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Anno V N. 1 Primavera 2009 PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE Illustrazione dal volume di: Michelle Knudsen - Kevin Hawkes UN LEONE IN BIBLIOTECA - Nord-Sud Edizioni 2007 Per un bambino leggere più di due libri al mese è possibile: basta stimolarne le motivazioni, l’interesse, il piacere. Lo dimostra un semplice esperimento in una scuola media di una grande città. LXC Boll. 01-2009-B 27-03-2009 15:09 Pagina 1

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Anno V N. 1 Primavera 2009

PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIEIll

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Per un bambino leggere più di due libri al mese è possibile: basta stimolarne le motivazioni, l’interesse, il piacere. Lo dimostra un semplice esperimento in una scuola media di una grande città.

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Capire le proprie emozioni,

i propri sentimenti e

partecipare a quelli degli altri:

questa è l’intelligenza del

cuore, quella che più conta

nella vita. Forse più di

quella della mente.

È un’intelligenza che, per

svilupparsi, ha bisogno di

un’atmosfera familiare carica

di affetti e strette attenzioni

continue.

Bisogna riconoscere che da parte degliadulti che si occupano di bambini vi èuna forte tendenza a porre una parti-colare attenzione ai loro comporta-menti, senza tuttavia tenere abbastan-za conto dei sentimenti e delle emo-zioni che causano, o per lo menoinfluenzano, quei comportamenti.Tenerne conto significa anzituttocapirli e facilitarne l’espressione.Infatti, è tutt’altro che educativo sop-primere le manifestazioni delle emo-zioni nei bambini, mentre è fonda-mentale insegnare loro come gestirleconsapevolmente perché possanoinoltrarsi nella vita attrezzati a com-prendere le proprie intime emozioni ea identificare i punti di forza o di debo-lezza per meglio gestirli, anche in rap-porto con gli altri e i loro sentimenti.Controllare le emozioni dunque non si-gnifica reprimerle, bensì esprimerle inmodo appropriato per riuscire a soddi-sfare i propri bisogni e per intrecciare po-sitive relazioni sociali. L’educazione alcontrollo delle emozioni naturalmentevaria a seconda dell’età.

Lo sviluppo dellaintelligenza emotivaI bambini molto piccoli esprimono i pro-pri bisogni e il loro proprio malessere at-traverso il pianto e usano il sorriso perstabilire un contatto con gli altri. Nel cor-so dei primi anni di vita sviluppano com-plesse abilità di comprensione, espres-

CAPIRE LE EMOZIONI PER IMPARARE

gGLI PSICOLOGI la chiamano intelligen-za emotiva: è la capacità di capire leemozioni proprie e quelle del prossi-mo. È diversa da quei processi menta-li che comprendono il ragionamentologico, la capacità di valutare razional-mente le situazioni e di elaborare pianidi azione e approntare mezzi adegua-ti a conseguire uno scopo, di criticaree criticarsi: insomma l’intelligenza,come viene comunemente intesa,senza aggettivi. Questa intelligenza èla capacità di pensare, mentre l’intelli-genza emotiva è la capacità di sentire,di provare sentimenti come paure,ansie, gelosie, ire...È questa un’area in cui, particolarmen-te negli ultimi venti anni, è in corsoun’intensa attività di ricerca, in granparte dedicata a rispondere ad alcuniinterrogativi, assai importanti nell’am-bito dell’infanzia e dello sviluppo delbambino: “Quale tipo di comprensio-ne hanno i bambini delle proprie emo-zioni e quanto capiscono i sentimentidelle persone che stanno loro intorno?Qual è la capacità dei bambini di capi-re le cause delle proprie emozioni e digestirle nel modo più conveniente peril proprio equilibrio e benessere?Come tale capacità si evolve neltempo, specialmente nei primi anni divita?” Questi interrogativi ne compor-tano altri che riguardano madri epadri, nonché educatori e psicologi:“È importante coltivare l’intelligenzaemotiva? Come si può farlo?”

Illustrazione da Dipende da come miabbracci. A come adozione, Z come zia:le famiglie nei libri per bambini, EdizioniTuttestorie, illustrazioni di ValeriaValenza. Pubblicazione realizzata grazieal contributo del Comune di Cagliari,Assessorato agli Affari Generali,Politiche Giovanili e Decentramento.

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sione e regolazione delle emozioni se-condo passaggi che vengono riassuntinella tabella qui sopra. Nell’arco di qual-che mese dalla nascita mostrano la ca-pacità di modulare le emozioni ese-guendo attività di autoconsolazione co-me succhiarsi il pollice o cercare con-forto nelle persone che li accudiscono.Entro i 18 mesi evitano o escludono si-tuazioni dal forte impatto emotivoparlando tra sé e sé o mettendosi a fa-re qualcosa di distraente. Verso i 4-5 an-ni sanno di potere, all’occorrenza, ce-lare le proprie emozioni o mostrare

ESPRESSIONE CONSAPEVOLEZZA CONTROLLODELLE EMOZIONI DELLE EMOZIONI DELLE EMOZIONI

Dalla nascita Pianto. Reagisce alle espressioni Comportamenti di autocon-ai 4 mesi Sorriso. facciali materne. solazione; per esempio, suzione

Espressioni facciali del pollice, esecuzione di sofferenza, di movimenti del corpo.disgusto, piacere.

5-6 mesi Espressioni facciali di rabbia. Reagisce alle emozioniespresse sul volto enella voce del Caregiver.

7-12 mesi Manifesta diffidenza Social referencing, ossia fare Distogliere/evitare di dirigeree paura nei confronti degli riferimento al volto l’attenzione.sconosciuti. e alla voce del Caregiver perEspressioni facciali comprendere quale siadi tristezza (in reazione alla l’emozione appropriata allaseparazione dalla madre). situazione.

2-3 anni Manifesta vergogna Capacità di decodificare e Ricerca di informazioni.e imbarazzo. denominare correttamenteDimostra empatia. le emozioni altrui.Utilizza terminiriguardanti emozioni.

4-5 anni Esprime emozioni complesse. Comprensione evoluta delle Capacità di nascondere/modulareUsa le emozioni nelle cause e delle conseguenze le emozioni e di esprimereinterazioni con gli altri. delle emozioni. emozioni socialmente appropriate.

Fonte Mary D. Sheridan, Dalla nascita ai cinque anni. Le tappe fondamentali dello sviluppo, Raffaello Cortina Editore 2009.

un’emozione diversa da quella che pro-vano; cominciano a saper gestire e con-trollare le proprie emozioni e a diven-tare “emotivamente autosufficienti”.

Il sostegno delle emozioniLa capacità del bambino di modulareadeguatamente l’espressione delle pro-prie emozioni dipende in parte dal suotemperamento e in parte da ciò che ap-prende dalle interazioni con gli altri. Ilruolo dei genitori e degli educatori de-

ve naturalmente adeguarsi allo sviluppodel bambino: inizialmente impegnati aconoscerlo e a calmarlo, col tempo gliforniscono sostegno emotivo e, infine,lo aiutano a fare proprie le aspettativesociali connesse all’espressione delleemozioni. Su tutto, resta essenziale l’am-biente, l’atmosfera familiare in cui ilbambino cresce: lo stato d’animo dei ge-nitori, dei fratelli, di quanti quotidiana-mente sono a contatto con lui costitui-scono il fondamento dello sviluppo del-l’intelligenza emotiva che in fondo nonè altro che l’intelligenza del cuore. ■

ARARE A CONTROLLARLE.

LE PRINCIPALI FASI DELLO SVILUPPO EMOTIVO DEL BAMBINO

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STORIE DI DIVINITÀ, di eroi, di gesta leg-gendarie sono state oggetto di narra-zione e di rappresentazioni figurative inogni tempo e in quasi tutte le civiltà. Inun certo senso, si potrebbe dire che pri-ma era il mito, costruzione simbolica per

spiegare le origini del mondo e del-l’uomo, e poi la fiaba, fantasia in cui agi-scono esseri con poteri magici (maghi,fate, streghe, gnomi, orchi...), animalie oggetti parlanti. Vi sono studiosi cheritengono che in fondo mito e fiaba (ofavola) possano essere considerati ter-mini che hanno lo stesso significato: ilmito potrebbe essere considerato unracconto favoloso che ha per protago-nisti dei ed eroi (fabula del resto è la tra-duzione in latino della parola grecamythos). In realtà una differenza fon-damentale c’è, in quanto il mito è unacostruzione dell’uomo per collocare sestesso in una rappresentazione ordina-ta del mondo entro la quale trovare unsenso alla propria esistenza.

Dal mito alla fiabaLa fiaba compare quando la capacità dirazionalizzare e/o le mutate condizioniambientali destituiscono il mito dal pie-distallo della “verità” per farlo diventareappunto fiaba. I miti, allora, spogliati delloro carattere religioso, vanno “per levie del mondo” passando di bocca inbocca per puro intrattenimento. In que-

sto senso esemplare è la vicenda, in va-ri popoli dell’America settentrionale, delCojote (il lupo delle praterie). “Origi-nariamente il [mito del] Cojote risale aquel mondo di cacciatori in cui la vitadipendeva innanzitutto dalla caccia e il

suo buon esito a sua volta dagli animali,e in primo luogo dal ‘Signore degli ani-mali’che li ha in suo potere. E tale è ori-ginariamente il Cojote […] un rudi-mentale essere supremo; e tale rimanefinché dura e sussiste quel primitivomondo in cui ha avuto origine. Maquando quel mondo declina, tramon-ta con lui il suo essere supremo, cioè ‘Redegli animali’, ‘Re del bosco’ e ‘Signo-re della selvaggina’. Allora, il Cojote, dafigura mitica, diventa il protagonista diampli cicli narrativi con delle avventu-re tutt’altro che edificanti: frodi, beffe,intrighi, menzogne, insidie, trucchi,raggiri, furti, tresche, stupri e volgaritàdi ogni genere, in acuto contrasto conla elevatezza, la serietà, la dignità, lagrandiosità dei miti delle origini”1.

Quando la fantasiaha cominciato a superare la realtàMa quando l’uomo cominciò a imma-ginare miti e storie? Non lo si sa e for-se non si saprà mai quando le mentidegli uomini, plasmate dall’attenzione

agli eventi celesti2 e alle condizioni am-bientali, hanno cominciato a “imma-ginare” e ad affidare ai miti, ai racconti,alle rappresentazioni figurative i fruttidella loro creatività intellettuale, ope-rando una vera e propria rivoluzioneculturale, facendoli uscire dalla realtàper immergersi in uno scenario del tut-to diverso e nuovo: quello dell’imma-ginazione.Secondo un’ipotesi suggestiva, e con-fortata da numerosi riscontri docu-mentali, tale balzo della cultura uma-na si sarebbe verificato in un lungo pe-riodo di tempo (denominato Paleoliti-co superiore) compreso fra i 40 mila ei 12 mila anni fa. Uno dei principali ri-scontri di questa ipotesi è rappresentatoda un vasto complesso di vere e pro-prie manifestazioni artistiche che uti-lizzarono una parete rocciosa come sup-porto per incidervi o dipingervi imma-gini, dando luogo a quello che viene de-finita “arte rupestre”. Caratteristica fon-damentale riscontrata in tale attivitàumana, prova di una nuova capacità im-maginativa, è il distacco tra il mondorappresentato e la realtà in cui i loro ar-tefici vivevano, la capacità insomma di

“C’era una volta…”Ma quanto

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9creare storie ricche di significato, frui-bili dalla comunità e tramandabili lun-go le generazioni.

Dalle incisioni rupestri alle fiabeIn una vivida descrizione, il paleontolo-go Ian Tahersal racconta la sua visita al-la grotta di Les Combarelles nella Fran-cia sud occidentale. “A poco meno dicentocinquanta metri dall’ingresso, do-po un percorso tortuoso attraverso unpassaggio stretto e angusto compare fi-nalmente una splendida esibizione di ar-te rupestre. Cavalli, renne, bisonti, stam-

becchi, leoni e molti altri mammiferi siaffollano lungo le pareti della grotta perquasi un centinaio di metri. I reperti ar-cheologici provenienti dalle grotte delPaleolitico superiore indicano che que-sti dipinti non erano opere individuali,bensì creazioni sociali, e questo per dueaspetti importanti: in primo luogo fu-rono realizzati da più artisti che lavora-rono in collaborazione l’uno con l’altrooppure in successione; inoltre, le grot-te furono visitate da individui che pro-babilmente non erano artisti bensìsemplici spettatori. Appare anche evi-dente come le scene raffigurate noncorrispondano a eventi realmente ac-

caduti nel sito sotterraneo in cui furo-no dipinte o contemplate. Le pitture fu-rono realizzate a una distanza consi-derevole dall’ingresso della grotta, inuno spazio angusto e spesso scarsa-mente illuminato; per gli artisti stessi oper i semplici visitatori, i dipinti aveva-no la funzione di mascherare un am-

biente fisico umido e malsano con unmondo immaginario alternativo”3. Non meno suggestive sono le incisionirupestri della Valcamonica, in Italia: piùdi 300 mila prodotte dall’antichissimapopolazione dei Camuni nel corso diquattro millenni, raffiguranti scene di caccia, di pascoli, di bestiame, di riti re-ligiosi, sfilate di guerrieri, duelli, lavoriagricoli e persino mappe topografiche.Rari rinvenimenti dell’arte rupestre piùantica dei Camuni, databili al V-IV mil-lennio a.C., rappresentano per lo più fi-gure umane stilizzate; rinvenimentisuccessivi, risalenti all’incirca all’età delRame (III millennio a.C.), sono caratte-rizzati da ampie composizioni monu-mentali realizzate su massi, e raffigu-rano armi, aratri, carri trainati da buoi,la cui ordinata chiarezza sembrerebberiflettere una nuova organizzazione del-la società camuna in senso patriarcale.In seguito, nell’età del Bronzo, appaionole prime scene di tipo narrativo, quel-le che caratterizzeranno la produzione

…”

ORIGINE E SIGNIFICATO

DELLE FANTASIE NARRATE.

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LA LINGUA CHE OGNI PERSONA PARLA,legge, scrive non è soltanto il mezzo,specifico ed esclusivo, che consente agliesseri umani di comunicare fra loro, maè anche lo strumento mediante il qua-

le l’uomo elabora ed esprime la propriapersonalità e rappresenta la realtà chelo circonda. Parlare una lingua signifi-ca portare alla luce il modo di essere edi pensare di una particolare comuni-tà, quella che parla lo stesso idioma, cheè condizionato dall’ambiente, dallastoria attraverso la quale si è sviluppa-to nel corso di secoli, ed è legato perogni individuo ai ricordi, alla conviven-za con genitori, nonni, fratelli, amici. Co-me ha scritto il filosofo tedesco GeorgChristoph Lichtenberg (1742-1799),attento ai valori umani e critico di ogniforma di fanatismo, “conoscere una lin-gua a fondo significa conoscere a fon-do il popolo che la parla”. Conoscerepuò dunque aiutare a rispettare e a va-lorizzare le differenze. Oggi anche in Italia (come in tutti i Pae-si europei) la Scuola dell’infanzia e le al-tre scuole accolgono migliaia di bam-bini la cui lingua madre non è l’italia-no. Si tratta di un dato di fatto che ca-ratterizza la società moderna e che nonpossiamo né ignorare né modificare.Abbiamo spesso di fronte un bilingui-smo a volte già esistente, a volte in co-struzione, che è importante riconosce-

re. Quando un bambino nasce in unafamiglia in cui si parlano due lingue (co-me accade quasi sempre ai nati in Ita-lia da famiglie immigrate da tempo) siha a che fare con il cosiddetto bilin-

guismo precoce e simultaneo; quandoinvece un bambino arriva in Italia pos-sedendo la sola lingua di origine e im-para l’italiano soprattutto frequentan-do l’Asilo nido e la Scuola dell’infanziail bilinguismo è precoce e consecutivo.Il bilinguismo viene definito tardivo sela seconda lingua viene appresa dopoi 6 anni.

L’identità al bivioComunque stiano le cose, il bambinoimmigrato si trova sospeso al bivio fradue possibilità, quanto alla costruzionedella propria identità: essere emargi-nato, in quanto portatore di una cul-tura espressa da una lingua diversa daquella dominante; oppure essere espo-sto al rischio-necessità di abbandona-re le proprie origini per inserirsi nella so-cietà che lo accoglie, adottandone i ca-ratteri che la distinguono: in sostanza,a rinunciare alla propria prima identità.Esiste una terza possibilità: quella di ri-manere senza nulla, venire da una par-te privato, con la perdita della lingua deipadri, dell’identità originaria, dall’altranon accettato nella società di acco-

glienza, in quanto ritenuto estraneo an-che per l’insufficiente padronanza del-la lingua.Appartenere a una cultura è fonda-mentale per la strutturazione della

personalità: è una caratteristica e unanecessità dell’essere umano quella dicondividere valori, tradizioni, costumi diuna definita società in cui vivere, pen-sare, venire pensato e accettato perquello che si è nei propri pensieri, nel-le credenze, nei sentimenti, nei com-portamenti.

Il rischio di sentirsiestranei ovunque“Babette è francese, suo marito è te-desco. La coppia vive a Londra con laloro bambina di 6 anni, Paula. Questabambina cresce parlando tre lingue, maciò che preoccupa sua madre è la que-stione della sua appartenenza cultura-le: ‘Ho paura che Paula cresca senza unacultura di appartenenza. Con me par-la francese, si volta verso suo padre percomunicare in tedesco e, se Lei è an-glofona, le parlerà in inglese. A livello

QUANDO UN BAMBINO PARLA DUE LINGUE INCONTRA DIFFICO

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linguistico nessun problema… Ma co-me si sentirà, quali saranno le sue vereradici, la sua vera cultura?’.Liliane, francese, confessa di provare lastessa ansia. Vive con suo marito, cile-no, nei Paesi Bassi. I loro bambini vi

sono nati, frequentano la scuola fran-cese e la lingua di comunicazione, in fa-miglia, è il francese. La famiglia si pre-para a partire per il Cile per due anni.Il problema che Liliane si pone è che:‘i bambini parleranno la lingua di un

Paese dove non hanno mai vissuto! Avolte ho paura per loro: si sentiranno aloro agio dappertutto, o non si senti-ranno a casa loro da nessuna parte?’”1.

I vantaggi delloscambio linguisticoQueste preoccupazioni esprimono il ti-more di non essere più se stessi, oppuredi essere annullati dalla cultura domi-nante in cui si è voluto o dovuto inse-rirsi. Oppure, ancora, di accedere a unaterza cultura, allestita con frazioni oframmenti acquisiti da quella di origi-ne e da quella di accoglienza, una ter-za cultura per così dire senza naziona-lità, senza frontiere e, in fondo, senzaradici. Il che può non essere del tuttoun male: le appartenenze comportanolegami, non sempre ben accetti; la nonappartenenza può essere vissuta anchecome fonte di libertà. Probabilmente lavirtù sta nel mezzo, che essenzialmen-te consiste nel consentire ai bambini (epensiamo soprattutto ai figli, di genitoriimmigrati, di prima generazione) di co-struire la propria identità favorendonelo sviluppo mediante la valorizzazionedelle due lingue, di origine e di acco-glienza, e delle rispettive culture, a par-tire dal loro rispetto e dall’incentivazio-ne a coltivarle ed eventualmente con-dividerle con i coetanei italiani. Facilitareun bambino cinese nell’apprendimen-to dell’italiano è importante, ma nonmeno importante sarebbe accostare,per esempio, i suoi compagni al cinesecosì come a un’altra fra le numerose lin-gue di cui sono portatori i bambini del-l’immigrazione. ■

1. Abdelilah-Baner B., Il bambino bilingue. Crescere par-lando più di una lingua, Raffaello Cortina Editore 2008.

Le difficoltà dell’integrazione linguistica

L a lingua di origine ha contribuito astrutturare un apparato neuropsichico

nel quale è assimilata, in modo esplicito oimplicito, la cultura di quel mondo; la secon-da lingua promuove la costruzione di unnuovo apparato, in coesistenza con il prece-dente, capace di comprensioni e rappresenta-zioni aderenti alla nuova realtà. Prenderecoscienza delle difficoltà di queste possibilitàrappresenta un primo e importante passoverso la comprensione della sofferenza psi-chica che spesso pesa sulle persone immigra-te da Paesi lontani e sui loro bambini, purnati in Italia (le cosiddette seconde genera-zioni), la cui vulnerabilità dipende molto daldisagio linguistico dei loro genitori, special-mente delle madri, sulle quali oltretuttograva il triplice svantaggio della diversa cul-tura, di essere donne e di vivere generalmen-te in condizioni economicamente difficili.

DIFFICOLTÀ A COSTRUIRE LE PROPRIA IDENTITÀ, A MANTENERE

LA LINGUA MADRE E A SUPERARE I PREGIUDIZI AMBIENTALI.

Barbara Abdelilah-BaurIL BAMBINO BILINGUECrescere parlando più di una lingua Raffello Cortina Editore 2008, euro 16,00

L’acquisizione di una nuova linguapuò creare problemi nello sviluppodell’identità dei bambini. L’autrice,non solo sulla base delle conoscen-za scientifiche, ma anche della pro-pria esperienza di madre plurilingue,analizza i vari aspetti del bilingui-smo, fornendo a genitori e inse-gnanti gli strumenti per elaborareuna propria risposta alle domandeche possono sorgere nell’affrontarele difficoltà psicologiche e sociali cheil bilinguismo può comportare.

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nel merito della questione, riportandole parole di Silvia Vegetti Finzi, nota psi-cologa dell’età evolutiva.

L’insostituibilità dellanarrazione diretta“Quando raccontiamo ai bambini, il no-stro linguaggio deve saper mettere or-dine nella loro fantasia, ad esempio uti-lizzando le categorie ‘dove-come-quan-do-perché’, che permettono di eviden-ziare i passaggi della storia e la rendo-no più comprensibile.Il linguaggio, inoltre, deve essere voltoalla comunicazione, perché non siamoin grado di comprendere ciò che noncondividiamo, come dice la grande nar-ratrice tedesca Cristiane Wolf: ‘Io com-prendo solo ciò che condivido’; noi sia-mo in grado di capire fino in fondo, cioèdi sperimentare i nostri vissuti, soltan-to quando li abbiamo condivisi. Condi-videre significa anche che l’adulto nondeve essere l’unico detentore di paro-la: l’adulto parla e il bambino tace. Il lin-guaggio, invece, deve essere a doppiaentrata, deve essere una conversazio-ne, uno scambio di parola. I bambinipiccoli capiscono molto prima di parla-

re: la comprensione del linguaggio vie-ne prima della capacità di parlare. Voiparlate ai bambini ed essi capiscono, an-che se non hanno ancora acquisito lacapacità linguistica; c’è poi una linguapre-babelica che tutti sono in grado dicomprendere: è il linguaggio delle emo-zioni. Se le mie parole veicolano un’e-mozione di paura, di allegria, di soste-gno, di disperazione… quest’emozioneviene colta comunque, anche se il miointerlocutore non condivide con me illessico della lingua in cui mi esprimo. Co-sì il bambino è in grado di cogliere, dicomprendere il ‘messaggio’ di paura, so-stegno, rassicurazione, sotteso al nostroparlare con lui. Possiamo quindi entra-re in comunicazione anche al di fuoridella comune competenza linguistica,attraverso questa lingua degli affetti,delle emozioni.Il linguaggio deve organizzare la fanta-sia, ma non ucciderla! Non deve esse-re qualcosa di troppo rigido. Con le pa-role si può giocare, il linguaggio si puòscomporre, sovrapporre, mettere in ri-ma, usare in modo paradossale… Pen-siamo a Cappuccetto Verde, Giallo, Bian-co… chi l’ha detto che Cappuccettodebba essere per forza Rosso? Le parole

Gli audiolibri:

iIN MOLTE FAMIGLIE, ancora troppe,non si legge ai bambini abbastanza alungo. La principale ragione addotta daigenitori è la mancanza di tempo per cui,quando va bene, la narrazione o la let-tura di una storia o di una fiaba ven-gono ridotte a pochi minuti, ai piedi dellettino, soprattutto allo scopo di quie-tare il piccolo e facilitarne così il libera-torio (per gli adulti) sonno. Ma spessoi bambini chiedono di più, non soltan-to prima di andare a letto, ma anche du-rante la giornata, a casa, all’Asilo nido,alla Scuola dell’infanzia. Di più non èsempre possibile dare, e allora si pen-sa a un sostituto e lo si trova con sem-pre maggiore facilità nelle registrazio-ni, un tempo su audiocassette, oggisempre più su CD, MP3, computer ecc.La domanda che ci si deve porre è: “Lenarrazioni registrate possono sostituireil racconto diretto?” La risposta è dibuon senso: se le registrazioni vengo-no usate a tempo pieno al posto dellapartecipazione diretta dei genitori o dichi si occupa dei loro bambini, il giudi-zio è negativo; ma diventa positivo sele registrazioni costituiscono un limita-to supplemento alle narrazioni e alle let-ture effettuate a viva voce, con uno stret-to coinvolgimento dell’adulto che par-la e del bambino che ascolta. Entriamo

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non devono essere una camicia di for-za, devono organizzare, ma non tarparele ali della fantasia.Esiste un linguaggio manifesto e un lin-guaggio segreto: esprimiamo attraver-so il linguaggio manifesto solo il 10%delle emozioni che proviamo, tutto il re-sto passa attraverso altri canali, come lamimica, l’espressione del volto, il tonodella voce, la postura, l’atteggiamento,l’abbigliamento… Tutti questi sonomessaggi informali che mandano unacomunicazione molto forte al bambinosui nostri stati d’animo.Anche noi, d’altra parte, dobbiamo es-sere pronti a leggere i messaggi non ver-bali che i bambini ci inviano, a cogliereciò che vogliono dire attraverso i lorocomportamenti, atteggiamenti, espres-sioni. All’interno della nostra educazio-ne sempre più verbale, dove tutto vie-ne affidato al discorso, alle parole, l’al-fabetizzazione emotiva deve recupera-re la sua priorità. Così, quando legge-te una storia ai bambini, cercate il piùpossibile di immedesimarvi in ciò cheleggete, in modo che alle parole corri-sponda l’espressione del volto e la mi-mica, e tutto in voi comunichi i senti-menti che il personaggio del raccontosta vivendo. Non vi si chiede di esseredegli attori, ma di dire una parola ve-ra, una parola ‘piena’ di stati d’animo,emozioni, sentimenti.Per raccontare, per leggere ad alta vo-ce ai bambini, occorrono uno spazio eun tempo adeguati, non solo esteriori,ma innanzitutto psicologici. Non dob-biamo ‘far colpo’ sul bambino, dob-biamo se-durlo, nel senso latino del ter-mine, ‘condurlo a sé’: dobbiamo por-

tarlo a noi, sollecitando la sua curiosi-tà, sostenendo la sua attenzione, mo-tivandolo ad ascoltare perché si è crea-ta in lui l’attesa di sapere come va a fi-nire, perché è ormai ‘dentro’ la storia.Il bambino deve sentire che non stia-mo solo parlando ‘a lui’, ma ‘di lui’”.

L’utilità della narrazione registrataTutto questo depone per l’insostituibi-lità della parola diretta, senza tuttaviaporre un divieto alla parola registrata,che indubbiamente può produrre de-gli effetti positivi sui bambini che neusufruiscono. La registrazione di storiee di fiabe viene di solito affidata a nar-ratori o narratrici esperti e questo for-nisce un modello di parlata fluente eprecisa nella pronuncia delle parole edegli accenti. Inoltre, la narrazione re-gistrata favorisce lo sviluppo dell’at-tenzione e della capacità di ascolto, so-prattutto perché accendere il registra-tore e ascoltare è un atto volontario chesottintende una convinta motivazioneche l’ascolto rafforza. Infine, le narra-zioni registrate, proprio perché basateprevalentemente sul solo ascolto, sen-za “distrazioni”, per esempio genera-te da immagini, stimola la fantasia, sot-traendola a modelli spesso ripetuti, con-venzionali, conformisti.Queste considerazioni introduconol’importante avvertenza di non incap-pare nell’errore di considerare le regi-strazioni audio equivalenti alle video-cassette e ai DVD che sono invece, senon da evitare, almeno da limitare. In-fatti, questi prodotti, a prescindere dai

loro contenuti, pilotano l’immaginariodel bambino il più delle volte appuntosecondo modelli convenzionali e ripe-titivi. I bambini, per quanto è ormai pos-sibile, devono invece poter immagina-re, per esempio, Cenerentola o il LupoCattivo in modo diverso da quello pro-posto, dai cartoni animati della televi-sione. Se allarghiamo il discorso al dilà dell’età prescolare (cui è principal-mente dedicato il Progetto “Leggereper Crescere”) possiamo elencare piùcompiutamente i vantaggi delle narra-zioni registrate, focalizzando l’atten-zione principalmente sui bambini chefrequentano la Scuola primaria.Innanzitutto, è stato verificato che i pro-grammi che includono l’uso di audio-libri migliorano le capacità di lettura adalta voce nel fraseggio, nell’intonazio-ne e nell’articolazione delle parole; inol-tre, non solo gli audiolibri consentonoaccessi a racconti che i bambini non sa-rebbero capaci di leggere o che nonsceglierebbero per proprio conto, maanche migliorano il loro vocabolarioorale e anche scritto. L’ascolto di nar-razioni registrate seguito dalla letturadei relativi testi scritti facilita la com-prensione fra parole stampate e paro-le pronunciate, migliorando così la ca-pacità di lettura. Sulla base di tutto que-sto, si può ben dire che certamente lenarrazioni e le letture registrate nonpossono e non devono sostituire il rac-conto e la lettura diretta adulto-bam-bino, ma anche che gli audiolibri rap-presentano un’utile risorsa agguntivaper lo sviluppo linguistico, mentale eculturale dei bambini (e anche degliadulti). ■

sìono?Nulla può sostituire la narrazione

diretta e la lettura ad alta voce;

ma gli AUDIOLIBRI possono rap-

presentare un’importante risorsa

aggiuntiva per lo sviluppo della

fantasia e del linguaggio dei

bambini.

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È DIFFICILE CREDERLO e ancora più dif-ficile accettarlo: 5 italiani su 100, tra i14 e i 65 anni, non sanno distinguereun segno dell’alfabeto da un altro, unacifra da un’altra. 38 su 100 lo sanno fa-re, ma riescono solo a leggere una scrit-ta se è abbastanza semplice e a deci-frare qualche cifra con molta difficoltà.Recenti indagini, condotte a livello in-ternazionale, hanno rivelato che in Ita-lia soltanto 20 persone adulte su 100possiedono gli strumenti minimi indi-spensabili di lettura, scrittura e calcolonecessari per orientarsi in una societàcontemporanea. Tra i Paesi partecipantialle indagini, solo lo stato del NuevoLeón, in Messico, ha risultati peggiori2. L’analfabetismo ha profonde radici sto-riche e sociali, ma anche cause di quo-tidiana esperienza che possono essereindividuate e superate. A cominciaredalle esperienze di lettura dei ragazzi.Secondo indagini dell’Istituto Naziona-le di Statistica (Istat), nel 2007 è risul-

tato che meno della metà dei ragazzidi 6-10 anni (46,8%) avevano letto unlibro non scolastico in 12 mesi. Proce-dendo nei successivi anni dell’adole-scenza, la percentuale scende ulterior-mente. I motivi adotti per non leggeresono molti; colpisce in particolare che32 ragazzi su 100 di 6-14 anni dicano:“Non leggo perché leggere mi annoia,non mi appassiona”, e 11 perché “Nonso leggere, leggo male”.

I figli non leggonoquando i genitori nonleggonoCome interpretare il fatto che per co-sì tanti ragazzi la lettura annoia o nonappassioni e che tanti non sappianoleggere o leggano male? Nel rappor-to dell’Istat si legge: “Si considera lalettura noiosa se nessuno ci ha inse-gnato ad apprezzare il piacere che puòdare un libro. Il problema principaleche porta alla non lettura è soprat-tutto la mancanza di stimoli familia-ri”. Uno stimolo fondamentale è in-fatti rappresentato dall’esempio. Nel-l’età 6-10 anni, più di 67 bambini su100 leggono quando tutti e due i ge-nitori sono lettori, mentre soltanto 28leggono quando i loro genitori nonleggono affatto.

La scuola necessariaL’esempio dei genitori è dunque fon-damentale. Ma non sufficiente. Occorrela scuola, soprattutto quella successi-va alla primaria, la Scuola media nellaquale si può riscontrare una accentua-ta tendenza a preferire altre forme dicomunicazione e di svago, prime fratutte la televisione e i videogiochi. Ri-cordiamo che oltre 40 ragazzi di 11-14anni in un anno non leggono neppu-re un libro al di fuori dei testi scolasti-ci. Pure le potenzialità non mancano:non esistono ragazzi “geneticamente”sordi al richiamo della lettura. Occorresemplicemente stimolare il loro inte-resse e lo si può fare in modo assai sem-plice, a opera degli insegnanti. Ab-bandonando l’astratto mondo delle sta-tistiche, si può ricavare un’indicazioneassai significativa da un’esperienza distimolazione alla lettura condotta nel-l’anno scolastico 2007-2008 in una se-conda classe di una Scuola media di Mi-lano, mista per genere e per etnia3. Rac-contiamo con le parole dell’insegnan-te che l’ha realizzata.

Esperienza di un percorso di letturaPrimo giorno di scuola: “Ragazzi, da do-mani voglio che abbiate sempre con voi

“Una volta, in Cina, una studentessa dell’università diXi’an mi ha chiesto cosa si perde scrivendo. Ardua domanda kafkiana. E leggendo? Una volta Borges1 ha dettoche lasciava ad altri di gloriarsidei libri che avevano scritto eche la sua gloria erano invecei libri che aveva letto.”

Claudio Magris, ALFABETI,

Garzanti 2008.

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un libro, qualsiasi libro, scelto da voi,portato da casa, in prestito o compratoper l’occasione; e questo non solo ascuola: prendete l’abitudine di non u-scire mai di casa senza qualcosa da leg-gere, può capitarvi di prendere unmezzo pubblico, di fare la coda al su-permercato o di aspettare il vostro tur-no nella sala d’attesa del dentista. Unlibro non è un oggetto: un libro è unluogo, un luogo dell’anima, uno spa-zio interiore che, esclusivamente vo-stro, vi accompagna sempre perchépossiate rifugiarvici tutte le volte chelo desiderate!”.I ragazzi, perplessi e ancora storditi dal-le vacanze, eseguono e nell’arco di dueo tre giorni tutti hanno un libro (spes-so un libraccio) nello zaino e l’interro-gativo che si pongono è: “Quando silegge?”.

Quando si legge?Ogni giorno, qualche minuto, prima dicominciare la lezione: questa è l’esca!A poco a poco si crea un’abitudine, na-sce un rito. Piano piano i ragazzi ap-prezzano di potersi rilassare un poco trala lezione precedente e la successiva.Quel “quarto d’ora accademico” di-viene davvero un momento loro, nonè un riempitivo, un residuo di tempo al-la fine del lavoro principale, si tratta ben-sì di una preparazione psicologica, di unmomento di raccoglimento.Il trucco non consiste, però, soltanto inquesto, l’astuzia principale per indurrealla lettura può essere riassunto nei se-guenti due punti:

� al momento di cominciare la lezio-ne vera e propria, quando si chiede diriporre i libri di narrativa, questo; appare

Prima di cominciare un libroPrima di cominciarlo leggo la trama (anche se di solito non capisco niente), poi vabé lo guardo dalla copertina se bella o no, per esempio “Il Barone rampante” o “LeFiabe” di Andersen che hanno una bellissima copertina ma non solo per il colorema anche per il materiale che è fatto.

Nota dell’insegnanteIl rapporto fisico col libro, contro la virtualità incorporea del computer.

Dopo aver letto un libroDopo che ho finito il libro e dopo che l’ho capito me lo ripeto nella mente e poipenso quale sarà il prossimo libro.Il passo successivo è quello di aggiungerlo alla biblioteca ed è una cosa bella perchéogni volta ci sono libri nuovi.

SimoneNota dell’insegnantePuò esistere la “biblioteca” anche di un bambino all’ultimo gradino della scalasociale e per di più straniero con genitori che neppure parlano italiano!

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ai ragazzi come qualcosa che li priva diun piacere, che sancisce la fine di unmomento ricreativo a favore di un la-voro maggiormente impegnativo e, so-prattutto, imposto. La lettura diviene co-sì l’antagonista del dovere scolastico, di-viene piacere;� i sia pur pochi minuti di lettura ser-vono a mantenere un contatto quoti-diano con la vicenda narrata, così da nonrischiarne l’abbandono mentre la cu-riosità viene costantemente alimentata,tanto che, senza che sia percepito co-me un compito a casa, frequentemen-te la lettura prosegue nel pomeriggio.

In breve, la lettura del primo libro, quel-lo scelto dai ragazzi, giunge al termine,per alcuni prima e per altri dopo: que-sto è un momento chiave, perché vie-ne proposto (ma in realtà imposto) untitolo scelto dall’insegnante e uguale pertutti, il primo di una serie.Chi, avendo terminato la lettura del pro-prio libro può cominciare a leggere ilsuccessivo si sente un privilegiato e, an-zi, motivato dal primo risultato, già mo-stra curiosità per il libro che seguirà. Ipiù lenti troveranno, nella prospettivadel libro che verrà, uno stimolo per leg-gere un po’ di più. La possibilità di leg-gere un nuovo libro deve continuare adapparire come un privilegio e mai undovere imposto!

Gli accorgimentiDevono essere pochi e semplici: non da-re termini e limiti di tempo, non asse-gnare attività correlate (ricerche, rias-sunti, commenti) poiché leggere è so-lo piacere e, al limite, trasgressione, In-fine non esprimere dubbi sull’effettivaavvenuta lettura, né compiere control-

li, poiché il messaggio costante ai ra-gazzi deve essere che questo ambito èlibero e loro. Una sola regola veramentecoercitiva: non si lasciano storie a me-tà! Pena l’esclusione dalla lettura dei li-bri successivi.

I testi da leggereI libri vengono selezionati col criterio del-la varietà, cercando di non ripetere gliautori, né troppo frequentemente il ge-nere, il periodo in cui sono stati scrittiecc., insomma cercando di fornire unpanorama composito della letteraturafruibile da un dodicenne: una cosa incomune i titoli scelti ce l’hanno: sonotutte opere integrali! Se un libro non èadatto all’età, per qualsiasi motivo, ver-rà letto in un altro periodo. Le versioniridotte hanno l’unico vero effetto diguastare l’incontro, successivo, conl’originale!Un discorso analogo, relativamente al-la prosa e in particolare alla narrativa,vale per le raccolte antologiche: per l’e-ducazione all’amore per la lettura è mol-

Prima di cominciare un libroPrima di cominciare un libro pensavo che i libri fossero tutti brutti e noiosi, ma poiinvece ho capito che non è sempre così.Il primo libro letto a scuola “Il Piccolo Principe” pensavo che facesse schifo ma poiè stato un libro che mi è piaciuto moltissimo.

Nota dell’insegnanteL’ultimo della classe, irrecuperabile, bocciato; contrappositivo, imprigionato epenalizzato dal ruolo, cede e accoglie la bellezza della lettura.

...E poiIo sento che quando si legge un libro si riesce ad immaginare...

DomenicoNota dell’insegnanteNel nostro mondo delle immagini artificiali, la capacità di immaginare è unarisorsa ad alto rischio di perdersi.

to più efficace un solo testo intero chemolti brani scelti e stralciati dalle ope-re di provenienza. Il giovane lettore, omeglio il futuro lettore, trae dall’operaintera molta maggiore soddisfazione eal tempo stesso ha la possibilità di co-minciare a scoprire il proprio ritmo.Naturalmente non tutti hanno gli stes-si gusti, e oggettivamente, esistono ope-re più difficili o più noiose, o anche piùlunghe. Ogni libro a basso gradimentocostituisce un rischio per la riuscita delprogetto, mentre d’altro canto è indi-spensabile fornire un panorama vario evasto per ottenere un’evoluzione sod-disfacente della propensione alla lettu-ra. E allora? Allora si gioca sul gusto del-la stroncatura, si induce la classe, o par-te di essa, a portare a termine la lettu-ra del mattone con accanimento criti-co, enfatizzando il diritto ed esaltandoil piacere di bocciare un testo. I ragaz-zi, di solito, si alleano in fazioni, pro ocontro un’opera, e quando tutta la clas-se ha portato a termine la lettura criti-ca, può finalmente scatenarsi la discus-sione. In questo modo un libro “odia-

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ELENCO DEI LIBRI LETTI DALLA CLASSE NELL’ANNO SCOLASTICO 2007-2008

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, Fabbri 2005, pp. 123, € 7,20.

Hans Christian Andersen, La regina della neve, Rizzoli 2008, pp. 44, €6,90 con CD.

Hans Christian Andersen, La sirenetta, Fabbri 2007, pp. 44, € 6,90 con CD.

Alessandro Baricco, Novecento, Feltrinelli 2003, pp. 64, € 5,00.

James M. Barrie, Peter Pan nei giardini di Kensington, Marsilio 2007, pp. 203, € 14.

Emilio Salgari, Le tigri di Mompracem, Newton Compton 2008, pp. 284, € 6,00.

Alberto Manzi, Orzowei, BUR 2008, pp. 259, € 9,00.

Italo Calvino, Il Barone rampante, Mondadori 2001, pp. 189, € 14,00.

Jules Verne, Il giro del mondo in 80 giorni, Giunti junior 2008, pp. 256, € 14,50.

Emilio Salgari, Il Corsaro nero, Giunti Kids 2007, pp. 288, € 7,90.

Francesco D’Adamo, La storia di Iqbal, Einaudi ragazzi 2008, pp. 160, € 12,50.

Elie Wiesel, La notte, La Giuntina 2007, pp. 112, € 10,00.

Neil Gaiman, Coraline, Mondadori 2004, pp. 182, € 8,80.

Isabel Allende, La città delle bestie, Feltrinelli 2006, pp. 242, € 8,00.

James Herriot, Creature grandi e piccole, BUR 1993, pp. 432, € 9,80.

Agatha Christie, L’assassinio di Roger Ackroyd, Mondadori 2003, pp. 235, € 8,50.

Pelham G. Wodehouse, Lampi d’estate, TEA 2006, pp. 268, € 5,90.

Daniel Pennac, L’occhio del lupo, Salani 2008, pp. 109, € 7,00.

Ian McEwan, L’inventore di sogni, Einaudi 2002, pp. 116, € 10,00.

Michael Morpurgo, La domanda su Mozart, Rizzoli 2008, pp. 68, € 12,00.

Franz Kafka, La metamorfosi, Einaudi 2008, pp. 70, € 4,90.

Luis Sepúlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, Guanda 2004, pp. 132, € 13,00.

Gianni Rodari, Atalanta, Editori Riuniti 2001, pp. 102, € 11,36.

to” forma il lettore ancor più di uno gra-dito.Un’altra scelta centrale di quest’attivitàdi promozione della lettura è quella diinserire molti titoli non destinati ai ragazzi,libri per tutti, insomma, vagliati natural-mente dall’insegnante, sottolineandoquesta caratteristica (“Non so se va be-ne per voi, questo libro, perché è mol-to difficile, un libro tosto, per adulti…”)e scatta l’orgoglio: difficilmente i libri pertutti non sono piaciuti, e di solito ven-gono letti con rapidità stupefacente!Un’ultima nota a proposito del percor-so descritto: ove si incontri disponibili-

tà economica da parte delle famiglie, èauspicabilissimo che i testi letti restinodi proprietà dei ragazzi, i quali sono in-vitati a “costruirsi” uno scaffale, via viada riempire nell’arco dell’anno: il rap-porto “fisico” col libro ha un ruolo fon-damentale nella nascita di un lettore ap-passionato.

I risultatiL’elenco dei libri letti integralmente, dal-l’intera classe (non si è rilevata unamaggiore predisposizione alla letturanei ragazzi dal miglior rendimento, néviceversa) durante l’anno scolastico2007-2008 documenta i risultati otte-nuti e ottenibili in questo breve arco ditempo: ogni ragazzo ha letto più di 23volumi in meno di 10 mesi.Nella listaè stato omesso il primo titolo, quelloscelto dai ragazzi, nonché un numerovariabile di testi, letti in coda, dai piùrapidi che, terminati i volumi disponi-bili (a fine marzo), sono ricorsi a unafonte personale per “non rimanere sen-za nulla da leggere”.

1. Jorge Louis Borges (1899-1986) poeta, narratore e

saggista argentino.

2. De Mauro Tullio, linguista, docente di filosofia del lin-

guaggio all’Università di Roma, Internazionale, 7/13 mar-

zo 2008.

3. Istituto Comprensivo Statale “Ascoli” – Scuola se-

condaria di I grado – via De Andreis, 10 - 20137 Mila-

no. Tel. e fax 02.738.14.83.

Capo di Istituto prof.ssa Maria Teresa Brigliadoro (An-

no scolastico 2007/2008

Capo di Istituto prof.ssa Maria Aurelia Messina).

I ragazzi (12 anni) erano 11 femmine e 7 maschi, per

un totale di 18, di cui 6 stranieri extracomunitari che par-

lano con i genitori la lingua d’origine e l’italiano con ami-

ci e fratelli, 1 di madre svizzera francese e padre italia-

no (bilingue ma solo oralmente).

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IL GIOCO NON È UN’ATTIVITÀ cui ibambini si dedicano soltanto e sempli-cemente per intrattenersi in modo di-vertente. Certamente è anche questo,ma è soprattutto un intenso processodi maturazione della capacità di capirese stessi e il mondo che li circonda, nelquale essi sono destinati a entrare e afarne parte. Nel gioco infantile vi è ungraduale sviluppo, un progredire dalleprime attività dedicate alla scoperta delproprio corpo (giocando con se stessi,succhiando il pollice, portandosi i pie-di alla bocca), e a esplorare quanto èpiù vicino (il corpo della mamma, le suemani, il suo viso, il suo seno; oppure iciondoli che vengono appesi sulla cul-la, vicino abbastanza perché li possanovedere e toccare) fino a prestazioni com-plesse in cui entrano in campo imma-ginazione, creatività, fantasia: sonoquesti ultimi i cosiddetti giochi simbo-lici, i giochi di invenzione.Nel bambino molto piccolo i giochi con-tribuiscono a sviluppare i sensi, a or-ganizzare la percezione del proprio cor-po come un’entità di cui può disporreper conseguire uno scopo grazie alla ca-pacità di coordinare i movimenti. Ver-so i 12-24 mesi, il bambino comincia aintraprendere giochi che dimostranouna crescente capacità di pensiero, incui egli di volta in volta è attore, fin-gendo comportamenti che lo vedonoagire in prima persona, oppure regista,fingendo di imporre azioni ad altri, o an-cora trasformandosi in un’altra perso-na. È un modo di cui il bambino si va-le per soddisfare desideri, stemperareansie, rivivere esperienze passate vissute

magari negativamente, immaginando-ne andamenti a lui favorevoli, soddisfarecuriosità sessuali, scaricare tensioni ag-gressive, affermare la propria volontà,conseguendo alla fine importanti effettiliberatori, costruendo un mondo simu-lato distinto dal mondo reale, senza tut-tavia confondere mai finzione e realtà.Infatti i desideri, i pensieri e le emozio-ni evocati nei giochi di finzione e di cuivengono dotati oggetti, burattini, bam-bole, non vengono mai confusi con ipropri, veri pensieri e sentimenti: il bam-bino ha sempre presente la distinzionetra il vero e il finto.

I caratteri dei giochidi finzioneQuattro sono principalmente gli aspet-ti principali dei giochi di finzione: la ca-pacità di considerare gli oggetti comesimboli di altri oggetti (una spazzolaimmaginata come una carrozza); la ca-pacità di immaginare non solo che unoggetto stia per un altro, ma che nonesista affatto (immaginare di girareun’inesistente manopola di un inesi-stente apparecchio radio); la capacitàdi attribuire proprietà immaginarie aun oggetto di fatto non presente (im-maginare troppo calda la piastra di unastufa inesistente); la capacità di im-maginare stati mentali (gioia, tristez-za...) diversi dai propri e di attribuirliad altre persone.I giochi in generale, quelli di finzionein particolare, dicono del bambinoquello che egli non può o non vuoledire con le parole; osservati e capiti

adeguatamente essi consentono di ri-conoscere il suo mondo interiore, i pro-blemi che possono popolare la suamente senza che egli stesso ne sia con-sapevole. L’osservazione dei giochi edelle abilità con cui vengono svolti co-stituiscono d’altra parte un elementofondamentale per la valutazione del-lo sviluppo mentale, affettivo e socia-le del bambino. Di qui la necessità dilasciare ai bambini, specialmente neiprimi anni di vita, il tempo sufficienteper giocare, e di creare le condizionipiù favorevoli perché lo possano faresenza inutili limitazioni e interruzioni:non sono il tempo e le attività ludichedel bambino che devono essere su-bordinate alle esigenze vere o, spesso,presunte degli adulti, bensì quelle deigrandi ragionevolmente piegate aquelle dei piccoli.

GLI AFFETTI NASCOSTI NEI GIOCHI DI INVENZIONE

I giochi in generale,

quelli di finzione in particolare,

stimolano l’apprendimento

e la fantasia creativa.

La loro efficacia non dipende

dalla disponibilità

di giocattoli: ogni oggetto

di uso casalingo quotidiano

nelle mani dei bambini

può diventare

prezioso strumento di creatività.

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Illustrazione da: MiriamStoppard, Il mio bambino. Da 0 a 5 anni, il manuale indispensabile per educare e crescere bene i propri figli, Mondadori Electa 2007.In basso:Giochiamo a crescere.Imparo le forme, Rizzoli, 2008

Comprendere i bambini attraverso i loro giochiInoltre, gli adulti, i genitori in particola-re, possono e dovrebbero prestare at-tenzione ai giochi dei loro bambini perricavarne indicazioni sia sul loro gradodi sviluppo sia sui loro bisogni affettivi. “Qualcuno potrebbe sostenere che ilgioco di fantasia fa bene allo sviluppoemotivo, ma che, per la crescita scola-stica e intellettuale, sarebbe meglio gio-care col computer e imparare a sillaba-re e a leggere. Se comprendiamo le e-sperienze che occorrono ai bambini perimpadronirsi dei diversi livelli evolutivi,tuttavia, ci rendiamo conto che quan-to detto sopra è falso. Il gioco di fan-tasia vale molto di più dei programmieducativi computerizzati, che lavoranosulle capacità di memoria meccanica osu tipologie molto strutturate di capa-cità scolastiche. Questo non vuol direche venti o trenta minuti di videogiochieducativi non possano essere di aiuto;vuol dire che si dovrebbe dedicare lamaggior parte del giorno a interazionidinamiche di apprendimento. Aiutare un bambino nel corso di que-ste fasi e promuovere l’acquisizione di

queste abilità essenziali richiede che visia, da parte degli adulti, un grande im-pegno in termini di tempo e di energia,la disponibilità a mettersi in gioco, a in-teragire con il bambino. Non basta cer-to un quarto d’ora al giorno, né un ge-nitore stanco che voglia solo sedersi eguardare il telegiornale della sera, Oc-

corre un genitore pieno di energia cheriesca davvero a gioire del suo bambi-no e delle capacità che vanno emer-gendo in lui.”1

1. Brazelton T.B., Greenspan S.I., I bisogni irrinunciabili

dei bambini. Ciò che un bambino deve avere per cre-

scere e imparare, Raffaello Cortina Editore 2001.

L’EVOLUZIONE DELLE ATTIVITÀ DI GIOCO DEI BAMBINIPrimi mesi Gioca con il proprio corpo con gli oggetti vicini, con il viso, i capelli,

il seno della mamma. I movimenti inizialmente involontari diventano sem-pre più diretti a uno scopo.

5 mesi Esplora gli oggetti, li porta alla bocca, li butta per terra. Osserva e coordina i movimenti occhi-mano.

9 mesi Mette in atto azioni per ottenere effetti specifici: per esempio premere pulsan-ti per attivare giocattoli sonori. Si riconosce allo specchio e gioca con la pro-pria immagine.

12 mesi Gioca usando oggetti comuni. Predilige ogni cosa che rotoli, tessuti, bottiglie di plastica; qualunque cosa faccia rumore.

18 mesi Comincia i giochi di finzione (vedi testo).2 anni Rappresenta situazioni domestiche abituali. Ama usare indumenti, cappelli,

vecchie scarpe; giocare con l’acqua, pasticciare con la sabbia, usare fogli e matite colorate.

3 anni Ricerca i giochi di gruppo.4-5 anni I giochi di finzione si fanno più complessi, così come la propensione a gio-

care e ad aiutare nelle faccende domestiche. Apprezzati sono i suoni musi-cali e i giochi con regole, con carte, con dadi, con pedine ecc.

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Prendersi cura

di un bambino malato

significa superare

la difficoltà di comprenderne

il suo vissuto, sospeso

tra ritiro da una realtà

di sofferenza e di distacco

e una pressante pretesa

di attenzioni esclusive.

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L’ESPERIENZA DI MALATTIA in un bam-bino può produrre cambiamenti psico-logici cruciali, soprattutto quando è vis-suta in ambito ospedaliero, caratteriz-zato dal distacco dalla famiglia, soprat-tutto dalla madre, dall’inserimento in unambiente estraneo, da interventi dia-gnostici e terapeutici spesso comples-

si, incalzanti, non infrequentemente do-lorosi, dalla perdita di una propria au-tonomia, dal timore per la propria in-tegrità fisica. Il vissuto di malattia, le emozioni checomporta variano a seconda dell’età,ma non sempre. Infatti la comprensio-ne infantile delle emozioni suscitate dal-lo stato di malattia può dipendere dal-le situazioni e dalle circostanze in cui ilbambino malato viene a trovarsi e da-gli effetti della malattia sul suo umore:lo spirito del bambino malato, in parti-colare quando è ricoverato in ospeda-le, è spesso improntato al pessimismoe scettico rispetto alla possibilità che l’at-tivazione di sentimenti positivi influiscasulla guarigione1. “In relazione al proprio stato emotivointerno, la condizione di malattia puòessere vissuta dal bambino o come unevento aggressivo esterno, minacciosoper la propria incolumità e insopporta-

bile nel suo aspetto di tortura e/o di ca-stigo (per colpe reali e/o fantastiche, perdisubbidienze o impulsi di rabbia), e co-me una situazione di perdita rispetto al-la propria identità e integrità, con il con-seguente timore di una grave compro-missione dei propri rapporti, che sostie-ne dolorosi sentimenti di solitudine.

In entrambi i casi è presente un’inten-sa sofferenza collegata alla paura deldolore e della morte. La situazione dimalattia, inoltre, si configura come unacondizione di diversità, così esaspera-ta in alcuni casi, da delineare una di-mensione quasi ‘aliena’, non tanto a li-vello fisico, quanto, e soprattutto, a li-vello emotivo, senza possibilità di in-contro e di scambio con gli altri ‘esse-ri umani’. Si intensificano allora i sen-timenti di solitudine, di incomunicabi-lità, e di esclusione, che possono sfo-ciare in un atteggiamento di profondoisolamento oppure di dispotismo as-soluto. Allo stesso tempo si determina,in rapporto alla condizione di bisognoreale di cure, uno stato di dipendenzaanche emotiva che tende a persistere,disturbando l’acquisizione di una pro-gressiva autonomia, che rappresentauno degli obiettivi primari del percor-so di crescita”2.

La richiesta d’amoredel bambino malatoHa scritto Anna Freud (1895-1982), psi-coanalista infantile, figlia di Sigmundfondatore della psicanalisi: “Quando unbambino si ammala, aumenta la sua ri-chiesta di amore verso il proprio corpo

malato. Questa aumentata richiesta d’a-more la può esprimere sostanzialmen-te in due modi diversi. Alcuni bambiniche da sani hanno un buon contattocon il mondo circostante, i giocattoli, gliavvenimenti quotidiani, si distaccano datutto all’inizio di una malattia. Dannol’impressione di essere ammalati gravianche quando hanno semplicementemal di gola o mal di pancia e spaven-tano le madri con questo cambiamen-to del loro modo di essere. In realtà que-sto cambiamento non è solo condizio-nato fisicamente, bensì psichicamente;il bambino ritira tutto il suo interesse eil suo amore dal mondo circostante ene investe il suo corpo, divenuto biso-gnoso per la malattia. Altri bambini in-vece si comportano in modo opposto.Incapaci di assegnare al proprio corpomalato l’investimento supplementareche esso richiede, si aspettano questosupplemento di amore e attenzione dal-

Tra ritiro in se stesso e bisogno di attenzione

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la madre che li cura diventando esigenti,lamentosi e dipendenti dalla presenzadella persona che li assiste in un modoche non corrisponde più alla loro età. Ibambini malati del primo tipo sono ‘pri-vi di pretese’, quelli del secondo tipo‘pieni di pretese’. In un caso o nell’al-tro la madre non deve lasciarsi sopraf-fare dall’ansia: deve mettere in atto unnuovo rapporto con il suo bambinoorientato a produrre condizioni di be-nessere e serenità, utilissime non soloper facilitare la guarigione, ma anchea migliorare tutta la vita familiare”3. Inun caso o nell’altro, le situazioni ven-gono esasperate quando la malattia im-pone il ricovero in ospedale. L’ospedalizzazione in età pediatrica èandata negli ultimi decenni progressi-vamente riducendosi in quanto molteprestazioni ospedaliere, a livello dia-gnostico-terapeutico, vengono eroga-te in regime ambulatoriale e/o di Dayhospital. È pressoché scomparsa la real-tà dei bambini che crescevano in ospe-dale, in condizioni di grave deprivazio-ne di affetti e di stimoli: la durata del-la degenza oggi è per lo più limitata eil ricovero si configura come la rispostaa una necessità da ridurre il più possi-bile nel tempo. L’ingresso in ospedalerappresenta in ogni caso per il bambi-no un’esperienza di separazione e diperdita, non solo dal precedente statodi benessere psico-fisico, ma anche dal-l’ambiente familiare, con i suoi rappor-ti (in particolare con i coetanei), i suoispazi, le sue cose, le sue abitudini.La permanenza in ospedale si connotadi aspetti di depersonalizzazione e dianonimato (mancanza di spazio priva-to, denominazione per numero ecc.), disentimenti di noia e di solitudine, chefavoriscono atteggiamenti di regressio-

ne, di isolamento e/o di ostilità e di ag-gressività. Gli incontri che il bambino ri-coverato deve affrontare sono ansio-geni: la malattia, le infermiere, i medi-ci, l’ospedale, in quanto richiami alla de-bolezza, alla precarietà, alla morte, ge-nerano in lui paura e smarrimento, in-dipendentemente dallo stato di gravi-tà contingente. La degenza si può al-lora configurare come un momento dirottura rispetto a certe sicurezze dellavita normale esterna e al cammino dicrescita, punto cruciale e specifico del-l’infanzia, in cui la qualità della vita nonrichiede solo il mantenimento della si-tuazione precedente, ma anche e so-prattutto nuove acquisizioni sul pianoemotivo-relazionale, motorio e cogni-tivo proiettate verso il futuro.

Le difficoltà degliadulti a comprendereil bambino malatoLa complessità del vissuto di malattiada parte del bambino rende difficile agliadulti in generale e ai genitori in par-ticolare coglierne le sfaccettature eprovvedervi in modo corretto e ade-guato. Gli adulti che si occupano delbambino malato, medici e infermieri,preoccupati dell’efficienza del loro ser-vizio, adottano spesso comportamen-ti prevalentemente centrati sulle pro-prie esigenze, anche psicologiche,piuttosto che su quelle dei piccoli loroaffidati. I genitori, per dirlo un po’ sche-maticamente, possono presentare duetipi di comportamenti nei confronti delloro bambino malato. Innanzitutto, lamaggior parte dei genitori, all’insor-genza di una malattia non banale inuno dei propri figli piccoli, presi dal-

l’ansia, soprattutto le madri, cambianomarcatamente atteggiamento nel trat-tare il figlio malato rispetto agli altri sa-ni, inducendo subito una negativa per-cezione di diversità. Vi sono poi geni-tori che, nel timore di viziare il loro bam-bino malato, pur non trascurando di cu-rarlo, tendono a lasciarlo quanto piùpossibile a se stesso; al contrario ve nesono altri, la maggioranza, soprattut-to le madri, che circondano di eccessi-ve attenzioni il piccolo generandospesso in lui il sentimento di un pos-sesso esclusivo della madre che lo cu-ra e del suo amore. Alcune madri,preoccupate per la malattia del bam-bino, mettono da parte tutte le esi-genze dell’educazione per assumere unatteggiamento permissivo a loro altri-menti estraneo. Il bambino reagiscetraumaticamente a questi cambia-menti per lui incomprensibili nel com-portamento della madre, non riesce piùa orientarsi fra i valori affettivi e moraliprecedentemente validi, oppure nonpuò più rinunciare, dopo la guarigio-ne, al conseguimento del piacere chegli è stato consentito durante la ma-lattia. Naturalmente non vi sono regole fissee precise secondo cui condurre il rap-porto e l’assistenza di un bambino ma-lato. Ma un primo suggerimento è ri-tenuto particolarmente utile: quello diconsiderare il bambino, per quanto ma-lato sia, un interlocutore attivo e con-sapevolmente partecipe alla tempora-nea condizione di indisponibilità a unavita normale. Questo risultato saràtanto più conseguibile quanto più si ter-rà conto che per il bambino non c’è dif-ferenza tra le sofferenze causate dallamalattia in sé e le sofferenze che gli so-no inflitte per curarla.

Per quanto malato un bambino possa essere, è per lui utileche lo si consideri sempre un interlocutore attivo e il più

delle volte consapevolmente partecipe alla temporanea con-dizione di allontanamento dalla vita normale.

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Il diritto del bambinomalato a essere ade-guatamente informatoNell’attuale organizzazione assistenzia-le degli ospedali pediatrici o dei repar-ti è consentita, accanto al bambino ri-coverato, la permanenza di un familia-re, la cui presenza costituisce un ele-mento fondamentale di continuità ri-spetto alla vita al di fuori dell’ospedalee pertanto contribuisce di per sé a li-mitare l’aspetto di rottura. Si è andatoconsolidando inoltre l’interesse per losvolgimento regolare in ospedale di at-tività ludiche e didattiche: la possibilitàdi gioco e/o di apprendimento consen-te un ricupero dell’aspetto sano delbambino e delle sue capacità espressi-ve e creative; rappresenta anche un’oc-casione di socializzazione, un momen-to di distrazione e di svago e allo stes-so tempo di interesse e di occupazione;infine, un sollievo per i genitori, perlopiù anch’essi provati dal ricovero. In ognicaso, tuttavia, il bambino non va mai di-menticato nel suo ruolo di interlocuto-re privilegiato: è lui “il protagonista” delricovero e quindi occorre salvaguarda-re nel piccolo paziente la possibilità diaffrontare adeguatamente le proprieesperienze conservando la capacità di

pensare e di comprendere.Questo significa soprattutto interloquirecon lui in modo semplice e chiaro, for-nendogli comprensibili informazionisulla natura della sua malattia e di quel-lo che a mano a mano verrà messo inopera per guarirlo, dando nello stessotempo vero ascolto ai suoi dubbi, allesue ansie. In questo modo lo si rispet-ta come persona e si pongono solidebasi a una vera e propria alleanza te-rapeutica favorevole alla guarigione eal mantenimento dell’integrità del pic-colo malato. Se viene mantenuta unacomunicazione significativa, senza in-fingimenti e mascherature, allora anchel’ospedalizzazione può rappresentareuna tappa di crescita, perché il bambi-no può approfondire la conoscenza disé, nel corpo e nella mente, rispetto atematiche fondamentali, quali la salu-te e la malattia, la vita e la morte. Que-sta prospettiva è implicitamente assuntanella Carta europea dei bambini degentiin ospedale (1986), in cui il diritto delbambino a ricevere informazioni ade-guate alla sua età, al suo sviluppo men-tale e al suo stato fisico e psicologico,circa tutte le cure mediche cui è sotto-posto e le prospettive che esse offronoviene enunciato prima del “diritto peri suoi genitori o per la persona che ne

fa le veci di ricevere tutte le informazioniche riguardano la malattia e il benes-sere del bambino, qualora ciò non en-tri in conflitto con il diritto fondamen-tale del bambino alla riservatezza”.

Il ruolo terapeuticodella narrazione e delle lettureNell’esperienza di malattia del bambi-no e del prendersi cura di lui, un ruolodi riconosciuta e crescente importanzaè attribuito alla narrazione e alla lettu-ra ad alta voce come fonti di tranquil-lizzazione e, nel caso di malattie croni-che, di generazione di speranze nel fu-turo. La pratica della narrazione e del-la lettura ad alta voce è stata promos-sa, quasi come una specializzazione, avantaggio del bambino malato in ge-nerale e di quello ospedalizzato in par-ticolare, non solo con obiettivi di ge-nerico intrattenimento, ma anche dicontributo al ricupero della sua salute,nella convinzione, largamente condivi-sa, che la lettura ad alta voce abbia “unpotenziale valore terapeutico nei con-fronti dei pazienti pediatrici in quantodà ai bambini l’opportunità di proiettarese stessi nelle situazioni divertenti e spi-ritose rappresentate dai personaggi del-le letture loro proposte”4 contribuendoa normalizzare l’ambiente ospedaliero,effetto che di per se stesso può avereun rilevante valore terapeutico. ■

1. Harris P.L., Il bambino e le emozioni, Raffaello Corti-na Editore 1991.2. Managlia P., Bertolotti M., “L’esperienza di malattiae di ospedalizzazione in età evolutiva”, in Tutti Bravi -Psicologia e clinica del bambino portatore di tumore, Raf-faello Cortina Editore 1998.3. Freud A., “L’influsso della inattività fisica sulla vita psi-chica del bambino”, in Opere 1922-1943, volume pri-mo, Boringhieri 1978.4. Needlman R., Zuckerman B., “Fight Illiteracy. Prescri-be a Book”, Contemporary Pediatrics 1992; 9 (2):41.

Illustrazioni da: Momcilo Yancovic, Attilio Rossetti, Andrea ti aspetto a San Siro, viaggio fotografico dal buio alla luce, Proedi editore 2006.

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Libri in vetrinaA cura di WALTER FOCHESATO

Tim Bowley – illustrazioni di André NevesAmelia vuole un caneKalandraka, 2008Pagg. 30, euro 14Una piccola storia di desideri, emozioni esentimenti, delusioni e gioie raccontata conbelle tavole a colori di indubbia forza narra-tiva. Alla fine la bimba riuscirà a convincereil papà, merito della sua caparbietà maanche della sua capacità di inventare.

Andrea Rauch – illustrazioni di Fabio De PoliFiloLa Biblioteca Junior, 2008Pagg. 28, euro 15De Poli è un noto pittore, Rauch, oltre cheillustratore, è uno dei più importanti designerinternazionali. Dopo il bellissimo Notte diluna e altri due albi hanno dato vita a que-sto magnifico volume. La piccola storia di unfilo-bambino in un susseguirsi di emozioni,sentimenti, esperienze, fantasticherie. Contavole raffinate e limpide, dal tono astratto.

Natalia ColomboViciniKalandraka, 2008Pagg. 30, euro 13Le vite parallele di un papero e un coniglioche ogni giorno si incontrano quando vannoal lavoro e quando tornano. Si vedonoanche al parco e magari in piazza e non sisalutano mai. Eppure potrebbero esseregrandi amici. Bellissimo questo piccolo albocon illustrazioni essenziali ma quanto maiincisive.

Kveta PacovskaCappuccetto RossoNord-Sud, 2008Pagg. 28, euro 14,90Una delle fiabe più note e amate in unanuova, straordinaria e affascinante versionedi una delle voci più alte dell’illustrazioneinternazionale.

SpiderEmma. Dove vanno a finire ifiori durante l’inverno?Orecchio Acerbo, 2008Pagg. 36, euro 15,50Emma è una margherita e, in pieno invernosi desta, perché la sua sveglia delle stagio-ni si è rotta e occorre andare dal ragno per-ché l’aggiusti. Emma conosce così la neve eil ghiaccio e incontra gli amici della bellastagione. Una piccola storia fiabesca, sorri-dente e poetica e una risposta a unadomanda che molti bambini si saranno cer-tamente fatti.

Gwénola CarrèreA B C Cercasi…Topipittori, 2008Pagg. 56, euro 16Un inedito e felicissimo alfabetiere dove, aogni lettera dell’alfabeto, corrisponde unanimale e una strampalata inserzione. Peresempio per Denis, il cervo: “Niente TV acasa mia. Promettente scrittore cerca edito-re per il suo primo libro e lettori appassio-nati per serate culturali”. Da non perdere lebellissime tavole a colori.

Taro Gomi1, 2, 3 ScarabocchiCorraini Edizioni, 2008Pagg. 96, euro 9Questo, come altri libri dell’autore, non è ilconsueto volume da colorare. Da soli o incompagnia è soprattutto un invito al gioco,alla creatività, al divertimento e alla rifles-sione.

BlexBolexImmaginarioOrecchio Acerbo, 2008Pagg. 208, euro 15,90Una ricchissima e affascinante carrellata diimmagini, rappresentate con un tocco mor-bido e raffinato. Un campionario di imma-gini le più diverse tutte al servizio dell’im-maginazione; spetta al bambino cogliere inessi che le collegano o stabilirne lui deinuovi. Un libro perfetto ed esemplare perun incontro fra l’adulto e il piccolo lettore.

Edoardo Bardella Rapino illustrazioni di Éric BattutRosso Blu Giallo e tutti colori del mondoBohem Press Italia, 2008Pagg. 26, euro 13,50All’inizio c’erano soltanto il Rosso, il Blu e ilGiallo, poi abbracciandosi vennero fuoril’Arancione e poi il Viola e il Verde. Ma ungiorno giunsero due personaggi misteriosi,inizialmente visti con sospetto: il Bianco e ilNero… Da uno dei nomi più interessantidel vivacissimo mondo dell’illustrazionefrancese un libro arguto, fresco e divertente.Un libro che, implicitamente, invita al fare eal provare.

Anaïs VaugeladeIl compleanno del signor GuglielmoBabalibri, 2008Pagg. 28, euro 12,50In una giornata di neve Guglielmo esce perandare al ristorante: è il giorno del suocompleanno. Man mano incontra altriamici: un topo che fuma la pipa, una galli-na aspirante scrittrice, un gatto brontolone,un placido maialino. Tutti pregustano un

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eccellente pranzo ma ecco che dal boscoesce un enorme lupo affamato. Che cosaaccadrà?

Alex Cousseau – illustrazioni di Kitty CrowtherDentro meTopipittori, 2007Pagg. 48, euro 16Un piccolo albo illustrato delicato, intenso ecomplesso. Da affrontare con la mediazione diun adulto, ma prezioso perché aiuta a capire ea capirsi, a trovare le parole giuste per affron-tare noi stessi e il mondo e parlare anche di ciòche ci fa paura. Fortemente evocative le illu-strazioni della Crowther.

Jarmilla Kurukova illustrazioni di Olivier TallecLa Strega in fondo alla viaKite Edizioni, 2008Pagg. 32, euro 15In gran formato un bellissimo albo contras-segnato dalle vivissime tavole di Tallec. Unariflessione pacata sul peso delle dicerie edelle discriminazioni che sovente accompa-gnano la diversità.

Alfa Beta illustrazioni di Svjetlan JunakovicSe vede una scala,Ninetta curiosa…Carthusia, 2008Pagg. 36, euro 12,90Il libro, nato da una collaborazione conEmergency, ci parla in modo implicito disolidarietà, di attenzione, di accoglienza,come osserva Lella Costa nelle righe intro-duttive. Merito delle rime briose e ariose diAlfa Beta (pseudonimo di uno dei massimidirigenti dell’Associazione) e delle cordiali,morbide e impertinenti tavole di Junakovic.

Ella Burfoot Ballando con il BuioLapis, 2008Pagg. 36, euro 13,50La paura del buio e, più in generale, l’inquie-tudine che prende un bimbo dinnanzi all’o-scurità. Ma Alice ha pronta una soluzioneoriginale e felice che scaccia i timori e fa sìche Buio diventi un amico con cui giocare.Eleganti ed efficaci le soluzioni grafiche coninserti plastificati, lucidi e neri.

figurativa dell’età del Ferro (VIII-I seco-lo a.C.), a cui risale la maggior parte del-le incisioni rupestri della valle, impron-tata a uno stile naturalistico, che “nar-ra” con notevole frequenza realistichescene di caccia, di guerra e di lavoro.

Specchio del mondo e finestra sulla vitaSe le origini dei miti, della loro frantu-mazione e dispersione sotto forma distorie, racconti, fiabe, favole, è mate-ria di numerose ipotesi, non da menosono le interpretazioni dei loro signifi-cati, soprattutto a partire dall’Ottocen-to. Ben sapendo di far torto a studiosiillustri, lo spazio impone una scelta li-mitata, ma non per questo insoddisfa-cente, fra le numerose interpretazioniproposte nel corso del tempo.Il mito può essere considerato come lacostruzione simbolica in cui trovano or-dinata rappresentazione sia il mondoesterno sia quello interiore, stimolatodall’incertezza delle emozioni e dei sen-timenti continuamente fluttuanti nel-l’animo umano. Il mito non possiede ve-rità di ordine logico, ma religioso e piùspecialmente magico1.Il mito, denso di elementi culturali, rap-presenta il modello del sentire e del pen-sare umano in modo fortemente sofi-sticato, e pertanto spesso difficile dacomprendere, mentre la fiaba, piùsemplice e più immediata, accoglie eracconta in modo più accessibile i sen-timenti, i pensieri, i desideri dell’uomoe le ansie segrete che le narrazioni aiu-tano a superare. Ecco perché si usa di-re che le fiabe (così come i racconti ole illustrazioni) sono uno specchio nelquale riconoscersi, ma nello stesso tem-po anche una finestra attraverso la qua-le vedere il mondo, presupposto percomprenderlo appieno.

1. Petazzoni R., Miti e leggende, vol. I, XIV, Utet 1963.2. De Santillana, G. Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi 1983.3. Harris P.L., L’immaginazione del bambino, Raffaello Cortina Editore 2008.

“C’era una volta…”Ma quanto TEMPO FA?

Continua da pagina 5

Silvia Vegetti FinziNuovi nonni per nuovi nipotiMondadori, 2008, euro 18

Le famiglie cambiano, cambiano i bambini, cam-biano naturalmente anche i nonni, mantenendotuttavia sempre l’importante funzione di soste-gno affettivo e pratico di figli e nipoti. Non solosupplendo in gran parte alla generale insufficien-za dei servizi per l’infanzia, ma anche contri-buendo attivamente all’educazione e alla cresci-ta morale e spirituale dei piccoli loro affidati. Disolito ancora relativamente giovani, spesso anco-ra professionalmente attivi, i nuovi nonni sononello stesso tempo la memoria del passato e ilfondamento della visione del futuro. Un libro danon perdere.

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Dopo otto anni dall’avvio delProgetto “Leggere per Crescere”

nel 2001, può essere utile verificare lavalidità degli obiettivi perseguiti etracciare un bilancio dei risultati con-seguiti, senza trascurare le difficoltàincontrate.

Il razionale del Progetto “Leggere perCrescere” è basato su un dato di fat-to tanto intuitivo, riscontrabile nellacomune esperienza, quanto ampia-mente documentato da numerosistudi scientifici: la narrazione e la let-tura ad alta voce ai e con i bambininei primi cinque anni di vita favori-scono lo sviluppo del linguaggio,arricchiscono la memoria, stimolanola fantasia, promuovono le capacitàcognitive, rendono più intensi e stret-ti i rapporti affettivi fra chi legge e chiascolta; infine, e non è certamente ilrisultato meno importante, accresco-no le capacità genitoriali e quelle pro-fessionali di quanti si occupano del-l’educazione, della salute e del benes-sere dei bambini.

L’obiettivo principale del Progetto“Leggere per Crescere” era ed èquello di sensibilizzare la popolazio-ne, la più ampia possibile, possibil-mente su scala nazionale, verso lapratica della narrazione e della lettu-ra ad alta voce con i bambini in etàprescolare. Obiettivo impegnativo,posto con la piena consapevolezzache, per introdurre un comportamen-to virtuoso in un grande numero difamiglie e farlo diventare una conso-lidata abitudine, non bastava solleci-tare la buona volontà: occorreva una

forte organizzazione capace di dif-fondere la conoscenza dei contenutidel Progetto e i vantaggi che nepotevano derivare, non solo in termi-ni culturali, ma anche di rafforza-mento dei legami affettivi intrafami-liari.

Il Progetto “Leggere per Crescere” èparte di un programma di impegnosociale di GlaxoSmithKline denomi-nato “Salute & Società”. In questoambito il Progetto è stato pensato,pianificato e sostenuto negli annicon l’insostituibile e altruistico soste-gno di istituzioni pubbliche , pediatri,educatrici di Asili nido, insegnanti diScuole dell’infanzia, bibliotecari, far-macisti, volontari. Quanto questoconcorso sia stato importante èdeducibile dai dati riportati nella ta-bella pubblicata in queste pagine. Idati testimoniano un successo enello stesso tempo consentono dipercepire le criticità incontrate nelconseguirlo, pur in un clima di entu-siasmo in cui il Progetto “Leggereper Crescere” è stato sviluppato ingran parte d’Italia.

Un primo elemento critico è rappre-sentato dal fatto che il Progetto sifonda su basi prevalentementevolontaristiche, e tutto ciò che èvolontario deve essere continuamen-te sostenuto nelle motivazioni e nel-l’impegno; ciò è tanto più vero se siconsidera che il suo sviluppo, già pia-nificato per un lungo periodo ditempo (5 anni), alla fine è diventatosostanzialmente permanente. Unsecondo elemento critico è costituito

dalla necessità di dover tener contodelle disomogeneità socioeconomi-che, culturali e regionali dei destina-tari. Infine, la criticità è divenuta par-ticolarmente complessa quando, findall’inizio dello sviluppo del Progetto“Leggere per Crescere” emerseroaltre esigenze, rispetto alla sensibiliz-zazione delle famiglie alla praticaquotidiana della narrazione e dellalettura ad alta voce. In particolare, sipresentò con pressante evidenza ladomanda di soddisfare bisogni parti-colari di bambini malati, di bambiniappartenenti a famiglie immigrate, dibambini disabili. Domanda per cui ilProgetto “Leggere per Crescere”venne ben presto diversificato lungotre ulteriori principali direttive: il bam-bino in ospedale, il bambino di linguae cultura diverse, il bambino disabile.

Nel superamento di questi e altri ele-menti di criticità, insostituibili sonostati e continuano a essere l’attenzio-ne e il contributo dei responsabililocali delle istituzioni pubbliche e pri-vate; le competenze professionali el’impegno personale di centinaia dioperatori, la cui disponibilità a unacollaborazione continua e disinteres-sata non solo ha reso possibile il con-seguimento dei risultati ottenuti, macontinua a rappresentare il fattorefondamentale per proseguire nell’im-presa di far diventare una diffusa abi-tudine la narrazione e la lettura adalta voce nel maggior numero possi-bile di famiglie italiane con bambinipiccoli e in tutte le sedi in cui vivonoproblematicamente bambini in etàprescolare.

Lo sviluppo in Italia 2001-2008

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Progetto “Leggere per Crescere”. Sintesi delle attività 2001-2008

LA RETE14 Regioni: Veneto, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Liguria, Toscana,

Emilia Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia, Calabria70 Ospedali

11.000 Operatori (educatrici, insegnanti, pediatri, bibliotecari, volontari)600.000 Famiglie raggiunte

76 Patrocini, di cui 4 nazionali e 5 regionali521 Enti collaboranti (Asl, Associazioni, Comuni, Scuole, Biblioteche)

3.682 Farmacie

LE ATTIVITÀ SVOLTE51 Incontri di presentazione del Progetto con 3.737 partecipanti

216 Incontri di formazione per 8.583 partecipanti9 Manifestazioni pubbliche con oltre 3.200 presenze

10 Progetti sviluppati nelle reti territoriali della Provincia di Verona cofinanziatidalla Fondazione CariVerona

36.000 Copie del manuale Leggere per Crescere per le famiglie25.000 Copie del volume Leggere per Crescere, di Rita Valentino Merletti,

© GlaxoSmithKline, 200115.500 Copie del manuale Leggere per Crescere per gli operatori51.000 Schede informative inseribili nei diari sanitari dei bambini

260.000 Dépliant sul Progetto “Leggere per Crescere” distribuiti nelle farmacie270.000 Copie del periodico Leggere per Crescere, quadrimestrale di formazione

e di aggiornamento per gli operatori e le famiglie100.000 Supplementi alla rivista Leggere per Crescere

3.500 Dépliant realizzati in collaborazione con il Movimento Consumatori24 Articoli pubblicati su Consumer’s Magazine il mensile di Movimento

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■ Progetto editoriale e testi Garamond sas, Milano ■ Grafica TypeDesign, Milano ■ Redazione Luciana Bozzotti ■ Stampa Cortella spa, Verona.■ Questa pubblicazione è stampata in 30.000 copie.

Periodico del Progetto “Leggere per Crescere” - Registrazione del Tribunale di Verona n. 1602 del 17/6/2004 - Direttore responsabile Romolo Saccomani -© GlaxoSmithKline 2009.

NARRARE E LEGGERE AD ALTA VOCE AI BAMBINI QUANDO COMINCIARE

Quanti hanno compreso l’utilità, per lo sviluppo del bambino, della narrazione e della lettura ad alta voce, pongono disolito una domanda: “Quando è possibile e opportuno cominciare?” e “Quando smettere?”. In generale, alla prima

domanda si risponde: a circa sei mesi di vita del bambino. Le ragioni sono numerose: a sei mesi il bambino dimostra giàdi saper ascoltare la voce della mamma, di distinguere le differenti espressioni del suo viso e di rispondere con propriemanifestazioni conformi. A cinque-sei mesi si può riconoscere nel bambino una certa capacità di concentrarsi, di esamina-re gli oggetti alla sua portata, di distinguere i colori, di volgersi verso i suoni provenienti da fonti che non vede, di attrar-re l’attenzione muovendo le braccia e le gambe, di ricordare, sia pure per pochi minuti, gli oggetti che lo interessano. Asei mesi il bambino comincia a imitare i suoni e a pronunciare “ma-ma”, “pa-pa”.Per queste condizioni favorenti, vi è accordo nel considerare i sei mesi un’età giusta per cominciare a intrattenere il bam-bino con narrazioni e letture ad alta voce. Nella realtà, si comincia ben prima, fin dal primo giorno dopo la nascita delbambino, quando la mamma lo prende in braccio per la prima volta e lo vezzeggia con parole d’amore, abituandolo alsuono rassicurante della sua voce. In sostanza, si potrebbe dire che, salvo il convenzionale confine dei sei mesi, non è maitroppo presto per cominciare, così come è bene sottolineare che non è mai troppo tardi per farlo. Infatti, se è vero chel’impianto generale del cervello, organo al cui sviluppo tanto può concorrere la narrazione e la lettura ad alta voce, simodella soprattutto nel primo anno di vita, è altrettanto vero che lo sviluppo maggiore si realizza maggiormente nei suc-cessivi tre anni e fino ai 7-10 e oltre, fino ai venti.

In queste considerazioni è implicita la risposta anche alla seconda domanda: “Quando non vale più la pena di continuarea narrare e leggere ad alta voce?” A parte la difficoltà di distogliere un bambino di 6-7 anni e oltre da altre attrazioni(televisione, videogiochi, attività ludiche di gruppo extradomestiche ecc.) vi sono documentate rilevazioni che sostengo-no l’opportunità di continuare la pratica della narrazione e della lettura ad alta voce ancora per tutto il periodo dellaScuola primaria, sia in ambito domestico sia in quello scolastico. Nel primo caso, uno dei risultati conseguibili è quello diconservare un’unità familiare intellettuale; nel secondo, quello di migliorare le prestazioni cognitive del bambino. In tuttie due i casi, quello di alimentare e sostenere l’interesse e l’amore per la lettura. È chiaro che, una volta imparato a leg-gere, la pratica/dovere della lettura ad alta voce non è più riservata agli adulti, ma può essere vantaggiosamente estesaai ragazzi stessi.

Il quadrimestrale Leggere per Crescere e il manuale Leggere per Crescere. Perché e come leggere

ai bambini in età prescolare possono essere ricevuti gratuitamente registrandosi al sito:

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GlaxoSmithKline (GSK) è una multinazionale farmaceutica basata sulla ricerca presente in Italia dal 1932. Oggi nel Paese GSK comprende tutte le componenti industriali del ciclo economico aziendale: la ricerca, la produzione, il marketinge la vendita dei farmaci, dei prodotti da banco e di largo consumo.Nell’ambito delle proprie iniziative a favore della comunità, GSK sviluppa in Italia dal 2001 interventi a favore dei bambini e degli an-ziani con il programma di responsabilità sociale “Salute & Società”.

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