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Le talpe riflessive. Il mondo sotterraneo dell'introversione Presentazione del libro 16 febbraio 2011 - Roma LIDI – Associazione ONLUS Lega Italiana per la tutela dei Diritti degli Introversi www.legaintroversi.it

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Presentazione del libro "Le talpe riflessive. Il mondo sotterraneo dell'introversione" - Roma, 26 febbraio 2011

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Page 1: Presentazione "Le talpe riflessive. Il mondo sotterraneo dell'introversione"

Le talpe riflessive. Il mondo sotterraneo dell'introversione

Presentazione del libro16 febbraio 2011 - Roma

LIDI – Associazione ONLUSLega Italiana per la tutela dei Diritti

degli Introversiwww.legaintroversi.it

Page 2: Presentazione "Le talpe riflessive. Il mondo sotterraneo dell'introversione"

Dal Forum della LIDI

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Ringraziamenti

A Lisa, Marcello e Maria che si sono sobbarcati l’arduo lavoro di selezione.

Ai veri autori del libro, che sono coloro i cui messaggi hanno suggerito e permesso di scriverlo.

A tutti i frequentatori del Forum che non risultano nella lista dei nickname posti alla fine del libro e in particolare a coloro che saranno dispiaciuti per una selezione inesorabilmente arbitraria.

La punta di un iceberg non esiste se non in virtù del corpo che le consente di affiorare

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Alla ricerca del Totem

• L’imparentamento con il mondo animale.• Araldica, stemmi, loghi, modi di dire (verme,

serpente, coniglio, leone, tigre, elefante, aquila, toro, porco, ecc.).

• Alla ricerca del totem neotenico.• Il cane domestico, prodotto dell’evoluzione

artificiale, come rappresentante elettivo di una specie neotenica: animale di branco che soffre di solitudine

• Introversi cinofili e introversi cinofobi.• L’albatros di Baudelaire: animale goffo e

impacciato quando zampetta, elegante e maestoso quando vola.

• Pochi introversi ancora riescono a volare.• La fobia sociale e la fantasia di sprofondare

sotto terra.• La talpa, animale un po’ goffo, monotono e

pregiudicato.

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Da Disney alla Storia

• L’uomo riesce ad umanizzare il mondo degli animali, ma ha difficoltà ad umanizzare quello cui appartiene.

• La riscoperta dell’antropomorfismo disneyano.

• Winnie Pooh, l’orso tutt’altro che “orso”.• Gli amici di Winnie Pooh (Tigro, Tappo, Pimpi,

Ih-oh, Roo, Kanga, Uffa): una congrega di solitari che si fanno compagnia.

• L’opposizione tra estroversi (Tigro) e introversi (Ih-Oh).

• Il coniglio Tappo e la sua ossessione di curare il campo ove coltiva, in bell’ordine, le carote.

• La talpa malandrina che periodicamente devasta l’orto.

• La mente “distorta” dell’intellettuale che cerca nel mondo disneyano un profondo significato.

• La dialettica tra ordine e disordine che segna la storia della cultura umana.

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Coltura e cultura

• Coltura e cultura sono termini imparentati. • L’avvento dell’agricoltura, il surplus, la

divisione del lavoro manuale da quello intellettuale, la nascita della scrittura, l’accumulazione e la trasmissione del patrimonio culturale.

• La cultura con la c minuscola: insieme di tradizioni, costumi, valori condivisi, istituzioni, leggi che tende a stabilizzare la società all’insegna della Norma e a dare ad essa un’identità riconoscibile in superficie sotto forma di senso comune.

• La Norma mette ordine nel caos, ma costringe i soggetti a pensare, a sentire e ad agire in maniera convergente o omologa.

• La Cultura con la c maiuscola - espressione di creatività - è una ricerca orientata a mettere in discussione la Norma e ad andare al di là di essa, per valorizzare ciò che il senso comune esclude, rimuove o squalifica.

• Lo scarto variabile tra cultura e Cultura.• Lo stato di cose nel nostro mondo. • La riduzione dello scarto è immaginabile, il suo

azzeramento impossibile.

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Superficie e spessore

• Il senso comune è il tessuto connettivo della società, che consente agli individui che ad essa appartengono di vivere in superficie, godendo dei frutti del lavoro delle generazioni precedenti.

• Pre-giudizi e riproduzione sociale. • Il vantaggio: si può vivere sapendo come si

deve vivere senza star lì a rompersi la testa. • L’inconveniente: il senso comune si organizza

sempre sulla base dell’uso di non pochi diserbanti, che spesso scambiano per erbacce germogli preziosi.

• L’allergia degli introversi per tutto ciò che rientra nella categoria della superficialità (matematica e realtà sociale).

• La superficie sociale come incrostazione di tradizioni, pre-giudizi, miti, mode, ecc.

• Gli introversi sono per natura “dietrologi”• L’attitudine naturale per il senso nascosto

dietro le apparenze comporta un inconveniente: un’avversione più o meno profonda nei confronti degli esseri umani - gli estroversi - che tendono a vivere in superficie.

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Modi di essere complementari

• Scambio di accuse tra introversi e estroversi.

• Superficialità (prendere il mondo a scatola chiusa), Pesantezza (essere rompiscatole per la pretesa di andare al fondo delle cose).

• Le due dimensioni - il superficiale e il profondo - sono costitutive della realtà umana e di quella sociale.

• Sarebbe un bel guaio se tutti gli esseri umani vivessero in superficie, prendendo per buono un ordine socioculturale che è uno dei tanti possibili.

• Sarebbe un bel guaio se tutti scavassero sotto terra, mandando continuamente all’aria l’ordine della cultura.

• Ogni società ha bisogno di un certo grado (solitamente elevato) di stabilità e di un certo grado di instabilità.

• La stabilità assicura l’identità e la persistenza delle tradizioni e delle istituzioni.

• L’instabilità promuove, con tempi inesorabilmente lenti, un cambiamento.

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Candido e Pangloss

•LL’ottimismo del dottor Pangloss e il tentativo di Candido di stargli dietro fino alla saggia conclusione: “Occorre coltivare il proprio orto”.

•LL'avventura della specie umana postula gli agricoltori, che mantengono l’ordine, e gli scavatori che dissodano la terra e, rivoltandola, la rendono feconda.

•NNel mondo ci sarà sempre (almeno per un periodo sterminato di tempo) chi è attratto dalla superficie e chi ama ciò che c’è al di sotto di essa, chi fa corpo con l’ordine dato e chi è affascinato da un ordine possibile .

•GGli introversi devono formulare una pace (ahimè unilaterale) con gli estroversi, riconoscendo che essi fanno il loro mestiere: assolutizzano e reificano la Norma, rivelandone, proprio per ciò, le lacune e promuovendo inconsapevolmente il suo superamento.

•FFar la pace, e cioè farsi una ragione di come funzionano gli esseri umani, non è per nulla semplice.

•GGli introversi, per quanto profondi e impegnati a scavare, hanno difficoltà ad accettare il significato della loro diversità.

•IIn particolare, rifiutano di assumerla come un “destino” che, se preso per il verso giusto, può produrre qualcosa di buono.

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Vincoli genetici

• La specie umana è uno “scherzo” della Natura.

• Siamo tutti cavie da esperimento, anche se la cosa non ci va a genio.

• L’uomo è un animale marcatamente neotenico, quasi sprovveduto di istinti e dotato di potenzialità ridondanti, irriducibili ad una finalità meramente adattiva.

• “Il mostro di belle speranze” e il suo imprevedibile futuro.

• L’esperimento non è stato progettato da nessuno a tavolino, però di fatto è programmato geneticamente.

• La programmazione genetica concerne il corpo.

• La costrizione a stare in piedi (con conseguente mal di schiena), la costrizione ad essere spelacchiati (esposizione al congelamento e all’insolazione), la costrizione ad avere cinque dita e il pollice in opposizione (meravigliosa destrezza che ci impedisce di penzolare dalle liane), ecc.

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• Vincoli genetici governano anche la personalità, questo monstrum caotico e contraddittorio sul quale sovrapponiamo l’etichetta Io.

• Il problema del linguaggio. • Se non fossimo predisposti, e dunque

“costretti” a imitare i grandi che parlano, riusciremmo a formulare qualche mugugno solo verso la fine della vita.

• Per quanto riguarda il carattere, i vincoli genetici tendono ad essere rifiutati perché contrastano il nostro desiderio di sentirci liberi e padroni di noi stessi.

• Accettiamo il condizionamento ambientale, non quello genetico.

• Le influenze genetiche e quelle ambientali sono evidenti in ogni essere umano.

• Il colore degli occhi attesta inequivocabilmente e irreversibilmente il legame con il padre o con la madre: un legame che non si può modificare.

• Lo stesso vale per tutta una serie di atteggiamenti gestuali o mimici o per inflessioni dialettali che abbiamo appreso per imitazione da essi, e non saremo mai in grado di modificare.

“Destino” biologico, “destino” psicologico

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Il “destino” degli estroversi

• La libertà individuale esiste (forse), ma il suo esercizio è subordinato a vincoli genetici.

• Il vincolo genetico più evidente riguarda l’orientamento caratteriale di base, il venire al mondo estroversi o introversi.

• E’ sulla base di questo orientamento che entriamo in rapporto con il mondo, pensiamo, sentiamo e agiamo.

• Vincoli deterministici e vincoli indeterministici, che definiscono un insieme di possibili sviluppi.

• L’estroversione comporta una flessibilità adattiva di gran lunga superiore all’introversione, una maggiore dipendenza dello sviluppo della personalità dall’ambiente esterno.

• Il destino degli estroversi è di adattarsi al mondo così com’è e di vivere l’integrazione in esso come espressione del loro bisogno di autorealizzazione.

• La funzionalità dell’estroversione: l’esempio del lavoro.

• Il mondo non è stato sempre allo stesso modo, ma la maggioranza della popolazione è sempre riuscita ad adattarsi alle diverse forme che esso ha assunto.

• Gli estroversi cambiano quando cambia il mondo. • L’adattamento orientato all’integrazione sociale è un

vincolo genetico.

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Il “destino” degli introversi

• Il vincolo primario: la perpetua oscillazione della mente introversa tra aderenza alla realtà e un mondo interiore nel quale scorrono intuizioni, emozioni, fantasie.

• Un certo grado di “distrazione” non è rimediabile.

• Doveri sociali (nei confronti degli altri) e doveri naturali (nei propri confronti), imposti dai geni.

• L’autorealizzazione vincolata ad obiettivi sociali e quella vincolata alla vocazione ad essere.

• Il dovere misconosciuto degli introversi di realizzare al massimo grado le proprie potenzialità intellettive, emozionali e sociali.

• Gli introversi si acquietano e raggiungono un certo benessere solo quando arrivano ad un grado di realizzazione delle loro potenzialità che, di solito, va al di là del grado che permette ad altre persone di sentirsi normali.

• Il doppio pericolo che incombe sugli introversi: esistenze impropriamente realizzate ed esistenze mancate.

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La miscela tossica

• I vincoli relazionali riguardano l’associazione della sensibilità empatica con il senso di giustizia.

• La miscela potenzialmente tossica.

• L’empatia come capacità di capire quello che passa nella mente degli altri.

• Nell’empatia introversa c’è qualcosa di più: l’identificazione con l’altro come simile, e quindi dotato di una dignità sua propria di essere umano.

• Il problema del valore intrinseco e inestimabile di ogni essere umano.

• Non si tratta di un valore oggettivo: come essere naturale, l’uomo è un fuscello nel contesto dell’universo, una bava cosmica che, sul Pianeta che l’ospita, rischia di fare disastri.

• E’ un valore etico, che, quasi di sicuro, hanno inventato gli introversi, nel cui mondo interiore esso è fortemente rappresentato.

• La conseguenza di questo valore è di identificarsi con coloro la cui dignità viene calpestata, e arrabbiarsi nei confronti di coloro che la calpestano .

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Gli effetti della miscela tossica

• Al di là dei mali naturali che incombono sull’esistenza, gran parte delle ingiustizie e delle sofferenze umane sono prodotte, consapevolmente o inconsapevolmente, da esseri umani.

• La rabbia degli introversi nei confronti delle ingiustizie raggiunge spesso vertici massimali , che implicano una fantasia, conscia o inconscia, di vendetta punitiva.

• La rabbia massimale confligge con la dignità universale degli esseri umani.

• L’automatismo del senso di colpa è implacabile, anche se la rabbia non viene in alcun modo espressa.

• Sarebbe una soluzione di molti problemi se questo automatismo si potesse trasformare in un vaccino da somministrare all’umanità.

• Interpretazione genetica e interpretazione culturale dell’automatismo.

• Il libro di Bodei propone una soluzione filosofica del problema in termini di ragionevolezza, vale a dire di valutazione oggettiva del peso delle ingiustizie.

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Il mistero

• Qual è il significato di questa singolare associazione - tra empatia e senso di giustizia - che spiega gran parte dei problemi degli introversi nel nostro mondo?

• Uno “scherzo” della natura, uno dei tanti che essa fa: una sorta di rebus senza soluzione?

• Una sorta di linea evoluzionistica orientata a produrre una nuova umanità, ricca di empatia e, al tempo stesso, dotata di meccanismi di inibizione capaci di prevenire e punire qualunque comportamento incompatibile con la dignità umana?

• Questa ipotesi identifica negli introversi una sorta di avanguardia degli sviluppi futuri dell’umanità.

• Se anche fosse così, il problema degli introversi rimarrebbe pur sempre quello di vivere nel proprio tempo, e di dover fare i conti per un verso con il mondo così com’è e per un altro con i vincoli genetici del loro mondo interiore.

• Quel è la possibile soluzione?

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La comprensione critica

• La comprensione critica dei fatti umana come arte di vivere

• Il problema del libero arbitrio. • Valutazione delle conseguenze dei comportamenti

ingiusti • Valutazione dell’intenzione, della volontarietà e

della consapevolezza di chi li agisce.• Gli esseri umani agiscono sulla base della loro

storia personale, della cultura e degli strumenti di cui dispongono

• La comprensione critica funziona.• Per adottarla come un modo abituale di

interpretare le cose della vita, occorre giungere alla maturità, o almeno ad un livello minimo di maturità che per gli introversi (se non si danno incidenti di percorso) è collocabile a partire dai trent’anni in su.

• Negli introversi, soprattutto nei giovani, manca in genere la consapevolezza di tempi e modi di sviluppo che sono del tutto diversi rispetto a quelli che governano l’evoluzione degli estroversi.

• L’ingabbiamento in un continuo e ambivalente confronto con gli estroversi, che comporta per un verso il rischio di tentare di normalizzarsi estrovertendosi e, per un altro, di disprezzarli al punto tale da rifiutare di andare incontro a quel processo di naturale estroversione che porta alla maturità.

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Maturità e Individuazione

• Che cos’è la maturità?• L’immaturità neotenica e il suo potenziale di

umanizzazione.• Appartenenza e Individuazione.• L’individuazione come processo evolutivo in

virtù del quale un soggetto si differenzia dagli altri e sviluppa un modo di sentire, di pensare e di agire nel quale traspaiono i tratti di una personalità originale, vale a dire non totalmente governata dai codici normativi esistenti in un determinato contesto sociale.

• Come si differenzia la banalità dall’originalità dato che, nel nostro mondo di imperante narcisismo, tutti gli individui pensano di essere in qualche misura originali (e, di fatto, in qualche misura anche impercettibile lo sono)?

• Non è contraddittorio che proprio gli introversi, altamente neotenici, debbano raggiungere la maturità per stare tranquilli?

• Secondo quale modello poi?

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Il modello nietzschiano

• Le conferenze sui Grandi demistificatori hanno messo in luce due diversi modelli di individuazione: quello marxiano e quello nietzschiano.

• Quello nietzschiano è il modello di un’individuazione eroica incentrata sull’antitesi rispetto al come si deve essere prescritto dal mondo e dall’istinto del gregge. Un modello che gravità verso il diventare se stessi o realizzare la propria vocazione ad essere in un conflitto costante con le tradizioni, il costume, il senso comune, i valori dominanti. Un modello claustrofobico, in qualche misura anarchico, che postula l’isolamento sociale, il disprezzo nei confronti di coloro che si sottomettono all’istinto del gregge, una lotta strenua e costante contro ogni forma di superficialità, il rifiuto di stare con i piedi sulla terra, di ogni forma di adattamento,e la conseguente necessità di scavare sotto la crosta del senso comune o di spiccare il volo guardando il mondo dall’alto in basso.

• Il modello di individuazione nietzschiano assolutizza un passaggio adolescenziale, che comporta l’antitesi con il mondo così com’è, e lo radicalizza fino al punto di identificare nel disprezzo per la normalità (sia pure non immune da un’ombra di pietas) il segno distintivo dell’uomo maturo.

• Purtroppo, questo è il modello di individuazione che sembra comunemente adottato dagli introversi nel nostro mondo, e ha una lunga tradizione culturale.

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Il modello marxiano

• Il modello marxiano vincola invece l’individuazione alla storia e al contesto socioculturale. Esso muove dall’alienazione che l’uomo subisce in conseguenza della sua appartenenza ad un mondo storicamente determinato e presume che essa possa essere parzialmente rimediata dalla consapevolezza critica. Anziché esitare in una forma di elitarismo autoreferenziale, però, il processo di liberazione marxiano fa capo alla formula per cui chi libera sé libera gli altri. Esso, insomma, postula che il soggetto, nella misura in cui riesce ad individuarsi, si apra al mondo, prenda posizione e agisca, associandosi ad altri, nella direzione di un cambiamento radicale che conceda a tutti gli esseri umani adeguate opportunità di sviluppo.

• A differenza di Nietzsche, Marx ritiene che il capitale umano, per quanto diversificato nei singoli soggetti, possa dispiegarsi in ogni individuo portandolo ad una forma di vita, coltivata sul piano intellettuale, affettivo, politico e sociale, più elevata rispetto alla normalità borghese.

• Penso che il modello marxiano sia più vicino alla verità.

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Perché una Lega?

• Un mondo che offra a tutti, anche agli introversi, adeguate possibilità di sviluppo, è di là da venire.

• La necessità di una rivoluzione culturale radicale che restituisca agli uomini la consapevolezza della loro condizione e gli strumenti e i mezzi per farsi carico della responsabilità di umanizzarsi, ciascuno nei limiti delle proprie potenzialità.

• Nell’attesa della “rivoluzione”, gli introversi devono uscire dall’isolamento e dall’ombra, riconoscersi, aggregarsi, condividere la loro esperienza, solidarizzare, e, nella misura in cui è possibile, lottare.

• E’ questo ultimo aspetto che ha reso necessario fondare una Lega, che è qualcosa di più di un’Associazione.

• Dato il significato equivocabile del termine, perché lo ho proposto e mi sono battuto perché fosse adottato?

• Solo di recente sono arrivato alla soluzione del rebus.

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Suggestione e rimozione

• L’idea di una lega - l’ho capito parecchio tempo dopo la fondazione della LIDI – è riconducibile ad Hermann Hesse, un autore che in passato ho meticolosamente letto senza mai riuscire peraltro ad amarlo (per via di un che di “didascalico” presente in tutte le sue opere).

• Hesse, che ha avuto un’esperienza travagliata di introverso oppositivo e, in parte almeno, l’ha risolta con un’analisi junghiana, ha dedicato molte pagine e addirittura un intero romanzo - Damien - al processo di individuazione.

• In questo romanzo, ricco di simbolismi, egli fa riferimento ad una lega che raccoglie i “segnati” o “marchiati”, che sono inequivocabilmente introversi.

• La descrizione che il protagonista Sinclair, che rappresenta Hesse stesso, dà di questa lega è fortemente influenzata da Nietzsche (che Hesse ammirava in misura estrema).

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L'utopia

•AAvendo trovato anime affini a lui nell’amico Damien e in sua madre Eva, egli dice:

•“Fuori era la «realtà», erano case e strade, uomini e istituzioni, biblioteche e aule scolastiche: là dentro, invece, erano l'amore e l'anima, la fiaba e il sogno. Eppure non eravamo affatto esclusi dal mondo; i nostri pensieri e discorsi vi avevano il loro posto, ma in un campo diverso: dalla maggioranza ci separava non un confine, ma soltanto un altro modo di vedere. Avevamo il compito di rappresentare nel mondo un'isola, forse un modello e in ogni caso l'annuncio di un'altra possibilità di vita…

•NNon provai più il desiderio di ritornare alla tavola dei felici, alle feste della gente allegra, né mai, vedendo la vita comune degli altri, ebbi un senso di invidia o di nostalgia. A poco a poco venni iniziato al segreto di coloro che recavano il "marchio”. Noi segnati potevamo giustamente sembrare al mondo gente strana e persino matta e pericolosa. Eravamo risvegliati o sul punto di svegliarci e tendevamo a una vita da svegli sempre più perfetta, mentre le aspirazioni degli altri miravano a legare sempre strettamente al gregge le loro opinioni, gli ideali e i doveri, la vita e la felicità. Anch'essi avevano aspirazioni, anche là c'era grandezza, c'era energia. Mentre però, secondo il nostro concetto, noi segnati rappresentavamo la volontà della natura, l'aspirazione della natura al nuovo, al singolo, al futuro, gli altri vivevano in una volontà di stasi. Per essi, l'umanità, che pure amavano come noi, era qualcosa di compiuto che bisognava conservare e proteggere. Per noi, l'umanità era un lontano avvenire verso il quale tutti s'incamminavano e il cui aspetto non era noto a nessuno, le cui leggi non erano scritte in nessun luogo…

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• L’alter ego del protagonista, che è Damien, preannuncia addirittura la rivoluzione introversa:

• Ciò che verrà va oltre ogni immaginazione. L'anima europea è una bestia che visse incatenata un tempo infinito. Quando sarà libera i suoi primi moti non saranno i più piacevoli. Ma poco contano le strade e i rigiri, purché venga alla luce la vera miseria dell'anima che da tanto tempo si cerca di nascondere e di smorzare con menzogne. Allora verrà il nostro giorno, allora avranno bisogno di noi, non come capi o nuovi legislatori (noi non vedremo più le nuove leggi), ma come volonterosi pronti a metterci in cammino e ad andare dove il destino ci chiama. Tutti gli uomini, ecco, sono disposti a fare l'incredibile quando vedono i loro ideali in pericolo. Ma nessuno si fa vedere quando un ideale nuovo, un nuovo e forse pericoloso moto di crescita bussa alla porta. I pochi pronti a marciare saremo noi. Per questo siamo segnati.

La lega nietzschiana di Hesse

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Il futuro della LIDI

• L’idea della lega Hesse l’ha ribadita in altri suoi scritti (Il pellegrinaggio in Oriente, Il gioco delle perle di vetro).

• E’ difficile riconoscere lo spirito della LIDI nel trionfalismo, nell’elitarismo nietzschiano e nel riferimento all’individuazione junghiana come tragitto meramente interiore e spirituale, che distacca dal mondo.

• L’individuazione rende partecipi del mondo, coincide con la coscienza di specie e con la consapevolezza della comune avventura umana.

• Mettendo da parte il trionfalismo di Hesse, penso che la LIDI, con il suo patrimonio intellettuale, ha un grande futuro.

• Io riesco ad immaginarlo. Molti di voi, forse, avranno la ventura di viverlo e di partecipare ad esso.

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Recitativo

Antologia di messaggi da Le talpe riflessive

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L’introversione al femminile

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L’introversione al maschile

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Il calendario di Maria

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Il messaggio di Marcello Di Fiore

Nel maggio del 2008 stavo facendo delle ricerche in internet sui diritti degli omosessuali, pur non essendo io omosessuale. Io non mi ero chiesto perché lo facessi. Semplicemente stavano lavorando in me l’empatia e il senso di giustizia sociale. Così pure non potevo sapere che quelle caratteristiche da me possedute non le avevo del tutto casualmente ma facevano parte di un bagaglio di valori contenuti in una dote ricevuta alla nascita, una dote con un nome ben preciso. Quel nome era “introversione”.

L’avere digitato la parola chiave “diritti” mi condusse a trovare sul web una “strana” associazione: la LIDI Onlus, la Lega Italiana per la tutela dei Diritti degli Introversi. Io sapevo già di essere una persona introversa. Lo sapevo, perché da adolescente ebbi modo di leggere la definizione data da Jung di estroversi ed introversi. Tuttavia quando scoprii l’esistenza di una lega che addirittura tutelava i diritti di persone come me, non esultai dicendo “finalmente qualcuno che tutela i miei diritti!”. Non ho mai pensato infatti che io, in quanto persona introversa, avessi dei diritti non tutelati. Quindi rimasi molto perplesso dallo scoprire l’esistenza di una associazione simile, ma sviluppai la volontà di approfondire, prima di dare un giudizio finale. Dalla lettura del sito mi resi conto presto che si trattava di qualcosa di molto serio e valido. Nel sito si parlava dell’esistenza di un pregiudizio diffuso nella società che investiva l’essere introversi. Sapevo benissimo che era proprio così per averlo sperimentato in prima persona nel corso della mia vita. Tuttavia capii la portata della LIDI solo dopo la lettura del saggio Timido, Docile, Ardente… del Dott. Luigi Anepeta.

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Dire che rimasi meravigliato quando lo lessi è dire poco. In quel libro infatti non solo io rividi la mia vita descritta istante per istante, ma vidi anche delle cose che non avrei mai rivelato a nessuno! Come era stato possibile aver prodotto un simile lavoro? Eppure il libro esisteva, era lì davanti a me, proprio sotto i miei occhi. Nel saggio tutto il suo contenuto era vero. Ma dov’erano le prove per dimostrarlo? Ebbene io, con il mio vissuto, ero una prova vivente della veridicità del libro.

Quando a seguito della frequentazione del forum della LIDI seppi che la psicologia degli introversi, così specifica e diversa dalla media, è attualmente ignorata dalla classe medica ed accademica, capii che mi trovavo di fronte ad una situazione molto singolare. Se quel sapere fosse divenuto di dominio pubblico avrebbe aiutato l’umanità. Nel saggio vi è registrato tutto quello che il Dott. Anepeta ha osservato sulla psicologia introversa nel suo percorso di terapeuta. Si tratta di qualcosa che potrebbe anche essere riscoperto più e più volte, certo. Tuttavia se questo sapere diverrà di dominio pubblico allora la scienza potrebbe fare un passo in avanti proprio oggi. Al contrario, se andrà perduto, potrebbero volerci molti, molti anni, prima che un serio lavoro di ricerca possa portare ad una riscoperta di tutto quel sapere.

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E’ questa consapevolezza che mi ha portato a ricevere con onore l’invito a partecipare, insieme alle amiche di associazione Maria e Lisa, alla stesura del nuovo libro sull'introversione.

Il libro ha avuto lo scopo di presentare quelle prove che dimostrano sia la specificità della psicologia degli introversi, sia l’impatto prevalentemente negativo con la società, in cui gli introversi, essendo minoranza, sono costretti a vivere come dei pesci fuor d’acqua. Le prove presentate nel libro sono inoppugnabili, ma come mi piace pensare, le migliori prove sono viventi, ed è tutta la parte della popolazione costituita dalle persone introverse.

Esprimo il mio rincrescimento per non avere potuto partecipare direttamente alla manifestazione e invio un saluto a tutti i partecipanti. Il mio invito è quello di leggere il libro, e oltre, quello di conoscere il più possibile le persone introverse e quindi conoscerne i limiti, certo, ma anche tutti i valori che essi sono capaci di esprimere.

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Arrivederci al prossimo libro (forse…)L’introversione nella storia della cultura