periodico dell’istituto per la formazione al giornalismo

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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Quindicinale - 12 marzo 2010 - Anno 20 - Numero 4 Ducato on line: www.uniurb.it/giornalismo Distribuzione gratuita Poste Italiane Spa-Spedizione in a.p. - 70% - DCB Pesaro Oltre 500 ettari di terreno e più di 30 edifici dentro e fuori dal cen- tro storico: questo il patrimonio dell’ateneo di Urbino che supera i cento milioni di euro di valore. Un’espansione iniziata negli ‘60 sotto la regia di Carlo Bo. Ora co- mincia la fase della vendita: “Ra- zionalizzeremo costi e spazi”, annuncia il prorettore Stocchi. a pagina 13 L’impero immobiliare Università In vista delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo, il Ducato in- tervista i tre candidati alla guida della Regione Marche. Dopo il presidente uscente, Gian Mario Spacca, è la volta del candidato del centrodestra, Erminio Mari- nelli, e della Sinistra, Massimo Rossi. Entrambi critici con l’o- perato della Giunta uscente. a pagina 6 Scappa dalla capitale del Tibet quasi vent’anni fa per sfuggire alla “politica cinese”. Dopo un lungo viaggio che passa per l’In- dia, il Canada e gli Stati Uniti, Kuyu Lama, monaco tibetano d’alto rango, approda a Urbino dove da dieci anni vive, medita, insegna il buddismo... e fa mira- coli. a pagina 5 Il Lama dei miracoli Personaggi Acqua, cristallina ma costosa Sorgenti incontaminate, crescono però gli acquisti di depuratori domestici A Urbino le bollette più care delle Marche. Si paga per l’alta qualità L’EDITORIALE G dal Settecento in Norvegia il borgomastro di ogni cittadina, alla fine di ogni lavoro, la costruzione di una fontana o di una scuola, l’a- pertura di una strada , metteva tutte le carte su un tavolo, in una stanza apposita, nella sede del Municipio e i membri della comunità andavano a guardarsi anche le ricevute dell’imbianchi- no, i soldi spesi fino all’ultima moneta. Gli specialisti dicono che da que- sta tradizione della casa di vetro è nata, proprio lì nei paesi scandi- navi dopo la seconda guerra mondiale, la legge che garantisce il diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione: il famoso Freedom of Information Act che dal 1966 è stato varato (e via via migliorato) anche negli Stati Uniti. E che ormai è legge in circa ottanta Paesi democratici, in Occidente, compresa l’India. Nel primo giorno del suo manda- to Obama ha firmato tre docu- menti per muovere verso una “nuova era di trasparenza” dopo i limiti dell’era Bush (Erano stati perfino vietate le foto delle bare di soldati uccisi in Irak). Praticamente questa legge c’è dappertutto meno che in Italia dove esiste soltanto una generica affermazione di principio forte- mente osteggiata nella realtà quotidiana. A incominciare da Urbino. Anche in questi giorni, per realizzare questo numero del “Ducato”, i nostri cronisti hanno fatto domande: alla Polizia stra- dale sul rispetto del codice, alla Asl sulla qualità dell’acqua pota- bile: E ogni volta problemi, dinie- ghi, ostacoli. Un giornale, è naturale, va in giro Spesso il problema specifico trova una soluzione per interven- to finale del “grande capo” (sin- daco, presidente, rettore) che, forte della propria autorità, con- cede in prima persona l’informa- zione dovuta. Una vera pena. “Il Ducato” non vuole educare nessuno ed è anche consapevole che la mancanza di trasparenza degli atti pubblici (grandi e pic- coli) è un male nazionale antico. Ma qui non si tratta di forzare la serratura di segreti di Stato. E’ un passo in avanti che una comuni- tà seria deve fare. Il sindaco di Urbino potrebbe decidere di mettere da oggi in poi in una stanza aperta del Comune tutte le carte dei lavori a inco- minciare dalle strutture di Santa Lucia e dell’ex consorzio. In una Italia nelle condizioni che leggiamo ogni giorno sulla stampa il suo gesto finirebbe sui giornali. Coraggio, sindaco. Sarebbe un bel- l’esempio che viene da Urbino. [email protected] La linea d’ombra del Potere Fra il 2007 e il 2008 a Urbino la spesa per l’acqua è aumentata del 14,4%. Si tratta della nona variazione più significativa fra tutte le regioni italiane. Negli stessi anni la spesa media annua è sempre stata al di sopra sia della media regionale, di per sé più alta di quella ita- liana, che di quella nazionale. Questo perché a Urbino l’acqua costa oltre il 60% della media nazionale e il 21% in più di quella marchigiana. Quella che sgorga dai rubinetti - cominciando il suo percorso dalle sorgenti del Monte Nerone - è un’acqua di qualità. Le analisi biochimiche dimo- strano che nella rete idrica di Urbino scorre un’acqua che rispetta pienamente tutti i parametri qualitativi fissati per decreto nel 2001. Rimane, però, il problema della dispersione idrica, anche se in misura minore rispetto alla media nazionale. Secondo le ditte che si occupa- no di idraulica sono in aumen- to le installazioni di depuratori domestici. Nonostante i tecnici stessi garantiscono che l’acqua delle case di Urbino è più che buona, gli urbinati non si fida- no di bere dal rubinetto e pre- feriscono l’acqua minerale dei supermarket. Infatti, qualsiasi sia la marca, le bottiglie vanno a ruba. alle pagine 2 e 3 T raffico paralizzato, strade bloccate, servizi interrotti, forti disagi per tutti. Questi gli effetti dell’ul- tima nevicata, martedì 9 marzo, la dodicesima dall’inizio di un inverno particolarmente rigido. La dodicesima neve Tempi duri per i locali del centro della città ducale. Dal 2007 l’ora- rio di chiusura è alle 02.00 del mattino. La serata di punta è il giovedì, ma dopo cena si esce sempre di meno e ad andare per la maggiore sono i locali dove si può ascoltare musica dal vivo. Tra gli studenti c’è chi si accontenta così, altri invece vorrebbero poter variare di più. a pagina 10 Sera per sera tutti i locali della movida Divertimento Marinelli e Rossi per cambiare Speciale elezioni a fare domande alle strutture pubbliche per conto dei cittadini. E quando “il Ducato” riceve un rifiuto – e succede spesso - è come se quel “no” fosse detto in faccia agli urbinati interessati alla que- stione richiesta. Anche nelle cose più banali si nota, insomma, una costante ed estrema difficoltà ad avere infor- mazioni e documenti . La persona chiusa nella sua stanzetta ha come una paura di infrangere una rego- la. Non vuole “prendersi responsa- bilità”. Invoca autorizzazioni necessarie dei superiori, rinvia qualche volta addirittura…a Roma. Chiama in causa, in tutta la sua forza muta, un mostro sempre presente: la burocrazia.

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Page 1: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Quindicinale - 12 marzo 2010 - Anno 20 - Numero 4Ducato on line: www.uniurb.it/giornalismo

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Oltre 500 ettari di terreno e più di30 edifici dentro e fuori dal cen-tro storico: questo il patrimoniodell’ateneo di Urbino che superai cento milioni di euro di valore.Un’espansione iniziata negli ‘60sotto la regia di Carlo Bo. Ora co-mincia la fase della vendita: “Ra-zionalizzeremo costi e spazi”,annuncia il prorettore Stocchi.

a pagina 13

L’imperoimmobiliare

Università

In vista delle elezioni regionalidel 28 e 29 marzo, il Ducato in-tervista i tre candidati alla guidadella Regione Marche. Dopo ilpresidente uscente, Gian MarioSpacca, è la volta del candidatodel centrodestra, Erminio Mari-nelli, e della Sinistra, MassimoRossi. Entrambi critici con l’o-perato della Giunta uscente.

a pagina 6

Scappa dalla capitale del Tibetquasi vent’anni fa per sfuggirealla “politica cinese”. Dopo unlungo viaggio che passa per l’In-dia, il Canada e gli Stati Uniti,Kuyu Lama, monaco tibetanod’alto rango, approda a Urbinodove da dieci anni vive, medita,insegna il buddismo... e fa mira-coli.

a pagina 5

Il Lamadei miracoli

Personaggi

Acqua, cristallina ma costosaSorgenti incontaminate, crescono però gli acquisti di depuratori domestici

A Urbino le bollette più care delle Marche. Si paga per l’alta qualità

L’EDITORIALE

Già dal Settecento inNorvegia il borgomastrodi ogni cittadina, alla fine

di ogni lavoro, la costruzione diuna fontana o di una scuola, l’a-pertura di una strada , mettevatutte le carte su un tavolo, in unastanza apposita, nella sede delMunicipio e i membri dellacomunità andavano a guardarsianche le ricevute dell’imbianchi-no, i soldi spesi fino all’ultimamoneta.Gli specialisti dicono che da que-sta tradizione della casa di vetro ènata, proprio lì nei paesi scandi-navi dopo la seconda guerramondiale, la legge che garantisceil diritto di accesso agli atti dellapubblica amministrazione: ilfamoso Freedom of InformationAct che dal 1966 è stato varato (evia via migliorato) anche negliStati Uniti. E che ormai è legge incirca ottanta Paesi democratici,in Occidente, compresa l’India.Nel primo giorno del suo manda-to Obama ha firmato tre docu-

menti per muovere verso una“nuova era di trasparenza” dopo ilimiti dell’era Bush (Erano statiperfino vietate le foto delle baredi soldati uccisi in Irak).Praticamente questa legge c’èdappertutto meno che in Italiadove esiste soltanto una genericaaffermazione di principio forte-mente osteggiata nella realtàquotidiana. A incominciare daUrbino. Anche in questi giorni,per realizzare questo numero del“Ducato”, i nostri cronisti hannofatto domande: alla Polizia stra-dale sul rispetto del codice, allaAsl sulla qualità dell’acqua pota-bile: E ogni volta problemi, dinie-ghi, ostacoli. Un giornale, è naturale, va in giro

Spesso il problema specificotrova una soluzione per interven-to finale del “grande capo” (sin-daco, presidente, rettore) che,forte della propria autorità, con-cede in prima persona l’informa-zione dovuta. Una vera pena.“Il Ducato” non vuole educarenessuno ed è anche consapevoleche la mancanza di trasparenzadegli atti pubblici (grandi e pic-coli) è un male nazionale antico.Ma qui non si tratta di forzare laserratura di segreti di Stato. E’ unpasso in avanti che una comuni-tà seria deve fare.Il sindaco di Urbino potrebbedecidere di mettere da oggi in poiin una stanza aperta del Comunetutte le carte dei lavori a inco-minciare dalle strutture di SantaLucia e dell’ex consorzio. In unaItalia nelle condizioni che leggiamoogni giorno sulla stampa il suogesto finirebbe sui giornali.Coraggio, sindaco. Sarebbe un bel-l’esempio che viene da Urbino.

[email protected]

La linea d’ombradel Potere

Fra il 2007 e il 2008 a Urbino laspesa per l’acqua è aumentatadel 14,4%. Si tratta della nonavariazione più significativa fratutte le regioni italiane. Neglistessi anni la spesa mediaannua è sempre stata al disopra sia della media regionale,di per sé più alta di quella ita-liana, che di quella nazionale.Questo perché a Urbino l’acquacosta oltre il 60% della medianazionale e il 21% in più diquella marchigiana.

Quella che sgorga dai rubinetti- cominciando il suo percorsodalle sorgenti del MonteNerone - è un’acqua di qualità.Le analisi biochimiche dimo-strano che nella rete idrica diUrbino scorre un’acqua cherispetta pienamente tutti iparametri qualitativi fissati perdecreto nel 2001. Rimane, però,il problema della dispersioneidrica, anche se in misuraminore rispetto alla medianazionale.

Secondo le ditte che si occupa-no di idraulica sono in aumen-to le installazioni di depuratoridomestici. Nonostante i tecnicistessi garantiscono che l’acquadelle case di Urbino è più chebuona, gli urbinati non si fida-no di bere dal rubinetto e pre-feriscono l’acqua minerale deisupermarket. Infatti, qualsiasisia la marca, le bottiglie vannoa ruba.

alle pagine 2 e 3Traffico paralizzato, strade bloccate, servizi interrotti, forti disagi per tutti. Questi gli effetti dell’ul-

tima nevicata, martedì 9 marzo, la dodicesima dall’inizio di un inverno particolarmente rigido.

La dodicesima neve

Tempi duri per i locali del centrodella città ducale. Dal 2007 l’ora-rio di chiusura è alle 02.00 delmattino. La serata di punta è ilgiovedì, ma dopo cena si escesempre di meno e ad andare perla maggiore sono i locali dove sipuò ascoltare musica dal vivo. Tragli studenti c’è chi si accontentacosì, altri invece vorrebbero potervariare di più.

a pagina 10

Sera per seratutti i localidella movida

Divertimento

Marinellie Rossi per cambiare

Speciale elezioni

a fare domande alle strutturepubbliche per conto dei cittadini.E quando “il Ducato” riceve unrifiuto – e succede spesso - è comese quel “no” fosse detto in facciaagli urbinati interessati alla que-stione richiesta.Anche nelle cose più banali sinota, insomma, una costante edestrema difficoltà ad avere infor-mazioni e documenti . La personachiusa nella sua stanzetta ha comeuna paura di infrangere una rego-la. Non vuole “prendersi responsa-bilità”. Invoca autorizzazioninecessarie dei superiori, rinviaqualche volta addirittura…aRoma. Chiama in causa, in tutta lasua forza muta, un mostro semprepresente: la burocrazia.

Page 2: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

il Ducato

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Acqua buona ma troppo caraNel 2008 bollette alle stelle: spese cresciute del 14,4% rispetto all’anno prima

Nella città ducale costa oltre il 60% della media italiana e il 21% in più di quella regionale

Ci mancava solo ilcaro-acqua. D’orain poi gli urbinatistaranno più at-tenti quando fa-ranno la doccia,

useranno la lavatrice o mette-ranno in funzione la lavastovi-glie. In un solo anno (fra il 2007e il 2008) la bolletta dell’acquaè aumentata di quasi il 15%: unvero e proprio salasso. I cittadi-ni non saranno contenti dellealte posizioni in cui si trova Ur-bino nelle varie classifiche sti-late dall’Osservatorio prezzi etariffe di Cittadinanzattiva.Marche Multiservizi, vicever-sa, si frega le mani. L’aziendache provvede alla distribuzio-ne del gas metano e alla raccol-ta dei rifiuti gestisce infatti an-che il servizio idrico integrato,quell’insieme di prestazionicomprese in quella che comu-nemente chiamiamo “bollettadell’acqua”. Il costo dei litri (omeglio metri cubi) realmenteconsumati infatti, pur rima-nendo quello più salato, è solouna delle quattro voci alla qua-le si affiancano un canone didepurazione, un canone di fo-gnatura e una quota fissa. Urbino. Secondo Marche Mul-tiservizi, le famiglie urbinaticonsumano mediamente 140metri cubi (1 metro cubo = 1000litri) di acqua all’anno e nel2009 hanno speso in media 270euro per il servizio idrico. Ri-spetto al 2008 (260 euro) c’èstato un leggero aumento dicirca 10 euro, comunque supe-riore a quello di 3 euro registra-to fra il 2007 (257 euro) e il 2008.Questi dati collidono però, enon di poco, con quelli riporta-ti da un approfondito studio diCittadinanzattiva che ha inve-ce registrato una spesa mediaper l’acqua a Urbino di 327 eu-ro nel 2007 e di 374 nel 2008. Ildiverso volume di consumomedio a cui fanno riferimento idue studi (130 mc quello diMarche Multiservizi, 192 mcquello di Cittadinanzattiva)potrebbe però non bastare agiustificare del tutto le diffe-renze nelle spese medie regi-strate.Secondo le rilevazioni di Citta-dinanzattiva, Urbino è sesta (oaddirittura quarta se si consi-dera il pari merito fra Firenze,Pistoia e Prato) nella classifica2008 delle città dove l’acquacosta di più (Pesaro è undicesi-ma con 332 euro di spesa). Pro-prio insieme a Pesaro, Urbino èl’unica provincia delle Marchein cui, nel 2007 (327 euro) e nel2008 (374 euro), la spesa mediaper l’acqua è stata superiore al-la media di spesa regionale(270 euro nel 2007 e 290 euronel 2008). Urbino risulta anche nona nel-la graduatoria delle città chehanno registrato il maggior au-mento della spesa per l’acquadal 2007 al 2008 grazie ad unavariazione di +14,4%. Anche inquesto parametro la città du-cale detiene un primato regio-

FEDERICO DELL’AQUILA

nale: insieme ad Ancona (quat-tordicesima in questa classifi-ca con un +11,5%), Urbino è in-fatti l’unica provincia marchi-giana con una variazione dellaspesa maggiore dell’aumentomedio regionale (+7,4%). Marche. A sua volta, la regioneMarche ha registrato un au-mento della spesa per l’acqua(+7,4% appunto) fra il 2007 e il2008 maggiore della variazionemedia nazionale (+5,4%). Inparticolare, quella marchigia-na è la quarta variazione più si-gnificativa fra tutte le regioniitaliane. In generale, sia nel2007 che nel 2008, le Marche sisono confermate la quinta re-gione in cui l’acqua è costata dipiù. In particolare, nel 2008 lasola fornitura dell’acqua peruso domestico (esclusi quindi icanoni di depurazione e fogna-tura e, ovviamente, la quota fis-

sa) se in Italia costava in media65 centesimi di euro al metrocubo, nelle Marche costavaben 86 eurocent a mc., una ta-riffa superiore anche alla me-dia del centro Italia pari a 75centesimi al mc. Andando nel-lo specifico delle quattro vocipresenti nella bolletta dell’ac-qua, in ben due (i mc consuma-ti e il canone di depurazione) lespese medie registrate nella re-gione (rispettivamente 167 e 77euro) superano la medie nazio-nali (126 e 74 euro) facendodelle Marche la terza regionepiù cara d’Italia relativamentea questi due parametri. Per lealtre due voci in bolletta invece(canone di fognatura e quotafissa) le spese medie registratenella regione (29 e 17 euro) so-no risultate inferiori alla medianazionale (34 e 19 euro) facen-do scendere le Marche al nono

Da Apecchioa New York Galvanina Blu e Prestige.Due acque minerali che,imbottigliate alla fonte diVal di Meti (Apecchio), arri-vano fino alla Grande Mela:sono vendute nella catenaWhole Food Supermarkets.Il merito è di Rino Mini, cheacquisisce la fonte nel2007, dopo i fallimenti diSan Paolo e della Italfin diGiuseppe Ciarrapico. (a.t.)

LA CURIOSITA’

A sinistra, la casca-ta del fiumeMetauro aFermignano. Nellapagina accanto inalto, il depuratore inzona Sasso aUrbino; in basso unaddolcitore, depura-tore domestico chefunziona grazie all’u-tilizzo di resine

posto nelle due rispettive gra-duatorie. È per tutti questi mo-tivi che nel 2007 e nel 2008 laspesa media per l’acqua dellefamiglie marchigiane (270 e290 euro) è risultata superiorealla media nazionale (240 e 253euro). Italia. La crescita della spesaper l’acqua non è un fenomenoche riguarda solo le Marche,ma tutta l’Italia. Secondo datiIstat, in meno di nove anni, dalgennaio 2000 a luglio 2009, ilcosto dell’acqua è quasi rad-doppiato (+47%). Fra il 2007 e il2008 l’incremento medio è sta-to del 5,4% con aumenti a duecifre in ben 15 città, fra cui pro-prio Urbino (+14,4%). Con bensette città fra le prime 10 più ca-re, nel 2008 la Toscana è stata laregione con le tariffe dell’ac-qua mediamente più alte.

[email protected]

Caratteristiche dell’acqua di Urbino

cloruri 250 mg/l 24 mg/lfloruri 1,5 mg/l 0,27 mg/lnitrati 50 mg/l 3,3 mg/lsodio 200 mg/l 14 mg/ldurezza totale 15-50 °F 22,7 °Fresiduo fisso 1500 mg/l 312 mg/l

PARAMETRI VAL. MAX D.LGS.31/2001

VALORI

Costi e spese dell’acqua

costo acqua al metro cubo

spesa media annua 2007

1,05 euro/mc*

327 euro

spesa media annua 2008

variazione spesa 2007-2008

374 euro

+14,4%

MARCHE ITALIA

0,869 euro/mc 0,656 euro/mc

253 euro290 euro

240 euro270 euro

+5,4%+7,4%

I dati sulle carat-teristiche dell’ac-qua sono diMarcheMultiservizi.Quelli sui costi ele spese diCittadinanzattiva.*: nostra elabo-razione.

URBINO

Page 3: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

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PRIMO PIANO

Rete idrica di qualità nonostante la dispersione

Dalle sorgenti vergini del Monte Neronealle abitazioni di Urbino

Mia povera/ fon-

tana/ il male/che hai/ il cuore/mi preme./ Sitace/ non getta/più nulla. Non

che la fontana di piazza dellaRepubblica abbia i problemi diquella citata da Palazzeschi ne“La fontana malata”. Anzi.Semmai, e solo durante l’esta-te, ha bisogno di qualche “inte-grazione”. A Urbino infatti l’ac-qua non manca. La rete idricasfrutta le sorgenti del monteNerone, “e solo nei periodi esti-vi e siccitosi parte dell’acquaarriva anche dal Metauro, perla precisione da Calmazzo”. Lospiega Marco Toni, direttoredell’Aato 1 (Autorità di ambitoterritoriale ottimale), un enteche si occupa di organizzare,regolare e controllare il servi-zio idrico di una rete di comu-ni, in questo caso quelli dellaprovincia di Pesaro-Urbino.Quella che sgorga dai rubinettiè anche un’acqua di qualità. La“potabilità” è fissata per decre-to legislativo - il 31 del 2001 - el’acqua di Urbino, secondo lamedia dei risultati relativi al2009 forniti dall’Aato (dallaAusl, purtroppo, è un’impresaottenere dei dati), è ottima sot-to ogni aspetto. Partiamo dalsodio, ovvero la quantità di sa-le presente nell’acqua, che siattesta a 14 milligrammi per li-tro, ben al di sotto del limite di200. I floruri sono 0,27 milli-grammi per litro rispetto a unmassimo di 1,50; i nitrati, dan-nosi per la salute, sono appena3,3 su un limite di 50; 24 i milli-grammi per litro di cloriti, cen-to volte sotto il massimo con-sentito. Ma l’eccellenza del-l’acqua dei rubinetti urbinatideriva dalla durezza totale (os-sia la quantità di sali di calcio emagnesio), pari a 22,7 gradifrancesi, valore che sta a metàfra il minimo (15) e il massimo(50) previsto. Ultimo il residuofisso – la quantità di sali mine-rali che rimarrebbero in unapentola dopo aver fatto evapo-rare un litro d’acqua - che è di312 milligrammi per litro (mas-simo consentito: 1500). Ma è larete idrica marchigiana che,nel complesso, fornisce un’ac-qua di buon livello. Soltantol’acqua di Gabicce, dal 2004 al2006, ha goduto di una derogaal livello di cloriti stabilito perdecreto. E’ interessante sapereche, lo stesso decreto, contienedelle restrizioni particolari. Peresempio, l’acqua della reteidrica non può contenere piùdi 200 milligrammi di ferro perlitro, mentre per l’acqua im-bottigliata il limite non esiste.Ma le disparità di trattamento asfavore del rubinetto riguarda-

Acqua addolcita, cioè de-purata dal carbonato dicalcio. Oppure microfil-

trata dai batteri. Gli urbinati siattrezzano con depuratori do-mestici perché non si fidanodel rubinetto di casa. Un au-mento delle installazioni di-rettamente proporzionale allavendita dell’acqua in bottiglia.Secondo il rapporto nazionaleBeverfood 2008-2009 un ita-liano su tre non si fida di beredal rubinetto. E Urbino segueperfettamente la tendenza,nonostante siano gli stessi in-stallatori di impianti di depu-razione a spiegare che dallesorgenti del monte Neronesgorga acqua purissima. Lastessa che rifornisce l’acque-dotto cittadino.“Abbiamo registrato un au-mento di impianti di depura-tori domestici del 10% rispettoallo stesso periodo dello scor-so anno – fa i conti Lorenzo Za-narelli, della ditta termoidrau-lica Luca Gulini - e quasi del50% circa rispetto a cinque an-ni fa”. E aggiunge: “La richiestaarriva soprattutto dalle frazio-ni e da privati cittadini che at-tingono da pozzi o sono servi-ti da acquedotti locali, caratte-rizzati da una maggiore durez-za dell’acqua”. La durezza è laproprietà chimica che indicala presenza di carbonato dicalcio, che nell’acqua potabilenon deve superare certi para-metri. L’addolcitore è lo stru-mento che rende l’acqua più“leggera” e permette di porta-re i valori nella norma, attra-verso l’utilizzo di resine chetrattengono il carbonato dicalcio. Costo: fino a 1200 euro.E la copertura di un addolcito-re vale per tutta l’acqua di ca-sa. “Grazie a un sistema del ge-

nere si possono lavare i pannicon meno sapone – concludeZanarelli – e si mantengonopiù pulite le tubature”. Gli im-pianti di microfiltrazione, al-tro tipo di depuratori domesti-ci, si applicano invece a un so-lo rubinetto. Si tratta di un si-stema di filtri con membranesemipermeabili, che lascianopassare solo alcune molecole etrattengono nitrati e batteri.“Consiglierei la microfiltra-zione a chi ha una famiglia –sostiene l’idraulico AndreaCarcianelli – perché l’acquacon cui si lavano gli alimenti esi cucina deve essere pura co-me quella che si beve”. Il costodi un impianto di microfiltra-zione è di circa 250 euro. Ma lostesso Carcianelli ammette:“Tra addolcitori e impianti dimicrofiltrazione guadagno dipiù negli ultimi tempi, ma nelmio fatturato questi prodottivalgono solo il 15%”. Se gli im-pianti di depurazione dome-stica vanno di moda, si trattaancora di una nicchia. Il trendpiù diffuso rimane infattiquello dell’acqua minerale. LeMarche sono la settima regio-ne in Italia per aziende (21marchi su 315 nazionali) e perproduzione (440 milioni di litrisui 12 miliardi complessivi),con un incremento dell’acquaimbottigliata del 7,3% nel2009. Alla faccia della crisi.Ascoltando i gestori di super-market, in cui viene venduto il64% della minerale in Italia, siha la conferma del successodel settore. “L’acqua mineraleè andata via sempre bene enon saprei dire se effettiva-mente c’è stato un incrementodei consumi – racconta Danie-le Galuzzi, responsabile ven-dite del Maxi Conad in localitàSasso – ma è sicuro che, men-tre prima i clienti guardavanoalla marca della minerale, ora

no anche arsenico, bario,piombo, alluminio, mangane-se e fluoruro. La società che si occupa di fararrivare nelle case di Urbinol’acqua, dal 2008, è la MarcheMultiservizi (Mms). L’iter del-l’acqua comincia con il prelie-vo dall’ambiente: dalla super-ficie (un fiume), dalle falde sot-terranee o da una sorgente (co-me quella del monte Nerone).Secondo i dati 2008, il 62% del-l’acqua trattata dalla Mms nel-

le Marche è di superficie, il 19%proviene dalle falde e il 18,4%da sorgente. Dopo il prelievoviene trattata in uno stabili-mento di potabilizzazione: ilpiù importante è quello di SanFrancesco di Saltara, che pro-duce 500 litri di acqua potabileal secondo. Il trattamento – checomprende processi dai nomiimprobabili quali la chiarifloc-culazione, grazie alla quale se-dimentano i solidi più sottili –serve a garantire la massima

qualità microbiologica. L’ac-qua passa poi a serbatoi inter-medi, e da questi entra nella re-te di distribuzione per poi usci-re dai rubinetti. Passo succes-sivo è la raccolta delle acque re-flue e la loro depurazione. At-tualmente, nel comune diUrbino, i depuratori sonoquattro: a Gadana, al Sasso, vi-cino alla vecchia stazione e aCanavaccio. Altri tre – a Braco-ne, Trasanni e Schieti – sono incostruzione.

C’è un dato che però, a fronte diun ciclo così perfettamente or-ganizzato, fa una certa impres-sione. Sempre dall’Aato, riferi-scono che, nel 2009, il 29% del-l’acqua della rete idrica dellaprovincia di Pesaro-Urbino si èperso. E’ il cosìdetto proble-ma della dispersione idrica, lacui media nazionale è del 37%e, nel 2008, ha raggiunto apicidel 66% nel Molise e del 52% inCalabria e [email protected]

Poca fiducia nel rubinetto. Bene le vendite della minerale in bottiglia

La moda del depuratore in casa

ANDREA TEMPESTINI

LORENZO ALLEGRINIprivilegiano le offerte; com-prano tutto purché sia imbot-tigliato”. Certo, influisce la cri-si economica. Ma l’altra ipote-si è che il cambiamento negliacquisti dipenda da un muta-mento nelle abitudini deglistudenti. Che a Urbino sonomolti, preferiscono spendere

poco ed evidentemente non sifidano del rubinetto della cu-cina: “Il nostro fatturato di-pende per il 35% dagli studen-ti – dice il vicedirettore del-l’A&O di Mazzaferro AndreaPaolucci – e le vendite di acquaminerale vanno molto bene”.

[email protected]

Page 4: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

il Ducato

4

Pubblicità che distrae e regole di precedenza sconosciute

Le vogliono abolire tut-ti, nessuno sa a cosaservono e a sentirlesolo nominare a qual-cuno viene l’orticaria.Le Comunità monta-

ne sono diventate da qualcheanno a questa parte la croce ros-sa su cui sparare quando si par-la di casta e privilegi. Con qual-che ragione, come nei casi di co-muni a pochi metri sul livello delmare elevati a rango di Comuni-tà montana.Tante le proposte di abolirle in-sieme alle province, ma nessuna(ovviamente) è stata concretiz-zata. Alceo Serafini (Pd), ex-as-sessore al Bilancio del Comunedi Urbino, è stato nominato dapochi giorni al vertice della co-munità montana Alto e MedioMetauro, che aggrega sette co-muni: Urbino, Urbania, Fermi-gnano, Sant’Angelo in Vado,Mercatello, Borgo Pace e Peglio.Presidente lei è consapevole diessere alla guida di un ente chenove cittadini su dieci conside-ra l’ennesimo carrozzone suc-chiasoldi? Non è preoccupatodi essere travolto da un’onda diimpopolarità?“Guardi, mi faccia dire una cosa:il sentire comune spesso siesprime nei confronti della poli-tica in modo superficiale. E’ cheil proliferare della spesa pubbli-ca ha causato un senso di rigettodiffuso. Ma noi non siamo diver-si dalla Camera, accusata da tut-ti di avere troppi parlamentari.La verità è che il cittadino spes-so non capisce a cosa servono leComunità montane perché leavverte come distanti. Eppurese non ci fossimo noi, molti pic-coli comuni sarebbero nei guai.C’è anche chi parla a vanvera,senza nemmeno conoscere lefunzioni di questi enti”.

Regole semisconosciute del codice della strada e pubblicità metto-no a dura prova i nervi degli automobilisti nelle rotonde. Negli ul-timi anni ogni centro urbano ha visto decuplicare il numero delle

rotonde e diminuire quello degli incroci. Meno incidenti certo, ma an-che più indecisi che si impappinano al volante.Secondo la polizia stradale di Urbino circa il 90% degli automobilisti,al-le prese con una rotonda, a un certo punto viola il codice della strada.L’infrazione più frequente è tagliare la strada a chi viene da destra perimboccare l’uscita di una rotonda a due corsie. In realtà si dovrebbe ral-lentare e dare la precedenza o, se necessario, fare un altro giro. Il problema dei manifesti pubblicitari vietati nelle rotatorie invece è sta-to affrontato persino dal Corriere della Sera e da Striscia la Notizia. An-che in alcune rotonde di Urbino campeggiano insegne pubblicitarie.Ma la faccenda è ingarbugliata. “Il codice - spiegano alla polizia strada-le - all’art. 23 non vieta tutte le pubblicità nelle rotatorie ma solo quelleche possono costituire confusione con la segnaletica o disturbo visivoagli automobilisti”. A stabilire la soglia della tolleranza è l’ente proprie-tario della strada (comune, provincia, regione, Anas) che autorizza lepubblicità. Queste regole sono applicate in modo diverso a seconda delle zone: aSassari ad esempio di recente la guardia di Finanza ha accertato 5 viola-zioni a cui seguirà la rimozione di altrettanti manifesti pubblicitari nel-le rotonde. Avremmo voluto sapere qual è il metro usato a Urbino manessuno ha voluto rispondere. (l.f.)

Peglio non ne ha. La nostra co-munità montana ha aggregatoquesto tipo di servizio e così i vi-gili che pattugliano Peglio, gira-no anche per le strade di Urba-nia, Fermignano, Borgo Pace ecosì via. Oppure l’assistenza aiportatori di handicap: l’ente chepresiedo ha investito nel settore,mentre il singolo comune da so-lo non ce l’avrebbe fatta. Altri set-tori aggregati sono l’ufficio delcommercio e lo sportello per l’e-dilizia e le attività produttive”.Tutto questo costa. Da doveprendete i soldi? “In passato le Comunità monta-

Allora non c’è che una domanda:a che diavolo serve una Comuni-tà montana?“Le Comunità montane servonoa gestire in modo più efficace ilterritorio e a far vivere meglio chilo abita. Molti comuni della no-stra zona non riuscirebbero dasoli ad erogare una serie di servi-zi e attività utili alla vita dei citta-dini. Non gliela farebbero pro-prio a livello economico, vistoche le loro casse piangono”.Può a spiegarsi meglio?“Le faccio un esempio. Prenda unpaesino come Peglio. Mentre ilcomune di Urbino ha i suoi vigili,

ne avevano più risorse a disposi-zione perché erano finanziateessenzialmente da Stato, Regio-ni e Unione europea. Ora lo Sta-to non ci dà più nulla e rimanesolo la Regione. I soldi comuni-tari poi arrivano solo se c’è unaeffettiva capacità progettuale”.Quindi non è vero che l’ente dalei presieduto serve solo a distri-buire stipendi a chi siede suquelle poltrone.“Assolutamente no. Le dirò dipiù: il consiglio della comunitàmontana è stato snellito e oggi èformato solo da sindaci. Una vol-ta c’erano anche consiglieri co-

munali. In questo modo abbia-mo abbattuto i costi a carico delcittadino. I sindaci poi non gua-dagnano alcunché da questa at-tività”.Vuol dire forse che anche lei la-vorerà gratis?“Non ho detto questo”.Ma quanto prenderà al meseora?“Pensi che ancora nemmeno loso. Sono stato nominato solo sa-bato scorso. Guadagnerò quan-to previsto dalla legge, non uneuro di più. Chiunque può verifi-care”.

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LUCA FABBRI

Le rotatorie diventano un caso

Una rotonda di Urbino: la pubblicità campeggia all’interno

AlceoSerafini è il nuovo presidentedella Comunitàmontanadell’Altoe MedioMetauro.E’ statoassessorecomunaleal Bilancio

Comunità montana,l’ente dimenticato

Alto e Medio Metauro, parla il neopresidente

Serafini: “Se non ci fosse molti comuni sarebbero nei guai”

QUANDO L’ETÀFA CULTURA

Page 5: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

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CITTÀ

Dopo la chiusuradelle iscrizioni,ora è il tempodell’attesa. Nel-l e s c u o l e s iaspettano, con

il fiato sospeso, le conseguen-ze della circolare del ministrodell’Istruzione MariastellaGelmini sul limite del 30% distudenti stranieri per ogniclasse. La soglia verrà sforatasolo nelle scuole di Trasanni edi Gallo di Petriano (entrambecomprese nell’istituto Giovan-ni Pascoli di Urbino). Attual-mente a Trasanni la percen-tuale di bambini con cittadi-nanza non italiana è del 48%, aGallo del 39%. E la prospettiva,spiega Paola Massaro, respon-sabile integrazione del Pasco-li, “è che il numero di alunnistranieri rimanga stabile”. Oaumenti: guardando i dati dif-fusi dal ministero dell’Istru-zione infatti, il numero dialunni stranieri è aumentatodal 2005 di una percentualeche va dal 7 al 14% all’anno.La speranza degli insegnanti edella preside Daniela Tittarelliè che il direttore dell’ufficioscolastico regionale decida diapplicare la deroga previstadalla circolare “per gli alunnistranieri nati in Italia, che ab-biano una adeguata compe-tenza della lingua italiana”. Laderoga non scatta automatica-mente, ma è vero che i bambi-ni nati in Italia a Trasanni e aGallo sono la maggioranza.“Non sappiamo come si risol-verà il problema. Se l’ufficioregionale deciderà di spostarealcuni alunni in altre scuoleper mantenere il tetto del 30%,è necessario che i Comuni diUrbino e Petriano si attivinoper gli scuolabus”, spiega Da-niela Tittarelli. Ma anche se ibambini non saranno trasferi-ti, si presenterà un problema:“in quel caso avremo assoluta-mente bisogno di un altro do-cente”.L’integrazione non è un affaresemplice. Richiede soldi, per-sone ed energie. E proprio ifondi sono quelli che manca-no. L’articolo 9 del contrattonazionale della scuola preve-de la possibilità di straordinariper gli insegnanti che lavoranoin scuole “a forte processo im-migratorio”. Quest’anno però,i soldi per pagare quelle ore inpiù non ci sono. “L’anno scor-so – spiega la preside Tittarelli– ci sono arrivati circa 7.000 eu-ro, mentre quest’anno non ab-biamo visto niente. Abbiamochiesto spiegazioni al ministe-ro, ma nessuno ci ha risposto”.Nelle scuole dell’istituto Pa-scoli, si cerca di dedicare al-l’integrazione il maggior tem-po possibile. I Comuni di Urbi-no e Petriano finanziano cia-scuno una trentina di ore di as-sistenti linguistici, “ma orga-nizziamo anche progetti adhoc con i pochi soldi rimasti,utilizziamo le ore di compre-senza e, per i bambini musul-mani, anche quelle di religione

cattolica”, spiega Paola Massa-ro.I corsi di alfabetizzazione ven-gono organizzati in tutti gli isti-tuti della zona. La percentualedi studenti con cittadinanzanon italiana però nelle altrescuole si abbassa rispetto al Pa-scoli, anche se rimane signifi-cativa. Al Bramante i bambinistranieri sono circa il 23%, alVolponi il 16%, al liceo scienti-fico Laurana il 3%, all’istitutotecnico Mattei il 6%, così comeal liceo classico Raffaello.La circolare ministeriale siconcentra soprattutto sulla co-noscenza della lingua come re-quisito importante degli stu-denti stranieri. In realtà, que-sto è solo il primo passo di unpercorso lungo che, chiariscePaola Massaro, “coinvolge an-che gli alunni italiani: tutti de-vono imparare la convivenzatra culture diverse”.

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A scuola con il fiato sospesoFuturo incerto per le classi che superano il tetto del 30% di bambini stranieri

A rischio soprattutto Gallo e Trasanni. La preside: “Speriamo nella deroga per gli alunni nati in Italia”

VERONICA ULIVIERI

Nella scuola di Gallo i bambini stranieri sono il 39%, a Trasanni la percentuale arriva al 48%

L’uomo che ha fermato la pioggiaDal Tibet a Urbino, la storia di Kuyu Lama e dei suoi miracoli

Che ci fa un monaco tibetano aUrbino? La signora Nellide,che ospita Kuyu Lama da die-

ci anni nella sua casa solitaria divia della Stazione, non se lo ricordapiù. “Lama! perché sei venutoqui?”, gli chiede mentre getta unpezzo di legno nel fuoco del cami-netto. Kuyu Lama, gli occhi neri co-me due pietre lucide e un sorrisostampato sul volto, risponde: "Unanotte ho sognato l’Italia e sonopartito".Sopra la tunica rossa port a un giac-cone a vento, ma ha i sandali apertisenza calze. “Copriti che fa freddo!”,brontola la signora Nellide, la sua“madre benefattrice”, ma lui in tut-ta risposta si fa una risata allegra. Il suo viaggio da Lhasa, la capitaledel Tibet, a Urbino è cominciatonel ’92, quando, assieme ad altrimonaci è fuggito in India dove è ri-masto per otto anni in un villaggiovicino Bangalore. “C’era troppapolitica cinese in Tibet, ma io nonfaccio politica, ho scelto la spiri-tualità”, racconta col suo vocabo-lario essenziale. In India ha avan-zato col suo percorso religioso finoa diventare rinpoche , “come uncardinale”, spiega. E in realtà nonha tutti i torti. Il titolo di rinpoche ,(letteralmente “prezioso”) è riser-vato ai lama , ovvero i monaci, chehanno scelto di reincarnarsi nell’“oceano dell’esistenza” per presta-re soccorso a tutti gli esseri sen-zienti. Kuyu Lama è alla sua settima rein-carnazione. “La mia storia comin-cia circa 450 anni fa - dice allargan-do le braccia come a voler disegna-re una lunga linea del tempo - dalmonaco Lama Yulu, fuggito inMongolia”. Dopo il periodo in India e qualcheanno trascorso negli Stati Uniti e in

Canada, Kuyu Lama arriva a Mila-no nel 2000. Ma dopo alcuni mesipartecipa con altri monaci tibetanialla creazione di un centro buddi-sta sulle Cesane. “E’ stato lì che hoconosciuto Gabriella, la figlia diNellide. Quando il centro ha chiu-so e ci siamo divisi lei mi ha ospita-to a casa sua”. Da allora si svegliatutte le mattine nella sua stanzettapiena zeppa di libri e oggetti reli-giosi per meditare di fronte all’Ap-pennino. I monaci rinpoche fannoanche i miracoli. La signora Nellidene è testimone.“Ti ricordi Lama, quando lo scorsogiugno avevamo organizzato la fe-sta all’aperto e stava venendo apiovere?”, gli domanda con sensod’ammirazione negli occhi. Poi,senza attendere risposta, prose-gue nel racconto: “Lui si è messo afare tutto un chiasso con le suecampane e poi a cantare come unmatto fino a quando la pioggia hasmesso di cadere solo intorno allacasa, mentre su in Urbino conti-nuava a venir giù”. Lama annuiscesorridendo, come se fermare lapioggia fosse la cosa più naturale almondo.Ad ascoltarlo ci si dimentica di far-gli domande legate alla vita terre-na del tipo: di cosa vive? C’è l’ha unpermesso di soggiorno?Le sue risposte arrivano con la stes-sa naturalezza con cui parla di me-ditazione: “Per vivere faccio dei se-minari sulla pratica buddista in gi-ro per l’Italia. Con i soldi delle of-ferte sono riuscito a far costruireanche un piccolo tempio in Tibet”.Quanto alle carte da immigrato,“ho un permesso di soggiorno permotivi religiosi. Adesso ho richie-sto la cittadinanza italiana”.E al Tibet ci pensa mai? “Sempre,forse ci tornerò da vecchio. Ma finoa quando sei giovane qui in occi-dente si vive bene”.

[email protected] Kuyu Lama, nel 2000 è venuto a Urbino dal Tibet

ERNESTO PAGANO

Page 6: Periodico Dell’Istituto Per La Formazione Al Giornalismo

il Ducato

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REGIONE

La ricetta di Marinelli:salvare a ogni costoil modello marchigiano

Nella foto,i candidati

alla presidenzadella Regione,

ErminioMarinelli

(a sinistra),e Massimo

Rossi (a destra),durante un incontro

a Pesaro(Foto

AccaventiquattrO) Sindaco di Grottam-mare per due manda-ti e presidente dellaProvincia di Ascolidal 2004 al 2009, Mas-simo Rossi è il candi-

dato alla presidenza della re-gione Marche sostenuto da Ri-fondazione comunista, Comu-nisti italiani e Sinistra ecologiae libertà.Le Marche sono l’unico caso inItalia in cui i tre partiti a sini-stra del Pd sostengono lo stes-so candidato: lei. Come la stavivendo?“Vivo questa unità molto benee penso che sia una grande op-portunità per sperimentare unmodo diverso di fare politica”. Qual è la più grande differenzadi programma tra lei e Spacca?“Molte cose ci differenziano.Ma quello che ci caratterizza dipiù è la volontà di consentire aicittadini di partecipare alle de-cisioni che li riguardano e di re-sponsabilizzarsi per cambiare iloro stili di vita e l’economia.Non si può fare piovere dall’al-to le decisioni, anche le più giu-ste. Questo è uno dei punti de-boli dell’amministrazione pre-cedente: non ha ascoltato i ter-ritori, ha agito dall’alto e nonsempre in modo trasparente”. Come si realizza questa largapartecipazione?“Se sarò eletto, cercherò tutte leconvergenze per raggiungeregli scopi di cui sono portatore.Per esempio, per far sì che la ge-stione dell’acqua non sia priva-tizzata; per fare approvare unalegge che blocchi il consumo diterritorio. Perché il piano ener-getico nazionale non sia snatu-ralizzato dalla realizzazione digrandi impianti. Per introdurreil reddito sociale. Detto questo,però, io non sono interessato aun ruolo di governo. Sono inte-ressato a che le mie proposte daamministratore siano tenute inconsiderazione e che sia datospazio a chi mi ha votato. Cosìche le persone partecipino alledecisioni da prendere. Per que-sto, intendo rapportarmi ai cit-tadini con un coordinamentopermanente delle associazionie dei movimenti”. Secondo Spacca, la regionesoffre di una carenza infra-strutturale. Come conciliare

sviluppo di infrastrutture etutela dell’ambiente?“Le Marche non hanno una ca-renza infrastrutturale in ter-mini generici. Il nostro retico-lo viario è uno dei più fitti inItalia. Bisogna migliorarlo, maquello che è davvero carente èil trasporto ferroviario. Pensoche le risorse, spesso sprecatein infrastrutture costose, de-vono essere incanalate nel tra-sporto su rotaia e nelle infra-strutture immateriali come larete informatica”. Molte aziende chiudono, cosaprevede per tutelare il lavoro? “Ho presentato una propostache prevede che la regioneMarche, attraverso una suaagenzia, magari riconverten-do società già esistenti come laSvim (Sviluppo Marche), in-tervenga nelle specifiche crisi.Deve valutare, cioè, se ci sonoragioni speculative alla base diquelle crisi, o se invece ci sonofattori oggettivi. Se, comespesso avviene, queste azien-de possano essere salvate per-ché sono in grado di produrrericchezza e occupazione, ilpubblico deve entrare conproprie risorse e competenzemanageriali. Assumendo unruolo di partecipazione, inter-venendo sui precisi piani in-dustriali con risorse, parteci-pazione azionaria e, dopoqualche anno, cessione dellequote ai privati in grado di pre-levarle. Non è una cosa scan-dalosa. Se lo Stato è entrato persalvare le banche, non vedoperché non debba intervenireper salvare delle imprese”. Scuola, sanità e risorse pub-bliche. In cosa vi differenziatedal programma di Spacca?“Credo che il sistema pubblicodebba assicurare i servizi fon-damentali alle persone, a mag-gior ragione in un momento dicrisi. Parlo dei servizi che ri-guardano i diritti: il servizioidrico, dei rifiuti, della fornitu-ra energetica, dei trasporti ealtri. Siamo profondamentecontrari a una gestione di que-sti servizi in un’ottica di mer-cato e di profitto. Il privato puòoperare, ma nel quadro di unalimitazione e di un forte con-trollo della qualità”.

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GIULIA TORBIDONI

Rossi: “I servizirestino pubblici”

Il candidato della Sinistra

Il candidato del Pdl: “Spacca, fallimento totale”

Due volte sindaco di CivitanovaMarche e attualmente vice sinda-co, è anche capogruppo in Provin-cia. Erminio Marinelli è il candida-to del Pdl, appoggiato anche da Le-ga Nord e dalla Destra di Storace.

Caos firme. Che opinione si è fatto di quanto ac-caduto in Lazio e Lombardia? E se fosse succes-so a lei?“Mi sarei sparato! Parliamoci chiaramente, laPolverini e Formigoni sono vincenti. Vedersiesclusi per inadempienze, cavilli o errori è dram-matico. Però nel terzo millennio è anacronisticoche ci sia ancora la raccolta delle firme”. Candidato di centrodestra in una Regione daquindici anni in mano al centrosi-nistra. Come si “cambi scena”?“Prima c’è da cambiare gli attori! Sicambia con una campagna eletto-rale vicina alla gente, ascoltandoprima i bisogni, le necessità e le la-mentele. Con una politica che nonsi chiuda nelle stanze, non basatasempre sui numeri o sull’arroganzadel potere, ma sull’attenzione, lapartecipazione, e sulle scelte. Il centrosinistra si presenta senza ipartiti di sinistra, ma con l’Udc.Come mai non siete riusciti adaverlo voi nella coalizione? C’èrammarico?“Da una parte sì, perché l’Udc è fisiologico, an-che se non obbligatorio, che stia nel centrode-stra. Dall’altra, secondo me è stata una scelta op-portunistica, una scelta di potere legata ai posti.Se si parla di laboratorio politico, come qualcu-no vorrebbe far credere, la scelta dovrebbe esse-re univoca in tutte le regioni”.Qual è la critica maggiore alla Giunta e al presi-dente uscenti?“Uno che da vent’anni è in Regione, come consi-gliere, assessore, vice presidente e presidente;che è stato a capo della Fondazione Merloni e hastudiato economia, e che in una situazione di ca-tastrofe economica internazionale come quellache abbiamo vissuto non riesca a intervenire,cercando di limitare i danni, è un fallimentocompleto. Non c’è più un modello marchigiano;i distretti sono saltati; l’Alta Valmarecchia è en-trata nell’Emilia Romagna con un referendum, eSpacca ha responsabilità grandi”.

Se verrà eletto, quale sarà il suo primo atto?“Incontri separati con imprenditori, artigiani,commercianti e agricoltori, per fare il punto del-la situazione e partire con un sostegno concre-to: meno burocrazia e meno carico fiscale”.Che ne pensa del possibile arrivo dei cinesi delgruppo Machi China alla Merloni di Fabriano?“Chi salva le nostre attività è ben accetto, nonfaccio preclusioni perché cinese. Solo che pen-sare al nostro modello marchigiano, le nostre at-tività e pensare che dobbiamo aspettare i cinesiper essere salvati... Fa male alla testa”.Qual è la sua posizione sul nucleare?“Ho votato contro nel 1980, però bisogna ancheessere onesti e pensare al costo della bolletta eche il 50 per cento dell’energia le Marche locompra. Sono per la salvaguardia dell’ambien-

te, per la sicurezza sia di chi lavo-ra che di chi vive. Dall’alto nonimporrò nulla, però sono controil fondamentalismo ambientaleche dice sempre no a tutto”.È un “nì”, insomma.“Certamente è da prendere inconsiderazione, con l’atteggia-mento che ho appena detto”.Spacca predica una politica diinfrastrutture compatibili conil rispetto dell’ambiente comela Quadrilatero, per lei è unastrategia giusta?“Parla di Quadrilatero dopo treanni in cui è stato fermo ed è ri-

corso alla Corte Costituzionale e al Tar contro ilprogetto. Poi quando ha perso questi due ricor-si si è buttato sulla Quadrilatero, di cui l’80 percento era finanziato dal governo Berlusconi. Leinfrastrutture sono inadeguate, ma non parlosolamente di strade, anche di aeroporto. Nonc’è un aereo che vada a Milano. Oppure la ferro-via: la nostra è una regione che ferma solo ad An-cona. Spacca se n’è accorto solo in campagnaelettorale”.Nella sua visione complessiva della Regione,qual è il ruolo di Urbino?“Urbino è una delle ‘chicche’ delle Marche, rac-coglie in sé un concentrato di cultura, istruzio-ne e storia. È un museo a cielo aperto, visitato eguardato da tantissime persone, ma non deverimanere un qualcosa di statico. La città ducalesempre più dovrà interfacciarsi con la realtàdella costa e le altre realtà”.

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“Urbinoè la chicca

delle Marche,ma si deve

interfacciarecon le realtàdella costa”

ALBERTO ORSINI

La corsa a palazzo RaffaelloIn vista delle prossime elezioni regionali che si terrannoil 28 e 29 marzo, il Ducato parla con i tre candidati allaguida della Regione Marche. Dopo l’uscente Gian MarioSpacca, questo ciclo di interviste si conclude con i can-didati del Pdl, Erminio Marinelli, e della Sinistra,Massimo Rossi. Marinelli boccia il mandato al terminee chiede un “cambio di scena” in Regione, con menotasse e burocrazia e sostegni alle aziende. Possibile sìal nucleare. Rossi dalla sua propone una maggiore par-tecipazione dei cittadini alle decisioni, con un coordina-mento permanente delle associazioni e dei movimenti.Le imprese private possono operare, ma con limiti econtrolli costanti sulla qualità. (2 - fine)

SPECIALE ELEZIONI

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ECONOMIA

Voglio andare a vivere in campagna Si rinuncia ai viaggi di lusso: è boom dell’agriturismo

La crisi mangiaimpreseIn un solo annofallimenti quadruplicati

Pesante bilancio in Provincia: chiuse 331 aziende

era negativo da molto tempo. Ilpunto è che ultimamente le im-prese fallite non vengono rim-piazzate da nuove attività”. Que-sto in una regione caratterizzataproprio dalla flessibilità della suaimprenditoria. Il calo delle imprese attive ha col-pito soprattutto l’agricoltura(meno 533 aziende), ma anche ilmanifatturiero, il commercio e lecostruzioni.In provincia di Pesaro Urbino so-no sparite 331 aziende: erano

40.015 nel primo semestre del2008, ne sono rimaste 39.684 nel-lo stesso periodo del 2009. Solo leprovince di Ascoli Piceno e Fermosono più colpite di Pesaro Urbino.Qui, da gennaio a giugno 2009, so-no fallite 44 aziende: 34 in più ri-spetto all’anno precedente.“Dalla fine del 2008 – spiega Pao-lo Cigliola, giudice del tribunaledi Urbino – si è aggravato il feno-meno dell’insolvenza delle im-prese del territorio. Sono quindiaumentate le procedure falli-

mentari. Dal 2009 ne seguiamocirca 60 all’anno: prima erano lametà”. I fallimenti riguardano so-prattutto imprese medio-picco-le. In tutta la regione aumentano an-che i concordati preventivi. Sonopassati dai 34 del 2008 (dati ag-giornati al terzo trimestre) ai 70del 2009. “Si tratta di una proce-dura – spiega Gerardo Villanacci,docente di diritto commercialeall’università Politecnica delleMarche – che ha conseguenze

meno gravi del fallimento: noncomporta responsabilità penali esoddisfa in parte i creditori. E puònon comportare la chiusura delleattività dell’azienda”. A Urbino le procedure di concor-dato preventivo, richieste per lopiù dalle grandi aziende, supera-no quelle di fallimento perché,commenta il giudice Cigliola, “ilterritorio urbinate mantiene unacerta vivacità commerciale e in-dustriale”.

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In tempi di crisi la natura torna di moda. Ilbisogno di risparmiare e tagliare il super-fluo e il desiderio di riscoprire i valori tra-

dizionali, spingono la gente a investire sullevacanze a tutta genuinità. E l’agriturismo di-venta il posto ideale per una breve immer-sione nel verde. Lo sanno bene gli imprendi-tori agricoli del Montefeltro, che hanno de-ciso di puntare, numerosi, sulle attività ri-cettive. Infatti, secondo un’analisi realizzatada Terranostra, l’associazione per l’agrituri-smo, l’ambiente e il territorio della Coldiret-ti Marche, la provincia con il maggior nume-ro di agriturismi della regione è proprio Pe-saro-Urbino e la maggiore concentrazione siregistra nell’Urbinate. L’intero territorio marchigiano conta moltosu questo genere di attività. È sempre Terra-nostra a dirci che, nel giro di cinque anni, gliagriturismi della regione sono raddoppiati,passando dai 407 del 2004 ai 780 di oggi, conun aumento decisamente superiore alla me-dia nazionale. Ma il primato spetta a Pesaro-Urbino, che ne ha 247, contro i 156 di cinque

anni fa. Seguono Ascoli-Fermo con 205, Ma-cerata con 191 e Ancona con 146. Ben l’80,6per cento del territorio della nostra provin-cia ha almeno un’azienda agrituristica e 91sono concentrate nell’Urbinate. Di queste,22 operano nella città di Urbino. Inoltre, se-condo la banca dati di Biobank, la provinciadi Pesaro è al terzo posto in Italia per rappor-to tra agriturismi biologici e numero di abi-tanti. Ma ciò che più conta è che tutti questi agri-turismi riescono a riempirsi, nonostante lacrisi e grazie a lei. Nel complesso, sempre se-condo Terranostra, nel 2009 gli agriturismimarchigiani hanno registrato 280.000 pre-senze.La percezione di ottimismo è confermata daAndrea Bastianelli, segretario di TerranostraPesaro: “Negli agriturismi della nostra pro-vincia, le presenze degli ultimi anni sono sta-te costanti e questo vale anche per l’attualeperiodo di crisi. Il settore non naviga nell’o-ro, ma sta reggendo bene. Anche perché lacrisi ha diminuito la liquidità a disposizionedelle persone per i consumi dedicati al tem-po libero e questo ha colpito duramente il

settore dei grandi viaggi. La gente ripiega su-gli agriturismi, che sono più economici, purdi andare in vacanza”.Ma non è solo la necessità di risparmiare adaffollare queste strutture ricettive alternati-ve. “Oggi – prosegue Bastianelli – si assiste auna riscoperta dei valori tradizionali, le per-sone, stanche della frenesia della vita citta-dina, hanno bisogno di staccare la spina evanno alla ricerca di pace e salubrità, oltreche di prodotti tipici e ricette tradizionali. Ilnostro territorio può vantare vere e proprieeccellenze enogastronomiche, senza conta-re che molti agriturismi hanno il coraggio diinnovarsi e stanno puntando sulla riscoper-ta e sulla valorizzazione di antiche ricette epiatti preparati con erbe spontanee”.Ma dobbiamo anche considerare che questoè un turismo mordi e fuggi, legato ai wee-kend e alle festività di breve durata. “Si trattacomunque – conclude Bastianelli – di un tu-rismo di nicchia, anche perché ogni struttu-ra ricettiva di questo tipo ha un numero li-mitato di camere, quindi è più facile che si ri-empiano rispetto ai grandi alberghi”.

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ALICE CASON

La crisi economica si stamangiando le impresemarchigiane. Secon-do l’ultima rilevazionedel Cerved group, rela-tiva al terzo trimestre

del 2009, le Marche sono al terzoposto in Italia per aumento deifallimenti, cresciuti dell’80% ri-spetto allo stesso periodo del2008. L’incremento medio in tut-ta Italia è del 40%. “Le aziende marchigiane sonoper lo più imprese medio-picco-le – spiega Giovanni Dini, diretto-re del centro studi “Sistema” del-la Confederazione nazionale del-l’artigianato e della piccola e me-dia impresa – e sono in difficoltàproprio a causa delle loro dimen-sioni: organizzate semplicemen-te e poco capitalizzate, faticano areagire in maniera efficace difronte a una crisi strutturale, nonpasseggera”. Il fatto poi che la crisi abbia con-tratto la domanda dei mercatiesteri (oltre a quella interna), cer-to non aiuta: “Tra le imprese mar-chigiane in difficoltà – continuaDini – molte sono aziende mec-caniche, specializzate e tecnolo-gicamente all’avanguardia, chelavorano per committenti esteri”.E che oggi, spesso, sono costrettea chiudere i battenti: rispetto al-l’anno precedente, nel primo se-mestre del 2009 sono “sparite” 67aziende meccaniche. Secondo Unioncamere Marche,dal primo semestre 2008 al primosemestre 2009 le aziende attive inRegione sono passate da 161.667a 160.553 unità, 1114 in meno.Ogni giorno per sei mesi sonoscomparse nelle Marche seiaziende. “Il saldo tra le iscrizioni e le ces-sioni di attività – spiega Dini – non

ANNALICE FURFARI

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il Ducato

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Gli editori urbinatimessi in crisida mille fotocopie

Case editrici in difficoltà: tirature dimezzate

Giorgio Balestrieriva di fretta. “C’èbaffino D’Alemaa Urbino, corro asentirlo”. Il titola-re della casa edi-

trice Quattroventi, circondatodai volumi della libreria Go-liardica, sfoggia un gran sorrisoquando racconta con frenesiala storia della sua creatura.“Partimmo nel 1965, con unalibreria in via Raffaello. Neglianni ’80 è nata la Quattroventi,che, tra una difficoltà e l’altra, èancora ben presente a Urbino”.Lo spauracchio della piccolacasa editrice si chiama fotoco-pie. “Ormai – spiega Balestrieri– il libro è diventato un lussoper gli studenti. Le tirature uni-versitarie sono state dimezzatedal ricorso alle fotocopie e an-che grandi aziende come Ca-rocci e Mulino sono passatedalle 1.000 alle 500 copie per itesti universitari”. Anche la ri-forma universitaria del 3+2 hainciso sulla crisi. “Il numerodelle pagine è legato ai crediti,che sono molto diminuiti: diconseguenza i libri sono moltopiù piccoli ed economici. So-migliano alle dispense”.La Quattroventi resta comun-que la casa editrice più grandedi Urbino. Ha un catalogo di1024 titoli, di cui circa il 30%non universitari. Edita testi dipoesia, narrativa e prestigiosecollane universitarie. Punta suuna grafica accattivante, suuna carta di qualità e distribui-sce i suoi testi in tutta Italia,spesso grazie a delle conven-zioni stabilite con alcuni do-centi. Tra le ultime uscite della Quat-troventi c’è il romanzo Noto-mìa, prima fatica di Luca DiTommaso, medico milanesenato a Pesaro che racconta del-le pratiche di vivisezione dellaBologna del 1300. Senza di-menticare il saggio di psicolo-gia evolutiva Come in uno spec-chio infranto, scritto dal pro-fessor Benedetto Benedetti e ilromanzo Il pranzo è servito diGiorgio Vascarelli, la storia diun urbinate emigrato in Inghil-terra per lavoro e diventato unpersonaggio di spicco nel set-tore gastronomico e alberghie-ro.“Guadagniamo quasi solo daitesti universitari – concludeBalestrieri – mentre degli altrine pubblichiamo inizialmente300 copie e poi vediamo comevanno. Negli anni ottanta, a Ur-bino, c’erano più di ventimilastudenti(oggi circa 15mila,ndr) che restavano spesso an-che per i corsi estivi, portandola famiglia in vacanza. Oggi,

come la nostra a Urbino sianodestinate a sparire”.La casa editrice Argalìa, infine,è la più vecchia di Urbino. Na-ta alla fine degli anni ’30, dopol’acquisto di una tipografia nelcentro storico si è spostata invia della Stazione, dove da unlivello artigianale è passata al-la produzione industriale, co-minciando a stampare per igrandi editori. “Incontrammoper caso – spiega Silvia Argalìa,nipote del fondatore – un sociodella Mulino di Bologna: eranostro vicino in un apparta-mento al mare. Cominciammoa lavorare per loro, poi per Ca-rocci e anche per il Vaticano:stampammo quasi due milio-ni di copie di un libro di PapaWojtyla, di cui conserviamo unesemplare rarissimo che il so-lo Giovanni Paolo II possede-va”. Diventando Arti graficheeditoriale, la famiglia Argaliapunta più sulla tipografia chesulla casa editrice, in calo apartire dagli anni ottanta.“Pubblicavamo soprattuttotesti universitari – spiega Sil-via – ma da quando la distribu-zione ha aumentato i costi e laQuattroventi è diventata sociodella tipografia, ci siamo tiratiindietro”. Argalìa, tuttavia,conta su un catalogo di 150 te-sti e non rinuncia al suo mar-chio, il famoso scoiattolo: a di-cembre del 2009 sono uscitiArtroscopia dell’anca, un ma-nuale di chirurgia di Raul Zinie Immagini da una tazzina dicaffè, raccolta di filastrocche.“Ci divertiamo, diamo presti-gio alla casa editrice senzascopo di lucro. Al massimo ri-entriamo dalle spese. Ma nonvoglio far sparire lo scoiattolo:è la mia storia, la mia famigliae non voglio rinunciarvi”.

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purtroppo, le librerie dei centristorici soffrono come mai han-no sofferto in passato”.Nel palazzo della provincia, inpiazza della Repubblica, si tro-va invece l’ufficio di AlbertoLuminati, uno dei due soci del-la casa editrice Montefeltro.Fondata negli anni sessanta daun impiegato della Carlo Bo, laMontefeltro pubblica testi uni-versitari di bassa tiratura. Con-ta su un catalogo di circa 100 ti-toli, con 10-15 volumi nuovi al-l’anno. “Abbiamo calcolato –sottolinea Luminati - che le fo-tocopie ci fanno perdere ricaviper 42mila euro in cinque anni.Una cosa insostenibile per unapiccola casa come la nostra”. Iltitolare della Montefeltro sot-tolinea che si tratta di un pro-blema fortemente urbinate:“Cinque anni fa la guardia di fi-nanza ha colto in flagrante co-pisterie con file pdf di libri uni-versitari nei computer. Poi, piùniente: mancano i controlli co-me in molte altre città universi-tarie. Fotocopiare i testi è unreato: se la situazione noncambia, saremo costretti achiudere”.La Montefeltro sopravvivegrazie alla pubblicazione di te-sti non universitari, come la ri-vista quadrimestrale Piccolaimpresa small business, nataall’interno della facoltà di eco-nomia di Urbino, ma che puòcontare sulla partecipazionedi ricercatori italiani e stranie-ri. Il volume V’ L’Arcont in dia-lett raccoglie invece poesiedialettali, mentre la collanaQuaderni di scienze motorie,tra le più vendute, viene ri-chiesta da molte facoltà dellapenisola. “La nascita di un li-bro – conclude Luminati – ècome il parto di un figlio. E’ unpeccato che le piccole realtà

LUCA ROSSI

Filosofia in rivistaGiovedì 18 marzo, in occasione della conferenzaa Palazzo Albani del professor Luigi Alfieri sultema della migrazione, uscirà il nuovo numerodi 207, la rivista creata da Carlo Maria Cirino,studente di filosofia e Cecilia Giampaoli, allievadell’Isia, che raccoglie recensioni, articoli eriflessioni su arte, letterature e filosofia. Dagennaio 2007 i due ragazzi hanno dato vita aSynth, rivista filosofica di cui sono usciti duenumeri. Si tratta di un magazine a tema (onlineall’indirizzo http://synth-ilblogdellarivista.blog-spot.com), i cui due primi due numeri hannoparlato di viaggio e di universo. La prossimauscita riguarderà il sogno ed è attesa nei pros-simi due mesi.

SYNTH E 207

Scrittori in erbaE’ uscito nelle librerie di Urbino e provincia illibro Urbino, identità e contaminazioni, che rac-coglie i racconti e le poesie dei 22 finalisti di unconcorso letterario iniziato a novembre 2009. Ilvincitore Matteo Cellini, con il raccontoMinosse, ha preceduto Marco Berrettini, conAlla Finestra di un Duomo e EmilioAbbondandolo, con il racconto Non Aprire aNessuno. La gara è stata realizzata daOpenhouse, un’associazione di promozionesociale e culturale, che pubblica una rivista(anche online all’indirizzo http://weopenhou-se.wordpress.com), fornisce i servizi di unaweb agency specializzata in comunicazione, eorganizza eventi culturali.

OPENHOUSE

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CULTURA

L’eterna simbiositra il Potere e l’Uomo

Con la penna in manoe la paura intorno

Raccontare l’uomo per capire il potere, raccontare il potere percapire l’uomo. Sara Marino, si è domandata cosa si nasconda“dietro alla primordiale estasi suscitata dal poter dare morte

o vita a piacimento”. Si è risposta con una tesi di laurea, e oggi L’eb-brezza del potere è anche un saggio a diffusione nazionale.Durante i corsi di Sociologia della multiculturalità, l’autrice si è la-sciata sedurre dal pensiero di alcuni grandi nomi dell’antropologiaculturale. A partire dalle riflessioni di René Girard, Elias Canetti eMichel Foucault è nato il suo excursus cronologico attraverso lastoria umana. “Ho cercato di mettere in luce la dimensione simbo-lica del potere – spiega – immaginando un ipotetico viaggio nel pas-sato che consenta di afferrarne le radici, a partire dalla formazionedel primo gruppo umano. L'intento è stato quello di cogliere la pre-senza o meno di un collegamento tra l’antico rito sacrificale e la vio-lenza legittima delle istituzioni moderne. Decifrare i meccanismiinsiti nei poteri estremi, dal totalitarismo all’arma nucleare”.Dopo la laurea, Sara ha tentato la via della pubblicazione. “Ho ca-pito che sarebbe stato un peccato archiviare un lavoro sul qualeavevo speso tempo ed energie, così ho inviato alcune pagine delmanoscritto a qualche casa editrice. Ho fatto una ricerca in inter-net per trovare quelle specializzate in testi di antropologia. Qual-cuno mi ha spiegato che a causa della crisi avevano sospeso il lan-cio di nuovi autori. Alla fine ho scelto la “Ombre Corte” di Verona,più vicina ai temi di mio interesse”.Sara ha sfondato il muro dell’editoria giocandosi la carta di un te-ma sempre attuale, anche se non è stata l’attualità ad averla spintaa pubblicare. Ma ammette: “Il potere s’insinua in tutte le relazioniquotidiane, è invasivo perchè umano, perchè fin dalla notte deitempi ci portiamo dietro la voglia di sopprimere l'altro, il nemiconon conforme a noi, non assimilabile nel nostro gruppo. Ieri l'e-breo, oggi l'immigrato”. (s.c.)

Domenico Losurdoabita in un postodimenticato dadio: a Monte Col-bordolo. Ma tut-t’altro che lontano

dalla vita pubblica, il filosofo, ordi-nario di Storia della filosofia all’u-niversità di Urbino e autore di nu-merosi saggi (Controstoria del li-beralismo, Il linguaggio dell’impe-ro, Nietzsche, il ribelle aristocrati-co), è ben calato nella realtà delventunesimo secolo. “Faccio mio– spiega nel suo studio, circondatodai tomi dell’Enciclopedia britan-nica – il precetto di Hegel: si fa filo-sofia quando ci si impegna nelcomprendere concettualmente ilproprio tempo”.Un compito ambizioso. Certo chele sue letture del presente e delpassato le hanno provocato alcu-ni grattacapi. Venti giornalisti diLiberazione l’anno scorso aveva-no protestato per la recensionedel suo libro su Stalin.“Molti storici si interrogano anco-ra se Nerone appiccò o meno ilfuoco a Roma. Perché non porsidei dubbi sulla leggenda nera checirconda Stalin? Autori come KarlMarx e il reazionario francese Jo-seph De Maistre avevano predettola catastrofe che si sarebbe scate-nata in Russia dopo la prima guer-ra mondiale. Ricondurre tutto aStalin è riduttivo”.Veniamo al suo nuovo libro, Lanon violenza(uscito il 4 marzo perLaterza).“Il mio libro insiste sui dilemmimorali che investono i movimentiche si ispirano alla non violenza.Pensiamo a Martin Luther King,che entra in crisi quando la sfida sisposta dagli Usa al mondo: il dog-ma della non violenza doveva va-lere anche per la guerra in Viet-nam? E come reagire? Boicottare lalegge e rifiutarsi di combattere? Oobbedire non violentemente equindi avallare quel conflitto?Quando King decide e opta per ilrifiuto della guerra, viene assassi-nato”.Allora lei pensa che non si possaessere non violenti fino in fondo eche la non violenza spesso diven-ti un’ideologia della destabilizza-zione?“In molti casi, quando intervengo-no le grandi crisi storiche, non sitratta di scegliere fra violenza e nonviolenza, ma di scegliere, purtrop-po, fra due diverse configurazionidella violenza. Pensiamo peresempio alla resistenza partigia-na. O i giovani accettavano la co-scrizione della repubblica di Salò,oppure, cercando di sottrarsi a di-ventare carne da cannone per l’e-sercito fascista, andavano sullemontagne dove finivano fra i par-tigiani. Tuttavia bisogna ricono-scere ai movimenti non violenti unmerito storico: aver richiamatol’attenzione sui terribili costi uma-ni e sociali della violenza”.Ci sono alcuni miti della storia chelei non esita a dissacrare.“Basta poco per rendersi contoche, per esempio, tutte le dichiara-zioni del Dalai Lama sono prive dicredibilità e che il Tibet prerivolu-zionario era uno Stato violento, in-felice, diseguale. Lo stesso Gandhi,prima del massacro di Amritsarnel 1919, in cui gli indiani furono

MATTEO FINCO E LUCA ROSSI

Minacciato di morte dalmovimento sciita liba-nese Hezbollah, Partito

di Dio. Un’escalation di intimida-zioni, inaugurata con proiettili re-capitati tramite lettere, ha prece-duto l’uscita di Diversi e divisi –Diario di una convivenza con l’Is-lam, ultimo libro di Nello Rega, 43anni, giornalista della redazioneesteri di Televideo Rai. Gli avvertimenti sono diventatisempre più pressanti, in partico-lare negli ultimimesi. Il più recen-te, un’altra letteraminatoria, all’ini-zio della settima-na scorsa. Il ro-manzo – presen-tato a Potenza il 27settembre scorso– nasce “dal dove-re civico di rac-contare cosa siadavvero l’Islam”.L’autore, cattoli-co, racconta la dif-ficile convivenzatra due mondiprofondamentedistanti dal puntodi vista culturale ereligioso: l’Occi-dente e l’Oriente. E lo fa attraver-so una storia d’amore, vissuta inprima persona con una libanesesciita, che ha accettato di venire inItalia e di convivere con il cronista,preludio al loro matrimonio, chenon si è poi celebrato perché ladonna è stata “convinta” a torna-re sui suoi passi da un gruppo in-tegralista che l’aveva avvicinata.“Vivo nell’angoscia – confida Re-ga – ma non mollo. Vado avantiperché credo nella libertà d’infor-mazione e di espressione. Quan-do arrivano minacce significa chesi è percorsa la strada giusta; sefosse stato il contrario, mi sareb-bero arrivate querele”. Dopo le in-timidazioni, il Comitato provin-ciale per l’ordine pubblico ha

adottato misure di sicurezza par-ziali per tutelare la sua incolumi-tà. Ma il giornalista, dopo aver tro-vato sul parabrezza dell’auto unanuova busta con un messaggioche recitava: “Morirai con il tuo li-bro per mano di Hezbollah”, ha in-viato una lettera a Luigi Riccio,prefetto di Potenza. Rega, rite-nendole non adeguate, ha provo-catoriamente annunciato di volerrinunciare alle protezioni offertedallo Stato. In difesa di Rega è nato il Comita-to Nessuno Tocchi Nello, promos-

so dalla Pro loco diGallicchio (Po-tenza), che hachiesto l’assegna-zione della scorta.In tanti hannoprotestato contro“il tentativo di im-bavagliare con laviolenza una vocelibera dell’infor-mazione”, comeha scritto AlbertoSpampinato, di-rettore di “Ossige-no per l’informa-zione”, osservato-rio della Fnsi e del-l’Ordine dei gior-nalisti. CristianoMaria Bellei, do-

cente di Socioantropologia dellerelazioni etnico-culturali alla Fa-coltà di Sociologia di Urbino, spie-ga come l’incontro tra mondi di-versi sia possibile: “La società glo-balizzata in cui viviamo lo dimo-stra. La divisione e l’esclusione cisono da sempre, così come l’inte-grazione e l’accoglienza. La con-vivenza è possibile come il con-flitto. Occorre chiedersi cosa lodetermina. Un mondo intera-mente pacificato o in perenneconflitto non esisterà mai”. Rega,nonostante le minacce, è ottimi-sta: “Mi auguro di poter scrivere illibro Diversi e uniti. Non mi lasce-rò intimidire, la solidarietà mi dàla forza di andare avanti”.

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GIOVANNI PASIMENI

costretti dalla madrepatria inglesea marciare in ginocchio, lavorò co-me reclutatore capo per l’esercitoinglese nella prima guerra mon-diale e si espresse a favore dellaguerra contro gli zulu”.Lei parla di veri e propri manualidi regime change compilati dagliUsa per dare inizio a rivoluzioninei Paesi sgraditi.“Chi egemonizza la comunicazio-ne globale è dotato di un’indubbiapotenza di fuoco multimedialeche può valere anche più della for-za militare. E portare al sovverti-mento della volontà popolare”.Si riferisce all’Iran?”Mi sembra grottesco che chi, co-me Usa e Gran Bretagna, ha lotta-

to contro un governo autonomoiraniano nell’ultimo secolo, ades-so si erga a paladino della demo-crazia. Oggi tutti rendono omag-gio alla non violenza, in modo con-vinto o strumentale, secondo l’i-deologia ufficiale. Ma per un altroverso, la violenza si annida anchenelle sue forme più terribili. Io noncredo che si tratti di elaborare unadottrina salvifica che risolva tutti iproblemi, ma questi dilemmi mo-rali e politici di cui parlo restano an-che ai giorni nostri e sono destinatia restare a lungo fino a quando la so-cietà non si trasformerà in una ma-niera così radicale che non riuscia-mo neanche ad intravedere”.

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Il libro di Rega, Diversi e divisi

Losurdo: non violenza,mito da dissacrare

In libreria il nuovo lavoro del filosofo

Il caso del cronista Nello Rega

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il Ducato

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La movida si spegne alle dueA Urbino molti gestori di locali del centro si lamentano per gli orari di chiusura

“In città la gente non si vede”. Tra gli studenti c’è chi è contento così. Altri, invece, chiedono più musica

L’i m p o r t a n t e ènon esagerare.Sono le paroled’ordine per chivuole vivere lanotte a Urbino.

Musica live, dj set e mostre fo-tografiche. Quasi tutto si con-centra nell’ora dell’aperitivo enel dopocena. Fino alle 02.00,però. Poi, per quelli a cui nonpiace andare in discoteca, c’èpoco da fare: si torna a casa osi finisce la serata in piazzadella Repubblica o per le viedel centro. I locali non hanno vita facile, sisa. Nel 2007, un’ordinanza delComune stabiliva nuovi orari:chiusura alle 02.00 (un’ora dimeno rispetto all’anno prece-

Cinema

MINE VAGANTICinema Nuova Luce

dal 12 al 16marzoFeriali: 21.00Festivi:17.30/21.00

Regia di Ferzan Ozpetek."Non farti mai dire dagli altrichi devi amare, e chi deviodiare. Sbaglia per contotuo, sempre." È il monito chel'anziana nonna rivolge alnipote Tommaso.

LA COSA GIUSTACinema Nuova Luce

1 7 - 1 8marzo, ore21.00

Regia di Marco Campogiani, urbinate, che sarà presente alla proiezionedel 17 marzo.La storia di EugenioFusco e Duccio Monti,due poliziotti dal caratte-re molto diverso che si

trovano ad indagare suun arabo sospettato diterrorismo.

PERCY JACKSON E GLIDEI DELL’OLIMPO: IL LADRO DI FULMINI

CinemaDucaleDal 12marzoFeriali: 20.00 / 22.00F e s t i v i :

16.00/18.00/20.00/ 22.00Regia di Chris Columbus. Glidei della mitologia greca rivi-vono nel mondo moderno edanno vita a una nuova

razza di giovani eroi, permetà mortali e per metàdivini.

APPUNTAMENTO CONL’AMORE

CinemaDucaleDal 12marzoFeriali: 20.00/ 22.30Festivi: 17.30

/20.00/ 22.30 Regia di Garry Marshall. Storiee intrecci di un gruppo di per-sone di Los Angeles che vivo-no l'amore e le sue delusioni aSan Valentino.

cartellone

dente) per bar, pub e ristoran-ti. Alle discoteche e alle sale daballo, non è andata meglio: quiprima l’orario di chiusura eraalle 05.00, dal 2007, invece, so-lo fino alle 04.00.“La musica dal vivo si può fare- spiega Marica Bruno, titolarede La Dolce Vita - ma non si de-ve superare l’orario di chiusu-ra e i decibel. Noi abbiamoavuto una multa l’anno scorsoperché alle 23.30 la musica eratroppo alta. In realtà la musicanon era alta e comunque nonhanno neanche rilevato i deci-bel. Per questo siamo ancorain causa”. Ordinanze o no, stadi fatto che negli ultimi anni lavita notturna nella città duca-le è calata. Il giovedì è da anniil momento di punta, d’accor-do, ma cosa succede nel resto

ne, specialmente se si fa musi-ca dal vivo: come al Caffè delSole, al Caffè del Corso e al cir-colo Acli. “Il calo c’è, ma siamoin ripresa rispetto all’annoscorso. Abbiamo il dj una voltaalla settimana e organizziamomostre fotografiche ”, raccon-ta Peppe Cartia che lavora alCaffè del Corso. Anche al Caffèdel Sole, nelle serate di musicalive la gente fuori dal locale sivede dal fondo di via Mazzini.L’Acli da due anni è gestito daun gruppo di universitari:“Facciamo teatro, un cinefo-rum organizzato dall’associa-zione universitaria FuoriKor-so - spiega Andrea Piccolo, unodegli studenti che gestisce ilcircolo - musica live e un cor-so di fotografia”. Praticamen-te, quasi ogni giorno della set-

della settimana? “In questacittà la gente non si vede più -dice Paolo, dell’enoteca TantoPiacere - prima, venivano daFano e da Pesaro”. I gestori, perla maggior parte, lamentano lachiusura alle 02.00 del mattinoperché, specialmente nei gior-ni come giovedì e sabato, di-venta una restrizione forte. Maqueste sono le regole. Tra chi èabituato a lavorare di notte ci so-no, comunque, delle voci fuoridal coro. Secondo Marco Acqua-viva, del Daunbailò, “la chiusuraalle 02.00 va bene, perché i loca-li del centro hanno una posizio-ne privilegiata e possono punta-re sulla qualità”. A incidere sul calo delle entra-te dei locali è proprio il fatto chegli studenti escono di meno.Per qualcuno le cose vanno be-

timana c’è un’attività. “Il pro-blema - conclude Andrea - èche ci sono meno studenti cheabitano a Urbino, la crisi ha co-stretto tanti a diventare pen-dolari”. Secondo gli studenti, mancasoprattutto varietà nell’offertadei locali. Giulia, di 25 anni, di-ce: “In questa città c’è pocagente; insomma bisognerebbefare un piano di marketing. Cisono pochi concerti, locali do-ve fare gli aperitivi”. Per altriinvece va bene così. “Certo sipotrebbe migliorare - sorrideGiorgia, 21 anni - ma non c’èmale”. Lo stesso pensa Anto-nio: “Io mi diverto, la notte èpiacevole ed è tutto abbastan-za vivo. Io sono di Ancona. Lì èancora peggio”

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CLAUDIA BANCHELLI

Dove andare la sera

Art Cafè

Basili

giovedì

-

Bar Lamonaca

Caffè degli Archi

-

-

Caffè del Corso

Caffè del Sole

giov. sab.

mercoledì

Daunbailò

El Piquero

martedì

giovedì

La Dolce Vita

La Stazione

giovedìsabato (02.00)

Makkia giov. sab.

Esercizio Musica Live /DjSet Dov’è

Tanto piacere -

The Bosom Pub -

via Valerio, 18american bar

bar pasticceria

bar

bar

bar

bar

bistrot

pub

barbar trattoria

disco bar

enoteca

pub

Orario Apertura

22.00-02.00

6.30 - 1.45

7.00 - 01.30

7.00 - 02.00

6.00 - 02.00

7.00 - 02.00

19.00 - 02.00

21.00 - 02.00

07.00 - 02.00

07.00 - 20.00

23.00 - 04.00

10.30 - 02.00

19.30 - 02.00

Acli mercoledì via Santa Chiara

p.za della Repubblica

p.za della Repubblica

corso Garibaldi

p.za della Repubblica

via Posta Vecchiavia Mazzini

p.zza della Repubblicavia San Domenico

via Bocca Trabaria

via della Stazione

via Budassi

via Veneto

via Nazionale

circolo8.00 - 01.00

Q Club giov. ven.discoteca23.00 - 04.00

Locali

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SPETTACOLI

getto ci sarà, ma non si baserà suun testo classico. “Questo permet-te a tutti di partecipare in manieraidentica, senza il problema di do-ver distribuire i ruoli”. Verrà sceltoun tema. Probabilmente sarà l’a-more, “il più sentito da tutti”. Unmodo per vedere come diverseculture possono interpretare lastessa cosa.L’idea del laboratorio, vincitrice diun bando dell’università rivolto adassociazioni studentesche, è pro-prio quello di promuovere la mul-ticulturalità.L’intenzione di Giovanna Errede,presidente de “La Ginestra”, eraquella di attirare più immigratipossibile. I partecipanti, però, so-no più che altro italiani. Tra gli stra-nieri ci sono due russi, una slove-na, un bosniaco e un gruppo di se-negalesi. Gli altri sono abruzzesi,pugliesi, piemontesi, sardi, mar-chigiani e non solo. Un laboratoriopiù interregionale che internazio-nale, ma il gruppo è in continuacrescita, e il passaparola potrebbecambiare le cose. La prima seraerano soltanto in cinque, ora sonoquasi una trentina. Ma l’ideatriceammette: “Mi aspettavo la presen-za di più immigrati”, e confida chesi possa fare di meglio nelle prossi-me edizioni. Per la Ceccarini “l’o-biettivo è comunque centrato”. Leculture variano da nazione a na-zione, ma anche da regione a re-gione. “E non esiste un fuoriluogo– dice – l’importante è comunica-re”.

[email protected]

Silenzio. Scalzi, disposti acerchio, si “scambianol’energia”. Girano in sen-so antiorario tenendosiper mano. Si urlano infaccia come uomini pri-

mitivi. I ragazzi e le ragazze del la-boratorio teatrale multiculturale“Fuoriluogo”, organizzato dall’as-sociazione studentesca “La Gine-stra”, stanno facendo riscalda-mento. Il lunedì sera si riunisconoall’auditorium del collegio “La Ve-la” per fare le prove. E fanno teatro,sì, ma non recitano. Le loro sonopiù che altro prove di “liberazionedel corpo”. Come se alla fine di tut-to non dovessero fare altro che in-terpretare se stessi.Claudia Ceccarini dirige i lavori. E’lei a prenderli per mano e a co-stringerli al silenzio per trovare lagiusta concentrazione. Il teatro è lasua casa da anni. Ha contribuitoalla realizzazione di diverse mani-festazioni provinciali, ha lavoratocon lo Stabile delle Marche e persi-no all’estero. Per lei lo scopo diquelle due ore abbondanti è “co-struire qualcosa che parta dal la-voro fisico e teatrale puro”. Come ladanza maori, la “Haka”, resa famo-sa dagli All Blacks del rugby neoze-landese.Non a caso un copione non c’è,nonostante sia prevista un’esibi-zione finale al Teatro Sanzio. Siprovano frammenti di uno spetta-colo basato più che altro sull’im-provvisazione. “Io li guiderò a tirarfuori delle emozioni, le cose su cuilavorare verranno da loro”. Un sog-

Mostre

LE PROVOCAZIONI ECO-CREATIVE DI JEAN-MARCREISER

Sabato 13marzo, SalaC o n s i l i a r eM u n i c i p i o ,via Mazzini,Fermignano

Gli energici fumetti ambienta-listi dello scomparso disegna-tore francese che, tra satira esberleffo, già oltre trenta annifa si immaginava tante possi-bili soluzioni ai problemiambientali ed energetici anco-ra irrisolti.

Concerti

TRIO DMITRIJORCHESTRA SINFONICAG. ROSSINITeatro Sanzio, Domenica

21 marzoLa formazionecomposta daM i c h e l eS a m p a o l e s i(p ianofor te ) ,

Henry Domenico Durante (vio-lino) e Alessandro FrancescoDe Felice (violoncello) riuniscetre artisti accomunati dallapassione per la musica dacamera. Nella serata verranoeseguiti: Le quattro stagioni

di A. Piazzolla, il TrioElegiaque di S. Rachmaninoffe il Trio op. 49 n° 1 di F.Mendelssohn.

Incontri

“MASSA E POTERE” CIN-QUANT’ANNI DOPOPalazzo Battiferri, Aula

A m a r a n t o ,via Saffi 42, 15marzo, ore9.00C o n v e g n oincontro di stu-dio sul capola-

voro di Elias Canetti a cin-quant’anni dalla pubblicazio-

ne. Fra i relatori: Luigi Alfieri,Cristiano Maria Bellei,Domenico Sergio Scalzo eRoberto Escobar.

LA VITA SENZA LIMITI: LAMORTE DI ELUANA INUNO STATO DI DIRITTOPalazzo Battiferri, Aula

Magna, viaSaffi 42, 16marzo, ore15.00Incontro confe-renza col

Beppino Englaro, padre diEluana. Introduzione del prof.Marco Rocchi, interventodell'Avvocato Paolo Filippo

Biancofiore, Conclusioni delprof. Rocco Donnici.

CULTURA/MEDIAGli scenari contemporaneidell’informazione cultura-le. Ciclo di conferenze delDipartimento di Scienzedella Comunicazione.Media, Linguaggi,Spettacolo.Facoltà di Sociologia,Magistero, via Saffi 1517 marzo, ore 16.00:Riccardo Chiaberge (Il Sole24 ORE)2 marzo, ore 16.00: LeopoldoFabiani (La Repubblica)

Scherzano tra di loromentre si ricoprono ilviso di mille colori egonfiano palloncini,che tra le loro maniassumono le forme

più varie. Abbigliamento sgar-giante, naso rigorosamenterosso e un gran sorriso. Ai ra-gazzi dell’ Accademia della Ri-sata non occorre altro, per po-ter cominciare il solito tour set-timanale nelle corsie dell’o-spedale di Urbino e contagiare ipazienti con il loro buonumore. Il dottor Alessandro Bedini,psicoterapeuta e presidentedell’Accademia della Risata,osserva con soddisfazione ilsuo gruppetto di giovani volon-tari, poi indossa la maglietta con ilritratto di Raffaello con un grannaso da Patch Adams, il suo cami-ce speciale pieno di fiori e disegni,e dà il via al giro nei reparti. Giulia, laureata in psicologia, èanimatrice da più di un anno. Af-ferra la sua bombetta e dice: “Hoiniziato e mai più smesso. Noisiamo una pausa momentaneanella sofferenza dei malati. È undare e ricevere: noi facciamo ilprimo passo e loro il resto”.Quando i ragazzi entrano can-tando “tanti auguri a te”, la si-gnora Pierina sbarra gli occhitra le lenzuola del suo lettino.“Siete venuti voi e non i miei fi-gli”, esclama commossa. Chia-ra, studentessa di psicologia, leregala un palloncino rosa a for-ma di cagnolino per la nipoti-na. Poco dopo anche le pre-ghiere della Signora Maria, chi-na sul suo rosario, sono inter-rotte dalla stessa canzoncina. Ètriste per la notte passata inbianco a causa del dolore delpost operatorio. Ma quandoLaura e Marika la circondanodi attenzioni, e le porgono unpalloncino a forma di girasole,la signora s’illumina e si lasciaandare a un sorriso.“Non è facile, vedi tanta soffe-renza – commenta Marika,educatrice sociale - ma quan-

BRUNELLA DI MARTINO

do una persona malata ti rega-la un sorriso è quanto di piùbello tu possa ricevere”. Il dottor Bedini spiega: “Hofondato l’Accademia nel 2006per divulgare gli effetti positividella risata. Da ottobre a di-cembre organizzo dei corsi for-mativi aperti a tutti. Quest’an-no gli iscritti erano 115. Circauna ventina poi hanno conti-nuato per fare gli animatori.Sono tutti studenti liceali e uni-versitari, adulti e anche disabi-li. Andiamo nelle struttureospedaliere di tutti i comunidelle Marche che fanno capoall’Asur. Il progetto ‘un sorrisoin corsia’ è un appuntamentosettimanale. Non siamo attori néclown. Creiamo empatia. La genteha bisogno di essere ascoltata”.

“Sono molto grato a questi ra-gazzi, portano gioia e allegria”,afferma con entusiasmo un av-vocato urbinate costretto alladialisi. “Magari potessero veni-re più spesso”, sottolinea Fran-cesco Neroni del personale sa-nitario. “Spesso i pazienti vor-rebbero fare delle offerte per ri-compensarci - aggiunge il dot-tor Bedini - ma noi accettiamosolo sorrisi. Noi li stimoliamo aridere delle proprie paure, cosìla paura scompare”. Ma a bene-ficiare degli effetti positivi del-la risata sono anche gli stessiragazzi, animati da un’incredi-bile forza interiore. “Quel chericevo è molto più di quel chedo”, confessa Marika, stancama felice.

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SIMONE CELLI

Sorridere è vitaBedini:“Non siamo clown, ascoltiamo la gente”

Un giro in corsia con i ragazzi dell’Accademia della Risata

I ragazzi dell’Accademia della Risata

Spontaneie integrati

Teatro per la multiculturalità

Il gruppo teatrale “Fuoriluogo” durante le prove

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il Ducato

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Balcani e Mediterraneo,l’ateneo preparaun futuro internazionale

La nuova “politica estera” della Carlo Bo

Un ministero de-gli esteri. Conuna linea fissataper la politicainternazionale ea m b a s c i a t o r i

nominati per accrescere il pre-stigio dell’Istituzione. La nuovaamministrazione dell’univer-sità, per guardare con decisio-ne al di fuori delle mura urbina-ti, ha deciso di non farsi man-care proprio nulla. Eccola qui,dunque, l’altisonante “inter-nazionalizzazione”. La formulapiù cara al neo-rettore StefanoPivato, che ha ribadito in ognioccasione pubblica la necessi-tà di allargare la visione acca-demica oltre i propri naturaliconfini. La pratica, la raziona-lizzazione, l’organizzazionedelle politiche sono in mano aun professore di Giurispruden-za, Giuseppe Giliberti. E’ lui ildelegato della “Carlo Bo” all’in-ternazionalizzazione, è lui ilministro degli esteri. Sessan-t’anni, ordinario di storia deldiritto romano, tra le sue primetrovate c’è l’individuazione de-gli “accademic ambassdor”,personalità accademiche de-stinate a divenire biglietti da vi-sita dell’immagine dell’ateneoin tutto il mondo. “Un’idea checi ruberanno presto”. Il primoambasciatore già nominato èHenry Frendo, autorità istitu-zionale maltese. “Sino ad ogginon ci sono mai state politicheinternazionali vere e proprieper questo ateneo, ma solo epi-sodi singoli. La novità sta pro-prio nel fatto di delineare unavera e propria strategia, un pia-no”. Chi sono i vostri interlocutori?I nostri intenti sono stabiliti neltentativo di concertare le azio-

ni dell’Università con le ten-denze di politica internaziona-le degli enti locali e delle attivi-tà produttive del nostro territo-rio, delle Marche. Una delle co-se più importanti per guardareal di fuori è capire dove siamo. E dove siamo?Siamo inseriti in una regionegeo-politica che ci permette disfruttare sinergie e collabora-zioni importanti. Mi riferiscoin particolare a due importanticontesti istituzionali con i qua-li stiamo dialogando, nei qualistiamo costruendo gran partedelle nostre iniziative: lo Iai,iniziativa adriatico- ionica, el’Unione per il mediterraneo,che ha istituito l’università eu-ro-mediterranea con sede inSlovenia. Proprio in questo ate-neo saranno attivate le laureespecialistiche di geologia ap-plicata e comunicazione perl’impresa a cura della nostrauniversità. Quali sono gli scopi da perse-guire nel suo mandato?Prima di entrare nel mondoglobalizzato l’università italia-na poteva permettersi di nonguardarsi attorno. Oggi, avereuna politica internazionale, èuna condizione di sopravvi-venza. Ci sono tre fasi per rea-lizzare l’internazionalizzazio-ne della “Carlo Bo”: una attiva,che prevede di esportare all’e-stero nostri studenti e ricerca-tori ed effettuare progetti di ri-cerca congiunta; una passiva,che è indirizzata nell’attrazio-ne di studenti e ricercatori dal-l’estero; una di gestione ammi-nistrativa, che prevede un in-nalzamento del livello della lin-gua in tutti i settori, per primoquello didattico. Il settore del-l’internalizzazione passivasembra essere, ad oggi, il piùdebole.

Su quali aree prevedete di in-vestire risorse per attrarre stu-denti?Cercheremo di valorizzare ilpatrimonio dei corsi di linguaitaliana per stranieri, al fine diutilizzarli come veicolo: ci sonomoltissimi studenti albanesi,cinesi e indiani, ad esempio,che vogliono venire nel nostroPaese per questo. Attraverso ipotenziamento di questo stru-mento e magari cercando diimplementare la presenza divisiting proffessors stranieri,proveremo ad innalzare il livel-lo dell’[email protected]

GIORGIO BERNARDINI

Pantarei in scena a LeicesterLo spettacolo teatrale selezionato dallo Iuta

Il 15 e 16 aprile la politica estera dell’ateneo ducale èchiamata a superare la sua prima prova. La “CarloBo” celebrerà i dieci anni dell’iniziativa adriatico ioni-ca, ospitando il convegno “Urbino città ideale”. Nelcorso delle due giornate si svolgeranno parte dei lavo-ri in seduta comune della “Iai”: nel programma sonopreviste una discussione con rettori delle universitàbalcaniche e una riunione delle forze dell’ordine di 8paesi, in materia di recupero delle opere d’arte.

AD APRILE IL CONVEGNO

I“personaggi in cerca d’autore” volano inInghilterra. Lo Iuta, International Univer-sity Theatre Association, fra i lavori arriva-

ti da tutto il mondo ne ha scelti sei che parte-ciperanno all’ottavo congresso mondiale chesi terrà a Leicester e che quest’anno ruoteràintorno al tema “teatro e pedagogia”. Lo spet-tacolo teatrale, ispirato alla famosa opera diPirandello e realizzato da Pantarei in collabo-razione con Teatro Aenigma, è fra quelli sele-zionati. “Ora si tratta di trovare fondi che cipermettano di affrontare il trasporto deglistudenti disabili e la permanenza in trasfertanel modo migliore”, spiega Rafael Campagno-lo, consigliere di Pantarei. Il trasporto per ot-to di loro è finanziato dallo Iuta; l’associazio-ne si sta muovendo affinché l’Universitàprovveda, magari con un finanziamentostraordinario, al resto del gruppo. L’associa-zione universitaria Pantarei, nata nel 2005, si

occupa dell’integrazione degli studenti dis-abili con la comunità studentesca; circa quin-dici ragazzi dell’associazione fanno parte del-la compagnia teatrale e sono supportati dagliinsegnanti di Teatro Aenigma. La collabora-zione con Vito Minoia e Cathy Marchand, sto-rica attrice del Living Theatre, ha rappresen-tato per l’associazione universitaria unagrande occasione per proporsi, oltre che nelsuo ruolo tipico a tutela delle persone disabi-li, come vera e propria compagnia teatrale disuccesso. Lo spettacolo scelto per partecipa-re al Congresso è una creazione collettiva e ri-prende in parte il lavoro de “L’archeologia delsogno”, già portato in scena dalla compagniateatrale sotto l’influenza di Julian Beck e Ju-dith Malina del Living Theatre. La compagnia,che è giunta al suo quarto anno di attività, harealizzato inoltre “Cecità”, tratto dall’omoni-mo romanzo di Saramago, e “A’ livella”, libera-mente ispirato alla nota poesia di Totò.

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MANUELA BALDI

Giuseppe Giliberti, delegato all’internazionalizzazione

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UNIVERSITÀ

L’Università, un impero immobiliareL’espansione è iniziata negli anni ‘60. Ora però comincia la fase della vendita

Nel centro storico 26 palazzi e 532 ettari di terreno di proprietà dell’ateneo

Ogni rettore a Urbi-no ha il diritto disentirsi un po’ co-me Mazzarò, illeggendario lati-fondista della no-

vella di Giovanni Verga. Nellasconfinata campagna siciliana,su qualsiasi cosa venissero po-sati gli occhi, terre, alberi e per-sino le cicale, “era tutta roba diMazzarò”. Nella città ducale enelle sue vicinanze, ci sono 532ettari di terreno che sono intera-mente “roba dell’Università”. Eviene un sobbalzo anche a fare ilcensimento dei fabbricati. Ilcentro storico appartiene perbuona parte all’ateneo di Urbi-no. In poco più di un chilometroquadrato si concentrano oltre 26proprietà. E non parliamo dipiccoli appartamenti incastratinei vicoli nascosti. I più impor-tanti e imponenti palazzi storicidi Urbino sono per la maggiorparte dell’Università: palazzoAlbani, Chioggia, Battiferri,Buonaventura, solo per farequalche nome. Un valore patri-moniale che supera i cento mi-lioni di euro e che tiene a gallal’ateneo. Con credenziali di que-sto tipo, le porte delle banche so-no spalancate.E pensare che alla fine degli anni’50, le proprietà universitarie silimitavano a un solo edificio: pa-lazzo Bonaventura. Le casse era-no così malmesse che il restaurodell’immobile, in quegli anni,avvenne con molte difficoltà: sifaticò non poco a trovare i fondi.È a partire dagli anni ’60 che co-mincia l’espansione: precisa-mente dal 1957. Alla base ci fuuna congiuntura politica im-pensabile per quegli anni. A Ur-bino venne sancito, con ven-t’anni di anticipo, un compro-messo storico tra comunisti edemocristiani. Un accordo cheaveva al centro l’Università e ilfuturo di Urbino. Tre i protagoni-sti: Egidio Mascioli sindaco co-munista dal ’57 al 71, l’architettoGiancarlo De Carlo e, innanzi-tutto, Carlo Bo. La città non ri-usciva a riprendersi dal dopo-guerra: la situazione dell’agri-coltura era disastrosa, il redditopro capite bassissimo e il nume-ro di abitanti era crollato vertigi-nosamente. È in quel momentoche Urbino sceglie di diventare“città della cultura”, investendoper prima cosa sull’ateneo. Gra-zie al prestigio di cui Carlo Bo go-deva a livello nazionale, comin-ciano ad arrivare importanticontributi da Roma: il ministrodell’istruzione Medici fu tra igrandi sponsor del rettore a li-vello nazionale.Con questi soldi l’ateneo rilevò,poco alla volta, molti degli edifi-ci del centro che stavano caden-do in rovina: quasi tutti di pro-prietà della Curia o di enti pub-blici. Per esempio, dove ora sor-ge la facoltà di Giurisprudenza,c’era un convento degli agosti-niani, di proprietà della casermalocale dei Carabinieri. OppurePalazzo Battiferri, ex conventodi San Benedetto, che prima del-

la gestione universitaria era se-mi abbandonato. “E’ stato unbene – è il parere di Sergio Feli-giotti, architetto e memoria sto-rica dell’urbanistica ducale -chesia stata l’Università a rilevare laproprietà degli edifici storici diUrbino. In questo modo c’è sta-to un mantenimento di tipoconservativo del centro storico,si sono evitate le catastrofi chehanno distrutto i centri storici dialtre città”.L’ampliamento della proprietàimmobiliare è proseguito anchenegli anni ’90. L’ultimo grandeacquisto è stato il prestigioso Pa-lazzo Albani, costato circa 4 mi-lioni di euro. Ma, non è più tem-po di sfarzi.Per completare il processo distatalizzazione, e andare in paricon il bilancio, l’Università è sta-ta costretta a vendere alla regio-ne il Collegio del Tridente, pro-gettato dall’architetto De carlo,e si appresta a cedere anche le re-stanti Vele.Almeno per ora, tuttavia, non siparla di vendita di edifici nelcentro storico. “Il nostro proget-to per i prossimi 10 anni”, spiegaVilberto Stocchi, prorettore condelega all’edilizia, “è razionaliz-zare”. Vorremmo ad esempio ri-unire in un’unica sede tutte le bi-blioteche dell’ateneo, probabil-mente a San Girolamo e così apalazzo Bonaventura, tutti gliuffici. L’Università deve miglio-rare l’efficienza innanzitutto de-gli spazi per ridurre i costi e rico-minicare a investire sulla ricer-ca”.

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“L’Aquilone a rischio crollo” “Quando è venuta giù la Casa dello stu-

dente all’Aquila, molti di noi hannopensato: poteva succedere anche

qui”. La domanda che si è posto Mauro Vec-chietti, rappresentante degli studenti nel Cdadi Ateneo, se la sono fatta molti altri, soprat-tutto i residenti del collegio Aquilone. Da di-versi anni nelle mura ci sono crepe evidenti.In alcune aule, sembrano dei veri e proprielettrocardiogrammi spessi più di due centi-metri che attraversano orizzontalmente tuttala parete. Al di fuori della struttura, a pochipassi dell’ingresso, il terrapieno sta venendogiù. A sostegno sono stati messi dei tiranti, im-provvisati con tubi innocenti, che a un primosguardo sembrano abbastanza precari. Da qualche settimana l’aula studio è statatransennata e interdetto l’ingresso ai residen-ti: le crepe sono state coperte da un pannelloin compensato e un pilastro di ferro sorreggeil solaio. “Le transenne inizialmente le abbia-mo dovute mettere noi”, spiega Stefano Pater-nò, presidente del Consiglio studentesco,“per far chiudere quell’ala siamo stati costret-ti a fare molte richieste”. Gli studenti temonoun improvviso crollo. Paternò, insieme a Sal-vatore Sammartino e Maurice Leonardi, harealizzato un reportage su tutti i danni, a loroavviso strutturali, che sono visibili all’internodei collegi. Lo hanno inviato in rettorato e al-l’Ersu, ma per ora non è arrivata ancora nes-suna risposta ufficiale. A intervenire dovrebbe essere l’Università cuispetta la manutenzione straordinaria. Peròqualche responsabilità ce l’ha anche l’Enteper il diritto allo studio, che dovrebbe occu-

parsi della manutenzione ordinaria: “Se aves-se fatto adeguatamente la propria parte, idanni non sarebbero stati di questa entità”,attacca Paternò. Il tentennamento che l’Uni-versità sta avendo, ormai da mesi, nell’inve-stire soldi per le riparazioni potrebbe avereuna spiegazione che va al di là della carenza difondi e delle lungaggini burocratiche. Il colle-gio dell’Aquilone, insieme alle altre Vele, do-vrebbe essere venduto, non si sa però conquale tempistica, alla Regione. Di qui la ritro-sia a investirci altri soldi. Il prorettore all’edi-liza Stocchi, però, promette: “La questionedei collegi sarà all’ordine del giorno del pros-simo Consiglio di amministrazione di ateneo.Probabilmente già in quella sede approvere-mo un finanziamento di 500 mila per gli in-terventi straordinari”.

(g.m)

GIORGIO MOTTOLA

Gli studenti denunciano: danni strutturali

L’aula interdetta agli studenti (foto Maurice Leonardi)

VIA SAFFIPalazzo Bonaventura

VIA BRAMANTEPalazzo Albani

PIAZZA SANT’ANDREAPalazzo De Rossi

VIALE SALVALAIUffici universitari

VIA FRANCESCO BUDASSICentro linguistico

VIA GIACOMO MATTEOTTIFacoltà di Giurisprudenza

VIA DEL BALESTRIEREIstituto archeologia

VIA CAPPUCCINICollegi studenteschi

VIA MONTE PALLOTTASede Scienze Motorie

VIA CA RUFFOGALLOResidenze studentesche

VIA SASSOLaboratori Cnr

VIA STRADA ROSSA

Polo scientifico e residenze

VIA S.ANDREAEx convento San Girolamo

GLI IMMOBILI

Palazzo Bonaventura, sede del Rettorato

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Volo a vela, il mito di IcaroA Monte Cucco nel 2011 i mondiali di deltaplano: obiettivo, attirare più giovani

Senza motore, sfruttando solo le correnti si possono percorrere anche 200 km raggiungendo i 3 mila metri

Le colline del Monte-feltro si aprono da-vanti agli occhi di Ni-cola Romagnoli, 34anni, che, fatta la pri-ma comunione,

montò su un deltaplano. Il suovolto è teso: sotto i piedi il vuotoin cui si lancerà affidandosi al-l’enorme vela blu. “La fase di de-collo è la più delicata – spiegaRomagnoli – perché basta un er-rore, una sopravvalutazionedelle condizioni meteo che simette in pericolo la vita”. Tra lecolline, infatti, le correnti d’ariapossono essere così forti dacompromettere la riuscita deldecollo, facendo perdere il con-trollo del velivolo. Oppure, nelmigliore dei casi, sfruttando iventi, il pilota potrebbe rag-giungere anche la quota di 3.000metri.Dopo aver studiato la situazio-ne, Romagnoli afferra la barra disostegno e si lancia. La sua velasi libra leggera, cavalca le cor-renti d’aria con maestria. “I del-taplani oggi sono così perfor-manti che permettono di per-

correre anche 200 km”, dice Ro-magnoli. Tanto, visto che non siricorre a nessun tipo di motore.Si vola sfruttando solamente lecorrenti d’aria. E il pensiero nonpuò non andare al mito di Icaroe alla sua fuga dal labirinto diCreta grazie ad ali di cera. L’e-mozione è la stessa per Roma-gnoli: “Quando mi stacco da terraentro in contatto con la natura, ilsilenzio. Si sente soffiare solo ilvento. La sensazione di libertà èunica come è unica la possibilitàdi riscoprire sé stessi”.La passione per il deltaplano è increscita nel Montefeltro. Moltesono le persone che si avvicina-no a questo sport ancora pococonosciuto. Un po’ per la pas-sione del volo, un po’ per vederele colline da “un’altra ottica”.Proprio per incentivare il volo avela, la provincia di Pesaro-Ur-bino sarà protagonista per laterza volta dei mondiali di delta-plano. Le altre edizioni sono sta-te organizzate nel 1998 e nel2008. Si svolgeranno a monteCucco, a una decina di chilome-tri da Urbino, dove sorge unadelle più importanti scuole peril volo libero. Fondata una ven-

tina d’anni fa e diretta da Mau-rizio Tassinari, la Aerolight Mar-che conta oggi una quindicinadi allievi, ma, come precisa Lu-ca Fugnanesi, 43 anni, assisten-te istruttore, “ci sono diversicorsi e la loro durata non è cal-colabile perché dipende dallabravura dell’allievo che deve ot-tenere il brevetto”. Perciò nelleaule c’è un ricambio frequente.Le lezioni sono teoriche (aero-dinamica e meteorologia) e pra-tiche, prima in compagnia di unistruttore, poi “già dalla decimalezione lo studente è in grado divolare da solo”, come spiega Fu-gnanesi.Sofisticata è la strumentazionedi bordo che aiuta il pilota a noncommettere errori: variometro(che calcola la velocità vertica-le), il gps e l’altimetro. Ma quan-to costa l’attrezzatura? “Quellabase parte dai 2.00 0euro”, ri-sponde Fugnanesi, da 10 anni involo. Uno sport in crescita chepotrebbe approfittare dei pros-simi mondiali per attirare piùpersone, soprattutto giovani,perché la maggior parte dei pra-ticanti ha superato i 35 anni.

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Tre immagi-ni di delta-plani involo sullecolline delMontefeltroNella primafoto a sini-stra ilpanoramache si puòvederedalla cimadi monteCucco

FEDERICO MASELLI

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SPORT

Lo sci di fondo c’è, mache fatica! In provin-cia sono addiritturatre le piste a disposi-zione degli appassio-nati dello sport “nor-

dico”, le uniche strutture delleMarche insieme a quella di Ac-quacanina, nel maceratese. Malo sci di fondo non riscuote ungrosso successo di pubblico,nonostante si riesca a sciare pra-ticamente gratis, attrezzaturepronte in cantina e, soprattutto,neve permettendo. Rino Fusilli è maestro di sci agliimpianti del Monte Catria e pre-sidente dello SkiClub Frontone.Ricorda di quando arrivò a lavo-rare sul Catria, sul finire deglianni ’70: “All’inizio l’interesseera per lo sci alpino. Poi, in unpaio d’anni, le persone si sonoappassionate a quello nordico:il fine settimana venivano addi-rittura una ventina di fondisti”.Ora, racconta Fusilli, la situazio-ne è diversa: “Possono venire ilsabato e domenica cinque per-sone come nessuna: le nostre pi-ste sono o di ripiego o, per comeli definisco io, per “i primi sci”.Più gente verrà e più terremoaperta la pista di fondo”. L’inte-resse potrebbe crescere, ma “civorranno un paio di anni e mol-ta promozione”. Per un fondistainfatti è difficile trovare in com-mercio o a nolo le attrezzaturenecessarie per praticare: i nego-zi specializzati nella provincianon vendono sci, scarponcini eracchette per il fondo. Per Fusil-li servirebbero almeno sei paiadi attrezzature in più da affittareper attirare l’attenzione deglisportivi: “Al Catria, ad esempio,da quando si noleggiano tavoleda Snowboard, la pratica è au-mentata del 20 per cento”.Ecco le piste e i costi della gior-nata del fondista. A Carpegna, lesciovie Eremo mettono a dispo-sizione due impianti dove lo sci,se si è muniti dell’attrezzatura, èlibero (si può anche affittare tut-to per 14 euro al giorno). Qui cisono due anelli: il primo, dietroil Santuratio, a 1280 metri di alti-tudine, è un percorso semplice,ideale per principianti, dellalunghezza variabile tra il chilo-metro e mezzo e il chilometro eottocento metri. Il secondoanello, che si trova sull’altipianosopra le piste, a 1400 metri soprail livello del mare, si può svilup-pare fino ai 5 chilometri di lun-ghezza. Le dimensioni dipen-dono sempre dalla neve, perchégli impianti di fondo marchigia-ni non vengono innevati artifi-cialmente. Nonostante entram-be le località sciistiche siano for-nite di battipista e tracciatori,conviene sempre chiamare pri-ma gli impianti per accertarsi seil fondo è praticabile.La pista sul Catria è anch’essaun anello, lunga tra i 3 e i 5 chilo-metri. Come per i tracciatti del-l’Eremo qui lo sci di fondo è li-bero: bisogna solo pagare la sa-lita agli impianti (6 euro).

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Gli Orsi corrono verso il canestroBasket: continua a giocare una squadra nata dall’amicizia

Quando si pratica sport per passio-ne, più che per ambizioni di vitto-ria, il nome di una squadra può na-

scere da un ricordo, da un’emozione. Il presidente della Basket Orsi Fermi-gnano racconta che così è successo cin-que anni fa, quando è nata la società:“Noi fondatori del gruppo - spiega Ales-sandro Catani - eravamo amici ritrova-ti. Uno di noi disse: mi ricordo chequando ero bambino e si giocava a pal-lacanestro ci si divideva in due squadre,gli orsi e i lupi. A me gli orsi sono semprestati più simpatici. Gli abbiamo rispo-sto: se a te piace Orsi, va bene anche anoi. Il nome, come la squadra, è natodall’amicizia”.Catani spiega che “la Basket Orsi è for-mata da giocatori che hanno già fatto laloro carriera in altre squadre, ma aveva-no voglia di proseguire in una competi-zione dignitosa. Con grande volontàeravamo riusciti a formare un gruppo ead ottenere l’iscrizione al campionatodi divisione. Ci sono persone - prosegueil presidente della società - che magarinon hanno avuto la possibilità di saliredi categoria, oppure ex giocatori chehanno ricominciato dopo qualche an-no di stop, perché volevano tenersi informa e continuare a divertirsi. Siamostati subito competitivi”.Infatti gli Orsi hanno scalato la catego-

ria e da quattro anni giocano nella pro-mozione regionale. Il campionato fini-rà a metà maggio, la squadra è a metàclassifica.“Ci sono le sconfitte e le vittorie - diceCatani - e a noi va bene così. È un bilan-cio che cerchiamo di salvaguardare pertenere in piedi le nostre priorità: acco-gliere altre persone che vogliono torna-re in campo dopo qualche anno di fer-mo, oppure giocatori che non trovanospazio in campionati superiori. La no-stra priorità è insomma la voglia di gio-care”.Gli Orsi corrono molto. Due volte a set-timana si allenano o hanno la partita alPalazzetto dello sport (occupato prin-cipalmente dalla prima società di palla-canestro Basket Fermignano): “Ci rita-gliamo gli spazi il martedì e il sabato -spiega Catani - e per altri due allena-menti settimanali viviamo di espedien-ti, perché ci arrangiamo con amichevo-li e trasferte. Per quanto la competizione possa sem-brare irrisoria, va seguita perché c’è bi-sogno di organizzazione. Io ho sostitui-to alla presidenza della società ParideCecconi perché lui per motivi di lavoronon poteva più”.Con l’impegno di tutti l’avventura natadall’amicizia e dalla passione per il ba-sket continua: sembra proprio che aFermignano gli Orsi non vogliano an-dare in letargo.

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Sci: tre circuiti, zero fondistiMolte le piste per gli appassionati. Ma il grande pubblico ancora le snobba

Due anelli sul Monte Carpegna, uno sul Catria. Fusilli: “Per promuoverli bisogna potenziare le attrezzature”

Uno dei tracciati per i fondisti sul Monte Carpegna. Qui, come sul Monte Catria, lo sci è libero se forniti dell’attrezzatura

Gli Orsi con la loro mascotte

MICHELE MASTRANGELO

DANIELE FERRO

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MASS MEDIA

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: STEFANO PIVATO, Rettore dell'Università di Urbino "Carlo Bo". Vice:GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche. Consiglieri: per l'Università: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIU-SEPPE PAIONI; per l'Ordine: STEFANO FABRIZI, DARIO GATTAFONI, CLAUDIO SARGENTI; per la Regione Marche: SIMONE SOCIONOVO, LEONARDO FRATERNALE;per la Fnsi: GIOVANNI GIACOMINI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRI-CO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore: RAFFAELE FIENGO

IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 www.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: RAFFAELE FIENGO Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733 Registrazione TribunaleUrbino n. 154 del 31 gennaio 1991

Facebook ha fatto il verso, di pro-posito o no, alla provocazione diRiello: Rimbalza il clandestino èun giochetto ideato da RenzoBossi, figlio del Senatùr Umber-to, comparso in rete nell’agosto2009 in coincidenza con i respin-gimenti fatti dal governo italianodelle navi cariche di migranti .Riello risponde con un no com-ment all’iniziativa leghista maaggiunge “mi interessa solo sot-tolineare come le visioni, anchequelle decisamente diaboliche,degli artisti, talvolta abbianouna certa capacità profetica”.I videogiochi sono mezzi poten-ti, e la loro strumentalizzazionepolitica non si manifesta soloquando, come nel caso di Mol-leindustria, essa è esplicitamen-te rivelata. Sono atti ideologicitalvolta anche nelle loro vesti piùtradizionali. “I videogiochi nonsono meno importanti degli altrimedia” dice Helga Tawil Souri, ri-cercatrice libanese che ha studia-to i videogiochi “islamici”. Souridocumenta alcune delle rivendi-cazioni dei creatori di Special for-ce, un videogioco ideato nel 2003dall’Ufficio centrale per Internetdi Hezbollah, e controparte isla-mica di America’s Army, il first per-son shooter, sparatutto in primapersona, commissionato dal go-verno statunitense per sponso-rizzare l’esercito attraverso la si-mulazione degli addestramentimilitari. “Vogliamo che le nuovigenerazioni, che non seguono itelegiornali, possano conoscerela causa palestinese”, ha afferma-to Hassan Salem, uno dei creatoridi Special Force.Il discorso è analogo per UnderSiege e Under Ash, due videogio-chi creati dalla società sirianaDar al-Fikr (letteralmente Casadel pensiero) rispettivamentenel 2001 e nel 2003. “Di fatto que-sti videogiochi hanno a che farecon le vite di una famiglia pale-stinese tra il 1999 e il 2002 duratela seconda Intifada – spiega Sal-vo Di Rosa, che sta studiandoquesti fenomeni alla School ofOriental and African studies diLondra – ogni livello è basato sustorie vere documentate dall’O-nu tra il 1978 e il 2004”. Mentre i bambini americani eeuropei continuano (quasi) in-disturbati a giocare ad America’sarmy, gli ideatori di Special Forcevengono accusati di fomentare ilterrorismo e di arruolare nuoveleve di kamikaze. Ma i più picco-li della striscia di Gaza ci vedonouna rivincita: “Ho visto le nostrecase demolite, i miei genitoriumiliati ai posti di blocco – sonole parole di un dodicenne di Ga-za – in questo gioco ho finalmen-te quella forza che non ho nellarealtà. Posso combattere per ladignità e l’onore dei miei genito-ri”.

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Due click e cambio il mondoI videogames diventano politici, come provocazione o come simulazione di guerra

Nascono spazi virtuali per costruire possibili alternative inesistenti nella realtà. Facendo anche informazione

CHIARA ZAPPALA’

L'universo dei videogame è il luogodove l'attuale civiltà occidentale

vuole confinare, ufficialmente almeno,violenza, guerra, colonialismo

La stanza è grigia, lemie mutande sonogrigie, così come imiei vestiti appesinell’armadio grigio.Solo la luce della sve-

glia è rossa. Nella stanza accantoè il televisore a diffondere colori,ma lo spengo prima di salutaremia moglie che scuote una pa-della sui fornelli e uscire di casa.Posso scegliere di voltare a destradove mi aspetta un semaforo ros-so perpetuo o un barbone che miporta alla quiete eterna di un ci-mitero. Oppure giro a sinistra evado a lavoro, dentro uno dei cen-tinaia di cubicoli grigi davantiuno schermo. E se proprio nonreggo, posso andare sul terrazzo egettarmi dal tetto. Game over. So-no il personaggio di Every day thesame dream, ultima creazione diMolleindustria, collettivo di arti-sti che progettano videogiochi, omeglio, radical game. Nato nel 2003 in Italia, e esporta-ta nel mondo l’anno successivo,Molleindustria.org è uno spaziodi riflessione critica sull’attuali-tà, dalla legge sulla fecondazio-ne assistita agli episodi di pedo-filia nel clero, dall’impero diMcDonald alle trivellazioni pe-trolifere. Every day the samedream è invece un videogiocosul ripetitivo e alienante grigioredel tran tran quotidiano.Realizzati in Flash con una graficasemplice ma suadente, questi vi-deogiochi politici hanno ricevutodiscreta attenzione per il loro stra-volgimento della simulazione lu-dica, in Italia e soprattutto all’este-ro. E infatti Paolo Pedercini, unadelle menti principali che sta die-tro l’equipe di Molleindustria, èemigrato negli Stati Uniti dove orainsegna (all’età di 29 anni).“Giocare è divertente – spiegaDomenico Quaranta, criticod’arte e docente di Net art all’Ac-cademia di Brera – il video giocoè un utile mezzo per intrufolarela critica in un mondo in cui nor-malmente non si fa”.Che i videogiochi potessero es-sere uno spazio importante perla comunicazione, l’artista An-tonio Riello lo aveva capito giànel 1997. Quell’anno presenta alpubblico Italiani brava gente, unvideogioco graficamente rudi-mentale in cui il giocatore ha ilcompito di colpire e affondare lenavi cariche di albanesi che cer-cano di approdare sulle costepugliesi. “Il videogame è oggi unvero e proprio medium di comu-nicazione, autonomo, con unsuo linguaggio efficiente – spie-ga Riello – anche, se vogliamo,un perfetto strumento di Guer-rilla-Marketing”. L’intento era diprotesta al razzismo, eppure po-chi mesi fa un’applicazione di

In reazione alla guerra degli Usa contro il terrorismo post 11 settembre, tre arti-sti, Anne-Marie Schleiner, Joan Leandre e Brody, hanno creato un'applicazione"pacifista" da usare all'interno del gioco belligerante e violento Counter-Strike.La loro idea si chiama Velvet-Strike e consiste in una galleria di graffiti antimili-taristi da "sparare" sui muri, sui soffitti e sui pavimenti degli ambienti di Counter-Strike.

GRAFFITI CONTRO LA GUERRA ’’

’’Alcune scene dei radical game più diffusi realizzati da Molleindustria. In alto, OperazionePretofilia; a sinistra Memory reloaded; a destra McDonald’s