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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di Roma Anno XVIII - N. 4 - ottobre/dicembre 2008 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma N°4 EDITORIALE Cambio di rotta e barra dritta FOCUS I risultati delle elezioni per il rinnovo del Consiglio direttivo LA RICERCA Indagine sull’immagine e il riconoscimento sociale dell’infermiere ISTITUZIONI Emergenza sanitaria nella Valle del Sacco

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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di Roma

Anno XVIII - N. 4 - ottobre/dicembre 2008 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

N°4

EDITORIALECambio di rottae barra dritta

FOCUSI risultati delle elezioniper il rinnovodel Consiglio direttivo

LA RICERCAIndagine sull’immaginee il riconoscimentosociale dell’infermiere

ISTITUZIONIEmergenza sanitarianella Valle del Sacco

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Organo Ufficiale di Stampa del Collegio IPASVI di Roma

Direzione - Redazione - AmministrazioneViale Giulio Cesare, 78 - 00192 ROMATel. 06.37511597 - Fax 06.45437034

Direttore responsabileGennaro Rocco

Segreteria di redazioneNicola Barbato, Stefano Casciato, Mario Esposito, Matilde Napolano, Carlo Turci

Comitato di redazioneBertilla Cipolloni, Rodolfo Cotichini, Maurizio Fiorda, Maria Vittoria Pepe, Francesca Premoselli, Maria Grazia Proietti, Ausilia M.L. Pulimeno, Emanuela Tiozzo, Marco Tosini.

Rivista trimestraleTariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB RomaAutorizzazione del Tribunale di Roma n. 90 del 09/02/1990Anno XVIII - N. 4 - OTTOBRE-DICEMBRE 2008

FOTO: MARIO ESPOSITO

STAMPA: GEMMAGRAF EDITORE00171 Roma - Via Tor de’ Schiavi, 227Tel. 06 24416888 - Fax 06 24408006e-mail: [email protected]

Finito di stampare: gennaio 2009

Tiratura: 28.000 copie

“Infermiere Oggi” pubblica articoli inediti di interesse infermieristico, previa ap-provazione del Comitato di Redazione. L’articolo è sotto la responsabilità dell’Autoreo degli Autori, che devono dichiarare: nome, cognome, qualifica professionale,ente di appartenenza, recapito postale e telefonico. Il contenuto non riflette ne-cessariamente le opinioni del Comitato di Redazione e dei Consigli Direttivi.Quando il contenuto esprime o può coinvolgere la responsabilità di un Ente, oquando gli Autori parlano a suo nome, dovrà essere fornita anche l’autorizzazio-ne dei rispettivi responsabili.Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibilmente con la chiarezza diesposizione. Le bozze verranno corrette in redazione. I lavori non richiesti e nonpubblicati non verranno restituiti.Le citazioni bibliografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi a tut-ti gli Autori citati nel testo.Le citazioni da periodici devono comprendere: il cognome e l’iniziale del nomedell’Autore o dei primi due Autori, nel caso di più di due Autori, verrà indicato ilnome del primo, seguito da “et al”; il titolo originale dell’articolo, il titolo del pe-riodico; l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero della pagina ini-ziale.Le citazioni di libri comprendono: il cognome e l’iniziale del nome degli Autori, iltitolo del libro (eventualmente il numero del volume e della pagina, se la citazio-ne si riferisce ad un passo particolare), l’editore, il luogo e l’anno di pubblicazio-ne. Gli Autori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numerocontenente il loro articolo, devono farne richiesta esplicita al momento dell’inviodel testo.Tutto il materiale deve essere spedito o recapitato al Collegio IPASVI di Roma,Viale Giulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

S O M M A R I OEDITORIALE

1 Cambio di rotta e barra drittadi Gennaro Rocco

CONTRIBUTI3 Il concetto di etnografia nelle scienze infermieristiche

di Alessandro Stievano, Gennaro Rocco

8 Dalla fisiologia della morte alla rinascita della vitaDonare gli organi è donare la vitadi Andrea Rizzo, Maurizio Rossi, Maurizio Zanon

13 Vivere l’epilessia. Uno studio fenomelogicodi Ines Favoccia, Edda Oliva Piacentini

17 Colite tossica da glutaraldeide in endoscopia digestivaRevisione sistematica della letteraturadi Alessandra Guarini

22 Il corpo al centro della relazione tra infermiere e pazientedi Barbara Bertagni

25 Indagine conoscitiva: immagine e riconoscimentosociale dell’infermieredi Ausilia M.L. Pulimeno, Davide Bove, Antonio Renda

30 La valutazione del progetto “lavoro e benessere”quale percorso di condivisione del clima organizzativo.L’esperienza del Policlinico Tor Vergatadi Carmen Cappitella

FOCUS ELEZIONI, PIANO SANITARIO REGIONALE E CONFERENZA INTERNAZIONALE FEPI

36 Collegio, avanti tutta!

39 Disponibile la nuova Carta dei Servizi del Collegio Ipasvi di Roma

41 La strada giusta per la “buona sanità” nel Lazio

45 Esperienze a confronto per puntare all’eccellenza dellaprofessione infermieristica

LETTI PER VOI50 Stato vegetativo, arriva il glossario per una

comunicazione efficace e corretta

54 Servizi psichiatrici a porte aperte: è davvero un rischio calcolato?56 Infermieri ‘high skill”

SCRITTO PER VOI58 Pronto soccorso meno intasati grazie

al numero verde anti-influenza

60 Emergenza sanitaria nella Valle del Sacco

L’AVVOCATO DICE 62 Lesioni colpose e principio di affidamento

Un nuovo caso di responsabilità professionale

INFERMIERI IN RETE65 Lo “starter kit” del ricercatore (parte seconda)

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Deficit spaventosi, piani di rientro dolorosi. Per definire levicende della sanità si usa sempre più un linguaggio ditipo contabile. Non è un vezzo lessicale. E’ piuttosto lachiave di lettura attuale della sanità, a base di costi,spese, bilanci, tagli, ticket, tasse. Un modello tutto incentrato sulla finanza che appare oggicome quello geocentrico ai tempi di Galileo: scricchiolan-te e sgangherato, superato dai tempi e non più sostenibi-le. Difenderlo ancora sarebbe imperdonabile nonchémolto rischioso per la sussistenza stessa di un sistemasanitario pubblico.La grave crisi dei conti sanitari di parecchie Regioni, conil “caso Lazio” e il suo pauroso debito in primo piano,deve allora rappresentare il punto di svolta. Si può appro-fittare del momento critico per scuotersi e trovare la forzaper cambiare rotta. Anzi, si deve. Con l’impegno a tenerlafino in fondo.La spesa sanitaria pubblica cresce di anno in anno. E’ untrend che segna quasi tutte le Regioni italiane.Rappresenta ormai oltre un quarto della spesa generaledello Stato per la protezione sociale, inclusa l’assistenzasociale e la previdenza. Equivale a circa il 7% del Pilnazionale e dal 2001 aumenta con un ritmo medio del 7%all’anno, il doppio rispetto al tasso di crescita della spesasanitaria privata.E’ di tutta evidenza che, nonostante gli impegni assunti esforzi profusi, la cosiddetta “sanità delle tre T” (tetti, taglie ticket) ha fallito nel suo obiettivo principale di raddrizza-re i conti del sistema. Tanto più è oggi improponibile insi-stere nell’errore di ritenere che il sistema possa esseregovernato con meri criteri aziendalistici, sacrificando sul-l’altare della contabilità la centralità della persona mala-

ta e del suo entourage familiare e relazionale.Secondo i dati resi noti dalla Procura Generare della Cortedei Conti, la voce di spesa che assorbe le maggiori risor-se pubbliche è quella dell’assistenza ospedaliera (42%),seguita dai farmaci (13%) e da altri servizi sanitari (12%).Il problema vero non è tanto quello di ridurre la spesa madi riqualificarla. Dunque si cominci a usare meglio le risor-se oggi troppo spesso male impiegate. Un’organizzazionepiù puntuale dei mezzi materiali e professionali comportaun miglior utilizzo delle apparecchiature di diagnosi ecura, un maggior controllo dei tempi di degenza, un ricor-so più razionale ai farmaci, in definitiva una forte riduzio-ne degli attuali sprechi.Tuttavia, esaurire l’azione di risanamento del sistemasanitario con l’adozione di questi accorgimenti non puòbastare. La dinamica della spesa sanitaria dipende ancheda altri fattori e, in questo senso, è simile in tutti i Paesiindustrializzati. E’ la domanda di salute a crescere e a modificarsi. Il che,in un sistema come quello attuale, finisce inesorabilmen-te per gonfiare i costi. D’altronde, i cittadini non si accon-tentano più di essere curati nella fase acuta della malat-tia, ma chiedono di poter vivere più a lungo e meglio.Non resta che una possibilità: migliorare la salute dellapopolazione. Simulazioni condotte in sede di UnioneEuropea mostrano che il miglioramento complessivo dellasalute della popolazione che si produce attraverso inve-stimenti mirati nel sistema sanitario è la leva principaleper governare la spesa. Infatti il miglioramento dello statodi salute generale funge da ammortizzatore rispetto alledinamiche di crescita della spesa sanitaria.Da qui il necessario cambio di rotta: più educazione alla

Cambio di rottae barra dritta

di Gennaro Rocco

E D I T O R I A L E

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salute, più prevenzione, più continuità assistenziale, piùterritorio, ripensamento radicale dell’organizzazione degliospedali. Le figure professionali centrali per questo pro-cesso ci sono. Gli infermieri hanno sviluppato in questianni come nessuna altra professione sanitaria competen-ze ed esperienze molto significative in questi specificicampi. Le figure dell’infermiere di famiglia, l’infermiere di quar-tiere, l’infermiere del territorio, l’infermiere di comunità,l’infermiere aziendale, l’infermiere scolastico, ma anchegli ambulatori infermieristici privati e le società di servizio

costituiscono oggi il varco professionale tra il nuovo e ilvecchio, per traghettare la sanità della cura verso la sani-tà del benessere. E poi la ricerca specialistica, con i livelli di eccellenza rag-giunti, ha contribuito molto a definire modelli sanitaricapaci di ridisegnare su basi nuove tutto il sistema. Negioverebbero per prime le casse delle Regioni e delloStato, con costi ridotti e prestazioni più elevate. Ne gio-verebbero soprattutto i cittadini, finalmente al centro diun servizio sanitario più attento alle loro esigenze e menopesante per le loro tasche.

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Il concetto di etnografianelle scienze infermieristichedi Alessandro Stievano, Gennaro Rocco

IINTRODUZIONEIl metodo etnografico è uno degli approc-ci più conosciuti nell’antropologia ed èanche utilizzato da tempo nelle scienzeinfermieristiche.E’ una metodologia di ricerca che permet-te di apprendere gli usi, i costumi, i feno-meni vissuti dalle persone e dagli indivi-dui ed è ben conosciuto per la sua capa-cità di sceverare i vari aspetti della cul-tura studiata. Usando gli approcci etno-grafici gli studiosi infermieristici hannodescritto le esperienze di malattia dei pa-zienti, i comportamenti riguardo la salu-te e hanno fornito punti di vista di valoresu alcuni aspetti della pratica infermieri-stica. La caratteristica saliente di un ap-proccio etnografico è di essere attentaall’interpretazione culturale e tale meto-dologia può essere applicata per com-prendere le esperienze di salute, l’orga-nizzazione dei servizi sanitari alla perso-na e la pratica del nursing. La cultura, co-me abbiamo detto, è centrale per l’etno-grafia e, attraverso di essa, si cerca di ca-pire gli usi, i costumi, le norme e le rego-le sociali e come queste variabili influi-scano sul fenomeno salute.Oggi, nel mondo globale e nella condizio-ne di scambio internazionale, non è piùpossibile pensare all’esistenza di culturechiuse ed isolate, quelle che cercavanole antiche scuole antropologiche per evi-denziare supposti tratti originari. Nel mon-do dell’interdipendenza economica, le cul-ture sono ancor meno forme statiche mafunzioni dinamiche e processuali e, sep-pure, spesso localizzate in territori, sonoin continuo ed dipendente interscambiotra loro. Sono culture ibride il cui ambitoè rappresentato come luogo e modo di in-terazione tra individui continuamente ri-strutturati e rinegoziati nel contesto nelquale operano.

C’è, quindi, una maggiore consapevolez-za della fluidità delle culture e del loro ri-modellamento senza soluzione di conti-nuità ed anche una maggiore consapevo-lezza che la differenza culturale esiste trai gruppi culturali e all’interno degli stes-si. L’etnografia, appunto, è usata per de-scrivere specifiche culture in contesti par-ticolari, piuttosto che per arrivare a ge-neralizzazioni di comportamento.A differenza della ricerca quantitativa mag-giormente orientata all’oggettività, l’in-fluenza del ricercatore nel raccogliere edanalizzare i dati è un problema che ha da-to luogo ad una vasta letteratura. Mentrela prospettiva emic o che proviene dai sog-getti indagati è il focus principale di unaricerca etnografica, la prospettiva etic delricercatore, di conoscenza generale delfenomeno in esame, viene anche esplici-tata con i report di ricerca finale (Byrne,2001). Nel passaggio tra i dati raccolti eil resoconto finale, l’influenza del ricerca-tore deve essere attentamente vagliata(Pellatt, 2003). Perciò, il ricercatore è unavariabile importante da considerare neglistudi etnografici, poiché è profondamen-te legato al negoziare, connettere e tra-durre i significati culturali.

L’ETNOGRAFIA E LE SCIENZEINFERMIERISTICHETradizionalmente, gli studi etnografici sisono focalizzati su piccole comunità checondividevano credenze specifiche e l’os-servazione partecipante sul campo era ilmetodo utilizzato per raccogliere i dati(Savage, 2000). Tra gli etnografi più co-nosciuti possiamo citare Margaret Mead,Bronislaw Malinowski, Claude Lévi-Strauss,tra gli italiani, Ernesto De Martino e incampo infermieristico la fondatrice delmetodo etnografico applicato al nursingMadeleine Leininger.

La Leininger, iniziò a fare ricerca nel nur-sing nei primi anni ‘60, tramite il metodoetnografico, in aggiunta a ciò sviluppò unparticolare metodo di ricerca infermieri-stica che chiamò etnonursing. Questo metodo permette agli infermieridi acquisire conoscenze sul sistema di sa-lute di culture altre, nonché di approfon-dire valori, costumi e abitudini diversenell’erogare assistenza infermieristica.Tutto ciò, affinché si possa fornire un’as-sistenza attenta agli aspetti emic, ma con-temporaneamente professionale (etic),quindi, un etnocare (etnoassistenza) chetenga conto delle azioni e dei significatisociali e culturali che stanno alla base eche producono nursing in culture diverse.Grazie a tale metodo, il ricercatore infer-mieristico, immerso nella cultura che vuo-le approfondire, riesce, tramite un detta-gliato resoconto descrittivo e interpretati-vo, ad indagare i fenomeni caratteristici diassistenza di una determinata cultura.La Leininger pubblicò il primo libro di ri-cerca qualitativa nel nursing, nel 1985, in-titolato: “Qualitative research methods innursing”; uno studio compiuto da lei e daisuoi più attenti collaboratori sui vari me-todi di ricerca qualitativa nel nursing.Negli anni ’60, gli infermieri prendevanoa prestito strumenti concettuali di ricercada altri campi di studio e chi usava meto-di quantitativi aveva difficoltà a produrresignificati accettabili e ad ottenere accu-rate interpretazioni del significato di assi-stenza e salute di quella specifica cultura.La Leininger sviluppò i metodi qualitatividi ricerca nel nursing, poiché, erano piùcongruenti per indagare i complessi (e spes-so nascosti) fenomeni del nursing, per com-prenderne appieno il significato.Gli scopi principali dell’etnonursing sono:– indagare, fenomeni del nursing com-

plessi, conosciuti scarsamente o non

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conosciuti che hanno relazione con lasalute e l’assistenza;

– facilitare il ricercatore ad entrare incontatto con gli aspetti emici della cul-tura delle persone e apprendere da lo-ro, le loro credenze, valori, esperien-ze e la loro visione del mondo nel cam-po dell’assistenza e della salute;

– avere una profonda conoscenza dellemetafore, simboli, significati e di tut-ti i vari fattori dell’assistenza che in-fluenzano la salute e il benessere co-me rappresentati nel Sunrise model;

– usare nuovi e già consolidati strumen-ti di facilitazione o agevolatori (ena-blers) per scoprire dati infermieristiciinteressanti, con prospettive emic edetic, correlati alla teoria del nursingtransculturale;

– usare un metodo qualitativo rigoroso,dettagliato e sistematico d’analisi deidati che è garante della correttezzadei dati;

– usare criteri qualitativi (non quantita-tivi) per accurate, ricche di significatoe credibili analisi dei dati;

– identificare punti di forza e debolezzadel metodo dell’etnonursing per faravanzare la conoscenza e i risultati as-sistenziali del nursing transculturale(Leininger 2002, p. 86).

La Leininger spiega la differenza tra ri-cerche quantitative e qualitative nel nur-sing e afferma che, per avere una cono-scenza più adeguata dei fenomeni corre-lati all’assistenza nelle diverse culture, èessenziale usare un metodo qualitativo(narrazione di storie di salute-malattia,metodo dei casi, fenomenologia, groun-ded theory), per ottenere l’identificazio-ne e la comprensione di tutti gli aspettidell’assistenza, culturalmente attenta, aibisogni degli individui e della comunitàdi riferimento. Afferma la Leininger (2002):“la comprensione della prospettiva di as-sistenza di ciascuna cultura richiede tec-niche qualitative che facciano emergerei vissuti emozionali nel contesto socialeculturale”.Si può comprendere, attraverso questetracce di pensiero, l’importanza di una vi-sione infermieristica attenta ai valori cul-turali legati all’assistenza, al continuumsalute-malattia, che la Leininger ha por-tato avanti nello sviluppo della conoscen-za infermieristica negli Stati Uniti.

Ogni infermiere ricercatore dovrebbe ave-re una vasta conoscenza dei vari metodiqualitativi che si possono usare in una ri-cerca infermieristica a cominciare dallainchiesta filosofica per passare attraver-so l’etnografia, le storie di vita (life hi-story), la fenomenologia, la ricerca in azio-ne etc., ma il suo metodo di indagine prin-cipe è l’etnonursing. Per la Leininger, che utilizza tecniche co-me l’osservazione partecipante e l’inter-vista in profondità per interpretare i va-lori e i significati che le persone dannoall’assistenza ed ai fenomeni di salute-malattia; l’etnografia è un metodo che faemergere le esperienze vissute dall’uo-mo nel contesto di riferimento e dove ilricercatore infermiere interpreta la rive-lazione del significato di tali esperienze.Anche se alcuni degli aspetti di ricercasopradescritti stanno cambiando, moltodi questa metodologia di indagine è usa-ta nella ricerca infermieristica contempo-ranea.Ad esempio, Duffy (2005) viaggiò inZimbabwe, dove, dopo aver completatodue mesi di studio della lingua, andò astudiare la comunità rurale di MountSelinda, dove aprì una piccola scuola in-fermieristica. Mentre viveva nell’area,volle conoscere le interconnessioni trainfezione da Hiv+ e la sua trasmissioneeterosessuale nella cultura del posto.Specificatamente, circa il 90% della tra-smissione di Hiv+ in Africa avviene tra-mite contatto eterosessuale e Duffy (2005)condusse una ricerca sul campo, con os-servazione partecipante ed interviste perscoprire i fattori facilitanti e, quindi, pre-venirli nella trasmissione dell’infezione

tra le donne Ndau.Il lavoro sul campo fu condotto con inter-viste, osservazione, ascolto, proposizio-ne di domande etc.Inizialmente, l’osservazione fu a largospettro e furono cercati tutti gli elemen-ti caratterizzanti; (un’approccio partico-larmente utile quando l’ambiente è nuo-vo e non famigliare). Per comprendere ef-ficacemente cosa stava succedendo al-l’interno dei gruppi culturali furono stu-diate anche le espressioni facciali, le in-terazioni comunicative, i comportamenti,le posture del corpo etc.Furono prese delle note sul campo di co-sa fosse successo. Uno dei vantaggi del-l’osservazione è che spesso i comporta-menti dicono di più di mille parole. E’, al-tresì, fondamentale non interpretare lepratiche esperite dai soggetti in isola-mento senza coinvolgimento di testimo-ni chiave e interviste partecipanti. Usando una triangolazione di dati da ognifonte, l’osservazione partecipante, le in-terviste ai soggetti coinvolti e le note dicampo, Duffy arrivò alla validazione deidati di ognuna delle tre fonti prese sin-golarmente.I risultati della ricerca mostrarono che laconsapevolezza di essere madri e lavora-trici avveniva nel tempo, in un contestodi non partecipazione, inferiorità, violen-za e scarso potere economico da parte diqueste donne.Tutte queste variabili costituivano unabarriera alla prevenzione dell’Hiv+.Inoltre, per le loro credenze i preservati-vi erano associati alla prostituzione e quin-di uomini e donne non erano inclini adusarli in relazioni stabili.

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Le credenze culturali potenziavano, an-che, la disuguaglianza di genere e tuttociò aveva profonde applicazioni nell’as-sistenza preventiva o meno esperita sul-le donne Ndau. Appariva chiaro che per ridurre la trasmis-sione dell’infezione di Hiv+ c’era bisognodi un cambiamento dei comportamenti edelle norme culturali e bisognava analiz-zare come si poteva ottenere tale cam-biamento. D’altronde la cultura non con-tiene solo norme che riducono la com-plessità della realtà e guidano i compor-tamenti ma anche norme che possonorompere quelle regole.L’etnografia non è, quindi, solamente ilcampo di applicazione degli antropologiche sono totalmente immersi in culturelontane e “esotiche”. Il focus dell’etno-grafia contemporanea si è spostato dacomunità inaccessibili e lontane ad am-bienti più famigliari vicino ai setting oc-cidentali. Esempi si possono ravvisarenelle etnografie che studiano i compor-tamenti degli individui nei non-luoghi(Augè, 1993), nelle istituzioni, nelle ban-lieu urbane, negli slums delle città glo-balizzate dell’Africa o dell’India odell’America del sud, ma anche, tornan-do all’infermieristica, l’etnografia dellacorsia, delle pratiche assistenziali di co-munità, sta prendendo grande piede nel-la letteratura infermieristica. A tal uoposi può leggere la rivista ”TransculturalNursing” della Transcultural NursingSociety che presenta molti studi etnogra-fici infermieristici. Questi approcci etnografici intensi, spes-so di breve durata, contrapposti ai clas-sici studi sul campo che duravano anni,mettono in luce specifici comportamenticulturali in ambienti selezionati. La produzione di studi etnografici è in asce-sa come tecnica specifica del nursing. Adesempio, Malone (1988) un infermiere del-l’emergenza e dei pronto soccorso, svol-se in particolare una ricerca per compren-dere le ragioni per cui alcuni pazienti ri-tornavano ripetutamente e periodicamen-te nel pronto soccorso dove prestava lapropria opera professionale. Sebbene fu-rono prese note sul campo e fu svolta an-che un osservazione partecipante, la prin-cipale fonte di dati fu costituita dalle in-terviste. Furono raccolte, registrate e poianalizzate 52 interviste con 46 pazientiche accedevano spesso all’emergency

unit. L’intervista è uno dei metodi mi-gliori, che permettono all’etnografodi entrare nel mondo dell’altro perconsiderare a fondo l’esperienza delsoggetto. Le interviste possono esserecondotte in vari modi. Ad esempio, i datipossono essere raccolti con discussioniinformali, con i partecipanti durante il la-voro sul campo, o attraverso interviste piùformali dove il dialogo è classicamenteregistrato e trascritto in seguito. La strut-tura dell’intervista ed anche il suo approc-cio può variare. Domande specifiche pos-sono essere chieste a tutti i partecipantisecondo uno schema prefissato. Maloneutilizzò interviste aperte dove i frequentivisitatori del pronto soccorso furono inco-raggiati a parlare di loro stessi e delle lo-ro esperienze come pazienti del prontosoccorso stesso.Questo approccio è utilizzato per tenereviva la discussione soprattutto in pazientidi cui si conosce ben poco. Sebbene Malonecondusse interviste individuali in una sin-gola occasione, gruppi di persone posso-no anche essere intervistati più volte uti-lizzando, magari, approcci differenti.Ad esempio, il focus group permette ladescrizione delle esperienze di un buonnumero di partecipanti in un’unica sedu-ta. Intervistare i partecipanti più volte conapprocci differenziati permette di creareun rapporto di fiducia e dischiudere oriz-zonti difficilmente esplorabili. Le intervi-ste danno accesso alle idee dei parteci-panti, ai loro pensieri, alle loro memoriein accordo alle loro parole con la loro in-terpretazione dei fatti e questo è un mo-do eccellente per far luce sulla soggetti-vità delle interpretazioni degli individuinei loro processi di salute-malattia. I risultati della ricerca di Malone indi-cavano che molti di questi frequentato-ri assidui del pronto soccorso soffriva-

no di patologie croniche come: alcoli-smo, diabete, malattie polmonari croni-che, ipertensione, comunque, la man-canza di un tetto e il disagio sociale era-no le principali cause di questo elevatoricorso al dipartimento di emergenza.Questi pazienti spesso non avevano bi-sogno di assistenza specifica ma di pa-sti caldi, di una doccia, sicurezza, ripo-so, di un rifugio. Tutto ciò rifletteva lamancanza di servizi di base.Gli studi etnografici possono essere usa-ti in numerose situazioni. Ad esempio, peranalizzare il cambiamento che avvienenegli uomini quando diventano padri(Draper, 2002) oppure l’influenza degli uo-mini sulle pratiche riproduttive delle don-ne (Dudgeon & Inhorn,2004) oppure lenorme culturali di un gruppo di pazientipsichiatrici in un centro diurno (Leyser,2003) oppure le esperienze di tirocinio cli-nico degli studenti di infermieristica(Holland, 1999) o, ancora, la cultura deipazienti emodializzati in un particolarecontesto (Aswanden, 2003) o di nuovo, ilrapporto infermiere-medico nelle terapieintensive (Manias & Street, 2001).

FUTURE APPLICAZIONIDELL’ETNOGRAFIA NELLE SCIENZEINFERMIERISTICHEGli infermieri, per le caratteristiche pecu-liari del lavoro e per la stretta interrela-zione che intrattengono con le personeassistite, sono in posizione ideale per de-scrivere la cultura dei pazienti.Sono tre i filoni fondamentali per la pro-duzione di ricerca infermieristica etno-grafica.I gruppi etnoculturaliGli infermieri in molti paesi occidentalisono testimoni della nascita di società in-terculturali. L’avvento della società liqui-da, (in altre parole, plurale, fluida, asim-

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metrica, non lineare, dinamica, autono-ma), il suo irrompere in forme, modelli etendenze che la fanno somigliare spessoad un’immensa rete di significati, ponela necessità della riflessione e del con-fronto per riformulare le scelte dell’ope-ratore sanitario, per riposizionare l’infer-miere e le sue competenze all’interno del-le organizzazioni sanitarie. La società com-plessa, caratterizzata dal superamentodelle visioni unilineari dell’esistenza, dalsuperamento della frammentarietà deisingoli saperi, dall’approccio interdisci-plinare alla soluzione dei problemi, pro-duce nuove individualità umane, semprein divenire, anche in relazione alle mag-giori possibilità di contatto con le diver-sità portate da individui provenienti datutto il mondo.Questa situazione impone al professioni-sta infermiere di sviluppare nuove com-petenze per rispondere ai bisogni di as-sistenza infermieristica della persona. Ilnostro mondo simultaneo frutto della ri-voluzione informatica, e dell’interdipen-denza dei paesi poveri da quelli opulen-ti, ha proiettato le persone portatrici diculture altre al nostro fianco. L’inten -sificazione degli scambi, la circolazionedella popolazione, la diffusione dei mes-saggi e degli stili di vita che costituisco-no la cultura di massa, hanno come ef-fetto la distruzione dell’autonomia e del-la relativa unità interna delle culture se-parate e danno luogo a situazioni cultu-rali contaminate.“L’universo si è pluralizzato caratterizzan-dosi come mescolanza, ibridazione e la-birinto. Questo processo di complessitàdella società oggi investe tutti e tutto, an-che il nursing, disciplina prescrittiva pereccellenza, che cerca di intervenire fatti-vamente nella risoluzione della dimensio-ne soggettiva e oggettiva del bisogno diassistenza” (Tortolici, Stievano 2006).In conseguenza di ciò, esiste un’alta esi-genza di fornire assistenza culturalmen-te adeguata. Sebbene gli studi etnogra-fici abbiano contribuito a formare quellacoscienza culturale per la pratica clinica,molto deve ancora essere fatto per un’as-sistenza congruente che riflette specificischemi culturali di riferimento e per svi-luppare interventi mirati per bisogni sem-pre in divenire. La ricerca etnograficadeve essere utilizzata per sviluppa-

re spiegazioni culturali legate al con-testo della particolare relazione in-fermiere/ paziente /gruppo/comuni-tà. Inoltre, il processo di globalizzazionedell’assistenza sanitaria ha intensificatola mobilità transnazionale infermieristi-ca. Come risultato di tutto ciò una largafetta di infermieri provenienti da Paesi al-tri lavorano a fianco di infermieri autoc-toni. Tale cambiamento nel paradigma la-vorativo si riflette in nuovi e arricchentirapporti professionali di rispetto e accre-scimento reciproco. Talvolta, però, l’am-bientamento degli infermieri emigrati ri-chiede tempo e lo sviluppo di un bicul-turalismo meticcio non è sempre faci-le da raggiungere in breve tempo. Si po-trebbero allora esplorare le diverse cul-ture infermieristiche e i loro schemi di co-municazione, i loro valori di assistenza ei loro stili di leadership.Tutto ciò per conseguire quel lavoro d’équi-pe così importante per una buona riusci-ta dell’assistenza e, quindi, per il benedel paziente. I gruppi di auto-aiuto nelle situazio-ni assistenziali croniche.Le diagnosi precoci associate ad una mag-giore prevenzione hanno portato nelle na-zioni avanzate ad aspettative di vita oltregli 80 anni per uomini e donne.Sempre più persone vivono, però, situa-zioni di cronicità assistenziale. Allo stes-so modo, sono sempre più incoraggiatimodelli di salute comunitaria per la ge-stione autonoma della cronicità stessa.Lo scopo fondamentale dell’infermieristi-ca riflette questo pensiero, bisogna por-tare il paziente ad essere il più autono-mo possibile, secondo le sue capacità,nella gestione del suo ben malessere. Inquest’ottica, comunità di pazienti affettidalla stessa forma morbosa, ad esempio:neoplasie al seno o alla prostata forma-no gruppi di supporto solidaristico. Sarebbeinteressante indagare le dinamiche di ri-soluzione dei bisogni e lo sviluppo del-l’advocacy da parte di questi pazienti.Descrivere il collegamento tra i servizi disalute offerti e il loro funzionamento, laprevenzione e l’ educazione al pazienteper la sua autocura sono punti emergen-ti di ricerca infermieristica etnografica.I gruppi generazionali.Particolari generazioni sviluppano normeculturali che sono soggette a cambiamen-

to diacronico.La generazione nata sotto il periodo del-la Seconda Guerra mondiale o la genera-zione dei baby boomers intorno agli anni60 e le più recenti generazioni digitali so-no cresciute in contesti culturali differen-ti. Molti giovani sono cresciuti con mes-saggi di promozione della salute e pos-sono vedere i loro famigliari raggiungereun età avanzata caratterizzata, spesso,da malattie croniche. Tali esperienze pos-sono avere un impatto devastante suicomportamenti di salute degli adolescen-ti, un’età di assunzione di rischi, per legenerazioni precedenti. Gli studi etnogra-fici possono esplorare le generazioni piut-tosto che assumere che i comportamen-ti di salute e malattia rimangano invaria-ti nel tempo. Ad esempio, infermieri deicomportamenti e delle conoscenze infer-mieristiche diversi da persone che hannoavuto un’educazione secondo vecchi sche-mi e modelli. Quindi, le differenti perce-zioni dell’infermieristica tra diverse ge-nerazioni di infermieri possono essere unfecondo campo di indagine per la ricercaetnografica.

CONCLUSIONILa più grande opportunità di ricerca peril nursing è andare al di là della sempli-ce descrizione dei comportamenti ma le-gare questa ricerca a risparmi economi-ci per l’organizzazione sanitaria e miglio-ramenti di salute per il cittadino. Perciò,gli infermieri potrebbero usare largamen-te l’approccio etnografico assicurandoche il collegamento tra le esperienze deipazienti e la pratica professionale quoti-diana sia ricco di significato oltre che eco-nomicamente vantaggioso per tutta la so-cietà.Nel prossimo numero illustreremo unostudio etnografico appena pubblicatosulla rivista anglosassone Journal ofAdvanced Nursing che dimostra comeper effettuare delle ricerche di ottimolivello sugli aspetti quotidiani dellanostra disciplina non è necessario averegrandi mezzi economici, ma soltanto laconsapevolezza che la ricerca può dareun contributo fondamentale per lo svi-luppo della scienza infermieristica.

AUTORI:Alessandro Stievano, Gennaro Rocco

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BIBLIOGRAFIA

IN PILLOLE

“Oetzi”, chi era costui? Un cugino lontano…L’Uomo di Similaun, una delle mummie meglio conservate al mondo, più conosciuta come “Oetzi”, appartiene a un ceppo genetico scomparso:lo svela una ricerca condotta dall’Istituto di Tecnologie Biomediche del Cnr, in collaborazione con le università di Camerino e di Leeds, conl’innovativa tecnologia di sequenziamento ultramassivo del Dna mitocondriale.La mummia, rinvenuta nel 1991 a 3.000 metri, in un ghiacciaio della Val Senales, in Alto Adige, oggi è esposta al Museo archeologico diBolzano, in una speciale cella frigorifera.La datazione al radiocarbonio ha datato l’esistenza in vita di “Oetzi” a circa 5.000 anni fa e la sua particolarità sta nel fatto che, diversamentedalle mummie egizie, l’Uomo di Similaun, grazie alla bassissima temperatura del ghiaccio un cui è rimasta per millenni, possiede ancora uncorredo cromosomico, parzialmente integro, che ben si presta alle indagini molecolari.Studiando il Dna residuo, contenuto nei mitocondri, i ricercatori hanno ottenuto informazioni dettagliate sullo stato evolutivo di “Oetzi”,ricostruendo integralmente la sequenza del genoma mitocondriale della mummia: lo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, ha rilevatocome il Dna mitocondriale appartenesse all’aplogruppo “K Europeo”, più esattamente al sottogruppo “K1”, a sua volta suddiviso in tre cluster.La sorpresa è stata che il genoma di “Oetzi” non corrisponde a nessuno dei tre; piuttosto, faceva parte di un ceppo genetico non più presentesul pianeta, i cui discendenti più vicini si situano, oggi, nell’Europa centrale.

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Dalla fisiologia della mortealla rinascita della vitaDonare gli organi è donare la vitadi Andrea Rizzo, Maurizio Rossi, Maurizio Zanon

GABSTRACTGli infermieri sono considerati, da sem-pre, il punto di unione tra il mondo sani-tario e l’utente ultimo dei servizi e sonochiamati in causa sul tema dei trapiantipiù di chiunque altro.Il nostro compito è quello di dare dellerisposte certe, inequivocabili e prive dicondizionamenti personali: solo così sipuò instaurare una sana “ relazione diaiuto” con l’utente, che condurrà, coltempo, allo sviluppo di una vera cultu-ra dei trapianti.Concetti come “morte cerebrale”,“accanimento terapeutico”, “coma irre-versibile”, donazione di organi e tessutia scopo terapeutico, silenzio/assensoinformato, dichiarazione di volontà,dovrebbero appartenere al bagaglio cul-turale di una società civile come lanostra e, ancor di più, di una figura alta-mente professionale e specializzatacome quella dell’infermiere.Con l’articolo, rivolto a tutti gli operato-ri sanitari, si cerca di dare delle risposte- il più possibili chiare ed esaustive - sultema della morte e del suo accertamen-to, ripercorrendo l’evoluzione del con-cetto di morte, l’analisi della legislazio-ne italiana vigente, lo studio dell’aspet-to clinico e strumentale dell’accerta-mento di morte e il suo ambito etico, pergiungere, infine, alla donazione di orga-ni e tessuti a scopo di trapianto terapeu-tico.

INTRODUZIONEE’ sempre difficile parlare di un argo-mento scomodo come la morte, più faci-le è tacere, ignorarla o esorcizzarla congesti scaramantici.

Per molti operatori sanitari ciò non èpossibile: la morte è argomento dilavoro quotidiano.Fatte salve le convinzioni socio-culturalie il credo religioso che ognuno di noi ha,c’è una forte necessità di fare chiarezzasul concetto di morte, per riuscire a darerisposte certe alle innumerevoli doman-de che la medicina e le nuove tecnolo-gie ci pongono oggi.

FISIOLOGIA DELLA MORTELa morte che conosciamo da sempre,quella che vive nell’immaginario comu-ne, coincide con la cessazione dell’atti-vità cardiaca: il cuore si arresta, il respi-ro cessa, il cervello muore.Il cervello, per garantire il suo funziona-mento e la sua vitalità, ha bisogno diricevere sangue pompato dal cuore eossigeno dai polmoni.Quindi, la vitalità cerebrale è imprescin-dibile da una valida attività cardiocirco-latoria.

Se, invece, è il cervello che, per causediverse, cessa di funzionare, avremol’arresto dell’attività respiratoria spon-tanea, ma non di quella cardiaca, giac-ché il cuore, se adeguatamente ossige-nato grazie al respiratore meccanico, hala capacità di contrarsi in maniera deltutto autonoma (impulso elettrico delnodo del seno), instaurare la situazionefortemente instabile del “cadavere acuore battente”.

ASPETTI NORMATIVIIl concetto di morte viene sancito, inmaniera più che esaustiva, dalla leggen. 578 del 29 dicembre 1993 che, negliarticoli 1 e 2 (comma 1 e 2), recita:“La morte si identifica con la ces-sazione irreversibile di tutte le fun-zioni dell’encefalo”.Art. 2-1: la morte per arresto cardiocir-colatorio si intende avvenuta quando larespirazione e la circolazione sono ces-sate per un intervallo di tempo tale da

Jouvet M. 1958 Diagnosi di mort del Snc

Mollaret P., Goulon M 1959 Concetto “coma depassè”

Ass. Medica Mondiale 1968 Morte=processo irreversibile,Dichiar. Sidney graduale, diverso di cellule e tessuti

Criteri di Harvad 1968 “Brain Death Syndrom”,assenza di tutti i riflessi

Criterio Minnesota 1971 Bds da eziologia certa.Attività spinale compatibile con Bds

Criteri Regno Unito 1976 “Brain Stem Death”

Commissione Presidenziale Usa 1981 “Whole Brain Death”

Italia Lg.644 (Dpr 409/1977) 1975 Due tipi di morte, limitata ai trapianti

Italia Lg 578/1993 (Dm 581/94) 1993 Normativa vigente: separazionetra legge e regolamento.

Tab.1 - Evoluzione del concetto di morte. Motivazione “storica”: arresto car dio circo -latorio irreversibile.

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compromettere la perdita irreversibile ditutte le funzioni dell’encefalo e puòessere accertata con le modalità defini-te dal Ministero.Art. 2-2: la morte nei soggetti affetti dalesioni encefaliche e sottoposti a misu-re rianimatorie, si intende avvenutaquando si verifica la cessazione irrever-sibile di tutte le funzioni dell’encefaloed è accertata con modalità clinico-stru-mentali definite dal decreto delMinistero.Quindi, con la morte si innesca quel pro-cesso irreversibile di deperimento cellu-lare che è la necrosi encefalica totale:tutte le funzioni vitali riconducibili a ungoverno encefalico vengono a cessare.Non c’è più termoregolazione, attivitàormonale, attività cardiocircolatoria,regolazione vasomotoria simpatica eparasimpatica ed attività respiratoria.Da tenere a mente, allora, è il rap-porto: necrosi encefalica totale:morte encefalica: morte.Esistono differenti modi di morire ediverse possono essere le modalità diaccertamento, ma, entrambe le situazio-ni conducono ad un’unica condizione: lamorte.

Tab. 2 Morte per arrestocardiocircolatorio.Diagnosi Clinica– Periodo di osservazione: 24/48 ore – Ecg per 20 minuti– Visita necroscopica 15/30 ore.

Tab. 3 Morte per lesione encefalicain pazienti sottoposti a misurerianimatorie.Diagnosi Clinico-Strumentale– Collegio Medico Legale– Osservazione di morte: 6/12/24 ore– Visita necroscopica

La diagnosi di morte eseguita con crite-ri neurologici non può, e non deve inalcun modo, prescindere dall’essere:comprensibile, infallibile e riproducibilenella realtà clinica.

LA CERTEZZA DELLA MORTELa certezza della morte è per gli opera-tori sanitari un imperativo morale,etico e clinico: il criterio clinicoadottato per approcciarsi allamorte deve coincidere con quelloetico e morale.La certezza di non togliere la pur minimapossibilità di sopravvivenza al paziente,

dichiarandone la morte con criteri neu-rologici, è un obbiettivo primario nonsolo del mondo scientifico, ma anche -e, soprattutto - del legislatore.Le forti pulsioni del mondo scientificodegli ultimi 50 anni, le nuove tecnologiee l’impellente necessità di una “buonamedicina” eticamente e moralmentecondivisa, hanno prodotto una giurispru-denza volta alla massima garanzia per ilcittadino. Parliamo in particolare di due leggi dellostato: la n. 578 del 29 dicembre 1993della quale si è già parlato ed il Dpr n. 582del 22 agosto 1994 che riporta, in manie-ra dettagliata, le modalità per l’accerta-mento e la certificazione della morte.All’articolo 2 del Dpr si affrontano lecondizioni che inducono l’accertamentodella morte nei soggetti affetti da lesio-ni cerebrali e sottoposti a misure riani-matorie quali: – stato di incoscienza;– assenza riflessi del tronco e di respi-

ro spontaneo;– silenzio elettrico cerebrale.La presenza contemporanea delle sopracitate condizioni impone al medicocurante di dare immediata comunicazio-ne alla Direzione sanitaria dell’esisten-za di un caso di probabile morte encefa-lica. Nei soggetti, di cui all’art. 2, lamorte è accertata quando sia riscontra-ta, per un periodo di osservazione previ-sto dall’art. 4, la contemporanea pre-senza delle seguenti condizioni:– stato di incoscienza;– assenza di riflesso corneale, fotomo-

tore, oculocefalico, carenale e oculo-vestibolare;

– reazioni a stimoli dolorifici portati nelterritorio d’innervazione del trigemino;

– respirazione spontanea doposospensione della ventilazione arti-ficiale fino al raggiungimento di iper-capnia accertata da 60mmHg con pHematico minore di 7,40;

– silenzio elettrico cerebrale, docu-mentato da Eeg eseguito secondo lemodalità tecniche riportate nell’alle-gato 1;

– assenza di flusso cerebrale preventi-vamente documentata nelle situazioniparticolari previste dal com. 2 art. 2.

I riflessi spinali, spontanei o provocati,non hanno rilevanza alcuna ai fini del-

MODALITA’ DELLA MORTE TIPO DI DIAGNOSI ACCERTAMENTO LEGALE

Arresto Cardiocircolatorio Clinica Ecg

Necrosi Clinica (con criteri neurologici) Oss. morte encefaloEncefalica Eeg

Tab. 4 - Diagnosi di morte in rianimazione.

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l’accertamento di morte, essendo essicompatibili con la situazione di cessa-zione di tutte le funzioni cerebrali.Nell’articolo 4, si prende in esame ilperiodo dell’osservazione che varia infunzione all’età dell’assistito. La duratadell’osservazione ai fini dell’accerta-mento della morte deve essere:1. non inferiore a sei ore per gli adulti e

i bambini di età superiore ai cinqueanni; 12 ore per bambini in età com-presa tra uno e cinque anni; 24 oreper bambini di età inferiore a un anno;

2. in tutti i casi di danno cerebrale atos-sico, il periodo di osservazione nonpuò iniziare prima di 24 ore dalmomento dell’insulto atossico;

3. la simultaneità delle condizioni di cuial comma 1 art.3, deve essere rileva-ta dal collegio medico per almeno trevolte. La verifica di assenza di flussonon va ripetuta;

4. il momento della morte coincide conl’inizio dell’esistenza simultaneadelle condizioni di cui al comma 3.

IL COLLEGIO MEDICOLa legge n. 578 del 29 dicembre1993,introduce il concetto di collegio medicoed i relativi compiti: l’accertamentodella morte dei soggetti affetti da lesio-ni encefali che è effettuata da un colle-gio medico nominato dalla direzionesanitaria, composto da un medico lega-le o, in mancanza, da un medico di dire-zione sanitaria o da un anatomopatolo-go, da un medico specialista in aneste-sia e rianimazione e da un medico neu-rofisiopatologo o, in mancanza, da unneurologo o da un neurochirurgo espertiin elettroencefalografia.I componenti del collegio medico sonodipendenti di strutture sanitarie pubbli-che: la partecipazione al collegio medi-co è obbligatoria e rientra nei doveri diufficio del nominato.Inoltre, il collegio medico deveesprimere un giudizio unanime sulmomento della morte. Da quanto finora scritto, emerge, conforza, un principio cardine, in riferimen-to all’osservazione di morte, ovvero chequesta è indipendente dall’eventualedonazione di organi e tessuti a scopo ditrapianto terapeutico, ed è un atto dovu-to verso la persona e il suo diritto diricevere una giusta diagnosi di morte.

MORTE ENCEFALICA/COMAUna delle domande che ci si pone piùfrequentemente, quando si parla dimorte encefalica, è la differenza sostan-ziale che c’è tra questa e lo stato dicoma.In parte, complici di questa confusione,sono i mass-media che usano in manie-ra del tutto impropria termini come:“stato vegetativo”, “coma profondo”,“clinicamente morto”, “coma depassè”,“coma irreversibile”, “morte cerebrale”,come appartenenti alla medesima vocedei sinonimi di non-vita.D’altra parte, ritroviamo i luoghi comunie le credenze popolari, alimentate pro-prio da un clima di timore nei confrontidell’argomento morte e la ricerca di sen-sazionalismo di certi organi di stampa:“Dichiarato morto, si risveglia dal comaprofondo dopo tre anni…”, per dirneuna.Ma la cosa più allarmante è che la

medesima confusione si può riscontrarein molti operatori sanitari che, con diffi-coltà, sanno dare risposte esaustive inmerito.Analizziamo le sostanziali differen-ze che esistono tra il coma e lamorte cerebrale.Non è corretto parlare di coma “irrever-sibile” per indicare la morte accertatacon criteri neurologici: infatti, mentre èaccaduto che un rianimatore esprima lapropria prognosi di irreversibilità di uncoma e, poi, i fatti smentiscano tale pro-gnosi ed il paziente non muoia (soprav-viva in stato vegetativo o, addirittura, sisvegli), non è mai accaduto che unamorte accertata con criteri neurologici sistata smentita con la sopravvivenza delpaziente. Va, comunque, tenuto presente che laprognosi è una previsione e, specie inriferimento a uno stato di coma, risultimolto difficoltosa. Altra cosa è una dia-

STATO DI COMA MORTE ENCEFALICA

– È una condizione patologica di vita– La sua irreversibilità è una prognosi che

può anche essere sbagliata o smentita daltempo

– Corrisponde ad un’alterazione funzionale– Non interessa tutto l’encefalo– Può risolversi

– È morte– È una diagnosi facile– Corrisponde a una realtà di disfacimento

fisico del cervello– Interessa tutto l’encefalo– È definitiva– Non può risolversi

Tab. 5 - Differenze fondamentali fra stato di coma e morte encefalica.

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gnosi che, per definizione, è l’accerta-mento da parte del medico, della naturadi una malattia: nel caso della morte, ladiagnosi, soprattutto se condotta concriteri neurologici, è relativamente faci-le e sicura.Il coma, anche se corredato dall’attribu-to “profondo” o “irreversibile”, nonequivale alla morte, anche perché il giu-dizio di irreversibilità varia con il tempoe il progresso della scienza, ciò chequalche decennio fa era consideratoirreversibile, non necessariamente lo èoggi.La morte, invece, non può mutare e nonè soggettiva. Quando un paziente èmorto, non c’è reversibilità né possibili-tà di resurrezione. Non vi è più irrorazio-ne sanguigna nell’encefalo. Non ècoma, è fine definitiva, decesso, morte.Alla luce di quanto finora trattato, emer-gono due aspetti di natura etico e sociale:– la certezza, per i parenti, che un sog-

getto vivente non verrà mai trattatocome un morto;

– la certezza, per il medico, di non trat-tare un paziente ormai morto come unsoggetto vivente (in questo caso, siparla di “accanimento terapeutico”).

DONAZIONE E TRAPIANTOL’accettazione emotiva e culturale dellamorte encefalica, la conoscenza dellesue manifestazioni fisio-patologiche ela sua identificazione precoce, da partedegli anestesisti rianimatori e degliinfermieri operanti in terapia intensiva,acquista una straordinaria importanza eattualità.Sono queste le prime figure professio-nali che danno l’avvio al delicato e com-plesso processo della donazione diorgani e tessuti a scopo di trapiantoterapeutico.Ogni individuo, per cui è in corso unaccertamento di morte con criterineurologici, deve essere conside-rato un potenziale donatore.A questa considerazione si è giunti gra-zie ai progressi scientifici che, da unlato, hanno dato la certezza inequivoca-bile della morte, dall’altro, hanno resopossibile l’innesto di un organo e il suoattecchimento in un altro individuo,anche e soprattutto in risposta al fonda-mentale principio di solidarietà sancito

dalla Costituzione Italiana che recita:“... l’adempimento dei doveri inderoga-bili di solidarietà politica, economica esociale”. Il trapianto di organi e tessuti èuna terapia ormai consolidata, e inmolti casi l’unica possibile, ingrado di offrire un’aspettativa disopravvivenza ed una qualità divita vicina alla normalità: consistenel trasferimento di uno o più orga-ni o più tessuti da un donatore a unricevente e, generalmente, lo sicompie quando altri trattamentimeno invasivi si sono dimostratifallimentari.Al trapianto si deve attribuire il grossovantaggio sociale e personale di recupe-ro della salute di un individuo, ma anchel’importante vantaggio economico afavore dei trapianti contro le altissimespese per le cure sostitutive.Le pulsioni che sono alla base delladonazione di organi rispondono al fon-damentale principio solidaristico che ènello spirito della nostra Costituzione,ed è proprio volendo ribadire tale princi-pio che, il legislatore, nella legge n. 91del 1999 e sue norme transitorie, havoluto introdurre il principi del “silen-zio/assenso informato”.La donazione di organi deve essere unascelta personale, profonda, motivata edettata dalla consapevolezza di potersalvare delle vite; si tratta di un atto diestrema libertà esprimere e palesare la

nostra decisione in merito al destinodopo la morte.Il trapianto di organi e tessuti èforse l’unica procedura terapeuticache necessita di un’attiva parteci-pazione di ogni cittadino che, mani-festando la sua volontà di donare, per-mette di realizzare il trapianto in altricittadini ridonandogli la vita. Esistono molti modi per manifestare ilproprio assenso, o dissenso, alla dona-zione degli organi:– presso le Asl regionali, attraverso

appositi moduli, i cui dati verrannoinseriti nel sistema computerizzatonazionale, garantendo l’anonimato;

– sottoscrivendo un atto olografodell’Aido o una delle tessere delleassociazioni che operano nel settore;

– scrivendo su un foglio, la propriavolontà, avendo cura di indicare:nome e cognome, data e luogo dinascita, codice fiscale, estremi di undocumento d’identità, data e firma.

Tuttavia, è importante informare, sem-pre e comunque, i familiari riguardo lanostra scelta poiché, in caso di mancatadichiarazione di volontà, i medici sonoautorizzati al prelievo di organi solo se ifamiliari non si oppongono (legge n.91/1999-art. 23).In ogni caso, ciascuno può sempre modi-ficare la propria decisione con gli stessisistemi prima indicati, giacché fa fedel’ultima manifestazione di volontà depo-sitata in ordine di tempo.

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CONCLUSIONIOggi, nonostante i progressi medici,risulta ancora estremamente difficilepercepire e accettare che una personain stato “morte cerebrale” sia definitiva-mente morta.Se questo atteggiamento è naturale tro-varlo come risposta a un lutto in unfamiliare, lo è meno nell’operatore sani-tario che si viene a trovare al suo fiancoe che lo deve accompagnare in quel tra-gico cammino che è la metabolizzazionedel lutto.Un ruolo, quello dell’infermiere, alconfine del conseler.

Accompagnare la famiglia significa,prima di tutto, mettere a disposizione legiuste informazioni prive di pregiudizi;incoraggiare il confronto tra tutti i mem-bri della famiglia affinché la decisioneultima, sia veramente libera, consape-vole e condivisa; l’unica in grado dilasciare dietro di sé serenità e conforto.Resta, comunque, il grosso limite che,se un operatore informa o propone, maegli stesso non condivide o non conoscea fondo il contenuto di quanto detto, ilmessaggio ne verrà influenzato: quandotraspare l’incertezza, il dubbio, se non ildissenso, la persona tende a irrigidirsi e

ad allontanarsi dal processo comunica-tivo.

AUTORI:Andrea Rizzo, esperto clinico, infermierepresso centro di rianimazione polivalente“San Giovanni Addolorata”- RomaMaurizio Rossi, anestesista rianimatore,coordinatore locale trapianti “San GiovanniAddolorata”- RomaMaurizio Zanon, infermiere presso centro dirianimazione polivalente “San GiovanniAddolorata”- Roma.

IN PILLOLE

Cancro, l’interruttore si spegne!La nuova speranza per il trattamento di molti tumori, senza i pesanti effetti collaterali delle attuali terapie, si chiama Omomyc, una piccolaproteina di sintesi ottenuta grazie a una ricerca internazionale coordinata dal Cnr di Roma e l’università californiana di San Francisco e pub-blicata sulla prestigiosa rivista Nature.Studiando il meccanismo d’azione della proteina Myc (protagonista nello sviluppo di gran parte dei tumori nell’uomo), i ricercatori sono riu-sciti modificarla in modo mirato, sostituendo quattro aminoacidi nei suoi punti critici: il risultato è stato la trasformazione di Myc in un poten-te inibitore del meccanismo di riproduzione neoplastica, l’Omomyc appunto.La sperimentazione su cavie ha registrato effetti promettenti, con la messa a punto di un sistema che ha permesso di “accendere e spegne-re” a piacimento la sua produzione, sia in topi da laboratorio sani, sia in topi con cancro al polmone indotto da alterazioni geniche: in pre-senza di Omomyc non si sviluppa più il cancro al polmone e, addirittura, in topi che avevano già sviluppato la malattia, anche in stadi avan-zati, i tumori regrediscono rapidamente fino a scomparire.L’impiego della proteina, così modificata, su animali da laboratorio è stato studiato anche sul fronte degli effetti collaterali e si è notato che,nei soggetti sani, la proliferazione dei tessuti in rapida rigenerazione - come la pelle e i villi intestinali - viene rallentata, senza tuttavia pre-giudicare lo stato di salute generale. Questi effetti collaterali si dimostrano pure ben tollerati e rapidamente reversibili se si “spegne”Omomyc, a riprova che l’inibizione di Myc è ben tollerata.

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BIBLIOGRAFIA

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Vivere l’epilessiaUno studio fenomenologicodi Ines Favoccia, Edda Oliva Piacentini

IAlla piccola Sara

INTRODUZIONEIl termine epilessia deriva dalla parolagreca epilepsia e significa “possedere”o “afferrare”.Un tempo, essa era associata a qualco-sa d’origine divina: non a caso, venivachiamata: “la malattia sacra”, poiché sipensava che un individuo con epilessiafosse “posseduto” da qualche divinità.La storia fornisce molti esempi di perso-ne chiaramente con disturbi legatiall’epilessia (Giulio Cesare, GiovannaD’Arco e Vincent Van Gogh, per citarnequalcuno): una prova che l’epilessia nonpregiudica le capacità intellettive, nél’operatività della vita pratica.Oggi, l’epilessia è considerata unasindrome patologica caratterizzatadalla ripetizione di crisi epilettiche,dovute ad un’iperattività delle cel-lule nervose cerebrali.Il carattere improvviso delle crisi, i pre-giudizi dell’opinione pubblica, il bisognodi una terapia, spesso permanente, pos-sono determinare, nella persona epilet-tica, vulnerabilità e sfiducia. Nel corso della revisione della letteratu-ra, non è stato possibile rintracciarestudi e rapporti di ricerca imperniatiprincipalmente sul vissuto esperienzialedella persona affetta da epilessia.Questo studio, di conseguenza, è statoeffettuato con l’obiettivo di studiare leesperienze quotidiane delle persone checonvivono con l’epilessia.

METODOLOGIADisegno di ricercaL’approccio utilizzato nell’ambito deidisegni qualitativi è stato il metodofenomenologico.

Come si sa, la fenomenologia è unmetodo di ricerca - anche filosofica -che esplora e descrive l’esperienza ditutti i giorni, al fine di generare e miglio-rare la comprensione dell’essereumano.La fenomenologia si configura come undeterminato modo di pensare riguardo aciò che le esperienze della vita rappre-sentano per le persone. Un criterio pre-diletto giacché in grado di emanaredescrizioni cariche, particolareggiate edintrospettive dell’esperienza in studio.Partecipanti Il tipo di campione utilizzato nell’indagi-ne è quello propositivo. Con questo metodo si selezionano indivi-dui per l’adesione allo studio in base alleloro conoscenze del fenomeno, alloscopo di condividere queste conoscenze.Il campione reclutato è stato di dieciutenti seguiti dal Centro per l’Epilessia,presso un grande ospedale di Roma. Ipartecipanti sono tutti maggiorenni ecapaci di intendere e di volere.StrumentiPer lo studio sono stati utilizzati un que-stionario generale socio-demografico eun’intervista, non strutturata, registratasu audiocassetta. ProcedureI partecipanti sono stati reclutati duran-te le visite ambulatoriali del Centro.Prima dell’intervista è stato effettuato:il consenso alla registrazione; la tra-smissione delle informazioni necessa-rie; la garanzia nell’utilizzo dei dati.La domanda impiegata è stata: “Puòespormi cosa significa vivere ogni gior-no con l’epilessia?”.I partecipanti hanno avuto piena libertànel riportare qualsiasi essenza (espe-rienze, paure).

Le interviste sono state integralmenteregistrate su nastro e, contemporanea-mente, prendendo appunti. L’intervistaaveva termine quando il partecipanteriteneva di aver esaurito la descrizione.Durante l’intervista, i ricercatori hannoaiutato i partecipanti a riferire l’espe-rienza vissuta, senza però convogliare ilcolloquio. La dimensione del campionenon era stata definita prima di intra-prendere lo studio, per cui la raccolta-dati ha avuto termine nell’istante in cuiera stata ottenuta la saturazione dell’in-formazione. La saturazione dei dati si èverificata quando le informazioni tra-smesse al gruppo di studio sono divenu-te ripetitive: ovvero, quando le idee tra-smesse dall’intervistato erano parteci-pate in precedenza da altri, e che l’inclu-sione di nuovi soggetti non implicava latrasmissione di nuove idee.Analisi dei datiLe interviste sono state annotate total-mente e comparate con le registrazioniper esattezza. L’analisi dei dati è stata effettuata con ilmetodo Giorni: dopo aver letto le trascri-zioni ripetutamente, sono stati stabilitidei codici di soluzione per abbinare eunificare i temi. Il gruppo di ricerca, fondato da un inve-stigatore principale ed un assistente diricerca, si è incontrato periodicamenteper rivedere i codici ed ottenere un con-senso nel caso d’interrogativi o difformi-tà nell’analisi. Dopo aver codificato cia-scuna intervista e averne estrapolato itemi, questi sono stati condensati in unarappresentazione del racconto sul-l’esperienza degli intervistati.Le introspezioni conseguite dalle espo-sizioni dei partecipanti sono state adat-tate tra loro in una narrazione di struttu-

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re significative consistenti, che ha presoin analisi le esperienze di tutti gli utentiaffetti da epilessia.

RISULTATIIl campione considerato è costituito peril 30% da uomini ed il 70% da donne,con un’età media di 46 anni. Sono statiindividuati quattro temi inerenti l’espe-rienza di vita: Vivere la malattia; Lavita della persona nella società; ilConiuge e la Famiglia ed iSentimenti (Fig.1).

I temi sono presentati di seguito con ilsupporto delle espressioni descrittivetestuali provenienti dai partecipanti. Primo tema: Vivere la malattia L’epilessia influenza notevolmente lavita, difatti sono emersi: paura, vale adire una sensazione di timore riguardan-te una causa precisa che l’individuoriconosce e carenza di conoscenze.In altre parole, una condizione in cui l’in-dividuo dimostra una mancanza d’infor-mazioni.Tale condizione implica, altresì, l’inca-pacità di dimostrare o utilizzare le pro-cedure d’autocura, raccomandate perripristinare o mantenere una condizionedi benessere; impotenza, vale a dire lapercezione di una perdita di controllo diuna situazione presente o che è sulpunto di verificarsi.

L’epilessia è vissuta con molta paura divenir sopraffatti da crisi in momentiimprevedibili: – “Mi sono venuti degli stati confusio-

nali per le strade, nei negozi, ovun-que. Adesso ho paura di andare afare la spesa e anche di girare per lastrada”.

– “Tante volte guardo le signore anda-re al mercato per fare la spesa… Ionon riesco ad andare al mercato. Hoprovato tante volte, arrivavo fino almercato, entravo, poi all’improvviso

non capivo più niente, facevo unacorsa pazzesca per tornare a casaper paura di cadere per terra”.

Alcuni partecipanti considerano lamalattia come un evento a cui biso-gna adattarsi.

– “Certo, sono cose che succedono econ chi te la prendi? Non puoi pren-dertela con nessuno, bisogna andareavanti”.

– “All’inizio è stata un po’ dura daaccettare, non avevo preso bene lanotizia di avere una lesione in testa.Con le visite e l’assunzione dei far-maci mi sono messa in testa di farequalcosa per risolvere la situazione emigliorare”.

Secondo tema: La vita della perso-na nella società Sono stati riscontrati: isolamento socia-

le, vale a dire una situazione di segrega-zione reale o potenziale dell’individuo,che precipita come imposizione volutadagli altri e come situazione negativa eminacciosa; difficoltà d’interazionesociale, in altre parole una condizione incui l’individuo sviluppa una quantitàinsufficiente o eccessiva d’interazionisociali, la cui qualità, però, è inefficace;alterazione dell’identità personale, inpratica ci si riferisce ad una condizionein cui l’individuo non è in grado di distin-guere tra sé e altro da sé o di identifica-re se stesso come un essere umanodistinto in un ambiente sociale.Un’intervistata riporta:– “Un bel giorno mi sono ritrovata da

sola, vale a dire non c’era più nessu-no. Le persone facevano finta di nonvedermi e in casa non bussava piùnessuno. Il campanello della miaporta, prima della mia malattia,squillava sempre, ora non succedepiù…non c’è più nessuno…”.

Alcuni pazienti, inoltre, hanno affermatoche l’epilessia comporta l’isolarsivolontariamente: uno ha avuto laprima crisi a scuola.

– “Io la prima crisi l’ho avuta a scuola,sono stato ricoverato in ospedale emi hanno dimesso dopo pochi giorni.Quando sono rientrato a scuola, icompagni, mi trattavano un po’ comequel malato che ha dei problemi e,per un certo periodo di tempo, sonostato isolato. Ricorderò sempre unafrase che mi disse una compagna‘Quando stavi male sembravi proprioun animale, una bestia!’: questo miha segnato molto, tanto che mi sonosempre vergognato d’essere epilet-tico”.

Numerosi, poi, sono i pazienti chenascondono la propria patologia:– “Non lo dicevo a nessuno ed anche i

miei genitori si vergognavano di que-sta mia malattia. Addirittura, quandoandavamo dal dottore, giustificava-no la nostra presenza dicendo ‘Miafiglia ha dei problemi!’, però nondicevano mai che ero epilettica”.

Notevoli sono anche le problematichesul lavoro. Un’intervistata racconta:– “I problemi ci sono anche nel mondo

del lavoro. Il capo non ha mai regola-

Fig. 1 L’esperienza di vita della persona con epilessia.

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mentato la mia posizione dicendo:‘Non sei affidabile, se ti senti maleche faccio?’. Ho lavorato 10 anni anero, percependo uno stipendio infe-riore a quello degli altri”.

Terzo tema: Il coniuge e la famigliaL’epilessia sconvolge la famiglia dellapersona che ne è affetta. La famiglia èl’unità di base in cui si sviluppa il com-portamento sulla salute e cerca, mantie-ne e ristabilisce la salute attraverso unprocesso d’adattamento alle influenzeambientali sulla salute e sulla malattia. Una ragazza racconta:– “Vivevo molto in famiglia, poi ho

conosciuto mio marito a cui ho dettociò che avevo. Lui intelligentementeha accettato la cosa, anzi, mi ha aiu-tato moltissimo dal punto di vistapsicologico ad uscire da quel guscioin cui mi ero chiusa e mi ha aiutatoad avere una vita normalissima. Dasola non ci sarei riuscita mai, nean-che i miei genitori c’erano riusciti,per quanto ci provassero”.

I figli invece, una volta individuato ilproblema, cercano di aiutare il propriogenitore con epilessia. Una mammarivela:– “L’anno scorso la mia bimba mi

disse: ‘Mamma una mia compagnaha detto che la madre ritiene che tunon guidi perché sei pazza!’. E’ statauna cosa che mi ha fatto stare male.Tuttavia, ho cercato di far capire amia figlia che la mamma ha unamalattia curabile con delle pastic-che; invece, ci sono delle mammeche non possono curarsi, anzi muoio-no. Oggi, le mie figlie hanno accetta-to la mia malattia”.

Quarto tema: I sentimenti Nel corso delle interviste sono emerse:disperazione, condizione soggettiva incui l’individuo percepisce la limitatezzao l’assenza d’alternative e di scelte per-sonali e non è in grado di mobilitare leenergie a proprio favore; alterazionedell’autostima e bassa stima di sé, con-dizione (situazionale o cronica) in cuil’individuo presenta turbe percettive oesprime auto-valutazioni e sentimentiirrealistici su se stesso e sulle propriecapacità, direttamente e indirettamen-te; ansia, vale a dire sentimento sogget-tivo d’apprensione e tensione che si

manifesta mediante eccitabilità fisiolo-gica e differenti modelli comportamen-tali; alto rischio d’autolesionismo, inpratica condizione d’elevata probabilitàper un individuo di compiere un gestodeliberato su se stesso; paura, cioè unarisposta ad un pericolo o ad una minac-cia reale e identificabile.Una ragazza riporta:– “Quando litigo con la mia famiglia

mi impasticco con gli antiepilettici.Ho assunto otto pasticche di tegretol400 grammi, tre mesi fa. Ho tentatotante volte di togliermi la vita perchétanto che vivo a fare. Io non vadod’accordo con la mia famiglia, maforse nemmeno con me stessa. Hoavuto tante delusioni d’amore e peso102 chili”.

CONCLUSIONIL’obiettivo principale della maggiorparte delle persone malate è l’adatta-mento alla malattia.Si possono alleviare così situazionid’ansia, disagio e paura che invece pro-vano alcuni dei partecipanti; diversi,hanno un senso d’impotenza di frontealla loro condizione: una persona puòesprimere un senso d’impotenza verbal-mente o attraverso emozioni, comel’apatia, la depressione, il risentimento,la colpa, l’ansia o la rabbia.Molti intervistati considerano l’epi-lessia una cosa di cui vergognarsi,

con l’esito che col senso di vergo-gna diminuisce il concetto di sé.Gli atteggiamenti degli altri verso lamalattia possono produrre vergogna osenso di colpa e, anche quando la con-dizione non determina il ritiro degli altri,la persona malata si sente rifiutata lostesso. Questi sentimenti possononascere, in parte, dalla separazionedella persona, per necessità o per scel-ta personale, dalle normali attività quo-tidiane. Di conseguenza, la difficoltànelle interazioni sociali è data da datisoggettivi che comprendono l’espressio-ne, da parte dell’individuo, di un certodisagio nelle situazioni sociali, o dell’in-capacità di ricevere o comunicare unsoddisfacente senso d’affezione, d’at-tenzione, d’interesse, di storia comune.Dalle interviste emerge, soprattutto,la paura. La paura è una risposta emozionale adun danno o ad un evento spiacevole,reale o immaginario; il rischio maggioreche essa comporta è quello che l’indivi-duo potrà ritirarsi da ogni forma d’inte-razione sociale oppure combattere inmodo aggressivo od ostile.Altri sentimenti emersi sono: l’ansia, ladisperazione, la depressione. L’ansiapuò inibire la capacità di confronto ed’apprendimento dell’individuo, la quali-tà della vita, la risposta immunologicaalle malattie, la risposta alla terapiamedica.

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La depressione è tipica delle malattieche si dilungano nel tempo o che si cro-nicizzano; il suicidio può esserne unamanifestazione estrema.Gli intervistati hanno avuto larga libertànel manifestare i propri sentimenti, invirtù del fatto che, per loro, è difficileaccettare la condizione d’essere malato,la dipendenza dai farmaci, il cambiare ildecorso normale e routinario della vita etutto ciò è aggravato dai pregiudizisociali.I progressi ottenuti nel trattamentodella malattia non migliorano auto-maticamente la qualità della vita,poiché spesso perdurano le conse-guenze psicologiche, sociali eoccupazionali.E le interviste ne danno prova.L’epilessia può comportare un precocepensionamento, disoccupazione, impie-ghi sottoqualificati o limitazioni sociali,dovute principalmente alla paura del

manifestarsi delle crisi.Queste persone hanno bisogno, dunque,di un approccio complessivo alla dia-gnosi, alla cura e all’assistenza basatasull’aiuto.Occorre un’organizzazione in cui unteam multispecialistico (medici, psicolo-gi, infermieri, assistenti sociali e tecnicispecializzati) è impegnato a fornire unapproccio organizzato alla gestione dipersone con problemi complessi relativiall’epilessia.Molto si potrebbe fare anche a livelloscolastico. All’occhio inesperto, le crisid’assenza dei bambini possono facil-mente apparire come uno stato disonno. Inoltre, poiché queste crisi pos-sono verificarsi frequentemente, laquantità di nozioni persa dai bambini èconsiderevole e l’insegnante può nonriconoscere il motivo per il quale il sog-getto non raggiunge alcun progressodidattico.

Non è insolito che gli insegnanti frain-tendano gli eventi di una crisi parzialecomplessa come “cattiva condotta” e sicomportino di conseguenza.La necessità di una maggiore con-sapevolezza da parte dell’opinionepubblica è evidenziata dalle numerosetestimonianze di persone le cui condi-zioni non sono state comprese, o sonostate mal interpretate e trattate inmaniera inadeguata.C’è molto lavoro da fare, a partire dallecampagne d’informazione che è ancorainsufficiente, così come quelle tese acambiare gli atteggiamenti della gente.

AUTORI:Ines Favoccia, infermiere presso il Policlinicodi Padova.Edda Oliva Piacentini, coordinatore tecnico-pratico presso corso di laurea inInfermieristica “W”, sede Gaeta/Formia.

IN PILLOLE

Un clic sui disturbialimentariÈ il nuovo sito internet dedicato ai gio-vani sui disturbi del comportamentoalimentare, in particolare, anoressia ebulimia: www.timshel.it, creato nel-l’ambito del progetto “GuadagnareSalute” dal Ministero del Welfare. Un portale che fornisce tante informa-zioni sicure a una platea sempre piùvasta di adolescenti e alle loro fami-glie, utilizzando canali di comunicazio-ne interattiva come e-mail, chat eforum.In Italia, sono circa tre milioni le perso-ne tra i 13 e i 35 anni che soffrono didisturbi alimentari. Negli ultimi anni, iltrend segna un abbassamento ulterio-re della soglia d’età e un’incidenza increscita fra i maschi, sebbene il gene-re più colpito resti nettamente quellofemminile.Nella strategia di prevenzione messain campo dal Ministero del Welfare, ilnuovo sito internet si aggiunge allacreazione di una rete osservazionalecomposta di cinque “centri-sentinella”sul territorio nazionale e alle campa-gne di sensibilizzazione avviate nelsettore industriale alimentare, nelmondo della scuola e in quello dellosport.

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Colite tossica da glutaraldeidein endoscopia digestivaRevisione sistematica della letteraturadi Alessandra Guarini

LABSTRACTLa colonscopia è un esame importanteper la diagnosi e prevenzione del cancrocolorettale; si effettua mediante un vi-deocolonscopio che deve essere disinfet-tato dopo ogni esame.Per la disinfezione, possono essere uti-lizzati diversi agenti, tra cui la glutaral-deide, che, però, è dannosa per le muco-se. Per evitare una colite tossica, l’endo-scopio deve essere risciacquato dopo ladisinfezione. Allo scopo di valutare il timing di insor-genza ed il tipo prevalente di sintomo, lanecessità di un ricovero ospedaliero, lacausa della contaminazione, il trattamen-to ed il decorso clinico delle coliti tossi-che da disinfettanti è stata effettuata larevisione della letteratura dei casi di co-lite tossica, ricercando in Medline i ter-mini: glutaraldheyde, colitis, proctitis, in-testinal bleeding, diarrhoea.Sono stati individuati 29 studi, ma solo11 erano strettamente inerenti allo sco-po della revisione ed hanno descritto com-plessivamente 41 casi.Nella maggior parte dei casi (60,5%), lasintomatologia è insorta entro le sei oredal contatto della mucosa colica con lostrumento contaminato ed il sintomo pre-valente era la rettorragia (100%). La cau-sa della contaminazione è stata iden-tificata in un inadeguato risciacquodopo disinfezione manuale del co-lonscopio nel 71% dei casi.Nel 39% dei pazienti è stata necessariauna terapia medica e nel 15%, addirittu-ra, il ricovero ospedaliero.Tutti i pazienti sono guariti entro tre gior-ni, ma sono stati descritti due casi in cui

la regressione completa del quadro clini-co si è avuta solo dopo più di due setti-mane.In conclusione, non è errato pensare chela colite tossica da glutaraldeide è unevento avverso raro della colonscopia,ma potenzialmente grave.Adeguate misure preventive ed un con-trollo sistematico delle procedure di di-sinfezione e di risciacquo sono auspica-bili per minimizzarne, quanto più possibi-le, l’insorgenza.

INTRODUZIONELa colonscopia è un esame che consen-te la visualizzazione di tutto il colon me-diante l’utilizzo di un strumento endosco-pico, denominato colonscopio.Questo esame è molto importante giac-ché consente la diagnosi di numerose pa-tologie di frequente riscontro nella popo-lazione quali: i polipi, i cancri, le coliti in-fiammatorie ed i diverticoli. La colonsco-pia, inoltre, può essere anche terapeuti-ca, permettendo l’asportazione di lesioniprecancerose (come i polipi adenomato-si) e riducendo in maniera significatival’incidenza del cancro del colon.Il colonscopio è uno strumento flessibilefornito di una telecamera sulla punta edè collegato ad una fonte luminosa ed unprocessore di immagini che vengono pro-iettate, in maniera ingrandita, su un vi-deo. Lo strumento viene fatto progredirein senso retrogrado, dall’ano fino al cie-co, per osservare l’intera mucosa del co-lon.In questa procedura, partecipano un ga-stroenterologo, che manovra le manopo-le che indirizzano la punta dello strumen-

to nel lume del colon, ed un infermierededicato che collabora spingendo e ritra-endo il colonscopio, consentendone cosìla progressione in condizioni di sicurezzaper il paziente. L’infermiere, inoltre, attuatutte le manovre necessarie a favorirel’avanzamento del colonscopio fino al cie-co, sull’addome del paziente.Il colonscopio è un dispositivo riutilizza-bile e necessita, quindi, di una disinfezio-ne al termine di ogni esame - il cosiddet-to, reprocessing -, al fine di impedire latrasmissione di possibili infezioni.Generalmente, si effettua una disinfezio-ne ad “alto livello” che consente l’elimi-nazione dei virus (Hbv; Hcv e Hiv) e di tut-ti i batteri patogeni e non patogeni, esclu-se le spore. Per la disinfezione dei co-lonscopi, così come per altri dispo-sitivi e strumentari endoscopici, vie-ne ampiamente utilizzata la glutaral-deide.La glutaraldeide è un disinfettante chimi-co e viene utilizzata ad una concentrazio-ne pari al 2%. Questo agente, tuttavia,può causare irritazioni se inalato o percontatto cutaneo. L’utilizzo della glutaral-deide richiede pertanto l’attuazione di tut-te quelle procedure necessarie a garan-tire la sicurezza per l’operatore (che com-prendono sia la protezione attiva: guan-ti, mascherine, camici protettivi), sia lasicurezza dell’ambiente di lavoro (cappedi aspirazione, locali dedicati, etc.) comestabiliti dal Dlgs 81/2008 del 9 aprile 2008(ex legge 626/94). La glutaraldeide, inol-tre, se non opportunamente rimossa dal-lo strumentario endoscopico, può dan-neggiare il colon quando viene a direttocontatto con la mucosa del paziente, cau-

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sando una cosiddetta colite tossica.Per evitare che ciò accada, ogni volta cheil colonscopio viene disinfettato con laglutaraldeide è necessario procedere adun adeguato risciacquo per eliminarne iresidui sulla superficie esterna dello stru-mento e nei canali operativi.Tale procedura viene svolta manualmen-te dall’infermiere: lo strumento viene di-sinfettato in apposite vaschette di disin-fezione, o avviene automaticamente conl’uso delle macchine lavastrumenti.Nonostante questi accorgimenti, vi sonosegnalazioni in letteratura di casi di coli-ti tossiche da glutaraldeide in seguito acolonscopia che, in alcuni casi, per la lo-ro gravità, hanno richiesto il ricovero ospe-daliero. D’altra parte, esistono sia dati sperimen-tali sull’animale che di somministrazionevolontaria con clisteri che hanno chiara-mente dimostrato che la glutaraldeide al2% induce una colite tossica che ha mol-te analogie cliniche ed anatomo-patolo-giche con la colite ischemica.Risulta, pertanto, facile intuire quanto siaimportante questa tematica, sia per i ri-svolti etici (“primum non nocere”: art. 2del Codice deontologico dell’infermiere)che medico-legali (non impedire un even-to, che si ha l’obbligo giuridico di impe-dire, equivale a cagionarlo: art. 40 delCodice penale). Scopo di questo studio è stato quello dirivedere tutti i dati disponibili in lettera-tura sulla colite tossica da glutaraldeide

in endoscopia per valutarne il quadro cli-nico ed il relativo decorso, riservando par-ticolare attenzione alla disamina dellecause che l’hanno determinata.

METODILa revisione dei dati della letteratura èstata effettuata mediante Medline.In particolare, sono stati ricercati i ter-mini:– “glutaraldheyde and colitis”: 26 item;– “glutaraldheyde and toxic colitis”: 5

item;– “glutaraldheyde and chemical colitis”:

4 item;– “glutaraldheyde and proctitis”: 7 item; – “glutaraldheyde and diarrhoea”: 20

item; – “glutaraldheyde and rectal bleeding”:

4 item. Per la ricerca, non sono stati posti né li-miti temporali né per soggetto (animali,umani). Il criterio di inclusione dello studio, nellarevisione, è stata la presenza di casi condiagnosi endoscopica (con o senza isto-logia) di colite tossica da glutaraldeideed almeno tre delle seguenti sei informa-zioni definite a priori: • il timing di insorgenza;• la sintomatologia;• la necessità di ricovero ospedaliero;• la causa della contaminazione; • il trattamento; • il decorso clinico.Criteri di esclusione dalla revisione sono

stati i casi di coliti indotte da agenti di-sinfettanti differenti dalla glutaraldeide,le review che non riportavano casisticheinedite di colite da glutaraldeide, quelli incui non era stata effettuata una diagnosiendoscopica o non erano descritte alme-no tre delle cinque informazioni conside-rate e gli studi sperimentali di valutazio-ne del quantitativo di residui di glutaral-deide sul colonscopio dopo il lavaggio,senza descrizione di nuovi casi di colite.Sono stati, inoltre, esclusi gli studi nonpubblicati in lingua inglese o italiana dicui non era disponibile almeno l’abstractin una di queste lingue. Per valutare opportunamente la sussisten-za dei criteri di inclusione e di esclusio-ne è stato ricercato e stampato il full textdi tutti gli articoli probandi trovati inMedline.Sono stati considerati anche i lavori cita-ti tra le voci bibliografiche dei diversi ar-ticoli individuati in Medline.

RISULTATILa ricerca ha consentito di identificarecomplessivamente 29 differenti studiinerenti all’argomento oggetto della re-visione.Di questi studi, 18 sono stati esclusi dal-l’analisi per i seguenti motivi:– cinque studi perché pubblicati solo in

francese o in spagnolo; – tre studi erano review che non inclu-

devano casistiche nuove;– due studi perché erano lavori metodo-

logici di rilevazione di residui di glu-taraldeide sul colonscopio;

– due studi perché descrivevano casi dicoliti tossiche da acido peracetico operossido di idrogeno;

– quattro studi perché non era stata ese-guita una diagnosi endoscopica o nonriportavano almeno tre informazioninecessarie per la presente revisione;

– uno studio perché trattava di un mo-dello sperimentale di colite tossica daglutaraldeide in un modello animale;

– un case report era una colite autoin-dotta con clistere di glutaraldeide.

La presente revisione, pertanto, haincluso 11 studi in cui erano presen-ti tutti gli opportuni criteri . Gli studiconsiderati hanno descritto un tota-le di 41 casi di colite tossica da glu-taraldeide.

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In tutti i casi, il quadro endoscopico piùfrequentemente osservato era molto si-mile a quello che si osserva nella coliteischemica.In particolare, sono state descritte lesioniulcerate, più o meno profonde, coperte dafibrina di forma e dimensioni variabili, lo-calizzati in uno o più tratti del colon. I dati relativi al timing di insorgenza del-la colite dopo la colonscopia con strumen-to contaminato erano disponibili per 38pazienti (93%) e sono riportati nella ta-bella 1. Come si può vedere, in oltre lametà dei casi, la sintomatologia è insor-ta rapidamente, cioè entro le sei ore dalcontatto della mucosa colica con lo stru-mento contaminato, ma in circa un quin-to, i sintomi sono comparsi anche a di-stanza di due giorni. Per quanto concerne la sintomatologia diesordio, i dati erano disponibili in tutti ipazienti e la rettorragia era presente intutti i pazienti accompagnata, o no, da al-tri sintomi, quali: dolore rettale, diarreao febbre. La causa della contaminazione è stataidentificata in tutti gli studi considerati,ed i dati relativi sono riportati nella ta-bella 2.E’ importante notare che nella maggiorparte dei casi (71%), la contaminazio-ne dello strumento con glutaraldei-de si è verificata per un inadeguatorisciacquo dopo disinfezione manua-le del colonscopio da parte dell’ope-

ratore: solo in un caso su tre, infatti, lacausa era da imputare ad un cattivo fun-zionamento della macchina lavastrumen-ti automatica. I dati relativi al trattamento sono dispo-nibili per tutti i pazienti inclusi.Una terapia con steroidi e/o antibiotici si-stemici è stata instaurata in 16 pazienti(39%), in sei pazienti (15%) era presente

uno stato tossico (dolore intenso, febbreelevata, ipotensione) tale da rendere ne-cessario il ricovero ospedaliero, mentrenei rimanenti 19 casi (46%) è stato adat-tato un atteggiamento conservativo, con-sigliando una dieta liquida per 48-72 oree riposo domiciliare. Il decorso clinico è stato descritto in tut-ti i pazienti. Non sono stati riportati casidi perforazione intestinale, né quelli incui è stato necessario l’intervento chirur-gico, e neppure casi fatali: la sintomato-logia è regredita, in tutti i casi, entro 24-72 ore, ad eccezione di due in cui la re-gressione completa del quadro clinico siè avuta solo dopo 12-19 giorni.

CONCLUSIONELa colite tossica da glutaraldeide è un’en-tità nosologica ben definita in lettera-tura.

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Tab. 1 Tempo di insorgenza dellacolite tossica dall’avvenuto contat-to durante la colonscopia.

Tempo Numero di casi (%)

< 6 ore 23 (60.5)< 24 ore 8 (21)< 48 ore 7 (18.5)Totale 38

Tab. 2 Causa della contaminazione del colonscopio.

Fonte Motivo Casi (%)

Colonscopio Inadeguato risciacquo del colonscopio post-disinfezione 29 (71)da parte dell’operatore

Boccetta lavaggio lente Inadeguato risciacquo della boccetta post-disinfezione 1 (2)da parte dell’operatore

Lavastrumenti Malfunzionamento con contaminazione dell’acqua 11 (27)di risciacquo automatico

Totale 41

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Esistono, infatti, modelli sperimentali nel-l’animale e accidentali nell’uomo che han-no dimostrato che questo disinfettanteinduce una colite tossica molto simile aquella di tipo ischemico. Alcuni studi han-no evidenziato, infatti, che nell’acqua dirisciacquo del colonscopio sono presen-ti residui di glutaraldeide pari a 0,2-159mg/l quando il lavaggio viene effettuatomanualmente e pari a 0,2-6,3 mg/l dopolavaggio automatico nella lavastrumen-ti.La presente revisione della letteratura haconsentito di identificare 11 studi chehanno descritto 41 casi di colite tossicada glutaraldeide in cui la causa della con-taminazione è stata sempre identificata.Purtroppo, nella maggior parte dei casidescritti (71%), la contaminazione si è ve-rificata per errore o disattenzione del-l’operatore durante il risciacquo dopo di-sinfezione manuale dello strumento in va-schette.Si tratta, quindi, di un “evento avverso”che si verifica entro poche ore dall’esa-me endoscopico (in genere, entro sei ore)o qualche giorno; un: “evento inattesocorrelato al processo assistenziale checomporta un danno al paziente, non in-tenzionale e indesiderabile. Gli eventi av-versi possono essere prevenibili o nonprevenibili”.Un evento avverso attribuibile ad erroreè prevenibile.Quindi, tutti questi casi di colite tossicaerano, almeno in teoria, eludibili e dimo-strano chiaramente, l’importanza dell’ac-curatezza del risciacquo prima dell’utiliz-zo degli endoscopi. A tal proposito, vasottolineato quanto sia necessario predi-sporre, in ciascun Centro di Endoscopia,protocolli dedicati alla procedura di disin-fezione che devono essere seguiti da tut-ti gli operatori.D’altra parte, la partecipazione dell’infer-miere alla stesura ed esecuzione di pro-tocolli ed al controllo sull’adeguatezza edefficienza delle apparecchiature è previ-sta dal Dm 739/94, come risultato dellasua specifica competenza e/o esperien-za professionale che porta alla “autono-mia professionale” (legge 251/00).Sul piano pratico, al fine di minimiz-zare il rischio di colite tossica, sa-rebbe auspicabile che ciascun ope-ratore che inizia la procedura di di-sinfezione, sia manuale che automa-

tica, sia lo stesso che la conduce atermine.Errori o mancanza di comunicazioneinterpersonale, spesso derivanti dairitmi lavorativi talvolta pressanti, pos-sono creare condizioni di non sicu-rezza sia per l’operatore che per ilpaziente.Nei restanti casi (29%), la contaminazio-ne è derivata da un malfunzionamentodella macchina lavastrumenti, in cui l’ac-qua di risciacquo non è stata rinnovataautomaticamente dall’apparecchio. Questosuggerisce che potrebbe essere utile il ri-sciacquo manuale prima di utilizzare l’en-doscopio, anche quando viene utilizzatala glutaraldeide con la procedura auto-matica. Un’altra misura preventiva per ridurre ilrischio di colite tossica può essere l’uti-lizzo di altri disinfettanti in sostituzionedella glutaraldeide come, per esempio,l’acido peracetico. E, sebbene, siano ri-portati casi di coliti acute anche da aci-do peracetico, il quadro clinico-endosco-pico è sempre di lieve entità ed autolimi-tante: una recente casistica italiana didieci casi, infatti, ha dimostrato che la co-lite tossica da acido peracetico regredi-sce spontaneamente senza bisogno di te-rapia, né di ricovero ospedaliero.Anche se non sono stati riportati casi le-tali di colite tossica da glutaraldeide edil decorso clinico è risultato essere beni-gno in tutti i casi, occorre sottolineareche, nel 15% dei casi, la gravità del qua-dro clinico ha richiesto l’ospedalizzazio-

ne dei pazienti.Questo comporta, ovviamente, importan-ti risvolti sul piano deontologico e giuri-dico, soprattutto quando la causa dipen-de da un mancato, o inadeguato, risciac-quo dello strumento post-disinfezione.Sul piano deontologico ci si riferisce al-l’articolo 2 del Codice deontologico del-l’infermiere che recita: “Nell’agire pro-fessionale, l’infermiere si impegna a nonnuocere…”, nonché all’Articolo 3:“L’infermiere assume responsabilità inbase al livello di competenza raggiunto ericorre, se necessario, all’intervento o al-la consulenza di esperti”.Sul piano giuridico si applica la:“Responsabilità per lesioni colpose deri-vanti da negligenza, imprudenza, imperi-zia” (art. 1.176 C.c. ed art. 590 C.p.). A queste vanno aggiunte anche conside-razioni di tipo economico, perché ogni ri-covero evitabile comporta un impiegoinopportuno delle già limitate risorse sa-nitarie. In conclusione, la colite tossica da gluta-raldeide rappresenta un evento avversoraro della colonscopia, ma potenzialmen-te grave: adeguate misure preventive edun controllo sistematico delle proceduredi disinfezione e di risciacquo sono au-spicabili per minimizzarne, quanto più pos-sibile, l’insorgenza.

AUTORE:Alessandra Guarini, infermiera UocGastroenterologia ed Endoscopia Digestiva,Ptp Nuovo Regina Margherita - Roma

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BIBLIOGRAFIA

IN PILLOLE

Luce italiana sul tumore della prostataUno studio tutto italiano getta nuova luce sul trattamento del tumore della prostata e sulle prospettive della ricerca in questo campo.La scoperta, pubblicata su Nature Medicine, è il frutto di una ricerca coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, assieme all’ospedale SanGiovanni Bosco di Torino e l’Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania, finanziata con i fondi dell’accordo Italia-Usa e dall’Airc.I ricercatori hanno individuato il meccanismo d’azione attraverso cui il tumore diventa sempre più aggressivo, fino a divenire refrattario allaterapia: l’analisi del tessuto neoplastico di 40 pazienti ha indicato che l’aggressività del carcinoma prostatico è generata dalla perdita di unframmento di Dna del cromosoma 13 che contiene due piccoli geni, denominati microRna-15a e microRna-16 che agiscono bloccando la pro-gressione maligna del tumore. Così, se microRna-15a e microRna-16 vengono reintrodotti nelle cellule tumorali che li hanno perduti, questecellule smettono di crescere e vengono distrutte. La possibilità di curare i tumori aggressivi della prostata tramite la somministrazione di questi microRna è stata confermata dalla terapia spe-rimentale somministrata ad animali da laboratorio. Da qui, le importanti implicazioni cliniche nonché diagnostiche della ricerca, con la possibilità concreta di affinare una tecnica, riproducibilein grande scala, per identificare subito i tumori ad elevata aggressività, selezionando di conseguenza terapie più mirate. Il cancro della prostata è uno dei tumori più frequenti nei Paesi occidentali: in Italia, ogni anno, vengono diagnosticati circa 44.000 nuovi casi,destinati ad aumentare per il progressivo invecchiamento della popolazione. Sebbene negli ultimi 15 anni, il dosaggio dell’antigene prostati-co specifico (Psa) abbia aumentato considerevolmente le diagnosi precoci e le possibilità di guarigione, il cancro alla prostata rappresentaancora oggi la seconda causa di morte da tumore nell’uomo, dopo il carcinoma polmonare.

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L

Il corpo al centro della relazionetra infermiere e pazientedi Barbara Bertagni

L’Io è anzitutto un’entità corporea (…)derivato da sensazioni corporee, soprat-tutto dalle sensazioni provenienti dallasuperficie del corpo.

Sigmund Freud

Non è imparziale vedere un sorriso comeuna contrazione dello sfintere orale.

Maurice Merleau Ponty

La professione di infermiere richiede unacontinua interazione con il corpo del ma-lato: un corpo ferito, a volte deformato,sofferente, decomposto.Ogni azione assistenziale, ogni gesto dicura instaura un contatto intimo con ilcorpo e questo espone sia il paziente chel’infermiere ad un impatto sensoriale edemozionale intenso. Il corpo del paziente non è un semplice“oggetto” sul quale mettere in atto pra-tiche assistenziali, terapeutiche e riabili-tative, ma un “soggetto incarnato”, caricodi esperienze, vissuti e aspettative. Nellarelazione tra infermiere e paziente en-trano in gioco l’affettività, l’imbarazzo,l’intimità, l’angoscia, il pudore, la ses-sualità, le dimensioni più profonde e la-tenti del proprio essere donne e uomini. In alcuni casi i pazienti si sentono trattaticome persone che, pur malate, manten-gono la loro identità e la loro storia divita. In altri casi, l’esperienza è opposta:il paziente si sente trattato come un og-getto da pulire o da curare, un pezzo dicarne senza identità.E’ una questione di tecnica impiegata, dimodalità relazionale o, più in generale, dicompetenza professionale?E’ importante imparare ad avere consa-pevolezza del significato dei propri gestied apprendere a comunicare meglio at-traverso la relazione a livello corporeo enon verbale, per non correre il rischio dioggettivare il malato identificandolo conla sua malattia.

Il rapporto di ciascuno di noi con il mondosi costruisce infatti attraverso il corpo, lacui dimensione fondamentale è data dal-l’esperienza vissuta attraverso la perce-zione. Il corpo è anteriore ed irriducibilealla contrapposizione tra soggetto e og-getto, siamo soggettività incarnate checostruiscono la propria identità quotidia-namente nelle relazioni e nelle perce-zioni che ci arrivano dai cinque sensi. Lepercezioni sensoriali sono, dunque, alcentro dell’affettività e questa è amplifi-cata nei momenti d grande debolezza efragilità come accade nel caso della ma-lattia. Le modalità con le quali l’infer-miere gestisce la relazione corporea pos-sono migliorare il rapporto con il pazientesalvaguardando la dignità di chi soffre etrasmettendo calore, fiducia, protezione.Lo sguardo gioca un ruolo fondamentaleall’interno delle relazioni interpersonali:è attraverso lo sguardo che accettiamo orifiutiamo di entrare in relazione, è attra-verso lo sguardo che esprimiamo i nostrisentimenti rispetto una persona o unasituazione. L’infermiere posa il suosguardo sul corpo del malato: è innanzi-tutto uno sguardo clinico che analizza,classifica, esamina. Ma non sempre è

facile guardare, ad esempio quando losguardo del malato cerca con gli occhi losguardo dell’infermiere per riuscire a leg-gervi la gravità della sua malattia, un’an-ticipazione della prossima morte, un se-gnale di disgusto… . Oppure quando il male assume aspettiche danno ribrezzo: un’infermiera raccon-tava “avevo paura ogni volta che mi tro-vavo di fronte alla sua ferita e cercavo diguardarlo negli occhi, senza girare la te-sta, perché avevo paura che guardare laferita avrebbe rivelato il mio disgusto eche lui avrebbe potuto interpretarlo comerifiuto nei suoi confronti”. E’ importante imparare a gestire il propriosguardo, in modo che possa trasmettererassicurazione, vicinanza e presenza, at-traverso un contatto visivo costante,caldo, non invasivo. Per fare questo l’in-fermiere deve innanzitutto riuscire a ge-stire le proprie emozioni: non evitare losguardo del paziente e accompagnare ilproprio sguardo con una mimica che co-munichi apertura e disponibilità.L’olfatto ha un’importanza primaria neldeterminare le nostre simpatie ed antipa-tie, nell’accompagnare i nostri statid’animo e le nostre emozioni più intense.

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All’odore non si può sfuggire, nel lavoro in-fermieristico sono molti gli odori fastidiosie, a volte, nauseabondi: medicamenti, pus,sangue, feci, urina. Fare una medicazioneo la pulizia a un malato con una parte delcorpo in decomposizione è un’esperienzamolto difficile, ogni professionista trovanegli anni le proprie strategie per affron-tare la situazione: utilizzando la masche-rina, trattenendo il fiato… ma con l’espe-rienza ci si rende anche conto che moltimeccanismi di evitamento mettono unabarriera tra l’infermiere e il malato. Come gestire tutte queste sensazioni?Tenendo costantemente conto del fattoche ogni gesto quotidiano dell’infermiereè un gesto di cura, non solo del corpo ma-lato, ma anche della persona nella suaglobalità psico-fisica. Al di là dei movi-menti funzionali, è possibile attivare unagrande gamma di movimenti espressivi edi conforto. Apprendere a comunicareattraverso canali non verbali e ci-nestesici è una grande risorsa perchi è impegnato in ruoli di cura. La comunicazione non verbale (CNV)comprende tutto quanto comunichiamoattraverso il corpo e la gestione del corponello spazio. Fin da neonati comuni-chiamo le nostre emozioni e le nostresensazioni spontaneamente ed involonta-riamente attraverso il corpo, la comunica-

zione verbale subentra solo successiva-mente con l’acquisizione del linguaggiovolontario e razionale.La CNV esprime soprattutto le emozioni egli stati d’animo, partecipa alla presenta-zione di sé, completa, sostiene, modifica oaddirittura sostituisce il discorso verbale.Le modalità mimico-espressive, vocali,gestuali e posturali sono importanti indi-catori dello stato d’animo e delle emo-zioni di chi abbiamo davanti e, inoltre, deltipo di relazione che si stabilisce con lui:nel determinare lo stato d’animo e gli at-teggiamenti dei nostri interlocutori, in-fatti, le parole incidono per il 7%, mentrela voce e la gestualità rilevano, rispetti-vamente, per il 38% e per il 55%.La formazione alla competenza relazio-nale procede innanzitutto attraversoun’esplorazione di se stessi, per impararea conoscere come ci muoviamo nello spa-zio, come gestiamo le distanze interper-sonali, come veniamo percepiti al di làdelle nostre intenzioni. “Non si può non comunicare”: tutto ècomunicazione, il modo di vestirsi, lascelta di truccarsi o no, il modo in cui ci siavvicina o ci si allonta dal proprio interlo-cutore, il tono della voce o la lunghezzadei silenzi, la delicatezza o l’impeto deimovimenti… Tutto questo comunica qual-cosa di sè, delle proprie intenzioni, dei

propri sentimenti, ma comunica anche lastima e l’interesse che nutriamo nei con-fronti della persona con la quale in questomomento ci troviamo in relazione.Entrare in una stanza parlando a vocealta con un collega, sbattendo rumorosa-mente i flaconcini dei farmaci è già unmodo di comunicare e di negare atten-zione ai pazienti che si hanno di fronte bi-sognosi di tranquillità e di rispetto per illoro spazio di vita attuale.Volenti o nolenti, comunichiamo con ilcorpo, con il nostro corpo di infermieri inuniforme, contrapposto al corpo in pi-giama del paziente, con il nostro stare inpiedi di fronte a persone coricate, spessoimmobilizzate e abbruttite dalla malattia.In tale situazione un tono di voce più alto,una frase più secca, un movimento piùbrusco assumono immediatamente unpeso maggiore.Nel fare un’iniezione, nel medicare unalesione, nell’occuparci delle cure igieni-che possiamo inviare messaggi di vici-nanza o di distanza, di disponibilità o dichiusura. E’ la nostra consapevolezza dinoi e delle nostre modalità di gestionedella relazione e del contatto che puòtrasformare un semplice gesto di cura inun momento di consolazione e rassicura-zione nel quale può essere restituita di-gnità ed identità alla persona.

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Nella relazione di cura è importante man-tenere una giusta distanza, un tono divoce caldo, una mimica “amica”, ma an-che sviluppare le modalità del contatto fi-sico. Aptonomia è la scienza dell’affetti-vità espressa attraverso il contatto,sviluppata soprattutto in ambito oncolo-gico con i malati terminali, al fine di as-sicurare non solo la cura, ma anche l’at-tenzione ai bisogni affettivi.Si parla di terapie di contatto facendoriferimento a tutte quelle tecniche di curapsico-tattili che, attraverso un tattodolce, rispettoso, rassicurante e caldocomunicano empatia e confermano al pa-ziente che si ha cura di lui. Evitando ge-sti frettolosi e sbrigativi che - pur com-prensibili all’interno di un quadro dove iltempo è risorsa scarsa e gli organici sonosempre più ridotti - possono essere per-cepite come freddi, minacciosi ed umi-lianti e rendere il malato spettatore pas-

sivo di se stesso e del suo corpo ferito.Attraverso il contatto fisico è possibiletrasmettere calore ed energia positiva: lacomunicazione attraverso il contatto è laforma di comunicazione più remota, vis-suta e sperimentata da ciascuno nellaprimissima infanzia.Il tatto è il senso alla base della perce-zione sensoriale ed è anche il primo a svi-lupparsi. Toccando un paziente non neconsideriamo il corpo ma la corporeitàanimata con sensazioni, sentimenti edemozioni. Incontriamo quella persona, nericonosciamo il valore e ne accogliamo ibisogni.In particolare, nelle persone allettate siacuiscono le capacità percettive e perciòè importante la qualità del tempo che sidedica loro: un tempo anche limitato, matranquillo, avvolgente come una secondapelle, che li proteggerà dall’angosciacome una presenza materna.

E’ essenziale, tuttavia, che si riesca a“condividere” senza “essere travolti”. Af-finché la relazione sia sana, bisogna ri-spettare una giusta distanza dall’altro;questo obiettivo si può raggiungere sola-mente prendendo coscienza del propriorapporto con la sofferenza e la malattia,delle proprie difese e delle proprie paure,e concedendosi di esprimere e condivi-dere le proprie emozioni. Ricordandosiche non si può toccare senza essere toc-cati, né guardare senza essere guardati eche attraverso la percezione costruiamola relazione con l’altro, ma anche la no-stra identità e noi stessi.

AUTORE:Barbara Bertagni, psicologa clinica ed antro-pologa. Si occupa di coaching e formazionesu tematiche legate alla comunicazione ealla relazione.

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BIBLIOGRAFIA

Si comunica a tutti i lettori di “Infermiere Oggi” che l’articolo presente sul numero 3 della rivista (“L’autostima nella personaportatrice di stomia intestinale”) è stato pubblicato in una versione non aggiornata e condivisa con gli autori. Inoltre, tra gliautori del progetto originale non compare la professoressa Rosaria Alvaro, come erroneamente scritto, ma la professoressa PaolaPierantognetti, il professore Francesco Pallone e il professore Paolo Girardi. La redazione si scusa con i lettori e con i diretti in-teressati per il disagio causato e si impegna a mettere in atto tutte le azioni correttive alle procedure in atto per migliorare laqualità della rivista a tutela dei lettori e degli autori.

ERRATA CORRIGE

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IINTRODUZIONEIn questo periodo storico l’infermiere, inItalia, ha un’immagine molto variegata.L’identità professionale che gli infermierivorrebbero è ancora purtroppo solo teo-rica. Il motivo di questa incertezza diruolo risiede senz’altro nei cambiamentiavvenuti nel processo formativo; non c’èstato il tempo di far sedimentare la rivo-luzione culturale e professionale, nonsolo nell’immaginario collettivo, ma an-che tra gli infermieri stessi: troppi cam-biamenti, avvenuti troppo in fretta, e introppi pochi anni.Da un po’ di tempo a questa parte gli in-fermieri e gli utenti si pongono domandeche quasi sempre si ripetono: “Che diffe-renza c’è tra un infermiere laureato e unonon laureato, se poi entrambi fanno lestesse cose? Ma perché l’infermiere sideve laureare? Se tutti si laureano, vicinoal malato chi ci resta?” .Se le domande, la confusione e le per-plessità sull’identità professionale origi-nano tra gli stessi infermieri, non si puònon trasmetterle analogamente a chi staattorno a noi, cioè al nostro interlocu-tore primario che è il cittadino/utente. Al fine di indagare l’attuale immaginesociale ed il riconoscimento dell’infer-miere, è stato elaborato un questionarioanonimo da sottoporre ai futuri professio-nisti che frequentano i corsi di studi uni-versitari presso l’università “La Sa-pienza” di Roma.

OBIETTIVILo scopo della ricerca è gettar luce sulpresente, cioè, indagare le opinioni che lapopolazione ha della professione infer-mieristica; indagare sulla percezione cheil cittadino ha dell’infermiere. Interesse diquesto studio è chiarire e discutere sul si-gnificato di essere infermieri professioni-

sti della salute con la collettività, curarela nostra immagine con la popolazione,rendendola parte attiva nel lungo pro-cesso di riconoscimento della profes-sione nella società italiana contempora-nea.La ricerca, di tipo descrittivo, ha perobiettivi: – verificare se esistono conoscenze

sulla specificità della professione in-fermieristica;

– verificare se esistono conoscenzeadeguate nel riconoscere l’infermiereprofessionista.

REVISIONE DELLA LETTERATURAParole chiave: social image; people-nurse; perception consideration e socialexpectation.Revisione della letteratura da luglio a di-cembre 2007. Periodo di osservazione: anni 2000 –2007. Fonti della ricerca: testi e banche dati ininternet quali:– riviste di infermieristica dal 2000 al

2007 quali: Infermiere Oggi; NursingOggi;

– Professioni Infermieristiche;– L’infermiere, Assistenza;– Infermieristica e ricerca;– archivio bibliografico elettronico “Bi-

blioteca Nazionale di Roma”;– biblioteca del Collegio Ipasvi di Roma;– database quali: Cinahl; Medline; Li-

brary.In due riviste infermieristiche sono statiritrovati due articoli riportanti le seguentisurvey:1. indagine descrittiva sulle opinioni e le

aspettative degli utenti nei confrontidell’infermiere nell’azienda ospeda-liera - Ospedale Niguarda – CaGrande Professioni infermie risti -

che, vol. 58, n. 3 (2005) Bollini, Lolli,Carabelli, Cattin;

2. indagine sulla professione infermieri-stica. Le opinioni degli studenti delquinto anno delle scuole medie supe-riori di Ravenna di Baldazzi, Capaccisu Nursing Oggi n. 2 (2002).

METODOIl metodo utilizzato si limita esclusiva-mente ad acquisire dati, escludendo l’uti-lizzo dell’intervista narrativa, attraversola somministrazione dei questionari, chesono stati consegnati in orario di lezionee contestualmente ritirati (periodo: marzo– giugno 2008).

CAMPIONEIl campione è composto da studenti uni-versitari de “La Sapienza”, iscritti e im-matricolati nell’anno accademico2007/2008, scelti nelle Facoltà di Archi-tettura (primo livello); Economia (primo li-vello); Scienze della comunicazione(primo livello); Scienze politiche (primo li-vello), Medicina e Chirurgia (corso Alaurea magistrale). Si è stabilito di som-ministrare un numero di questionari parial 20-25% degli studenti (358-447 su1.788 studenti). I questionari sommini-strati sono stati 387 (22%) (Grafico 1).

STRUMENTILo strumento per l’indagine è un questio-nario anonimo. Le domande contenutenel questionario suddiviso in tre raggrup-pamenti così codificati: A-B-C. In A e B siracchiudono le caratteristiche generalidella popolazione in studio, nonché leconvinzioni positive e negative sul profes-sionista infermiere. La sezione A contiene quattro domande,da A1 a A4, che comprendono: dati ana-grafici, nazionalità, sesso e facoltà di

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Indagine conoscitiva: immagine ericonoscimento sociale dell’infermieredi Ausilia M.L. Pulimeno, Davide Bove, Antonio Renda

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provenienza. La sezione B contiene settedomande, da B1 a B7, che comprendono:interazioni con l’infermiere ed attitudinipositive e negative sul Professionista In-fermiere. La sezione C contiene nove do-mande sul grado di conoscenza della spe-cificità della professione (domanda C1,C3, C4, C5) e dei determinanti di un pro-fessionista (domanda C6, C7, C8). C9 èuna domanda aperta.

ANALISI DEI DATIL’analisi univariata, condotta mediante iltest del “chi quadrato” e svolta medianteil pacchetto statistico “Stata 8.0”, hapreso in esame i diversi outcomes (risul-tati), vale a dire le conoscenze adeguate(1) e non adeguate (0) sulla professioneinfermieristica, in funzione di diverse va-riabili. Relativamente alle conoscenze,riguardo la specificità della professioneinfermieristica gli studenti sono stati sud-divisi in due gruppi: nel primo grupposono stati inseriti tutti gli studenti chehanno risposto correttamente alle quattrodomande inerenti la specificità della pro-fessione: C1, C3, C4 e C5. Nel secondogruppo tutti coloro che non hanno rispo-sto correttamente alle quattro domande. Relativamente alle conoscenze adeguatenel riconoscere l’infermiere professioni-sta, gli interpellati sono stati suddivisiarbitrariamente in due gruppi: nel primogruppo sono stati inseriti tutti coloro chehanno risposto correttamente alle do-mande su: C6, C7 e C8. Mentre nel se-

condo gruppo tutti coloro che non hannorisposto correttamente alle tre domande. L’analisi multivariata è stata effettuatautilizzando il metodo di regressione logi-stica multipla con backward elimination(metodo che consente di ridurre le varia-bili solo a quelle che possono essere va-lide predittrici della variabile dipendente).

Due distinti modelli sono stati costruitiallo scopo di individuare i determinantidelle conoscenze adeguate riguardo laspecificità sulla professione infermieri-stica (Modello 1, Tabella 1), e nel ricono-scere la professione infermieristica (Mo-dello 2, Tabella 1 ).Le seguenti variabili indipendenti sonostate utilizzate per la costruzione dei mo-delli: età (<21=0; 22-23=1; 24-26=2;>26=3), appartenenza alla Facoltà di Me-dicina e Chirurgia, presenza di familiari oamici infermieri (no=1; sì=0), e sulla ne-cessità personale o familiare si essereassistito da uno o più infermieri (no=1;sì=0). Nel secondo modello è stata ag-giunta la variabile “conoscenze” (nonadeguate=0; adeguate=1). I modelli di regressione logistica multiplasono stati costruiti sulla base della stra-tegia suggerita da Hosmer e Lemeshow.Le variabili da inserire nei modelli sonostate selezionate in base alla significati-vità risultante dall’analisi multivariata (li-mite: p=0,05).Successivamente è stata attuata la re-gressione logistica con eliminazione re-trospettiva di quelle variabili che non

Tabella 1. Modelli di regressione logistica multiplain rapporto a diverse variabili

VARIABILE OR Intervallo di Valore di pconfidenza

al 95%

Modello 1:“Conoscenze sulla specificità della Professione Infermieristica”

Età (<21=0; 22-23=1; 24-26=2; >26=3) 1.56 1.10 - 2.21 0.014

Studenti di Medicina (Studenti 155/387 3.44 1.54 - 7.68 0.003pari al 40.05% )

Nella sua famiglia, o tra i suoi amici, 20.97 2.73 -161.0 0.003ci sono Infermieri? (no=1;sì=0)

Lei o qualcuno della sua famiglia ha mai 3.24 1.34 - 7.80 0.009avuto necessità di essere assistitoda uno o più Infermieri? (no=0;sì=1)

Modello 2 : “Conoscenze adeguate nel riconoscere l’infermiere professionista”

Conoscenze adeguate sulla specificità 8.90 4.02 - 19.68 0.000della Professione Infermieristica” (no=0;sì=1)

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contribuivano al modello sulla base del“Likelihood Ratio test” (limite: 0,05). Itermini di interazione sono stati testaticon un livello di significatività pari a 0,15.per ogni variabile sono stati calcolati gliodds ratio (OR) e gli intervalli di confi-denza al 95% (IC 95%).

RISULTATILa maggior parte degli studenti sonodonne (61,73%), con un’età media di23,82 anni (DS ±4,23). Solo il 2,22% èrappresentato da studenti stranieri. Le caratteristiche positive attribuite allaprofessione infermieristica sono: altrui-smo (23,74%); competenza (16,32%); pro-fessionalità (15,8%) e responsabilità(13,42%). Tra quelle negative: subordi-nazione al medico (33,6%) e scarsa au-tostima (33,34%). È emerso che le motivazioni maggiori cheinducono a scegliere di intraprendere laprofessione infermieristica sono il valoresociale della professione (30,14%), lasoddisfazione personale (21,05%) e la si-curezza economica (13,77%).L’82,37% degli studenti è al corrente cheper esercitare è necessaria la laurea diprimo livello; e che, rispetto l’attuale bi-sogno di salute, è necessaria una forma-zione specialistica, sono il 91,91% a sa-perlo. Riguardo il raggiungimento dell’obiettivosalute hanno maggiore incidenza il me-dico per 89,23%, l’infermiere per il76,17% e lo psicologo per il 23,82% . Il risultato della regressione logisticamultivariata mostra la probabilità diavere conoscenze adeguate riguardo alle“Conoscenze sulla specificità della pro-fessione infermieristica” (Grafico 6); laconoscenza aumenta all’aumentare del-l’età (OR 1,58; IC 95% 1,11-2,25); au-menta se in famiglia o tra gli amici nonci sono infermieri (OR 18,72; IC 95% 2,42-144,63) e se si ha avuto necessità di es-sere assistito da un infermiere (OR 3,07;IC 95% 1,27-7,46).Gli uomini hanno minori probabilità diavere conoscenze adeguate rispetto alledonne, fermo restando che il dato non èstatisticamente significativo (OR 0,50; IC95% 0,20 – 1,22). È interessante notare che tra gli studenti,quelli che hanno maggiori conoscenzesulla professione infermieristica sono glistudenti di medicina (OR 3,73; IC 95%

1,64-8,46). L’analisi sulle conoscenzeadeguate nel riconoscere l’infermiereprofessionista, mostra come unica varia-bile esplicativa statisticamente signifi-cativa le conoscenze adeguate della spe-cificità della professione infermieristica.Relativamente alla domanda C9 (aperta)si riportano le risposte con maggiore fre-quenza e significato. Ottenendo così una“fotografia” dell’immagine e riconosci-mento sociale dell’infermiere. La do-manda è stata: Con sue parole saprebbeesprimere un giudizio sugli infermieri ?Ecco alcune risposte ricorrenti: Neces-sari; indubbiamente utili; competenti; in-dispensabili; altruisti e pazienti.C’è poi chi ha scritto: “Continuate così”;“Forte senso si responsabilità e sensocivico”; “Persone preparate ma sottova-lutate”; “Persone in grado di aiutare ipazienti con professionalità e atten-zione”; Si tratta di una professione im-portante, ma non adeguatamente ap-prezzata”; “Un infermiere preparato,responsabile e capace di mantenerel’ambiente sereno può fare la differenzadella degenza in ospedale”.

DISCUSSIONEDall’analisi delle risposte al questionarioè emerso un dato sopra tutti: la quasi to-tale omogeneità delle opinioni rispettoalle molteplici variabili indipendenti con-siderate. I giovani (studenti) ci vedono competenti(16,3%); professionali (15,8%); respon-sabili (13,4%) e altruisti (23,7%). Il 65,3%ha affermato che il medico e l’infermieredispongono ciascuno di conoscenze pro-fessionalmente specifiche. In Italia è ancora forte lo stereotipo del-l’infermiere svampito, con capacità limi-tate alle attività alberghiere e che lavoraall’ombra del medico, in quanto è solo aquest’ ultimo che appartiene il sapereclinico e gestionale per la tutela dellasalute. Sulle ragioni di questa falsa per-cezione così radicata tra gli italiani ab-biamo chiesto agli studenti quando sipuò affermare che un infermiere è profes-sionalmente valido. Il 35% ha affermatoche un infermiere è professionalmentevalido quando è in grado di pianificarecorrettamente l’assistenza alla persona,riconoscendo come attività specifica del-l’infermiere quella di rilevare e soddi-sfare i bisogni di salute del singolo

(40,8%) e la pianificazione assistenziale(29,3%). È stato chiesto agli studenti quali figureprofessionali avessero maggiore inci-denza nella realizzazione dell’obiettivosalute e ci ha stupito favorevolmente ilfatto che la quasi totalità degli intervi-stati ha indicato l’Infermiere 77% ed ilmedico 90% (371).Dalla elaborazione dei dati è emerso,inoltre, che la quasi totalità degli stu-denti l’82,37% è a conoscenza della ne-cessità di una laurea di primo livello peresercitare la professione infermieristica. La quasi totalità degli studenti (91%) hainoltre sottolineato l’importanza e la ne-cessità di acquisire competenze speciali-stiche in settori specifici dell’assistenzainfermieristica. La maggior parte degli intervistati (il60%) è a conoscenza dell’esistenza di unCollegio professionale e del fatto che gliinfermieri hanno un Codice deontologicoche regolamenta il profilo etico del pro-fessionista e riconosce spessore moralealla professione. I motivi principali che inducono a sce-gliere di intraprendere la professione in-fermieristica sono: il valore sociale dellaprofessione (30,1); la soddisfazione per-sonale (21,1%) ed infine la sicurezza eco-nomica (13,8%). Tra le caratteristiche ne-gative, si evidenziano la scarsa autostima(33,3%) e la subordinazione al medico(33,6% ). L’analisi multivariata mostra la probabilitàdi avere conoscenze adeguate sulla spe-cificità della professione infermieristicache aumentano all’aumentare dell’età,indifferentemente dal fatto che ci siano infamiglia o tra gli amici degli infermieri, ose si ha avuto necessità di essere assi-stito da un infermiere. Tra gli studenti,quelli che hanno dimostrato maggiori co-noscenze sulla professione infermieristicasono gli studenti di medicina.

CONCLUSIONICome detto all’inizio, nel corso dei secolila professione infermieristica è statascossa da un cataclisma di eventi e quindiè normale chiedersi se non abbia corso“troppo in fretta” al punto da non riuscirea dare un’immagine chiara e precisa. Una professione non vive se non è social-mente visibile. Oggi siamo in una fase dipassaggio in cui la battaglia per riquali-

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ficare l’immagine sociale dell’infermiereè decisiva per lo sviluppo della profes-sione, da tutto ciò resta ancora esclusal’altra metà del cielo del lavoro infermie-ristico, che è colui che la legittima: il cit-tadino. Esistono ancora immagini falsatee stereotipate, propinateci dai mezzi dicomunicazione attraverso articoli e pro-grammi televisivi con messaggi negativi,generalizzanti, che minacciano l’autono-mia e la professionalità infermieristica.È importante fare giustizia di anacroni-stici stereotipi che rischiano di allonta-nare i giovani da questa professione, dicondizionare negativamente l’opinionepubblica e di produrre in tutti noi unsenso di profondo disagio per il mancatoriconoscimento del nostro ruolo e dellanostra funzione. È necessario farsi conoscere mostrandonon solo i difetti, ma anche i pregi dellaprofessione. L’unico modo per evitare chela gente abbia delle visioni distorte è pa-lesare quello che realmente è il lavoro de-gli infermieri oggi, vista la domanda di sa-lute in continua evoluzione. Chiarire e discutere sul significato di es-sere infermieri professionisti della salutecon la collettività, significa curare la no-stra immagine con la popolazione, ren-dendola parte attiva nel lungo processo

di riconoscimento della professione nellasocietà contemporanea.Possiamo essere soddisfatti della foto-grafia scattata, in quanto l’indagine haconsentito di costruire e presentareun’immagine sociale dell’infermiere concaratteristiche positive. Questa immaginesociale, adeguatamente proposta nel con-testo pubblico, potrà aiutare a superarecerti stereotipi collegati alla nostra pro-fessione e migliorarne l’appetibilità per igiovani, nonché il rico no scimento socialenel suo complesso. Per sanare il gap che si è creato tra l’im-magine diffusa della professione e la re-altà, è necessario:ribadire con determinazione e costanza ilnostro ruolo, gestendo al meglio le occa-sioni offerte, e ricercandone di nuove; continuare ad operare per far si che li-vello teorico e pratico possano coinci-dere;farsi conoscere dalla gente attraverso imass-media. Questa è un’opportunitàche va promossa e incentivata, perchèpartecipare e intervenire in modo proat-tivo alla vita mediatica deve essere oggiun imperativo per la professione. Bisognacomunicare il proprio operato visto che,spesso, quello che non viene comunicatoè come se non esistesse neppure, e non

dobbiamo attendere che siano gli altri achiederci un parere, ma farci sentireprima che possano ritornare a crearsi dinuovo falsi stereotipi. Questo potrebbeessere un modo per migliorare alcunecaratteristiche negative, quali l’autostimae l’autonomia della professione, emersedall’indagine. Infine, dobbiamo lavorare affinché la no-stra voce sia univoca: troppo spesso le vi-sioni degli infermieri contrastano l’unacon l’altra. I tempi sono maturi e, con uno sforzo con-diviso, passare dalla realtà a un’immagineche le corrisponda diviene possibile.Siamo cambiati e cresciuti ed è ora che lagente lo sappia, direttamente dalle no-stre parole.

AUTORI:Ausilia M.L. Pulimeno, dirigente infer-mieristico Policlinico Umberto I di Roma,vice presidente Collegio Ipasvi di Roma edocente di discipline infermieristiche uni-versità di Roma “La Sapienza”. Davide Bove, tutor e docente corso dilaurea in Infermieristica università diRoma “Tor Vergata”, sede Asl Roma C.Docente corso di laurea in Infermieristicauniversità di Roma “La Sapienza”.Antonio Renda, infermiere.

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ABSTRACTQuesto contributo nasce dal desiderio diapprofondire il tema del benessere lavo-rativo come elemento indispensabile peruna maggiore condivisione degli obietti-vi e della mission aziendale. Un operatore che vive un clima organiz-zativo sereno sarà portato a essere, a suavolta, agente di benessere. La realizzazione di focus group e la som-ministrazione dei questionari permetteagli operatori di esprimere il proprio pa-rere sull’organizzazione aziendale.Nella nostra analisi, abbiamo vistoche uno degli elementi critici è lapercezione del ruolo dell’infermieree la mancanza di comunicazione conle altre figure professionali.L’obiettivo di un manager dovrebbe es-sere quello di creare al lavoratore unambiente dove egli possa esprimere leproprie abilità, capacità, attitudini: laragione di scambio tra azienda e lavo-ratore dovrebbe essere la garanzia diuna condizione di lavoro motivante con-tro un sentimento di integrazione e ap-partenenza.Se desideriamo che il dipendente si sen-ta parte viva dell’azienda dobbiamo for-nirgli lo spazio necessario per esprimer-si. L’azione dell’infermiere dirigente è fon-damentale, giacché emerge che il mana-gement deve rinforzare la cultura, i valo-ri e le responsabilità.

INTRODUZIONELa crescente complessità dello scenariosociale ed economico spinge le aziendeverso articolate ristrutturazioni che han-no spesso come conseguenza il riflessosull’individuo di un elevato costo psico-logico.L’esigenza di innovare continuamente isistemi produttivi, la tecnologia in costan-te movimento, l’avvento della società del-l’informazione, implicano necessariamen-te una rivisitazione strutturale dei siste-mi professionali e dei modi in cui si espli-ca l’organizzazione del lavoro.Davanti ai mutamenti in atto nei proces-si produttivi, i lavoratori non possono re-stare a guardare.Le organizzazioni sanno che la scelta vin-cente è motivare in maniera decisa il la-

voratore, affinché egli si senta parte diun processo in cui le sue conoscenze ela sua personalità contano davvero, la-sciandosi alle spalle il vecchio modellodov’era semplicemente uno strumentoproduttivo. La gestione e la valorizzazione dellerisorse umane assume, quindi, un’im-portanza sempre più strategica perle aziende: la centralità delle perso-ne, infatti, è il vero motore dei pro-cessi di cambiamento e innovazioneall’interno dei contesti organizzati-vi, per questo, sempre più organizza-zioni pongono l’accento sul clima edil benessere organizzativo. Definire il benessere organizzativo, però,non è semplice. Le principali definizioni descritte in lette-

La valutazione del progetto“lavoro e benessere” quale percorsodi condivisione del clima organizzativoL’esperienza del Policlinico Tor Vergatadi Carmen Cappitella

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ratura richiamano sistemi tradizionali dianalisi economica, mentre ve ne sono al-tre dove il benessere viene legato alla ca-pacità delle persone di agire in manieraautonoma e consapevole, al fine di rea-lizzarsi pienamente anche attraverso l’usodelle risorse individuali e collettive.Si può dire che il benessere organizzati-vo risieda nella qualità della relazioneesistente tra le persone ed il contesto la-vorativo.L’indagine del clima interno ad un’azien-da è uno degli strumenti che le consentedi effettuare un’autodiagnosi, anche seva ricordato che l’individuo percepisce ilclima tramite la sua personalità ed espe-rienza: è chiaro, quindi, che ricostruirel’effettivo clima di un ambiente di lavorosia difficile e delicato.Il presente studio analizza la percezionedel clima lavorativo da parte del perso-nale infermieristico del Policlinico TorVergata.

MATERIALI E METODIIl tipo di indaginestudio qualitativo-quantitativo con realiz-zazione di focus group e somministrazio-ne di questionari.La popolazione di riferimentoil personale infermieristico del PoliclinicoTor Vergata che lavora da almeno un an-no all’interno della struttura.Gli strumentirealizzazione di dieci focus group in cuisono stati incontrati un totale di 71 infer-mieri. Il focus group è un dibattito foca-lizzato e originato a partire da un’espe-rienza comune, sviluppato su un evento,fenomeno, o un tema ben preciso. Essoè stato condotto al fine di far emergerediverse interpretazioni, reazioni emotive,valutazioni critiche e per favorire l’inte-razione, il dialogo e il confronto tra i par-tecipanti.I focus group hanno permesso di far co-noscere il vissuto e la percezione degliinfermieri. Attraverso le loro parole si èpotuto costruire le priorità in termini dicriticità, aree di miglioramento e inter-vento operativo, permettendo l’attivazio-ne di energie, spingendo alla motivazio-ne e responsabilizzando i partecipanti.I temi affrontati nel ciclo dei focus groupsono stati:– le criticità presenti nel lavoro quoti-

diano rispetto alla percezione degli in-

fermieri, alla loro esperienza e al lorovissuto;

– le soluzioni per il miglioramento, rac-cogliendo proposte in ottica costrutti-va per migliorare la vita lavorativa de-gli infermieri.

Somministrazione di un questionario ano-nimo già preordinato con le risposte al fi-ne di facilitarne la compilazione, inviatoagli infermieri a cui è stato chiesto diesprimere il proprio punto di vista indi-cando il grado di urgenza con cui interve-nire, nel medio termine, per ciascuna del-le aree individuate (scala valori: da 1, ilminimo, al 4, il livello massimo di urgen-za). Si chiedeva inoltre di scegliere due otre iniziative, tra quelle individuate, cheritenevano più utili per avviare, all’inter-no della struttura, un percorso di miglio-ramento della qualità del lavoro degli in-fermieri.Su 600 questionari inviati, ne sono statirestituiti compilati 250.Il 61% degli infermieri è di età compresatra i 31 e i 40 anni; il 74% degli intervistatiè donna; per quanto riguarda la formazioneprofessionale, il 40% degli intervistatipossiede il titolo regionale, il 27% il diplomauniversitario, il 18% la laurea di I° livello.Titoli superiori, master e Dai, sono dichiaratidal 13%.

RISULTATII risultati dei focus group sono stati divi-si in due grandi aree:– il livello organizzativo-strutturale

e il livello individuale-relazionale.Per quanto riguarda il livello organizza-tivo, i cinque problemi emersi sono:– il sovraccarico lavorativo;

– la sicurezza;– il processo accoglienza;– il processo amministrativo;– la logistica.Il sovraccarico lavorativo emerge innove focus group.I problemi segnalati sono: la carenza dipersonale per la complessità assistenzia-le richiesta, le differenti specialità medi-che nei reparti, la mancanza di persona-le amministrativo che svolga i compiti bu-rocratici nei reparti, il continuo flusso diutenti da gestire a causa dell’ospedaleaperto.La sicurezza è un tema discusso in ot-to focus group.Si lamenta la continua presenza di estra-nei nei reparti a causa dell’ospedale aper-to, spazi poco sorvegliati (parcheggio, spo-gliatoi, ecc.), sensazione di non essere tu-telati nel lavoro.Il processo di accoglienza emerge insette focus group.A causa della mancanza di un unicoelenco-ricoveri informatizzato, c’è dif-ficoltà nel processo per l’accettazioneinformatizzata dei pazienti, il poco co-ordinamento con il personale dedicatoall’accoglienza ed un materiale infor-mativo poco chiaro.Il processo amministrativo, emerso insei focus group, rileva il bisogno di un pro-cesso di assistenza al paziente che vienespesso intralciato dagli adempimenti bu-rocratici e dalla mancanza di una figuraamministrativa dedicata ai numerosi com-piti segretariali (reperibilità dei medici,accettazioni informatiche, gestione tele-fono, ecc.)La logistica emerge in sei focus group,

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e definisce insufficienti gli spazi per il ba-cino di utenza, ambienti che non tutela-no la privacy, la disposizione e l’organiz-zazione di spazi e arredi che spesso risul-tano inadeguati per l’attività da svolgeree la mancanza di spazi realmente dedica-ti agli infermieri.Per quanto riguarda, invece, il livello in-dividuale e relazionale, le criticità princi-pali sono tre:– la valorizzazione del ruolo dell’infer-

miere;– la comunicazione;– la preparazione professionale.La valorizzazione del ruolo dell’infer-miere emerge in cinque focus group, especifica che il coinvolgimento degli in-fermieri nelle attività di reparto e dellaricerca è ancora scarso, gli incentivi so-no deboli e le gratificazioni per il lavorosvolto sono poche, giacché il ruolo del-l’infermiere è, spesso, solo esecutivo ri-spetto a disposizioni di altri.Anche la comunicazione emerge in cin-que focus group.In pratica, mancano i processi ed i mo-menti comunicativi in reparto (ad esem-pio, su allineamento dei casi clinici, i per-corsi terapeutici, ecc); il confronto su te-matiche rilevanti all’interno delle equipeè ancora scarso, il contatto con i verticiè debole.La preparazione professionale vienediscussa in tre focus group. Si critica losviluppo poco sostenuto dei più giovani;si considera necessaria l’istituzione di per-corsi formativi specifici, anche per le fi-gure professionali di supporto che risul-

tano essere scarsamente preparate.Emergono, infine, anche alcuni aspetti ri-tenuti assolutamente positivi, come l’am-biente definito “giovane” e supportivo tracolleghi, la possibilità di aggiornamentoprofessionale anche grazie al contesto uni-versitario, l’uso e la presenza di presidi(materiali e strumenti) ritenuti innovativi.

Le aree considerate più urgenti sonola gestione e lo sviluppo del persona-le infermieristico (urgenza media 3.2) el’ambito della formazione e del lavo-ro di gruppo e di equipe, entrambi conlivello medio di urgenza 3.1 (grafico 1).Per quanto riguarda la gestione e lo svi-luppo del personale infermieristico, le in-dicazioni più urgenti sono:– la definizione di un sistema premian-

te di incentivi (economici e non) chemotivi, gratifichi e coinvolga gli infer-mieri nei risultati raggiunti dalla strut-tura;

– l’aumento del personale infermieristi-co in servizio, limitando, per quantopossibile, il numero dei contratti a ter-mine (grafico 2).

Per quanto riguarda la formazione il 26%del campione risponde che l’area in cui ènecessario intervenire con urgenza è l’isti-tuzione di corsi di formazione Ecm gratui-ti su temi specifici (in ambito clinico e as-sistenziale) strategici per il dipartimento.Il 19% chiede, invece, di avviare iniziati-ve di formazione congiunta tra medici, in-fermieri e altri professionisti su temi spe-cialistici e organizzativi-gestionali, ricor-rendo ad una metodologia che motivi e

coinvolga i partecipanti (grafico 3).Per quanto riguarda l’area di comunica-zione interna ed esterna, il 20% del cam-pione ritiene necessario istituzionalizza-re momenti di comunicazione e allinea-mento tra infermieri e tra infermieri e me-dici per problematiche cliniche ed orga-nizzative. Il 17%, invece, risponde sullanecessità per il Policlinico “Tor Vergata”di migliorare il sistema di comunicazioneverso l’utenza (intesa come segnaletica,cartellonistica, icone, simboli, accoglien-za, etc.) (grafico 4).La quarta tematica analizzata era quellainerente al lavoro di gruppo e di èquipe.In questo caso, le percentuali si attesta-

vano tutte su un valore medio del 20%,ma, in ogni caso, le due iniziative cherisultano più urgenti sono:

– l’istituzione di incontri periodici di al-lineamento, condivisione e confrontosulla vita di reparto tra medici, spe-cializzandi e infermieri;

– la sollecitazione di riunioni di aggior-namento tra medici e infermieri, conl’implementazione della formazioneteorico-pratica ai fini di una maggiorecondivisione degli obiettivi (grafico 5).

Per quanto riguarda l’organizzazione e lafunzionalità della struttura del Policlinico,le percentuali più rilevanti riguardano larichiesta di standardizzazione e informa-tizzazione della cartella infermieristicache andrebbe integrata con quella clini-ca, e l’istituzione di un Ufficio ricoveri-di-missioni che gestisca al meglio questiprocessi, nonché l’istituzione di nuovi ser-vizi come mensa, asilo nido, biblioteca,etc. (grafico 6).La sesta, ed ultima area, tematica è quel-la dell’organizzazione delle attività di di-partimento e delle unità operative.In questo caso, le attività che emergonocome le più urgenti da attivare sono:– l’analisi del carico di lavoro, in modo

da riorganizzare le attività garanten-do la qualità del servizio;

– il recupero degli ambienti dedicati alpassaggio di consegne e agli incontridi allineamento sui casi, in modo darispettare la privacy dei pazienti e delpersonale stesso (grafico 7).

CONCLUSIONIA conclusione di questo lavoro, si può af-fermare definitivamente che il clima nel-

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l’ambiente di lavoro supera il modello ba-sato, essenzialmente, sulla struttura del-l’organizzazione, per tendere ad uno cheinterpreti l’interazione come fonte princi-pale del clima, includendo, quest’ultimo,tra i fattori di un modello generale di fun-zionamento dell’organizzazione.Il clima viene descritto come la per-sonalità dell’organizzazione ed è de-finito dallo scambio sociale.Le relazioni basate sullo scambio socia-le sono diverse da quelle basate sulloscambio puramente economico: questoappare evidente, ad esempio, nei collo-qui dei focus group condotti per questaricerca, dove il richiamo agli incentivi eco-

nomici è secondario rispetto ad altre pro-blematiche, ritenute più importanti. La direzione delle organizzazioni è sem-pre più orientata verso l’attenzione allerisorse umane e l’analisi del clima è unelemento importante per misurare il be-nessere delle persone.Nella nostra analisi, abbiamo visto cheuno degli elementi critici è la percezionedel ruolo dell’infermiere e la mancanzadi comunicazione con altre figure profes-sionali.L’obiettivo di un manager dovrebbe esse-re quello di creare al lavoratore un am-biente dove egli possa esprimere le pro-prie abilità, capacità, attitudini.

La ragione di scambio tra azienda e lavo-ratore dovrebbe essere la garanzia di unacondizione di lavoro motivante contro unsentimento di integrazione ed apparte-nenza, ovvero, se desideriamo che il di-pendente si senta “parte viva” dell’azien-da dobbiamo fornirgli lo spazio necessa-rio affinché possa esprimersi.In questo, l’azione dell’infermiere diri-

gente è fondamentale.

AUTORE:Carmen Cappitella, coordinatore infermieri-stico Comfort ospedaliero, direzione genera-le Policlinico “Tor Vergata”

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IN PILLOLE

Cancro e obesità, la proteina apripistaUno studio internazionale, coordinato in Italia, getta nuova luce sullo studio dei tumori e apre scenari incoraggianti nel campo della terapia. La ricerca è opera dei ricercatori del San Raffaele di Milano, in collaborazione con i colleghi dell’università del Piemonte e dellaNorthwestern university di Chicago.La ricerca, condotta su topi transgenici e in provetta e apre nuove ipotesi di lavoro nella lotta al cancro e all’obesità e pubblicata sulla pre-stigiosa rivista Nature, rivela una funzione, finora sconosciuta, della proteina eIF6, una delle molecole alla base dei meccanismi di vita, cheora dimostra anche di giocare un ruolo chiave anche nello sviluppo dei tumori: in sua assenza, infatti, la malattia non progredisce. Lo studiomilanese ha scoperto pure che riducendo la produzione l’eIF6, il grasso corporeo cala. I ricercatori hanno osservato che, dimezzandone lapresenza nelle cellule, la trasformazione tumorale si riduce dell’80-90% e, parallelamente, gli animali con solo la metà di produzione di que-sta molecola sono risultati più magri e con un fegato più piccolo. Su quest’ultimo aspetto si concentrano le speranze di nuove, possibili applicazioni nel trattamento dell’obesità.

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CONCORSI PER L’ACCESSO ALLA QUALIFICA UNICA DI DIRIGENTE

Commissioni, il Ministero fa chiarezza

Il ministero del Welfare si è espresso sui criteri diselezione dei componenti le commissioni di concorsoper l’accesso alla qualifica unica di dirigente delleProfessioni sanitarie infermieristiche, tecniche dellariabilitazione, della prevenzione e della professionedi ostetrica.Con un articolato parere fornito il 16 giugno 2008 aldipartimento della Funzione pubblica della presiden-za del Consiglio dei ministri, il Ministero ritiene chenelle commissioni possano essere nominati anche idirigenti non di ruolo.Nello specifico, il parere del ministero del Lavoro,della Salute e della Previdenza sociale sostiene chel’accordo 15 novembre 2007 che disciplina la compo-

sizione della commissione esaminatrice non fa alcunrinvio all’articolo 6 del Dpr 483/1997 ai fini del sor-teggio del personale da nominare. L’articolo in que-stione, pur parlando di personale di ruolo, si limita adisporre che uno dei componenti della commissionevenga sorteggiato nell’ambito del personale in servi-zio presso le aziende sanitarie o le aziende ospeda-liere situate nel territorio.La posizione del Ministero è dunque quella di ritene-re che nella commissione esaminatrice possa esserenominato anche personale dirigente non di ruoloafferente alla professionalità per la quale è indetto ilconcorso.

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Attività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

Collegio Provinciale IPASVI di Roma

focusfocusElezioni, Piano sanitario regionalee conferenza internazionale Fepi

Collegio Provinciale IPASVI di Roma

focus

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Gli infermieri di Roma e della Provincia scel-gono l’unità, la propositività, la continuità. Dal rinnovo degli organi di rappresentan-za professionale sortisce, infatti, un’indi-cazione precisa e corale sul ruolo delCollegio e sulla sua azione, all’insegnadella compattezza.Le elezioni del Consiglio e dei Revisoridei conti per il prossimo triennio, effet-tuate in seconda convocazione nei giorni12, 13 e 14 dicembre 2008, hanno confer-mato, in blocco, l’organigramma uscente,con due nuovi ingressi fra i Consiglieri.Lo spoglio ha segnato una straordinariaaffermazione della lista con un plebiscitodi consensi: un segnale chiaro di apprez-

zamento per le capacità organizzativeespresse dal gruppo dirigente e un rico-noscimento per le conquiste che hannosegnato lo scenario professionale negliultimi anni, con il Collegio di Roma dive-nuto un importante punto di riferimentoin campo nazionale ed europeo.Nel segno della continuità, in linea conl’indicazione degli iscritti, il Consiglio haproceduto il 22 dicembre 2008 all’elezio-ne del Direttivo e all’assegnazione dellecariche statutarie con votazione unani-me. Nella stessa seduta, i revisori si sonoriuniti tra di loro ed hanno procedutoall’elezione del loro presidente che èrisultato Gianfranco Del Ferraro.

Il Consiglio DirettivoPresidente: Gennaro RoccoVicepresidente: Ausilia Maria LuciaPulimenoSegretario: Maria Grazia ProiettiTesoriere: Rodolfo CotichiniConsiglieri: Nicola Barbato, AngelaBasile*, Stefano Casciato, MariaCipolloni, Mario Esposito, MaurizioFiorda, Natascia Mazzitelli*, MatildeNapolano, Francesca Premoselli,Marco Tosini, Carlo Turci

I Revisori dei ContiPresidente: Gianfranco Del FerraroMembri Effettivi: Stefano Di Carlo*,Alessandro StievanoMembro Supplente: Angelina Palumbo(* neoeletti)

Gli obiettiviIl prossimo triennio sarà decisivo perconsolidare i risultati fin qui conseguitisui vari fronti professionali aperti: deon-tologico, legislativo, formativo, dell’auto-nomia, dell’immagine. La professione ha un nuovo volto e nuoveprospettive. Ha, oggi, il rango di profes-sione intellettuale, una carriera orientataall’organizzazione, alla dirigenza, allaricerca, una formazione completata daLaurea di base, master di I livello eLaurea Specialistica con pari opportunitàdi accesso per tutti gli infermieri. Ha rag-giunto traguardi importanti come ladocenza universitaria; la Dirigenza e laqualifica di Dirigente del Ruolo Sanitario;

focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

Dal 12 al 14 dicembre 2008 gli iscritti al Collegio Ipasvi di Romasono stati chiamati alle urne

Collegio, avanti tutta!DALLE ELEZIONI PER IL RINNOVO DEL CONSIGLIO E DEI REVISORI DEI CONTI

LA CONFERMA DEL GRUPPO DIRIGENTE USCENTE E TRE NEW ENTRYUN PLEBISCITO DI CONSENSI E DI PARTECIPAZIONE

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focusfocusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

l’attività libero-professionale con presta-zioni aggiuntive; il coordinamento di altrefigure sanitarie; la facoltà di accredita-mento dei provider Ecm; un ruolo di primopiano nella Conferenza Regioni-OrdiniProfessionali, nella Commissione Ecmdella Regione Lazio e nella FederazioneEuropea degli Infermieri in cui esprime ilvertice dell’Executive Board con ilPresidente, il Segretario.E’ un percorso mirabile che va completa-to e tradotto nel concreto dell’attivitàquotidiana: su questo obiettivo si con-centra il programma di lavoro del nuovoConsiglio per il prossimo triennio.In primo piano, le istanze di applicazionedelle ultime normative professionali, l’at-tivazione dei percorsi formativi, la revi-sione dei modelli organizzativi, la promo-zione della professione tra i giovani, lapiena occupazione, migliori condizioniretributive e di carichi di lavoro, tuteladella libera professione, lotta all’abusivi-smo, sgravio dalle mansioni improprie,sostegno ai progetti di ricerca, imple-mentazione dei servizi di consulenza,

aggiornamento e formazione permanen-te, strumenti di certificazione Ecm rigoro-si e gratuiti, migliore informazione agliiscritti e un più vasto coinvolgimento diquesti nelle attività del Collegio.Le linee che guideranno la strategia ditutela della professione nei prossimimesi scaturiscono da una serie di richie-ste che, ai vari livelli istituzionali, ilConsiglio si è impegnato a sostenere conforza. I principali campi di interventosono così schematizzabili:Etica e Responsabilità – Definire, inmodo chiaro, l’esercizio etico della pro-fessione in riferimento alle nuove sfideposte dai progressi della scienza e dellatecnologia, codificare le linee guida del-l’assistenza in relazione al delicato limitefra la vita e la morte, favorire l’amplia-mento della rete assicurativa per laresponsabilità dei singoli professionisti,operare per la diffusione delle tecnichedi prevenzione degli errori.Assistenza e Territorio - Investiresulla continuità assistenziale dalla dia-gnosi alla fase post-terapeutica.

Sviluppare i servizi territoriali, l’assi-stenza domiciliare, la promozione dellasalute e le competenze infermieristichenei campi dell’educazione sanitaria edella prevenzione. Emergenza Infermieristica - La caren-za di personale comporta prestazioniimproprie e turni massacranti. Chiediamodi rinforzare subito gli organici, utilizzarein via prioritaria le prestazioni aggiuntive,sviluppare la libera professione intra-moenia, attivare subito contratti a termi-ne.Sedi di Formazione - Per invertire ilsaldo negativo del turn-over, servonoinvestimenti per la promozione professio-ne tra i giovani. Da anni molte scuole nonricevono finanziamenti e rischiano didover sospendere l’attività. La quotaregionale va adeguata per ridurre i costia carico degli studenti e finanziare borsedi studio per incentivare le iscrizioni aicorsi di laurea.Servizi Infermieristici e Dipartimentidell’Assistenza – Il loro esordio forma-le stenta a realizzarsi in concreto. Alla

focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

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Regione Lazio chiediamo di attivareimmediatamente i Servizi Infermieristicie i Dipartimenti dell’Assistenza in tutte leAziende del territorio.Programma Ecm – Gli eventi Ecm devo-no essere organizzati e finanziati dalleAziende. La formazione complementareva sviluppata finanziando corsi speciali-stici per rispondere alla domanda forma-

tiva post-diploma e di progressione dellacarriera.Il ruolo degli Oss – Deve essere impe-dito l’utilizzo distorto delle figure di sup-porto all’attività infermieristica. Gli Ossdevono coadiuvare gli infermieri, nonsostituirli. Occorre impedire che leAziende arginino la carenza di infermieriricorrendo a tali figure.

L’Osservatorio Regionale sulleProfessioni Sanitarie - Per verificarel’applicazione e l’efficacia dei provvedi-menti adottati va istituito l’OsservatorioRegionale, utile anche per individuareeventuali correttivi, misurare il fabbiso-gno di personale e procedere con unacorretta programmazione.

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focus

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focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

La Carta dei servizi del Collegio Ipasvidi Roma ha due principali destinatari:il cittadino/utente e l’infermiere/iscritto.La legge, infatti, affida ai Collegi unaduplice finalità: la prima è la tutela delcittadino che ha il diritto, sancito dallaCostituzione, di ricevere prestazioni sani-tarie da personale qualificato, in posses-so di uno specifico titolo abilitante ediscritto all’albo professionale.La seconda finalità è rivolta agli infer-mieri iscritti all’albo, che il Collegio ètenuto a tutelare nella loro professionali-tà, esercitando il potere di disciplina,contrastando l’abusivismo, vigilando sulrispetto del codice deontologico, favo-rendo la crescita culturale degli iscritti,garantendo l’informazione e offrendoservizi di supporto per un corretto eserci-zio professionale.Il Collegio Ipasvi della Provincia diRoma è nato il 6 agosto 1955, giorno incui si è insediato il primo consiglio diret-tivo presso la sede provvisoria di viaFornovo.L’istituzione era avvenuta grazie allalegge n.1049/54, che estendeva ai Collegile norme, già vigenti dal 1946, riguardan-ti gli Ordini delle professioni sanitarie. L’ordinamento italiano affida il compitodi garantire il corretto esercizio delle pro-fessioni intellettuali agli Ordini e aiCollegi professionali. Essi sono in primoluogo organismi a carattere associativo,istituiti per legge e dotati di personalitàgiuridica pubblica, costituiti da coloroche, in possesso dei titoli di abilitazionerichiesti, svolgono una stessa attivitàlavorativa di natura intellettuale.In seconda istanza rappresentanol’ente/istituzione di diritto pubblico,dotato di ampia autonomia, al quale loStato demanda il perseguimento di fina-lità di pubblico interesse.

L’ambito territoriale di competenza delCollegio è di norma la provincia; laFederazione dei Collegi coordina quindi iCollegi provinciali ed è l’organismo cheha la rappresentanza nazionale degliinfermieri italiani.COME FUNZIONA IL COLLEGIOL’ordinamento delle professioni sanitarie indi-vidua quali organi del Collegio provinciale:

• l’assemblea degli iscritti all’Albo;• il Consiglio direttivo;• gli organi individuali (presidente, vice

presidente, segretario, tesoriere);• il collegio dei revisori dei conti.L’assemblea è costituita da tutti gliiscritti agli Albi tenuti dal Collegio ed hala funzione di eleggere ogni tre anni icomponenti del consiglio direttivo e del

NOVITÀ

Disponibile la nuova Carta dei servizidel Collegio Ipasvi di Roma

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collegio dei revisori. Si riunisce una voltal’anno per l’approvazione del bilanciopreventivo e del conto consuntivo.Il Consiglio direttivo è eletto ogni treanni ed è composto da un numero dimembri che varia in rapporto al numerodegli iscritti all’Albo. Ha il compito di rap-presentare e guidare il gruppo professio-nale. Il Consiglio è investito di tutti i pote-ri attribuiti al Collegio per il governo dellaprofessione. Può essere sciolto quandonon risulti in grado di funzionare regolar-mente; lo scioglimento è disposto condecreto del ministero della Salute, senti-to il parere della Federazione nazionale.Le attribuzioni del Consiglio direttivo diciascun Collegio sono:• compilare e tenere l’albo del Collegio

e pubblicarlo all’inizio di ogni anno;• vigilare sulla conservazione del deco-

ro e dell’indipendenza del Collegio;• designare i rappresentanti del Collegio

presso commissioni, enti ed organiz-zazioni di carattere provinciale ocomunale;

• promuovere e favorire tutte le iniziati-ve intese a facilitare il progresso cul-turale degli iscritti

• dare il proprio concorso alle autoritàlocali nello studio e nell’attuazionedei provvedimenti che possono inte-ressare il Collegio;

• esercitare il potere disciplinare nei

confronti dei sanitari iscritti all’albo;• interporsi nelle controversie tra sani-

tario e sanitario, o tra sanitario e per-sona o Ente a favore dei quali il sani-tario abbia prestato la propria operaprofessionale, procurando la concilia-zione delle vertenze o dando il suoparere.

Gli organi individuali sono quattro,vengono eletti dal Consiglio direttivo erivestono particolare importanza perchéad essi è affidata la conduzione dell’atti-vità quotidiana del Collegio e la proposi-zione al Consiglio direttivo delle lineed’azione e di ogni altra iniziativa.Il presidente convoca e presiede ilConsiglio direttivo e le assemblee degliiscritti e svolge tutte le altre attribuzionipreviste dalla legge e dal regolamento odal Consiglio e delle quali è tenuto acurare l’esecuzione. Il presidente ha larappresentanza del Collegio provincialeed è membro del Consiglio nazionale.Il vicepresidente sostituisce il presi-dente in caso di assenza o di impedimen-to e disimpegna le funzioni a lui even-tualmente delegate dal presidente.Il segretario è responsabile del regolareandamento dell’ufficio, che è diretto dalpresidente. Cura l’archivio, i verbali delleadunanze dell’assemblea e del Consiglio,i registri delle relative deliberazioni,il registro degli atti compiuti in sede con-

ciliativa, il registro dei pareri e gli altriregistri istituiti per legge o per delibera-zione del Consiglio. È il responsabile deltrattamento dei dati personali relativiagli iscritti all’albo.Il tesoriere ha la custodia e la responsa-bilità della cassa e degli altri valori diproprietà del Collegio. Provvede allariscossione delle entrate e del pagamen-to dei mandati di spesa nei limiti deglistanziamenti del bilancio approvato dal-l’assemblea. È pertanto responsabile delpagamento dei mandati irregolari o ecce-denti. Deve tenere i registri per le sommeriscosse contro quietanza, di entrata euscita, dei mandati di pagamento e l’in-ventario dei beni mobili e immobili costi-tuenti il patrimonio del Collegio.Il Collegio dei revisori dei conti èl’organo preposto alla vigilanza sullagestione contabile del Collegio. È compo-sto di tre membri effettivi e di un sup-plente, eletti dall’assemblea tra gli iscrit-ti nell’Albo non facenti parte delConsiglio direttivo. Dura in carica tre annie al suo interno anch’essoelegge un presidente con il compito dicoordinarne l’attività.

Per scaricare gratuitamente unacopia della nuova Carta dei servizi,collegarsi al sito ufficiale delCollegio: www.ipasvi.roma.it

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Con un’articolata relazione, il Collegio haillustrato le sue osservazioni al Piano sa-nitario regionale (Psr) 2008-2010. Una de-legazione è stata ricevuta in audizionedalla commissione Sanità del ConsiglioRegionale. A questa, il Collegio ha rap-presentato la posizione degli infermieri,le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi del Piano e le richieste di modifica ointegrazione dei punti di criticità rilevati.Le osservazioni riguardano l’intero im-pianto del Psr e ogni sua articolazione.Tra queste: investimenti adeguati nellaformazione post base degli infermieri spe-cialisti ed esperti clinici; corresponsionedi un’indennità di esperto da riconosce-re in sede di contrattazione integrativa;valorizzazione e riconoscimento delle com-petenze infermieristiche; attivazione dicase-famiglia sanitarie a gestione e dire-zione infermieristica; maggiore definizio-ne del ruolo e delle competenze degli in-fermieri case manager, degli infermieri dicomunità, degli infermieri esperti inseri-ti nell’ospedale per complessità.Ecco il documento consegnato ed illustra-to alla Commissione.

Riqualificazione della rete ospeda-liera e potenziamento dell’offerta ter-ritoriale nel Lazio.Il Psr 2008-2010 è apprezzabile per glielementi di innovazione, sia nelle propo-ste organizzative che per la valorizzazio-ne della professionalità infermieristicaper la quale sono riconosciuti spazi ope-

rativi e competenze a varia complessità,oltre al tradizionale ruolo previsto in am-bito ospedaliero.Si ritiene, al fine di arricchire il dibattito,di offrire alcuni spunti di riflessione perpossibili integrazioni e modifiche che pos-sano rendere effettivamente operative leproposte organizzative ed efficaci gli ele-menti di cambiamento delle professiona-lità e delle competenze. Ci si riferisce, inparticolare, ad aspetti di interesse infer-mieristico, in quanto attinenti alla sferadi competenza dell’osservatore.

Riflessioni e proposte:Uno. Dalla lettura del documento:“Riqualificazione della rete ospedalierae potenziamento dell’offerta territorialenella Regione Lazio” si evince che, a se-guito al calcolo dell’indice sintetico di per-formance (Isp), oltre 3.500 posti letto peracuti sono disattivabili, più del 16% diquelli della Regione, con qualche diso-mogeneità tra le varie aree, che, tuttavia,si concentra, in modo particolare, nel ter-ritorio dell’Asl RM/E e, in misura inferio-re, nel territorio dell’Asl RM/A.

Le osservazioni del Collegio al Piano sanitario regionale 2008-2010

La strada giusta per la“buona sanità” nel Lazio

UNA SINTESI DEL DOCUMENTO PRESENTATO DURANTE L’AUDIZIONE ALLA PISANA

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L’eccesso di offerta produce, di per sé, ef-fetti di distorsione non solo economica,ma anche nella qualità e appropriatezzadelle prestazioni erogate; ma tali effettidistorsivi non possono essere eliminatiesclusivamente disattivando i posti lettonon performanti, senza che si realizzi, con-testualmente, un potenziamento dell’as-sistenza intermedia e di base, al fine digarantire alla popolazione un’adeguatarisposta ai bisogni di salute fino ad oggiimpropriamente erogata in ambiente ospe-daliero. Inoltre, l’analisi sui posti letto per acuti di-sattivabili non pare tener conto dell’esi-genza che alcune prestazioni siano eroga-te vicino ai luoghi abituali di residenza deicittadini (ad esempio: l’emergenza, la dia-lisi, la salute mentale, etc), mentre le pre-stazioni ad alta e altissima complessità,invece di essere distribuite nel territorio,andrebbero concentrate nelle strutture diII° livello, affinché gli investimenti in tec-nologia siano davvero produttivi e il nume-ro dei casi trattati possa essere l’elemen-to che, insieme ad altri fattori, contribui-sca alla maggiore e costante evoluzionedella professionalità degli operatori.

Al fine di corrispondere alle esigenze dielevata complessità e di avanzata tecno-logia che vanno progressivamente con-centrandosi in ospedale, nonché per ot-temperare all’esigenza di rispondere aibisogni complessi del cittadino fragile neiservizi distrettuali, si ritiene opportu-na la programmazione di formazionepost base finalizzata all’implemen-tazione dell’infermiere specialista(legge 43/2006): in area critica, in assi-stenza chirurgica, in nefrologia e dialisi,etc. in ospedale; in sanità pubblica, in ge-riatria, in gestione della disabilità, in sa-lute mentale, etc. nel distretto.Se la formazione è prevalentemente a ca-rico del professionista, la corresponsio-ne di un’indennità di esperto (mediamen-te, 1.500 euro annui lordi, corrisponden-ti alla parte fissa dell’indennità di coor-dinamento, modulati sui livelli di respon-sabilità) potrebbe essere a caricodell’Azienda, attraverso la contrattazio-ne integrativa.Dell’individuazione delle competenze daacquisire e della programmazione del nu-mero del personale da formare potrebbefarsi carico il Collegio Ipasvi di Roma.

Due. Nell’ottica della necessaria riorga-nizzazione e ridefinizione di offerta di ser-vizi, nel documento: “Riqualificazione del-la rete ospedaliera e potenziamento del-l’offerta territoriale nella Regione Lazio”vengono proposti prioritari interventi dirimodulazione dell’offerta ospedalie-ra:– riduzione dei posti letto nelle Asl ad

altissimo (RM/E) o alto (RM/A, RM/D)tasso di posti letto/1.000 abitanti;

– razionalizzazione e riqualificazione de-gli ospedali Cto e Sant’Eugenio nell’AslRM/C;

– razionalizzazione e riqualificazione del-l’offerta ospedaliera nell’Asl RM/H;

– riequilibrio degli effetti del decreto25/081 per Asl con basso tasso di po-sti letto/1.000 abitanti (Viterbo,Frosinone, Rieti, Latina, RM/B).

In secondo luogo, si propongono inter-venti di riqualificazione e potenzia-mento dell’offerta territoriale, indivi-duando le tipologie assistenziali in cui ri-convertire le strutture disattivate: resi-denze sanitarie assistenziali (Rsa), hospi-ce, presidi territoriali di prossimità (Ptp),poliambulatori specialistici.

focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

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focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

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A tal proposito, va sottolineatp che l’in-fermiere ha, storicamente e culturalmen-te, un’elevata competenza in tali struttu-re, anche grazie alla componente assi-stenziale, spesso preminente rispetto al-le esigenze diagnostico-terapeutiche. Taleprofessionalità potrebbe essere poten-ziata con la formazione post-base speci-fica.Tre. Il principale riferimento utilizzato nelPsr e nel documento: “Riqualificazionedella rete ospedaliera e potenziamentodell’offerta territoriale nella Regione Lazio”per le valutazioni in merito allo stato del-l’offerta ed al fabbisogno assistenziale èrappresentato dalla Dgr 419/072.Tuttavia sarebbe opportuno prevedere ul-teriori approfondimenti sullo stato dellapopolazione anziana nei territori interes-sati, con valutazioni relative al livello dicompromissione dello stato funzionaleche possano orientare efficacemente lapredisposizione di servizi adatti ed effi-caci a risolvere i reali problemi di assi-stenza sanitaria. Sarebbe opportunopredisporre il monitoraggio dei biso-gni di salute della popolazione, co-me base per la concreta programma-zione dei servizi sanitari; tale monito-raggio potrebbe essere efficacementesvolto dall’infermiere di comunità, peral-tro già previsto dal Psr e presente nel Ptp.Quattro. In riferimento ai requisiti auto-rizzativi regionali, di cui alla Dgr n. 424/06,il numero dei posti nelle strutture resi-

denziali è di 20-80; eccezionalmente, fi-no a 120 per le Rsa; massimo 30 per glihospice; 10-40 per gli ospedali di comu-nità all’interno dei Prp. Considerato chel’attuale standard programmato prevede2,5 posti in Rsa, residenziali o semiresi-denziali per 100 abitanti ultra 75enni (Dgr1988/2001), nel Lazio si richiedono 12.186posti in Rsa. Considerato, poi, che i postinelle Rsa in corso di accreditamento so-no 1.061, risulta una carenza di 5.985 po-sti, distribuita in modo disomogeneo sulterritorio regionale, mentre si ritiene diparticolare importanza la garanzia diun’omogenea distribuzione dell’offertasul territorio tale da massimizzare l’ac-cessibilità dei cittadini ai servizi e la vi-cinanza dei pazienti al proprio ambientedi vita.A parziale copertura della carenzadi servizi evidenziata, si propone l’at-tivazione di case-famiglia sanitarie,a gestione infermieristica, con 6-10posti, eccezionalmente fino a 20, perpersone non completamente autosuf-ficienti ma clinicamente stabili, se-guite dal medico di medicina generale.Tali strutture, rispetto alla Rsa, potrebbe-ro proporre un contesto molto vicino aquello domestico, compreso il trasferi-mento degli arredi e una gestione domi-ciliare e non medicalizzata.Per quanto riguarda gli hospice, lo stan-dard riportato nel Dm n. 43 del 22 febbra-io 2007 prevede almeno un posto letto

ogni 56 deceduti a causa di tumore, per-tanto per la Regione Lazio si evidenzia unfabbisogno di 274 posti letto, 58 in più ri-spetto all’offerta attuale e una disomo-genea distribuzione del territorio regio-nale. E i Ptp? La caratterizzazione di ba-se è riportata all’interno della DGR 433del 19 giugno 2007, che indica la presen-za di almeno un Ptp per Distretto, mentrenessuna delle Asl coinvolte nella ricon-versione di strutture ospedaliere ne haattivati. Entro il 31 dicembre 2008 le Asldovranno approvare un Piano AziendaleAttuativo di un Ptp per Distretto e dovran-no attivare, entro il 2009, un Ptp in alme-no la metà dei distretti del territorio dicompetenza.Si condividono finalità e funzioni, tutta-via si ritiene che la Direzione debba es-sere esercitata da un Infermiere dirigen-te (ai sensi della legge 43/2006), in quan-to l’assistenza infermieristica, nel Ptp, di-viene la funzione sulla quale s’impernial’integrazione dei servizi sanitari al citta-dino fragile:il Collegio Ipasvi di Roma si rendedisponibile a formulare progetti didegenza a gestione infermieristica(compresi Rsa e hospice), centro diur-no a gestione infermieristica, ambu-latorio infermieristico, infermieristi-ca di comunità.Tale modello fa propria la soluzione indi-viduata dal Psr 2008-2010: “I nuovi per-corsi che si profilano a questo punto del-la storia del Ssn individuano l’integrazio-ne a rete e la cooperazione tra erogatoricome superamento dell’attuale loro com-petizione e ricercano modelli organizza-tivi che valorizzino la multidisciplinarità,l’integrazione professionale e la continui-tà delle cure rispetto alla separazione difunzioni e di specialità”.Cinque. In particolare, la definizionedei Presidi Territoriali di Prossimità in-dica la gestione pluriprofessionale, inassenza di rapporti gerarchici ed in pre-senza di una gestione infermieristica,sul modello del case management. Taledefinizione non chiarisce completamen-te le reali possibilità gestionali in sen-so operativo, in quanto il ruolo di casemanager prevede una responsabilità dirisultato e la possibilità di influenzare

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focusfocusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

il processo, soprattutto intervenendo su-gli aspetti non conformi.I destinatari sono pazienti in fase post-acuta a progressiva stabilizzazione o par-ziale riacutizzazione, questo escludereb-be la gestione infermieristica. In altreparti del documento si evidenzia, infat-ti, tale situazione clinica come indicati-va di minor discrezionalità infermieristi-ca.Sarebbe opportuno esplicitare conmaggiore chiarezza il ruolo del casemanager nella gestione infermieristi-ca indicando i criteri della “riacutizzazio-ne” e definendo le responsabilità di tipoclinico e di tipo gestionale. Se questa strut-tura è posta come precedente ed alterna-tiva rispetto al ricovero ospedaliero, c’è lanecessità di una gestione clinica specifi-ca ed interna che non sia in contrasto conla gestione generale infermieristica, i cuielementi caratteristici devono essere de-finiti in modo chiaro.Sei. Il livello intermedio tecnico previstonella riorganizzazione delle Asl è indicatocome tecnostruttura, ma poi viene affi-data a tale organismo l’erogazione del ser-vizio territoriale.Sarebbe opportuno lasciare la tecno-struttura con le funzioni proprie di una

componente organizzativa di questotipo, finalizzate a orientamento, mo-nitoraggio, verifica e progettualità,prevedendo che l’erogazione del ser-vizio abbia un riferimento più orien-tato e più competenze per le finalitàspecifiche e per le diverse tipologiedi servizio richieste.Sette. L’infermiere di comunità viene de-scritto con un ruolo generico, nel qualevengono molto enfatizzati gli aspetti rela-zionali e di orientamento al cittadino nel-la fruizione dei servizi. Ne risulta, per va-ri aspetti, una figura dalle competenze con-fuse e poco rispondenti alle reali poten-zialità professionali.Sarebbe opportuno integrare la de-scrizione dell’infermiere di comunitàevidenziandone competenze, obietti-vi e risultati di lavoro. Il Collegio Ipasvidi Roma può formulare tale descrizione.Otto. Sul punto: “L’induzione di una cre-scita delle attività di ricerca nel Ssr”, nel-la situazione di deficit finanziario, più chepromuovere la ricerca, salvo utilizzare fon-di stanziati da altre istituzioni, sarebbeutile promuovere il sistema Ebm edEbn, di ricognizione delle migliori evi-denze, di valutazione critica e di dif-fusione dei risultati validi della ricer-

ca in campo medico e infermieristi-co. In tal modo, sarebbero garantiti ritor-ni economici e di appropriatezza delle pre-stazioni con implementazione dei percor-si di miglioramento e qualità.Nove. Nella descrizione de ll’Ospedale percomplessità è dato risalto al ruolo infer-mieristico.La dichiarazione risulta generica, poichétale ruolo e le relative competenze non so-no chiariti: in particolare, il diverso model-lo organizzativo/gestionale che potrebbeessere applicato e quale potrebbe essereil concreto contributo della professionali-tà infermieristica.Sarebbe opportuno definire il colle-gamento tra il nuovo modello organiz-zativo e i diversificati percorsi di in-fermiere esperto che potrebbero esserericonosciuti a livello aziendale.Dieci. Nel sistema delle tariffe non ci so-no accenni alle prestazioni/attività infer-mieristiche, anche se nel documento si par-la molto della componente infermieristicacome valore di miglioramento.Il Collegio Ipasvi di Roma può proporre stu-di per la definizione di indicatori dell’assi-stenza infermieristica da considerare nelsistema tariffario.

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focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

La conferenza Fepi si è svolta in Grecia dal 27 al 29 novembre 2008

Esperienze a confronto per puntareall’eccellenza della professione

infermieristicaLA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE INFERMIERISTICHE

IN UN’UNIONE EUROPEA SEMPRE PIÙ VICINAdi Matilde Napolano, Ausilia Pulimeno, Alessandro Stievano

La quarta conferenza della Federazioneeuropea degli Ordini infermieristici si èaperta con un importante annuncio: ladata della prima conferenza infermieri-stica panellenica che si terrà a maggio2009 a Rodi, in Grecia. Dopo il discorso introduttivo del presi-dente dell’Ordine ellenico degli infer-mieri, Dimitrios Skoutelis, organizza-tore dell’evento, la parola è passata alpresidente dell’ordine infermieristicospagnolo, Maximo Gonzalez Juradoche ha illustrato il codice etico deonto-logico infermieristico europeo approva-to dalla Fepi nel settembre 2007 erecentemente pubblicizzato, in ambitoaccademico, su un’importante rivistadel settore. Sono stati, per prima, affrontati i con-cetti sociologici caratterizzanti le pro-fessioni sanitarie regolamentate istitu-zionalmente; in seguito, il relatore haillustrato la definizione di etica e l’anali-si del concetto di etica professionaleinfermieristica.L’etica professionale riflette ungruppo di doveri a cui i professioni-sti devono ispirare i propri compor-tamenti e funzione fondamentaledegli organi regolatori è garantirel’etica professionale a livello nazio-nale e, con il progetto Fepi, a livelloeuropeo. Tra i passaggi fondamentali del Codiceinfermieristico europeo possiamo anno-verare l’apprendimento continuo pertutta la vita professionale e l’equo

accesso alle cure sanitarie per tutti i cit-tadini europei. Tale Codice, avendo unafunzione di indirizzo e consiglio, è statobasato sui principi ispirati da importantidocumenti come la Carta dei diritti fon-damentali dell’Unione europea1, laCarta dei diritti umani delle Nazioniunite del 19482, le Direttive europee3 edi valori comuni esplicitati dal Ceplis4.Importante consiglio è che tutti i codicideontologici dei vari Paesi Europei sianoredatti secondo la Direttiva2006/123/EC del Parlamento Europeo edel Consiglio d’Europa; va ricordato, atal proposito, il riferimento alla direttivadei “Servizi offerti nel mercato interno”.Altro suggerimento importante è chequesto codice europeo deve essererecepito anche e soprattutto dove siinsegna l’etica infermieristica, in parti-colare nella formazione universitaria.Ribadita, pure, con vigore, l’importanza,

per la professione infermieristica, dellariflessione etica coniugata alla condottaprofessionale.In Spagna, da qualche mese si ha unpercorso formativo di base (la laurea) diquattro anni con l’acquisizione di 240crediti istituzionalmente decretato dalRe il 3 luglio 2008 ed è fondamentale,all’interno di questo percorso, conosce-re il Codice etico spagnolo ispirato dalCodice etico deontologico della Fepi checonsiglia gli indirizzi etico-programmati-ci di riferimento, pur lasciando liberi isingoli Stati della Ue nell’interpretazio-ne del codice stesso, in accordo allapropria cultura.E’ stata, inoltre, annunciata l’esistenzadi un gruppo permanente di revisionedel Codice che dovrà essere rivisto subase biennale. Anche il Regno Unito hagià cambiato il Codice, ispirandolo aquello Fepi e lo stesso stanno facendo

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focusfocusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

la Romania, la Spagna e l’Italia.Nella maggior parte dei Paesi, iCodici etici sono un insieme di leggia cui si devono attenere gli infermie-ri nell’esercizio della loro professio-ne; essi hanno delle ricadute nellapratica etica delle singole nazioni egarantiscono il rispetto dei principiispiratori dell’infermieristica.Insomma, agendo sul Codice si agisce sututta la professione infermieristica.Parlando del Codice etico europeo, si ètrattato dell’argomento spinoso del-l’obiezione di coscienza ed è emerso chein Spagna l’obiezione di coscienza è pro-tetta dalla Costituzione. Nel dibattito èemerso pure che il diritto di obiezione dicoscienza non deve inficiare il diritto delpaziente ad essere assistito: l’infermieredeve dare al paziente tutte le informazio-ni necessarie per essere assistito. “La Fepi - ha sottolineato la presidente,Loredana Sasso - vuole portare il suocontributo dove si parla di competenze,di formazione, di accreditamento, alloscopo di creare un grande network euro-peo della professione infermieristica. InItalia, si sta revisionando il Codice deon-tologico infermieristico e si sono raccoltimigliaia di contributi da parte di tantiinfermieri”.Quindi, ha preso la parola il direttoregenerale della Fepi, TheodorosKoutrabas, che ha rivelato l’intenzionedella Commissione Europea di pubblica-

re, entro dicembre 2008, un Libro verde“sulla forza-lavoro del settore sanitario inEuropa” e ne ha già fatto circolare unabozza, affinché gli esperti possano espri-mere il proprio parere, alo scopo di: “pro-muovere una forza-lavoro sostenibile nelsettore della salute in Europa”.Questo documento viene consideratoparte della strategia sanitaria dellaCommissione Europea, adottata nell’ot-tobre del 2007 e pubblicata nel LibroBianco, “Insieme per la salute”, in cui siproponeva: “un nuovo approccio peressere certi che l’Unione Europea faces-se tutto il possibile per far fronte allesfide del settore sanitario, come la nuovaminaccia delle pandemie, il fardello dellemalattie correlate agli stili di vita, lediseguaglianze, l’allargamento dell’Ue eil cambiamento climatico”.Secondo le fonti della CommissioneEuropea, questo Libro Verde rappresente-rà l’inizio di un processo di riflessioneprofonda sulla condizione della forza-lavoro nel settore sanitario nell’Europa dioggi e di domani; esso mira a dar inizioad un dibattito molto ampio su comeaumentarla affinché si possano darerisposte valide alle sfide del terzo millen-nio.Si è anche discusso dell’applicazione deidiritti dei pazienti nell’attraversamentodei confini e dell’impatto della femmini-lizzazione della forza-lavoro sanitaria dialcune professioni come la professione

medica, che ha visto, tra le sue fila, unenorme aumento del genere femminile(dati aggiornati parlano di una percentua-le di oltre il 50% di medici europeidonna).Per non dire di infermieri e medici cheespatriano verso Australia, Usa e NuovaZelanda, rendendo difficile una buonadistribuzione a livello europeo. In talsenso, la mancanza di dati affidabili, hareso necessaria la “costruzione” di undatabase per la migrazione delle profes-sioni sanitarie, specie per quella infer-mieristica. A proposito del problema della regola-mentazione dei provvedimenti disciplina-ri, poi, è indispensabile trovare un accor-do affinché gli infermieri con provvedi-menti a loro carico non vadano a pratica-re in altri Paesi, evitando di fatto le san-zioni applicate in quello di appartenenza. Si è parlato, inoltre, del problema del-l’impatto delle patologie croniche e dellasfida per le professioni sanitarie, ergodel numero maggiore di infermieri che sidovrà garantire nei prossimi anni.Sappiamo che l’avanzare dell’età mediadei cittadini rappresenterà la sfida delfuturo; il sistema andrà più vicino al cit-tadino e alla sua famiglia. Per questo, sideve assumere un atteggiamento proat-tivo e portare il contributo nel LibroVerde, aggiornando i dati a livellodell’Unione Europea sulla mobilità esulla formazione.

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focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

Nel pomeriggio della prima giornata larappresentante della CommissioneEuropea per il DG Internal Market, AnBaeyens, ha presentato il progetto Imi. Gli Ordini non devono essere più visticome dei meri regolatori di una profes-sione, ma degli organi che garantiscono idiritti dei cittadini e, in tale accezione,proprio il progetto Imi è molto importan-te a livello della Commissione europea,poiché facilita la comunicazione e loscambio delle informazioni tra professio-nisti sanitari enfatizzato dalla DirettivaEC 2005/36.Tale strumento5, completamente infor-matico, è tradotto in tutte le lingue ed èun aiuto per tutti i professionisti sanitari.All’interno dello strumento informatico,c’è un nucleo di notizie comuni dove sonopresenti, per esempio, informazioni rela-tive al progetto-pilota per quattro qualifi-che professionali: medico, fisioterapista,commercialista, farmacista. Tra i prossi-mi passi da compiere, c’è quello di aprireil progetto a sette ulteriori settori: gliinfermieri, i dentisti, le ostetriche, i vete-rinari gli architetti, gli insegnanti ed i tec-nici di radiologia.Oltre alle autorità, faranno parte delsistema: i coordinatori nazionali Imi, idelegati Imi e gli altri organismi autoriz-zati dagli Stati membri per scambiareinformazioni.Il progetto Imi sarà sviluppato nella dire-zione di scambiare informazioni tra entiregolatori e sarà inglobato dal progettoEuronurse che è stato presentato a fineseconda giornata. La rappresentante dell’associazione deipazienti della Gran Bretagna, RoswynHakesley Brown, ha presentato un’im-portante relazione sul diritto etico deipazienti di spostarsi a livello europeo percercare il miglior livello di qualità dellecure.La Direttiva della Commissione Europeasu: ‘’l’applicazione dei diritti dei pazientirelativi all’assistenza sanitaria transfron-taliera’‘ è stata adottata il 2 luglio dalCollegio dei Commissari, e, secondo l’ar-ticolo 95 del Trattato della Ue, sottopostaal Consiglio e al Parlamento europeo.Sostanzialmente, la proposta di Direttiva

della Commissione europea mira a: – aiutare i pazienti ad esercitare il loro

diritto ad accedere all’assistenzasanitaria transfrontaliera;

– fornire delle garanzie sulla sicurezza ela qualità dell’assistenza transfronta-liera;

– aiutare i sistemi sanitari nazionali acooperare per realizzare economie discala.

L’associazione dei pazienti britannici sista ponendo alcune domande legate alconsenso informato e alla dignità chepossono avere i malati in altri Paesi.In seguito, il professor Benoit Rihouxha presentato una relazione sui modellidi regolazione ordinistica per tutte le pro-fessioni che può essere applicato anchealle professioni sanitarie: il primo è auto-ritario da parte dello Stato; il secondoafferma che l’ente regolatore reagisce erisponde alle domande comuni che pon-gono i problemi di ogni giorno; il terzoprevede che l’ente regolatore non condu-ca l’agenda autonomamente e nel quartosi hanno le risorse per la propria autono-mia e si agisce con una visione a medio-lungo termine per le conquiste professio-nali.Al di là di questa classificazione, esisto-no situazioni intermedie dove i modellitre e quattro sono mischiati, e sono quel-li più proattivi per la professione chemirano a costruire punti comuni tra inte-ressi dei cittadini e quelli della professio-

ne. I modelli proattivi devono esserecostruiti su fenomeni concreti. Nei docu-menti va trovato un bilanciamento trastrategie per i cittadini ed empowermentdella professione infermieristica: unobiettivo fondamentale degli ordini sani-tari a livello europeo che deve essereampiamente supportato dalla Fepi. A conclusione della giornata, c’è stato unlungo dibattito sul ruolo e l’identità degliordini professionali nel futuro. Una solu-zione? Portare avanti le politiche infer-mieristiche formando ampie convergenzesu punti fondamentali per una buonaassistenza ai pazienti ma, al contempo,mantenendo la propria identità di profes-sionisti infermieri.La seconda giornata è cominciata conl’intervento di Anne Mary Ryan che haillustrato i risultati ottenuti dal gruppo dilavoro sulle competenze, istituito dallaFepi nel 2006, che ha come scopo l’istitu-zione di standard etici ed educativi dicompetenza professionale basati sulleDirettive 77/452 EC e 77/453 EEC. Taliatti individuano soltanto la formazioneminima che deve essere esperita nel per-corso di base infermieristico. NellaDirettiva 2005/36 che deve essere rivistanel 2012, c’è un paragrafo, il 29, per cam-biare gli scenari e i setting nella Ue. Inquesto scenario, 16 Paesi hanno, almomento, completato il questionariosulla formazione elaborato dalla Fepi edè emerso che il percorso formativo trien-

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focus

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nale è affiancato da percorsi di 210 cre-diti (addirittura, cinque Paesi hanno pro-grammi di laurea in infermieristica dibase di ben 240 crediti, mentre, in novePaesi, l’educazione non può esseremessa in atto senza l’approvazione del-l’ordine regolatore).Per ciò che concerne le specializzazioniavanzate, tali percorsi specifici sonoofferti all’inizio in quattro Paesi e, in tota-le, da 13 Paesi è offerto un livello avan-zato di formazione infermieristica.Il progetto Tuning ha identificato per ilnursing, per 11 Paesi su 27 dell’Unione,alcune competenze generiche per appli-care la conoscenza in pratica, per lariflessione critica, per il problem solving,per il lavoro autonomo ed il Life long lear-ning ed alcune competenze specifiche: ilrisk management, la delega di funzioni, illavoro in team e le competenze interper-sonali.La presidente dell’Ordine nazionale infer-mieristico degli Stati Uniti, LauraRhodes, effettuando un excursus suiprincipali cambiamenti avvenuti nellaprofessione infermieristica negli StatiUniti, ha anche specificato che ogniStato americano ha un Ordine infermieri-stico che regola, appunto, la professionesu quel territorio.Le prime scuole furono fondate nel 1872;nel 1901 ci fu la prima Risoluzione riguar-dante la regolazione della professioneinfermieristica; nel 1903, venne emessoil First Nurse Practice Act che regolò laformazione infermieristica della durata diun anno. Durante la seconda guerra mon-diale ci fu un enorme richiesta di infer-mieri e, nel 1923, venne redatta la primaraccomandazione di intraprendere la for-mazione nell’università.Fino alla metà anni ’50, i titoli che sipotevano ottenere negli ospedali statuni-tensi erano molto popolari. Oggi, negliStates, esistono diverse tipologie di pro-fessionisti infermieri: Il Licensed PracticeNurse che è una sorta di operatore disupporto sotto la diretta supervisionedell’infermiere professionista; l’infermie-re con l’Associate Degree ottenuta neicommunity college della durata di due

anni e i bachelor nurses che hanno unalaurea, con programmi di 3-4 anni. Il cur-riculum può variare da programma a pro-gramma e ci sono lezioni on-line e simu-lazioni di tirocinio.Le competenze minime dell’infermierelaureato statunitense sono divise in 4aree (ognuna delle quali suddivisa, a suavolta, in sottocategorie):– ambiente di cura sicuro ed efficace;– promozione e mantenimento della

salute;– integrità psicosociale;– integrità fisiologica.Di seguito, è stato presentato il progettoper il dottorato di ricerca infermieristicaa livello europeo sponsorizzato dallaFepi, presentato nell’assemblea generaleFepi lo scorso giugno.Si tratta di un progetto innovativo per i 46Paesi europei.In Spagna, 28 università offrono il pro-gramma di dottorato; l’UniversitàComplutense offre 50 posti di dottoratoin infermieristica. Nel 2001, ci fu unaconferenza che stabilì un accordo univer-sitario tra i Rettori per i dottorati a livelloeuropeo. Tra i cinque professori che giu-dicano la prova finale, quattro devonoprovenire da altre università ed uno dal-l’università dove la tesi viene svolta.Parte della tesi deve essere redatta in

lingua diversa da quella di origine deldottorando e questi deve aver frequenta-to almeno tre mesi nell’Università cheoffre il dottorato in accordo alla suaUniversità di appartenenza. Questo dottorato è in corso nelle univer-sità di Berlino e di Maastricht, e la Fepi,quale elemento catalizzatore di questoprogetto, cercherà di stabilire una rete didottorati infermieristici per sviluppare laricerca e la formazione a livello europeo,mirando a produrre una rete di infermieri(già dottori) ed una di formazione per idottorandi allo scopo di creare una retecongiunta di reti dottorali con tutti i Paesidel mondo. Tutor del corso, un infermiere. Nel pomeriggio, si sono avute le relazio-ni di Thomas Kearns su un progettoirlandese per la competenza continua esull’introduzione di un modello di compe-tenze da acquisire per tutta la vita pro-fessionale. Il relatore ha citato MargaretMead and Alfred North Whitehead, chepronunciò la famosa frase: “La conoscen-za è come il pesce: se lasciata dopo unpo’ di tempo va a male”. Riguardo la discussione sulla competen-za, Carlo Turci (in sostituzione delSegretario Fepi, Gennaro Rocco) ha pre-sentato un progetto del Collegio Ipasvi diRoma sulla competenza professionale;interessante perché permetterà di accre-

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ditare all’eccellenza il professionistainfermiere.E’ stata la volta, poi, di un membro delcomitato centrale dell’ordine infermieri-stico inglese, Christina Baron, che haparlato di ricertificazione delle compe-tenze per indicare l’obbligo che i profes-sionisti infermieri rimangano competentinella loro pratica attraverso la trasparen-za delle regole, la proporzionalità deirischi (che devono essere minimi), lacompetenza, che deve essere specifica edeve essere rendicontata ai pazienti.Devono esserci, infatti, standard perrimanere nell’albo e valutazioni periodi-che; l’assicurazione della qualità deveessere garantita dall’educazione conti-nua e anche le considerazioni sull’equitàdelle cure devono essere costruite suqueste basi.Un’inchiesta on line sul sito dell’Nmc6,

propone un’inchiesta per chiedere cosagli infermieri britannici pensano dell’ac-creditamento e della certificazione dellecompetenze.La presidente dell’ordine infermieristicocroato Dragica Simunec, ha spiegatoche esistono due livelli infermieristici diformazione nel suo Paese. Per ultimo, è stato presentato il proget-to Euronurse: un progetto eccezionaleche mette insieme l’accreditamento pro-fessionale, tramite la regolamentazionedi un sistema di certificazione dei creditia livello europeo, e un sistema di scam-bio di informazioni a livello europeo.Così, si potrà costruire un registro comu-ne per l’infermiere europeo dedicato allamaggiore mobilità dei professionisti, per-mettendo di avere dei modelli informaticielettronici facilmente consultabili per

tutti. Tutto ciò garantirà, inoltre, la liber-tà di cura dei pazienti a livello europeotramite una sicura e competente praticada parte dell’Euronurse.Molto deve essere ancora fatto, ma conquesto progetto si sta costruendoun’Europa sempre più a “misura dipaziente” e verso una maggiore, e sem-pre migliore, professionalizzazione degliinfermieri.Inoltre, per ottenere uno strumento ope-rativo per l’accreditamento professiona-le, bisognerà creare mobilità di sistema,confrontandosi con gli Stati Uniti dovegià si sono avute esperienze in tal senso.Nel corso dell’ultima giornata dei lavori,infine, è stata annunciata la costituzionedel gruppo dirigente del neonato ordineinfermieristico francese che va a regola-mentare la professione in uno dei paesifondatori della Ue. La stessa presidenteFepi, Loredana Sasso, ha sintetizzato ilavori con alcune riflessioni interessanti,

tra cui ha sottolineato che il contestopolitico europeo è complesso e, propriola Fepi, deve avere un ruolo fondamenta-le per riuscire a garantire la qualità del-l’assistenza a tutti i cittadini.

NOTE1. Directive 2005/36/EC of the European

Parliament and of the Council of Europe. Onthe recognition of professional qualifica-tions.Directive 2006/123/EC of the EuropeanParliament and of the Council of Europe. Onservices in the internal market.

2. United Nations. Universal declaration ofhuman rights. General Assembly of theUnited Nations, 10 December 1948.

3. European Council. Charter of fundamentalrights of the European union. December2000.

4. CEPLIS. Common values for liberal profes-sions in Europe. 2007. Consultato il 2Dicembre 2008, da: http://www.ceplis.org/ indexengl.htm

5. http://www.nmc-uk.org6. http://ec.europa.eu/internal_market/imi-

net

focusAttività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

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LETTI VOIperUN INTERESSANTE DOCUMENTO DEL GRUPPO DI LAVORO MINISTERIALE

Stato vegetativo, arriva il glossarioper una comunicazione efficace e corretta

L’apposito gruppo di lavoro insediato presso il ministerodel Welfare, presieduto dal sottosegretario alla Salute, Eu-genia Roccella, ha redatto un originale glossario che

schematizza gli indirizzi fin qui adottati per una corretta defini-zione dello stato vegetativo e dello stato di minima coscienza,temi questi di grande rilevanza nell’attività quotidiana degli in-fermieri. Il glossario in questione rappresenta la prima tappa del-l’attività del gruppo di lavoro, cui è assegnato il compito di ela-borare un documento aggiornato che, partendo dalla correttadefinizione di stato vegetativo e di stato di minima coscienza, ap-profondisca gli aspetti riferiti alle conoscenze epidemiologiche,alla loro evoluzione, all’outcome e ne precisi le possibilità di re-cupero nelle varie forme di etiologia e nelle diverse fasi di ma-lattia. Il documento punta inoltre a fornire agli operatori deglistrumenti di comunicazione corretti ed efficaci e la metodologiapiù opportuna di indagine per riconoscere gli elementi di co-scienza. Pubblichiamo di seguito il documento integrale.

STATO VEGETATIVOÈ una condizione funzionale del cervello, che insorge subito dopol’evento acuto che lo ha determinato, diventando riconoscibilesolo quando finisce il coma che, sovrapponendosi, lo maschera.Lo stato vegetativo realizza una condizione di grave disabilitàneurologica, potenzialmente reversibile, che si caratterizza per:– non evidenza della consapevolezza di sé e dell’ambiente;– non evidenza di risposte comportamentali sostenute, riprodu-

cibili, intenzionali– volontarie a stimoli visivi, uditivi, tattili o dolorosi;– non evidenza di comprensione o produzione verbale;– intermittente vigilanza che si manifesta con la presenza di cicli

sonno-veglia ad es. periodi di apertura spontanea degli occhi);– sufficiente conservazione delle funzioni autonomiche da per-

mettere la sopravvivenza con adeguate cure mediche;– incontinenza urinaria e fecale;– variabile conservazione dei nervi cranici e dei riflessi spinali.

Criteri diagnostici per lo Stato VegetativoPer poter diagnosticare una condizione di stato vegetativo, si ri-chiede pertanto che siano verificati alcuni criteri diagnostici.

Nessuna evidenza di:– coscienza di sé o di consapevolezza dell’ambiente ed incapa-

cità ad interagire con gli altri;

– comportamenti durevoli, riproducibili, finalizzati o volontari inrisposta alle stimolazioni;

– produzione o comprensione verbale.

Presenza di:– apertura degli occhi;– pattern sonno-veglia EEG più o meno rudimentale;– funzioni vitali autonome (respiro, circolo, etc.);– incontinenza vescicale e rettale;– deficit di vario grado della funzionalità dei nervi cranici;– presenza variabile di riflessi troncoencefalici e spinali;– motilità oculare assente o erratica;– rarità dell’ammiccamento;– schemi motori primitivi;– rigidità-spasticità;– posture patologiche.

Il paziente in stato vegetativo pertanto:– giace, apparentemente incosciente, anche ad occhi aperti;– presenta funzioni cardiocircolatorie e respiratorie, termorego-

lazione, funzioni renali e gastrointestinali conservate;– non necessita di tecnologie di supporto;– mostra, alla TC e alla RMN, segni più o meno marcati di

danno focale o diffuso;– presenta alla SPECT gradi variabili di riduzione sovratentoriali

di perfusione cerebrale;– evidenzia, alla PET, variabile topografia e gradi variabili di ri-

duzione del metabolismo del glucosio;– mostra alterazioni variabili dell’attività EEG.Occorre notare che sia l’EEG che le tecniche di neuroimaging ana-tomico e funzionale, non sono per ora in grado di predire l’esitosfavorevole.Questo paziente non mostra movimenti finalizzati o riproducibili,ed è spesso, anche se non invariabilmente, incapace di deglutire.La diagnosi è eminentemente clinica e non è facile anche in am-biti molto specializzati. Importanti elementi di incertezza clinicaportano infatti a tassi molto elevati di errore diagnostico.Le indagini strumentali, benché non aumentino con certezza laspecificità diagnostica possono tuttavia offrire importanti ele-menti di conferma.

STATO VEGETATIVO PERMANENTEMolto controversa appare la terminologia sullo stato vegetativo

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permanente, proposta inizialmente dalla MSTF nel 1994 e intesaad indicare un limite massimo delle possibilità di recupero dellepersone che potrebbero emergere da uno stato vegetativo post-traumatico o post-anossico.Per quanto riguarda il concetto di permanenza, applicato allostato vegetativo, esso “non ha valore di certezza, ma è di tipo pro-babilistico”, come esplicitamente riconosciuto dalla stessa MSTF.Pur essendo le possibilità di recupero sempre minori con il pas-sare del tempo dall’insulto cerebrale, oggi il concetto di stato ve-getativo permanente è da considerarsi superato e sono documen-tati casi, benché molto rari, di recupero parziale di contatto conil mondo esterno anche a lunghissima distanza di tempo. È per-tanto assurdo poter parlare di certezza di irreversibilità.

NOTA DI COMMENTO SUL CONCETTO DI ‘PERMANENZA’“La letteratura a supporto di una cornice temporale per la defi-nizione di ‘permanenza’ è piuttosto debole, poiché è poca la ri-cerca metodologicamente solida che abbia esaminato il recuperoa lungo termine (per esempio oltre l’anno) dopo un danno cere-brale traumatico e/o a distanza di 3-6 mesi dopo un danno cere-brale ipossico-ischemico a seguito di numerose limitazioni me-todologiche, incluso la dimensione relativamente ridotta delcampione di popolazioni studiate.Allo stesso modo, è ancora più scarsa la ricerca basata sull’evi-denza riguardo ai metodi di trattamento per le persone in statovegetativo ‘permanente’ per esser certi che non esistano inter-venti in grado di ribaltare questa condizione. La Multi SocietyTask Force considera l’espressione “stato vegetativo perma-nente” come una terminologia prognostica e non diagnostica. Re-stano tuttavia dibattute le implicazioni dell’aggettivo “perma-nente”, in considerazione di diversi fattori. Sappiamo che visono pazienti che riemergono dopo oltre unanno dal trauma e perciò il termine (di perma-nente) e intrinsecamente inesatto, sia dalpunto di vista linguistico che dal punto di vistadella realtà medica. Molti professionisti te-mono che la terminologia sia una sorta di au-toprofezia per l’abolizione e/o la diminuzioneche essa produce nell’interesse a studiare unfenomeno etichettato aprioristicamente comeirreversibile.La MSTF è giunta ad una sintesi grossolana escientificamente poco fondata quando ha affer-mato che nel diagnosticare lo stato vegeta-tivo permanente “un medico può dire alla fami-glia o al tutore, con alto grado di certezzamedica, che non vi è ulteriore speranza di unrecupero della coscienza o che, se lacoscienza venisse recuperata, il paziente reste-rebbe gravemente disabile”. Innanzi tutto, cosa

è esattamente un elevato grado di “certezza medica”? Equivalea dire che si è davvero sicuri ma non si è assolutamente certi?In cosa differisce allora tale “certezza medica” dalla “probabilitàmedica”? Inoltre, come possiamo, in quanto clinici, etichettareuna condizione di incoscienza come “permanente” ed aver poi la“audacia scientifica” di affermare che tale definizione include an-che una condizione in cui il paziente è cosciente, ma poiché è an-che gravemente disabile noi non ci preoccupiamo di cambiare ladiagnosi e/o la prognosi? Secondo la mia opinione e quelli dimolti altri autori, tale estensione del concetto è pericolosa escientificamente irresponsabile”.

STATO VEGETATIVO PERSISTENTEIl documento della MSTF (1994) definiva lo stato vegetativo per-sistente come “uno stato di incoscienza sveglia che duri più di al-cune settimane…”. Il documento continuava annotando: “Wedefine such a state operationally as a vegetative state presentone month after an acute traumatic or non-traumatic brain injuryor a vegetative state of at least one month’s duration in patientswith degenerative or metabolic disorders or developmental mal-formations”. Gli autori sostenevano che l’aggettivo “persistente” si riferivasolo a una condizione di disabilità pregressa e perdurante carat-terizzata da una prognosi incerta (“only to a condition of past andcontinuing disability with an uncertain future…”) e che, ciono-nostante, affermavano che lo stato vegetativo persistente è unadiagnosi (“persistent vegetative state is a diagnosis”) Secondole raccomandazioni dall’International Working Party di Londra del1996, i termini persistente e permanente sono sconsigliati e siconsiglia di sostituirli con l’indicazione della durata della condi-zione (stato vegetativo da numero mesi/anni).

LETTI VOIper

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STATO DI MINIMA COSCIENZA (SCM)Si distingue dallo stato vegetativo per la presenza di comporta-menti associati alle attività di coscienza. Anche se possono com-parire in modo inconsistente, essi sono tuttavia riproducibili evengono mantenuti sufficientemente a lungo per essere differen-ziati da comportamenti riflessi. L’evidenza è dimostrata dallaconsistenza o dalla complessità della risposta comportamen-tale, per cui una risposta complessa come la verbalizzazione in-telligibile può essere di per sé sufficiente per manifestare la pre-senza di attività di coscienza (Aspen Consensus Group)Criteri diagnostici per lo Stato di Minima Coscienza– Apertura spontanea degli occhi– Ritmo sonno-veglia– Range di vigilanza : ottundimento / norma– Percezione riproducibile, ma inconsistente– Abilità comunicativa riproducibile, ma inconsistente– Range di comunicazione: nessuna risposta / risposta sì/no in-

consistente/verbalizzazione / gestualità– Attività motoria finalistica, riproducibile, ma inconsistente– Inseguimento con lo sguardo– Comportamenti ed azioni intenzionali (non attività riflessa)

sulla stimolazione ambientale– Comunicazione funzionale interattiva: o uso funzionale di 2 og-

getti diversi o verbalizzazione, scrittura, risposte sì/no, uso dicomunicazione alternativa o comunicatori facilitanti.

L’Aspen Consensus Group ha, inoltre, chiarito che l’uscita dalSMC e il recupero verso un stato superiore avviene lungo un con-tinuum il cui limite superiore è necessariamente arbitrario.Di conseguenza i criteri diagnostici dell’uscita dal SMC sono ba-sati su un’ampia classe di comportamenti funzionali che solita-mente si osservano nel corso del recupero di tali pazienti.I criteri di valutazione dell’uscita dal SMC possono, in alcuni casi,

sottovalutare il livello di coscienza. Inoltre, la presenza di afasia,agnosia, aprassia possono rappresentare fattori importanti per la“non-responsività ”del paziente.Vengono, pertanto suggerite anche le modalità da seguire per va-lutare correttamente, la reale presenza/assenza di consapevolezza:– per ottenere la risposta ottimale è necessario somministrare

stimoli adeguati;– valutare sempre la presenza di fattori interferenti, quali il con-

temporaneo uso di sedativi o antiepilettici;– valutare attentamente se a seguito di un comando verbale la

risposta non sia riflessa (per es. è molto difficile definire sela chiusura degli occhi sia l’esecuzione di un ordine oppure av-venga naturalmente);

– fare attenzione a che le richieste non superino la capacità ela possibilità del paziente;

– analizzare bene il range delle risposte;– effettuare la valutazione del paziente in un ambiente privo di

distrazioni;– effettuare valutazioni ripetute e durevoli con osservazioni si-

stematiche e misure strategiche rilevanti;– prendere in considerazione i componenti della famiglia, i ca-

regivers e tutto lo staff professionale dedicato all’assistenzaper meglio definire le procedure di valutazione.

È necessario comunque dedicare tempo ad acquisire l’espe-rienza e valutare le caratteristiche cliniche sulla base di una ap-profondita conoscenza dei danni cerebrali.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLO STATO VEGETATIVOLo SV deve essere distinto da altre condizioni cliniche, soventeconfuse con esso, non solo nel linguaggio comune ed in quellodei media (morte cerebrale, coma, locked-in syndrome).

MORTE CEREBRALE (sinonimi da sconsigliare:coma, depassé, coma irreversibile)La morte cerebrale non è una patologia, ma un cri-terio di accertamento della morte.Le persone in morte cerebrale non sono più vive edeve essere sospeso qualsiasi trattamento terapeu-tico. Dal punto di vista neurologico, il paziente instato vegetativo non è in mortecerebrale, perché il suo cervello, in maniera più omeno imperfetta, non ha mai smesso di funzionare,respira spontaneamente, continua a produrre or-moni che regolano molte delle sue funzioni, digeri-sce, assimila i nutrienti.Secondo la legge 578/93 la morte cerebrale vienedefinita come la cessazione irreversibile di tutte lefunzioni dell’encefalo e non solo di quelle del tronco.Per poter diagnosticare la morte cerebrale occorreche vengano rilevati:

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LETTI VOIper

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– stato di incoscienza;– assenza di riflessi corneale, fotomotore, oculo-cefalico e ocu-

lovestibolare;– assenza di reazione a stimoli dolorifici portati nel territorio di

innervazione del trigemino, del riflesso carenale e assenza direspirazione spontanea dopo sospensione di quella artificialefino al raggiungimento di ipercapnia accertata di 60 mmHgcon pH ematico minore di 7,4;

– silenzio elettrico cerebrale, documentato da EEG eseguitosecondo particolari modalità tecniche riportate nell’allegato1 del Decreto ministeriale 22 Agosto 1994 n. 582.

I riflessi spinali possono essere presenti.In particolari condizioni è richiesta la documentazione della as-senza del flusso cerebrale.Il periodo di osservazione per la diagnosi di morte cerebraledeve protrarsi per sei ore negli adulti e nei bambini di età supe-riore a cinque anni, dodici ore nei bambini di età compresa tra unoe cinque anni, ventiquattro ore nei bambini di età inferiore a unanno. L’EEG, eseguito ogni volta per trenta minuti continuativi,deve essere ripetuto ogni tre ore.

MORTE CORTICALEIn passato usata come sinonimo di stato vegetativo, anche conil sinonimo di sindrome apallica.Si tratta di terminologie da sconsigliare per che il paziente congrave danno corticale non è morto e perché non tutti i pazienti instato vegetativo presentano lo stesso tipo e la stessa estensionedelle lesioni corticali.

COMAE’ una condizione clinica secondaria a molteplici tipi di danno ce-rebrale, strutturale o metabolico, a carattere focale o diffuso. Sitratta di uno stato di abolizione della coscienza e delle funzionisomatiche (motilità, sensibilità, espressione e compressione ver-bale) associate ad alterazioni, talora marcate, del controllo e dellaregolazione delle funzioni vegetative o vitali (respirazione, atti-vità cardiaca epressoria) e della vita di relazione.Il paziente giace per lo più immobile, ad occhi chiusi, in uno statonon suscettibile dirisveglio e in assenza di risposte finalizzate astimoli esterni o bisogni interni. Le uniche risposte che si possonoottenere, più o meno alterate a seconda dei casi, sono di tipo ri-flesso, troncoencefalico, spinale o vegetativo. L’EEG può presen-tare quadri molto diversi.

LOCKED-IN SYNDROME (LIS)In questa condizione il paziente è paralizzato ai quattro arti (te-traplegia), senza compromissione della coscienza e delle attivitàmentali. Si presenta in vari stadi. Il più grave permette al pazientela sola comunicazione con lo sguardo tramite i movimenti oculari

sul piano verticale e l’ammiccamento. La causa più frequente èuna lesione a livello del ponte da occlusione dell’arteria basilare.La LIS è una sindrome di de-efferentazione, con immobilità as-soluta ad eccezione della motilità oculare, coscienza conservatae presenza di chiara consapevolezza di sé e dell’ambiente.La de-efferentazione motoria è selettiva sopranucleare e produceuna tetraplegia e paralisi pseudobulbare senza interferire con lostato di coscienza. Tale condizione può realizzarsi anche in casodi gravissime alterazioni della funzionalità dei nervi periferici ecranici, come può accadere nella sindrome di Guillain Barré. I pa-zienti sono vigili e coscienti, ma privi di motilità, espressioni fac-ciali e possibilità di vocalizzazione.In acuto è molto difficile la valutazione cognitiva ed emotiva delpaziente a causa di vigilanza fluttuante e movimenti oculari in-consistenti e facilmente esauribili.I criteri diagnostici prevedono:– coscienza presente;– ritmo sonno-veglia;– quadriplegia;– funzione uditiva conservata;– funzione visiva conservata;– anartria;– stato emotivo conservato.In letteratura si sospetta che alcuni pazienti in stato vegetativopossano essere affetti da una sorta di super-Locked-in, realiz-zando una condizione in cui pur mantenendo una forma di co-scienza, non possono più comunicare neanche con gli occhi.

MALATTIA TERMINALEIl paziente in stato vegetativo può restare in vita per anni con unaassistenza minima.Non Pertanto, il paziente in stato vegetativo non può essereidentificato in alcun modo, con un malato terminale, caratteriz-zandosi come un grave disabile che richiede solo un’accurata as-sistenza di base, analogamente a quanto avviene in molte altresituazioni di lesioni gravi di alcune parti del cervello che limitanola capacità di comunicazione e di auto-sostentamento.

SOPRAVVIVENZA dei pazienti in stato vegetativo da oltre unanno Per quanto riguarda la sopravvivenza dei pazienti in statovegetativo da oltre un anno, non esiste significativa differenzanella sopravvivenza tra i pazienti ricoverati in strutture dedicatee quelli a domicilio. Sono noti nella letteratura numerosi casi disopravvivenza oltre i dieci.

STACCARE LA SPINAIl paziente in stato vegetativo di per sé non necessita di alcunamacchina per continuare a vivere, non è attaccato ad alcunaspina.

LETTI VOIper

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perDIBATTITO

Servizi psichiatrici a porte aperte:è davvero un rischio calcolato?

LETTI VOI

Durante la preparazione di questo numero di “InfermiereOggi” è pervenuto in redazione un intervento a firma del-l’infermiera Simona Alicino, impiegata presso i Servizi Psi-

chiatrici di Diagnosi e Cura (Spdc) dell’ospedale San Donato diArezzo e presso l’università romana di Tor Vergata. L’autrice diquesto contributo pone, in estrema sintesi, una questione moltoimportante, e che intendiamo condividere con tutti voi iscritti alCollegio Ipasvi di Roma. Si tratta di cosa è accaduto a partire dal-l’abolizione delle strutture manicomiali nel 1978, con l’istituzionedei Servizi Psichiatrici. Vi invitiamo dunque ad un’attenta lettura,chiedendovi di mandarci le vostre esperienze professionali a ri-guardo, ove possibile, al fine di aprire un serio e documentato di-battito sul ruolo del personale infermieristico in questo tipo distrutture.

Dopo l’abolizione delle strutture manicomiali grazie allalegge Basaglia (n.180 del 13/05/1978), sono stati creati iServizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (Spdc) con la funzionedi accogliere i pazienti in fase acuta senza quel clima restrit-

tivo, eccessivamente custodialistico e depersonalizzante checaratterizzava i vecchi “manicomi”.Da un punto di vista etico e sociale, si è venuta a creare una si-tuazione migliore per i pazienti con disturbi mentali, non più iso-lati dal mondo esterno, non soggetti all’alienazione e alla conten-zione fisica, ma reinseriti nella società e riconosciuti come:“soggetti con disagi psichici” piuttosto che come “pazzi”.In pratica, si è compiuto un grande passo in avanti, anche se tut-tora alcuni sostengono che si è scaricata una grande responsa-bilità e peso emotivo sulle famiglie dei pazienti, che devonofarsi carico della persona disagiata (ricordiamo, però, che sonopresenti ovunque i servizi territoriali del Dipartimento di SaluteMentale che svolgono attività domiciliare sulle dodici ore, se-guendo da vicino il decorso della patologia psichica, coadiu-vando in tutto i familiari).Ora, però, siamo di fronte ad un nuovo dilemma che ci riporta altema centrale della pericolosità del malato mentale, dei diritti fon-damentali dell’individuo e responsabilità degli operatori sanitari:• porte aperte per gli Spdc?

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perBisogna riconoscere che l’argomento ha creato una scissione tragli psichiatri stessi, oltre che tra noi infermieri. Molti affermanoche esistono ben precisi presupposti etico-politici per i quali è“giusto” mettere da parte il regime obsoleto di tipo carcerario checaratterizza, comunque, gli Spdc e passare, finalmente, ad un si-stema in cui il cardine principale è il diritto di libertà dell’indivi-duo; secondo altri, invece, rappresenta un passo sbagliato: c’è chinon vuole finire “davanti al giudice” perché il paziente, non con-tenuto in reparto, può compiere atti violenti su se stesso o, peg-gio, verso terzi.E, in effetti, la questione non è affatto semplice, perché, in en-trambi i casi, sussistono delle contraddizioni inerenti il campoetico e sociale.Proviamo a riflettere: se arriva in reparto un paziente in scom-penso psicotico, in preda a deliri per i quali tende ad esercitareviolenza, è giusto lasciarlo scorrazzare per la struttura ospeda-liera?E se, a causa dei suoi deliri od allucinazioni, si getta da una fi-nestra, possiamo dire di aver agito per il bene della persona, per-ché non abbiamo violato il suo diritto di libertà? Oppure, se il pa-ziente, in preda alla confusione, si allontana dalla strutturaospedaliera ed accidentalmente finisce investito da un auto pos-

siamo davvero dire: “ho la coscienza tranquilla perché non ho im-pedito la sua libertà?”. Non dimentichiamo che molti pazienti condisturbi mentali accettano di buon grado di ricoverarsi in Spdcperché lo considerano un luogo tranquillo, che li protegge daeventi esterni stressanti in momenti in cui, a causa della loro pa-tologia, non sono in grado di affrontarli. Un riparo sicuro.È chiaro che tra noi operatori le porte aperte non contribuisconoaffatto a diminuire l’ansia o lo stress (come alcuni sostengono),bensì ad aumentarla, poiché non possiamo essere certo indiffe-renti al pensiero che un degente confuso, delirante o allucinatovaghi senza meta, magari arrecando danno a sé o agli altri e nonpossiamo neanche nasconderci dietro a frasi come: “tanto c’è laprescrizione medica”, o “lo psichiatra ha dato il permesso” pertacitare la nostra coscienza, sia come infermieri che come per-sone.Forse, è più corretto fare una distinzione (come già accadein molti Spdc): cautelare “con le porte chiuse” quei pa-zienti in fase di scompenso, spesso in regime di Tso, chenon sono, momentaneamente, in grado di esercitare ilproprio diritto di libertà senza nuocere; diversamente,permettere la “libera uscita” dall’Spdc a chi è psichica-mente compensato.Negli Spdc di alcune città italiane (Mantova, per esempio) que-sta “apertura” è già in vigore con risultati positivi e rassicurantisia per i pazienti che per gli operatori (come si evince dagli attidel Convegno, ivi tenutosi a giugno 2008).Ma è chiaro che per poter uniformare la linea di condotta da se-guire ci vuole ancora tempo.Intanto, si hanno a disposizione adeguate opportunità di riflessionecritica, ottenute mediante la discussione di quelle esperienze ma-turate nell’esercizio quotidiano della pratica professionale.

Simona Alicino

LETTI VOI

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LAVORO

Infermiere “high skill”

Nell’Olimpo delle cosiddette professioni high skill,ovvero le più richieste sul mercato del lavoro, gliinfermieri restano saldamente nelle posizioni di

vertice della graduatoria nazionale, tra i più ricercati inassoluto. Poco più giù i fisioterapisti. Negli ultimi treanni la domanda delle due figure professionali è cresciu-

ta quasi di un terzo, con una media del 9,9% all’anno.L’andamento delle assunzioni nel triennio 2006-2008pone gli infermieri al quarto posto assoluto, al quinto nel-l’ultimo anno. Inoltre gli infermieri guidano la pattuglia divertice dei professionisti laureati. Ecco le 27 professionipiù richieste nel 2008 e l’andamento nell’ultimo triennio.

perLETTI VOI

Addetto contabilità 16.980 8,6% 44.680 =Addetto amministrazione 12.520 16,1% 27.000 +Operatore commerciale 7.020 38,1% 17.890 +Addetto contabilità generale 5.920 6,3% 9.630 +Infermiere 4.640 100,0% 13.470 -Disegnatore cad-cam 4.080 23,9% 10.530 +Educatore professionale 3.670 100,0% 10.140 -Programmatore informatico 3.650 46,4% 9.520 =Assistente tecnico clienti 2.950 34,7% 7.380 +Progettista meccanico 2.600 100,0% 5.930 +Tecnico commerciale 2.570 66,0% 7.410 -Addetto contabilità clienti-fornitori 2.570 6,5% 5.780 +Venditore tecnico 2.520 33,0% 6.400 -Analista programmatore informatico 2.500 76,4% 5.900 +Addetto marketing 2.310 59,3% 6.030 +Farmacista 2.240 100,0% 6.090 -Sviluppatore software 2.120 78,7% 4.520 +Progettista software 2.000 76,0% 4.910 +Addetto logistica 2.000 37,2% 4.400 +Addetto acquisti 1.920 28,1% 4.200 +Progettista settore metalmeccanico 1.810 73,6% 4.720 +Tecnico informatico assistenza clienti 1.560 34,5% 4.240 +Assistente di cantiere edile 1.560 18,3% 4.220 -Addetto consulenza fiscale 1.530 0,0% 3.920 +Fisioterapista 1.510 100,0% 3.870 -Operatore commerciale estero 1.270 40,5% 4.160 -Progettista edile 1.260 56,8% 3.270 -Responsabile amministrativo 1.230 24,1% 2.890 +Banconista di agenzia viaggi 1.020 0,0% 4.080 -Informatore medico-scientifico 780 100,0% 3.820 -

ASSUNZIONIAnno Laureati Cumulate Tendenza2008 % 2006-2008 2006-2008

Figura

Fonte: Sistema Informativo Excelsior - Unioncamere - Ministero del Lavoro

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LETTI VOIper

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Influenza: con il numero verde ridotti drasticamente gliaccessi ai Pronto soccorsoMigliaia di telefonate ricevute e altrettanti cittadini assistititelefonicamente, con una drastica riduzione degli accessi aiPronto Soccorso. Questo il primo bilancio, dopo le feste natali-zie, del Progetto Influenza messo a punto dalla Regione, con lacollaborazione dell’Ares 118, dei medici di famiglia e dellaProtezione civile regionale.Complessivamente sono arrivate tra il 23 e il 29 dicembre circa7.000 telefonate ai telefoni del numero verde anti influenzadella Protezione civile del Lazio (803 555) e a quelli della guar-dia medica, le chiamate sono state smistate dagli operatori apersonale medico di servizio e hanno permesso di ridurre dra-sticamente il ricorso al 118, limitando così gli accessi al ProntoSoccorso ai soli casi realmente urgenti.Particolarmente efficace si è dimostrato il numero verde unico

della Protezione civile (803 555) che, si ricorda, è a disposizio-ne dei cittadini fino a fine febbraio. Il numero unico, che mettedirettamente in contatto con i medici di base per gestire rapida-mente i casi di influenza, ha ridotto infatti in larga misura gliaccessi impropri nei servizi d’urgenza degli ospedali, grazie al

supporto di circa 3.800 medici di base (di cui 400 pediatri) chelavorano nei gruppi Ucp (Unità di Cure Primarie).Sul totale delle telefonate ricevute dall’803 555 (alcune dellequali anche da fuori regione), dopo un attento screening, nel92% dei casi è stato possibile dare una risposta esclusivamen-te grazie al consulto telefonico, mentre nel 6,7% delle occor-renze sono intervenuti fisicamente i medici delle Ucp. Solonell’1,3% dei casi si è effettivamente reso necessario l’inter-vento del 118.

***

Istituito il servizio di telesoccorso per anziani e disabiliIl Consiglio regionale del Lazio ha istituito il Servizio gratuito diteleassistenza e di telesoccorso sanitari per anziani, portatori dihandicap grave e ammalati cronici non ospedalizzati.A usufruirne saranno i cittadini ultra 75enni monoreddito o conreddito pensionistico inferiore ai diecimila euro annui e i porta-tori di handicap gravi. I Comuni, che censiranno gli aventi dirit-to, ne comunicheranno gli elenchi alle Asl, che dovranno prov-vedere materialmente allo svolgimento del servizio attraverso

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SCRITTO VOIperNOTIZIE DALLA REGIONE

Pronto soccorso meno intasatigrazie al numero verde anti-influenza

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SCRITTO VOIper

convenzioni con società, organizza-zioni onlus, imprese sociali ed entinon commerciali. A tali soggetti èrichiesto il possesso di determinatirequisiti strutturali e funzionali:dotazione tecnologica adeguata,personale qualificato attivo 24 oresu 24, capacità di gestione e instal-lazione dei terminali presso le abi-tazioni degli assistiti.Le Asl avranno un anno di tempo, apartire dall’entrata in vigore dellalegge, per stipulare le convenzioni.La Giunta regionale, nel frattempo,avvierà comunque la sperimenta-zione del progetto nei territori delleAsl Rm B, Rm D e Frosinone.Maggiori informazioni on line,all’indirizzo www.consiglio.regio-ne.lazio.it

***

È Bevere il nuovo direttore generale dell’IfoLa commissione Sanità del Consiglio regionale del Lazio haespresso parere favorevole all’unanimità dei presenti, al decre-to del presidente della Regione con cui il professor FrancescoBevere viene nominato direttore generale dell’Irccs IstitutiFisioterapici Ospitalieri di Roma – Ifo.Si tratta di una nomina resa necessaria dalle dimissioni dell’exdirettore Marino Nonis, avvenute lo scorso giugno.Francesco Bevere, cinquantadue anni, professore universitario,laureato in Medicina e chirurgia all’Università “La Sapienza” diRoma, master in gestione manageriale in Sanità pressol’Università Bocconi e specializzazione anche presso la ScuolaSuperiore della Pubblica Amministrazione, lascia l’attuale inca-rico di Direttore generale della Fondazione Ime (IstitutoMediterraneo di Ematologia). In precedenza, Bevere è statoanche direttore generale dell’Azienda ospedaliera San GiovanniAddolorata e direttore sanitario dell’Azienda ospedalieraSant’Andrea.Durante il dibattito svoltosi in commissione, il presidente dellacommissione, Luigi Canali, ha rivendicato che “tutte le iniziati-ve del commissario alla sanità siano sottoposte all’attenzionedel Consiglio regionale. Sia gli esponenti di maggioranza siaquelli di opposizione presenti in commissione sanità hannoaccolto la proposta di una convocazione straordinaria per discu-tere di questo”.

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Circa cinquecento cittadini residenti a ridosso del fiumeSacco convivranno probabilmente per tutta la loro vitacon il beta esaclorocicloesano, una sostanza inquinante

derivante dalla produzione nella zona al confine tra la provinciadi Roma e di Frosinone, di un potente insetticida, il lindano,bandito dal 2001.A riferirlo alla commissione Sanità del Consiglio regionale delLazio, è stato il responsabile del dipartimento di Epidemiologiadell’Asl Rm/E, Carlo Perucci, a margine di una prima analisi acampione sulla popolazione per accertare lo stato di contami-nazione causato dai rifiuti tossici degli insediamenti industrialiinsistenti nella Valle del Sacco a partire dagli anni ’50.“I risultati sono a noi noti da qualche mese, ma abbiamo atte-so per motivi etici e organizzativi che anche l’ultimo cittadinocontaminato fosse stato contattato di persona prima di diffon-dere pubblicamente il nostro studio - ha spiegato Perucci -.Finora abbiamo condotto test su 246 persone (delle 440 indivi-duate e contattate), ma ne restano da analizzare almeno altre700, che consideriamo ugualmente esposte al rischio. Secondole nostre proiezioni, il 55% dei casi trattati dovrebbe risultarecontaminato e in maniera praticamente irreversibile, dalmomento che il beta esaclorocicloesano ha vita lunga, è solubi-le nei grassi, sembra ormai entrato nel ciclo alimentare e nonviene metabolizzato dal corpo umano. Paradossalmente, puòessere espulso, nelle donne, solo mediante allattamento, mamettendo di conseguenza a rischio la salute del bambino”.

Una quadro molto preoccupante, che prefigura un disastroambientale non circoscrivibile alle sole sponde del fiumeSacco. Sia negli uomini che negli animali, il principale bersagliodi una esposizione acuta è il sistema nervoso. Inoltre, moltistudi correlano l’esposizione al beta esaclorocicloesano conl’insorgenza di diabete e con problemi alla funzionalità dellatiroide e dell’apparato riproduttivo.Perucci ha quindi esposto alla Commissione il programma disorveglianza predisposto per fronteggiare l’emergenza ambien-tale e sanitaria.Saranno oggetto di tale programma tutte le persone residenti al1° gennaio 2005 ad una distanza di un chilometro dal fiumeSacco, nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano, Sgurgola eMorolo.Presso le Asl Rm/G e di Frosinone verrà attrezzato uno sportel-lo informativo e saranno organizzati incontri con i medici dibase dell’area per fornire informazioni continue ed aggiornatesul livello di contaminazione del territorio. Presso la Asl Rm/Gsarà poi attivato un ambulatorio centralizzato per favorire i con-trolli periodici della popolazione e ciascuna persona analizzatariceverà informazioni sul proprio stato di contaminazione erisposte individuali sui controlli effettuati.In chiusura di seduta, il presidente della commissione, LuigiCanali, ha proposto un fondo di indennizzo per i cittadini conta-minati.

SALUTE PUBBLICA

Emergenza sanitaria nella Valle del Sacco

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LETTI VOIper

DOMANDE & RISPOSTE

Cosa è il beta-esaclorocicloesano (beta-HCH)?Il beta-HCH è una sostanza chimica organo-clorurata, un sot-toprodotto della produzione del Lindano. Il Lindano è uninsetticida vietato in Italia dal 2001. Veniva prodotto dall’in-dustria chimica SNIA-BPD con sede a Colleferro.

Come mai il beta-HCH ha contaminato il fiume Sacco,le aziende agricole e gli animali?Nel marzo 2005 è stato riconosciuto lo stato di emergenzaper la valle del fiume Sacco in seguito ad all’analisi di alcu-ni campioni di latte crudo di un’azienda agricola in cui sonostati trovati livelli di beta-HCH molte volte superiore ai livel-li previsti dalla legge. In seguito si è accertato che l’inquina-mento era esteso a tutta l’area lungo il fiume Sacco. E’ pro-babile che lo smaltimento non controllato dei prodotti di

lavorazione dell’industria chimica locale abbia raggiunto nelcorso degli anni il fiume. Attraverso le periodiche esondazio-ni del fiume e l’uso dell’acqua per irrigazione, la sostanzachimica ha raggiunto e contaminato anche il suolo superfi-ciale e quindi le coltivazioni agricole e di conseguenza ilforaggio degli animali e gli animali stessi.

Il beta-HCH ha anche contaminato le persone ecome?Uno studio recente ha dimostrato che questa sostanza tos-sica in alcuni casi si è accumulata nell’organismo delle per-sone. La contaminazione dell’uomo è avvenuta principal-mente attraverso l’assunzione di acqua e di cibo contamina-to. E’ probabile che il consumo di prodotti alimentari dellazona inquinata abbia provocato il passaggio della sostanzaall’uomo.

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Chi è stato contaminato?Alcune persone residenti entro 1 km dal fiume hanno livellinel sangue di questa sostanza superiori alla media. E’ chia-ro che la contaminazione è avvenuta nel corso degli anni;presentano valori più elevati le persone adulte e anziane (dietà superiore ai 45 anni). La contaminazione è avvenuta soloin chi ha abitato in prossimità del fiume e ha fatto uso di pro-dotti alimentari locali.

Che effetti sulla salute può avere questa contami-nazione?I dati scientifici dicono che si tratta di una sostanza tossicache rimane nell’organismo per diverso tempo perché si accu-mula nei tessuti grassi. Questa sostanza tossica può averedegli effetti negativi sulla salute, anche se i dati scientificisono molto incerti. In particolare potrebbe provocare un

aumento della probabilità di disturbi del fegato, del rene, delcuore, del sistema immunitario, del sistema neurologico,della tiroide e di altre ghiandole. Anche lo sviluppo di alcunitipi di tumore potrebbe essere legato all’esposizione al beta-HCH, ma le conoscenze su questo argomento sono ancoramolto limitate.

Cosa si propone la sorveglianza ?La sorveglianza sanitaria prevede il monitoraggio biologicoperiodico della concentrazione dib-HCH nel sangue e con-trolli periodici di salute dei residenti in prossimità del fiumeSacco. Viene previsto un controllo di carattere clinico e stru-mentale ogni due anni della popolazione residente condeterminazioni relative ai parametri funzionali di diversiorgani ed apparati.

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LETTI VOIper

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L’AVVOCATOdice

In questo numero pubblichiamo per stralcio, ma fedelmenteriportando i passi più interessanti ai nostri fini, una sentenzache giudica un caso di responsabilità professionale di equi-

pe, analizzando in particolare i rapporti tra infermiere e medicochirurgo nel reato di lesioni colpose gravissime per essere statasomministrata al paziente una soluzione contenente adrenalinae carbocaina alla quale era stata aggiunta per errore, invece diuna soluzione fisiologica, un disinfettante contenente benzalco-nio cloruro (verosimilmente “Desogen” o “Neodesogen”) cheaveva cagionato, dopo l’infiltrazione sottocutanea, un edemaimponente e necrosi a carico di alcuni tessuti.La sentenza della Corte di cassazione (del 28 maggio 2008 n.24360), ha suscitato in me un certo interesse per diverse ragioni. Innanzitutto oggetto della sentenza è un reato - le lesioni per-sonali colpose - piuttosto frequente nella casistica delle profes-sioni sanitarie, forse il più frequente.Inoltre la sentenza è recente e, quindi, interviene in una faseavanzata del processo evolutivo della professione infermieristi-ca. In questo senso mi interessa evidenziare il complesso equi-librio tra la professione infermieristica (nella sua quotidianità),le norme sulla professione infermieristica e la sintesi interpre-tativa fatta dai giudici (quindi come la giurisprudenza interpre-ta l’attività infermieristica alla luce delle norme).L’ultima ragione per cui la sentenza mi ha colpito è quella rela-tiva al principio di affidamento che consiste in questo: “ciascu-no risponde delle conseguenze della propria condotta, commis-siva od omissiva, e nell’ambito delle proprie conoscenze e spe-cializzazioni, mentre non risponde, invece, dell’eventuale viola-zione delle regole cautelari da parte di terzi”. La sentenza in esame prende in considerazione l’applicabilità diquesto principio in relazione all’operato dell’equipe chirurgica ein particolare relativamente al dovere di controllo che ha il chi-rurgo operatore.Pochi, anzi pochissimi cenni vi farò sul reato di lesioni previstodall’art. 582 del Codice penale, ai sensi del quale “chiunquecagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale derivauna malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusio-ne da tre mesi a tre anni”.Il caso considerato, però, come vi avevo anticipato, è quellospecifico delle lesioni colpose (art. 590): “chiunque cagiona adaltri per colpa una lesione personale è punito con la reclusionefino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro…[omissis…]”.

****Il giudizio di primo gradoIl Tribunale di Cosenza, con sentenza 5 marzo 2003, condanna-va M.F. (chirurgo plastico) e R.E. (ferrista) per il delitto di lesio-

ni colpose in danno del paziente Ma.Fr. Il Tribunale ritenevaaccertato che i due imputati, nelle rispettive qualità avesserocagionato lesioni gravissime alla paziente (malattia superiore aiquaranta giorni e deformazione permanente del viso).Il fatto si era verificato nel corso di un intervento di rinoplasti-ca eseguito il 16 ottobre 1999 presso la clinica (omissis); secon-do la ricostruzione del Tribunale il chirurgo aveva somministra-to alla predetta paziente una soluzione contenente adrenalina ecarbocaina alla quale era stata aggiunta per errore, invece diuna soluzione fisiologica, un disinfettante contenente benzalco-nio cloruro (verosimilmente “Desogen” o “Neodesogen”) cheaveva cagionato, dopo l’infiltrazione sottocutanea, un edemaimponente e necrosi a carico di alcuni tessuti con le conseguen-ze già indicate. In particolare il primo giudice affermava laresponsabilità del chirurgo per non aver controllato la condottadel ferrista che, nella preparazione del composto, aveva erro-neamente utilizzato il detergente in luogo di una innocua solu-zione fisiologica. In separato giudizio il Tribunale di Cosenza,con sentenza 9 gennaio 2006, assolveva dal medesimo reatoF.F., un infermiere che aveva partecipato all’intervento.Il giudizio di secondo gradoIn sede di impugnazione la Corte d’Appello di Catanzaro, consentenza 10 aprile 2007, ha solo parzialmente confermato lasentenza di primo grado riaffermando la responsabilità del fer-rista e assolvendo invece il chirurgo. La Corte d’appello ha rite-nuto accertato che la soluzione fosse stata predisposta dalprimo, mentre ha escluso la responsabilità del secondo perchéquesti aveva fornito al ferrista le corrette istruzioni per la pre-parazione della soluzione.In particolare la sentenza impugnata fa riferimento al principiodi affidamento ricordando che R.E. era una persona espertache, in più occasioni, aveva partecipato ad interventi di chirur-gia estetica e precisando che, nell’occasione dell’interventooggetto del presente processo, alcun elemento emergeva dalquale potesse dedursi la necessità di un controllo più approfon-dito dell’attività del ferrista o un dubbio sulla correttezza delsuo operare.Il giudizio della Corte di cassazioneContro la sentenza della Corte catanzarese sono stati propostidue ricorsi:uno da parte del Procuratore generale della Repubblica pressola Corte indicata;uno da parte dell’imputato condannato R.E. (il ferrista).Il Procuratore generale censura la sentenza di secondo gradolimitatamente all’assoluzione di M.F. deducendo l’erroneaapplicazione della legge penale con riferimento all’inesattaapplicazione del principio di affidamento rilevando che il con-

Lesioni colpose e principio di affidamentoUn nuovo caso di responsabilità professionale

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L’AVVOCATOdice

trollo sulla corretta miscelazione della sostanza iniettata spet-tava al chirurgo essendo, la funzione dell’infermiere, nel setto-re chirurgico, limitata alle attività di assistenza.Questo obbligo di controllo era da ritenere, secondo ilProcuratore, ancor più pregnante nel caso in esame in conside-razione della circostanza che era la prima volta che il chirurgo eil ferrista facevano parte della medesima equipe chirurgica edel fatto che le caratteristiche dei composti della soluzioneerano facilmente interscambiabili trattandosi di sostanze ino-dori e incolori.Dal canto suo, l’infermiere R.E. ha proposto i seguenti motivi dicensura con cui si deducono violazione di legge e vizio di moti-vazione sotto i seguenti profili: non esisterebbe la prova di cir-costanze decisive per l’affermazione di responsabilità del ricor-rente. In particolare:– non sarebbe affatto provato che nella disponibilità della cli-

nica vi fosse il disinfettante “Desogen” o “Neodesogen”perché l’esame delle fatture di acquisto acquisite dimostre-rebbe il contrario;

– non esisterebbe la prova che le lesioni siano state provoca-te da questa sostanza; anzi lo stesso chirurgo aveva inizial-mente affermato che si trattava di una reazione allergica;

– i periti e consulenti hanno accertato che il “Desogen” è ido-neo a provocare le conseguenze verificatesi solo se puromentre è indiscusso che, se esistente, il prodotto era in solu-zione con altre sostanze;

– l’affermazione che la soluzione è stata preparata da R. pro-viene dal solo M. evidentemente interessato ad allontanareda sé la responsabilità;

– le sentenze di merito sarebbero gravemente carenti per averomesso di accertare i ruoli dei singoli partecipi dell’equipeed anzi non sarebbero neppure riuscite ad individuare leposizioni degli operanti intorno al tavolo operatorio;

– esisterebbe in atti la prova che il detergente (o comunque lasostanza estranea) sarebbe stato versato nella soluzione daaltro infermiere (tale F. non coinvolto nel processo) chel’avrebbe confuso con l’adrenalina.

Il Chirurgo ha infatti riferito di aver chiesto a F. di versare nelcomposto l’adrenalina il cui scopo è quello di evitare il sangui-namento. Poiché un forte sanguinamento di fatto si è verificatoil ricorrente (l’infermiere) ne trae la conseguenza che F. avrebbeversato nel composto non l’adrenalina ma una sostanza diversae quindi, presumibilmente, il disinfettante.Di ciò si avrebbe conferma nella circostanza, riferita dal consu-lente tecnico del pubblico ministero, che, se fosse stata effetti-vamente somministrata l’adrenalina alla paziente non si sareb-be verificato l’aumento della frequenza del battito cardiaco chein effetti si verificò.

Va premesso che, alla data odierna, il reato ascritto agli impu-tati è da ritenere prescritto. Tuttavia il giudizio è proseguito alsolo scopo di verificare se gli imputati sono o meno innocenti.In tal caso l’innocenza è necessario che emerga “positivamen-te” dagli atti, e senza necessità di ulteriori accertamenti, laprova dell’innocenza dell’imputato (cfr. Cass. sez. 5^, 2 dicem-bre 1997 n. 1460, Fratucello; sez. 1^, 30 giugno 1993 n. 8859,Mussone).La fattispecie in esame si caratterizza proprio per la mancanzadei ricordati presupposti per l’assoluzione degli imputati nelmerito.Quanto al ricorso proposto dal Procuratore generale nei con-fronti del dott. M. deve infatti osservarsi che impropriamentei giudici di appello hanno fatto riferimento al cosiddetto“principio di affidamento”. Su questo principio va preliminar-mente osservato che, com’è noto, per il principio di persona-lità della responsabilità penale, ciascuno risponde delle con-seguenze della propria condotta, commissiva od omissiva, enell’ambito delle proprie conoscenze e specializzazioni; nonrisponde invece dell’eventuale violazione delle regole caute-lari da parte di terzi.Questo principio non è però di automatica applicazione quandoesistano altri partecipi della medesima attività o che agiscanonello stesso ambito di attività o nel medesimo contesto. In que-sti casi si pone il problema del rapporto tra la condotta del-l’agente e quella del terzo ed in particolare dell’influenza dellacondotta colposa del terzo su quella dell’agente.Sono da ritenere superate quelle posizioni che, soprattutto intema di circolazione stradale, tendevano a far ritenere prevedi-bili le altrui inosservanze delle regole cautelari; oggi prevalgo-no le opinioni dirette a ritenere prevedibili le violazioni solo neicasi in cui esistano elementi sintomatici dell’esistenza o dellaprobabile violazione della regola cautelare da parte del terzo.Solo se l’agente ha la percezione (o dovrebbe averla) della vio-lazione delle regole da parte di altri partecipi nella medesimaattività (per es. un’operazione chirurgica svolta in equipe) - ocomunque si trova in una situazione in cui diviene prevedibilel‘altrui inosservanza della regola cautelare (che deve averecaratteristiche di riconoscibilità) - ha l’obbligo di attivarsi perevitare eventi dannosi.Nel caso in esame va peraltro osservato che la preparazio-ne del composto medicinale da somministrare è certamenteun atto medico di competenza del medico chirurgo; questipuò delegarne a persona competente l’esecuzione materia-le ma deve sempre controllare, proprio perché si tratta diatto solo a lui riferibile, la corretta esecuzione dell’opera-zione; e, nella specie, non risulta che questo controllo siastato dal chirurgo posto in essere.

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Ma se anche la preparazione del composto non fosse da consi-derare atto medico non per questo verrebbe meno la responsa-bilità del medico chirurgo perché i ricordati principi che regola-no il principio di affidamento non si applicano nel caso in cuiall’agente sia attribuita una funzione di controllo dell’operaaltrui; in questo caso egli risponde secondo le regole ordinariedelle condotte colpose del terzo da lui riconoscibili ed evitabili.Del resto già in altre occasioni è stato affermato che la funzio-ne dell’infermiere, nel corso dell’intervento chirurgico, è di assi-stenza del personale medico cui vanno riferite le attività svolte(v. Cass. sez. 4^, 26 maggio 2004 n. 39062, Picciurro, rv.229832).Si aggiunga, a conferma dell’esistenza nel caso di specie diquest’obbligo di controllo, che i giudici di merito hannoaccertato l’esistenza di una situazione di rischio di confon-dimento sia per la presenza di diverse sostanze nella salaoperatoria sia per le caratteristiche di queste sostanze,tutte inodori e incolori (nelle sentenza impugnata non se nefa cenno ma da quella di primo grado risulta che i conteni-tori di queste sostanze erano privi di alcun contrassegno inviolazione di un’elementare regola di prudenza diretta pro-prio ad evitare rischi di confondimento).Da ciò consegue che non è affatto evidente la prova dell’inno-cenza del chirurgo.Pur essendo, l’impugnazione proposta, diretta a fini diversi anon diverse conclusioni deve pervenirsi per quanto riguarda laposizione di R.E. per i soli effetti di natura penale.

Tutti i motivi del proposto ricorso - … - non sono infatti idoneia fondare la prova evidente dell’innocenza dell’imputato nelsenso già precisato.Per questo motivo la sentenza della Corte di cassazione, ai finipenali, ritiene di limitare la propria pronuncia alla dichiarazionedi prescrizione del reato ma senza accertare l’innocenza di nes-suno degli imputati.

* * * Tutti sarete rimasti colpiti dall’affermazione della Corte di cas-sazione secondo cui “la preparazione del composto medicinaleda somministrare è certamente un atto medico di competenzadel medico chirurgo; questi può delegarne a persona competen-te l’esecuzione materiale ma deve sempre controllare, proprioperché si tratta di atto solo a lui riferibile, la corretta esecuzio-ne dell’operazione”.In effetti è proprio questa affermazione il principale motivo chemi ha spinto a pubblicare questa sentenza, perché l’assuntodella suprema corte stride con le norme della professione infer-mieristica prima fra tutte la regola del profilo professionalesecondo cui l’infermiere garantisce la corretta somministrazio-ne delle prescrizioni diagnostiche e terapeutiche (D.M. 739/94,recepito nell’art. 1 della legge n. 42 del 1999).Mi piace pensare che queste riflessioni possano contribuire afar sentire in ciascuno il bisogno coltivare una cultura giuridicainfermieristica.

Avv. Alessandro Cuggiani

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INFERMIERI RETEin

Contrariamente a quello che comunemente i navigatoriinternet pensano, i motori di ricerca non sono tutti ugua-li; ed è per questo motivo che i risultati delle ricerche con

la stessa parola chiave ma effettuati su motori diversi, nonottengono risultati analoghi.Google, d’altro canto, è tra i migliori, ma non il migliore (chinon ricorda Altavista?).La cosa migliore, oltre a “filtrare” i risultati con gli operatoribooleani (ma attenzione, la sintassi non è standard inGoogle…) o con le “ricerche avanzate” o piuttosto con i trucchispecifici (doppi apici, operatori sintattici, ecc) è proprio quelladi effettuare ricerche comparate con più motori di ricerca.Una buona guida a come si usa un motore di ricerca internazio-nale è qui:http://www.strumentidiricerca.it/Altra informazione utilissima: i motori di ricerca si evolvono!È proprio questo il caso di Vivisimo, software house con sedein Pittsburgh, Pennsylvania (Usa) che tenta, dopo una brevefase di test, di dire la propria in materia di “ricerche nel web”;e a settembre 2004 rilascia all’utenza finale Clusty, all’indiriz-zo: http://clusty.com/Clusty è un motore di ricerca in “clustering”, derivato dalVivísimo Clustering Engine, Vivísimo Content Integrator eVivísimo Velocity.

Analizziamolo in dettaglio nella maniera più semplice possibile.Clusty consente di effettuare ricerche semplici o avanzateeffettuando interrogazioni ad altri motori di ricerca, e ordina(novità) il risultato per “argomenti”, detti “clusters”, in modoautomatico, per centrare subito l’obiettivo e non perdersi tra gliinnumerevoli risultati delle ricerche sui motori tradizionali.Anch’esso non è il migliore, ma è un motore molto promettente.Attualmente ancora in fase sperimentale (versione beta), magià offre risultati altamente performanti in termini di usabilità.Se oltretutto vi avventurate nella funzione “ricerca avanzata”,avete la possibilità di fare ricerche complesse con un’interfac-cia molto intuitiva e, visto che è rivolto soprattutto a case far-maceutiche, industrie e società scientifiche, potete fare ricer-che addirittura su Medline! Allo scopo, ecco il link diretto percercare in clustering in PubMed: http://www.clustermed.infoPer completezza di informazione, anche Microsoft sta propo-nendo in fase di sperimentazione il proprio motore di ricerca(assomiglia un po’ a Google…). Testatelo anche voi a questapagina: http://search.msn.it/

A cura di Fabrizio TallaritaWebmaster del Collegio Ipasvi di [email protected]

Lo“starter kit”del ricercatore (parte terza)

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COLLEGIO PROVINCIALE IPASVI DI ROMA

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