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ANATOMIA PATOLOGICA
LEZIONE 21/O5/2O15
Prof. CAVALLARI
SBOB. ANGELA DI PIETRO
PATOLOGIA della VAGINA
La VAGINA è un organo impari e mediano, avente una lunghezza media di 9 cm, che collega il
vestibolo vulvare con il collo dell’utero. Presenta un rivestimento piatto pluristratificato non
corneificato, soggetto a modificazioni cicliche ormono – dipendenti. Durante la FASE
OVULATORIA, proliferativa, in cui prevalgono gli estrogeni, le cellule superficiali della vagina e del
fornice (che si osservano al PAP TEST) appaiono pertanto come cellule poligonali, grandi,
superficiali, con un piccolo nucleo picnotico centrale ed un citoplasma tipicamente eosinofilo
(caratteristiche proprie della donna in fase di estro, cioè in ovulazione).
Successivamente, in FASE PROGESTINICA, si ha una prevalenza del corpo luteo e le cellule
appaiono sempre di grandi dimensioni e superficiali, ma presentano i bordi spesso ripiegati su se
stessi e citoplasma intensamente cianofilo. Il colore blu di quest’ultimo dipende dall’abbondante
quantità di glicogeno contenuta all’interno del lactobacillo, il quale colonizza fisiologicamente la
cervice uterina, prevalendo in tal modo su tutti gli altri germi e contribuendo (grazie al
mantenimento di un pH decisamente acido) ad impedire la proliferazione di ulteriori batteri
differenti da esso e a prevenire ulteriori infezioni. Tale pH si altera in seguito ad interventi esterni,
quali l’utilizzo di antibiotici e metodiche di pulizia troppo drastiche. In fase luteinica possono
inoltre essere presenti più granulociti neutrofili, che non sono tuttavia espressione di patologia
infiammatoria, ma rappresentano, al contrario, un reperto fisiologico.
In età post – menopausale l’epitelio si riduce di spessore e non matura più; per cui all’esame
microscopico non sono più visibili cellule superficiali mature, ma al contrario, cellule appartenenti
agli strati più bassi, rappresentati per l’appunto da CELLULE INTERMEDIE e PARABASALI (delle
quali una piccola quota può anche essere presente in fase luteinica).
NORMALE ATROFIA
PATOLOGIA INFIAMMATORIA: la patologia infiammatoria a carico della vagina è essenzialmente
rappresentata dalle VAGINITI, le quali possono essere distinte in:
VAGINITI INFETTIVE: visibili mediante lo striscio vaginale e dunque evidenziate dal PAP
TEST (accanto alla patologia neoplastica). Sono principalmente provocate da
GARDNERELLA VAGINALIS, CANDIDA e TRICHOMONAS VAGINALIS.
VAGINITI VIRALI: denominate in modo più appropriato “CERVICO – VAGINITI”, in quanto
ciò che interessa il fornice fatalmente coinvolge anche la porzione di epitelio squamoso che
si riscontra sulla parte aggettante della PORTIO VAGINALIS. Per cui ogni patologia
infiammatoria della vagina e dei fornici, finisce con l’interessare anche la portio. Sono
principalmente provocate da HERPES VIRUSES, che generano quadri assolutamente simili a
quanto riscontrato in altre zone (labbra e mucosa orale).
VAGINITI non INFETTIVE: ulteriormente distinte in LIGNEA, DESQUAMATIVA e
DISTROFICA.
CISTI e TUMORI BENIGNI: ulteriori manifestazioni patologiche a carico della vagina sono
rappresentate da CISTI e TUMORI BENIGNI, e nello specifico:
CISTI SQUAMOSE e da RESIDUI MESONEFRICI, quali le CISTI da INCLUSIONE EPITELIALE, in
cui l’epitelio squamoso del rivestimento della cisti aggetta nel lume sotto forma di rilievi
pseudo – papillari; e la CISTI MULLERIANA, in cui l’epitelio di rivestimento ha morfologia
cubica ed è muco – secernente (il secreto mucinoso emana dal polo luminale delle cellule).
ADENOSI, la quale si presenta come una lesione di aspetto “MORIFORME” di colorito
biancastro, ed in cui, in una fase tardiva, le ghiandole subiscono un processo di
epidermizzazione.
NODULI POST – CHIRURGICI, clinicamente evidenti anche a distanza di anni dall’intervento.
Durante il parto, ad esempio, la parte terminale della vagina può essere soggetta ad
EPIFISIOTOMIA, una tecnica che prevede il taglio della parete vaginale mediante un paio di
forbici, utilizzata per impedire che il passaggio del feto attraverso il canale del parto troppo
stretto (o non sufficientemente dilatato) possa determinare delle lacerazioni (molto più
difficili da dominare rispetto ad una ferita chirurgica che tende a guarire spontaneamente
nel giro di pochi giorni). L’epifisiotomia rappresenta dunque una tecnica d’emergenza
utilizzata piuttosto di frequente, in quanto facilita il parto stesso, il dolore non viene quasi
avvertito dalla paziente e la ferita tende a guarire piuttosto velocemente. Può tuttavia
succedere che un punto non si riassorba in modo opportuno e che attorno ad esso si formi
un nodulo, il quale giunge all’osservazione clinica in epoca post – menopausale mettendo
inutilmente in allarme il ginecologo (dal momento che non si tratta affatto di una lesione
neoplastica). Microscopicamente un nodulo post – operatorio presenta fascetti di cellule
fusate ad irregolare intersezione , su uno sfondo caratterizzato da una fitta rete capillare
con aggregati flogistici linfocitari sparsi. Esso assume inoltre l’aspetto di una formazione
fibro - istiocitaria, nell’ambito della quale sono inoltre presenti, a volte, cellule giganti
plurinucleate.
GRANULOMA PIOGENICO, il quale si presenta solitamente come una propaggine di tessuto
connettivo lasso fittamente vascolarizzato, con quote flogistiche linfo – plasmacellulari, su
uno sfondo edematoso, popolato da istiociti e fibroblasti.
PAPILLOMA SQUAMOSO
POLIPO FIBROEPITELIALE
CONDILOMA ACUMINATO, lesione patologica legata ad infezione da HPV, la quale appare
come una proliferazione esofitica peduncolata, con fronde papillari i cui assi connettivo –
vascolari sono rivestiti da spessi mantelli di epitelio squamoso acantosico.
Microscopicamente sono visibili alterazioni citopatiche e coilocitosi (presente al livello della
porzione intermedia e superficiale dell’epitelio) espressione di una alterazione
citoscheletrica mediata da alcuni fattori di replicazione del HPV
LEIOMIOMA, che tuttavia rappresenta un raro caso e generalmente coinvolge il miometrio,
ma può anche essere localizzato al livello vaginale. È dunque importante ricordare di non
ragionare i termini schematici. I genitali femminili terminano con il collo dell’utero, al di
sotto del quale si localizzano dapprima la vagina, ed in seguito la vulva. Entrambe possono
dunque essere sede di tutta una serie di alterazioni patologiche con cui il medico dovrebbe
confrontarsi; per cui, anche se al momento attuale alcune cose non vengono molto
valorizzate durante la lezione o in sede d’esame, ci si dovrebbe comunque sforzare di
vedere il corpo femminile nella sua enterezza e non soltanto a spots, da determinate
angolazioni.
PATOLOGIA NEOPLASTICA: i TUMORI MALIGNI della vagina non sono fortunatamente frequenti,
ma, al contrario, sono decisamente rari ed essenzialmente rappresentati da:
NEOPLASIE INTRAEPITELIALI VAGINALI: di cui esistono diverse tipologie e che posseggono
la medesima causa delle NEOPLASIE INTRAEPITELIALI CERVICALI, ma la contrario di queste
ultime sono molto meno frequenti. La VaIN 1 (VAGINAL INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA 1) si
presenta come una lesione squamosa di grado lieve, caratterizzata da una più ricca
cellularità degli strati basali e parabasali, con modificazioni di entità modesta. Le cellule
basali e parabasali sono numericamente più rappresentate e mostrano nuclei
modestamente ipertrofici ed ipercromici; è inoltre mantenuta la polarità di impianto sulla
membrana basale. La VaIN 2 (VAGINAL INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA 2) presenta un
rivestimento squamoso ispessito per fenomeni di acantosi, con segni di polimorfismo di
grado moderato e con numerosi coilociti, senza alcuna alterazione della polarità
d’impianto. La VaIN 3 (VAGINAL INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA 3) si presenta infine come
una lesione squamosa di grado severo, dominato da assenza di maturazione delle cellule
squamose, che, dagli strati più profondi a quelli più superficiali, ripetono la medesima
morfologia.
VaIN 1 VaIN 2 VaIN 3
CARCINOMA SQUAMOSO: a sua volta distinto in CARCINOMA SQUAMOSO MININVASIVO,
che microscopicamente presenta aggregati di cellule tumorali squamose ben differenziate
e modestamente atipiche; ed in CARCINOMA SQUAMOSO INVASIVO, in cui sono presenti
aggregati tumorali costituiti da cellule squamose atipiche dotate di discreta
differenziazione.
CARCINOMA SQUAMOSO MININVASIVO CARCINOMA SQUAMOSO INVASIVO
CARCINOMA VERRUCOSO: il quale presenta caratteristiche molto simili al CARCINOMA
VERRUCOSO del LARINGE. Dal punto di vista macroscopico si presenta come
un’escrescenza sessile, di consistenza aumentata, biancastra, abbastanza circoscritta, a
lenta crescita, che istologicamente può rivelarsi ingannevole in quanto le atipie sono
minime. Pertanto, tale neoplasia a crescita estremamente lenta, una volta divenuta
infiltrante, può costituire un notevole problema, poiché scarsamente responsiva sia alla
radioterapia che alla chemioterapia, costituendo di conseguenza una trappola diagnostica
da non sottovalutare.
ADENOCARCINOMA a CELLULE CHIARE: tumore raro che si manifesta più frequentemente
nei soggetti trattati con terapia ormonale. Nel primo caso si presenta come un’isola
tumorale costituita da strutture ghiandolari, il cui rivestimento consta di cellule a
citoplasma chiaro, ben differenziate e modestamente atipiche. Nel secondo, al contrario, si
manifesta con strutture tumorali tubulo – cistiche rivestite da monostrati di cellule cilindro
– cubiche a citoplasma chiaro e nucleo atipico.
RABDOMIOSARCOMA EMBRIONALE: denominato anche SARCOMA BOTRIOIDE, colpisce
esclusivamente in età infantile e rappresenta un tumore estremamente aggressivo.
Macroscopicamente si manifesta con vegetazioni facilmente sanguinanti, mentre
microscopicamente la neoplasia è costituita da una popolazione formata da cellule ora
differenziate, ora a morfologia fusiforme, relativamente monomorfe, in cui soltanto
occasionalmente si riesce a vedere al microscopio elettronico degli abbozzi di miofibrille
organizzate in sarcomeri. Si tratta dunque di un tumore a prognosi decisamente infausta.
NEOPLASIE SECONDARIE: costituite da forme tumorali in fase particolarmente avanzata
che si diffondono alla vagina per contiguità, invadendo l’organo dal retto, dalla vescica, dal
corpo e dal collo dell’utero. Alcuni esempi sono appresentati dalla LESIONE RIPETITIVA di
CARCINOMA della PORTIO (G3), neoplasia metastatica costituita da aggregati solidi di
cellule epidermoidi scarsamente differenziate e prive di attività cheratoblastica, infiltranti il
chorion; e dalla LESIONE RIPETITIVA di ADENOCARCINOMA ENDOMETRIALE (G3), lesione
metastatica al livello cupolare, costituita da strutture granduliformi ad architettura
complessa, il cui epitelio di rivestimento esibisce caratteri di marcata atipicità e di scarsa
differenziazione, con frequenti figure mitotiche.
PATOLOGIA della CERVICE UTERINA
La CERVICE UTERINA rappresenta la parte terminale dell’utero; ha la forma di uno stretto canale e
sporge direttamente in vagina andando a costituire il cosiddetto “MUSO di TINCA”. Si tratta di un
organo fibro - muscolare costituito da una membrana mucosa, avente una lunghezza di circa 3 cm
ed un diametro di 2,5 cm. Nell’adulto possiede un piano di inserzione rivolto inferiormente e
posteriormente rispetto al fondo vaginale e nella donna nullipara possiede forma cilindrica,
sebbene questa si modifichi durante la gravidanza ed in menopausa. La PORTIO VAGINALIS
rappresenta la porzione di cervice che sporge in vagina, rivestita da epitelio piatto pluristratificato.
Il CANALE CERVICALE, che mette in comunicazione la vagina con la cavità uterina, è invece
rivestito da epitelio cilindrico muciparo o ciliato. La ZONA di TRASFORMAZIONE segna il confine
tra le due regioni. Tale zona non possiede un limite preciso e, nelle donne nullipare, è localizzata
all’interno dell’ostio esterno del canale cervicale (che in queste ultime è di forma rotonda). Nelle
pluripare, invece, in seguito al passaggio del feto attraverso il canale del parto, questa zona di
trasformazione si trova spostata all’esterno, e può essere rinvenuta più o meno lontano dall’ostio,
avere un colorito completamente diverso ed essere costituita da epitelio cilindrico, in contatto con
l’ambiente della vagina.
Un importante metodo di screening per la patologia del collo dell’utero (e nello specifico per la
diagnosi di carcinoma della cervice uterina, nel 9O - 95% dei casi di tipo squamoso e nel restante
5% dei casi rappresentato da un adenocarcinoma del tratto cervicale) è costituito dal PAP TEST
(così denominato in onore del suo ideatore, PAPANICOLAOU), che consente di studiare le cellule
dello striscio vaginale. Il PAP TEST, tuttavia, permette non soltanto di effettuare uno screening di
tipo oncologico, ma consente anche di realizzare una valutazione funzionale, se accompagnato a
dei dosaggi ormonali, così da evidenziare l’esistenza di una eventuale corrispondenza o di una
possibile discrepanza tra la produzione ormonale e ciò che si osserva a livello morfologico. La zona
di trasformazione squamo – colonnare rappresenta una zona estremamente delicata, al livello
della quale si ritiene che origini la maggior parte delle neoplasie maligne di derivazione epiteliale,
ed in cui è dunque possibile evidenziare mediante apposite tecniche diagnostiche (quali appunto il
PAP TEST) fenomeni di displasia, prima, e di trasformazione neoplastica, dopo. In virtù
dell’incostanza che caratterizza tale zona, al momento dell’esecuzione dello striscio vaginale si
rivela di fondamentale importanza raccogliere un campione quanto più attendibile possibile. Una
parte dello striscio viene dunque eseguito al livello dei fornici, dove si localizzano cellule
squamose, ed un’altra parte al livello del canale cervicale, in cui l’operatore penetra mediante
appositi strumenti, prelevando con movimenti standardizzati cellule endocervicali. La presenza, sul
campione da esaminare, di cellule endocervicali (a prescindere che siano normali o modificate),
oltre alle cellule squamose prelevate dai fornici, rappresenta il primo requisito fornito dalla
CLASSIFICAZIONE di BETHESDA, utilizzata oggi per la refertazione degli strisci vaginali. La presenza
contemporanea, sul medesimo campione, di cellule squamose e di cellule endocervicali, rende un
prelievo ben eseguito, altrimenti un tumore in fase iniziale, localizzato all’interno del canale
endocervicale, può non venire documentato e quindi non diagnosticato per tempo.
LESIONI ELEMENTARI: le lesioni elementari riscontrabili al livello delle cervice uterina sono
essenzialmente rappresentate da:
ECTROPION: definito come l’estroflessione di mucosa endocervicale all’esterno della
cervice (ESOCERVICE). Costituisce una conseguenza del parto e, nelle donne pluripare,
rappresenta un quadro frequente e para – fisiologico. Trattandosi di una mucosa non
adatta a sopperire a traumi di natura meccanica, all’azione patogena di germi vaginali, o a
condizioni di suscettibilità maggiore, può andare incontro ad infiammazione se sottoposta
a simili stress.
METAPLASIA SQUAMOSA: caratterizzata da cellule di piccole dimensioni, piatte,
squamose, collocate fra la membrana basale e l’epitelio mucoso cilindrico colonnare del
rivestimento superficiale. La metaplasia squamosa è anch’essa molto frequente, ma a
differenza dell’ectropion, è espressione di una sofferenza legata a traumi, insulti chimici,
insulti di tipo infiammatorio, che influiscono su di un epitelio decisamente delicato, il quale
si difende dando luogo a metaplasia. Quest’ultima può interessare sia la superficie che il
tessuto ghiandolare.
IPERPLASIA delle GHIANDOLE di RISERVA: espressione di un’ alterazione epiteliale
notevole, per cui le cellule localizzate alla base (cellule totipotenti che garantiscono il
ricambio degli elementi cilindrici) tendono a modificarsi. Tale fenomeno va dunque
considerato come una prima manifestazione di patologia.
ALTERAZIONI INVOLUTIVE
METAPLASIA SQUAMOSA conseguente a CERVICITE CRONICA. È presente un rivestimento
superficiale di tipo cilindrico, al di sotto del quale è visibile una pluristratificazione con cellule
poligonali. Nella metaplasia squamosa le cellule piatte e squamose si organizzano in modo da
determinare quadri colposcopici particolari. L’epitelio tende difatti ad introflettersi, a formare cioè
delle creste simili a quelle dell’epidermide tra le quali si trovano interposte estroflessioni papillari
dello stroma, in tutto e per tutto simili alle papille dell’epidermide. Per cui, in presenza di una
lesione metaplasica, il quadro colposcopico evidenzia zone dall’ASPETTO FUSIFORME, se in stato
iniziale, o A MOSAICO, se in stato maggiormente avanzato, che traspaiono attraverso l’epitelio
assottigliato.
Il COLPOSCOPIO è uno strumento di indagine provvisto di uno speculum in grado di dilatare la
vagina e facilitarne l’introduzione, e di un microscopio montato in modo tale da consentire, una
volta introdotto nella paziente, di illuminare ed ingrandire il collo dell’utero, consentendone
un’osservazione dettagliata. Lo strumento permette dunque di esaminare lo stato della mucosa e
di riconoscere eventualmente delle lesioni in fase molto iniziale, così da permettere l’esecuzione di
microbiopsie delle zone maggiormente sospette.
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1. METAPLASIA EPIDERMOIDALE al livello di una specifica porzione del canale cervicale, in cui
tuttavia non si riscontrano modificazioni atrofiche né displastiche, ma in cui sono evidenti al
contrario sfondati ghiandolari rivestiti da epitelio cilindrico. 2. METAPLASIA EPIDERMOIDALE in
cui l’epitelio di rivestimento è interessato da trasformazione malpighiana corneificante
(EPIDERMIZZAZIONE) conseguente ad una noxa patogena che ha agito cronicamente inducendo
questa tipologia di modificazione.
PATOLOGIA INFIAMMATORIA e IPERPLASTICA: rappresenta un altro grande capitolo di affezioni
che interessano la cervice uterina, nell’ambito del quale è possibile annoverare:
CERVICITI CRONICHE: a loro volta ulteriormente distinte in MICROPAPILLARE,
FOLLICOLARE e GRANULOMATOSA
POLIPI FIBRO – GHIANDOLARI: particolarmente frequenti ed aventi genesi infiammatoria.
Sono caratterizzati da estroflessioni della mucosa in tutto e per tutto simili a polipi
riscontrabili in altre mucose ancora (naso e seni paranansali). Tali estroflessioni appaiono
costituite da assi stromali rivestiti da epitelio cilindrico, nell’ambito del quale è possibile
riscontrare cellule infiammatorie e sfondati ghiandolari, aggettanti nel canale cervicale (in
qualità di strutture vegetanti) o al di fuori di quest’ultimo. Possono raggiungere dimensioni
considerevoli per la presenza di cisti da ritenzione ed avere, nell’ambito della propria
struttura, delle aree piuttosto importanti di metaplasia squamosa (prive tuttavia di
significato patologico)
IPERPLASIA GHIANDOLARE
CERVICITE CRONICA probabilmente legata alla presenza di HPV, in cui è visibile un ispessimento
notevole con coilocitosi superficiale e marcata infiltrazione linfocitaria al livello stromale
POLIPO FIBRO – GHIANDOLARE che si presenta come una lesione vegetante all’interno del canale
cervicale. Può manifestarsi con tutta una serie di segni quali sanguinamento durante il rapporto
sessuale, o torsione con conseguente necrosi, distacco dalla propria base e caduta in vagina.
Istologicamente appare caratterizzato da sfondati ghiandolari piuttosto dilatatati, all’interno dei
quali può verificarsi ritenzione parziale della secrezione mucosa.
IPERPLASIA MICROGHIANDOLARE dell’epitelio endocervicale, la quale va esaminata con estrema
cautela per differenziarla dall’ADENOCARCINOMA ALTAMENTE DIFFERENZIATO. Dal momento
che istologicamente le due lesioni sembrano particolarmente simili, la diagnosi differenziale si
basa essenzialmente sull’impiego di marcatori tumorali specifici.
LESIONI SQUAMOSE BENIGNE: rappresentate dal CONDILOMA ACUMINATO e dal PAPILLOMA
SQUAMOSO, i quali sono entrambi lesioni legate alla presenza di HPV, evidenziata mediante
ibridizzazione in situ. La maggior parte dei tumori della portio è difatti legata proprio
all’ibridizzazione del genoma virale con il genoma cellulare, motivo per cui la metodica
dell’ibridizzazione viene utilizzata per identificare i vari sottotipi virali riscontrabili al livello delle
lesioni squamose benigne.
LESIONI PRENEOPLASTICHE: sono esclusivamente rappresentate dalle varie tipologie di
NEOPLASIA INTRAEPITELIALE CERVICALE (CERVICAL INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA/CIN),
ulteriormente distinta in CIN 1, CIN 2 e CIN 3. Secondo la classificazione di Bethesda, la CIN 1 è
definita come una lesione squamosa intraepiteliale di grado lieve (L – SIL/LOW SQUAMOUS
INTRAEPITHELIAL LESION); mentre CIN 2 e CIN 3 sono entrambe considerate lesioni squamose
intraepiteliali di alto grado (H – SIL/HIGH SQUAMOUS INTRAEPITHELIAL LESION). La CIN 3, nello
specifico, è considerata una forma decisamente grave di displasia, del tutto assimilabile ad un
carcinoma in situ. Le infezioni da HPV 6, 11, 42 e 44 sono in genere associate a lesioni squamose di
basso grado. Viceversa, le infezioni da HPV 16, 18, 33 ed altri ceppi oncogeni, ancora in corso di
studio, sono invece associate a lesioni squamose di alto grado ed alla presenza di carcinoma
invasivo.
LESIONE ELEMENTARE da HPV riscontrabile al livello della cervice uterina. Presenta caratteristiche
morfologiche piuttosto simili alle lesioni intraepiteliali già osservate al livello vaginale, ed
ulteriormente osservabili in corrispondenza della vulva ed eventualmente delle vie respiratorie
(ugola, palato, laringe). Istologicamente le lesioni da HPV appaiono caratterizzate da cellule
provviste di un alone citoplasmatico chiaro, ipercromia nucleare ed alterazioni strutturali al livello
del nucleo stesso (DISMETRIA NUCLEARE).
DISPLASIA LIEVE in LESIONE SQUAMOSA caratterizzata da iperplasia con atipie nello strato basale,
differenziazione squamosa con evidenti coilociti in superficie e modica infiltrazione linfocitaria al
livello del corion. Il quadro nel complesso manifesta dunque la presenza di anomali citologiche. I
coilociti (colorati di blu intenso) sono stati resi evidenti mediante ibridizzazione in situ per il DNA di
HPV 6 ed 11 (entrambi ceppi non oncogeni).
DISPLASIA di GRADO INTERMEDIO tra la FORMA LIEVE e la FORMA MEDIA. Le atipie nucleari e le
mitosi fuori sede sono visibili sino allo strato intermedio, mentre in corrispondenza dello strato
superiore è apprezzabile la differenziazione squamosa. Pur trattandosi di una CIN 2 (CERVICAL
INTRAEPITHELIAL NEOPLASIA/NEOPLASIA CERVICALE INTRAEPITELIALE) il quadro in questione
corrisponde comunque a quello di una H – SIL (HIGH SQUAMOUS INTRAEPITHELIAL
LESION/LESIONE SQUAMOSA INTRAEPITELIALE di ALTO GRADO) in quanto superficialmente è
possibile riscontrare cellule atipiche, staccatesi dallo strato sottostante e visibili al momento
dell’esame del campione citologico prelevato con il PAP TEST. I nuclei contenenti il genoma di HPV
(nello specifico HPV 16 e 18) sono evidenti, in blu intenso, in seguito ad ibridizzazione in situ.
DISPLASIA MEDIO – GRAVE (o DISPLASIA SEVERA) caratterizzata da polimorfismo nucleare,
perdita di polarità delle cellule epiteliali, aumento dell’attività proliferativa con mitosi atipiche per
conformazione, disposizione spaziale e localizzazione. Vi si riconoscono, inoltre, cheratinociti
coilocitotici per HPV.
LESIONE SQUAMOSA INTRAEPITELIALE DI TIPO GRAVE (H – SIL/HIGH SQUAMOUS
INTRAEPITHELIAL LESION), in cui sono visibili cellule atipiche già in corrispondenza degli strati più
superficiali. Appaiono atipici anche i coilociti, che generalmente presentano una struttura
estremamente regolare.
CARCINOMA in SITU in cui non è visibile alcuna differenza tra gli strati più superficiali e quelli
basali. La mucosa endocervicale è rivestita da tessuto neoplastico che non supera tuttavia la
membrana basale; il corion sottomucoso è infiltrato da cellule linfocitarie ed è particolarmente
evidente il disordine dell’architettura della mucosa, composta da cellule atipiche con figure
mitotiche a tutti i livelli.
SCREENING CITOLOGICO: l’esame del campione citologico, prelevato al momento dello striscio
cervicale, viene condotto sulla base di una serie di parametri stabiliti dalla CLASSIFICAZIONE di
BETHESDA, la quale prevede una serie di criteri di adeguatezza del campione stesso,
essenzialmente rappresentati dalla RAPPRESENTAZIONE degli ELEMENTI ENDOCERVICALI e dalla
PRESERVAZIONE MORFOLOGICA CELLULARE. La classificazione di Bethesda consente dunque di
inquadrare il campione isto – citologico come:
REPERTO NORMALE
LESIONE INFIAMMATORIA e RIPARATIVA
ATIPICAL SQUAMOUS CELLS of UNDETERMINED SIGNIFICANCE (ASC – US/CELLULE
SQUAMOSE ATIPICHE dal SIGNIFICATO INDETERMINATO) che equivale al grado 3 di
alcune classificazioni morfologiche. Quasi tutte le cellule modificate da vari fattori
(traumatici, riparatori, regressivi, infiammatori) che si presentano con morfologia atipica,
rientrano all’interno di tale categoria e necessitano di ulteriori approfondimenti. In genere
l’approfondimento consiste proprio nel prelievo bioptico mirato al livello della lesione
colposcopicamente evidente. Si tratta solitamente di soggetti che sono stati
precedentemente screenati dal punto di vista citologico e che vengono dunque avviati ad
una colposcopia mirata alla zona di interesse
LESIONE L – SIL (LOW SQUAMOUS INTRAEPITHELIAL LESION/LESIONE SQUAMOSA
INTRAEPITELIALE di BASSO GRADO)
LESIONE H – SIL (HIGH SQUAMOUS INTRAEPITHELIAL LESION/LESIONE SQUAMOSA
INTRAEPITELIALE di ALTO GRADO) la cui diagnosi richiede sempre un ulteriore
approfondimento.
CELLULE CILINDRICHE ATIPICHE
CARCINOMA INFILTRANTE: si sviluppa a partire dalle lesioni precancerose precedentemente
osservate, legate alla presenza di HPV. Può essere ulteriormente distinto in CARCINOMA
SQUAMOSO DIFFERENZIATO, MODERATAMENTE DIFFERENSIATO o SCARSAMENTE
DIFFERENZIATO, come tutti i carcinomi squamosi. La diffusione avviene per contiguità ai fornici,
alla vagina, ai parametri ed agli organi pelvici. Quest’ultimo caso si manifesta, tuttavia, in seguito
ad una serie di insuccessi diagnostici che ne consentono una progressione indisturbata ed
ingravescente. Da metastasi ai linfonodi parametriali, iliaci, otturatori e para – aortici.
Reperto operatorio di CARCINOMA MICROINVASIVO in cui è presente una micro – invasione dello
stroma. A differenza del carcinoma in situ (che tende a guarire nella quasi totalità dei casi), esso
possiede una possibilità pari al 25% di aver già disseminato metastasi al momento della sua
asportazione. Per cui possiede una percentuale di guarigione pari soltanto al 75%, la quale si
riduce drasticamente quando il carcinoma diventa estesamente invasivo. Per tale motivo è di
estrema importanza riconoscere il tumore al momento dello screening, quando esistono buone
possibilità che sia ancora in situ.
FOCOLAIO di CARCINOMA INFILTRANTE INIZIALE (EARLY STROMAL INVASION/ESI), in cui è
visibile l’invasione neoplastica dello stroma sottomucoso ad una profondità inferiore ai 3 mm, il
tutto circondato da una reazione flogistico – immune, costituita in prevalenza da cellule linfatiche.
ADENOCARCINOMA: rappresenta il 15% delle neoplasie cervicali, surclassato fortemente dal
carcinoma infiltrante. È preceduto dalla DISPLASIA GHIANDOLARE ENDOCERVICALE,
estremamente difficile da riconoscere, in quanto è piuttosto difficile effettuare una biopsia e
valutare la presenza di una simile lesione al livello dell’endocervice, anche perché si tratta spesso
di tumori altamente differenziati che al momento dello screening non mostrano cellule
marcatamente atipiche. Può essere ulteriormente distinto in ADENOCARCINOMA MUCINOSO, a
CELLULE CHIARE, PAPILLARE, ENDOMETRIOIDE, etc.
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1. ADENOCARCINOMA ALTAMENTE DIFFERENZIATO, scarsamente differente ghiandole normali,
fatta eccezione per la presenza di ghiandole concamerate. 2. ADENOCARCINOMA con ASPETTO
ENDOMETRIOIDE, in cui le ghiandole appaiono pluriconcamerate. 3. ADENOCARCINOMA
SCARSAMENTE DIFFERENZIATO, in cui le cellule appaiono pluristratificate, e pur delimitando dei
tubuli ghiandolari, assumono un aspetto abbastanza irregolare, simile a quello di gettoni.
Le neoplasie della cervice uterina metastatizzano sia per via ematica che per via linfatica. Le
metastasi ematogene tendono a localizzarsi al livello del polmone; mentre le metastasi linfonodali
si localizzano ai linfonodi più vicini (LINFONODI PARAMETRALI), per poi spingersi
progressivamente ai linfonodi più distanti (LINFONODI ILIACI, OTTURATORI e PARA – AORTICI).
Poiché la stadiazione di tali neoplasie è anche strettamente legata al coinvolgimento linfonodale, è
dunque di fondamentale importanza conoscere quali siano le stazioni linfonodali
progressivamente interessate dal processo di metastatizzazione.