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IN QUESTO NUMERO Editoriale Rimettere al centro l’occupazione e le persone di Tiziana Bocchi Segretaria Confederale Uil Intervista a Rocco Palombella Segretario Generale Uilm La nota aggiuntiva al DEF: tanto rumore per poche novità vere L’economia cresce ma rallenta Cresce l’occupazione ma i salari ristagnano Formazione e competence center: si apre così la seconda fase d’Impresa 4.0 Possibilità di interazione e sviluppo: la nuova Cina Premio di risultato e welfare. Analisi preliminare su alcuni contratti integrativi aziendali disponibili su Digit@uil Relazioni industriali sempre più in- novative per uno sviluppo economico e sociale del Paese Firmato l’avviso comune sulle politiche industriali dei servizi pubblici locali Formazione 4.0: firmati gli accordi sul credito d’imposta Partecipazione alla governance. La frontiera del Territorio Globalizzazione e ruolo del sindacato: gli accordi transnazionali Novità in tema di distacco transnazionale dei lavoratori Efficacia ed esigibilità della contrattazione di 2° livello Le infrastrutture necessarie LE NOSTRE TEMATICHE Politica economica e salariale, Politica industriale e settoriale Relazioni sindacali e Contrattazione collettiva, Il sindacato e l’Europa, Pillole di rappresentanza, Riflessioni N° 1 - Anno 1 - 15/10/2018 Periodico a cura del Servizio Contrattazione privata politiche settoriali Rappresentanza e rappresentatività della UIL 2 3 5 6 7 8 9 10 11 12 12 13 14 15 16 17

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Politica

IN QUESTO NUMERO

EditorialeRimettere al centro l’occupazione e le persone di Tiziana Bocchi Segretaria Confederale UilIntervista a Rocco Palombella Segretario Generale UilmLa nota aggiuntiva al DEF: tanto rumore per poche novità vereL’economia cresce ma rallenta Cresce l’occupazione ma i salari ristagnanoFormazione e competence center:si apre così la seconda fase d’Impresa 4.0Possibilità di interazione e sviluppo: la nuova CinaPremio di risultato e welfare. Analisi preliminare su alcuni contratti integrativi aziendali disponibili su Digit@uilRelazioni industriali sempre più in-novative per uno sviluppo economico e sociale del PaeseFirmato l’avviso comune sulle politiche industriali dei servizi pubblici localiFormazione 4.0: firmati gli accordisul credito d’imposta Partecipazione alla governance. La frontiera del TerritorioGlobalizzazione e ruolo del sindacato: gli accordi transnazionaliNovità in tema di distacco transnazionale dei lavoratoriEfficacia ed esigibilità della contrattazione di 2° livelloLe infrastrutture necessarie

LE NOSTRE TEMATICHEPolitica economica e salariale, Politica industriale e settorialeRelazioni sindacali e Contrattazione collettiva, Il sindacato e l’Europa,Pillole di rappresentanza, RiflessioniN° 1 - Anno 1 - 15/10/2018

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Rappresentanza e rappresentatività della UIL

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Senza alcun dubbio stiamo attraver-sando una fase politica e, di con-seguenza, anche sindacale nuovanel nostro Paese. Proprio in questesettimane abbiamo visto, letto edascoltato quanto il Governo stafacendo nel Documento di Economiae Finanza (DEF) in vista della prossimalegge di Bilancio. La Uil, attraverso il Seg-retario Generale, ha già espresso la suaposizione sul merito delle questioni che,quindi, non ribadiamo. Quello che, in-vece, vorremmo provare a fare conquesto editoriale è cosa diversa. Cer-care, nell’ottica collaborativa e dialo-gante tipica del nostro Bollettino (checome avevamo annunciato ha cambiatonome), di svolgere una rapida analisidei mutamenti della nostra società.Scrivendo innanzitutto del tema chesempre deve essere al centro dell’at-tività sindacale: il lavoro.

Non può infatti sfuggire che negli ul-timi anni, segnati da un liberismoesasperato e da un capitalismo sem-pre meno sociale, la ricchezza si èsempre più accumulata nelle mani dipochi e la finanza ha sempre più sop-piantato l’economia reale. Questo hacomportato, contemporaneamente,la perdita d’incisività della politica.Fino ad invertire i rapporti di forza traquest’ultima e l’economia. In questocontesto, le lavoratrici e i lavoratorihanno visto inesorabilmente peggio-rare la loro condizione, non solo dalpunto di vista salariale, ma anche daquello delle tutele e dei diritti.

In questo contesto, Cgil, Cisl, Uil eConfindustria, attraverso il “Patto perla fabbrica” e cioè l’Accordo Intercon-federale del 9 marzo 2018 su modellocontrattuale e relazioni sindacali,hanno voluto dare un segnale forterimettendo al centro il lavoro, la con-

L’EDITORIALEL’EDITORIALE

Rimettere al centro l’occupazione e le personeDi Tiziana Bocchi,Segretaria Confederale UIL

trattazione, le imprese, le persone. Hanno voluto puntare sulla crescita del Paesepartendo dalla valorizzazione delle sue risorse, parlando di politica industrialema anche di partecipazione, organizzativa e strategica. Con quella intesa si èvoluto rilanciare il ruolo dei salari all’interno della dinamica economica, nellaconvinzione che solo facendo crescere questi ultimi si sarebbe potuto darenuova linfa al mercato interno, quindi alla produzione e all’occupazione. Da qui,TEM e TEC di cui tanto abbiamo parlato. Ma non solo questo, aumentare i salarisignifica, infatti, anche redistribuire la ricchezza, riavvicinando la forbice tra chiè sempre più ricco e chi, viceversa, sempre più povero. L’Accordo di cui abbiamoparlato ha, però, anche un altro significato e un altro valore. Quello di aver di-mostrato che, in una società sempre più segnata da odi reciproci, da divisioni econtrapposizioni, si può ancora trovare la sintesi tra interessi difformi. Ed è forsequesta una delle note più importanti: solo unendo, facendo ciascuno la propriaparte, si potrà costruire un Paese migliore, più equo e giusto. Perché come giàsosteneva Aristotele l’insieme è più della somma delle parti o come ha recen-temente ribadito il Santo Padre: “le capacità individuali non possono esprimersial di fuori di un ambiente comunitario favorevole, dal momento che non si può pen-sare che il risultato raggiunto sia semplicemente la somma delle singole capacità”,concludendo che “la vita sociale non è costituita dalla somma delle individualità,ma dalla crescita di un popolo”.

L’azione del sindacato, allora, il suo compito, è, forse oggi più di ieri, educare al-l’inclusione, all’accettazione dell’altro nelle differenze. E questo non significaadottare una nuova strategia ma continuare a far bene il proprio mestiere: ognivolta che si firma un accordo, in azienda, in un territorio o a livello nazionale, leOO.SS non fanno altro che trovare i punti di equilibrio necessari perché ambole parti del tavolo siano soddisfatte.

Questo è sufficiente nel contesto storico che stiamo vivendo? Forse no. L’attualecentralità dell’attività finanziaria rispetto all’economia reale ci consegna, infatti,un quadro che non ha semplici soluzioni. Nel nostro secolo, gli interessi mone-tari si sono sempre più spostati dall’azienda per collocarsi in un universo, inparte fittizio, in cui il denaro ha valore in sé, scollegato dalla produzione, almenoapparentemente, e, cosa ancor più grave, dal lavoro impiegato per produrlo. Sipensa, erroneamente, che i soldi si fanno con i soldi e non con il lavoro. Una societàche fa questo rischia di perdere il suo volto umano, aumentando le diseguaglianzee togliendo dignità alle persone.

Con tutto questo non si può non fare i conti. Non si può far finta di non ascoltarele necessità delle persone che hanno visto uno Stato sempre più assente cheha lasciato vuoti colpevoli nell’assistenza così come nella cura delle persone,nel percorso della conoscenza dall’istruzione alla formazione e nella ricerca diun lavoro che non sia solo sfruttamento. Il successo di misure, vedremo quantoassistenziali, come il reddito di cittadinanza deve essere analizzato partendodalla constatazione che una parte del Paese ha rinunciato a cercare lavoro, haperso la speranza nella possibilità di ottenere attraverso la propria attività

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Intervista a Rocco PalombellaSegretario Generale UILM

Rocco Palombella, Segretario generaledella Uilm, ci racconta i retroscena “del-l’Ipotesi di accordo” Ilva siglata il 6 set-tembre scorso al Ministero delloSviluppo Economico e ormai divenutadefinitiva in seguito al referendum cheha coinvolto i lavoratori di tutti gli sta-bilimenti. La trattativa, dopo oltre unanno di colpi di scena, ha portato al-l’esito sperato: salvaguardia ambientalee di tutti i livelli occupazionali.

Segretario, come ha vissuto i giorni“caldi” della vertenza Ilva?Sentivo addosso la grande responsa-bilità nella conclusione di quella com-plicata e, per alcuni versi assurda,vertenza. Ho mosso i primi passi nellostabilimento dell’Ilva di Tarantoquando avevo appena 16 anni, nel

lontano 1971, e sono stato poi as-sunto il 5 dicembre 1973, giorno delmio 18esimo compleanno. Era la co-siddetta fase del “raddoppio” per lostabilimento, grazie alla marcia dell’al-toforno 5. Nonostante il mio incaricocome Segretario generale della Uilm,avvenuto nel 2010, il legame con lafabbrica e con i lavoratori è certa-

mente una delle ragioni principali delmio lavoro. La drammatica situazionedegli ultimi anni, dovuta all’alto livellodi inquinamento, ovviamente mi hafortemente rattristato, ma nello stessotempo mi ha caricato di grande re-sponsabilità nel far sì che le conclu-sioni di questa vertenza potessero inun certo qual modo tenere insieme ilrisanamento ambientale e la salva-guardia dei posti di lavoro. Quella checi ha portato all’intesa del 6 settembrescorso è stata una settimana certa-mente indimenticabile.

Quali i punti cardine dell’accordo?L’accordo è stato raggiunto dopo unatrattativa di oltre un anno, partita nelluglio 2017. Abbiamo trattato con duegoverni e due ministri di colore di-

verso, tuttavia la conclusione è statapossibile solo nella prima settimana disettembre, perché il gruppo ArcelorMittal ha capito, grazie anche alla de-terminazione del ministro Luigi DiMaio, che non c’era più tempo. Oltreal mantenimento di tutti i diritti con-trattuali maturati, gli incentivi al-l’esodo, l’addendum ambientale,

siamo riusciti a superare lo scoglio piùdifficile sui livelli occupazionali. Ab-biamo ottenuto una cosa importantis-sima: la clausola di salvaguardia di finepiano, e cioè, concluso il piano am-bientale (agosto 2023) quei lavoratoriche nel frattempo non avranno utiliz-zato gli incentivi all’esodo volontariosaranno assunti tutti, nessuno escluso,in AM InvestCo Italy. Di fatto abbiamoazzerato i 4mila esuberi che, fino algiorno prima di iniziare la trattativa,continuavano a essere presenti.

Gli esuberi erano presenti quindianche nell’ultima proposta di Ca-lenda? Purtroppo sì. Il 10 maggio 2018, l’exministro Calenda ha messo sul tavolouna proposta che prevedeva l’assun-zione di 10mila dipendenti da parte diArcelor Mittal e la costituzione di unasocietà mista Invitalia-Ilva, cheavrebbe assorbito circa 1.500 unitàper attività esternalizzate. Circa 2.300lavoratori sarebbero invece rimasti incapo alla società in amministrazionestraordinaria, a cui venivano concessifondi per incentivi all’esodo e ammor-tizzatori per 5 anni. Restavano di fattoi 4mila esuberi, che noi non potevamoaccettare. Così come non potevamoaccettare la scelta di una società mistacon Invitalia, alla luce dell’esperienzadi Cornigliano. Si trattava di una sortadi società “vuota” senza nessun tipo digaranzia occupazionale.

Vi aspettavate dal referendum unesito così positivo?Con il 93% di voti favorevoli il referen-dum che ha coinvolto i lavoratori intutti gli stabilimenti Ilva ha approvatol’Ipotesi di Accordo raggiunta tra i sin-dacati metalmeccanici, Arcelor Mittale il Ministero dello Sviluppo Econo-mico il 6 settembre scorso. È un risul-tato storico per quanto riguardal’approvazione di piattaforme di tiporiorganizzativo, che non ha prece-denti nella storia sindacale degli ul-timi anni, sia per quanto riguarda latotale partecipazione dei lavoratori

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L’EDITORIALEL’EDITORIALEalle assemblee che per il numero divotanti. I lavoratori hanno apprezzato il risul-tato di questo negoziato rispetto allaproposta che aveva fatto il prece-dente governo e che non era l’esito diuna negoziazione sindacale. Questorisultato, invece, è il frutto di una no-stra impostazione, sin dall’inizio ab-biamo ribadito che non avremmofirmato alcun accordo che preve-desse licenziamenti e il manteni-mento dei diritti acquisiti, oltre almiglioramento significativo del pianoambientale per Taranto e che non pre-vedesse divisioni tra le organizzazionisindacali. Infatti, nonostante un annodi attacchi e tentativi di strumentaliz-zazione con ricorso continuo alla ma-gistratura, nonostante un’estate in cuiil ministro Di Maio ha addirittura pa-ventato l’annullamento della gara, noinon ci siamo mai persi d’animo e ab-biamo continuato a sostenere che sa-rebbe stato un disastro conconseguenze inimmaginabili. Adesso l’intesa, che ha avuto la quasitotale adesione dei lavoratori, scon-giura il pericolo della chiusura e avviaconcretamente il risanamento am-bientale per Taranto e il rilancio delsettore siderurgico in Italia.

Dal punto di vista ambientale siapre ora una nuova fase per Ta-ranto?Con quest’intesa si sono create le con-dizioni per costruire una nuova Tarantoe non è solo una speranza. È stato ot-tenuto che l’aumento della produzionedi acciaio oltre sei milioni di tonnellateannue sia condizionato alla dimostra-zione da parte dell’azienda – docu-mentata al Ministero dell’Ambiente –che le emissioni complessive di polveridell’impianto non superino i livelli col-legati alla produzione a 6 milioni. Inconformità ai limiti che pone l’ARPA Pu-glia. Un altro miglioramento riguarda ilproblema della diffusione delle polveri:rispetto alla scadenza iniziale del 2021,è stato ottenuto l’anticipo della coper-tura dei parchi minerari entro il 2019.

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Per la prima volta sono stati fissatianche i tempi intermedi per la coper-tura dei parchi: entro aprile 2019l’azienda sarà obbligata a coprire il 50%della zona del parco più vicino al quar-tiere Tamburi.Così Taranto potrà non solo tornare adessere la capitale della Magna Grecia,ma potrà diventare anche la capitaledell’acciaio. E questo sarà possibile acominciare dalla copertura dei parchiprimari che ogni giorno che passa di-venta sempre più una realtà. Sarà ilprimo centro siderurgico ad avere iparchi primari – minerale, fossile,omogeneizzato e agglomerato – to-talmente coperti. Una Taranto che fi-nalmente potrà tornare a far parlare disé in termini positivi.

Ilva e la grande industria hannofatto leva su un indotto che è statospesso penalizzato. Adesso troveràmaggiori tutele? Io sono convinto che ArcelorMittalsarà portatore di una diversa prospet-tiva del sistema di produzione dell’ac-ciaio. Noi siamo disponibili aconfrontarci sapendo che il nostro ter-ritorio ha bisogno sopratutto di valo-rizzare il sistema di imprese locali.L’esperienza, la professionalità, l’orga-nizzazione che hanno maturato le im-prese in questi anni ci permettono dinon essere secondi a nessuno. I nostrilavoratori vengono presi a riferimentoin tutto il territorio nazionale e al-l’estero, possibile che non venganovalorizzati a livello locale? Per loro siapre una nuova fase, avranno l’oppor-tunità di far valere le proprie capacitàcon un gruppo industriale mondialeche produce oltre 90 milioni di tonnel-late. In questi anni i lavoratori dell’Ilvahanno sofferto moltissimo, ma il sacri-ficio non deve essere vano, anzi, sonoconvinto che questo cambio di verticeservirà a rilanciare e finalmente valo-rizzare il nostro patrimonio imprendi-toriale e professionale.

un giusto salario, rifugiandosi nellasolitudine e nella rabbia. Il lavoro, in-fatti, non è solo reddito ma è dignità,individualità, affermazione di sé, in ul-tima analisi libertà. E allora, seppurallo stato attuale questa può essereuna prima risposta non bisogna maiperdere di vista la meta: che deve, enon può che essere, l’aumento dell’oc-cupazione.

Per farlo, si potrebbe partire dalla pro-mozione di una politica industriale edi un sistema produttivo che abbia alcentro lo sviluppo e la sostenibilità,che affianchi all’innovazione tecno-logica l’affermazione dei diritti e delletutele di chi lavora. Infatti, le trasfor-mazioni che stanno attraversando ilnostro sistema industriale, con l’intro-duzione di sempre maggiori automa-tismi e la presenza incrementale diapplicazioni informatiche nei processiproduttivi, richiedono un’attenzionesempre crescente al valore e al signi-ficato della persona, così come al valore non solo economico ma so-prattutto sociale delle attività eco-nomiche. È forse la strada più difficile,richiede tempo e piccoli interventiche si prestano poco alla facile comu-nicazione dei risultati raggiunti. Ma se,come la UIL crede, è quella giusta al-lora vale la pena di percorrerla.

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La Nota aggiuntiva al DEF, da poco tra-smessa dal Governo alle Camere e allaCommissione Europea, ipotizza chel’economia italiana imbocchi nel trien-nio 2019-2021 un cammino di crescitaaccelerato. Il Governo “del cambia-mento” si è infatti accorto che l’Italiacresce all’incirca un punto all’annomeno dell’Eurozona. In realtà si trattadi una regolarità negativa che si veri-fica da più di un quarto di secolo e chei governi precedenti non hanno sa-puto contrastare, tanto che nel frat-tempo il reddito degli italiani ha persocirca 26 punti percentuali rispetto aquello medio degli abitanti dei paesidell’euro.Il Governo si propone pertantoun’ipotesi di crescita più forte, anchese certamente non eccezionale: 4,4punti complessivi nel triennio ovvero1,47 punti l’anno, non molto più degli1,2 punti del triennio precedente. Dadove dovrebbe venire l’accelerazione?Da un mix di azioni che individua, sulterreno della finanza pubblica, essen-zialmente tre leve: l’aumento degli in-

vestimenti pubblici, la riduzione delleentrate fiscali (prima applicazionedella tassa piatta) e l’aumento del red-dito disponibile delle fasce di popola-zione meno abbienti (reddito dicittadinanza). In presenza di una ridu-zione complessiva delle entrate (do-vuta anche alla quota 100) e di unmodesto aumento delle spese inconto capitale (dal 3,02 al 3,04% delPil), il disavanzo (con una stima indub-biamente molto ottimistica dell’ag-gravio della spesa per interessi)dovrebbe essere in media del 2,1%.La crescita dovrebbe venire da duefonti diverse, almeno in parte attivatedalla manovra. Gli investimenti privati,stimolati fiscalmente, dovrebbero cre-scere e sommarsi a quelli pubblici por-tandone il totale sopra il 19% del Pil.Anche il saldo commerciale correntedovrebbe mantenersi stabile attornoal 2,7% del Pil. Entrambi gli effetti do-vrebbero favorire la crescita occupa-zionale che, in termini di unità dilavoro dipendenti, dovrebbe mante-nere un significativo tasso di aumento

medio sopra l’1,2% l’anno. I consumiprivati, nonostante la crescita occupa-zionale, dovrebbero mantenersi at-torno al 61% del Pil. Va detto chequeste ipotesi non sono semplice-mente conservative, perché il clima fi-nanziario così come quellocommerciale è già oggi turbato e losarà probabilmente ancor più nel-l’orizzonte di previsione. Nell’insieme, nonostante il maggior ri-corso al disavanzo, la manovra si man-tiene in buona sostanza nel solco delmodello di sviluppo perseguito daigoverni precedenti, che possiamo de-finire di “mercantilismo povero”. Si pre-vede un percorso di crescita trainatodagli investimenti e dalle esporta-zioni, mentre non è programmatoalcun aumento delle retribuzioni reali(che anzi dovrebbero ridursi), cosìcome non è indicato alcun apposta-mento per il rinnovo dei contrattipubblici; mentre la riduzione delle en-trate fiscali comporterà certamente laperdita di benefici e minori o peggioriservizi pubblici. Il reddito di cittadi-nanza per le fasce più deboli della po-polazione e l’appiattimento delleimposte per piccole imprese e profes-sionisti saranno così pagati, ancorauna volta, dai lavoratori; la cui voce,anche solo per questo, avrebbe do-vuto essere assai più ascoltata da chidecide le sorti dell’economia.

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Politica economica e salariale

La nota aggiuntiva al DEF:tanto rumore per poche novità vereDi Leonello TrontiUniversità degli studi Roma Tre

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Politica economica e salariale

In una fase di crescita già modesta, ilsecondo semestre 2018 è iniziato perl’economia italiana con diffusi segnalidi rallentamento. Il freno agli scambicommerciali imposto dai dazi gemelliamericani e cinesi, il nuovo aumentodel petrolio, l’ampliamento dellospread sui titoli pubblici, le incertezzesui conti finanziari e sui rapporti conl’Unione Europea hanno tutti incisosulla fiducia di famiglie e imprese, suordinativi e produzione industriale, sucostruzioni e vendite al dettaglio. Ilterzo trimestre si prevede quindi diffi-cile anche rispetto ai risultati già nonmolto brillanti del secondo, che si èchiuso con una crescita tendenziale delPil dell’1,2% rispetto all’1,4% del primo.La crescita del Pil acquisita per il 2008,pari allo 0,9%, rende non realistico ilprecedente obiettivo governativo diun Pil all’1,5% e avanza qualche dubbioanche sulla credibilità del suo recenteridimensionamento all’1,2%.

La decelerazione della produzione,però, non ha sinora depresso i consumidelle famiglie, che nella prima metàdell’anno hanno segnato un’espan-sione reale dello 0,9% rispetto al primosemestre 2017, legata al significativoaumento del monte delle retribuzionilorde (+1,9% reale), sospinto dallacrescita dell’occupazione dipendente(+1,2%) e da un lieve aumento delleore lavorate per dipendente (+0,6%).Del rallentamento produttivo nonrisentono ancora nemmeno gli investi-menti che, stimolati dal piano Impresa4.0, continuano a costituire l’elementopiù dinamico dell’economia. L’insiemedegli investimenti fissi lordi cresce del5,5%, e particolarmente vivaci sonoquelli in impianti, macchinari e arma-menti (+13,6%). Subiscono invece il

mutato clima commerciale le esportazioni, che si ridimensionanoin termini congiunturali tanto nelprimo (-2,2%) quanto nel secondotrimestre (-0,2%); mentre le impor-tazioni, trainate da produzione, con-sumi e investimenti, continuano acrescere senza flessioni (+1,4% sulprimo semestre 2017), deteriorandodi 3 miliardi l’avanzo commerciale (da14 miliardi nel IV/2017 a 11 miliardinel II/2018). L’occupazione crescesolo fino a maggio, per segnare poiun arretramento a giugno e luglio.Ma il tasso di disoccupazione non au-menta e anzi si ridimensiona, e l’in-flazione resta bassa, con variazionitrimestrali tendenziali attorno all’1,1%.

Nell’insieme, l’evoluzione del 2018rende estremamente difficile man-tenere per il 2019 l’obiettivo di undeficit dello 0,8% del Pil, concordatoda Gentiloni con la Commissione Eu-

L’economia cresce ma rallentaDi Leonello TrontiUniversità degli studi Roma Tre

ropea. La sterilizzazione delle clausoledi salvaguardia sull’IVA, il rallenta-mento dell’economia, l’aumento delcosto del debito pubblico, l’esauri-mento del quantitative easing e lanecessità di esaudire almeno inparte le promesse elettorali lascianopresagire un deficit almeno doppio.Si segnalano però positivamente latenuta degli investimenti privati, lacrescita occupazionale e un certoriequilibrio tra mercato interno e mer-cato all’esportazione.

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Politica economica e salariale

Nel quadro dell’andamento modera-tamente positivo dell’economia nellaprima metà dell’anno, seppure nonprivo di segnali di rallentamento,un’indicazione favorevole viene dal-l’ambito delle relazioni industriali. Nel2018, infatti, sono finalmente entratiin vigore i nuovi contratti dei dipen-denti pubblici, sbloccandone le retri-buzioni ferme ai livelli nominali del2010. Lo sblocco produce un effettovistoso sull’indice generale di ten-sione contrattuale dell’Istat, che se-gnala il tempo medio di attesa delrinnovo contrattuale per l’insieme deidipendenti e passa da 29 mesi nelIV/2017 a 26 mesi nel I/2018, e poicrolla a 9 mesi nel II/2018 e a 4 mesi aluglio 2018.

I rinnovi hanno dato, però, un impulsomolto modesto al monte dei redditida lavoro dipendente (costo del la-voro totale). Questo ha segnato incre-menti tendenziali a prezzi costantidell’1,2 nel I/2018 e del 2,4% nelII/2018, ma l’aumento è causato soloin piccola parte dai salari. Infatti, a farleva sul costo del lavoro totale hannocontribuito da un lato l’esaurirsi degliincentivi all’assunzione del jobs act ela loro parziale sostituzione con quelliper l’occupazione giovanile, dall’altrol’espansione dell’occupazione e la cre-scita delle ore lavorate per dipen-dente. L’occupazione è cresciuta finoa maggio, con effetti positivi sul tassodi occupazione. Nel primo semestrel’incremento tendenziale è stato dello0,6 per cento (+166 mila: 237 mila di-

pendenti in più e 71 mila autonomi inmeno). A giugno e luglio si è inveceavuta una successiva perdita di 68mila unità rispetto a maggio, ma iltasso di disoccupazione comunque siè ridimensionato dal 10,8% di giugnoal 10,4% di luglio. Di conseguenza, nelprimo semestre 2018 l’aumento ten-denziale del costo reale di un’unità dilavoro a tempo pieno è statodell’1,1%, mentre quello di un’ora la-vorata ha subito una limatura dello0,1%.

Nelle pubbliche amministrazioni il po-tere d’acquisto delle retribuzioni lordeper dipendente a tempo pieno pat-tuite dai contratti nazionali è cresciutodell’1,1%, mentre quello dei dipen-denti privati è rimasto stazionario e la

retribuzione lorda media complessivadel settore privato, comprensiva delleerogazioni percepite sul primo e sulsecondo livello, ha subito in terminireali una limatura dello 0,1%.

Sospinta dall’aumento dell’occupa-zione e delle ore lavorate, nel primosemestre 2018 la quota del lavoro nelvalore aggiunto è aumentata dal 44,3al 44,8%, mentre il markup delle im-prese si è corrispondentemente ri-dotto dello 0,5%. La produttività dellavoro dell’economia non ha subitovariazioni, ma la significativa crescitatendenziale degli investimenti per oralavorata (+4,2%) lascia presagire au-menti di produttività futuri, quando inuovi investimenti saranno piena-mente operativi.

Cresce l’occupazione ma i salari ristagnanoDi Leonello TrontiUniversità degli studi Roma Tre

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Politica industriale e settoriale

Finalmente prendono avvio i Compe-tence Center. Dopo due anni dallapresentazione del “Piano NazionaleImpresa 4.0”, si apre la seconda faseche va oltre i meri incentivi fiscali perconcentrarsi maggiormente sulla for-mazione, le competenze, la ricerca e iltrasferimento tecnologico.

Dieci raggruppamenti di atenei, loscorso 30 aprile, si sono candidati peraccedere ai finanziamenti pubblici pre-visti dal decreto attuativo 214/2017 esuccessivamente dal bando pubblicatoil 29 gennaio 2018. L’istruttoria delledomande è stata affidata a un comi-tato tecnico, composto da un dirigentedel Ministero dello Sviluppo Econom-ico, in qualità di presidente, e da quat-tro rappresentanti di comprovataesperienza e professionalità, designatidue dal MiSE e due dal Miur (Ministerodell’Istruzione, dell’Università e dellaRicerca).

Otto sono entrati in graduatoria, conpunteggi compresi tra il nove e il sei. Ilmigliore è risultato essere il Politecnicodi Torino (Manufacturing 4.0). Seguito,in ordine, da quello di Milano (Made inItaly 4.0), dall’Alma Mater StudiorumUniversità di Bologna (Bi-rex), dallaScuola Superiore Sant’anna di Pisa(Artes 4.0), dall’Università di Padova(Smact), dalla Federico II di Napoli (In-dustry 4.0). Chiudono la lista il Con-siglio nazionale delle ricerche (Start4.0) e La Sapienza di Roma (Cyber 4.0).

Ai Competence center, nell’ambito delpiano per l’Impresa 4.0 spetta il com-pito di essere i poli di ricerca e trasfe-rimento tecnologico. Devono esserecostituiti, nella forma di partenariatopubblico-privato, da almeno un or-

ganismo di ricerca e da una o più im-presa e il numero dei partner pubblicinon deve superare la misura del 50%dei partner complessivi. L’obiettivo èdi sviluppare progetti nei propri am-biti di specializzazione e fornire l’advi-sory tecnologica soprattutto alle Pmi.Così come, favorire la sperimen-tazione e la produzione di nuove tec-nologie, formare i giovani e accrescerele competenze dei lavoratori attra-verso la formazione 4.0.

Le risorse disponibili sono pari a 20milioni di euro, già previsti per il 2017,e 20 milioni di euro per il 2018.

I benefici sono concessi nella forma dicontributi diretti alla spesa in re-lazione a: costituzione e avviamentodel centro di competenza, nellamisura del 50% delle spese sostenute,per un importo complessivo non su-periore a 7,5 milioni di euro; progettidi innovazione, ricerca industriale esviluppo sperimentale presentatidalle imprese, nella misura del 50%delle spese sostenute, per un importomassimo non superiore a 200 milaeuro per progetto.Il Politecnico di Torino sarà capofiladel Competence Center piemontese.Il progetto presentato dallo stesso

coinvolge anche l’Università di Torino,grossi partner industriali (General Mo-tors, FCA, Thales Alenia, General Elec-tric Avio) e si focalizza su automotive,aerospazio, energia, puntando in par-ticolare su manifattura avanzata e tec-nologie additive.

Il progetto del Politecnico di Milano sifocalizza, invece, su partnership conimprese e fornitori di tecnologia intermini di hardware e software.

L’Ateneo di Bologna ha messo a puntoun progetto che coinvolge anche l’U-niversità di Modena e Reggio Emilia(Unimore), l’Università degli studi diFerrara e l’Università degli studi diParma. Punta su una stretta collabo-razione con i Tecnopoli, centri di inno-vazione in cui la Regione investe datempo, nei quali collaborano universitàe imprese, con il Cineca e con l’IstitutoItaliano di Fisica Nucleare. La specializ-zazione tecnologica riguarderà i temilegati all’Internet of things e ai big data,ma non solo.

Pubblicata la graduatoria, scatta la fasesuccessiva, ovvero la negoziazionepresso il Ministero dello Sviluppo.Ogni singolo partenariato, sarà convo-cato per discutere i progetti ed even-tualmente migliorarne le proposte.Successivamente sarà emanato il de-creto di concessione che conterrà, tral’altro, impegni, obiettivi, tempi emodalità di realizzazione dell’attivitàprogrammata, indicazione delle spesee dei costi ammissibili.

Come Uil giudichiamo positivo l’avviodei Competence center. Riteniamo,però, essenziale che si proceda a uncoinvolgimento effettivo e concretodelle Parti Sociali su questo tema inquanto soggetti che toccano quotidi-anamente con mano le diverse realtàproduttive del Paese.

Infatti, per le imprese, e non solo, par-lare il linguaggio digitale è ormai indi-spensabile per competere sui mercati.Bisogna, infatti, sostenere ed ali-

Formazione e competence center: si apre così la seconda fase d’Impresa 4.0Di Irene Pata

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Politica industriale e settoriale

mentare questi circuiti virtuosi traaziende, università e centri di ricerca eabbattere cosi quella divisione esistentetra il mondo accademico e quello im-prenditoriale. Il trasferimento tecno-logico, rivolto principalmente allepiccole imprese, dovrà essere il fattoredeterminante per fare di Impresa 4.0 uneffettivo volano di sviluppo strutturaledell’intero tessuto produttivo. Ma è ne-cessario, al contempo, che allo sviluppodelle tecnologie si connetta la valoriz-zazione del capitale umano, ottimiz-zando le competenze e le capacità deidipendenti.

Occorre, inoltre, puntare su una mag-giore partecipazione dei lavoratori neiprocessi di definizione degli indirizzistrategici dell’impresa e su un’organiz-zazione del lavoro più flessibile,migliorando da un lato la conci-liazione dei tempi di vita e di lavoro edall’altro, incrementando l’occu-pazione nel Paese. Sono ancora tantele sfide che ci attendono. E noi siamogià a lavoro.

I viaggi del Ministro Tria e poi del vicepremier Di Maio in Cina dimostranocome oramai questa potenza sia di-ventata il punto di riferimento com-merciale per tutta la comunitàinternazionale, visto il radicale cambiodi approccio degli Usa di DonaldTrump.

Tria avrebbe preso accordi per inse-rire la valuta cinese fra le riserve mo-netaria di Bankitalia, l’Italia aiuteràcosì la Cina a rendere più internazio-nalizzata la sua valuta. Il ministro ita-liano avrebbe anche preso accordiindustriali riguardanti Fincantieri eSNAM, ma soprattutto sia i colloquidi Tria che quelli di Di Maio si sareb-bero incentrati sul grande progettointernazionale cinese, La Nuova viadella Seta.

Questo progetto è talmente vasto edarticolato che molti osservatori lo de-finiscono già come spina dorsale delnuovo modello di globalizzazione ci-nese in competizione col modelloamericano, in affanno. La Nuova viadella Seta, detta anche “One Belt, oneRoad” è un imponente piano di infra-strutture portuali e ferroviarie, perl’Europa, l’Asia ed il Nord Africa. At-tualmente il traffico di merci fra Eu-ropa e Cina è già il più consistente almondo, ed è marittimo per il 90%.L’Europa meridionale, ed il Mediter-raneo sono tornati da decenni al cen-tro degli scambi commercialimondiali, tuttavia nessuna potenzamondiale aveva mai sistematizzatoquesto flusso in un unico grande pro-getto commerciale e infrastrutturale.

L’Italia il cui territorio si estende dalcuore dell’Europa fino a poche miglia

dall’Africa, è un paese cruciale nellaNuova Via della Seta.

Ma le prime mosse di questo pode-roso piano, talmente vasto il cui ter-mine è previsto nel 2049 e che persoli primi dieci anni prevede di mobi-litare 1800mld di dollari di investi-mento, hanno visto già un fallimentoper il nostro Paese. Infatti Taranto erastata individuata come porto per-fetto per accogliere gli investimenticinesi, che a causa delle resistenze lo-cali, hanno optato per il Pireo in Gre-cia. Dal 2015 ad oggi i 5 miliardi diinvestimenti cinesi hanno fatto decu-plicare la mole di conteiner in tran-sito dal Pireo.

Ulteriori opportunità per l’Italia nonmancano, la compagnia statale ci-nese di trasporto merci navale,COSCO, ha già investito a Vado Ligure350mln di euro. Sia l’attuale Governoche il Governo Gentiloni hanno peròpuntato ad investimenti più massiccisui porti di Trieste, Genova e Veneziache saranno i terminal da cui parti-ranno i conteiner da e per la Cina,connessi con nuove infrastruttureterrestri con Francia e Germania.L’Italia si candida così ad essere laporta della Cina in Europa, e la par-tenza delle merci europee per l’interaAsia.

Inoltre per un paese esportatorecome l’Italia il vantaggio sarebbe dop-pio perché da una lato questi investi-menti avrebbero un impatto notevolesul PIL, e nello specifico andrebbero astimolare uno dei settori più in diffi-coltà in Italia, dall’altro le imprese ita-liane potrebbero trasportare meglio leproprie merci in un mercato enormecome l’Asia. Come UIL abbiamo sem-pre ritenuto gli investimenti infrastrut-turali cruciali nel rafforzamento delSistema Paese per questo seguiremocon particolare interesse ed atten-zione le modalità attraverso cui questinuovi investimenti prenderannoforma.

Possibilità di interazione e sviluppo: la nuova CinaDi Giovanni D’Anna

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Come noto il legislatore del 2015 (me-diante l’art. 1, co. da 160 a 162, della l.232/2016 e successive modifiche) haintrodotto un regime volto a consen-tire l’applicazione di una tassazioneagevolata (10%) a fronte degli importierogati ai lavoratori sotto forma dipremi di risultato negoziati nell’am-bito di un accordo di secondo livello,aziendale o territoriale, la cui corre-sponsione sia legata a incrementi diproduttività, redditività, qualità, effi-cienza e innovazione. La medesimanorma ha anche stabilito che il lavora-tore possa scegliere di percepire (intutto o in parte) il proprio “premio diproduzione” come prestazioni di wel-fare (intendendosi per tali i servizi dicui all’articolo 51, co. 2 e 3, del TUIR).In tal caso gli importi erogati sottoforma di prestazioni di welfare nonconcorrono a formare reddito da la-voro dipendente, non sono soggettiall’aliquota sostitutiva agevolata del10% e sono esenti da contribuzione.

L’osservatorio privilegiato rappresen-tato dalla banca dati Digit@UIL haconsentito di svolgere una prima ana-lisi su un campione rilevante di ac-cordi volta a comprendere come leParti Sociali stanno gestendo le regolesulla conversione del premio in servizidi welfare. È indubbio infatti che talemeccanismo, ancorché idoneo a be-neficiare di un ulteriore sconto sullatassazione, presenti anche alcuni ele-menti di rischio per i lavoratori (sipensi, ad esempio, al fatto che sugliimporti convertiti in servizi di welfarenon viene versata la contribuzionecon conseguente deperimento degliimporti futuri della pensione). Da quelche abbiamo avuto modo di com-

prendere si ravvisa un equilibrio tra laquota di premio che deve essere ero-gata sotto forma di importo mone-tario e quella che, invece, può essereconvertita su istanza del lavoratore inservizi. Infatti, la maggior parte degliaccordi stabilisce una quota fissa dipremio convertibile che oscilla tra il30% e il 50% dell’importo. Alcuni diquesti prevedono la facoltà del lavo-ratore di optare per la conversione diquote di premio secondo aliquoteprogressive (ad esempio in alcuni casiè ammessa la conversione, su sceltadel lavoratore, di una quota di premiodel 30% o del 50% o del 70%). Solo inrarissimi casi, invece, le parti hannostabilito la facoltà del lavoratore diconvertire in servizi di welfare l’interoammontare del premio di risultato.

Un elemento di particolare interesseche emerge dall’analisi degli accordi èche, in molti casi, la facoltà del lavora-tore di procedere alla conversione delpremio in servizi di welfare è incenti-vata mediante la previsione di importiulteriori, a carico azienda, che si ag-giungono sotto forma di liberalità agliimporti convertibili. Praticamentespesso accade che qualora il lavora-tore opti per la conversione del pre-mio in servizi di welfare l’aziendariconosca un ulteriore importo che siaggiunge alla quota di premio con-vertito (ad esempio se il lavoratoreconverte il 50% del premio in welfarel’azienda eroga servizi per il 65% del-l’importo del premio). Tali importisono generalmente rapportati alrisparmio che l’azienda sostiene in ra-gione della non applicazione delletasse e dei contributi.

Altro punto di attenzione riguarda iltipo di servizi di welfare in cui il lavo-ratore può convertire quota parte delproprio premio. In questo senso si ri-leva che la maggior parte degli ac-cordi attribuiscono al lavoratore lafacoltà di scegliere liberamente tratutti i beni e servizi previsti dall’art. 51,co. 2 e 3 del TUIR. Si segnalano tuttaviaanche accordi nei quali si ravvisa unapreferenza, manifestava medianteforme di incentivazione, per leprestazioni di rilevanza sociale. Inquesto senso in numerosi accordi siritrovano forme di incentivazionedella conversione di importi di premioin contributi da destinarsi ai fondi diprevidenza complementare.

Da quanto si è avuto modo di analiz-zare si può ritenere che ci sia un buonequilibrio tra l’erogazione di servizi diwelfare ed erogazioni di natura eco-nomica derivante da una attenta pon-derazione da un lato dell’opportunitàderivante dalla possibilità di mas-simizzare il valore della quota di pre-mio ricevuta sotto forma di servizi e,dall’altro lato, della consapevolezzache il criterio del “tutto e subito” possadeterminare effetti negativi sul lungoperiodo.

Quel che appare auspicabile è un ul-teriore ampliamento dei beni e deiservizi stabiliti all’art. 51, co. 2 e 3 delTUIR mediante la previsione di ulte-riori servizi di rilievo sociale che nonsolo consentano di attenuare gli ef-fetti della mancata contribuzione mache, in un’ottica inversa, permettanoal lavoratore di avere benefici nellungo periodo (apprezzabile in questosenso la facoltà introdotta dalla l.232/2016 di devolvere quota del pre-mio a copertura di polizze assicurativestipulate contro il rischio di non auto-sufficienza; cd. long term care).

Premio di risultato e welfare.Analisi preliminare su alcuni contratti integrativi aziendali disponibili su Digit@uilDi Davide Ghigiarelli Ricercatore SERI

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Relazioni sindacali e Contrattazione collettiva

Una politica industriale innovativa, unsistema di relazioni sindacali modernoe una rappresentanza sempre più de-mocratica, sono i temi contenuti negliAccordi siglati il 26 luglio scorso daCgil, Cisl, Uil e Confservizi.

Ancora una volta sono state le Partisociali ad indicare al Paese una stradacondivisa e responsabile per favorirela crescita, attraverso un nuovo mo-dello di relazioni industriali parteci-pative e stabili al fine di far crescere isalari, aumentare la produttività erealizzare forme efficaci di parteci-pazione.

L’Accordo sulle relazioni industriali ri-conferma un sistema contrattualebasato su due livelli: nazionale (il Ccnlconserverà la sua principale funzionedi fonte regolatrice dei rapporti di la-voro e di garante dei trattamenti eco-nomici e normativi comuni a tutti ilavoratori del settore) e aziendale oterritoriale laddove esistente.

Dal punto di vista salariale il Ccnl definiràun Tem (Trattamento economico mi-nimo) e un Tec (Trattamento economicocomplessivo). Il primo costituisce il mi-nimo tabellare che verrà aggiornato inbase alle variazioni dell’Ipca. Il secondocomprende oltre al Tem, tutti quei trat-tamenti economici (nei quali sono daricomprendere fra gli altri anche leeventuali forme di welfare) che il Ccnldi categoria qualificherà come “co-muni a tutti i lavoratori del settore”, dicui lo stesso contratto ne qualificheràdurata, causa e competenza nel livellodi contrattazione.

Di conseguenza il valore economicocomplessivo del contratto sarà costi-tuito dal combinato disposto tra Tem

e Tec, ribadendo cosi, anche con Conf-servizi, la necessità di andare oltre lamera difesa del potere di acquisto perincentivare la capacità di spesa dellelavoratrici e dei lavoratori.

Ulteriori passaggi importanti dell’In-tesa riguardano il welfare, la parteci-pazione e la formazione. Per quantoriguarda il primo, esso deve essere in-tegrativo e mai sostitutivo di quellopubblico, e si devono prediligere leprestazioni a carattere “sociale” di con-tro al proliferare dei benefit indistinti.Per quanto concerne la parteci-pazione, invece, oltre a promuoverequella di tipo organizzativo, a partiredalle buone pratiche in essere, ven-gono previsti anche percorsi speri-mentali per favorire la partecipazionedelle lavoratrici e dei lavoratori allescelte strategiche delle imprese.

Oltre a ciò, in tema di formazione si e-sprime consapevolezza circa la centra-lità della creazione di competenze peri lavoratori, in particolare per i giovaniattraverso gli strumenti oggi a dispo-sizione (alternanza, sistema duale,ITS). L’intesa si propone di realizzareun importante piano di formazionecontinua, chiedendo al Governo di in-centivare la stessa e di garantire aifondi interprofessionali l’interezza deicontributi, per sostenere l’occupabilitàdei lavoratori.

L’accordo ribadisce inoltre quanto sianecessario contrastare il dumpingcontrattuale, ovvero la proliferazionedi contratti firmati da organizzazioninon rappresentative, che alterano laconcorrenza fra imprese e danneg-giano lavoratrici e lavoratori. È perquesto che le Parti hanno deciso di in-

trodurre nell’Intesa la misurazionedella rappresentanza datoriale.

Proprio l’Accordo sulla Rappresen-tanza va a modificare il Testo Unicodel 10 febbraio 2014. Esso, oltre achiarire alcuni aspetti procedurali, af-fida all’Inps, in via transitoria e fintan-toché il Cnel non potrà assolvere aquesta funzione, il compito di rac-cogliere, oltre alle deleghe, i voti con-seguiti nelle elezioni Rsu. In più, inmerito alla certificazione del dato fi-nale della rappresentanza delle Orga-nizzazioni sindacali relativamente aisingoli Ccnl sottoscritti viene costi-tuito un Comitato di Gestione, for-mato dalle OO.SS che avrannoconseguito una determinata soglia dirappresentanza confederale, che avràil compito di validare e comunicare atutte le categorie interessate il valoredella propria rappresentanza nei Con-tratti collettivi nazionali di lavoro.

Con la sottoscrizione di tali Intese sirealizza per il sistema contrattuale deiservizi pubblici un fondamentaleallineamento a quello industriale, at-traverso la delineazione di un modellodi relazioni industriali più efficace edemocratico. Ma il cammino non è an-cora concluso.

Sono tanti, infatti, i versanti sui qualidovrà concentrarsi la nostra azionenei prossimi mesi. Sarà certamenteimportante, unitamente alle categorieche esercitano la rappresentanza e laattività contrattuale in questo settore,proseguire in una puntuale at-tuazione delle intese raggiunte chepossa rendere più agevole, efficace ericca la contrattazione nazionale e de-centrata, per contribuire alla crescitae allo sviluppo del Paese.

Relazioni industriali sempre più innovativeper uno sviluppo economico e sociale del PaeseDi Irene Pata

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Relazioni sindacali e Contrattazione collettiva

Il 26 luglio scorso, unitariamente aCGIL e CISL, abbiamo stipulato conCONFSERVIZI un’Avviso Comune sullePolitiche industriali dei servizi pubblicilocali: acqua, gas, energia, rifiuti etrasporti. L’obiettivo è quello di sup-portare lo sviluppo delle economieterritoriali attraverso la crescita di-mensionale delle imprese e con-seguente maggior tutela deilavoratori. L’uscita dalla crisi necessitaperò di un costante e continuo lavorodi sviluppo tramite il potenziamentodegli investimenti materiali ed imma-teriali, concentrandosi sull’aumentodelle infrastrutture e sull’adegua-mento digitale del lavoro nel suocomplesso per non perdere competi-tività tra le imprese e per fornire sem-pre più un servizio migliore all’utenza.E’ questa la strada da percorrere so-prattutto se si vuole favorire una pro-grammazione industriale e gestionaleche tenga conto della maggiore ne-cessità di sviluppo delle aree meri-dionali. Ad oggi, nel mezzogiorno ifenomeni di aggregazione aziendalesono ancora deboli ed a questo si ag-giunge una frammentazione impren-ditoriale che non aiuta la crescita esoprattutto non fornisce le adeguatetutele all’occupazione.

Ulteriore capitolo molto importanteriguarda la corretta applicazione delnuovo codice degli appalti basato sulcontrasto all’illegalità ed alla cor-ruzione, che non significa affatto ral-lentare gli affidamenti o i lavori conperdita di tempo, tutt’altro, implicacertezza nella qualità dei lavori,garanzia per i lavoratori con l’obbligodi applicazione dei CCNL sottoscrittidalle OO.SS. maggiormente rappre-

sentative sul piano nazionale, erisparmio per l’utenza in una logica diofferte economicamente più vantag-giose, e di clausole sociali e respon-sabilità solidale nei confronti deilavoratori, con esclusione della poli-tica del massimo ribasso. Inoltre ladefinizione delle tariffe, nei diversi set-tori, deve favorire l’ingresso dei privatiper finanziare gli investimenti infra-strutturali, con meccanismi che con-sentano la fruizione universale deiservizi anche per utenze svantaggiate.

Con l’Avviso comune abbiamo volutoconfermare la positività di una rego-lazione indipendente nei servizi a reteche bilancia gli interessi dei clienti conuna gestione industriale efficienteanche in tema di politiche del lavoroe salariali.

Per la Uil, il sistema dei servizi pubblicilocali deve migliorare ulteriormentegli interventi sul piano dell’ag-gregazione e della crescita dimen-sionale per arrivare agli obiettivi diImpresa 4.0, andando ad incideresull’espansione del mix di risorse pub-bliche e private per superare l’attualedeficit progettuale e sulla tutela del la-voro. A questo proposito le Parti so-ciali hanno concordato la nascita di unOsservatorio paritetico, con il compitodi monitorare la corretta applicazionedegli accordi di S. Anna.

Firmato l’avviso comune sulle politiche industriali dei servizi pubblici localiDi Fernando Mariani

Formazione 4.0: firmati gli accordi sulcredito d’imposta Di Marzia De Marchis

Per favorire lo sviluppo e la diffu-sione del credito d’imposta per laformazione 4.0 sono stati sotto-scritti da CGIL, CISL e UIL tre Accordicon Confindustria, Confapi e Con-fimi. Questo perché applicandoquanto previsto dalla legge di Bi-lancio 2018 e successivo decreto,tale credito di imposta viene rico-nosciuto in presenza di un accordoaziendale o territoriale.Importante è la previsione, inseritanegli accordi, di un obbligo di atte-stazione della formazione fatta daidipendenti coinvolti e la necessitàdi un monitoraggio che utilizzi icontenuti delle relazioni che le

aziende sono tenute a fare e con-servare in attuazione della suddettanormativa in materia.Inoltre a livello nazionale le Partihanno concordato che si attive-ranno per monitorare l’applica-zione e tutto il materiale utile apredisporre un intervento forma-tivo per tutti i lavoratori volto ad ac-crescerne le competenze.Con tali Accordi viene, quindi, con-fermata l’importanza per le Parti so-ciali, e per la Uil, della formazioneprofessionale come un valore daperseguire tramite la negoziazioneai vari livelli, utile al raggiungi-mento di uno sviluppo competitivosia delle imprese, ponendo a basequalità, ricerca e innovazione, siadelle competenze delle lavoratrici edei lavoratori.

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Relazioni sindacali e Contrattazione collettiva

In attesa di un nuovo modello di gover-nace in Europa e di un “Progetto Paese”che offra autentiche strategie e politi-che di crescita economica e sociale,potrebbe trovare maggiore atten-zione la “autonoma capacità di spinta”che la dimensione territorio può offrire.Innanzitutto due considerazioni det-tate dalla complessità e dalle incer-tezze degli scenari 4.0.Da un lato, le caratteristiche non solotecnologiche ed economiche, maanche sociali e culturali dei nuovi pa-radigmi, modificano la struttura “iden-titaria e rappresentativa” dei modelli edegli ecosistemi tradizionali.Dall’altro, l’asincronia di un “mondo a2 velocità” ( alla accresciuta velocitànello scambiare e acquisire informa-zioni e conoscenza fa riscontro la len-tezza istituzionale delle dinamicherelazionali a tutti i livelli ), che ostacolae rallenta il processo di formazione /decisione / attuazione delle policies equindi la necessità di farlo evolvere informa di sistema più integrato e piùpartecipato.In secondo luogo, va tenuto contodegli sviluppi del decentramento con-trattuale e dei suoi possibili effetti suirisultati di impresa, sulla elasticità eadattabilità al cambiamento, sulla ri-duzione dei tassi di disoccupazione.Dunque, fermo restando il ruolo indi-spensabile delle politiche nazionali, sipotrebbe rafforzare la funzione diecosistema della dimensione territorio,da cui rilanciare produzione e produt-tività, occupazione stabile e reddito,sostenibilità, inclusione e legami so-ciali.E’ vero!! Il tessuto produttivo del Paeseè costituito da micro, piccole e medieimprese che hanno di fronte sfide

enormi: dimensioni, innovazione tec-nologica, manageriale e gestionale. Ma sono anche quelle che, laddovehanno innovato, sono riuscite a resi-stere alla crisi e anche a crescere. E co-munque, basta guardare i dati,rappresentano il “forziere” dell’occupa-zione. Un dato che ha però una con-troindicazione: mancano i numeri e lecompetenze innovative.Su questo fronte l’ istruzione e la for-mazione 4.0 sono ancora indietro.Non c’è dubbio che la formazione deifondi interprofessionali nei luoghi dilavoro – da sviluppare e diffondere ul-teriormente e da adattare in perma-nenza alla velocità della innovazionetecnologica – è attiva e funziona. Il vero punto critico è, però, la neces-sità di rendere integrato, permanenteed efficace il circuito istruzione - la-voro, a partire dalla fase di orienta-mento.Su questo, vale la pena ricordare il va-lore degli ITS e delle varie iniziative dididattica innovativa sparse nel territo-rio, come ad esempio il progetto“STEAM” ( Science Tecnology Enginee-ring and Manufacturing – la A sta perArte ). L’attuale capitale sociale dei territori –che racchiude il patrimonio tangibiledi saperi e di competenze, di relazionisociali, di spirito civico e comunitario– va allora implementato con un forteinvestimento in capacità professionale.La Quarta Rivoluzione Industriale nonpuò essere affrontata solo con politi-che industriali appropriate all’am-piezza del cambiamento. Occorronoanche – oltre ai cluster tecnologici,alle carte, agli accordi e ai protocolli –azioni collettive che aiutino le imprese,le lavoratrici e i lavoratori e le nuove

generazioni ad essere più forti per af-frontare la transizione.Nella dimensione territorio può diven-tare allora più autentica e tangibile lacentralità della persona, se la comu-nità di cui fa parte ( azienda, sinda-cato, comune, distretto, regione ) gliriesce a trasmettere e a declinare sem-pre di più la sua valorizzazione e tu-tela.Iniziative ed esperienze sparse nel ter-ritorio ce ne sono e non sono poche.Il Sindacato Confederale, in generale,e la UIL, in particolare, insieme alle Ca-tegorie e attraverso la ContrattazioneCollettiva e la Bilateralità – in azienda,a livello di Sito e di Distretto, a livelloterritoriale – potrebbe sollecitare gliinteressi e la volontà di tutti i soggettiin campo per sviluppare una “capacitàsistemica integrata e strutturata”, unavisione di rete che assorba e imple-menti le azioni per linee verticali svi-luppando forme orizzontali dinetworking collaborativo e proget-tuale.Lo scopo: interconnettere i bisognidegli individui, delle imprese, deigruppi sociali, delle rappresentanze edelle istituzioni e, infine, le fonti dellerisorse e degli strumenti accessibili.Una visione della partecipazione allagovernance che alimenti nel territorio– attraverso Piattaforme Sociali per lagestione condivisa dei flussi di dati, in-formazioni e conoscenza – un pro-cesso innovativo dei modelli dirappresentanza e dei rispettivi stru-menti di comunicazione e diffusione.

Partecipazione alla governanceLa frontiera del TerritorioDi Romeo Scarpari

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Il sindacato e l’Europa

del principio di territorialità e la con-seguente necessità di una regolamen-tazione a carattere extraterritoriale,che si cerca di risolvere con accorditransnazionali. L’assenza di una legi-slazione a vocazione universale creaperò problematiche in materia di con-trattazione collettiva transnazionale,come ad esempio l’identificazione deisoggetti legittimati a stipulare le in-tese. Questa è materia di continuo di-battito all’interno delle OrganizzazioniSindacali Internazionali impegnatenella predisposizione di un quadrogiuridico e negoziale per governare eindirizzare l’operato delle Multinazio-nali.

Gli strumenti, formali e sostanziali, cisono: la Strategia Europea per la RSI, iPiani Nazionali dei Paesi Europei, gliorientamenti e i Piani dell’ONU, leLinee Guida dell’OCSE la cui diffusionee controllo in Italia sono attribuiti alPCN (Punto di Contatto Nazionale)istituito presso il MISE, le ConvenzioniILO, i CAE.

Tra questi rivestono un ruolo partico-lare gli accordi-quadro internazionali

Oggi le imprese, spinte della necessitàdi essere competitive sui mercati glo-bali e aiutate dalla legislazione europeain materia di società e di mercati finan-ziari, si muovono con sempre minorsforzo all'interno del mercato unico eu-ropeo al di là delle frontiere nazionali e,di conseguenza, le catene e le filiere dicreazione del valore sono divenutemaggiormente transnazionali. In questo contesto, i diritti di parteci-pazione agli organi dell'impresa e levarie forme pratiche di cooperazioneesistenti a livello nazionale, rischianodi diventare inutili se non superano leproprie frontiere.Particolare preoccupazione destano leMultinazionali. E’ da sempre evidentee tangibile l’irritazione e la resistenzacon cui le Grandi Compagnie si op-pongono a tutte quelle regole e con-venzioni sugli standard di qualità e ditutela, in Europa e nel mondo, in ma-teria di produzione e commercio, nonrispettandole o scavalcandole, cau-sando in tal modo l’abbattimentodegli standard in termini di diritti equalità del lavoro.Nell’ultimo decennio il processo di

globalizzazione ha comportato uncambiamento dello scenario, asse-gnando alle grandi società multina-zionali un ruolo di primo piano, sulrispetto dei diritti in modo spessomolto più sostanziale del governo chele ospita, in termini economici, socialie ambientali. Le imprese multinazionali si ritrovanospesso a violare i diritti umani fonda-mentali e del lavoro, è necessario dun-que che esse assumano un livello di

maggiore responsabilità in merito aipropri comportamenti in relazione a:diritti umani, diritti dei lavoratori,protezione e salvaguardia dell’am-biente, protezione dei consumatori,trasparenza e correttezza della pubbli-cità e dell’informazione, qualità e sicu-rezza del prodotto, salute dei cittadini,lotta alla corruzione, fiscalità, sovranitànazionale e rispetto delle comunità lo-cali e dei diritti delle popolazioni indi-gene.Ma, dato che non esiste una legisla-zione universale che introduce obblighigiuridici in capo alle Multinazionali, oc-corre individuare chi può intervenire, econ quali strumenti, per governare ilcomportamento socialmente respon-sabile di questi importanti attori delmercato globale. Uno dei grandi pro-blemi di natura giuridica sono i limiti

Globalizzazione e ruolo del sindacato: gli accordi transnazionali Di Bianca Cuciniello

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Il sindacato e l’Europa

E’ stata pubblicata la nuova direttiva2018/957 sul distacco transnazionale deilavoratori che integra e modifica la nor-mativa europea emanata fino ad oggi. La direttiva tenta di uniformare unanormativa che riguarda 28 Paesimembri, tutti con trattamenti e situa-

zioni lavorative diverse tra loro. Oc-corre camminare in equilibrio tra lalibertà d’impresa, il dumping salarialee conseguentemente di mercato, i di-ritti e le tutele dei lavoratori e la qua-lità del lavoro. La normativa si riferisce a diverse tipo-logie di lavoratori, partendo da quellicoinvolti negli appalti pubblici, ai lavo-ratori dipendenti di agenzie di sommi-nistrazione, ai lavoratori infragruppo,fino ai lavoratori del trasporto. Anzitutto occorre chiarire, che un lavo-ratore è definito in distacco transnazio-nale dopo almeno 12 mesi dipermanenza lavorativa in uno Statomembro diverso da quello di apparte-nenza e che qualora l’impresa deci-desse di sostituire un lavoratoredistaccato con un altro con le stessemansioni del primo è prevista la pos-sibilità di sommare i periodi di di-

stacco, solo a condizione di non ecce-dere il suddetto periodo.Con la nuova direttiva, finalmente, perla definizione del compenso del lavo-ratore distaccato in sostituzione dellanozione di “tariffa minima” è stata in-trodotta quella onnicomprensiva di

“retribuzione”, nettamente migliora-tiva, includendo tutti gli elementi co-stitutivi del salario. A partire dal 30 luglio 2020, termineultimo per recepire la Direttiva, ai la-voratori distaccati dovrà essere appli-cato il trattamento retributivo delPaese ospitante, qualora di miglior fa-vore, mentre continueranno a persi-stere ancora incongruenze sul calcolodella contribuzione previdenziale edel suo versamento all’Ente preposto. Sebbene la soluzione proposta po-trebbe sembrare facilmente applica-bile, così non è, poiché talidisposizioni sono vincolate ai CCNL diriferimento, stipulati dalla OO.SS.maggiormente rappresentative e conefficacia “erga omnes”, e su questo noiabbiamo ancora da lavorare.

Novita’ in tema di distacco transnazionaledei lavoratoriDi Fernando Mariani

che vengono generalmente stipulatitra le società multinazionali e le Orga-nizzazioni Sindacali internazionali chein molti casi sono supportate dai Co-mitati Aziendali Europei (CAE). Tali Ac-cordi definiscono standard minimi alivello d’impresa validi in tutti i Paesiin cui essa è presente e si rivelano unostrumento efficace per limitare il dum-ping sociale. Hanno, poi, l’obiettivo difar garantire, da parte delle impresemultinazionali nell’ambito della loroattività d’impresa, il rispetto dei CoreLabour Standards, i principi interna-zionali del lavoro, disciplinati dall’Or-ganizzazione Internazionale delLavoro (ILO) e che ricomprendonoprincipi come il divieto di discrimina-zione, il divieto di lavoro forzato e mi-norile, fino alla tutela della libertàsindacale.

Gli accordi-quadro transnazionalisono una delle principali risposte sin-dacali, in termini di soft law, alla glo-balizzazione dei mercati econtribuiscono allo sviluppo del dia-logo sociale transfrontaliero tra im-prenditori ed Organizzazioni Sindacalie federazioni di categoria. La Uil è dasempre impegnata anche su questoterreno. Perché solo con un conce-zione forte del sindacato europeo sipotranno arginare gli effetti negatividella globalizzazione.

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qualsivoglia motivo solo 4 di esse par-tecipano effettivamente al tavolo ne-goziale il contratto sarà efficace edesigibile solo se sottoscritto da al-meno 3 Rsu e non 2. Ulteriore speci-fica riguarda i c.d. Accordi di gruppo.Laddove questi accordi non riman-dino a specifiche intese di stabili-mento, saranno efficaci solo sesottoscritti dalla maggioranza delleRsu presenti nel coordinamento enon, semplicemente, se siglati dallamaggioranza dei membri di quest’ul-timo. Su questo aspetto, ad onor delvero, i Ccnl hanno ammesso eccezioniche sono, però, di natura endosinda-cale e non inficiano, quindi, il principio

che muove il T.U. (eventuale affianca-mento da parte delle strutture territo-riali o nazionali). Discorso diverso deve essere fatto, in-vece, se in azienda operano RSA. Inquesto caso, infatti, l’Accordo è effi-cace ed esigibile se sottoscritto darappresentanti sindacali aziendali no-minate da Organizzazioni sindacaliche, nell’anno precedente a quellodella stipula del contratto, risultanoessere depositarie della maggioranzadelle deleghe sindacali in azienda cer-tificate secondo quanto previsto inmateria di misurazione dallo stessoT.U.. Questo perché, mentre le RSUsono espressione diretta delle lavora-trici e dei lavoratori che le eleggonosulla base di liste concorrenti, le RSArappresentano direttamente le Orga-nizzazioni Sindacali che le hanno no-

Nell’ultimo focus abbiamo provato achiarire meglio cosa sono gli Accordisulla rappresentanza e rappresentati-vità delle Organizzazioni Sindacali, inquesto, invece, intendiamo entrarepiù nello specifico di un tema sulquale molte volte ci sono pervenutedomande e perplessità. Ci riferiamo, inparticolare, a quell’insieme di regoleche rendono efficace ed esigibile lacontrattazione di secondo livello.Molto rapidamente, ci teniamo a sot-tolineare che la certificazione e misu-razione della rappresentanza delleOO.SS per la stipula dei Contratti Na-zionali di Lavoro rientra in questa te-matica solo in via indiretta: il 5% peraccedere al tavolo delle trattative, cosìcome il 50% + 1 per la presentazionedelle piattaforme e, infine, lo stesso50% + 1 per l’efficacia ed esigibilitàdegli Accordi sottoscritti sono “soglie”che valgono esclusivamente per la sti-pula dei Ccnl. Ma allora, alla luce del T.U. Cgil, Cisl, Uile Confindustria del 10 gennaio 2014(vedremo più avanti le differenze congli altri Accordi sottoscritti con le altreassociazioni datoriali) quali sono le re-gole che interessano direttamente lacontrattazione di secondo livello?Quando un contratto aziendale è de-finibile efficace ed esigibile per tutti ilavoratori impiegati in quella impresa?A queste domande bisogna dare unaduplice risposta, ed è proprio questoche ingenera qualche fraintendi-mento. Infatti, se in quell’azienda ope-rano RSU l’Accordo è “valido” sesottoscritto dalla maggioranza di que-ste ultime. Si tratta, si badi bene, dellamaggioranza effettiva e non legataalla presenza o assenza al tavolo ditrattative di qualche rappresentanteeletto. Per chiarire, se in una aziendasono state elette 6 Rsu, ma per un

Pillole di rappresentanza

minate e indirettamente le lavoratricie i lavoratori, che esprimono la loroadesione alla nomina attraverso lasottoscrizione delle deleghe sindacali.Ultimo aspetto da dover sottolineareè costituito dalle eventuali modalità diconsultazione delle lavoratrici e dei la-voratori. Su questo punto, bisognachiarire da subito che laddove ope-rino RSU il T.U. non prevede il ricorsoal referendum. Questo per il motivoche laddove un Accordo venga giudi-cato negativamente dalle lavoratrici ei lavoratori, questi ultimi hanno la pos-sibilità di far pesare il proprio dissensonelle elezioni delle RSU. Ciò non signi-fica che non è possibile far ricorso alreferendum ma, semplicemente, cheesso non ha valenza ai sensi del T.U. erimane, quindi, di carattere (tenendoconto delle specificità settoriali) pura-mente consultivo. Anche in questo caso, però, il discorsocambia se ci si trova in presenza diRSA. In tal caso, infatti, il T.U. prevedeil ricorso al referendum, esclusiva-mente abrogativo, se richiesto, entro10 giorni dalla conclusione del con-tratto, da almeno una organizzazionesindacale espressione di una delleConfederazioni sindacali firmatariedel T.U. o almeno dal 30% delle lavo-ratrici e dei lavoratori dell’impresa, edè valido se prendono parte al voto al-meno il 50% + 1 degli aventi diritto ecioè del personale in forza all’azienda. Prima di concludere resta da accen-nare a quegli Accordi Interconfederalisulla rappresentanza, come quellodelle Cooperative o del settore arti-giano, che prevedono intese a livelloterritoriale. In questi casi, i contrattiterritoriali sono efficaci ed esigibili sesottoscritti da Organizzazioni Sinda-cali, firmatarie degli Accordi Intercon-federali di riferimento, che hanno unarappresentanza certificata, in quel ter-ritorio, pari al 50% + 1. Sperando di aver chiarito qualchedubbio, vi anticipiamo che nel pros-simo focus ci soffermeremo sulle re-gole per le elezioni delle RSU.

Efficacia ed esigibilità della contrattazione di 2° livelloDi Michele Tartaglione

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La situazione economica del nostroPaese presenta caratteri di forte dram-maticità. Non si tratta di indulgerenella peculiare retorica del pessimi-smo catastrofista. Bensì di prendereatto e di sottolineare come la nostracrescita non sia per nulla rassicurante.Troppo flebile, troppo incerta, troppodistante da quella delle altre econo-mie europee, solo per rimanere ad unmondo a noi vicino. Infatti, pur in pre-senza dei rituali e sempre più pres-santi appelli all’unità, politica,economica e sociale del nostro conti-nente, le rivalità e le concorrenze tra ivari Stati nazionali non diminuiscono.Anzi. Non a caso, non è mai tramon-tata l’ipotesi di una Europa a diversevelocità. Il che equivale ad operareuna distinzione concettuale tra Stativirtuosi e Stati meno affidabili. Tutta-via, il meccanismo previsto dalla U.E.consente di utilizzare proficuamentele risorse finanziarie per gli investi-menti infrastrutturali. In questo senso,il contenzioso da aprire con Bruxellespresenta aspetti estremamente con-creti. Per andare sul concreto e perrendere chiaro il nostro pensiero, l’Ita-lia ha stipulato accordi internazionali,prescindendo dai Governi al mo-mento in carica. Rimetterli in discus-sione dopo anni e anni di discussioni ,verifiche e coinvolgimento delle mol-teplici istanze partecipative, non con-tribuisce a migliorare l’immagine e lacredibilità italiana all’estero. Ridurre laTAV soltanto al tratto Lione-Torino è ri-duttivo e fuorviante. Altri Stati nazionisono coinvolti. Hanno assunto degliimpegni politici e finanziari. Diversa-mente, si abbia l’onestà intellettuale diproclamare l’autarchia economica el’indisponibilità italiana agli accordi in-

ternazionali. Stesso discorso vale per la TAP pugliese. Molti territori italianihanno la necessità di modernizzare la dotazione infrastrutturale, ormai obsoletaperché databile al periodo del boom economico degli anni sessanta, massimosettanta, del novecento. Questo incide, tra le altre cose, sulla competitività dellenostre merci sui mercati internazionali. La componente costi di trasporto, ac-canto a quella energetica, rappresenta uno degli oneri più considerevoli dei no-stri prodotti. Non comprenderlo significa condannarsi alla prospettiva delridimensionamento drastico del nostro apparato produttivo. Allora, quel cheserve più in generale è una nuova politica industriale che, partendo dai fattoriproduttivi, sappia individuare quali sono le linee strategiche sulle quale investirerisorse pubbliche e private. In quest’ottica, un grande piano di ammoderna-mento infrastrutturale del Paese, attraverso il coinvolgimento anche delle PartiSociali, non è più rinviabile. E’ necessario, innanzitutto, incrementare le politichedi sostegno ed implementazione della rete autostradale che avrebbe, tra l’altro,ricadute importanti in termini occupazionali, consolidando professionalità spe-cialistiche del comparto che risultano essere leader non solo in Italia, ma nelmondo. Il tragico avvenimento di Genova deve servire da monito: è necessariomettere in campo una politica di investimenti e progettualità infrastrutturaleseria, repentina e concreta, perché quanto è avvenuto tra le corsie di quel pontenon deve mai più ripetersi.

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Riflessioni

Le infrastrutturenecessarieDi Enzo Canettieri

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