbolo di cui all'allegato VII, punto 1, da indicare sul recipiente o sull'imballaggio per le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera d) e sull'imballaggio per le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera g).

3. Qualora, nel caso del sapone e delle perle da bagno, nonché di altri prodotti piccoli, sia praticamente impossibile far figurare le indicazioni di cui al paragrafo 1, lettera g) su un'etichetta, una fascetta o un cartellino, oppure su un foglio di istruzioni allegato, dette indicazioni devono figurare su un avviso collocato in prossimità del contenitore nel quale il prodotto cosmetico è esposto per la vendita.

4. Per i cosmetici non preconfezionati o per i cosmetici confezionati dal venditore su richiesta dell'acquirente o preconfezionati in vista della loro vendita immediata, gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo cui vanno indicate le menzioni di cui al paragrafo 1.

5. La lingua nella quale vanno indicate le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere b), c), d) ed f), e ai paragrafi da 2 a 4, è determinata dalla normativa dello Stato membro in cui il prodotto viene messo a disposizione dell'utilizzatore finale.

6. Nelle informazioni di cui al paragrafo 1, lettera g), va indicata la denominazione comune degli ingredienti contenuta nel glossario di cui all'articolo 33. Qualora non sia disponibile una denominazione comune per un determinato ingrediente, va impiegato un termine contenuto in una nomenclatura generalmente riconosciuta.

Articolo 20

Dichiarazioni relative al prodotto

1. In sede di etichettatura, di messa a disposizione sul mercato e di pubblicità dei prodotti cosmetici non vanno impiegati diciture, denominazioni, marchi, immagini o altri segni, figurativi o meno, che attribuiscano ai prodotti stessi caratteristiche o funzioni che non possiedono.

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2. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, stabilisce un piano d’azione riguardante le dichiarazioni utilizzate e fissa le priorità per determinare criteri comuni che giustificano l'utilizzo di una dichiarazione.

Dopo aver consultato il CSSC o altre autorità pertinenti, la Commissione adotta un elenco di criteri comuni per le dichiarazioni che possono essere utilizzate riguardo ai prodotti cosmetici, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 32, paragrafo 3, tenendo conto delle disposizioni della direttiva 2005/29/CE.

Tre anni dopo la data di applicazione del presente regolamento, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione concernente l’uso delle dichiarazioni sulla base dei criteri comuni adottati ai sensi del secondo comma. Se la relazione conclude che le dichiarazioni utilizzate relativamente ai prodotti cosmetici non sono conformi ai criteri comuni, la Commissione adotta misure adeguate per assicurare la conformità in cooperazione con gli Stati membri.

3. La persona responsabile può indicare sulla confezione del prodotto o su qualsiasi documento, foglio di istruzioni, etichetta, fascetta o cartellino che accompagna o si riferisce a tale prodotto cosmetico che quest'ultimo è stato sviluppato senza fare ricorso alla sperimentazione animale, solo a condizione che il fabbricante e i suoi fornitori non abbiano effettuato o commissionato sperimentazioni animali sul prodotto cosmetico finito, sul suo prototipo, né su alcun suo ingrediente e che non abbiano usato ingredienti sottoposti da terzi a sperimentazioni animali al fine di ottenere nuovi prodotti cosmetici.

Articolo 21

Accesso del pubblico alle informazioni

Fatta salva la tutela, in particolare, della segretezza commerciale e dei diritti di proprietà intellettuale, la persona responsabile garantisce che le informazioni relative alla composizione qualitativa e quantitativa del prodotto cosmetico e, per i composti odoranti e i profumi, il nome e il numero di codice del composto e l'identità del fornitore, nonché le informazioni esistenti in merito agli effetti indesiderabili e agli effetti indesiderabili gravi derivanti dall'uso del prodotto cosmetico siano rese facilmente accessibili al pubblico con ogni mezzo idoneo.

Le informazioni quantitative relative alla composizione del prodotto cosmetico che devono essere messe a disposizione del pubblico, sono limitate alle sostanze pericolose ai sensi dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1272/2008.

Capo VII

Sorveglianza del mercato

Articolo 22

Controllo all'interno del mercato

Gli Stati membri vigilano sul rispetto del presente regolamento attraverso controlli all'interno del mercato dei prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato. Essi eseguono i dovuti controlli su scala adeguata dei prodotti e degli operatori economici, tramite la

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documentazione informativa del prodotto e, se del caso, mediante test fisici e di laboratorio sulla base di campioni adeguati.

Gli Stati membri vigilano altresì sul rispetto dei principi delle buone prassi di fabbricazione.

Gli Stati membri conferiscono alle autorità di vigilanza del mercato le competenze, le risorse e le conoscenze necessarie per consentire loro di espletare i loro compiti in modo adeguato.

Gli Stati membri riesaminano e valutano periodicamente il funzionamento delle loro attività di vigilanza. Tali riesami e valutazioni hanno una periodicità almeno quadriennale e i loro risultati sono comunicati agli altri Stati membri e alla Commissione e sono messi a disposizione del pubblico mediante comunicazione elettronica e, ove opportuno, con altri mezzi.

Articolo 23

Informazioni sugli effetti indesiderabili gravi

1. La persona responsabile e i distributori notificano quanto prima alle autorità competenti dello Stato membro nel quale sono stati riscontrati effetti indesiderabili gravi:

a) tutti gli effetti indesiderabili gravi a lei noti o che si possono ragionevolmente presumere a lei noti;

b) il nome ▌ del prodotto in questione, che ne permetta l'identificazione specifica;

c) le eventuali misure correttive da lei adottate.

2. Quando la persona responsabile notifica effetti indesiderabili gravi alle autorità competenti dello Stato membro in cui gli effetti sono stati riscontrati, tali autorità competenti trasmettono immediatamente le informazioni di cui al paragrafo 1 alle autorità competenti degli altri Stati membri.

3. Quando i distributori notificano effetti indesiderabili gravi alle autorità competenti dello Stato membro in cui gli effetti sono stati riscontrati, tali autorità competenti trasmettono immediatamente le informazioni di cui al paragrafo 1 alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla persona responsabile.

4. Quando utilizzatori finali o professionisti del settore sanitario notificano effetti indesiderabili gravi alle autorità competenti dello Stato membro in cui gli effetti sono stati riscontrati, tali autorità competenti trasmettono immediatamente le informazioni sul prodotto in questione alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla persona responsabile.

5. Le autorità competenti possono fare uso delle informazioni di cui al presente articolo ▌ nell'ambito della sorveglianza all'interno del mercato, dell'analisi del mercato, della valutazione e delle informazioni per i consumatori nel quadro degli articoli 25, 26 e 27.

Articolo 24

Informazioni sulle sostanze

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Qualora sorgano seri dubbi in merito alla sicurezza di qualsiasi sostanza contenuta nei prodotti cosmetici, le autorità competenti degli Stati membri nei quali sono stati messi a disposizione sul mercato i prodotti contenenti tali sostanze possono chiedere alla persona responsabile, con una domanda motivata, di produrre un elenco di tutti i prodotti cosmetici contenenti tali sostanze per i quali la persona è responsabile. Nell'elenco viene indicata la concentrazione di tali sostanze nei prodotti cosmetici.

Le autorità competenti possono fare uso delle informazioni di cui al presente articolo ▌ nell'ambito della sorveglianza all'interno del mercato, dell'analisi del mercato, della valutazione e delle informazioni per i consumatori nel quadro degli articoli 25, 26 e 27.

Capo VIII

Non conformità, clausola di salvaguardia

Articolo 25

Non conformità da parte della persona responsabile

1. Fatto salvo il paragrafo 4, le autorità competenti chiedono alla persona responsabile di adottare tutti i provvedimenti adeguati, incluse le misure correttive volte a rendere conforme il prodotto, a ritirarlo dal mercato o a renderlo oggetto di richiamo entro un limite di tempo espressamente indicato, in proporzione alla natura del rischio, qualora il prodotto non risulti conforme ad anche uno solo dei seguenti elementi:

a) buone prassi di fabbricazione di cui all'articolo 8;

b) valutazione della sicurezza di cui all’articolo 10;

c) prescrizioni relative alla documentazione informativa sul prodotto di cui all'articolo 11;

d) disposizioni su campionamento e analisi di cui all'articolo 12,

e) prescrizioni relative alla notifica di cui all'articolo 13;

f) restrizioni applicabili a determinate sostanze, di cui agli articoli da 14 a 17;

g) prescrizioni relative alla sperimentazione animale di cui all'articolo 18;

h) prescrizioni relative all'etichettatura ║ di cui all'articolo 19, paragrafi 1, 2, 5 e 6;

i) prescrizioni relative alle dichiarazioni sul prodotto ║ di cui all'articolo 20;

j) accesso del pubblico alle informazioni di cui all'articolo 21;

k) informazioni sugli effetti indesiderabili gravi di cui all'articolo 23;

l) obblighi di informazione sulle sostanze di cui all’articolo 24.

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2. Se del caso, le autorità competenti notificano alle autorità competenti dello Stato membro nel quale la persona responsabile è stabilita i provvedimenti che hanno chiesto di adottare alla persona responsabile.

3. La persona responsabile deve garantire che i provvedimenti di cui al paragrafo 1 siano adottati per tutti i prodotti in questione che sono stati messi a disposizione sul mercato in tutta la Comunità.

4. In caso di rischi gravi per la salute umana, qualora le autorità competenti ritengano che la non conformità non si limiti al territorio dello Stato membro nel quale il prodotto è stato messo a disposizione sul mercato, esse informano la Commissione e le autorità competenti degli altri Stati membri dei provvedimenti che hanno chiesto di adottare alla persona responsabile.

5. Le autorità competenti adottano tutti i provvedimenti adeguati volti a vietare o limitare la messa a disposizione sul mercato del prodotto cosmetico o a ritirare il prodotto dal mercato o a richiamarlo nei casi seguenti:

a) quando sia necessario intervenire immediatamente nei casi di rischi gravi per la salute umana; oppure

b) qualora la persona responsabile, entro i limiti di tempo di cui al paragrafo 1, non adotti tutte le misure necessarie.

Nei casi di rischi gravi per la salute umana, le autorità competenti informano la Commissione e le autorità competenti degli altri Stati membri senza indugio delle misure adottate.

6. In assenza di rischi gravi per la salute umana, qualora la persona responsabile non adotti tutti i provvedimenti adeguati, le autorità competenti informano tempestivamente le autorità competenti dello Stato membro nel quale la persona responsabile è stabilita circa i provvedimenti adottati.

7. Ai fini dei paragrafi 4 e 5 del presente articolo viene utilizzato il sistema di scambio delle informazioni previsto dall'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, sulla sicurezza generale dei prodotti

1.

Si applicano inoltre l'articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva 2001/95/CE e l'articolo 23 del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti2.

Articolo 26

Non conformità da parte dei distributori

Le autorità competenti chiedono ai distributori di adottare tutti i provvedimenti adeguati, incluse le misure correttive volte a rendere conforme il prodotto, a ritirarlo dal mercato o a richiamarlo entro un limite di tempo ragionevole, in proporzione alla natura del rischio, qualora il prodotto non risulti conforme agli obblighi di cui all'articolo 6.

1 GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4. 2 GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30.

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Articolo 27

Clausola di salvaguardia

1. Nel caso di prodotti che rispondono ai requisiti di cui all'articolo 25, paragrafo 1, ove ▌ un'autorità competente constati, o abbia validi motivi per temere, che uno o più prodotti cosmetici resi disponibili sul mercato presentano o potrebbero presentare rischi gravi per la salute umana, essa adotta tutte le misure temporanee adeguate al fine di garantire che il prodotto o i prodotti in questione siano ritirati, richiamati o ne venga comunque limitata la disponibilità.

2. L'autorità competente comunica immediatamente alla Commissione e alle autorità competenti degli altri Stati membri le misure adottate ed eventuali informazioni che le motivano.

Ai fini del primo comma viene utilizzato il sistema di scambio delle informazioni previsto dall'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva 2001/59/CE.

Si applica l'articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4 della direttiva 2001/95/CE.

3. La Commissione deve stabilire quanto prima se le misure temporanee di cui al paragrafo 1 siano giustificate o no. A tal fine la Commissione deve consultare le parti interessate, gli Stati membri e il CSSC, qualora possibile.

4. Se le misure temporanee sono giustificate, si applica l'articolo 31, paragrafo 1.

5. Se le misure temporanee non sono giustificate, la Commissione ne informa gli Stati membri e le autorità competenti interessate abrogano le misure temporanee in questione.

Articolo 28

Buone prassi amministrative

1. Le decisioni adottate in conformità degli articoli 25 e 27 devono indicare i motivi esatti sui quali sono basate. Tali decisioni sono notificate senza indugio dalle autorità competenti alla parte interessata informandola nel contempo dei mezzi di ricorso a sua disposizione in virtù della normativa nazionale in vigore nello Stato membro interessato e dei limiti di tempo cui sono soggetti tali mezzi di ricorso.

2. Ad eccezione di quando sia necessario intervenire immediatamente nei casi di rischi gravi per la salute umana, la persona responsabile ha la possibilità di presentare il proprio parere prima che venga adottata qualsiasi decisione.

3. Se del caso, le disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 2 si applicano al distributore per qualsiasi decisione adottata conformemente agli articoli 26 e 27.

Capo IX

Cooperazione amministrativa

Articolo 29

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Cooperazione tra le autorità competenti

1. Le autorità competenti degli Stati membri cooperano tra loro e con la Commissione per garantire l'adeguata applicazione e la debita esecuzione del presente regolamento e si trasmettono tutte le informazioni necessarie per l'applicazione uniforme del presente regolamento.

2. La Commissione provvede all'organizzazione di uno scambio di esperienze tra le autorità competenti al fine di coordinare l'applicazione uniforme del presente regolamento.

3. La cooperazione può avvenire nel quadro di iniziative elaborate a livello internazionale.

Articolo 30

Cooperazione per la verifica della documentazione informativa sul prodotto

Le autorità competenti degli Stati membri nei quali i prodotti cosmetici sono messi a disposizione sul mercato possono chiedere alle autorità competenti degli Stati membri nei quali la documentazione informativa sul prodotto è tenuta ad immediata disposizione di verificare se tale documentazione soddisfi i requisiti di cui all'articolo 11, paragrafo 2 e se le informazioni ivi contenute forniscano le prove della sicurezza del prodotto cosmetico.

Le autorità competenti richiedenti devono motivare la loro richiesta.

In seguito a tale richiesta le autorità competenti eseguono quanto prima e alla luce del grado di urgenza la verifica ed informano l'autorità competente richiedente in merito ai risultati.

Capo X

Misure di attuazione, disposizioni finali

Articolo 31

Modifica degli allegati

1. Qualora sussistano rischi potenziali per la salute umana connessi all'impiego di talune sostanze nei prodotti cosmetici e tali rischi debbano essere affrontati a livello comunitario, la Commissione, dopo aver consultato il CSSC, modifica gli allegati da II a VI di conseguenza.

Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

Per motivi imperativi di urgenza ║ la Commissione può avvalersi della procedura d'urgenza di cui all'articolo 32, paragrafo 4.

2. Dopo aver consultato il CSSC la Commissione può modificare gli allegati da III a VI e VIII per adeguarli al progresso tecnico e scientifico.

Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

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3. Dopo aver consultato il CSSC la Commissione può modificare l'allegato I qualora ciò sia necessario a garantire la sicurezza dei prodotti cosmetici immessi sul mercato.

Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 32, paragrafo 3.

Articolo 32

Comitato

1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti cosmetici.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4 e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6 e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

Articolo 33

Glossario delle denominazioni comuni degli ingredienti

La Commissione compila e tiene aggiornato un glossario delle denominazioni comuni degli ingredienti. A tale scopo, la Commissione tiene conto delle nomenclature riconosciute a livello internazionale, compresa la nomenclatura internazionale degli ingredienti cosmetici (INCI). Il glossario non costituisce un elenco delle sostanze il cui impiego è autorizzato nei prodotti cosmetici.

La denominazione comune degli ingredienti va impiegata nell'etichettatura dei prodotti cosmetici immessi sul mercato al più tardi dodici mesi dopo la pubblicazione del glossario nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 34

Autorità competenti, centri antiveleno e organismi analoghi

1. Gli Stati membri designano le loro autorità nazionali competenti.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione gli estremi delle autorità di cui al paragrafo 1 e degli organismi di cui all'articolo 13, paragrafo 6. Le eventuali modifiche di tali informazioni vanno altresì comunicate alla Commissione.

3. La Commissione compila e tiene aggiornato un elenco delle autorità e degli organismi di cui al paragrafo 2 e lo rende accessibile al pubblico.

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Articolo 35

Relazione annuale sulla sperimentazione animale

Ogni anno la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione:

1) sui progressi realizzati in materia di messa a punto, convalida e legalizzazione di metodi alternativi. La relazione contiene dati precisi sul numero e il tipo di sperimentazioni relative a prodotti cosmetici effettuate sugli animali. Gli Stati membri sono tenuti a raccogliere tali dati, in aggiunta alla raccolta di dati statistici imposta loro dalla direttiva 86/609/CEE ║. La Commissione assicura in particolare la messa a punto, la convalida e la legalizzazione di metodi alternativi di sperimentazione che non utilizzano animali vivi;

2) sui progressi compiuti dalla Commissione nel tentativo di far accettare dall'OCSE metodi alternativi convalidati a livello comunitario e di favorire il riconoscimento, da parte dei paesi terzi, dei risultati di test di sicurezza effettuati nella Comunità con metodi alternativi, segnatamente nel quadro degli accordi di cooperazione fra la Comunità e tali paesi;

3) sul modo in cui le esigenze specifiche delle piccole e medie imprese sono state prese in considerazione.

Articolo 36

Obiezione formale contro le norme armonizzate

1. Se uno Stato membro o la Commissione ritiene che una norma armonizzata non soddisfi interamente i requisiti stabiliti dalle pertinenti disposizioni del presente regolamento, la Commissione o lo Stato membro interessato sottopone la questione al comitato istituito dall'articolo 5 della direttiva 98/34/CE con le relative motivazioni. Il comitato esprime senza indugio il suo parere.

2. A seguito del parere espresso dal comitato la Commissione decide di pubblicare, di non pubblicare, di pubblicare con limitazioni, di mantenere, di mantenere con limitazioni o di ritirare dalla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il riferimento alla norma armonizzata in questione.

3. La Commissione ne informa gli Stati membri e l'organismo europeo di normalizzazione in questione. Se necessario, la Commissione chiede la revisione delle norme armonizzate in questione.

Articolo 37

Sanzioni

Gli Stati membri definiscono le norme concernenti le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari a garantirne l'effettiva applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e

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dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il …* e la

informano senza indugio di eventuali modifiche successive.

Articolo 38

Abrogazione

La direttiva 76/768/CEE è abrogata a partire dal ...**, ad eccezione dell'articolo 4 ter che è abrogato dal 1° dicembre 2010.

I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti al presente regolamento.

Il presente regolamento non pregiudica gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato IX, parte B.

Tuttavia, le autorità competenti continuano a tenere a disposizione le informazioni ricevute a norma dell'articolo 7, paragrafo 3, e dell'articolo 7 bis, paragrafo 4, della direttiva 76/768/CEE e le persone responsabili continuano a tenere ad immediata disposizione le informazioni raccolte a norma dell'articolo 7 bis di tale direttiva per un periodo di sette anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 40, paragrafo 2.

Articolo 39

Disposizioni transitorie

In deroga alla direttiva 76/768/CEE, i prodotti cosmetici conformi al presente regolamento possono essere immessi sul mercato prima della data di cui all'articolo 40, paragrafo 2.

A decorrere dal ...∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗, in deroga alla direttiva 76/768/CEE, le notifiche eseguite a norma dell'articolo 13 del presente regolamento sono considerate conformi all'articolo 7, paragrafo 3, e all'articolo 7 bis, paragrafo 4, di tale direttiva.

Articolo 40

Entrata in vigore e data di applicazione

1. Il presente regolamento entra in vigore il [ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea].

2. Esso si applica a decorrere dal ...∗∗, ad eccezione:

– dell'articolo 15, paragrafi 1 e 2, che si applica a decorrere dal 1° dicembre 2010, e degli articoli 14, 31 e 32 se necessari all'applicazione dell'articolo 15, paragrafi 1 e 2; nonché

* Quarantadue mesi dopo la pubblicazione del presente regolamento nella Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea. ** Quarantadue mesi dopo l’entrata in vigore del presente regolamento. ∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗ Ventiquattro mesi dopo l’entrata in vigore del presente regolamento.

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– dell'articolo 16, paragrafo 2, comma 2, che si applica a decorrere dal ...∗∗∗∗.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a ║

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il presidente Il presidente

∗∗∗∗ Trentasei mesi dopo l'entrata in vigore del presente regolamento.

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ALLEGATO I

Relazione sulla sicurezza dei prodotti cosmetici

La relazione sulla sicurezza dei prodotti cosmetici contiene, almeno, gli elementi seguenti:

PARTE A – Informazioni sulla sicurezza dei prodotti cosmetici

1. Composizione quantitativa e qualitativa dei prodotti

La composizione qualitativa e quantitativa del prodotto, inclusa l'identità chimica delle sostanze (incl. denominazione chimica, INCI, CAS, EINECS/ELINCS, ove possibile) e la loro funzione prevista. Per ▌ i composti odoranti e aromatici ▌, nome e numero di codice del composto nonché identità del fornitore.

2. Caratteristiche fisiche/chimiche e stabilità del prodotto cosmetico

Le caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze, delle materie prime e del prodotto cosmetico.

La stabilità del prodotto cosmetico in condizioni di stoccaggio ragionevolmente prevedibili.

3. Qualità microbiologica

Le specifiche microbiologiche della sostanza o miscela e del prodotto cosmetico. Va prestata particolare attenzione ai prodotti cosmetici da impiegare nella zona perioculare, sulle membrane mucose in generale, sulla cute lesa, su bambini di età inferiore a tre anni, su persone anziane e persone che evidenziano deficit del sistema immunitario.

Risultati del challenge test per la verifica della capacità di conservazione.

4. Impurità, tracce, informazioni sul materiale d'imballaggio

La purezza delle sostanze e delle miscele.

Qualora siano presenti tracce di sostanze vietate, prova della loro inevitabilità tecnica.

Le caratteristiche pertinenti del materiale da imballaggio, in particolare purezza e stabilità.

5. Uso normale e ragionevolmente prevedibile

L'uso normale e ragionevolmente prevedibile del prodotto. In tale ambito vanno fornite motivazioni tenendo presenti in particolare le avvertenze ed altre spiegazioni sull'etichettatura del prodotto.

6. Esposizione al prodotto cosmetico

Dati sull'esposizione al prodotto cosmetico, che tengano conto dei risultati di cui alla sezione 5 riguardanti

(1) la sede di applicazione;

(2) l'estensione della superficie di applicazione;

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(3) la quantità di prodotto applicata;

(4) la durata e la frequenza d'uso;

(5) le vie di esposizione normali e ragionevolmente prevedibili;

(6) la popolazione target (o esposta). Va tenuto conto anche dell'esposizione potenziale di una determinata popolazione.

Nel calcolo dell'esposizione va tenuto conto anche degli effetti tossicologici da considerare (ad es. potrebbe essere necessario calcolare l'esposizione per unità di superficie cutanea o per unità di peso corporeo). Sarebbe opportuno tenere conto anche dell'eventuale esposizione secondaria attraverso vie diverse da quelle conseguenti all'applicazione diretta (ad es. inalazione involontaria di spray, ingestione involontaria di prodotti da applicare sulle labbra, ecc.).

Va tenuto conto in particolare anche degli eventuali effetti sull'esposizione dovuti alla granulometria.

7. Esposizione alle sostanze

Dati sull'esposizione alle sostanze contenute nel prodotto cosmetico per le soglie tossicologiche pertinenti, tenendo conto delle informazioni di cui alla sezione 6.

8. Profilo tossicologico delle sostanze

Fatto salvo l'articolo 18, ▌ il profilo tossicologico della sostanza contenuta nel prodotto cosmetico per tutte le soglie tossicologiche pertinenti. Va dedicata particolare attenzione alla valutazione della tossicità locale (irritazione cutanea ed oculare), alla sensitizzazione cutanea e, nel caso dell'assorbimento di radiazioni UV, va esaminata anche la tossicità fotoindotta.

Tutte le vie di assorbimento tossicologiche significative vanno considerate, così come gli effetti sistemici, e va valutato il margine di sicurezza in base al NOAEL (no-observed-adverse-effect level). L'assenza di tali informazioni va debitamente motivata.

Va tenuto conto in particolare anche degli eventuali effetti sul profilo tossicologico dovuti a

– granulometria, compresi i nanomateriali;

– impurità delle sostanze e delle materie prime utilizzate; e

– interazione tra sostanze.

L'eventuale applicazione del metodo "read-across" va debitamente documentata e motivata.

Le fonti d'informazione vanno identificate chiaramente.

9. Effetti indesiderabili ed effetti indesiderabili gravi

Tutti i dati disponibili sugli effetti indesiderabili e sugli effetti indesiderabili gravi connessi al prodotto cosmetico o, se del caso, ad altri prodotti cosmetici. Essa comprende dai statistici.

10. Informazioni sul prodotto cosmetico

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Altre informazioni pertinenti, ad esempio ▌ studi disponibili, effettuati su volontari, o i risultati debitamente confermati e comprovati delle valutazioni dei rischi effettuate in altri ambiti pertinenti.

PARTE B – Valutazione della sicurezza dei prodotti cosmetici

1. Conclusioni della valutazione

Dichiarazione sulla sicurezza del prodotto cosmetico in relazione all'articolo 3.

2. Avvertenze ed istruzioni per l'uso riportate sull'etichetta

Dichiarazione relativa alla necessità di indicare sull'etichetta tutte le avvertenze e le istruzioni per l'uso particolari, in conformità dell'articolo 19, paragrafo 1, lettera d).

3. Motivazione

Spiegazione della motivazione scientifica alla base delle conclusioni della valutazione di cui alla sezione 1 e della dichiarazione di cui alla sezione 2. La spiegazione deve fondarsi sulle descrizioni di cui alla parte A. Ove opportuno vanno valutati e discussi margini di sicurezza.

In particolare va effettuata, fra l'altro, una specifica valutazione dei prodotti cosmetici destinati a bambini di età inferiore a tre anni e di quelli destinati unicamente all'igiene intima esterna.

Vanno valutate le eventuali interazioni tra le sostanze contenute nel prodotto cosmetico. ▌

Vanno inoltre fornite le motivazioni della considerazione o non considerazione dei vari profili tossicologici.

Infine è necessario tenere conto degli impatti della stabilità sulla sicurezza del prodotto cosmetico.

4. Informazioni sul valutatore e approvazione della parte B

Nome e indirizzo del valutatore della sicurezza.

Prova delle qualifiche del valutatore della sicurezza.

Data e firma del valutatore della sicurezza.

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Preambolo agli allegati da II a VI

(1) Ai fini degli allegati da II a VI:

a) "prodotto da sciacquare" significa un prodotto cosmetico destinato a essere rimosso dopo l'applicazione sulla cute, le zone pilifere o le membrane mucose;

b) "prodotto da non sciacquare" significa un prodotto cosmetico destinato a restare a contatto prolungato con la cute, le zone pilifere o le membrane mucose;

c) "prodotto per capelli/barba e baffi" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione sulle zone pilifere della testa o del viso, eccettuate le ciglia;

d) "prodotto per la pelle" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione cutanea;

e) "prodotto per le labbra" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione sulle labbra;

f) "prodotto per il viso" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione sulla cute del viso;

g) "prodotto per le unghie" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione sulle unghie;

h) "prodotto per il cavo orale" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione sui denti o sulle membrane mucose della cavità orale;

i) "prodotto da applicare sulle membrane mucose" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione sulle membrane mucose

– della cavità orale,

– intorno agli occhi,

– o degli organi genitali esterni;

j) "prodotto per gli occhi" significa un prodotto cosmetico destinato all'applicazione in zona perioculare;

k) "uso professionale" significa l'applicazione e l'impiego di prodotti cosmetici da parte di persone durante lo svolgimento della loro attività professionale.

(2) Per agevolare l'identificazione delle sostanze vengono impiegati i seguenti descrittori:

– gli "international non-proprietary names" (INN) per i prodotti farmaceutici, OMS, Ginevra, agosto 1975;

– i numeri CAS (Chemical Abstract Service numbers);

– il numero CE, che corrisponde ai numeri dell'inventario europeo delle sostanze chimiche esistenti a carattere commerciale (European Inventory of Existing

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Commercial chemical Substances – EINECS), o della lista europea delle sostanze chimiche notificate (European List of Notified Chemical Substances – ELINCS), oppure al numero di registrazione assegnato conformemente al regolamento (CE) n. 1907/2006;

– lo XAN, che indica il nome approvato da un paese specifico (X), ad esempio USAN che corrisponde al nome approvato dagli Stati Uniti;

– il nome contenuto nel glossario delle denominazioni comuni degli ingredienti di cui all'articolo 33 del presente regolamento.

3) Le sostanze elencate negli allegati da III a VI non comprendono i nanomateriali, salvo dove espressamente indicato.

________________________________________________

I restanti allegati contengono alcuni adeguamenti tecnici. Essi non sono riportati nella

presente versione provvisoria ma saranno pubblicati nella versione definitiva della posizione

del Parlamento.

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ALLEGATO

Dichiarazioni della Commissione

The Commission takes note of the concerns of Member States on the recasting of directives into regulations.

The Commission considers that, where the existing provisions of a directive are sufficiently clear, precise and detailed, they may be capable of conversion into directly applicable provisions in a regulation by way of recasting. This is true more particularly where the provisions at issue are of a technical nature and have already been fully transposed into national law by all Member States.

The Commission accepts, in the light of the different opinions expressed, that the specific case of the Cosmetics Regulation will not be used as a precedent for the interpretation of the Interinstitutional Agreement on this point.

The Commission commits to clarifying the situation regarding Internet sales of cosmetic products prior to the date of application of the regulation.

Like the European Parliament, the Commission is concerned by the fact that the cosmetic sector may be affected by counterfeiting which may increase risk for human health. Therefore, the Commission will take action in order to enhance cooperation between national competent authorities in order to fight counterfeiting.

The Commission will draft an explanatory note regarding transitional provisions and dates of application of the Regulation (in particular in view of Articles 7, 8, 10 and 12a).

On definition of nanomaterials the Commission notes that work towards a common definition of nanomaterials is still evolving. The Commission therefore confirms that in future Community legislation progress on the common definition should be taken into account and notes that the comitology procedures contained within this proposal also allow for the updating of the definition within this proposal.

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P6_TA-PROV(2009)0159

Immissione sul mercato dei biocidi ***I

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE

relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l’estensione di

determinati periodi di tempo (COM(2008)0618 – C6-0346/2008 – 2008/0188(COD))

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0618),

– visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0346/2008),

– visto l'articolo 51 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0076/2009),

1. approva la proposta della Commissione quale emendata;

2. chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

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P6_TC1-COD(2008)0188

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 24 marzo 2009 in vista

dell'adozione della direttiva 2009/.../CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante

modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto

riguarda l'estensione di determinati periodi di tempo

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,

vista la proposta della Commissione ║ ,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo1,

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato2,

considerando quanto segue:

(1) L’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi3 prevede un periodo transitorio di dieci anni, a partire dal 14 maggio 2000, ║ data di entrata in vigore della direttiva stessa, durante il quale ogni Stato membro può applicare le norme e prassi nazionali in materia di immissione ║ sul mercato di biocidi e, in particolare, può autorizzare l'immissione sul mercato di biocidi contenenti principi attivi non contenuti nell’elenco positivo della predetta direttiva, vale a dire gli allegati I, IA o IB della ║ stessa.

(2) L’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 98/8/CE fissa un programma di lavoro decennale, che a sua volta ha avuto inizio il 14 maggio 2000, nel corso del quale tutti i principi attivi contenuti in biocidi già in commercio prima di quella data sono sottoposti ad esame sistematico e, se trovati accettabili dal punto di vista della salute umana e animale e dell’ambiente, sono inseriti nell’elenco comunitario positivo.

(3) Il paragrafo 1, lettera c), punto i), e il paragrafo 2, lettera c), punto i), dell’articolo 12 della direttiva 98/8/CE prevedono la tutela di tutte le informazioni fornite per i suoi fini per un periodo di 10 anni, che a sua volta ha avuto inizio il 14 maggio 2000, a meno che un periodo di tutela più breve non sia già stato concesso in un determinato Stato membro, nel qual caso sul suo territorio si applicherà quest’ultimo periodo. Questa tutela riguarda esclusivamente le informazioni presentate a sostegno dell’inserimento nell’elenco positivo della direttiva 98/8/CE di principi attivi utilizzati nei biocidi presenti sul mercato prima dell’entrata in vigore della direttiva 98/8/CE (║ principi attivi "esistenti").

1 Parere del 14 gennaio 2009. 2 Posizione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009. 3 GU L 123 del 24.4.1998, pag. 1. ║

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(4) Una volta che un principio attivo esistente è stato valutato e inserito nell’elenco positivo della direttiva 98/8/CE, il suo mercato è considerato armonizzato e le norme transitorie per l’immissione sul mercato di prodotti contenenti il principio attivo sono sostituite dalle disposizioni della direttiva stessa.

(5) Conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 98/8/CE, la Commissione ha presentato una relazione║ sui risultati raggiunti dal programma decennale, due anni prima del suo completamento. In base ai risultati della relazione, si prevede che l’esame di un numero significativo di principi attivi non sarà completato entro il 14 maggio 2010. Inoltre, anche per i principi attivi per i quali la decisione circa l’inserimento nell’elenco positivo della direttiva 98/8/CE è stata adottata entro il 14 maggio 2010, occorre agli Stati membri un periodo di tempo sufficiente a recepire gli atti pertinenti e a concedere, annullare o modificare le pertinenti autorizzazioni dei prodotti, al fine di conformarsi alle disposizioni armonizzate della direttiva 98/8/CE. Esiste il rischio concreto che il 14 maggio 2010, fine del periodo transitorio, le norme nazionali non saranno più applicabili, mentre non saranno state ancora adottate le pertinenti norme armonizzate. Si giudica pertanto necessario una proroga del programma di lavoro decennale per permettere il completamento del riesame di tutti i principi attivi che sono stati notificati per il riesame.

(6) È inoltre necessario che la conclusione del programma di riesame coincida con quello del periodo transitorio, in modo tale che l’immissione di biocidi sul mercato sia disciplinata dalle norme o dalle prassi nazionali fino a quando non potranno essere sostituite da disposizioni armonizzate.

(7) Inoltre, per ragioni di coerenza e al fine di evitare la perdita della tutela dei dati mentre determinati principi attivi sono ancora in corso di valutazione, occorre prorogare la tutela di tutti i dati forniti ai fini della direttiva 98/8/CE per farla coincidere con il termine del programma di riesame.

(8) La proroga proposta del programma di riesame potrebbe non essere sufficiente per portare a termine la valutazione di un certo numero di principi attivi. D’altro lato, prorogando ulteriormente il termine si correrebbe il rischio di rallentare l’attività volta a completare il programma di riesame in tempo utile. Qualsiasi proroga del programma di riesame e del periodo transitorio corrispondente per eventuali rimanenti principi attivi dopo il 14 maggio 2014 dovrebbe essere limitata ad un massimo di due anni e dovrebbe aver luogo soltanto se vi sono chiare indicazioni che l'atto giuridico destinato a sostituire la direttiva 98/8/CE non entrerà in vigore prima del 14 maggio 2014.

(9) Le misure necessarie per l'esecuzione della direttiva 98/8/CE dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione1.

(10) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di estendere fino a due anni il periodo di riesame e il corrispondente periodo transitorio per eventuali rimanenti principi attivi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.

1 GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.

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(11) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio"1, gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimento di recepimento,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Modifiche della direttiva 98/8/CE

La direttiva 98/8/CE è così modificata:

1. l’articolo 12 è modificato come segue:

a) al paragrafo 1, lettera c), il punto i) è sostituito dal seguente:

“i) fino al 14 maggio 2014 per le informazioni presentate ai fini della direttiva stessa, a meno che dette informazioni non siano già tutelate da norme nazionali in vigore in materia di biocidi. In tal caso le informazioni continuano ad essere protette in quello Stato membro fino allo scadere del rimanente periodo di protezione dei dati previsto dalle norme nazionali, ma non oltre il 14 maggio 2014 o, se del caso, non oltre la data sino alla quale è prorogato, a norma dell'articolo 16, paragrafo 2, il periodo transitorio di cui all'articolo 16, paragrafo 1,”;

b) al paragrafo 2, lettera c), il punto i) è sostituito dal seguente:

“i) fino al 14 maggio 2014 per le informazioni presentate ai fini della direttiva stessa, a meno che dette informazioni non siano già tutelate da norme nazionali in vigore in materia di biocidi. In tal caso le informazioni continuano ad essere protette in quello Stato membro fino allo scadere del rimanente periodo di protezione dei dati previsto dalle norme nazionali, ma non oltre il 14 maggio 2014 o, se del caso, non oltre la data sino alla quale è prorogato, a norma dell'articolo 16, paragrafo 2, il periodo transitorio di cui all'articolo 16, paragrafo 1,”;

2. l’articolo 16 è modificato come segue:

a) ║ il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

“1. In ulteriore deroga all'articolo 3, paragrafo 1, all'articolo 5, paragrafo 1, e all'articolo 8, paragrafi 2 e 4 e fatte salve le disposizioni dei paragrafi 2 e 3, uno Stato membro può, fino al 14 maggio 2014, continuare ad applicare la sua disciplina o la sua prassi vigenti in materia di immissione di biocidi sul mercato. Se una decisione di inserire un principio attivo nell'allegato I o IA fissa una

1 GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.

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data successiva al 14 maggio 2014 per conformarsi all'articolo 16, paragrafo 3, tale deroga continua ad applicarsi ai prodotti che comprendono tale principio attivo fino alla data fissata in tale decisione. Uno Stato membro

può, in particolare, secondo le norme nazionali, autorizzare l'immissione sul

mercato nel proprio territorio di biocidi contenenti principi attivi non elencati

nell'allegato I o IA per il tipo di prodotto in questione. Tali principi attivi devono

trovarsi già in commercio alla data di cui all'articolo 34, paragrafo 1, quali

principi attivi di un biocida per scopi diversi da quelli definiti nell'articolo 2,

paragrafo 2, lettere c) e d).”;

b) il paragrafo 2 è così modificato:

“i) al primo comma, la prima frase è sostituita dalla seguente:

“2. In seguito all'adozione della presente direttiva, la Commissione avvia un programma di lavoro di quattordici anni ai fini dell'esame sistematico di tutti i principi attivi già in commercio alla data di cui all'articolo 34, paragrafo 1, quali principi attivi di un biocida per scopi diversi da quelli definiti nell'articolo 2, paragrafo 2, lettere c) e d).”;

ii) alla fine del primo comma è aggiunta la frase seguente:

“In base alle conclusioni della relazione si potrà decidere ▌ se prorogare il periodo transitorio di cui al primo comma e il periodo di quattordici anni del programma di lavoro ▌ per un periodo non superiore a due anni. Tale misura intesa a modificare elementi non essenziali della presente direttiva è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 28, paragrafo 4.”;

iii) nel secondo comma le parole “Nel corso del periodo di 10 anni” sono sostituite dalle parole “Nel corso del periodo di quattordici anni”.”.

Articolo 2

Recepimento

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 14 maggio 2010. ▌

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.

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Articolo 3

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 4

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a ║

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il presidente Il presidente

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P6_TA-PROV(2009)0160

Struttura e aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati *

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla proposta di

direttiva del Consiglio recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE

per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi

lavorati (COM(2008)0459 – C6-0311/2008 – 2008/0150(CNS))

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

– vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0459),

– visto l'articolo 93 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0311/2008),

– visto l'articolo 51 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0121/2009),

1. approva la proposta della Commissione quale emendata;

2. invita la Commissione a modificare di conseguenza la sua proposta, in conformità dell'articolo 250, paragrafo 2, del trattato CE;

3. invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

4. chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente la proposta della Commissione;

5. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

Emendamento 1

Proposta di direttiva – atto modificativo

Considerando 2

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

(2) Al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un elevato livello di tutela della salute, come richiesto dall'articolo 152 del trattato CE, tenendo presente che la Comunità è parte della convenzione quadro dell’OMS sul controllo del tabacco (FCTC), è opportuno procedere ad alcune

(2) Al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un elevato livello di tutela della salute, come richiesto dall'articolo 152 del trattato CE, tenendo presente che la Comunità è parte della convenzione quadro dell’OMS sulla lotta contro il tabacco (FCTC), è opportuno procedere ad alcune

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modifiche nel settore, che tengano conto della situazione prevalente per ciascuno dei vari tabacchi lavorati.

modifiche nel settore, che, se del caso, tengano conto del divieto di fumo e della situazione prevalente per ciascuno dei vari tabacchi lavorati, e che siano complementari al divieto di pubblicizzare i prodotti del tabacco e all’avvio di campagne educative. Occorre inoltre tenere conto della necessità di combattere il contrabbando dai paesi terzi e la criminalità organizzata, nonché della creazione e dell'allargamento della zona Schengen.

Emendamento 2

Proposta di direttiva – atto modificativo

Considerando 3

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

(3) Riguardo alle sigarette, occorre semplificare le disposizioni esistenti al fine di creare condizioni neutre di concorrenza per i produttori, ridurre la frammentazione dei mercati del tabacco e mettere in rilievo gli obiettivi di tipo sanitario. A tale scopo è opportuno sostituire il concetto di classe di prezzo più richiesta. Il requisito minimo ad valorem va espresso in termini di prezzo medio ponderato di vendita al minuto, mentre l’importo minimo deve applicarsi a tutte le sigarette. Per motivi analoghi, il prezzo medio ponderato di vendita al minuto deve servire anche come riferimento per determinare l’incidenza dell’accisa specifica nell’onere fiscale totale.

(3) Riguardo alle sigarette, occorre semplificare le disposizioni esistenti al fine di creare condizioni neutre di concorrenza per i produttori, ridurre la frammentazione dei mercati del tabacco, garantire un trattamento equo di tutti gli Stati membri, dei produttori e dell’industria del tabacco dell’Unione europea, mettere in rilievo gli obiettivi di tipo sanitario nonché conformarsi con obiettivi macroeconomici, come quello del contenimento dell’inflazione, alla luce dell'allargamento della zona euro e della convergenza dei prezzi. A tale scopo è opportuno sostituire il concetto di classe di prezzo più richiesta; entro il 1 ° gennaio 2012, l'aliquota minima richiesta per tutti i prodotti del tabacco in tutti gli Stati membri dovrebbe essere espressa soltanto come una componente specifica prelevata per ciascuna unità di tabacco. Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto dovrebbe servire esclusivamente come riferimento per determinare l’incidenza dell’accisa specifica nell’onere fiscale totale. Gli Stati membri che impongono un’aliquota di accisa elevata sui prodotti del tabacco dovrebbero adottare una politica di moderazione per quanto riguarda l'aumento delle tasse, tenendo

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presente l'importanza della convergenza dei livelli impositivi in seno al mercato interno.

Emendamento 3

Proposta di direttiva – atto modificativo

Considerando 5

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

(5) Per quanto riguarda il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette, occorre che i minimi comunitari siano espressi in modo tale da ottenere effetti simili a quelli osservati nel campo delle sigarette. In tale prospettiva sarebbe opportuno stabilire che i livelli impositivi nazionali si conformino sia a un minimo espresso come percentuale del prezzo al minuto che a un minimo espresso come importo fisso.

(5) Per quanto riguarda il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette, occorre che i minimi comunitari siano espressi in modo tale da ottenere effetti simili a quelli osservati nel campo delle sigarette. In tale prospettiva è opportuno stabilire che i livelli impositivi nazionali si conformino a un minimo espresso come importo fisso prelevato per ciascuna unità di tabacco entro il 1° gennaio 2012.

Emendamento 7

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE Articolo 2 – paragrafo 1 - comma 1

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

1. Gli Stati membri si assicurano che l'accisa (specifica più ad valorem) sulle sigarette rappresenti almeno il 57% del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette vendute. L’accisa non può essere inferiore a 64 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

1. Entro il 1° gennaio 2012, gli Stati membri si assicurano che l'accisa non sia inferiore a 64 EUR per 1 000 sigarette per tutti i tipi di sigarette.

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Emendamento 8

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE Articolo 2 – paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

2. A decorrere dal 1° gennaio 2014 gli Stati membri si assicurano che l'accisa (specifica più ad valorem) sulle sigarette rappresenti almeno il 63% del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette vendute. L’accisa non può essere inferiore a 90 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

2. A decorrere dal 1° gennaio 2014 tutti gli Stati membri si assicurano che l'accisa su tutte le categorie di sigarette non sia inferiore a 75 EUR per 1 000 sigarette o superiori di 8 EUR al livello di 1 000 sigarette dal 1° gennaio 2010.

Gli Stati membri che applicano un'accisa di almeno 122 EUR per 1 000 sigarette sulla base del prezzo medio ponderato di vendita al minuto non sono tenuti a rispettare la regola del 63%, di cui al primo comma.

Emendamento 9

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE Articolo 2 – paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

3. Il pezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1° gennaio di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

3. Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1° marzo di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del volume totale immesso sul mercato e dei prezzi, imposte comprese.

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PE 422.706\ 129

IT

Emendamento 10

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE Articolo 2 – paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

5. Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i requisiti di cui al paragrafo 2 alle date fissate rispettivamente al paragrafo 2 e al paragrafo 4.

5. Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i requisiti di cui al paragrafo 1 entro il 1° gennaio 2012.

Gli Stati membri in cui, al 1 ° gennaio 2009, l'accisa applicata per ciascuna categoria di prezzo di vendita al minuto superi 64 euro per 1 000 sigarette, non riducono il livello dell’accisa.

Emendamento 11

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 1

Direttiva 92/79/CEE Articolo 2 – paragrafo 6 – comma 1 bis (nuovo)

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

La Commissione calcola e pubblica, allo stesso tempo, a titolo informativo, il prezzo minimo nell'Unione europea delle sigarette, espresso in euro o in un’altra moneta nazionale, addizionando le aliquote di accisa e di IVA applicabili a un pacchetto di sigarette teorico del valore di 0 EUR tasse escluse.

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130 /PE 422.706

IT

Emendamento 12

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 1 – punto 2

Direttiva 92/79/CEE Articolo 2 bis

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

L'articolo 2 bis è sostituito dal seguente: soppresso

“Articolo 2bis

1. Quando in uno Stato membro una variazione intervenuta nel prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette porta l'incidenza dell'accisa al di sotto dei livelli fissati all'articolo 2, paragrafi 1 e 2 rispettivamente, lo Stato membro di cui trattasi può omettere di adeguare l'incidenza dell'accisa al più tardi fino al 1° gennaio del secondo anno successivo all’anno della variazione.

2. Uno Stato membro che aumenti l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto applicabile alle sigarette può ridurre l'accisa fino a un livello, espresso in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, equivalente all'aumento dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto, ugualmente espresso in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, anche se per effetto di tale adeguamento l'accisa scende al di sotto dei livelli, espressi come percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, fissati all'articolo 2, paragrafi 1 e 2 rispettivamente.

Lo Stato membro, tuttavia, aumenta nuovamente l’accisa in modo da raggiungere almeno detti livelli al più tardi il 1° gennaio del secondo anno successivo all'anno della riduzione.”

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IT

Emendamento 13

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Direttiva 92/80/CEE Articolo 3 – paragrafo 1 – commi 8 e 9

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

A decorrere dal 1° gennaio 2010, gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari almeno al 38% del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, e almeno a 43 EUR per chilogrammo.

A decorrere dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari ad almeno 50 EUR per chilogrammo oppure al 6% in più rispetto ai livelli per chilogrammo al 1° gennaio 2012.

A decorrere dal 1° gennaio 2014, gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari almeno al 42% del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, e almeno a 60 EUR per chilogrammo.

A decorrere dal 1° gennaio 2012, gli Stati membri applicano un'accisa ai tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette pari ad almeno 43 EUR per chilogrammo oppure al 20% in più rispetto ai livelli per chilogrammo al 1° gennaio 2010.

Emendamento 14

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 2 – punto 1

Direttiva 92/80/CEE Articolo 3 – paragrafo 1 – comma 10 e 11

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i nuovi requisiti minimi di cui al nono comma il 1° gennaio 2014.

Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere tali nuovi requisiti minimi.

A decorrere dal 1° gennaio 2010 l'accisa, espressa come percentuale o come importo per chilogrammo o per numero di pezzi, deve essere almeno pari:

A decorrere dal 1° gennaio 2012 l'accisa, espressa come importo per chilogrammo o per numero di pezzi, deve essere almeno pari:

(a) nel caso di sigari o sigarette, al 5% del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, o a 12 EUR per 1 000 pezzi o per chilogrammo;

(a) nel caso di sigari o sigaretti, a 12 EUR per 1000 pezzi o per chilogrammo;

(b) nel caso di tabacchi da fumo (diversi dai tabacchi trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette), al 20% del

(b) nel caso di tabacchi da fumo (diversi dai tabacchi trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette), a 22 EUR per

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132 /PE 422.706

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prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, o a 22 EUR per chilogrammo.”

chilogrammo.

Emendamento 15

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 3 – punto 4 bis (nuovo)

Direttiva 95/59/CE Articolo 9 – paragrafo 1 – comma 3

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

4 bis) All'articolo 9, paragrafo 1, il terzo comma è sostituito dal seguente:

"La disposizione del secondo comma

non osta, tuttavia, all'applicazione delle

legislazioni nazionali sul controllo del

livello dei prezzi imposti o sull'applicazione da parte dell'autorità competente di uno Stato membro di opportune misure in materia di prezzo di soglia applicabili a tutti i prodotti del tabacco, nel quadro della politica in materia di sanità pubblica dello Stato membro in questione, per scoraggiare il consumo di tabacco, specie da parte dei giovani, sempre che siano compatibili

con la normativa comunitaria."

Emendamento 16

Proposta di direttiva – atto modificativo

Articolo 3 – punto 5

Direttiva 95/59/CE Articolo 16 – paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione Emendamento

1. La componente specifica dell’accisa non può essere inferiore al 10% e superiore al 75% dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi:

1. La componente specifica dell’accisa non può essere inferiore al 10%, a partire dal 1° gennaio 2012, e superiore al 55 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi:

(a) l’accisa specifica; (a) l’accisa specifica;

(b) l’accisa proporzionale e l'imposta sul valore aggiunto applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

(b) l’accisa proporzionale e l'imposta sul valore aggiunto applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

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PE 422.706\ 133

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Il pezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1° gennaio di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

Il pezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1° marzo di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

1 bis. La componente specifica dell’accisa non deve essere inferiore al 10 % a partire dal 1° gennaio 2014 e superiore al 60 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi:

(a) l’accisa specifica; nonché

(b) l’accisa proporzionale e l'imposta sul valore aggiunto applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto.

Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è determinato il 1° marzo di ogni anno, con riferimento all’anno n-1, sulla base del totale delle immissioni al consumo e dei prezzi, imposte comprese.

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P6_TA-PROV(2009)0161

Lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'Unione europea

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla lotta contro le mutilazioni

sessuali femminili praticate nell'UE (2008/2071(INI))

Il Parlamento europeo,

– visti gli articoli 2, 3 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata nel 1948,

– visti gli articoli 2, 3 e 26 del Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966,

– visto in particolare l'articolo 5, lettera a) della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), adottata nel 1979,

– visti l'articolo 2, paragrafo 1, l'articolo 19, paragrafo 1, l'articolo 24, paragrafo 3, e gli articoli 34 e 39 della Convenzione relativa ai diritti dei bambini, adottata il 20 novembre 1989 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite,

– vista la Convenzione dell'ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti del 1989,

– vista la Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo del 1990,

– visti l'articolo 1, l'articolo 2, lettera f), l'articolo 5, l'articolo 10, lettera c), e gli articoli 12 e 16 della raccomandazione n. 19 del Comitato delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, adottata nel 1992,

– visti la Dichiarazione e il Programma d'azione di Vienna, adottati dalla Conferenza mondiale sui diritti dell'uomo del giugno 1993,

– vista la Dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, primo strumento internazionale relativo ai diritti dell'uomo che riguarda esclusivamente la violenza contro le donne, adottata nel dicembre 1993,

– visti la Dichiarazione e il Programma d'azione della Conferenza internazionale delle Nazioni Unite su popolazione e sviluppo, adottati al Cairo il 13 settembre 1994,

– viste la Dichiarazione e la Piattaforma d'azione di Pechino, adottate dalla Conferenza mondiale sulle donne il 15 settembre 1995,

– vista la sua risoluzione del 15 giugno 1995 sulla Quarta conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne: Lotta per l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace1,

1 GU C 166 del 3.7.1995, pag. 92.

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PE 422.706\ 135

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– vista la sua risoluzione del 13 marzo 1997 sulla violazione dei diritti della donna1,

– visto il Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne adottata il 12 marzo 1999 dalla Commissione delle Nazioni Unite per la condizione femminile,

– vista la risoluzione della commissione per le pari opportunità del Consiglio d'Europa sulle mutilazioni genitali femminili (MGF) del 12 aprile 1999,

– vista la sua posizione del 16 aprile 1999 sulla proposta modificata di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un programma d'azione comunitario (il programma DAPHNE) (2000-2004) sulle misure dirette a prevenire la violenza contro i bambini, gli adolescenti e le donne2,

– vista la sua risoluzione del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla Piattaforma d'azione di Pechino3,

– vista la sua risoluzione del 15 giugno 2000 sui risultati della sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni unite "Donne 2000: uguaglianza di genere, sviluppo e pace per il XXI secolo (5-9 giugno 2000)"4,

– visti l'accordo di associazione ACP-UE (Accordo di Cotonou), firmato il 23 giugno 2000, e l'allegato Protocollo finanziario,

– vista la proclamazione congiunta della Carta dei diritti fondamentali, da parte di Consiglio, Parlamento europeo e Commissione, in occasione del Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000,

– vista la sua decisione del 14 dicembre 2000 di includere le MGF nell'ambito dell'articolo B5-802 del bilancio 2001 per il programma DAPHNE,

– vista la risoluzione 1247(2001) del 22 maggio 2001 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulle MGF,

– vista la relazione sulle MGF, adottata il 3 maggio 2001 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa,

– vista la sua precedente risoluzione del 20 settembre 2001 sulle mutilazioni genitali femminili5,

– vista la risoluzione 2003/28 della commissione "diritti dell'uomo" delle Nazioni Unite, del 22 aprile 2003, nella quale si proclama il 6 febbraio Giornata internazionale della "tolleranza zero" nei confronti delle mutilazioni genitali femminili,

– visti gli articoli 2, 5, 6 e 19 del Protocollo aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli, conosciuto anche come "Protocollo di Maputo", del 2003, entrato in vigore il 25

1 GU C 115 del 14.4.1997, pag. 172. 2 GU C 219 del 30.7.1999, pag. 497. 3 GU C 59 del 23.2.2001, pag. 258. 4 GU C 67 del 1.3.2001, pag. 289. 5 GU C 77 E del 28.3.2002, pag. 126.

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136 /PE 422.706

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novembre 2005,

– vista la petizione 298/2007, presentata dall'onorevole Cristiana Muscardini il 27 marzo 2007,

– vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2008 su una strategia dell'Unione europea sui diritti dei minori1,

– visti gli articoli 6 e 7 del trattato UE sul rispetto dei diritti dell'uomo (principi generali) e gli articoli 12 e13 del trattato CE (non discriminazione),

– visto l'articolo 45 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0054/2009),

A. considerando che, secondo i dati rilevati dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dai 100 ai 140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subìto mutilazioni genitali e, ogni anno, in base alle cifre fornite dall'OMS e dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), dai 2 ai 3 milioni di donne sono potenzialmente esposte al rischio di subire queste pratiche gravemente invalidanti,

B. considerando che ogni anno circa 180 000 donne emigrate in Europa subiscono o rischiano di subire MGF,

C. considerando che, secondo l'OMS, queste pratiche sono diffuse in almeno 28 paesi africani, in alcuni paesi asiatici e in Medio Oriente,

D. considerando che la violenza contro le donne, comprese le MGF, ha origine da strutture sociali fondate sulla disuguaglianza fra i sessi e su rapporti di forza, dominio e controllo squilibrati, in cui la pressione sociale e familiare è alla base della violazione di un diritto fondamentale come il rispetto dell'integrità personale,

E. considerando che le mutilazioni sessuali imposte alle bambine meritano una severa condanna e costituiscono una palese violazione delle normative internazionali e nazionali a tutela dei minori e dei loro diritti,

F. considerando che l'OMS ha identificato quattro tipi di MGF, che vanno dalla clitoridectomia (ablazione parziale o totale del clitoride) all'escissione (ablazione del clitoride e delle piccole labbra), che rappresenta circa l'85% delle MGF, fino alla forma più estrema, ovvero l'infibulazione (ablazione totale del clitoride e delle piccole labbra nonché della superficie interna delle grandi labbra e cucitura della vulva per lasciare soltanto una stretta apertura vaginale) e l'introcisione (punture, perforazioni o incisioni del clitoride o delle labbra),

G. considerando che qualsiasi forma di MGF, di qualsiasi grado, costituisce un atto di violenza contro le donne che determina una violazione dei loro diritti fondamentali, in particolare il diritto all'integrità personale e fisica e alla salute mentale, come pure della salute sessuale e riproduttiva, e che tale violazione non può in nessun caso essere

1 GU C 41 E del 19.2.2009, pag. 24.

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giustificata dal rispetto delle diverse tradizioni culturali o da cerimonie di iniziazione,

H. considerando che in Europa sono circa 500 000 le donne che hanno subito MGF, pratica consueta soprattutto nelle famiglie di immigrati e rifugiati, e che a tale scopo le bambine sono persino rinviate nel loro paese d'origine,

I. considerando che le MGF provocano gravissimi danni irreparabili, a breve e a lungo termine, alla salute fisica e mentale delle donne e delle bambine che le subiscono, in quanto costituiscono una grave aggressione all'integrità psicofisica, che può arrivare in alcuni casi a provocare la morte; considerando altresì che l'uso di strumenti rudimentali e l'assenza di precauzioni antisettiche comportano effetti collaterali dannosi, tanto che i rapporti sessuali e il parto possono risultare dolorosi, gli organi subiscono danni irreparabili e possono manifestarsi complicazioni come emorragie, stato di shock, infezioni, trasmissione del virus dell'AIDS, tetano, tumori benigni, nonché gravi complicazioni in caso di gravidanza e parto,

J. considerando che le MGF, che rappresentano una violazione dei diritti delle donne e delle bambine sanciti da numerose convenzioni internazionali, sono vietate dal diritto penale degli Stati membri e violano i principi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

K. considerando che la sua risoluzione del 16 gennaio 2008 sollecita gli Stati membri ad adottare disposizioni specifiche in materia di MGF, volte a perseguire chi compie tali pratiche sui minori,

L. considerando che la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne esige che gli Stati firmatari adottino le misure necessarie per modificare o abolire le leggi, le consuetudini e le pratiche esistenti che rappresentano una discriminazione contro le donne, e prendano tutti i provvedimenti atti a modificare i modelli di comportamento socio-culturali degli uomini e delle donne, allo scopo di giungere all'eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di ogni altro tipo basate sull'idea dell'inferiorità o della superiorità dell'uno o dell'altro sesso o sulla concezione stereotipata dei ruoli maschile e femminile,

M. considerando che la Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata nel 1989, stabilisce che gli Stati firmatari si impegnano a rispettare i diritti sanciti dalla Convenzione stessa e a garantirne il rispetto a favore di tutti i bambini che rientrano nella loro giurisdizione, senza alcuna distinzione e indipendentemente dal sesso, e si impegnano altresì ad adottare tutte le misure efficaci e opportune al fine di abolire le pratiche tradizionali che recano pregiudizio alla salute dei bambini,

N. considerando che la Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo raccomanda agli Stati firmatari di eliminare pratiche sociali e culturali dannose per il benessere, la dignità, la normale crescita e il normale sviluppo del bambino,

O. considerando che il paragrafo 18 della Dichiarazione e del Programma d'azione di Vienna, adottati nel giugno 1993, dichiara che i diritti umani delle donne e delle bambine sono una parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali,

P. considerando che l'articolo 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 sull'eliminazione delle violenze nei confronti delle donne fa esplicito riferimento alle MGF

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e ad altre pratiche tradizionali recanti pregiudizio alle donne,

Q. considerando che l'articolo 4 di tale Dichiarazione prevede che gli Stati sono tenuti a condannare la violenza nei confronti delle donne e a non invocare consuetudini, tradizioni o considerazioni religiose per sottrarsi all'obbligo di eliminarla,

R. considerando che il Programma d'azione della Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sulla popolazione e lo sviluppo, svoltasi al Cairo nel 1994, invita i governi ad abolire le MGF laddove esistono e a dare sostegno alle ONG e alle istituzioni religiose che lottano per eliminare tali pratiche,

S. considerando che la Piattaforma d'azione approvata in occasione della quarta Conferenza delle Nazioni Unite a Pechino invita i governi a rafforzare le leggi, riformare le istituzioni e promuovere norme e pratiche volte ad eliminare la discriminazione contro le donne, rappresentata fra l'altro dalle MGF,

T. considerando che l'Accordo di partenariato ACP-UE (Accordo di Cotonou) è fondato su principi universali simili e contiene disposizioni contro le MGF (articolo 9 sugli elementi essenziali dell'Accordo, e articoli 25 e 31 rispettivamente sullo sviluppo sociale e sulle questioni di genere),

U. considerando che la relazione adottata il 3 maggio 2001 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa chiede il divieto delle MGF e le considera un trattamento inumano e degradante ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; considerando inoltre che, in base alla relazione, la difesa delle culture e delle tradizioni deve trovare il proprio limite nel rispetto dei diritti fondamentali e nella proibizione di pratiche che si avvicinano alla tortura,

V. considerando che, nel quadro di una politica europea comune su immigrazione e asilo, il Consiglio e la Commissione riconoscono che le MGF costituiscono una violazione dei diritti dell'uomo; considerando altresì che un numero crescente di domande di asilo da parte di genitori è giustificato dal fatto che essi possono essere minacciati, nel loro paese di origine, per aver rifiutato di acconsentire a che la loro figlia subisse una MGF,

W. considerando che, purtroppo, riconoscere ai genitori lo status di richiedenti asilo non garantisce che la loro figlia non correrà il rischio di subire una MGF, un atto che, in alcuni casi, viene effettuato dopo che la famiglia si è stabilita nello Stato membro di accoglienza,

X. considerando che in una dichiarazione del 5 febbraio 2008 i Commissari europei Ferrero-Waldner e Michel hanno denunciato chiaramente il carattere inaccettabile di queste pratiche sia nell'Unione europea sia nei paesi terzi, e hanno sottolineato che la violazione dei diritti delle donne non può in alcun caso essere giustificata in nome del relativismo culturale o delle tradizioni,

Y. considerando che i centri e le istituzioni nazionali per i giovani e le famiglie possono offrire alle famiglie un aiuto tempestivo, in modo da agire preventivamente contro le MGF,

1. condanna fermamente le MGF in quanto violazione dei diritti fondamentali dell'uomo e feroce attentato all'integrità psicofisica di donne e bambine, e le considera quindi un grave reato agli occhi della società;

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2. chiede alla Commissione e agli Stati membri di elaborare una strategia globale e piani d'azione volti a bandire le MGF nell'Unione europea e di predisporre a tal fine, mediante meccanismi giuridici, amministrativi, preventivi, educativi e sociali, in particolare la diffusione capillare di informazioni sui vigenti meccanismi di protezione a disposizione di gruppi vulnerabili, misure che consentano alle vittime reali e potenziali di ottenere una tutela efficace;

3. insiste sulla necessità di esaminare, caso per caso, ogni domanda di asilo presentata da genitori a motivo del fatto che essi subiscono minacce nel loro paese di origine per aver rifiutato di acconsentire a che la loro figlia subisse una MGF e di assicurare che dette domande siano sostenute da un insieme di elementi che tengano conto della qualità della domanda, della personalità e della credibilità del richiedente asilo, nonché della validità dei motivi che sottendono tale domanda;

4. insiste sul fatto che le donne e le bambine che hanno ottenuto l'asilo nell'Unione europea perché esposte alla minaccia di mutilazioni dovrebbero, in via preventiva, sottoporsi periodicamente a controlli da parte delle autorità sanitarie e/o di medici, al fine di proteggerle dal rischio che le MGF vengano effettuate in un secondo tempo nell'Unione europea; ritiene che tale misura non sarebbe in alcun modo discriminatoria nei confronti di tali donne e bambine, ma rappresenterebbe un modo per garantire la messa al bando nell'Unione europea delle MGF;

5. chiede che tale strategia globale venga accompagnata da programmi educativi nonché dall'organizzazione di campagne di sensibilizzazione nazionali e internazionali;

6. sostiene l'iniziativa promossa da Europol volta a coordinare un incontro tra le forze di polizia europee per intensificare la lotta alle MGF, affrontare le tematiche relative al basso tasso di denunce e alla difficoltà nel reperire prove e testimonianze nonché a perseguire in modo efficace i responsabili dei reati; invita a tal fine gli Stati membri ad esaminare possibili misure aggiuntive per la tutela delle vittime allorché si presentano;

7. rileva che fra le misure previste per l'eliminazione di pratiche dannose quali le MGF dal già citato Protocollo di Maputo figurano: l'opera di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica tramite l'informazione, l'istruzione formale e informale e le campagne di solidarietà, il divieto, tramite leggi e relative sanzioni, di qualsiasi forma di MGF, anche in caso di intervento da parte di personale medico, il sostegno alle vittime tramite i servizi sanitari, l'assistenza giuridica e il sostegno psicologico nonché la formazione professionale e la protezione delle donne che corrono il rischio di essere sottoposte a pratiche pregiudizievoli o ad ogni altra forma di violenza, abuso o intolleranza;

8. chiede agli Stati membri di quantificare il numero di donne che hanno subìto MGF e di quelle che sono a rischio in ciascun paese europeo, tenendo presente che per molti paesi non ci sono ancora dati disponibili né una raccolta di dati armonizzata;

9. invita a creare un "protocollo sanitario europeo" di monitoraggio e una banca dati sul fenomeno, utili a fini statistici e per interventi mirati d'informazione alle comunità immigrate coinvolte;

10. invita gli Stati membri a raccogliere dati scientifici che potrebbero essere di supporto all'OMS per i suoi interventi di sostegno all'eliminazione delle MGF in Europa e in tutti gli altri continenti;

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11. invita la Commissione ad inserire, nei suoi negoziati e nei suoi accordi di cooperazione con i paesi interessati, una clausola per eradicare le MGF;

12. caldeggia la creazione di una raccolta delle migliori pratiche a vari livelli e un'analisi del loro impatto (possibilmente attraverso i progetti finanziati e i risultati ottenuti nel quadro di DAPHNE III), nonché un'ampia diffusione di tali dati, ricorrendo altresì al patrimonio di esperienze pratiche e teoriche degli esperti;

13. segnala che i centri e le istituzioni nazionali svolgono un ruolo essenziale nell'individuazione delle vittime e nell'adozione di misure precauzionali contro la pratica delle MGF;

14. chiede di rafforzare le reti europee esistenti per la prevenzione delle pratiche tradizionali nocive, per esempio prevedendo corsi di formazione per le ONG, le associazioni non profit territoriali e gli operatori del settore, e di promuovere la creazione di tali reti;

15. accoglie con favore gli importanti contributi forniti da numerose ONG nazionali e internazionali, da istituti di ricerca, dalla rete europea per la prevenzione delle MGF in Europa e dalle persone impegnate che, grazie ai finanziamenti erogati, fra l'altro, dalle agenzie delle Nazioni Unite e a titolo del programma DAPHNE, attuano numerosi progetti allo scopo di sensibilizzare nonché prevenire ed eliminare le MGF; è persuaso che la creazione di reti tra le ONG e le organizzazioni operanti a livello di comunità sul piano nazionale, regionale e internazionale è senza dubbio fondamentale per riuscire a sradicare tali pratiche e scambiarsi informazioni ed esperienze;

16. segnala che l'articolo 10 della direttiva 2004/83/CE del Consiglio1, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, specifica che gli aspetti di genere possono essere presi in considerazione, ma che questi di per sé non comportano l'applicazione dell'articolo 10;

17. invita sia l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali sia l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere a svolgere un ruolo di guida, tramite i loro rispettivi piani di lavoro pluriennali e/o annuali nella lotta alle MGF; ritiene che queste agenzie possano intraprendere azioni prioritarie di ricerca e/o sensibilizzazione che potrebbero portare a una migliore conoscenza a livello europeo del fenomeno delle MGF;

18. considera indispensabile che i paesi interessati si impegnino ad organizzare forum di dialogo, a riformare le norme giuridiche tradizionali, ad affrontare nelle scuole il tema delle MGF e ad incentivare la collaborazione con le donne non mutilate;

19. sollecita l'Unione europea e gli Stati membri a collaborare, nell'interesse dei diritti umani, dell'integrità personale, della libertà di coscienza e del diritto alla salute, per armonizzare la legislazione esistente e, qualora essa non si dimostri adeguata, a proporre una legislazione specifica in materia;

20. invita gli Stati membri ad attuare le disposizioni legislative in vigore in materia di MGF o ad inserirle fra le disposizioni legislative che sanzionano le lesioni personali gravissime, qualora tali pratiche siano messe in atto all'interno dell'Unione europea, e a favorire la

1 GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.

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prevenzione e la lotta al fenomeno attraverso la giusta conoscenza dello stesso da parte delle figure professionali coinvolte (tra cui gli operatori sociali, gli insegnanti, le forze di polizia e i professionisti del settore sanitario), affinché sappiano riconoscerne i casi, nonché ad adoperarsi per raggiungere il maggior grado di armonizzazione tra le leggi vigenti nei 27 Stati membri;

21. invita gli Stati membri a imporre ai medici di base, ai medici e al personale sanitario operante negli ospedali l'obbligo di riferire alle autorità sanitarie e/o alle forze di polizia i casi di MGF;

22. invita gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative specifiche sulle MGF oppure, in base alla vigente legislazione, a perseguire penalmente chiunque metta in atto tali pratiche;

23. invita l'Unione europea e gli Stati membri a perseguire, condannare e punire tali pratiche, applicando una strategia globale che tenga conto della dimensione normativa, sanitaria, sociale e di integrazione delle popolazioni immigrate; chiede, in particolare, di introdurre nelle pertinenti direttive sull'immigrazione la previsione di reato per chi commette mutilazioni genitali, nonché di prevedere adeguate sanzioni contro chi si rende colpevole di tale reato, se le pratiche in questione sono state compiute all'interno dell'Unione europea;

24. chiede che vengano creati tavoli tecnici permanenti di armonizzazione e di raccordo tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e le istituzioni africane; ritiene che la composizione di tali tavoli dovrebbe coinvolgere specialisti della tematica e rappresentanti delle maggiori organizzazioni femminili europee ed africane;

25. esorta a respingere con convinzione la pratica della "puntura alternativa" ed ogni tipo di medicalizzazione, proposte come soluzione di mediazione tra la circoncisione del clitoride e il rispetto di tradizioni identitarie, poiché ciò significherebbe soltanto giustificare e accettare la pratica della MGF nel territorio dell'Unione europea; ribadisce l'assoluta e forte condanna delle MGF, in quanto non esiste alcuna ragione di carattere sociale, economico, etnico, sanitario o di altro tipo che possa giustificarle;

26. chiede che le MGF siano eliminate attraverso politiche di sostegno e di integrazione a favore delle donne e dei nuclei familiari portatori di tradizioni che includono tali mutilazioni, affinché, nella fermezza delle leggi, nel rispetto dei diritti dell'uomo fondamentali e del diritto all'autodeterminazione sessuale femminile, le donne siano protette da qualsiasi forma di abuso e violenza;

27. afferma che le motivazioni addotte da numerose comunità a favore del mantenimento di pratiche tradizionali dannose per la salute delle donne e delle bambine non hanno alcuna giustificazione;

28. chiede agli Stati membri di:

− considerare come reato qualsiasi forma di MGF, indipendentemente dal fatto che l'interessata abbia dato o meno il suo consenso, e di punire chiunque aiuti, inciti, consigli o dia sostegno a una altra persona nella realizzazione di uno qualsiasi di questi atti sul corpo di una donna o di una bambina,

− perseguire, processare e punire qualsiasi residente che abbia commesso il reato di MGF, anche qualora tale reato sia stato commesso al di fuori delle loro frontiere

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(extraterritorialità del reato),

− prendere misure legislative che diano ai giudici o ai pubblici ministeri la possibilità di adottare misure cautelari e preventive qualora vengano a conoscenza di casi di donne o bambine che corrono il rischio di essere mutilate;

29. invita gli Stati membri ad attuare una strategia preventiva di azione sociale per proteggere le minorenni, senza stigmatizzare le comunità di immigrati, attraverso programmi pubblici e servizi sociali volti tanto a prevenire tali pratiche (tramite formazione, istruzione e sensibilizzazione delle comunità a rischio), quanto ad assistere le vittime che le hanno subite, offrendo sostegno psicologico e sanitario, ivi comprese, ove possibile, cure mediche gratuite per riparare i danni; li invita altresì a considerare che, secondo quanto previsto dalla normativa sulla protezione dell'infanzia, la minaccia o il rischio che una minorenne possa subire una MGF può giustificare l'intervento dell'autorità pubblica;

30. invita gli Stati membri ad elaborare orientamenti per gli operatori sanitari, gli educatori e gli assistenti sociali, allo scopo di informare e istruire i padri e le madri, in modo rispettoso e se necessario con l'assistenza di interpreti, in merito agli enormi rischi che le MGF comportano e al fatto che tali pratiche sono un reato negli Stati membri e a collaborare e finanziare le attività delle reti e delle ONG che prestano la loro opera di educazione, sensibilizzazione e mediazione in merito alle MGF, in stretto contatto con le famiglie e le comunità;

31. invita gli Stati membri a diffondere informazioni precise e comprensibili a una popolazione non alfabetizzata, in particolare attraverso i consolati degli Stati membri in occasione del rilascio dei visti; è del parere che i servizi di immigrazione siano tenuti a comunicare, al momento dell'arrivo nel paese di accoglienza, i motivi alla base del divieto di legge, affinché le famiglie comprendano che la proibizione dell'atto tradizionale non va assolutamente intesa come un'aggressione culturale, ma come una protezione giuridica nei confronti di donne e bambine; ritiene che le famiglie debbano essere informate delle conseguenze penali, fra cui sono anche previste pene detentive, qualora venga constatata la mutilazione;

32. chiede di migliorare la posizione giuridica delle donne e delle bambine nei paesi in cui si pratica la MGF, onde rafforzare la fiducia nelle proprie capacità, l'iniziativa e la responsabilità individuale delle donne;

33. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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P6_TA-PROV(2009)0162

Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul multilinguismo: una risorsa

per l’Europa e un impegno comune (2008/2225(INI))

Il Parlamento europeo,

– visti gli articoli 149 e 151 del trattato CE,

– visti gli articoli 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

– vista la Convenzione dell'UNESCO del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale,

– visti la comunicazione della Commissione del 18 settembre 2008 intitolata “Il multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune” (COM(2008)0566) e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che la accompagna (SEC(2008)2443, SEC(2008)2444 e SEC(2008)2445),

– vista la comunicazione della Commissione del 13 aprile 2007 dal titolo “Quadro per l'indagine europea sulle competenze linguistiche” (COM(2007)0184),

– visti il documento di lavoro della Commissione del 5 novembre 2007 dal titolo Relazione sull'attuazione del piano d'azione “Promuovere l'apprendimento delle lingue e la diversità linguistica” (COM(2007)0554) e il documento di lavoro della Commissione che lo accompagna (SEC(2007)1222),

– vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 su un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione1,

– vista la sua risoluzione del 15 novembre 2006 su una nuova strategia quadro per il multilinguismo2,

– vista la sua risoluzione del 27 aprile 2006 sulla promozione del multilinguismo e dell'apprendimento delle lingue nell'Unione europea: indicatore europeo di competenza linguistica3,

– vista la sua risoluzione del 4 settembre 2003 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle lingue europee regionali e meno diffuse – le lingue delle minoranze nell'UE – in considerazione dell'allargamento e della pluralità culturale4,

– vista la decisione n. 1934/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000, che istituisce l'Anno europeo delle lingue 20015,

1 Testi approvati, P6_TA(2008)0124. 2 GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 207. 3 GU C 296 E del 6.12.2006, pag. 271. 4 GU C 76 E del 25.3.2004, pag. 374. 5 GU L 232 del 14.9.2000, pag. 1.

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– viste le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002,

– viste le conclusioni del Consiglio “Istruzione, gioventù e cultura” del 21 e 22 maggio 2008 e in particolare quelle relative al multilinguismo,

– viste le conclusioni del novembre 2008 del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sulla promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale nelle relazioni esterne dell'Unione e dei suoi Stati membri1,

– visti il parere del Comitato delle regioni sul multilinguismo, del 18-19 luglio 20082, e il parere del Comitato economico e sociale europeo del 18 settembre 2008,

– visto l’articolo 45 del suo Regolamento,

– visti la relazione della commissione per la cultura e l’istruzione e il parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali (A6-0092/2009),

A. considerando che la diversità linguistica e culturale ha un impatto significativo sulla vita quotidiana dei cittadini dell'Unione europea, in conseguenza della penetrazione mediatica, della crescente mobilità, delle migrazioni e dell'avanzare della globalizzazione,

B. considerando che l'acquisizione di una gamma diversificata di competenze linguistiche è ritenuta cruciale per tutti i cittadini dell'Unione europea in quanto permette loro di trarre pieno vantaggio dai benefici economici, sociali e culturali derivanti dalla libera circolazione all'interno dell'Unione e nelle relazioni della stessa con paesi terzi,

C. considerando la crescente importanza del multilinguismo sia nell'ambito delle relazioni tra gli Stati membri, sia in quello della convivenza all'interno delle nostre società multiculturali, sia in quello delle politiche comuni dell'Unione,

D. considerando la necessità di valorizzare il multilinguismo attraverso strumenti riconosciuti come il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (CEFR) e altri,

E. considerando che alcune lingue europee costituiscono un legame fondamentale nelle relazioni con i paesi terzi e tra popoli e nazioni delle più svariate regioni del mondo,

F. considerando che gli articoli 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali riconoscono la diversità linguistica come un diritto dei cittadini e che il multilinguismo dovrebbe mirare anche a incoraggiare il rispetto per la diversità e la tolleranza, per prevenire l'insorgere di eventuali conflitti, attivi o passivi, tra le diverse comunità linguistiche all'interno degli Stati membri,

1. si compiace della presentazione della comunicazione della Commissione sul multilinguismo e dell’attenzione riservata alla stessa dal Consiglio;

2. riafferma le posizioni precedentemente assunte in relazione al multilinguismo e alla diversità culturale;

1 GU C 320 del 16.12.2008, pag. 10. 2 GU C 257 del 9.10.2008, pag. 30.

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3. ribadisce la necessità di riconoscere la parità tra le lingue ufficiali dell’Unione europea in tutti gli aspetti dell'attività pubblica;

4. ritiene che la diversità linguistica dell'Europa costituisca una risorsa culturale di grande importanza e che sarebbe errato se l'Unione europea si limitasse a una sola lingua principale;

5. considera fondamentale il ruolo delle istituzioni comunitarie nell’assicurare il rispetto del principio della parità linguistica, sia nelle relazioni tra gli Stati membri e all'interno delle stesse istituzioni dell'Unione europea, sia in quelle che i cittadini dell'Unione europea intrattengono con le amministrazioni nazionali e le istituzioni e gli organismi comunitari e internazionali;

6. ricorda che la rilevanza del multilinguismo non si esaurisce negli aspetti economici e sociali e che va prestata attenzione anche alla creazione e alla trasmissione di contenuti culturali e scientifici e all'importanza della traduzione, sia letteraria che tecnica, nella vita dei cittadini e nello sviluppo dell'Unione europea a lungo termine; ricorda inoltre, non da ultimo, il ruolo svolto dalle lingue nella formazione e nel consolidamento dell'identità;

7. sottolinea il carattere trasversale del multilinguismo che incide fortemente sulla vita dei cittadini europei; esorta pertanto gli Stati membri ad integrare il multilinguismo, oltre che nell'ambito dell'istruzione, anche nelle politiche in materia di apprendimento permanente, inclusione sociale, occupazione, mezzi di comunicazione e ricerca;

8. considera cruciale l’istituzione di programmi specifici di sostegno alla traduzione e la costituzione di reti di banche dati terminologiche multilingue;

9. ricorda che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione devono essere utilizzate per promuovere il multilinguismo e mette pertanto l'accento sul ruolo e l'impiego di norme internazionali adeguate, quali ISO 10646 che consente la rappresentazione degli alfabeti di tutte le lingue, nei sistemi amministrativi e nei mezzi di comunicazione europei e degli Stati membri;

10. propone di istituire una giornata europea del traduttore e dell'interprete o prendere in considerazione e valorizzare tali professioni nel quadro della giornata europea delle lingue che si celebra ogni anno il 26 settembre;

11. afferma che è essenziale salvaguardare il multilinguismo nei paesi o nelle regioni in cui convivono due o più lingue ufficiali;

12. mette in evidenza l'importanza di garantire, negli Stati membri ove coesistono lingue ufficiali diverse, la piena intelligibilità reciproca tra le varie lingue, in particolare negli ambiti di interesse per le persone anziane e nei settori della giustizia, della sanità, dell'amministrazione e dell'occupazione;

13. incoraggia l'apprendimento di una seconda lingua dell'Unione europea da parte dei funzionari che nell'ambito delle loro attività professionali vengono a contatto con cittadini di altri Stati membri;

14. ritiene necessario e appropriato creare opportunità di apprendimento delle lingue straniere in età adulta, attraverso programmi di formazione professionale e di apprendimento

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permanente finalizzati allo sviluppo personale e professionale;

15. sottolinea l’importanza fondamentale di accordare particolare attenzione e sostegno a scuola agli alunni che non possono ricevere un’istruzione nella propria lingua madre e accoglie con grande favore la proposta della Commissione di promuovere “la lingua materna più altre due lingue” in ambito scolastico;

16. deplora che la Commissione non abbia istituito ad oggi né un programma pluriennale sulla diversità linguistica e l'apprendimento delle lingue né un'agenzia europea per la diversità linguistica e l'apprendimento delle lingue, come invece invocato nella richiamata risoluzione adottata dal Parlamento a larga maggioranza in data 4 settembre 2003;

17. ribadisce altresì l'importanza di un buon apprendimento delle lingue ufficiali dello Stato ospitante in vista della piena integrazione degli immigrati e delle loro famiglie e sottolinea la necessità che i governi nazionali promuovano efficacemente dei corsi speciali di lingue, in particolare per le donne e gli anziani; invita gli Stati membri ad agire in maniera responsabile nei confronti degli immigrati, mettendo a loro disposizione i mezzi necessari per apprendere la lingua e la cultura del paese ospitante allo stesso tempo permettendo loro e incoraggiandoli a mantenere la loro lingua;

18. ricorda che, per tali ragioni, è fondamentale garantire, in tale prospettiva, un'istruzione di qualità, che includa una pertinente formazione degli insegnanti;

19. ritiene doveroso valorizzare, nell'ambito dell'istruzione prescolare, l'apprendimento delle lingue, soprattutto della lingua nazionale del paese in cui il bambino frequenta la scuola;

20. ritiene che i bambini, nel loro stesso interesse, dovrebbero essere in grado di parlare la lingua del paese in cui vivono affinché non divengano oggetto di discriminazioni negli anni dell'istruzione e della successiva formazione e siano in grado di partecipare a tutte le attività su base paritaria;

21. propone agli Stati membri di esaminare la possibilità di effettuare scambi del personale docente a diversi livelli formativi, affinché le varie materie scolastiche possano essere insegnate in più lingue e ritiene che tale possibilità possa essere sfruttata, in particolare, nelle regioni di confine, migliorando di conseguenza la mobilità dei lavoratori e la conoscenza delle lingue da parte dei cittadini;

22. considera di fondamentale importanza promuovere la mobilità e gli scambi tra insegnanti e studenti; sottolinea che il flusso di professori di lingue nell'Unione europea permetterà di garantire un contatto reale tra il maggior numero possibile di docenti e l’ambiente in cui vivono i nativi delle lingue dagli stessi insegnate;

23. invita la Commissione e gli Stati membri a favorire la mobilità professionale degli insegnanti e la cooperazione tra scuole di diversi paesi volta alla realizzazione di progetti didattici tecnologicamente e culturalmente innovativi;

24. promuove e sostiene l'introduzione su base non obbligatoria delle lingue madri minoritarie, locali e straniere nei programmi scolastici e/o nel quadro di attività extrascolastiche aperte a tutti;

25. invita il Consiglio a produrre ogni anno una relazione sui progressi del multilinguismo nei

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sistemi educativi formali e non formali, nella formazione professionale e nella formazione degli adulti negli Stati membri, prestando attenzione al rapporto tra la prevalenza delle lingue nazionali, regionali e minoritarie e l'immigrazione;

26. ribadisce il suo tradizionale impegno nel promuovere l'apprendimento linguistico, il multilinguismo e la diversità linguistica nell'Unione europea, anche con riferimento alle lingue regionali e minoritarie, che sono un patrimonio culturale da salvaguardare e coltivare; ritiene che il multilinguismo sia essenziale per una comunicazione efficace e rappresenti uno strumento per facilitare la comprensione tra le persone e di conseguenza l’accettazione delle differenze e delle minoranze;

27. raccomanda agli Stati membri di includere nei programmi scolastici lo studio facoltativo di una terza lingua straniera a partire dal livello della scuola secondaria;

28. sottolinea l'importanza dello studio delle lingue dei paesi vicini quale strumento di agevolazione delle comunicazioni, di miglioramento della comprensione reciproca all'interno dell'Unione europea, nonché di rafforzamento dell'Unione europea;

29. raccomanda di sostenere l'apprendimento delle lingue dei paesi e delle regioni vicini, soprattutto nelle zone di frontiera;

30. ribadisce l'importanza di promuovere e sostenere lo sviluppo di strategie e modelli pedagogici innovativi per l'insegnamento delle lingue, al fine di promuovere l'acquisizione delle competenze linguistiche e di sviluppare la sensibilizzazione e la motivazione dei cittadini;

31. propone di istituire, ad ogni livello formativo e a prescindere dall'ambiente geografico, la presenza di insegnanti di lingue straniere qualificati;

32. invita a consultare le federazioni e le associazioni europee degli insegnanti di lingue moderne in materia di programmi e metodologie da applicare;

33. ribadisce l'importanza delle politiche di incentivo alla lettura e alla diffusione della creazione letteraria per il conseguimento degli obiettivi citati;

34. accoglie con favore i progetti della Commissione relativi al lancio, attraverso i mezzi di comunicazione di massa e le nuove tecnologie, di campagne di informazione e sensibilizzazione sui vantaggi offerti dall'apprendimento delle lingue; esorta la Commissione a fare riferimento ai risultati delle consultazioni sull'apprendimento delle lingue da parte dei figli di migranti e l'insegnamento della lingua e della cultura del paese d'origine nel paese ospitante;

35. raccomanda e sostiene il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in quanto strumenti indispensabili per l’insegnamento delle lingue;

36. ribadisce la priorità politica attribuita all'acquisizione delle competenze linguistiche attraverso l'apprendimento di altre lingue dell'Unione europea, una delle quali dovrebbe essere la lingua di un paese vicino e l'altra una "lingua franca" internazionale: ritiene che ciò fornirebbe ai cittadini competenze e qualifiche per poter partecipare alla società democratica, in termini di cittadinanza attiva, occupabilità e conoscenza di altre culture;

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37. suggerisce inoltre che sia garantito un livello sufficiente di multilinguismo nei media e nei contenuti messi a disposizione su Internet e, soprattutto, nella politica linguistica di siti e portali europei e legati all'Unione europea, dove il multilinguismo europeo deve essere pienamente rispettato, quanto meno per ciò che riguarda le 23 lingue ufficiali dell'Unione;

38. rileva che l’utilizzo dei sottotitoli nei programmi televisivi faciliterà l’apprendimento e la pratica delle lingue dell’Unione europea e una migliore comprensione del background culturale delle produzioni audiovisive;

39. invita l'Unione europea a trarre vantaggio dall'impiego delle lingue europee nelle sue relazioni esterne ed esorta altresì a sviluppare ulteriormente tale risorsa nell'ambito del dialogo culturale, economico e sociale con il resto del mondo al fine di rafforzare e valorizzare il ruolo dell’Unione europea sulla scena internazionale e di favorire i paesi terzi, nello spirito della politica di sviluppo promossa dall'Unione europea;

40. propone che il Consiglio organizzi in collaborazione con la società civile una prima conferenza europea sulla diversità linguistica ai fini di una discussione approfondita in materia, nel quadro della raccomandazione del gruppo internazionale di esperti di lingue autoctone delle Nazioni Unite adottata nella relazione del Forum permanente sulle questioni indigene (relazione sulla settima sessione (E/2008/43));

41. è convinto che nel contesto dell'apprendimento permanente vada offerto supporto sufficiente ad aiutare i cittadini di tutti i gruppi di età a sviluppare e migliorare le loro competenze linguistiche in modo continuativo, offrendo loro accesso a un insegnamento linguistico adatto o ad altri servizi che rendano più facili le comunicazioni, compreso l'insegnamento linguistico in età precoce, allo scopo di migliorarne l'inclusione sociale e le prospettive occupazionali e di benessere;

42. invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere misure che facilitino l'apprendimento linguistico dei soggetti che vivono in situazioni svantaggiate, degli appartenenti a minoranze etniche e dei migranti, per consentire a tali persone di imparare la lingua o le lingue del paese e/o della regione ospitante e quindi di integrarsi nella società combattendo l'esclusione sociale; sottolinea la necessità che i migranti possano utilizzare la loro lingua principale per sviluppare le loro competenze linguistiche; esorta gli Stati membri di conseguenza a incoraggiare l'uso della lingua principale di una persona oltre all'apprendimento della o delle lingue nazionali;

43. ritiene opportuno promuovere maggiormente la proiezione internazionale delle lingue europee nel mondo, in considerazione del fatto che esse costituiscono un valore aggiunto del progetto europeo, in quanto svolgono un ruolo chiave nell'ambito dei legami linguistici, storici e culturali esistenti tra l'Unione europea e i paesi terzi e nello spirito della promozione dei valori democratici in tali paesi;

44. è del parere che le imprese dell'Unione europea, e in particolare le PMI, debbano poter contare su un sostegno concreto a favore dell'apprendimento e dell'utilizzo delle lingue che faciliti loro l'accesso ai mercati internazionali, in particolare quelli emergenti;

45 sottolinea il diritto dei consumatori di ricevere le informazioni relative ai prodotti commercializzati sul mercato del paese di residenza nella o nelle lingue ufficiali del luogo;

46. richiama l'attenzione in particolare sui potenziali pericoli del divario comunicativo tra

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individui con culture diverse e la barriera sociale tra persone che parlano più lingue e persone che ne parlano una sola; richiama l'attenzione sul fatto che la carenza di competenze linguistiche continua a costituire un grave ostacolo all'integrazione sociale e sul mercato del lavoro dei lavoratori di altra nazionalità in molti Stati membri; esorta la Commissione e gli Stati membri pertanto ad adottare iniziative volte a ridurre il divario esistente tra i cittadini che parlano più lingue, i quali hanno più opportunità all'interno dell'Unione europea, e le persone che parlano una sola lingua cui invece molte opportunità sono precluse;

47. ritiene opportuno fornire sostegno all'apprendimento delle lingue dei paesi terzi anche all'interno dell'Unione europea;

48. chiede che gli indicatori di competenza linguistica includano, entro il più breve tempo possibile, tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, fatta salva la possibilità di estenderli ad altre lingue parlate nell'Unione europea;

49. ritiene che la raccolta di dati dovrebbe includere test relativi a quattro aree di competenza linguistica, ovvero comprensione della lingua scritta, comprensione della lingua parlata, espressione scritta ed espressione orale;

50. esorta la Commissione e gli Stati membri a intensificare gli sforzi tesi a promuovere una maggiore cooperazione tra Stati membri attraverso l'utilizzo del metodo di coordinamento aperto, onde facilitare lo scambio di esperienze e buone prassi nell'ambito del multilinguismo, tenendo conto anche degli effetti economici positivi registrati, ad esempio, in imprese che praticano il multilinguismo;

51. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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P6_TA-PROV(2009)0163

Libro verde sula coesione territoriale e stato della discussione sulla futura

riforma della politica di coesione

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sul Libro verde sulla coesione

territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione

(2008/2174(INI))

Il Parlamento europeo,

– vista la quinta relazione intermedia della Commissione, del 19 giugno 2008, sulla coesione economica e sociale – Regioni in crescita, Europa in crescita (COM(2008)0371) ("la quinta relazione intermedia"),

– visto il Libro verde della Commissione, del 6 ottobre 2008, sulla coesione territoriale – Fare della diversità territoriale un punto di forza (COM(2008)0616) ("il Libro verde"),

– visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 14 novembre 2008 dal titolo "Regioni 2020 - valutazione delle sfide future per le regioni dell'Unione europea" (SEC(2008)2868) ("la relazione della Commissione sulle regioni nella prospettiva del 2020"),

– visti l'articolo 158, l'articolo 159 e l'articolo 299, paragrafo 2, del trattato CE,

– vista la quarta relazione della Commissione, del 30 maggio 2007, sulla coesione economica e sociale (COM(2007)0273),

– viste l'Agenda territoriale dell'Unione europea - Verso un’Europa più competitiva e sostenibile composta da regioni diverse (Agenda territoriale), la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili (Carta di Lipsia) e il Primo programma d'azione per l'attuazione dell'Agenda territoriale,

– viste le sue risoluzioni del 21 febbraio 2008, rispettivamente sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale1 ("la risoluzione sulla quarta relazione intermedia") e sul seguito dell'Agenda territoriale e della Carta di Lipsia – Verso un programma d'azione europeo per lo sviluppo spaziale e la coesione territoriale2, e vista la sua risoluzione del 21 ottobre 2008 sulla governance e il partenariato3,

– visti la relazione dell'Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ORATE), sul futuro del territorio e gli scenari territoriali per l'Europa (relazione ORATE), e lo studio a cura del Parlamento europeo sulle disparità regionali, la coesione e le possibili strategie per il futuro,

– viste le conclusioni della conferenza sulla coesione territoriale e sul futuro della politica di coesione tenutasi a Parigi il 30 e 31 ottobre 2008,

1 Testi approvati, P6_TA(2008)0068. 2 Testi approvati, P6_TA(2008)0069. 3 Testi approvati, P6_TA(2008)0492.

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– vista la sua risoluzione del 28 settembre 2005 sul ruolo della coesione territoriale nello sviluppo regionale1,

– visto l'articolo 45 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0083/2009),

A. considerando che il trattato di Lisbona, il quale include la coesione territoriale fra gli obiettivi fondamentali dell'Unione europea accanto alla coesione economica e sociale, non è ancora stato ratificato da tutti gli Stati membri,

B. considerando che il concetto di coesione territoriale è stato implicito nella politica di coesione sin dagli albori di tale politica ed è alla base del suo sviluppo; considerando altresì che il trattato di Lisbona e il Libro verde hanno reso tale concetto più esplicito ed evidente,

C. considerando che la politica di coesione dell'Unione europea resta un pilastro fondamentale del processo di integrazione europea nonché una delle politiche dell'Unione di maggior successo poiché agevola la convergenza fra regioni sempre più diverse e promuove la crescita e l'occupazione; che la politica di coesione dell'Unione europea è l'espressione più visibile, tangibile e quantificabile della solidarietà ed equità europea e che la coesione territoriale si basa sugli stessi principi, in quanto parte integrante della politica di coesione dell'Unione europea,

D. considerando che, malgrado gli importanti progressi realizzati nell'Unione europea in termini di convergenza, le più recenti relazioni sulla coesione denotano una tendenza all'acuirsi delle disparità fra le regioni dell'Unione europea, ad esempio sotto il profilo dell'accessibilità, soprattutto nelle regioni dell'Unione europea strutturalmente svantaggiate, ma anche a livello intraregionale e nei territori dell'Unione europea, il che potrebbe dar luogo a segregazione territoriale e allargare il divario tra i livelli di prosperità delle varie regioni dell'Unione europea,

E. considerando che la politica di coesione dell'Unione europea è già riuscita in alcuni casi a creare importanti sinergie con altre politiche comunitarie allo scopo di accrescerne l'impatto sul territorio a vantaggio dei cittadini dell'Unione e che, ad esempio, le sinergie fra la politica di coesione e la ricerca e l'innovazione o la strategia di Lisbona, così come le sinergie a livello transfrontaliero, hanno prodotto risultati positivi tangibili che vanno confermati e ampliati,

Stato della discussione sul futuro della politica di coesione dell'Unione europea

1. condivide le principali conclusioni della consultazione pubblica sul futuro della politica di coesione dell'Unione europea, espresse nella quinta relazione intermedia; si compiace del forte interesse per la discussione già dimostrato dai vari soggetti interessati dalla politica regionale, in particolare dagli enti locali e regionali;

2. plaude al fatto che tali conclusioni corrispondono in larga misura alla posizione espressa nella sua risoluzione sulla quarta relazione intermedia; ricorda che detta risoluzione ha rappresentato il primo contributo del Parlamento al dibattito pubblico;

3. osserva che le posizioni espresse nella succitata risoluzione sulla quarta relazione intermedia includono le raccomandazioni seguenti: in primo luogo, la necessità di

1 GU C 227 E del 21.9.2006, pag. 509.

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respingere qualunque tentativo di ri-nazionalizzazione e l'impegno a favore di una politica dell'Unione europea unica, flessibile e in grado di adattarsi alla scala di intervento più appropriata che dovrebbe anche saper affrontare sfide comuni quali la globalizzazione, il cambiamento climatico e demografico (inclusi l'invecchiamento della popolazione, i fenomeni migratori e lo spopolamento), la povertà e l'approvvigionamento energetico; in secondo luogo, la ferma convinzione che la politica di coesione dell'Unione dovrebbe abbracciare tutte le regioni dell'Unione, comprese quelle con particolari caratteristiche geografiche, e creare un valore aggiunto per tutti; in terzo luogo, la necessità di fissare delle priorità per quanto riguarda la spesa a titolo delle azioni e delle politiche strutturali dell'Unione europea e l'approvazione, pur con riserve, di un sistema di preassegnazione delle risorse ("earmarking"); in quarto luogo, la necessità di sinergie e di un approccio integrato fra le diverse politiche settoriali al fine di raggiungere risultati ottimali per la crescita e lo sviluppo sul territorio;

4. ritiene che la coesione territoriale sia un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla politica di coesione dell'Unione europea in quanto rafforza sia la coesione economica che quella sociale; sottolinea che la coesione territoriale contribuisce efficacemente a colmare i divari di sviluppo esistenti non solo fra gli Stati membri e le regioni, ma anche al loro interno; ritiene pertanto che la futura riforma della politica regionale dell'Unione europea debba integrare le conclusioni della discussione sul Libro verde;

Valutazione del Libro verde sulla coesione territoriale

5. si compiace del fatto che la Commissione abbia adottato il Libro verde, in risposta a una richiesta di vecchia data del Parlamento, e approva senza riserve la decisione di procedere comunque all'analisi della "coesione territoriale", da tempo in primo piano nel quadro di qualunque dibattito sulla politica regionale, anche se il trattato di Lisbona non è ancora stato ratificato;

6. ritiene tuttavia che il Libro verde manchi di ambizione, in quanto omette di proporre una definizione chiara di coesione territoriale o di indicare obiettivi al riguardo e non aumenta in misura significativa la comprensione di questo nuovo concetto, di modo che esso possa contribuire efficacemente ad attenuare le disparità socio-economiche fra le regioni; rileva inoltre con rammarico che il Libro verde non spiega in che modo la coesione territoriale sarà integrata nel quadro esistente della politica di coesione o attraverso quali strumenti metodologici o quali risorse cesserà di essere un quadro di principi per trasformarsi in un meccanismo operativo da applicare sul campo nel corso del prossimo periodo di programmazione;

7. accoglie con favore l'analisi contenuta nel Libro verde, che definisce tre concetti chiave che dovrebbero costituire la base dello sviluppo della coesione territoriale: concentrazione, collegamento e cooperazione; ritiene che tali concetti possano contribuire al superamento di alcuni ostacoli di fondo che si frappongono allo sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile dell'Unione europea, quali gli effetti negativi connessi alla concentrazione delle attività economiche, in particolare in alcune capitali nazionali e regionali, le disparità nelle condizioni d'accesso a mercati e servizi dovute alla distanza o alla concentrazione, la mancanza di infrastrutture e le divisioni imposte dai confini non solo fra gli Stati membri, ma anche fra le regioni;

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8. ritiene che il Libro verde non tenga debitamente conto degli impegni formulati nell'Agenda territoriale e nella Carta di Lipsia, che conferiscono alla coesione territoriale una prospettiva strategica ed operativa, in particolare per quanto riguarda il principio del policentrismo o il nuovo partenariato tra aree urbane e zone rurali; ritiene che tali obiettivi debbano occupare una posizione centrale nel dibattito sulla coesione territoriale;

9. accoglie con favore l'avvio della consultazione pubblica sulla coesione territoriale, come richiesto dal Libro verde; ritiene che il successo di qualunque consultazione pubblica sia direttamente collegato a una partecipazione quanto più ampia possibile delle diverse parti coinvolte e della società civile; chiede alle autorità competenti a livello locale, regionale e nazionale di diffondere senza indugio le informazioni pertinenti al fine di accrescere la consapevolezza dell'importanza di questo nuovo concetto;

10. reputa che il coordinamento di tutte le politiche settoriali dell'Unione europea con un forte impatto territoriale sia essenziale ai fini dello sviluppo della coesione territoriale e del rafforzamento della coesione economica e sociale; constata pertanto con rammarico che nel Libro verde l'analisi si esaurisca in un'elencazione di tali politiche dell'Unione europea, senza avanzare proposte su come migliorarne le sinergie e neppure indicare metodi mediante i quali misurare l'impatto territoriale delle politiche in parola;

11. condivide la scelta di non includere nel Libro verde o nella discussione pubblica alcun riferimento a eventuali implicazioni finanziarie e di bilancio della coesione territoriale; ritiene che tale analisi potrebbe risultare prematura fintanto che il concetto stesso non sarà stato definito con chiarezza e compreso pienamente da tutte le parti interessate; reputa tuttavia che qualsiasi dibattito su tale tema sia inseparabile dal processo globale di negoziazione e pianificazione della futura politica di coesione dell'Unione europea; chiede che l'esito di tale dibattito funga da base per il prossimo quadro finanziario;

12. ritiene che l'esistenza di una politica regionale europea forte e dotata di idonei mezzi finanziari sia una condizione indispensabile per affrontare i futuri allargamenti e per conseguire la coesione sociale, economica e territoriale in un'Unione europea allargata;

Analisi del concetto di coesione territoriale

13. approva la posizione del Libro verde, secondo cui la coesione territoriale consiste, sulla base del principio delle pari opportunità, nel garantire lo sviluppo policentrico dell'Unione europea nel suo complesso nonché lo sviluppo equilibrato e sostenibile di territori con caratteristiche e peculiarità differenti, salvaguardando nel contempo la loro diversità; condivide altresì l'idea che la coesione territoriale dovrebbe garantire che i cittadini possano sfruttare appieno e sviluppare le risorse e il potenziale delle proprie regioni; sottolinea il fatto che la coesione territoriale è un concetto orizzontale alla base dello sviluppo dell'Unione europea; è fermamente convinto del fatto che la coesione territoriale dovrebbe contribuire in modo efficace a colmare il divario tra le regioni dell'Unione e al loro interno, prevenendo in questo modo la prospettiva di asimmetrie; afferma che la coesione territoriale possiede sia una dimensione terrestre che una dimensione marittima;

14. ritiene che la coesione territoriale sia un concetto autonomo, che fornisce un concreto valore aggiunto alla coesione economica e sociale e che dà una risposta alle sfide crescenti cui sono confrontate le regioni dell'Unione europea; sottolinea che le tre componenti della coesione (economica, sociale e territoriale) dovrebbero essere complementari e rafforzarsi a vicenda, mantenendo tuttavia obiettivi distinti all'interno di un unico concetto integrato;

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crede pertanto che non debbano esistere né rapporti gerarchici né compromessi fra tali componenti; sottolinea la necessità di integrare la coesione territoriale nel quadro attuale senza determinare una frammentazione settoriale della politica di coesione dell'Unione europea;

15. accoglie con favore le conclusioni della relazione ORATE sui futuri scenari di sviluppo del territorio europeo di qui al 2030, da cui emergono dati concreti a sostegno della discussione politica sulla configurazione delle politiche nazionali e comunitarie, al fine di creare gli strumenti più opportuni per fronteggiare i nuovi problemi aventi un elevato impatto locale o regionale, come l'evoluzione demografica, la concentrazione urbana, i movimenti migratori e il cambiamento climatico, e sviluppare condizioni ottimali per garantire ai cittadini una buona qualità della vita;

16. sottolinea che uno degli obiettivi principali della coesione territoriale consiste nel garantire che il progresso e la crescita di un determinato territorio generino benefici per l'intera regione e per tutto il territorio dell'Unione europea; reputa, a tale proposito, che i centri di eccellenza e i poli di ricerca e innovazione possano rappresentare una soluzione per assicurare il successo economico, la realizzazione di scoperte scientifiche, l'innovazione tecnologica, l'occupazione e lo sviluppo regionale e sollecita una maggiore interazione e un più intenso trasferimento di conoscenze fra tali centri, le università, le organizzazioni rappresentative delle imprese e le imprese stesse, anche le più piccole; invita la Commissione a presentare una valutazione dell'impatto dei cluster e dei centri di eccellenza sulle aree circostanti;

17. sottolinea che la nozione di coesione territoriale abbraccia anche la coesione intra-territoriale e propone di dare priorità a politiche che promuovano un vero sviluppo territoriale policentrico, in modo da allentare la pressione sulle capitali e stimolare l'emergere di poli secondari; osserva che questo dovrebbe anche essere un modo per controbilanciare gli effetti negativi che la concentrazione produce sulle città quali la congestione, l'inquinamento, l'esclusione sociale e la povertà o la conseguente urbanizzazione incontrollata, che incide sulla qualità della vita degli abitanti; ritiene che a tale riguardo non si debbano trascurare il sostegno alle aree rurali e l'importante ruolo svolto dalle città di piccole e medie dimensioni situate nelle zone rurali;

18. sottolinea il contributo fondamentale del mercato interno alla coesione economica, sociale e territoriale; pone l'accento sull'importanza dei servizi pubblici in rapporto allo sviluppo economico e sociale sostenibile nonché sulla necessità di un accesso equo, a livello sociale e regionale, ai servizi di interesse generale, e in particolare all'istruzione e alla sanità; sottolinea al riguardo che, ai fini di un "accesso equo", non è rilevante solo la distanza geografica, ma rivestono importanza cruciale anche la disponibilità e l'accessibilità dei servizi in questione; ritiene che, alla luce del principio di sussidiarietà e del diritto comunitario in materia di concorrenza, la responsabilità di definire, organizzare, finanziare e monitorare i servizi di interesse generale dovrebbe competere alle autorità locali, regionali e nazionali; reputa tuttavia che la discussione sulla coesione territoriale debba includere una riflessione sull'equo accesso ai servizi da parte dei cittadini;

19. constata che il Libro verde riconosce le grandi sfide in termini di sviluppo cui sono confrontate tre tipologie particolari di regioni con caratteristiche geografiche specifiche, ossia le regioni montuose, insulari e scarsamente popolate; non intende sminuire l'importante ruolo che la coesione territoriale può svolgere per la soluzione dei loro

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problemi, ma reputa che essa non debba rivolgersi esclusivamente alle regioni caratterizzate da handicap geografici; ritiene peraltro che sia necessario esaminare con attenzione particolare come compensare gli handicap di tali regioni e permettere loro di trasformare il potenziale regionale in risorse ed opportunità effettive e stimolare quello sviluppo che è di importanza vitale anche per l'Unione europea nel suo complesso;

20. rileva che anche altre regioni sono confrontate a problemi politici specifici in termini di sviluppo economico e sociale, accessibilità e competitività, problemi che toccano le regioni ultraperiferiche di cui all'articolo 299, paragrafo 2 del trattato CE, le regioni di confine, le regioni periferiche, le regioni costiere e quelle che subiscono il fenomeno dello spopolamento; ritiene, in particolare, che l'elemento specifico della lontananza debba essere riconosciuto quale caratteristica geografica peculiare e sollecita un'attenzione politica particolare nei confronti delle regioni in questione; rileva i problemi specifici che i piccoli Stati membri insulari, ossia Cipro e Malta, incontrano nel loro sviluppo;

21. ritiene che la coesione territoriale non debba limitarsi agli effetti della politica regionale dell'Unione europea sul territorio europeo, ma dovrebbe concentrarsi anche sulla dimensione territoriale di altre politiche comunitarie settoriali con un forte impatto territoriale; sottolinea l'importanza, nel contesto della coesione territoriale, del miglioramento delle sinergie fra le diverse politiche dell'Unione europea al fine di coordinarne e massimizzarne l'impatto sul territorio; osserva tuttavia che tutte le politiche dell'Unione europea manterranno sempre la propria autonomia e che tale processo non implica una gerarchia fra le varie politiche;

Raccomandazioni per il futuro della coesione territoriale

22. si aspetta che dalla consultazione pubblica emerga una definizione chiara e sufficientemente flessibile della nozione di coesione territoriale, che sarà concordata, condivisa e compresa da tutte le parti interessate sul campo e porterà chiarezza e trasparenza riguardo a tale concetto; prende atto, a tale proposito, della proposta di definizione presentata dalla Presidenza francese del Consiglio; reputa tuttavia che la coesione territoriale debba obbedire al principio di sussidiarietà in tutti i settori; ritiene inoltre che, per definire e comprendere meglio la coesione territoriale, sia necessario stabilire definizioni comuni di concetti quali "territorio", "zona rurale" e "zona montana";

23. ritiene che la futura definizione di coesione territoriale dovrebbe incentrarsi su un certo numero di elementi, fra cui il concetto che la coesione territoriale va al di là della coesione economica e sociale e che il suo carattere orizzontale e il suo approccio integrato stimolano un'azione che abbraccia più territori e travalica i confini; reputa che l'obiettivo della coesione territoriale sia quello di ridurre le disparità tra gli Stati membri e le regioni e che essa debba garantire lo sviluppo armonioso e sostenibile di aree geografiche con differenti caratteristiche e specificità analizzando in che modo debbano essere strutturate la politica di coesione dell'Unione europea e le altre politiche settoriali per rispondere al meglio alla situazione locale; sottolinea che qualsiasi futura definizione dovrebbe anche chiarire che la coesione territoriale deve concentrarsi principalmente sulla buona governance, anche per quanto riguarda i partenariati tra pubblico e privato e con i soggetti della società civile, offrendo ai cittadini dell'Unione opportunità eque in termini di condizioni di vita e di qualità di vita;

24. esorta fortemente la Commissione a procedere alla pubblicazione di un Libro bianco sulla coesione territoriale al termine del processo di consultazione; ritiene che tale Libro bianco

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possa essere determinante ai fini di una definizione chiara e del consolidamento del concetto di coesione territoriale e del suo valore aggiunto per la politica di coesione, nonché dovrebbe proporre misure politiche e provvedimenti concreti per contribuire a risolvere i crescenti problemi che le regioni dell'Unione europea si trovano ad affrontare, integrando successivamente tali misure e provvedimenti nel pacchetto legislativo sui Fondi strutturali per il periodo successivo al 2013 e nel relativo quadro finanziario; ritiene che nel Libro bianco sia opportuno includere anche una dichiarazione introduttiva sulle possibili implicazioni finanziarie e di bilancio della coesione territoriale;

25. accoglie con favore la pubblicazione del documento della Commissione sulle regioni nella prospettiva del 2020 e invita la Commissione a integrare nel suo Libro bianco sulla coesione territoriale i risultati emersi e le analisi contenute in tale documento di lavoro, in particolare per quanto concerne la descrizione della coesione economica, sociale e territoriale;

26. ritiene che i tre concetti di concentrazione, collegamento e cooperazione, sui quali si basa l'analisi della coesione territoriale del Libro verde, debbano essere ulteriormente sviluppati e tradotti in opzioni politiche concrete; sollecita la Commissione a spiegare in che modo tali concetti saranno integrati nel quadro legislativo per il periodo successivo al 2013;

27. chiede un significativo rafforzamento dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea per il prossimo periodo di programmazione; è convinto del valore aggiunto di tale obiettivo per l'Unione europea, non da ultimo in considerazione della partecipazione diretta delle autorità regionali e locali alla pianificazione e all'attuazione dei pertinenti programmi di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale; ritiene tuttavia che ciò non dovrebbe avvenire a scapito degli altri due obiettivi; sottolinea inoltre, a tale fine, l'importanza dello sviluppo integrato dei bacini marittimi così come della dimensione transfrontaliera e dei pertinenti programmi operativi della politica europea di vicinato, il che riveste particolare rilevanza nella prospettiva di futuri allargamenti dell'Unione europea;

28. ritiene che la coesione territoriale debba svilupparsi come concetto orizzontale e costituire la base di tutte le azioni e le politiche dell'Unione europea; crede che l'evoluzione dei principi dello sviluppo sostenibile e della protezione ambientale debba fungere da esempio per integrare la coesione territoriale nello sviluppo futuro di tutte le politiche comunitarie pertinenti, dal momento che l'elemento della coesione territoriale deve essere presente in tutte le politiche attinenti alla coesione; ritiene tuttavia che questa dimensione orizzontale della coesione territoriale non debba ridursi a un quadro generico ed astratto di valori; invita l'Unione europea a prendere tutte le misure necessarie per tradurre la coesione territoriale in proposte legislative e strategiche;

29. rammenta l'importanza del mainstreaming della prospettiva di genere, delle pari opportunità e delle speciali esigenze delle persone disabili e dei cittadini anziani in tutte le fasi dell'attuazione e valutazione della politica di coesione dell'Unione europea;

30. sottolinea la necessità di elaborare ulteriori indicatori di qualità, nel contesto della coesione territoriale, allo scopo di migliorare la progettazione e attuazione delle politiche corrispondenti sul territorio, tenendo conto delle diverse caratteristiche territoriali; invita pertanto la Commissione a realizzare senza indugio gli studi del caso e a vagliare la possibilità di definire nuovi indicatori affidabili, esaminando come incorporarli nel sistema di valutazione delle disparità regionali;

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31. nota che il PIL è stato l'unico criterio per determinare l'ammissibilità delle regioni dell'obiettivo 1 (Convergenza), mentre è già stato possibile utilizzare altri indicatori per le regioni ammissibili ai sensi dell'obiettivo Competitività regionale e occupazione; manifesta preoccupazione per il fatto che l'innegabile aumento della convergenza fra i paesi spesso maschera crescenti disparità fra le regioni e al loro interno, per cui insiste sulla necessità di un'analisi approfondita della validità del PIL quale principale criterio di ammissibilità per ottenere aiuti a titolo dei Fondi strutturali;

32. ritiene che il problema delle disparità intraregionali nell'ambito delle regioni NUTS II possa essere meglio osservato a livello NUTS III; invita pertanto la Commissione a esaminare in che misura sia possibile ovviare in futuro al problema delle disparità interne delle regioni NUTS II definendo le zone ammissibili al livello NUTS III; sottolinea che, nel contesto della coesione territoriale, è importante che gli Stati membri stabiliscano in sede di concezione e attuazione dei programmi a titolo dei Fondi strutturali quali siano le unità territoriali corrispondenti al livello di intervento appropriato; raccomanda dunque a tale fine che, all'inizio di ogni periodo di programmazione, si proceda a un'analisi spaziale dell'intero territorio dell'Unione europea;

33. ritiene che, per poter meglio coordinare l'impatto territoriale delle politiche settoriali dell'Unione europea, sia necessario migliorare la comprensione e la misurazione di tale impatto; sollecita pertanto la Commissione a procedere a una valutazione dell'impatto territoriale delle suddette politiche e ad estendere agli aspetti territoriali gli attuali meccanismi di valutazione di impatto, ad esempio la valutazione ambientale strategica; invita altresì la Commissione a proporre modalità concrete per creare sinergie fra tali politiche territoriali e settoriali e ad effettuare una valutazione del contributo delle strategie di Lisbona-Göteborg alla coesione territoriale;

34. rinnova una sua vecchia richiesta, concernente la messa a punto di una strategia comunitaria globale per le regioni con caratteristiche geografiche specifiche, che consenta loro di affrontare in modo più efficace i problemi e le sfide cui sono confrontate; ritiene che una strategia di portata comunitaria debba porre l'accento sulla dimensione territoriale della politica di coesione ed occuparsi di come adeguare le politiche dell'Unione europea alle risorse e alle esigenze specifiche di tali territori; sottolinea che l'applicazione di una siffatta strategia è uno dei presupposti essenziali dello sviluppo economico e sociale dei territori in questione; ritiene che la definizione di nuovi indicatori ai fini di una migliore descrizione della situazione e dei problemi sul terreno sia estremamente importante per applicare con successo una strategia dell'Unione europea in questo ambito;

35. sottolinea tuttavia che l'elaborazione di ulteriori indicatori e lo svolgimento di valutazioni territoriali non dovrebbero comportare un incremento della burocrazia o maggiori ritardi nell'attuazione delle nuove politiche e azioni a sostegno della coesione territoriale e ribadisce la necessità di risultati diretti che siano il frutto dell'integrazione della coesione territoriale nel prossimo pacchetto di programmi dei Fondi strutturali;

36. rammenta il ruolo fondamentale svolto dalle piccole imprese e medie imprese (PMI), dalle microimprese e dalle imprese artigiane per la coesione economica, sociale e territoriale e richiama l'attenzione sulla loro importanza ai fini dell'aumento della competitività e dell'occupazione nelle regioni interessate; invita pertanto la Commissione ad analizzare in modo specifico l'impatto e l'efficacia dei Fondi strutturali e delle politiche europee a favore

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delle PMI nelle regioni, come pure le difficoltà amministrative e finanziarie incontrate da queste imprese;

37. invita altresì la Commissione, gli Stati membri e le regioni a perseguire una politica attiva di sostegno all'innovazione e alla competitività delle imprese e tale da consentire una mutua cooperazione fra le industrie, il settore pubblico, le scuole e le università, nonché a garantire che le organizzazioni che rappresentano le PMI possano partecipare direttamente alla definizione delle politiche territoriali;

38. sollecita gli Stati membri a intensificare i propri sforzi per il conseguimento degli obiettivi della rubrica 4 del Primo programma d'azione per l'attuazione dell'Agenda territoriale dell'Unione europea, creando conoscenze sulla coesione territoriale e sulla pianificazione spaziale sostenibile, elaborando prospettive e realizzando analisi d'impatto, e riconosce il ruolo centrale dell'ORATE in tale processo;

39. osserva che il cambiamento climatico avrà ripercussioni significative per la coesione territoriale; chiede che la Commissione analizzi le conseguenze negative del cambiamento climatico nelle varie regioni, dal momento che l'impatto previsto nell'Unione europea non dovrebbe essere uniforme; ritiene che la coesione territoriale debba tener conto degli obiettivi in materia di cambiamento climatico e stimolare nel territorio dell'Unione europea modelli di sviluppo sostenibili; riconosce tuttavia che il cambiamento climatico dovrebbe essere affrontato anche, in larga misura, nell'ambito delle altre politiche dell'Unione europea;

40. nota con grande interesse che la quinta relazione intermedia contiene per la prima volta un esplicito riferimento alle "regioni in transizione", collocate fra le "regioni dell'obiettivo convergenza" e le "regioni dell'obiettivo competitività e occupazione"; riconosce la necessità di considerare separatamente tali territori, attualmente ripartiti fra i due obiettivi come regioni "phasing in" e "phasing out"; chiede alla Commissione, nel contesto della coesione territoriale, di istituire un sistema più esauriente di assistenza graduale transitoria alle regioni che presto supereranno la soglia del 75% del PIL dell'Unione europea, onde fornire a tali regioni uno status più chiaro e maggiore sicurezza nel loro sviluppo; ritiene che sia necessario istituire un meccanismo di transizione anche per gli Stati membri che escono dall'ambito d'applicazione del Fondo di coesione;

41. ritiene che un approccio integrato avrà maggiori probabilità di successo se le autorità locali e regionali, nonché le parti interessate, tra cui le parti economiche e sociali e le altre parti ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (CE) del Consiglio n. 1083/2006, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione1, che possono fornire una visione comprensiva e un'analisi dei bisogni e delle caratteristiche specifiche di un determinato territorio, saranno coinvolte fin dall'inizio nella definizione e nell'attuazione delle strategie di sviluppo di ciascun territorio; invita la Commissione a elaborare orientamenti per aiutare gli Stati membri e le autorità regionali e locali ad attuare tale approccio integrato nel modo più efficiente e a istituire partenariati efficaci per la messa a punto delle strategie future per i territori in questione;

42. riconosce che la coesione territoriale dovrebbe portare a un miglioramento della governance della politica di coesione; condivide la posizione in base alla quale occorrono parametri

1 GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.

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territoriali diversi per problemi differenti e che pertanto l'istituzione di veri partenariati fra tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo locale e regionale, a livello di Unione europea, nazionale, regionale e locale, rappresenta un prerequisito del processo di pianificazione della coesione territoriale; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a compiere tutti gli sforzi possibili per lo sviluppo di tale governance territoriale multi-livello; ritiene che la coesione territoriale dovrebbe concentrarsi sull'individuazione del livello territoriale adeguato per affrontare ogni politica o provvedimento in un modo quanto più vicino possibile ai cittadini;

43. sottolinea che le politiche europee, e più in particolare la politica di coesione dell'Unione europea, hanno trasformato la governance da un sistema spesso centralizzato in un sistema integrato e a più livelli; invita le parti interessate, le autorità pubbliche e i cittadini a dar forma a una governance territoriale basata su un approccio integrato multisettoriale, territoriale e ascendente, così da rispondere in modo coerente ed efficace a una stessa esigenza dei propri cittadini o utenti su un territorio corrispondente a tale esigenza; rammenta al riguardo le proficue esperienze di iniziative dell'Unione europea come Urban I e Urban II per le aree urbane e LEADER per le aree rurali;

44. rammenta che i problemi nell'attuazione della politica strutturale sono in parte dovuti all'eccessiva rigidità e complessità delle procedure e che occorre pertanto considerare la possibilità di una loro semplificazione e di una chiara divisione delle competenze fra l'Unione europea, gli Stati membri e gli enti regionali e locali; ritiene che la governance territoriale dipenderà fortemente dalla definizione di tali regole chiare; rinnova l'invito rivolto alla Commissione affinché essa presenti senza indugi un pacchetto di proposte concrete al riguardo;

45. raccomanda che, alla luce della crescente importanza che la coesione territoriale ha acquisito nel contesto non soltanto della politica regionale ma anche di altre politiche settoriali dell'Unione europea, le strutture informali che hanno per lungo tempo disciplinato la coesione e la pianificazione territoriale in seno al Consiglio siano sostituite da riunioni ministeriali formali cui partecipino i ministri responsabili della politica regionale nell'Unione europea; ritiene che questo sviluppo istituzionale in seno al Consiglio possa assicurare un miglior flusso di informazioni e la rapida evoluzione della politica di coesione territoriale;

46. sollecita gli Stati membri ad avviare una riflessione su come meglio consolidare e applicare la nozione di coesione territoriale nei programmi e nelle politiche nazionali; ritiene, in tale contesto, che i principi di base dello sviluppo policentrico e delle partnership tra aree urbane e zone rurali, unitamente alla piena attuazione della rete Natura 2000, dovrebbero già essere parte integrante della loro pianificazione regionale;

o

o o

47. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

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Dimensione urbana della politica di coesione

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sulla dimensione urbana della

politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (2008/2130(INI))

Il Parlamento europeo,

– visti gli articoli 158 e 159 del trattato CE,

– visto il primo programma d’azione per l’attuazione dell’agenda territoriale dell’Unione europea (“Primo programma d’azione”), adottato al consiglio informale dei ministri responsabili per la pianificazione territoriale e lo sviluppo, tenutosi a Ponta Delgada (Azzorre) il 23 e 24 novembre 2007,

– vista l’Agenda territoriale dell’Unione Europea - Verso un’Europa più competitiva e sostenibile composta da regioni diverse (Agenda territoriale) e la carta di Lipsia sulle città europee sostenibili (Carta di Lipsia), entrambe adottate al Consiglio informale dei ministri responsabili per la pianificazione territoriale e lo sviluppo urbano, tenutosi a Lipsia il 24 e 25 maggio 2007,

– visto l’accordo di Bristol, adottato al Consiglio informale dei ministri sulle comunità sostenibili, tenutosi a Bristol il 6 e 7 dicembre 2005,

– visto l’”acquis urbano” adottato al Consiglio informale dei ministri responsabili per la coesione territoriale, tenutosi a Rotterdam il 29 novembre 2004,

– vista la nuova Carta di Atene del 2003, proclamata a Lisbona il 20 novembre 2003 in occasione del Consiglio europeo degli urbanisti e la sua visione del futuro delle città europee,

– visto il programma d’azione di Lille, adottato al Consiglio informale dei ministri responsabili per l’urbanismo, tenutosi a Lille il 3 novembre 2000,

– visto lo schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE), adottato al Consiglio informale dei ministri responsabili per la pianificazione territoriale, tenutosi a Potsdam l’11 maggio 1999,

– vista la Carta delle città europee verso la sostenibilità, approvata alla Conferenza europea sulle città sostenibili, tenutasi ad Aalborg, in Danimarca, il 27 maggio 1994,

– vista la comunicazione della Commissione, del 6 ottobre 2008, dal titolo “il Libro verde sulla coesione territoriale: trasformare la diversità territoriale in un punto di forza” (COM(2008)0616),

– vista la comunicazione della Commissione, del 19 giugno 2008, dal titolo “Quinta relazione sulla coesione economica e sociale: regioni in crescita, Europa in crescita” (COM(2008)0371),

– vista la comunicazione della Commissione, del 14 maggio 2008, dal titolo “I risultati delle

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trattative relative alle strategie e ai programmi delle politiche di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013” (COM(2008)0301),

– vista la comunicazione della Commissione, del 30 maggio 2007, dal titolo “Quarta relazione sulla coesione economica e sociale” (COM(2007)0273),

– vista la guida della Commissione “La dimensione urbana nelle politiche comunitarie per il periodo 2007-2013”, adottata il 24 maggio 2007,

– visto il documento di lavoro della Commissione “La dimensione territoriale e urbana nei quadri di riferimento strategici nazionali e nei programmi operativi (2007 – 2013): una prima valutazione”, del maggio 2007,

– vista la comunicazione della Commissione, del 13 luglio 2006, dal titolo “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all'occupazione all'interno delle regioni” COM(2006)0385),

– vista la decisione 2006/702/CE del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sulle linee guida della strategia comunitaria sulla coesione1,

– vista la comunicazione della Commissione, del 5 luglio 2005, dal titolo “La politica di coesione a supporto della crescita e dell’occupazione: orientamenti strategici comunitari, 2007-2013” (COM(2005)0299),

– vista la comunicazione della Commissione, del 14 giugno 2002, dal titolo “La programmazione dei fondi strutturali 2000-2006: una valutazione iniziale dell’iniziativa urbana” (COM(2002)0308),

– vista la comunicazione della Commissione, del 6 maggio 1997, dal titolo "La problematica urbana" (COM(1997)0197),

– visti i risultati del programma (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo) 2006 e il programma ORATE approvato per il 2013,

– visti i risultati dei progetti pilota urbani (1989-1999), l’iniziativa comunitaria URBAN I (1994-1999) e URBAN II (2000-2006),

– viste le informazioni della banca dati dell’Audit urbano che fornisce dati statistici a partire da 330 indicatori in 358 città europee,

– vista la sua risoluzione del 21 febbraio 2008 sul seguito dell’agenda territoriale e della Carta di Lipsia: “Verso un programma di azione europeo per lo sviluppo spaziale e la coesione territoriale”2,

– vista la sua risoluzione del 10 maggio 2007 sugli alloggi e la politica regionale3,

– vista la sua risoluzione del 13 ottobre 2005 sulla dimensione urbana nel contesto

1 GU L 291 del 21.10.2006, pag. 11. 2 Testi approvati, P6_TA(2008)0069. 3 GU C 76 E del 27.3.2008, pag. 124.

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dell’allargamento1,

– visto l'articolo 45 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0031/2009),

A. considerando che, sebbene le questioni urbanistiche rientrino nell’ambito delle responsabilità delle autorità nazionali, regionali e locali, le aree urbane svolgono comunque un ruolo centrale nell’attuazione effettiva delle strategie di Lisbona e Göteborg e sono quindi considerate un’importante priorità nel contesto della politica di coesione, della quale sono responsabili le istituzioni dell’Unione europea,

B. considerando che gli obiettivi dell’Unione europea sanciti nella carta di Lipsia sono volti ad assicurare un approccio integrato all’attuazione delle politiche di sviluppo urbano al fine di creare zone urbane di elevata qualità, di modernizzare le reti dei trasporti, dell’energia e dell’informazione, e di incoraggiare l’apprendimento permanente, la formazione e l’innovazione, in particolare nelle città e nelle aree interne più svantaggiate,

C. considerando che il processo di elaborazione di una "check-list" flessibile, adattabile e dinamica per l'attuazione della Carta di Lipsia – condizione preliminare fondamentale per rispondere ai bisogni particolarmente variegati delle diverse città europee – avviata già dalla Presidenza francese, da un lato, e l'ulteriore elaborazione, da parte di ogni Stato membro, di piani di sviluppo urbano integrato, dall'altro, possono rivelarsi utilissimi per fornire informazioni sulle diverse situazioni e permettere quindi l'attuazione di iniziative calibrate su obiettivi precisi,

D. considerando la necessità di operare una distinzione tra città e aree urbane,

E. considerando che nonostante l’80% dei 492 milioni di cittadini dell’Unione europea vive nelle città, l’Unione si caratterizza per il suo sviluppo policentrico, e che esistono tuttavia delle differenze significative tra gli Stati membri in merito alla distribuzione demografica nelle zone urbane, suburbane e rurali e anche i problemi connessi alla rappresentanza piuttosto scarsa degli interessi e delle necessità della popolazione urbana nei programmi operativi dei fondi strutturali,

F. considerando che le aree urbane generano tra il 70 e l'80 per cento del PIL comunitario e che le città sono riconosciute come centri di innovazione e motore dello sviluppo regionale, nazionale e comunitario,

G. considerando, tuttavia, che le città sono responsabili di oltre il 75% del consumo mondiale di energia e che generano l'80% dei gas ad effetto serra a motivo della produzione di energia, del traffico, delle industrie e del riscaldamento,

H. considerando che la tendenza all'inurbamento è amplificata dalle migrazioni interne verso le capitali e le altre metropoli; che la crescita della popolazione che ne risulta rappresenta un immenso fardello per le città che si ingrandiscono, dato che devono gestire la crescita esponenziale dei bisogni in termini di trattamento dei rifiuti, alloggi, istruzione ed occupazione e considerando che questa tendenza in aumento all’inurbamento costituisce una grande sfida per le aree rurali che devono far fronte alla perdita di capitale umano,

1 GU C 233 E del 28.9.2006, pag. 127.

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manodopera, consumatori e studenti,

I. considerando che il recente allargamento dell’Unione europea ha portato ad un aumento straordinario delle disparità regionali e del numero di città interessate dal fenomeno di degrado urbano,

J. considerando che, malgrado i diversi contesti politici, istituzionali e costituzionali degli Stati membri, le città comunitarie si trovano di fronte a sfide e opportunità comuni, cosa che sottolinea la necessità di dati statistici dettagliati e di cooperazione reciproca e lo scambio di buone prassi in modo che le città europee possano far fronte alla concorrenza internazionale,

K. considerando che lo sviluppo territoriale dell’Unione europea è chiamato ad affrontare le sfide di una ristrutturazione economica, delle notevoli fluttuazioni sul mercato del lavoro, di congestionamento del traffico e di trasporti inaccessibili, della limitatezza del territorio utilizzabile in seguito all’espansione urbana, dell’invecchiamento e del calo della popolazione, dello spopolamento delle zone rurali e dei piccoli centri a vantaggio delle grandi agglomerazioni urbane, dell’esclusione sociale, dei crescenti tassi di criminalità, della ghettizzazione di alcuni quartieri urbani, di bassi redditi familiari, del peggioramento della qualità della vita nelle zone più svantaggiate, degli insufficienti parcheggi e aree di svago, dell'inquinamento ambientale, della gestione dell'acqua, dei rifiuti e dei residui nonché dell'esigenza di garantire l’approvvigionamento e l’utilizzazione efficace dell’energia,

L. considerando che una governance coordinata e in particolare una governance elettronica con il supporto di tutti i soggetti partecipanti potrebbero attenuare notevolmente i problemi esistenti, permettendo di affrontare il fenomeno dell’espansione urbana in modo integrato, prendendo in considerazione le aree suburbane e quelle situate in prossimità delle zone rurali, e in linea con l’approccio moderno alla pianificazione urbana, che comprende ad esempio una crescita intelligente, una nuova pianificazione urbana e un’urbanizzazione attenta,

M. considerando che le attività per lo sviluppo urbano promuovono in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI), in particolare nel settore dei servizi, e che la politica di coesione è sempre più tesa alla promozione dei vantaggi competitivi delle città,

N. considerando che le PMI, in particolare le piccole e micro imprese nonché le attività artigianali e commerciali, rappresentano una risorsa fondamentale per il mantenimento delle attività nei centri urbani e dell'equilibrio nei quartieri cittadini, e che le politiche urbane in materia di trasporti, di attività commerciali, di transazione fondiaria e di rilancio delle strutture abitative o, al contrario, l'assenza di politiche equilibrate in questi settori hanno spesso determinato la scomparsa delle attività economiche e la rarefazione delle attività di servizi alle persone,

O. considerando l'opportunità di continuare a rafforzare il partenariato tra le zone urbane e le zone rurali, dato che le prime sono vocate ad assolvere ad un ruolo importante nello sviluppo armonioso e integrato delle loro periferie in un'ottica di coesione territoriale e di sviluppo regionale equilibrato,

1. sottolinea l’importanza di uno sviluppo urbano sostenibile e del contributo delle aree urbane

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allo sviluppo regionale e invita la Commissione a valutare, a misurare, a creare dei benchmark e a discutere periodicamente dell’impatto delle politiche comunitarie sulla situazione economica e sociale - in particolare per quanto riguarda i problemi dell'istruzione e sanitari - nonché sulla situazione sanitaria, ambientale, dei trasporti e della sicurezza nelle aree urbane;

2. deplora che gli Stati membri siano invitati e non obbligati ad inserire lo sviluppo urbano sostenibile tra le priorità strategiche; esprime, di conseguenza, la sua preoccupazione per il fatto che alcuni Stati membri non prendano nella dovuta considerazione la questione della dimensione urbana nell'attuazione della politica di coesione, e invita la Commissione e gli Stati membri, in cooperazione con le autorità regionali e locali, ad analizzare e valutare l’impatto del mainstreaming dell’iniziativa URBAN e a procedere ad un monitoraggio e controllo periodico dell’utilizzo dei fondi comunitari nelle aree urbane;

3. richiama l'attenzione sulle esperienze positive dell'iniziativa comunitaria URBAN in termini di partenariato, procedura integrata e approccio ascendente in quanto hanno contribuito ampiamente all'efficacia e all'adeguatezza dei progetti sostenuti; chiede che tali conquiste siano prese in considerazione nella dimensione urbana dell'aiuto fornito dai fondi strutturali e che meccanismi analoghi siano ripresi nel finanziamento generale disponibile per lo sviluppo urbano sostenibile onde permettere ad un maggior numero di città di beneficiarne;

4. è del parere che sarebbe inopportuno e anche problematico adottare una definizione comune di “aree urbane” e del termine “urbano” in generale, essendo difficile raggruppare la varietà di situazioni presenti all’interno degli Stati membri e delle regioni; ritiene pertanto che la definizione e la designazione obbligatorie delle aree urbane debbano rimanere di competenza degli Stati membri, in conformità con il principio di sussidiarietà in base ai comuni indicatori europei;

5. invita gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie a sostenere le loro capitali e le altre metropoli negli sforzi da esse spiegati per far fronte alle nuove sfide derivanti dall'inurbamento e dall'aumento della popolazione, in particolare in termini di gestione dei rifiuti, degli alloggi, dell'occupazione e dell'istruzione; a un livello più generale ritiene che le fluttuazioni demografiche provocano sfide sia per le zone rurali che per quelle urbane connesse con il mercato della manodopera e anche con i settori dell'istruzione e della riqualificazione di ex lavoratori colpiti dalla disoccupazione e connessi anche con lo spopolamento delle aree rurali;

6. ritiene, in tale contesto, e tenendo conto dell'evidenza che, per natura, i diversi meccanismi costituzionali degli Stati membri non sono compatibili con metodologie armonizzate malgrado l'efficacia dei vari livelli di governance, che sarebbe utile che gli Stati membri definissero, se del caso attraverso consultazioni pubbliche, caso per caso, la dimensione urbana quale essi la concepiscono, per rafforzare l'armonizzazione interna ed accrescere l'interazione con la Commissione;

7. sottolinea che, nelle città, gli Stati membri hanno facoltà di delegare la gestione dei Fondi strutturali destinati all'attuazione di azioni miranti a realizzare uno sviluppo urbano sostenibile; considera che la subdelega abbia un duplice valore aggiunto: da un lato sarebbe molto più efficiente per la crescita regionale ed europea che le città si assumessero l’intera responsabilità dalla pianificazione all’attuazione dell’azione intrapresa, rispondendo alle rigorose sfide locali e, d’altro lato, costituirebbe un importante strumento per migliorare la capacità amministrativa della gestione locale; si rammarica, tuttavia, del fatto che

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l’opportunità rappresentata dallo strumento della subdelega, ove possibile attraverso lo stanziamento di fondi a favore delle autorità municipali nell’ambito dei programmi operativi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), non sia stata sinora pienamente utilizzata e ritiene opportuno valutare la possibilità di fare delle aree urbane un intermediario e di incoraggiare tale azione nel contesto della governance multilivello nel prossimo periodo di programmazione; ritiene inoltre che la dimensione urbana e il meccanismo della subdelega dovrebbero rivestire carattere obbligatorio nell’ambito delle politiche regionali; è tuttavia opportuno evitare che il trasferimento di competenze comporti la frammentazione della politica regionale, e quindi il metodo utilizzato per la subdelega deve essere definito attentamente;

8. evidenzia l’importanza di un approccio integrato alla pianificazione e allo sviluppo urbano; propone che qualsiasi sostegno pubblico allo sviluppo urbano debba basarsi su piani di sviluppo integrati; chiede che l'approccio integrato divenga quanto prima, e comunque entro il prossimo periodo di programmazione, una condizione vincolante per la concessione di risorse dei fondi strutturali e di prestiti della Banca europea per gli investimenti; invita la Commissione a elaborare delle linee guida che contengano raccomandazioni ed esempi di buona prassi in materia di piani di sviluppo urbano integrato e a favorire anche lo scambio di buone pratiche tra le autorità nazionali, regionali e locali;

9. invita gli Stati membri ad accordare, nei loro quadri strategici di riferimento e programmi operativi nazionali, la priorità al finanziamento di progetti che realizzino piani di gestione urbana sostenibile;

10. raccomanda che i piani di gestione urbana sostenibile includano almeno alcuni dei seguenti elementi: il piano dei rifiuti, la mappa dei rumori e i piani d'azione, i programmi locali di inquinamento atmosferico ed ambientale, le prospettive di crescita demografica, la richiesta di nuove zone urbanizzate, il recupero dei terreni incolti e degli edifici abbandonati, la riabilitazione dei quartieri in declino e delle zone deindustrializzate, la disponibilità e l'accessibilità dei servizi pubblici, la struttura urbana e la proporzione di zone verdi, le facilitazioni per le persone disabili, la valorizzazione del patrimonio culturale, storico e naturale, la stima del fabbisogno di acqua ed elettricità e il loro utilizzo efficiente, la disponibilità di trasporti pubblici, la gestione efficace del traffico, l'integrazione dei gruppi vulnerabili (migranti, minoranze, persone con basse qualifiche, persone disabili, donne, ecc.), disponibilità di alloggi dignitosi a prezzi accessibili e i piani di lotta contro la delinquenza;

11. è del parere che sarà possibile elaborare dei piani di sviluppo urbano integrato soltanto se si potrà disporre di risorse sufficienti destinate alla promozione di uno sviluppo urbano sostenibile e, conseguentemente, raccomanda che le risorse disponibili siano impiegate per la realizzazione di interventi specifici; propone lo stanziamento, nell’ambito dell’assegnazione dei fondi strutturali, di una quota minima per ogni abitante delle aree urbane per tutto il periodo di programmazione, il cui importo va fissato ad un livello tale che il suo frazionamento non rappresenti un onere irrealistico per le regioni;

12. ribadisce l’impellente necessità di promuovere la governance urbana verticale ed orizzontale e richiama l’attenzione degli Stati membri sulla pressante necessità di adottare un approccio integrato nell’attuazione delle politiche per lo sviluppo urbano (che tratta questioni fondamentalmente connesse alla vita quotidiana dei cittadini quali i trasporti, i servizi pubblici, la qualità della vita, i posti di lavoro e le attività economiche locali, la

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sicurezza ecc.), coinvolgendo i governi nazionali, le autorità regionali e locali e tutti gli altri soggetti partecipanti pubblici e privati, sulla base del principio di partenariato;

13. riconosce la difficoltà delle autorità urbane nel conciliare i domini dei finanziamenti del Fondo sociale europeo (FSE) con la promozione dello sviluppo sociale ed economico e i finanziamenti dell’FESR con la programmazione degli investimenti alle infrastrutture; ritiene che il principio "programma unico, fondo unico" andrebbe rivisto e che le autorità locali e regionali dovrebbero sfruttare meglio le sinergie connesse con gli aiuti FESR e FSE rafforzando la promozione integrata; nel lungo termine, esorta la Commissione a valutare la possibilità di effettuare una fusione dei due fondi se ciò potesse garantire la semplificazione delle procedure;

14. è a favore dell’idea del principio rotativo del programma JESSICA e dell’utilizzo del suo potenziale per la promozione economica delle aree urbane e ritiene che la politica regionale da perseguire durante il prossimo periodo di programmazione debba avvalersi di più dei meccanismi di ingegneria finanziaria come i crediti rotativi, in grado di offrire prestiti vantaggiosi, invece di contare unicamente su sovvenzioni, come avviene ora;

15. prende atto del potenziale sviluppo urbano del settore privato e ritiene opportuno un ricorso sistematico a partenariati pubblici-privati onde promuove l'istituzione di schemi e progetti di finanziamento innovativo per affrontare i principali problemi socioeconomici delle aeree urbane, in particolare per la costruzione di infrastrutture e di alloggi; ricorda che tale approccio richiede regole di condotta chiare e trasparenti, in particolare per quanto riguarda l'azione degli enti pubblici, dovendo questi adottare, in base al principio di sussidiarietà, decisioni strategiche sulla scelta di metodi per la fornitura di servizi, la definizione di specifiche e il mantenimento di un certo livello di controllo;

16. mette in evidenza gli aspetti amministrativi e relativi all'attuazione della dimensione urbana e chiede un maggior impegno al fine di semplificare la normativa che disciplina la politica di coesione e lo snellimento generale delle procedure burocratiche in materia di gestione e controllo dei fondi e dei singoli progetti;

17. nota che, oltre alla politica di coesione, vi sono altre politiche comunitarie che prevedono un sostegno finanziario alle aree urbane e pertanto chiede alla Commissione di elaborare e di proporre un maggior coordinamento delle politiche interessate, che riunirebbe tutte le risorse stanziate dall’Unione europea a favore delle aree urbane, tenendo così conto della politica di coesione e garantendo al contempo l'attuazione concreta di un approccio integrato;

18. ritiene che le strutture di governance esistenti negli Stati membri siano inadeguate a favorire una cooperazione orizzontale e sollecita la Commissione europea a promuovere il principio di struttura di gestione intersettoriale;

19. chiede che vengano impiegate le attuali risorse finanziarie, umane e organizzative in modo più efficiente per creare e rafforzare le reti tessute da metropoli e città nell’ambito di uno sviluppo urbano sostenibile, dato il ruolo centrale svolto dai centri urbani nella cooperazione territoriale; sottolinea a tale riguardo la necessità di disporre di infrastrutture atte a sostenere il mantenimento di caratteristiche particolari (ad esempio risorse storiche), la modernizzazione (ad esempio poli di innovazione), la crescita economica (ad esempio PMI) e le attività stagionali ed esorta inoltre la Commissione a rafforzare la posizione delle aree urbane nell’ambito dell’iniziativa “Regioni per il cambiamento economico”;

20. nota che una buona applicazione della politica di sviluppo regionale e una strategia di

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sviluppo territoriale sostenibile richiedono misure equilibrate a favore delle zone urbane, suburbane e rurali e di conseguenza influenzano lo sviluppo della reale coesione regionale; ribadisce il fatto che la politica di sviluppo rurale ha un impatto territoriale significativo e che non è stata ancora raggiunta una sufficiente integrazione tra le politiche urbane e quelle di sviluppo rurale; sottolinea la necessità di una forte sinergia tra suddette politiche al fine di far emergere il vero potenziale di sviluppo e la promozione di aree attrattive e concorrenziali; invita gli Stati membri e le regioni ad avvalersi dello strumento dei partenariati urbani-rurali per giungere allo sviluppo territoriale equilibrato da essi perseguito;

21. esorta la Commissione a sviluppare e ad aggiornare regolarmente l’audit urbano e, al contempo, a fornire informazioni sulla situazione del divario urbano-rurale in tutti gli Stati membri, al fine di delineare un quadro chiaro della situazione e individuare gli interventi specifici da attuare per uno sviluppo rurale e urbano equilibrato;

22. raccomanda l'istituzione, da parte della Commissione e degli Stati membri, di un gruppo europeo di alto livello sullo sviluppo urbano e l'applicazione del metodo aperto di coordinamento alla politica di sviluppo urbano a livello di Unione europea;

23. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007–2013

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 sull'attuazione del regolamento sui

Fondi strutturali per il periodo 2007–2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie

nazionali e ai programmi della politica di coesione (2008/2183(INI))

Il Parlamento europeo,

− visto il trattato CE e in particolare l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 2,

− vista la comunicazione della Commissione del 14 maggio 2008 sui risultati dei negoziati relativi alle strategie e ai programmi della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 (COM(2008)0301),

− visti il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione1 (regolamento generale sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione),

− vista la decisione 2006/702/CE del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione2 (orientamenti strategici in materia di coesione),

− visti i risultati dei negoziati relativi alle strategie e ai programmi della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 – Schede per Stato membro,

− vista la quarta relazione sulla coesione economica e sociale (COM(2007)0273) ("quarta relazione sulla coesione"),

− vista la proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1083/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, per quanto riguarda alcune disposizioni relative alla gestione finanziaria (COM(2008)0803),

− vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1080/2006 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale per quanto riguarda l'ammissibilità degli investimenti a favore dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili nell'edilizia abitativa (COM(2008)0838),

− vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1081/2006 relativo al Fondo sociale europeo per estendere i tipi di costi ammissibili a un contributo dell’FSE (COM(2008)0813),

− vista la sua risoluzione del 21 ottobre 2008 sulla governance e il partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale3,

− visto l'articolo 45 del suo regolamento, 1 GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25. 2 GU L 291 del 21.10.2006, pag. 11. 3 Testi approvati, P6_TA(2008)0492.

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− vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e i pareri della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0108/2009),

A. considerando che la Commissione ha pubblicato la summenzionata comunicazione sulla base dei risultati dei negoziati con gli Stati membri sui quadri di riferimento strategico nazionali e sui programmi operativi,

B. considerando che, in conformità dell'articolo 158 del trattato, al fine di rafforzare la sua coesione economica e sociale, la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le aree rurali,

C. considerando che gli ultimi due allargamenti dell'Unione europea hanno comportato un notevole ampliamento delle disparità regionali nella Comunità che occorre affrontare in modo adeguato al fine di promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile,

D. considerando che le recenti relazioni in materia di coesione denotano una tendenza all’aggravamento delle disparità territoriali fra le regioni dell’Unione europea e, a livello subregionale, delle disparità caratterizzate da fenomeni quali la segregazione territoriale, risultate nell'emergere di una certa forma di ghettizzazione, e il costante declino di alcune aree remote e prevalentemente agricole,

E. considerando che nell'ottobre 2006 il Consiglio ha adottato i summenzionati orientamenti strategici in materia di coesione, quale quadro indicativo per gli Stati membri ai fini dell'elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali e dei programmi operativi per il periodo 2007-2013,

F. considerando che le tre priorità indicate negli orientamenti strategici in materia di coesione intendono rendere l’Europa e le sue regioni più attraenti per gli investimenti e l’occupazione, promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita e creare posti di lavoro migliori e più numerosi,

G. considerando che tradurre tali priorità in programmi operativi dovrebbe consentire alle regioni di affrontare le sfide della globalizzazione, dei cambiamenti strutturali, demografici e climatici e di rafforzare lo sviluppo sostenibile,

H. considerando notevoli diversità nel modo in cui gli Stati membri hanno attuato le summenzionate priorità nell'ambito dei rispettivi programmi operativi, a seconda dell'obiettivo di sviluppo regionale, convergenza o competitività e occupazione regionale in cui rientra ciascuna specifica regione,

I. considerando che il regolamento generale sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione prevede che gli Stati membri che hanno aderito all'Unione europea anteriormente al 1° maggio 2004 stanzino il 60% della spesa totale destinata all'obiettivo "convergenza" e il 75% della spesa destinata all'obiettivo "competitività regionale e occupazione" a priorità correlate alla strategia di Lisbona; considerando inoltre che agli Stati membri che hanno aderito all'Unione europea il 1° maggio 2004 o successivamente è stato consigliato di adottare lo stesso approccio,

J. considerando che la sostenibilità, la prevenzione di ogni tipo di discriminazione, il buon

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governo e l'applicazione del principio di partenariato, insieme a una forte capacità istituzionale e amministrativa, sono elementi essenziali per una riuscita attuazione della politica di coesione,

K. considerando che la politica di coesione deve essere sufficientemente forte e flessibile al fine di svolgere un importante ruolo nel quadro degli sforzi dell'Unione volti a contrastare gli effetti dell'attuale crisi economica globale,

1. riconosce gli sforzi compiuti da tutti gli Stati membri per inserire nei propri programmi operativi le tre priorità indicate negli orientamenti strategici in materia di coesione, che corrispondono agli obiettivi dell'agenda di Lisbona,

2. rileva l’avvio piuttosto lento del nuovo periodo di programmazione in molti Stati membri, che potrebbe compromettere l'utilizzo efficace dei fondi; si dichiara tuttavia fiducioso che gli impegni assunti durante il negoziato e il processo di approvazione dei programmi operativi saranno rispettati nell’interesse delle regioni e dell’Unione nel suo insieme;

Mitigare le disparità regionali

3. constata la determinazione degli Stati membri nell'affrontare le specifiche esigenze territoriali imputabili all'ubicazione geografica e allo sviluppo economico e istituzionale, mediante l'elaborazione di strategie volte a ridurre gli squilibri intraregionali e interregionali; ricorda a tale proposito le misure proposte dagli Stati membri per affrontare le particolari sfide relative allo sviluppo di regioni con caratteristiche geografiche specifiche, quali le zone montuose, insulari e ultraperiferiche, le città di confine periferiche, le regioni con problemi di spopolamento e le regioni di confine; ribadisce che uno sviluppo sano sul piano economico e ambientale e la riduzione delle disparità regionali restano i principali obiettivi della politica regionale dell'Unione europea;

4. si rammarica che in molti quadri di riferimento strategici nazionali e in molti programmi operativi non siano sufficientemente applicati e documentati i principi della sostenibilità, della parità delle opportunità e della non discriminazione, nonché del partenariato; critica il fatto che ciononostante la Commissione abbia approvato programmi operativi che presentavano tali carenze e non abbia insistito affinché gli Stati membri o le regioni apportassero miglioramenti;

5. rileva che l’esperienza passata ha dimostrato che la convergenza tra i paesi può mascherare un divario crescente tra le regioni e al loro interno; nota inoltre che tali disparità regionali e locali sono osservabili sotto diverse angolature, ossia in termini di occupazione, produttività, reddito, livello di istruzione e capacità di innovazione; sottolinea altresì l'importanza della dimensione territoriale della coesione per superare tali problemi;

Politica di coesione e attuazione dell'agenda di Lisbona

6. apprezza gli sforzi compiuti dalle autorità nazionali volti a garantire che lo stanziamento medio della spesa per la realizzazione dell'agenda di Lisbona costituisca il 65% dei fondi disponibili nelle regioni dell'obiettivo "convergenza" e l'82% nelle regioni dell'obiettivo "competitività regionale e occupazione", il che di fatto supera quanto richiesto inizialmente;

7. è convinto che in questo settore siano necessari molti più investimenti; è del parere che,

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alla luce della revisione di medio periodo dell'attuazione dei Fondi strutturali, vadano adottati orientamenti comunitari più severi e destinate risorse finanziarie maggiori a favore di questi obiettivi e più specificamente che almeno il 5% dei Fondi strutturali debba necessariamente essere speso per il miglioramento dell'efficienza energetica delle abitazioni esistenti; a questo proposito chiede alla Commissione di dare seguito alle conclusioni del Consiglio "Competitività" del 9-10 ottobre 2008 sull'efficienza energetica; sottolinea il ruolo chiave e il potenziale di sviluppo che rappresentano le energie rinnovabili per le regioni dell'Unione europea sia in termini di creazione di posti di lavoro che di promozione dello sviluppo locale sostenibile;

8. incoraggia le regioni nei loro sforzi intesi a conseguire gli obiettivi di Lisbona attraverso un'attuazione completa ed efficace dei propri programmi operativi; invita anche la Commissione a monitorare da vicino la loro attuazione al fine di garantire la traduzione nella pratica degli obiettivi nonché di informare il Parlamento riguardo ai problemi emersi;

9. è del parere che le risorse finanziarie destinate alle reti transeuropee di energia siano insufficienti, dal momento che tali reti sono essenziali per il completamento del mercato interno dell'energia;

10. rammenta il ruolo importante svolto in particolare dalle piccole imprese e microimprese, in particolare quelle artigiane, per la coesione economica, sociale e territoriale mediante il loro rilevante contributo alla crescita e all'occupazione; chiede pertanto una politica attiva di sostegno a tutte le forme di innovazione di tali imprese e sollecita la Commissione a creare opportunità di mutua cooperazione fra le aziende, il settore pubblico, le scuole e le università, al fine di creare gruppi regionali di innovazione nello spirito della Strategia di Lisbona;

Far fronte alla globalizzazione e ai cambiamenti strutturali

11. apprezza il fatto che tutti gli Stati membri abbiano destinato un importo significativo dei propri stanziamenti finanziari totali agli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo e innovazione, nello sviluppo di un'economia di servizi basata sulla conoscenza, nella promozione dell'imprenditorialità e dei servizi di sostegno alle imprese, nonché nell'attività di assistere le imprese e i lavoratori ad adattarsi a nuove condizioni; nota che, per la maggior parte delle regioni dell'obiettivo "convergenza" dell'Unione, la garanzia dell'accessibilità continua a rappresentare un problema rilevante, in quanto esse devono affrontare la questione della mancanza di infrastrutture di trasporto;

12. è convinto che la politica industriale debba essere sostenuta attraverso i Fondi strutturali allo scopo di incrementare la competitività degli Stati membri e dell'Unione; appoggia pertanto la priorità nella politica di coesione volta a sbloccare il potenziale delle imprese, in particolare delle PMI;

Cambiamenti demografici e mercati del lavoro più inclusivi

13. si congratula con gli Stati membri per il loro impegno ad attribuire priorità agli investimenti intesi a rafforzare la partecipazione al mondo del lavoro, a garantire le pari opportunità e quindi a sostenere le iniziative promosse dal FSE e dal programma PROGRESS per il periodo 2007-2013, che mirano a contribuire ad eliminare la discriminazione e a migliorare la situazione delle donne sul mercato del lavoro; accoglie con favore le misure adottate dagli Stati membri nei loro programmi finanziati dal FSE

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intese a potenziare le competenze e combattere la povertà e l’esclusione sociale; sottolinea l'importanza e la necessità di perseverare negli sforzi a favore dell'occupazione dato l'aggravarsi della crisi economica, tenendo particolarmente conto delle specifiche esigenze delle persone disabili e dei cittadini anziani in ogni fase dell’attuazione e della valutazione della politica di coesione;

14. è favorevole al “principio del partenariato” applicato dalla Commissione nella politica di coesione e invita la Commissione a coinvolgere le organizzazioni femminili a livello locale e nazionale nella sua negoziazione e attuazione;

Far fronte alle sfide dello sviluppo sostenibile, dei cambiamenti climatici e dell'energia

15. ritiene che tutti i programmi operativi dovrebbero contemplare misure intese a proteggere l'ambiente, contrastare il cambiamento climatico e promuovere l'efficienza energetica e apprezza gli impegni assunti dagli Stati membri per affrontare tali questioni, destinando loro circa un terzo del bilancio totale della politica di coesione; reputa tuttavia che gli specifici stanziamenti a favore della lotta al cambiamento climatico e della promozione dell'efficienza energetica non siano sufficienti a rispondere alle reali esigenze;

16. ritiene essenziale lo sviluppo di poli di competitività attraverso i Fondi strutturali, visto che essi offrono un notevole potenziale per la creazione di posti di lavoro ben remunerati e la generazione di crescita ma anche per ridurre la pressione sulle grandi conurbazioni; a questo riguardo si compiace della continuazione del programma URBAN, ritenendo necessarie la rivitalizzazione delle zone urbane e il ripristino delle vecchie infrastrutture urbane;

17. sottolinea che i regolamenti relativi ai Fondi strutturali stabiliscono che gli Stati membri e la Commissione devono garantire che la parità fra uomini e donne e l'integrazione della prospettiva di genere siano promosse nelle varie fasi di esecuzione di tali fondi;

18. invita gli Stati membri a fornire ai cittadini, alle autorità locali e non governative e alle organizzazioni femminili tutte le informazioni relative alle possibilità di finanziamento, e in particolare informazioni concernenti programmi specifici, l'idoneità al cofinanziamento a partire dai Fondi strutturali, le regole di cofinanziamento e di rimborso nonché dove trovare gli inviti a presentare proposte nel quadro del periodo di programmazione 2007-2013;

19. invita gli Stati membri a garantire che gli eccessivi ostacoli di tipo amministrativo non scoraggino le organizzazioni non governative, in particolare quelle che si occupano del sostegno alle donne in situazioni economiche sfavorevoli, alle donne migranti, alle donne appartenenti a minoranze etniche, alle donne disabili, alle donne con persone dipendenti a carico e alle donne vittime di violenze e torture, dal presentare domanda per ottenere il finanziamento dei progetti;

20. osserva che esiste una sostanziale differenza tra gli Stati membri dell'Unione europea a 15 stati e quelli dell'Unione europea a 12 stati sul versante delle risorse stanziate nell'ambito della protezione ambientale e riconosce che per i nuovi Stati membri è essenziale destinare risorse molto più consistenti per il conseguimento degli obiettivi dell’Unione relativi all'ambiente, al clima e alla biodiversità, quali stabiliti dall'acquis comunitario;

21. sottolinea l'importanza di consolidare le capacità di cooperazione e di effettivo assorbimento dei fondi disponibili utilizzando tutti i mezzi possibili, tra cui scambi delle

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migliori prassi, campagne di informazione, azioni comuni, scambi di nuova tecnologia e sviluppo di partenariati, in quanto ciò contribuirà all'efficace attuazione dei programmi di cooperazione avviati e in particolare all'aumento della capacità di assorbimento dei nuovi Stati membri;

22. ritiene che in tempi di crisi economica gli Stati membri dovrebbero pensare a conseguire sinergie fra la protezione dell'ambiente e la creazione di posti di lavoro, secondo quanto indicato negli orientamenti strategici in materia di coesione, e destinare maggiori risorse a progetti che promuovono un’economia “verde”, posti di lavoro “verdi” e un’innovazione “verde”;

Rafforzare la governance a più livelli e il partenariato

23. ritiene che la governance a più livelli e il principio di partenariato siano elementi fondamentali per la legittimità dei programmi operativi e per la loro trasparenza ed efficacia durante la fase di programmazione e, in particolare, nell'ambito del processo di attuazione; accoglie pertanto con favore gli sforzi compiuti da tutti gli Stati membri, conformemente ai loro specifici quadri istituzionali e alle rispettive tradizioni, volti a rafforzare il principio di partenariato nei programmi per l'attuale periodo, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento generale sul FESR, sul FSE e sul Fondo di coesione; raccomanda in particolare ai nuovi Stati membri, che hanno scarsa esperienza nel creare partenariati efficaci di rafforzare costantemente i principi di partenariato e di trasparenza nell'ambito dell'attuazione dei programmi operativi;

24. invita gli Stati membri a evitare eccessivi ritardi nel rimborso dei costi relativi a progetti portati a termine, osservando che l’insolvenza dovuta a tali ritardi spesso impedisce ai beneficiari – soprattutto autorità locali e organizzazioni senza scopi di lucro – di avviare ulteriori iniziative specifiche al loro settore di attività;

25. sottolinea che i ritardi nell'attuazione della politica strutturale sono dovuti in parte all'eccessiva rigidità delle procedure e che queste andrebbero pertanto semplificate, introducendo una chiara divisione delle responsabilità e delle competenze fra l'Unione europea, gli Stati membri e gli enti locali e regionali;

26. invita gli Stati membri a cooperare strettamente con gli enti locali e regionali durante la fase di programmazione dei quadri strategici di riferimento nazionali, onde garantire un'attuazione ottimale delle strategie nazionali e realizzare pienamente gli ideali sottesi al governo multilivello;

27. sottolinea la necessità di promuovere la cooperazione fra i settori pubblico e privato sotto forma di partenariati pubblico-privato, per portare avanti un numero elevato di progetti di importanza chiave e moltiplicare in tal modo gli effetti degli investimenti;

28. rileva la necessità di una valutazione del coordinamento e della complementarità dei programmi dei Fondi strutturali con i programmi di sviluppo rurale; osserva che l'esperienza acquisita sul campo indica che le sinergie fra i due tipi di programmi non sono sufficientemente sfruttate;

Sviluppare le capacità istituzionali

29. apprezza la maggiore consapevolezza dell'importanza di rafforzare la capacità istituzionale

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e amministrativa per l'efficace attuazione delle politiche pubbliche e per la gestione dei fondi dell'Unione europea; esorta a compiere sforzi sostanziali in tutte le regioni della convergenza, al fine di potenziare la capacità istituzionale e rafforzare la professionalità delle autorità pubbliche;

30. sottolinea la necessità di concentrare la coesione politica anche sulle zone rurali, visto che la coesione territoriale può essere raggiunta soltanto sviluppando un equilibrio urbano/rurale;

Integrazione delle politiche efficaci, miglioramento delle conoscenze e diffusione delle buone prassi

31. apprezza in particolare l'integrazione da parte dei nuovi Stati membri dei risultati delle iniziative comunitarie URBAN ed EQUAL nei programmi operativi per il periodo 2007-2013; approva gli forzi compiuti dagli Stati membri volti a mettere in atto piani integrati per lo sviluppo urbano sostenibile, in quanto città e centri urbani sono sedi di industrie, responsabili della crescita economica e della creazione di posti di lavoro; ritiene inoltre che occorrerebbe sfruttare appieno le potenzialità dei programmi di cooperazione territoriale europea, come pure gli strumenti Jessica, Jaspers, Jeremie e Jasmine, al fine di accelerare lo sviluppo e registrare tassi di crescita più elevati;

32. invita gli Stati membri a tener conto dell'impatto sulle donne e della dimensione di genere in tutti i progetti dei Fondi strutturali;

Conclusioni

33. ritiene che non si possa formulare alcun giudizio di merito riguardo al modo in cui gli Stati membri hanno deciso di applicare il quadro fornito dagli orientamenti strategici in materia di coesione nell'ambito dell'elaborazione dei propri quadri strategici nazionali di riferimento e dei programmi operativi; apprezza il fatto che tutti gli Stati membri abbiano compiuto notevoli sforzi, in ogni fase, al fine di realizzare le priorità della politica di coesione, nel contesto delle loro esigenze e restrizioni specifiche;

34. ritiene che la trasparenza nell'assegnazione dei finanziamenti e lo snellimento amministrativo che agevoli l'accesso all'informazione dei potenziali beneficiari dei Fondi strutturali rappresentino prerequisiti chiave per giungere agli obiettivi globali della politica di coesione;

35. esorta gli Stati membri a rafforzare le procedure che istituiscono al fine di garantire il ricorso a un approccio integrato pienamente operativo per l'attuazione della politica di coesione, garantendo in tal modo di tenere in debito conto tutti gli aspetti di un particolare programma operativo;

36. incoraggia la Commissione nel suo impegno ad assicurare che gli Stati membri gestiscano sistemi di controllo efficaci affinché la spesa comunitaria sia oggetto di una sana gestione finanziaria;

37. constata che l'attuale crisi economica globale ha creato una nuova situazione in tutti gli Stati membri che richiede di riesaminare ed eventualmente adattare le priorità di investimento; accoglie con favore le summenzionate proposte della Commissione che modificano i regolamenti al fine di rispondere alle esigenze dell'Unione in queste

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circostanze eccezionali e ribadisce la propria posizione secondo cui la politica di coesione è cruciale per la ripresa economica, su tutto il territorio dell'Unione; respinge pertanto qualsiasi tentativo di rinazionalizzare la politica;

o

o o

38. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e

dell’occupazione

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009 recante raccomandazioni alla

Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della

crescita e dell’occupazione (2008/2122(INI))

Il Parlamento europeo,

– vista la comunicazione della Commissione del 20 dicembre 2007 sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (COM(2007)0708),

– vista la sua risoluzione dell'11 luglio 2007 sulla politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010 – Libro bianco1, in particolare il paragrafo 35,

– vista la raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese2,

– vista la comunicazione della Commissione del 20 luglio 2005 intitolata "Azioni comuni per la crescita e l'occupazione - Il programma comunitario di Lisbona" (COM(2005)0330),

– vista la comunicazione della Commissione del 5 luglio 2005 intitolata "Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013" (COM(2005)0299),

– vista la comunicazione della Commissione dell'11 dicembre 2007 intitolata “Gli Stati membri e le regioni realizzano la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione mediante la politica di coesione dell’UE 2007-2013” (COM(2007)0798),

– vista la comunicazione della Commissione dell'11 dicembre 2007 intitolata " Proposta di programma comunitario di Lisbona 2008-2010" (COM(2007)0804),

– vista la decisione n. 1639/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013)3,

– vista la comunicazione della Commissione del 25 giugno 2008 dal titolo "Una corsia preferenziale per la piccola impresa - Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (un "Small Business Act" per l’Europa)" (COM(2008)0394),

– vista la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione)4, e la proposta della Commissione del 1° ottobre 2008 di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda gli

1 GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 392. 2 GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36. 3 GU L 310 del 9.11.2006, pag. 15. 4 GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1.

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enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi (COM(2008)0602),

– vista la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo1,

– visto il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore ("de minimis")2,

– visto il regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione, del 20 dicembre 2007, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti "de minimis" nel settore della produzione dei prodotti agricoli3,

– vista la direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali4,

– vista la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi5,

– vista la sua dichiarazione scritta dell’8 maggio 2008 sul microcredito6,

– visto l'articolo 192, secondo comma, del trattato CE,

– visti gli articoli 39 e 45 del suo regolamento,

– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e i pareri della commissione per i bilanci, della commissione per l'industria, la ricerca, l'energia, della commissione giuridica e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0041/2009),

A. considerando che la Commissione definisce attualmente come microcredito un prestito di importo pari o inferiore a 25 000 EUR, e che la raccomandazione 2003/361/CE stabilisce che una microimpresa è un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 000 000 EUR; considerando che dette definizioni non sembrano pertinenti per tutti i mercati nazionali e non consentono di stabilire una chiara distinzione tra microcrediti e microprestiti alle microimprese, microcredito per i mutuatari non finanziabili dalle banche e microcredito per le microimprese finanziabili dalle banche,

B. considerando che il difficile accesso ad appropriate forme di finanziamento viene spesso considerato come un ostacolo assai importante all'imprenditorialità, e che nell'Unione

1 GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15. 2 GU L 379 del 28.12.2006, pag. 5. 3 GU L 337 del 21.12.2007, pag. 35. 4 GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1. 5 GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114. 6 Testi approvati, P6_TA(2008)0199.

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europea vi è una domanda potenziale significativa per il microcredito che non è ancora stata soddisfatta,

C. considerando che la Commissione non ha dato seguito alla richiesta, formulata nella risoluzione del Parlamento dell'11 luglio 2007, di predisporre un piano d'azione per il microfinanziamento, di coordinare diverse misure programmatiche e di fare un uso ottimale delle migliori prassi, nell'Unione europea e nei paesi terzi,

D. considerando che nel 2008 il Parlamento ha votato per il secondo anno consecutivo una dotazione finanziaria per garantire la continuità del progetto pilota "Promozione di un contesto più favorevole al microcredito in Europa" e che, benché la summenzionata comunicazione della Commissione del 20 dicembre 2007 non faccia riferimento a tale dotazione, essa potrebbe essere utilmente destinata alla costituzione di fondi propri da usarsi come capitale di avviamento,

E. considerando che diverse sono le caratteristiche che differenziano il microcredito dal credito ordinario, ivi compreso il credito alle piccole e medie imprese; considerando che le imprese che desiderano ottenere credito ordinario sono generalmente servite dalle diverse tipologie di istituzioni finanziarie; considerando che occorre tenere presente l'importanza del fine ultimo dell'inclusione di tutti i cittadini nel sistema finanziario ufficiale,

F. considerando che il microcredito comporta costi d'esercizio più elevati a causa delle ridotte dimensioni del prestito, della mancanza di (sufficienti) garanzie e degli alti costi di gestione,

G. considerando che l'attività di microcredito presenta elementi innovativi e soggettivi, come requisiti alternativi in termini di garanzie o la non necessità delle stesse e una valutazione del merito creditizio non tradizionale, e che esso viene spesso concesso non solo per la realizzazione di profitti, ma anche per fini di coesione allorché si tratta dell'integrazione o reintegrazione di persone svantaggiate nella società,

H. considerando che i microcrediti sono per definizione di modesta entità ma che la loro possibilità di "riciclo" (concessione di ulteriori prestiti dopo il rimborso) per via della loro durata generalmente breve, ne moltiplica l'impatto; considerando che si deve porre attenzione all'obiettivo di reintegrare i beneficiari nel circuito bancario tradizionale,

I. considerando che una varietà di soggetti erogatori è in grado di offrire microcrediti o di semplificare l’accesso ai finanziamenti, quali i fornitori di servizi finanziari informali (prestiti privati interpersonali autorizzati), organizzazioni i cui membri siano proprietari (per esempio, le cooperative di credito), organizzazioni non governative, mutue ed enti di previdenza, istituti finanziari per lo sviluppo delle comunità locali, banche e fondi di garanzia, casse di risparmio, banche cooperative e commerciali, e considerando che una cooperazione tra i vari soggetti erogatori potrebbe essere proficua,

J. considerando che vi è la necessità di riconoscere l'unicità strutturale di determinati fornitori di servizi finanziari esistenti nell'Unione europea, come le unioni di credito che sono istituzioni finanziarie non bancarie che impiegano i depositi dei soci per microprestiti, e che tale unicità non dovrebbe escluderli a priori dai pertinenti programmi di finanziamento per il microcredito,

K. considerando che l’attuale crisi finanziaria e le sue possibili ripercussioni sull’economia nel suo insieme mostrano gli inconvenienti dei prodotti finanziari complessi e la necessità di

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esaminare vie per migliorare l’efficienza e porre in essere ogni possibile canale di finanziamento quando le imprese hanno un accesso ridotto al capitale causato dalla crisi di liquidità, in particolare nelle regioni economicamente e socialmente svantaggiate e che, al contempo, sottolineano l’importanza delle istituzioni che incentrano la loro attività sullo sviluppo locale e che hanno uno stretto legame con il territorio ed offrono servizi bancari inclusivi a tutti gli attori economici,

L. considerando che dovrebbe essere promosso lo spirito imprenditoriale,

M. considerando che si dovrebbe compiere il massimo sforzo al fine di ridurre al minimo necessario gli oneri normativi che gravano sulle microimprese e considerando che la Commissione è invitata ad agire di conseguenza,

N. considerando che i limiti massimi per gli interessi possono dissuadere i mutuanti dal concedere microcredito se tali restrizioni impediscono loro la copertura dei costi di finanziamento,

O. considerando che il sostegno al microcredito potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nella strategia di Lisbona rivista,

P. considerando che in un numero non trascurabile di casi coloro che intendono accedere ai fondi della politica di coesione dell’Unione europea per costituire piccole imprese familiari potrebbero avere difficoltà nell'assicurarsi il necessario cofinanziamento,

Q. considerando che le persone svantaggiate, come i disoccupati (di lungo periodo), i beneficiari di sussidi, gli immigrati, i membri di minoranze etniche come i rom, le persone attive nell'economia informale o che vivono in aree rurali socialmente svantaggiate e le donne, che vogliono realizzare microimprese dovrebbero essere oggetto di un'iniziativa dell’Unione Europea sul microcredito,

R. considerando che, anche se nella misura del possibile la partecipazione privata dovrebbe essere garantita, l'attività di microcredito richiede l'intervento pubblico,

S. considerando che esistono diverse iniziative dell'Unione europea che contengono disposizioni per il supporto al microcredito e che sarebbe proficuo un approccio ottimizzato e più mirato, che raggruppi tali iniziative nel quadro di un unico sistema,

T. considerando che la possibilità di beneficiare del supporto all’imprenditoria (formazione, addestramento e sviluppo delle capacità) è un elemento essenziale per i fondatori di microimprese, e che la formazione dovrebbe essere obbligatoria per coloro che beneficiano di microcrediti, e considerando che l’educazione finanziaria dei consumatori e un’erogazione responsabile di prestiti dovrebbero costituire una parte importante delle politiche di tutti gli istituti microfinanziari (MFI),

U. considerando che i beneficiari potenziali dei microcrediti dovrebbero godere di adeguata assistenza legale per quanto riguarda, tra l'altro, la conclusione del contratto di credito, l’avvio dell’attività, il recupero dei crediti, l’acquisizione e lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, in particolare quando la microimpresa in questione intenda o abbia la possibilità di fare affari in altri Stati membri nell'Unione europea,

V. considerando che l'accesso ai dati creditizi dei potenziali mutuatari faciliterebbe la

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concessione di microcredito,

W. considerando che occorre promuovere la ricerca e lo scambio delle migliori pratiche riguardanti il microcredito, ad esempio per quanto riguarda le metodologie innovative di concessione, tutela e attenuazione del rischio e il grado di efficacia di tali approcci nell'ambito dell'Unione Europea anche in rapporto alle categorie di destinatari,

X. considerando che il ruolo degli intermediari dovrebbe essere esaminato a fondo allo scopo di prevenire gli abusi e di considerare altri metodi per stabilire credibilità presso i mutuatari (per esempio, attraverso gruppi di sostegno reciproco),

Y. considerando che dovrebbe essere definito un quadro comunitario per gli MFI non bancari, e che la Commissione dovrebbe sviluppare un meccanismo di supporto al microcredito che rimanga neutrale fra tali fornitori di microcredito,

Z. considerando che le persone che non hanno dimora stabile o non posseggono documenti d'identità personali non dovrebbero essere escluse dal microcredito in virtù della normativa relativa alla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo,

AA. considerando che le regole comunitarie di concorrenza dovrebbero essere adattate al fine di ridurre gli ostacoli alla concessione di microcredito,

AB. considerando che le norme comunitarie in materia di appalti pubblici dovrebbero favorire i beneficiari di microcredito,

1. chiede alla Commissione di presentargli, sulla base degli articoli 44, 47, paragrafo 2 e 95 del trattato CE, una o più proposte legislative che coprano le questioni trattate nelle raccomandazioni particolareggiate esposte in appresso;

2. conferma che tali raccomandazioni rispettano il principio di sussidiarietà e i diritti fondamentali dei cittadini;

3. ritiene che le incidenze finanziarie della proposta o delle proposte richieste dovrebbero essere eventualmente coperte mediante gli stanziamenti di bilancio dell'Unione europea;

4. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le raccomandazioni particolareggiate figuranti in allegato alla Commissione e al Consiglio nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

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ALLEGATO

ALLA RISOLUZIONE: RACCOMANDAZIONI DETTAGLIATE SUL CONTENUTO

DELLA PROPOSTA RICHIESTA

1. Raccomandazione 1: sulla sensibilizzazione in materia di microcredito

Il Parlamento europeo ritiene che l'atto legislativo da adottare dovrebbe avere l'obiettivo

di disciplinare la materia nel modo seguente:

(a) La Commissione dovrebbe prevedere l'introduzione del concetto di microcredito nelle statistiche e nella legislazione relative alle istituzioni finanziarie. Le statistiche sul microcredito dovrebbero tenere conto delle cifre relative al PIL pro capite negli Stati membri distinguendo tra imprese a carattere individuale o familiare e imprese con dipendenti non appartenenti alla famiglia, al fine di favorire una discriminazione positiva a favore delle prime.

(b) La Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri a standardizzare la presentazione statistica dei microcrediti, compresa la raccolta e analisi dei dati disaggregati per genere, età e origine etnica;

(c) La Commissione dovrebbe elaborare una strategia di comunicazione allo scopo di promuovere il lavoro autonomo come alternativa al salariato, in particolare come modo di sfuggire alla disoccupazione per le categorie svantaggiate di destinatari.

(d) La Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri ad introdurre incentivi di natura fiscale per la partecipazione privata nel settore del microcredito.

(e) La Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri a restringere l'applicazione di limiti massimi per gli interessi applicati al credito al consumo; gli Stati membri dovrebbero comunque poter applicare un meccanismo capace di escludere tassi d’interesse eccezionalmente elevati.

(f) La Commissione dovrebbe vagliare, alla luce della recente crisi dei crediti subprime, i vantaggi e gli svantaggi delle forme dirette di microcredito rispetto agli strumenti di credito cartolarizzato.

(g) La Commissione dovrebbe disporre che gli Stati membri analizzino e riferiscano specificamente sugli sforzi compiuti ed i risultati ottenuti nel campo del microcredito nelle loro relazioni annuali sui programmi nazionali di riforma connessi agli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione previsti nella strategia di Lisbona rivista. La Commissione dovrebbe affrontare esplicitamente il tema del microcredito nella sua relazione annuale sullo stato di avanzamento.

2. Raccomandazione 2: sul finanziamento UE

Il Parlamento europeo ritiene che l'atto legislativo da adottare dovrebbe avere l'obiettivo

di disciplinare i seguenti punti:

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(a) La Commissione dovrebbe provvedere al finanziamento o cofinanziamento di progetti relativi ai seguenti punti, a condizione che tali forme di finanziamento abbiano lo scopo specifico di promuovere la disponibilità di microcredito per tutte le persone e le imprese che non abbiano accesso diretto al credito, abitualmente definite dagli Stati membri, nell’ambito della loro giurisdizione, quali gruppi bersaglio svantaggiati (come la comunità rom, gli immigrati, le persone che vivono in aree rurali svantaggiate, le persone che si trovano in situazioni di lavoro precario e le donne):

(i) il rilascio di garanzie per gli erogatori di microcredito da parte di fondi nazionali o dell’Unione europea;

(ii) la prestazione di servizi a sostegno delle imprese come servizi aggiuntivi per i beneficiari di microcredito, da parte sia degli erogatori di microcredito sia di terzi, che dovrà includere una formazione mirata obbligatoria con periodiche valutazioni rivolta ai beneficiari, con la possibilità che detta formazione sia finanziata mediante i Fondi strutturali;

(iii) la ricerca e lo scambio delle migliori pratiche di gestione, per esempio per quel che riguarda garanzie collaterali alternative, metodologie non tradizionali di valutazione del merito creditizio, sistemi di scoring (punteggio di affidabilità) e ruolo degli intermediari;

(iv) la creazione di un sito web in cui i potenziali beneficiari di microcredito possano presentare i propri progetti a coloro che sono disposti a prestare denaro per sostenerli; nonché

(v) la creazione di un database a livello di Unione europea che includa le informazioni creditizie sia positive che negative riguardanti i beneficiari di microcredito.

(b) Al fine di evitare sovrapposizioni, la Commissione dovrebbe:

(i) designare un'unica entità di coordinamento che riunisca tutte le attività finanziarie nell'Unione europea connesse al microcredito; nonché

(ii) finanziare o cofinanziare i progetti soltanto qualora essi possono essere associati al mantenimento dei diritti di sicurezza sociale quali l'assegno di disoccupazione e l'aiuto al reddito, in base all'analisi del fornitore di servizi alle imprese, che dovrebbe tener conto dei risultati dell'impresa e dello standard di vita minimo nel paese.

3. Raccomandazione 3: su un quadro armonizzato dell'Unione europea per gli MFI non bancari

Il Parlamento europeo ritiene che l'atto legislativo da adottare dovrebbe avere l'obiettivo

di disciplinare la materia nel modo seguente:

La Commissione dovrebbe proporre atti legislativi che forniscano un quadro a livello europeo per gli MFI bancari e non bancari. Il quadro degli MFI non bancari dovrebbe includere:

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(a) una chiara definizione di erogatori di microcredito, che stabilisca che questi non accettano depositi e non si possono pertanto considerare istituzioni finanziarie ai sensi della direttiva 2006/48/CE;

(b) la capacità di condurre esclusivamente attività di erogazione di credito;

(c) la capacità di concedere nuovamente crediti; nonché

(d) regole armonizzate e basate su criteri di rischio per quanto concerne l'autorizzazione, la registrazione, la comunicazione di informazioni e la vigilanza prudenziale.

4. Raccomandazione 4: sulla direttiva 2005/60/CE

Il Parlamento europeo ritiene che l'atto legislativo da adottare dovrebbe avere l'obiettivo

di disciplinare la materia nel modo seguente:

La Commissione dovrebbe, in sede di revisione della direttiva 2005/60/CE, assicurare che le disposizioni ivi contenute non siano d'ostacolo nell'accesso al microcredito a quelle persone che non dispongano di un indirizzo permanente o di documenti d'identità personali, prevedendo una deroga speciale alle disposizioni riguardanti gli obblighi di diligenza nei confronti della clientela.

5. Raccomandazione 5: sulle regole comunitarie di concorrenza

Il Parlamento europeo ritiene che l'atto legislativo da adottare dovrebbe avere l'obiettivo

di disciplinare la materia nel modo seguente:

(a) La Commissione, in sede di revisione delle norme sugli aiuti de minimis, dovrebbe prevedere:

(i) la differenziazione dei limiti degli aiuti de minimis fra uno Stato membro e l'altro allorché si tratta di supporto finanziario per gli erogatori di microcredito,

(ii) l'abolizione della discriminazione nella concessione di aiuti de minimis alle imprese del settore agricolo, se l'aiuto viene concesso nel quadro del microcredito; nonché

(iii) la riduzione degli oneri amministrativi se l'aiuto viene concesso nel quadro del microcredito.

(b) La Commissione dovrebbe sancire che il ruolo svolto dagli erogatori di microcredito non bancari, e se del caso il sostegno pubblico che tali istituzioni ricevono, sono in linea con le regole comunitarie di concorrenza.

La Commissione dovrebbe applicare norme che consentano il trattamento preferenziale ai beni e servizi forniti dai beneficiari di microcredito nelle procedure pubbliche di appalto.