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Reagire al declino. Una nuova economia, una nuova qualità ambientale, una nuova società

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Reagire al declino.

Una nuova economia,una nuova qualitàambientale,una nuova società

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Reagire al declino.Una nuova economia,una nuova qualità ambientale,una nuova società

L’Italia ha le energie necessarie per superare la crisi.Per tornare a crescere sono indispensabili una grandemobilitazione di tutti gli italiani e un profondo cambia-mento capace di tenere insieme l’economia, la società e laqualità ambientale.

Per il rilancio del paese non bastano piccoli aggiustamen-ti: serve un cambio di paradigma economico e sociale, per-ché quello esistente non garantisce né sviluppo né risana-mento, come dimostra la fallimentare esperienza del gover-no di centrodestra. Abbiamo bisogno di riforme radicali ecoerenti nel sistema produttivo come nelle politicheambientali, del territorio e del welfare.

Non possiamo permetterci nessuna politica dei due tempi:prima il risanamento e poi gli interventi per lo sviluppo ela redistribuzione del reddito. I due criteri devono proce-dere insieme. Così pure la ripresa di competitività delpaese non può ottenersi senza profonde innovazioni nelsistema produttivo e senza un miglioramento delle condizio-ni di vita e di lavoro dei cittadini, in particolare deigruppi e delle realtà sociali che più hanno sofferto negliultimi anni.

La sfida della concorrenza globale non può essere affrontatacon successo sfruttando la riduzione dei costi, in partico-lare di quelli del lavoro. Occorre imboccare con decisioneuna "via alta alla competitività" che faccia leva sullaricerca, sulla diffusione delle conoscenze, sulle risorsedei nostri territori e sulla coesione sociale.

A questo obiettivo devono contribuire tutte le energie delpaese: dei cittadini e dei lavoratori, delle parti sociali edelle istituzioni. Allo stesso fine saranno indirizzate tutte le politiche digoverno espresse in questo programma: quelle industrialicome quelle del territorio e ambientali, gli indirizzi dipolitica fiscale e di finanza pubblica.

La qualità della nuova economia si fonda sulla conoscenzae sull'innovazione.

La sfida dello sviluppo richiede che si investa di più nonsolo nella ricerca ma anche nella educazione diffusa deicittadini. Solo così le grandi potenzialità delle innova-zioni scientifiche e tecnologiche possono diventare patri-monio comune e contribuire alla valorizzazione dellenostre risorse umane, al rafforzamento competitivo e almiglioramento del nostro sistema produttivo. È nel quadrodell'economia della conoscenza e della qualità che si col-locano gli interventi del programma finalizzati:- ad aumentare il tasso tecnologico dell’industria, del-l’agricoltura e dei servizi;

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- a sviluppare i settori di avanguardia e insieme a valo-rizzare la dimensione territoriale dei sistemi produtti-vi territoriali;

- a sostenere lo sviluppo del mezzogiorno, in particolaresfruttando le grandi potenzialità offerte dal turismo edalla nuova centralità del Mediterraneo;

- in generale a creare le condizioni di contesto necessa-rie per fare ripartire una crescita equilibrata e perrendere conveniente alle imprese investire sulla qualitàdei prodotti e sulla professionalità delle persone.

La nuova economia deve valorizzare tutte le capacità per-sonali e imprenditoriali di cui è ricco il nostro paese.

Per questo devono abbattersi gli ostacoli che frenano lecapacità e le energie delle cittadini e delle imprese:i pesi eccessivi della burocrazia, ma anche le forme inde-bite di sussidio alle imprese, le penalizzazioni e la pre-carietà che limitano le possibilità di lavoro soprattuttodi donne ed giovani, ma anche le posizioni di monopolio ele protezioni d cui godono molti settori, dalle professio-ni, all’energia. Combattere le rendite e le protezioniindebite aprendo a una concorrenza regolata che è cosadiversa dal libero mercato, è necessario per ridurre icosti che danneggiano la competitività dei nostri prodottie peggiorano le condizioni di vita dei cittadini aumentan-do i prezzi di beni e servizi.

L’ambiente e il territorio non sono solo “condizioni dicompatibilità” per la crescita economica: sono fattori disviluppo.

E questo vale in modo particolare per l’Italia, che ha ungiacimento ambientale e territoriale di straordinariovalore. Noi crediamo che il rilancio economico del nostropaese è legato alla capacità di valorizzare le grandi qua-lità culturali e ambientali dei territori, di sostenere leloro vocazioni produttive espresse in tanti aspetti delmade in Italy, innestandovi le innovazioni necessarie perreggere la competitività globale. Il successo delle nostrepolitiche economiche si misurerà dalla capacità di perse-guire congiuntamente questi obiettivi:- la difesa e la promozione dei beni comuni ambientaliindispensabili alla vita e allo sviluppo;

- l’uso efficiente delle risorse del territorio; la moder-nizzazione dei sistemi produttivi specie di piccoleimprese anch’essi a forte caratterizzazione territoria-le;

- la creazione di infrastrutture e di sistemi di mobilità ingrado di migliorare la qualità dei territori e delle città.

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La piena e buona occupazione permette di valorizzare tuttele risorse personali del nostro paese, a cominciare daquelle preziose dei giovani e delle donne, molte dellequali restano inutilizzate.

Per noi sviluppo e welfare sono strettamente legati: lacrescita è necessaria per creare occupazione e risorse dadistribuire, ma per altro verso uno sviluppo di qualitàrichiede un modello sociale nuovo più attento alla solida-rietà e ai bisogni delle persone. Se vogliamo che concor-renza e sviluppo servano veramente al benessere dei citta-dini e non portino a diseguaglianze e tensioni sociali,dobbiamo accompagnarli con politiche sociali e del welfareche perseguano la piena e buona occupazione, che garanti-scano tutele e diritti essenziali a tutti i cittadini,nelle diverse fasi della vita, che contrastino l’esclusio-ne sociale e le povertà, vecchie e nuove, che promuovano lecapacità delle persone e dei gruppi sociali.

La qualità sociale è insieme carattere fondamentale eobiettivo irrinunciabile della nuova economia.

Un sistema di welfare universalistico e attivo che rispon-da ai bisogni essenziali dei cittadini nelle varie fasidella vita, dall’infanzia alla vecchiaia, serve a daresicurezza, a valorizzare le capacità di tutti, e quindi acostruire quella fiducia nel futuro essenziale per guarda-re avanti, per investire e innovare.Il modello che proponiamo per rilanciare sia la competiti-vità sia l’occupazione e per rinnovare il welfare necessi-ta di una grande coesione sociale che va costruita col con-senso, si deve basare su un impegno comune delle forzesociali e politiche.

Le politiche finanziarie e fiscali devono essere coerenticon gli obiettivi generali di crescita e di risanamentodell'azione di governo.

Noi crediamo che il rilancio della sviluppo e il risana-mento finanziario debbano marciare insieme. Non c’è sviluppo sostenibile né società giusta senza rigo-re nei vari campi della vita sociale ed economica: rigorefinanziario per riequilibrare i conti, dissestati dalgoverno di centro destra, per ristabilire la fiducia siadei mercati sia dei consumatori, per ridurre il peso degliinteressi passivi e liberare risorse per gli investimenti(non tagli ma riqualificazione della spesa, cioè più agliinvestimenti, meno alla spesa corrente); rigore fiscale elotta all’evasione fiscale e contributiva per garantire lerisorse necessarie alla crescita e al welfare con il con-tributo di tutti.Le politiche finanziarie e fiscali devono quindi puntare acorreggere gli squilibri sociali e territoriali, a combat-

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tere l’impoverimento prodotto dalle dinamiche del mercatoe dal centro destra; a contrastare l’evasione fiscalee contributiva, incoraggiate dal centro destra, riequili-brare il prelievo fiscale a favore dei redditi bassi,dei nuclei familiari, del lavoro e delle imprese innovati-ve, abolendo gli ingiustificati vantaggi fiscali perle rendite; a programmare e riqualificare la spesa pubbli-ca, a stimolare gli investimenti nei settori strategiciper la crescita e nel Mezzogiorno.

Infine, concordiamo sulla necessità di ampliare il sistemadegli indicatori economici in modo da tenere conto anchedi parametri fondamentali per misurare la qualità dellavita e dell’ambiente, attraverso l'adozione dell'Indice diSviluppo Umano (HDI nell'acronimo inglese), che alla misu-razione della crescita economica (attraverso il PIL)affianca la valutazione del livello delle prestazionisanitarie (attraverso la speranza di vita alla nascita) edel livello d’istruzione (in termini di alfabetizzazionedegli adulti e numero effettivo di anni di studio), nonchédi un indicatore che misuri la sostenibilità ambientale.

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Le ragioni del declino.Una nuova governanceper lo sviluppoNegli ultimi dieci anni a livello globale si sono accelerate letendenze al trasferimento di settori della produzione industria-le di massa in Asia; all'affermazione di settori a rapida cre-scita nel terziario avanzato (sanità, formazione, ambiente,intrattenimento, etc.); all'aumento della concorrenza interna-zionale in tutti i settori, compreso il terziario. Rispetto aqueste tendenze internazionali il nostro Paese soffre deiseguenti mali:- inadeguatezza della specializzazione produttiva;- arretratezza del settore terziario; - forte concorrenza che proviene dalle nuove aree di sviluppoindustriale.

L’incapacità di adattamento dell’economia italiana ai mutatiassetti internazionali è alla base del declino economico delnostro paese.Il governo delle destre ha accompagnato il declino, senza con-trastarlo: negli ultimi cinque anni tutti gli indicatori dideclino sono peggiorati. La manifestazione più evidente deldeclino risiede nell’abbassamento del tasso di crescita dellaproduttività che negli ultimi anni in Italia - unico paese euro-peo - ha addirittura assunto valori negativi.Dopo vent’anni di crescita trainata dalla grande impresa pubbli-ca e privata e altri vent’anni di crescita trainata dai distret-ti, oggi il Paese entra nella terza globalizzazione senza queivecchi modelli e senza un nuovo modello di crescita vincente.Le cause del declino che investe il sistema paese sono molteplici:- la specializzazione dell’Italia in settori esposti alla con-correnza dei paesi emergenti e la sua de-specializzazione insettori ad alta tecnologia;

- la piccolissima dimensione aziendale e la definiva scomparsadi grandi imprese, l’elevato peso dei settori protetti in cuisi lucrano rendite elevate e il conseguente abbassamento dellapropensione a competere;

- l’arretratezza, la protezione e l’alto costo dei serviziacquistati dalle imprese (energia, trasporti, servizi bancarie assicurativi) e dai lavoratori (distribuzione commerciale)che tengono alto il costo del lavoro e basso il salario reale;

- una domanda/offerta di conoscenza tecnologica inadeguata a unmaggior sviluppo delle alte tecnologie; un’offerta di forma-zione inappropriata e una scarsa attenzione ai “giacimentinascosti” (giovani e donne) dell’offerta di lavoro;

- alti costi e bassa qualità delle infrastrutture (logistica,acqua, ambiente);

- un sistema legale e amministrativo costoso e confuso, ancheper eccessi di decentramento regionale;

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- un’inadeguatezza delle competenze degli organi di governo del-l’economia;

- un sistema fiscale che penalizza il reddito di impresa rispet-to alla rendita finanziaria.

A fronte di questo quadro, crediamo che la trasformazionedel mercato nazionale richieda forti politiche pubbliche,in termini di una rete efficiente di ammortizzatori socia-li, della creazione di economie esterne e di un nuovo stimo-lo all’innovazione, soprattutto di prodotto. In particola-re, crediamo che il nuovo indirizzo di politica industrialedebba articolarsi su più piani.

In primo luogo serve una “politica orizzontale” che passi per:- il rafforzamento dei fattori produttivi, con particolare

riguardo ai problemi delle piccole imprese: è necessariauna politica del lavoro che coniughi flessibilità e sta-bilità, superando quindi la precarietà;

- la creazione di economie esterne, soprattutto attraversol'investimento sul capitale umano;

- l'efficienza della pubblica amministrazione e della giu-stizia civile.

In secondo luogo dovremo attuare una politica industrialecapace di dare orientamenti consapevoli e coerenti rispettoagli obiettivi del paese e regole più certe ed efficaci,attraverso:- un sistema di incentivi mirato, oltre che a favorire lo

sviluppo occupazionale nel suo complesso, allo sviluppodi attività di ricerca, al rafforzamento patrimoniale edimensionale di impresa, all'incoraggiamento dei progettidi riconversione e all’innovazione di prodotto nei setto-ri individuati come strategici, con particolare riferi-mento al settore manufatturiero;

- una riqualificazione della domanda pubblica, attraversol'investimento in alcuni progetti nazionali prioritari.In particolare, crediamo che si debba chiaramente indica-re dove si indirizzerà la domanda pubblica, ritrovando lacapacità di parlare alle imprese, di prospettare lorol’apertura o lo sviluppo di mercati, offrendo le informa-zioni necessarie perché intraprendano adeguati investi-menti: ad esempio, nelle tecnologie dell’informazione edella comunicazione (ICT) in connessione con una politicadi informatizzazione della PA; in pannelli solari, neimotori a metano, nella progettazione dei motori a idrogenonel quadro di una politica di risparmio energetico, ecc;

- il sostegno ai settori emergenti (biotecnologie, nanotec-nologie, ecc), favorendo la crescita di nuove imprese adalta tecnologia e rafforzando le imprese esistenti (aero-spazio), anche attraverso interventi di sostegno fiscaleall’innovazione e al “venture capital”.

Ancora, dobbiamo sviluppare progetti europei e la promozio-ne dell'internazionalizzazione delle imprese nel quadro diuna rinnovata politica estera commerciale.

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Ci serve inoltre una nuova politica dei distretti che con-senta ad almeno alcuni di essi la trasformazione in distret-ti tecnologici di livello europeo (per esempio nel settoreaerospaziale) o la riconversione in produzioni a più eleva-to valore aggiunto. A questo fine, andrà favorito l'alle-stimento a livello dei distretti, di Centri di servizi ingrado di:- svolgere per conto delle imprese gli adempimenti ammini-

strativi necessari per l'avvio dell'attività, attraversola fornitura di servizi di informazione e di consulenzalegale, amministrativa, tecnica, finanziaria e fiscale;

- offrire servizi di promozione delle innovazioni prove-nienti dal sistema della ricerca pubblica e di consulenzaper l'informatizzazione delle imprese, anche tramite lacostruzione di portali e siti web;

- promuovere rapporti con l'Unione europea e con gli organidi governo centrale e regionali, al fine di favorirel'ingresso dei prodotti locali sia sui mercati interniche su quelli esteri.

Dobbiamo infine attuare una nuova politica della concorren-za che miri a:- ridurre le rendite e la convenienza all’impiego di capi-

tali nei settori che le alimentano tali rendite (immobi-liare, autostrade, ecc.);

- favorire l’emergere di nuove attività di servizio avanza-te in settori a forte domanda e aperti a grandi innovazio-ni tecnologiche e organizzative (sanità, ambiente, sicu-rezza, formazione, logistica, ecc.);

- ridurre il costo dei servizi alle imprese e ai lavorato-ri (energia elettrica, distribuzione commerciale, pro-fessioni);

- favorire la trasparenza e la legalità dei mercati perincentivare gli imprenditori a concorrere attraversol’innovazione e la qualità del prodotto;

- una nuova governance per le politiche di sostegno allacompetitività e allo sviluppo.

Un'indicazione sembra emergere con sempre maggiore insistenza siain ambito europeo, sia nel dibattito pubblico italiano: una moder-na e più estesa forma di “politica industriale” ha oggi un ruolocruciale nel sostegno allo sviluppo economico.Si tratta di una “politica industriale” intesa in un'accezione piùampia, dovendosi attribuire alla politica dei servizi un ruolo noninferiore alla politica industriale in senso stretto. Adattarequesta politica alle nuove sfide competitive del mercato globalepresuppone un nuovo modello più funzionale al perseguimento della“politica della competitività e dello sviluppo”.L’obiettivo principale è quello di creare un unico centro diresponsabilità politica preposto a contrastare il declino del-l’apparato produttivo italiano, coordinato con i diversi livelliistituzionali di competenza nazionali e territoriali.

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Il nuovo modello di governance della politica per la cresci-ta e la competitività che proponiamo è strutturato secondotre direttrici.

La prima direttrice è il rafforzamento delle capacità diprogrammazione, attraverso la definizione di un numerolimitato di progetti strategici che potrebbero definirsi“linee d’azione di legislatura per la competitività”,da attuarsi: - orizzontalmente, attraverso l’istituzione di un comitato

interministeriale presieduto dal Presidente del Consigliocon il compito di individuare e monitorare i progettistrategici. Il comitato avrebbe anche competenze in mate-ria di indirizzo delle aziende a partecipazione pubblicadi maggioranza le partecipazioni rimanendo in capo alMinistero del tesoro;

- verticalmente, attraverso una sorta di “cabina di regia”Stato-Regioni e Stato-enti locali in materie relativealla competitività e alle politiche industriali nelrispetto del principio della sussidiarietà verticale.

La seconda direttrice è la creazione di sedi di confrontocon i diversi attori sociali e di cooperazione tra tutti isoggetti economici coinvolti nei progetti (per esempionella forma del partenariato pubblico-privato). Questo con-testo presuppone a sua volta la concertazione tra le varieistituzioni interessate, che potrebbero ricorrere – sulmodello di quanto sperimento con efficacia in ambito comu-nitario – allo strumento del cofinanziamento.

La terza direttrice, infine, è il riequilibrio delle compe-tenze all'interno del governo, attraverso la creazione diun Ministero che sia un forte centro di competenze sui temidell’economia reale. Il nuovo centro di competenza dovrebbepoter disporre di tutte le leve di sostegno alla competiti-vità del sistema produttivo: sostegno alle imprese, politi-che per l’internazionalizzazione, politiche per la ricercae l’innovazione, politica energetica, coesione territorialee sviluppo locale, politica della concorrenza. TaleMinistero dovrebbe esercitare unicamente una funzione diguida e di indirizzo, senza appropriarsi di funzioni digestione proprie di altre istituzioni. Inoltre dovrebbeessere dotato di personale qualificato per attuare le poli-tiche di concertazione con i Ministeri e con le Regioni, ein grado di conoscere le esigenze delle imprese e di dialo-gare con esse.

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Una politica industrialeper far crescere le impreseI difetti dell’apparato produttivo italiano risiedono nellaridotta concorrenzialità e nella debolezza del sistema delleimprese, derivante da limiti del tutto specifici del nostrosistema produttivo: il "familismo", il "nanismo" e la difficol-tà di far nascere nuove imprese soprattutto nei settori ad altatecnologia.

Il "familismo" ha come conseguenze una elevata e nociva commi-stione tra il patrimonio dell’imprenditore e quello dell’azien-da, una selezione del controllo per via ereditaria e non attra-verso il mercato e la tendenza a rimanere piccoli per non perde-re il controllo societario.

Il "nanismo" comporta a sua volta una minore propensione adaffrontare lo sforzo di nuovi investimenti in formazione, inno-vazione e ricerca. Le grandi imprese esistenti e profittevolisono quasi totalmente scomparse dal settore manifatturiero erestano solo nel settore di pubblica utilità e nel settorefinanziario di banche e assicurazioni. La produttività dellavoro italiana salirebbe del 21% circa se l’industria italianaavesse la struttura dimensionale e settoriale media di Francia,Germania e Regno Unito.

Noi crediamo che la politica industriale debba contribuireal rafforzamento dimensionale e patrimoniale delle imprese.E riteniamo decisivo che le imprese percepiscano che la lorocrescita è considerata dal governo un obiettivo priorita-rio. A tal fine dobbiamo agire contemporaneamente su piùfronti.

Innanzitutto dobbiamo attuare una compiuta riforma deldiritto societario: il testo unico della finanza, varatodal governo dell’Ulivo nel 1998, è stato un provvedimentomolto utile per il funzionamento dei mercati finanziariitaliani, ma ha riguardato solo le imprese quotate, unaminima frazione del totale. La riforma del diritto societa-rio varata dal centrodestra ha aumentato lo scalino norma-tivo tra società quotate e società quotabili. Ma soprattut-to con la depenalizzazione di fatto del falso in bilancio haabbassato il livello di legalità entro il quale sono obbli-gate ad operare le grandi imprese. Al contrario, noi credia-mo nella necessità di:- ridurre gli scalini normativi e abbassare i costi socie-

tari per accedere alla quotazione;- ritornare al falso in bilancio come reato di pericolo,

abrogando la disciplina introdotta nel 2002 dalla riformadel diritto societario del governo Berlusconi;

- incidere sulle forme di “chiusura proprietaria” comegruppi piramidali, accordi e patti di sindacato.

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Sarà importante attuare una nuova politica fiscaleorientata a:- incoraggiare l’accesso al capitale di rischio proprio o

di terzi ed essere il più possibile neutrale riguardoalla scelta di finanziare l’azienda con capitale proprioo di debito;

- ritornare ad una dual income tax (DIT) semplificata;- favorire la crescita dimensionale e incoraggiare il con-

solidamento, ad esempio consentendo di rivalutare gliassets materiali e immateriali a seguito della fusionetra due o più gruppi e di usare i maggior valori comeammortamenti fiscalmente deducibili.

Non possiamo trascurare una politica della finanza per lacrescita: crediamo che le imprese piccole, ma con altopotenziale di crescita perché innovative - nella tipologiadi produzione, nelle tecnologie o nei mercati - devono esse-re aiutate nel loro sforzo di crescita. A tal fine pensiamoall'introduzione nel nostro ordinamento del modello difinanziamento adottato in Francia, basato sul concorsoparitario di investimenti pubblici e finanziamenti privatierogati attraverso società di “private equity” o di “ventu-re capital”.Sarà poi necessaria una politica per il rafforzamento dellacooperazione tra piccole imprese e banche locali in modo daaccrescere i flussi di informazioni e l’affidabilità finan-ziaria delle piccole imprese, anche attraverso i consorzifidi. A questo fine un ruolo molto importante potrebbe esse-re svolto dalle Banche di Credito Cooperativo, che già oggifinanziano complessivamente il 25% delle imprese minori eper obbligo statutario investono sul territorio. Riteniamoopportuno che, ai fini dei parametri patrimoniali richiestida Basilea 2, la rete di queste piccole banche possa esserevalutata come un unico gruppo bancario.

Dobbiamo infine potenziare il “Fondo antiracket e antiusura”per liberare le piccole e medie imprese del Mezzogiorno dalricatto della malavita e degli usurai.

Ricerca,innovazionee trasferimento tecnologico:obiettivo LisbonaA Lisbona l’Unione Europea aveva fissato un obiettivo di spesain ricerca e sviluppo (R&S) pari al 3% del PIL, per due terzi diorigine privata.Oggi l’Italia è all’1,1%, tra gli ultimi posti in Europa enell’Ocse. Di questa spesa, il 40% proviene dalle imprese, il

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60% dallo Stato.Le imprese che fanno ricerca in Italia sono poche: metà dell’in-tera spesa privata è compiuta in Italia da appena sei gruppiindustriali, mentre negli USA sono centosettanta.

Noi crediamo che un impegno del paese nelle politiche per laricerca è prioritario, anche per caratterizzare il nostromodello di politica industriale.A tal fine, riteniamo che gli interventi debbano esseremirati, senza aiuti a pioggia indifferenziati, e che il qua-dro normativo debba rimanere stabile nel tempo per consen-tire alle imprese di programmare i loro investimenti e leloro strategie di crescita. In particolare, puntiamo su uninsieme di strumenti.

Il primo strumento è il finanziamento discrezionale digrandi progetti. Una parte degli investimenti in ricercadeve essere orientata su specifici programmi selezionatiattraverso la seguente procedura:- identificazione di aree con netta priorità e dai confini

ben delimitati: scienze della vita, scienze dellamateria, fonti energetiche alternative, ICT e scienzedello spazio;

- coordinamento con domanda pubblica (informatizzazionedella PA e piano dei trasporti), con la formazione e conl’alta educazione;

- complementarità, rispetto ai programmi e alle piattaformetecnologiche attivate a livello UE, assunzione di unsistema trasparente e condiviso di valutazione ex-ante,in itinere ed ex-post dei progetti.

Il secondo strumento è il credito di imposta automaticosulle spese di ricerca. Per alcune forme minori, ma impor-tanti di innovazione, tipiche di molti settori, rimangonoopportuni i meccanismi di incentivazione automatici.L’automatismo è da preferire perché: è semplice da gestire;consente tempi più rapidi e certi nell’erogazione dei con-tributi; comporta minori costi amministrativi per le impre-se che approntano le richieste di finanziamento; evita gliusi impropri della discrezionalità. Tuttavia è necessariodefinire regole antielusive e regole di valutazione aposteriori dell'utilizzo e dell'efficacia dei risparmi diimposta concessi.

Il terzo strumento è il riconoscimento di agevolazioniautomatiche per le assunzioni di ricercatori. Il problemadella carenza di ricercatori investe tutta Europa e rendedifficile il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona. InItalia il problema è particolarmente grave, come dimostrala limitata presenza di ricercatori nelle imprese private.Una politica di rafforzamento dell’assunzione di ricercato-ri deve a nostro avviso passare attraverso misure di fisca-lizzazione degli oneri sociali sostenuti per l'assunzionedi ricercatori, unite a idonei meccanismi di controllo che

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verifichino la natura e la qualità della ricerca effettiva-mente svolta dalle imprese che accedono alle agevolazionifiscali.

Il quarto strumento è il credito di imposta sulle commesseesterne. Proponiamo di concedere crediti di imposta parial 50% delle commesse conferite dalle imprese alle univer-sità o agli istituti pubblici di ricerca. È uno strumentoche riteniamo molto utile per le piccole e medie imprese,che non hanno la dimensione sufficiente per fare ricerca inproprio. Inoltre, proponiamo che il trasferimento tecnolo-gico incentivato venga legato alla nascita di nuove impre-se. Da un lato potrebbero nascere imprese che utilizzanoi risultati della ricerca per un nuovo prodotto, dall’altrole stesse università potrebbero diventare incubatori diimprese tecnologiche.Il quinto strumento è lo sviluppo di una politica di trasfe-rimento tecnologico (TT). La diffusione sul territorio diiniziative dedicate al TT (centri servizi, parchi, BIC,agenzie di sviluppo territoriale, servizi di associazionidi Pmi e di distretti, ecc.) è ricca, ma frammentata e nonsempre dotata delle necessarie strutture e competenze. Nonsi tratta di spendere di più, ma spendere meglio. Le attivi-tà di promozione dell’innovazione e di assistenza alle PMI eall’artigianato, sono attribuite in primo luogo alla compe-tenza dei poteri locali. Il Governo potrebbe tuttavia avereun ruolo determinante attraverso l'adozione di un Programmaper il finanziamento di progetti a sostegno del trasferi-mento tecnologico” con le seguenti caratteristiche:- essere esteso a tutto il territorio nazionale; - essere volto a diffondere le “best practices”;- indurre la creazione di un organo di indirizzo di

distretto che snellisca gli adempimenti burocratici, cheindividui forme adeguate di veicolazione specialisticadi conoscenze tecnologiche alle PMI e le aiuti a collega-re la loro ricerca applicata a università e enti pubblicidi ricerca;

- cofinanziare i progetti di trasferimento tecnologico pre-sentati congiuntamente da centri di ricerca, associazioniimprenditoriali ed enti territoriali.

Inoltre riteniamo necessario aiutare le piccole e medieimprese italiane a sostenere l’onere della brevettazioneeuropea e delle certificazioni europee, più accreditate ericonosciute a livello internazionale, ma ben più costosedi quelle italiane. Crediamo che una particolare attenzionedebba essere posta nell’industria del software e in genera-le alla creazione e produzione delle tecnologie necessarieall’innovazione in tutti i settori: i prodotti “intelligen-ti” e i servizi a valore aggiunto si costruiscono grazie alsoftware e all’ICT.Trasparenza, informazione e controllo devono essere lecaratteristiche di queste politiche. Il governo deve dotar-

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si di strumenti idonei a conteggiare precisamente l’entitàcomplessiva dei trasferimenti finanziari ad ogni singolaimpresa, a verificare la normativa dei contratti e a monito-rare le imprese che godono delle agevolazioni.

Le imprese italiane nelmondo: l’economia italianadiventa internazionaleLa struttura della nostra collocazione internazionale è moltofragile, perché troppo orientata all’esportazione, troppo par-cellizzata in piccolissime imprese e scarsamente presente neicomparti più dinamici e ad elevato contenuto tecnologico, oggial centro delle ristrutturazioni dell’economia globale. Leprincipali ragioni della cattiva performance delle esportazioniitaliane, che si manifestano dalla metà degli anni ’90, ma peg-giorano drasticamente negli ultimi cinque anni, sono tre:- il peggioramento della posizione competitiva (a causa della

peggior dinamica della produttività italiana il costo dellavoro per unità di prodotto negli anni 2000 è cresciutodell’1% in Germania, del 10% in Francia del 20% in Italia);

- la bassa quota di esportazioni nei mercati in forte crescita(tre quinti delle esportazioni italiane si dirigono nei paesieuropei maturi);

- l’ alta quota delle esportazioni italiane nei settori maturi incui la concorrenza con i paesi emergenti è moto elevata (casa emoda), con l'eccezione delle macchine utensili. Queste ragionispiegano perché le quote del commercio mondiale sono cadute dal5,1% del 1990 al 4% nel 2000 e al 3,1% nel 2004.

In tema di investimenti esteri una presenza significativa dipartecipazioni di imprese italiane all’estero si ritrova solonel settore delle utilities, grazie al ruolo giocato dai grandigruppi energetici (Eni e Enel) nell’acquisizione di partecipa-zioni straniere. In termini di capacità di attrazione degli investimenti esteril’Italia è scivolata al 98° posto della classifica internazio-nale e si trova solo al 29° posto quale investitore all’estero.I capitali esteri arrivano in Italia per lo più per acquisireimprese e non per insediare nuove attività di produzione, servi-zio, ricerca e sviluppo. Nei settori tecnologicamente avanzatisiamo sempre meno attrattivi.

Noi crediamo che un rilancio dell’internazionalizzazionedebba interessare innanzitutto l’inserimento sui mercatiinternazionali delle nostre imprese, in particolare lepiccole, carenti di strutture produttive e commerciali suimercati di sbocco.

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Crediamo che uno sforzo particolare debba essere fatto perl’internazionalizzazione dei distretti industriali e deisistemi territoriali di piccole e medie imprese.Una internazionalizzazione evoluta, deve prevedere il man-tenimento e l’accrescimento in Italia delle fasi strategi-che del ciclo produttivo. In Italia un nutrito insieme dimedie imprese hanno raggiunto in questi anni importantilivelli di fatturato, con una forte proiezione internazio-nale. Potrebbero diventare un volano importante peril rilancio dell’internazionalizzazione del nostro sistemaproduttivo.Riteniamo che un ruolo rilevante vada attribuito alle isti-tuzioni pubbliche preposte all’internazionalizzazione, cheoperano sul terreno finanziario (Simest), assicurativo(Sace) e di promozione (Ice) e alle istituzioni private,le Camere di Commercio e si impone una maggiore collabora-zione tra queste istituzioni.Riteniamo che debba essere promosso all’estero, coordinandomeglio anche le iniziative regionali, l'intero “sistemapaese". L’attuale debolezza di una politica nazionale del-l’internazionalizzazione ha prodotto un complesso costoso epoco efficiente di venti promozioni regionali: si impone unmaggior coordinamento a livello nazionale.

Crediamo che si debba puntare sull'attrazione degli inve-stimenti diretti esteri in Italia. Le politiche per l’acco-glimento di imprese estere devono riguardare la rimozionedelle difficoltà sia di entrata sia di uscita.È necessario ridurre drasticamente i tempi e i costi perl’avvio di un’attività di impresa, che costa in Italia tradieci e quindici volte di più rispetto a Nord America, RegnoUnito, Francia e Paesi scandinavi. Tra le difficoltà dientrata che puntiamo a ridurre ci sono inoltre la debolezzadel quadro normativo e fiscale, le carenze nelle infra-strutture, le difficoltà per l’ottenimento di autorizzazio-ni a nuovi insediamenti.

Crediamo nella necessità di sostenere la partecipazione diimprese italiane a progetti europei, sia negli ambiti neiquali è già significativa la nostra presenza (aerospazio,telecomunicazioni, trasporti, cantieristica), sia in ambitiinnovativi ad elevato potenziale di crescita (biotecnolo-gie, nanotecnologie, energia ecc).I grandi programmi spaziali e militari americani hannosvolto un ruolo fondamentale nel rafforzamento della lea-dership tecnologica di quel paese. In Europa invece è neces-sario sviluppare programmi in aree d’avanguardia come laconservazione e produzione di energia pulita, la sanità e laprotezione ambientale, l’applicazione dell’ICT ai servizisociali, il programma satellitare Galileo per le telecomu-nicazioni, senza dimenticare i settori europei aerospazia-le, navale e delle comunicazioni. Un ruolo centrale va attribuito al settore aerospaziale, il

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solo settore che parte da posizioni consolidate. In parti-colare, crediamo che i programmi che mobilitano l’innova-zione industriale debbano dar luogo ad una cooperazioneeuropea, passando attraverso il concorso e l'impulso di piùpaesi nella selezione e nel finanziamento dei progetti. Intal senso è fondamentale per l'Italia la ricerca in Europadi partnership adeguate per promuovere e guidare i progettidi innovazione.

Le politiche per laconcorrenza:dalla partedel cittadino consumatore,risparmiatore e utenteIl centrodestra italiano ha commesso negli ultimi anni l’erroredi vedere nel rallentamento del progetto europeo l’allentamentodi un vincolo dal quale poterne trarre beneficio. È stato unerrore di non aver fatto dell’obiettivo della concorrenza l’oc-casione per riorganizzare la struttura produttiva dell’economiaitaliana a fronte delle nuove sfide. L’esperienza passata ha privilegiato l’aspetto della privatiz-zazione su quello della de-monopolizzazione. In particolare:- i grandi servizi pubblici a rete, nati dai monopoli pubblici

sono stati privatizzati prima di una radicale liberalizzazio-ne; insieme ai servizi pubblici locali, mantengono ancoratariffe troppo alte;

- i servizi professionali sono protetti da norme che senza giu-stificazioni restringono l’accesso alla professione, limitanola concorrenza e riversano sui loro utenti costi elevati;

- la distribuzione commerciale è ancora caratterizzata da unbasso tasso di concorrenzialità e da elevati prezzi finali,a loro volta derivanti da inefficienze disfunzioni dellefiliere produttive e distributive;

- i servizi bancari, assicurativi e anche pubblicitari sonoofferti in situazione di minor concorrenza che all’estero.

Liberalizzare ha senso se significa contrastare la renditae aumentare l'efficienza del sistema economico. A tal fine,uno sforzo si impone da parte delle imprese e dello Stato adintervenire nei settori nei quali si annidano renditeimproprie e inefficienze.

Questo sforzo deve accompagnarsi a un rafforzamentodell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato(Antitrust), il cui ruolo nevralgico è quello di applicareil diritto della concorrenza. In generale, proponiamo di:- valorizzare il potere consultivo e di indirizzo

dell'Antitrust nei confronti del Parlamento e del gover-

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no, riservando finalmente adeguata considerazione ai suoisuggerimenti (sono state presentate in Parlamento 200segnalazioni su tariffe, difesa di monopoli legali olimitazioni all’accesso al mercato: di queste l’80% sonorimaste inascoltate);

- potenziare il sistema delle sanzioni, oggi seriamenteinadeguate rispetto agli sviluppi del diritto europeo, adesempio rafforzando la capacità dissuasiva della sanzionee introducendo programmi di clemenza per le imprese checontribuiscono alla individuazione dei cartelli;

- accrescere la sensibilità del legislatore rispetto aidanni causati da leggi e regolamenti che ostacolano laconcorrenza, attraverso una specifica valutazione sottoquesto profilo dei provvedimenti all'esame parlamentare,anche facendo ricorso al parere dell'Antitrust;

- rafforzare il potere di indagine e di propostadell’Antitrust, al fine di individuare strutture di mer-cato e normative più concorrenziali nei diversi settorieconomici.

Per noi liberalizzare significa contrastare rendite monopo-listiche e corporative, migliorare qualità e prezzo per ilconsumatore, garantire fondamentali clausole sociali per glioperatori, promuovere investimenti e crescita industriale.Ciò vale anche per i servizi pubblici locali. In questo casoliberalizzare deve significare altresì garantire comunque lecaratteristiche universalistiche dei servizi.

Nei servizi a rete (energia, trasporti) la proprietà dellereti deve rimanere pubblica.

Nel settore cruciale dell’acqua dovranno essere assunticriteri di massima sensibilità, di precauzione, di forteinvestimento programmatico. In questo caso la distinzionefra rete e servizio è più complessa. Entrambe le funzionidovranno dunque rimanere pubbliche.Crediamo inoltre nell’assoluta necessità di effettuarerobusti investimenti nel potenziamento e ammodernamentodelle reti idriche, soprattutto nel mezzogiorno dove i cit-tadini e gli utenti finali hanno ancora gravi e diffuse dif-ficoltà di accesso all’acqua.

Politiche di liberalizzazione e trasparenza crediamo vadanoattuate secondo gli stessi principi anche nei settori delladistribuzione dei farmaci e dei taxi.

L'altro settore che necessita di specifiche politiche diliberalizzazione a tutela degli effettivi interessi deicittadini, è il settore dei servizi professionali.Questo settore è stato fin ad oggi estesamente sottrattoalle dinamiche concorrenziali, con il fine dichiarato ditutelare il cittadino, in nome della natura delicatadelle prestazioni offerte (salute, giustizia, ecc) e

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della necessità di offrire adeguate garanzie di profes-sionalità del servizio.Pur riconoscendo come fondate queste peculiariesigenze di garanzia nella prestazione di alcuniservizi professionali, riteniamo tuttavia che in alcunisettori si debba intervenire per meglio rispondere alleesigenze e agli interessi dei cittadini e degli utenti.Infatti:- in Italia esistono oggi oltre venti ordini e collegi pro-

fessionali, non tutti rispondenti - come spesso segnalatodall'Antitrust - alle specifiche esigenze di tutela pro-prie delle prestazioni riguardanti diritti civili costi-tuzionalmente protetti;

- l’Italia secondo la Commissione UE è il paese con il mag-gior tasso di protezione (superiore anche a Germania,Francia e Spagna) delle tradizionali categorie professio-nali di notaio, avvocato, contabile, farmacista, archi-tetto, ingegnere;

- nei paesi più liberali (Inghilterra, Danimarca e Olanda)non vi sono segnali di malfunzionamento dei mercati, mala maggior libertà nelle professioni consente maggiorricchezza complessiva (Commissione UE);

- in Italia i servizi professionali hanno una incidenza sulvalore della produzione dei settori esportatori di circail 6% e l’Antitrust ha rilevato che tanto più i settoriesportatori dipendono dai servizi professionali tantopeggiore è la loro performance.

Le politiche per la concorrenza nell'ambito dei serviziprofessionali devono secondo noi riguardare i principaliaspetti oggi soggetti a regolamentazioni restrittive. Inparticolare:- le condizioni di accesso all’attività: numero degli

ammessi, requisiti, attività loro riservate;- la condizione di svolgimento dell’attività: prezzi, pub-

blicità e modelli aziendali.

A questo proposito bisogna valutare se le restrizionirispondano alle esigenze dei fruitori dei servizi profes-sionali o se non si dimostrino una mera difesa delle posi-zioni di rendita. Pur riconoscendo la necessità di mantenere una regolazioneordinistica per le professioni che rispondono a questirequisiti, sulla base del cosiddetto sistema duale ritenia-mo sarebbero necessarie le seguenti misure di liberalizza-zione:- consentire che le attività meno complesse siano svolte

liberamente anche da non iscritti agli ordini professio-nali, come in molti paesi europei;

- a tal fine riconoscere le nuove professioni e le loroassociazioni;

- consentire che nel caso di prestazioni complesse risulti

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ammesso ad operare un numero di professionisti adeguatoalle esigenze della domanda e non predeterminato autori-tativamente (esistono molti più farmacisti abilitati chenon farmacie con la licenza commerciale);

- abolire le tariffe minime, tranne casi limitati alleattività riservate e il divieto di pubblicità e di infor-mazione al pubblico;

- consentire la fornitura di servizi multidisciplinari einterprofessionali da parte di professionisti associati odi società di professionisti;

- affidare agli ordini professionali le funzioni di forma-zione dei loro associati e la fissazione di standard diqualità dei servizi (una sorta di rating);

- riqualificare gli aspetti formativi del praticantato,prevedendo altresì un equo compenso;

- confermare il rispetto dell'autonomia finanziaria egestionale delle Casse di Previdenza privatizzate.

In generale, crediamo che una maggiore concorrenza nel set-tore possa ampliare il mercato di questi servizi e meglioincontrare sia le esigenze dei consumatori, sia l’accessoalle professioni da parte dei giovani laureati.

Infine, un altro terreno d'intervento per le politiche diapertura dei mercati e di liberalizzazione è costituitodalla distribuzione commerciale.A questo proposito, i governi dell'Ulivo hanno già avvia-to una politica di riduzione delle barriere allaconcorrenza, a tutto beneficio dei consumatori. In par-ticolare, la riforma del commercio del 1998 ha abolito ilRegistro degli esercenti, ha ridotto a due le tabellemerceologiche, ha cancellato i piani commerciali, haesteso gli orari di apertura.Con la riforma del titolo V della Costituzione la regolamen-tazione del commercio è definitivamente passata alle regio-ni. Lo Stato conserva tuttavia piena potestà legislativa inmateria di tutela della concorrenza e di tutela dei dirittidei consumatori.

Noi crediamo che lo Stato debba esercitare entrambe questecompetenze e promuovere, nel solco nella riforma del 1998politiche orientate congiuntamente a:- promuovere la spinta concorrenziale nel settore della

distribuzione commerciale, favorendo lo sfruttamentodelle economie di scala e il contenimento dei prezzifinali al consumo;

- accrescere la dimensione delle catene distributivenazionali, per far fronte alla penetrazione del merca-to nazionale da parte di grandi gruppi stranieri e allospiazzamento dei produttori domestici;

- per altro verso, tutelare la permanenza nei centriurbani delle piccole attività commerciali e artigiana-li (esercizi di vicinato), anche in funzione di tuteladella vivibilità e della sicurezza delle città;

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- valorizzare la funzione sociale della piccola e picco-lissima distribuzione, garantendo soprattutto in alcu-ni casi (piccoli paesi, periferie urbane) la possibi-lità di accesso agli acquisti anche a coloro che, comegli anziani o i disabili, non sono nelle condizioni diapprovvigionarsi nei grandi magazzini;

- in generale, garantire un equilibrio tra esigenze com-petitive ed esigenze sociali e produttive, attraversola selettività degli interventi in un quadro di pro-grammazione territoriale.

Inoltre, la deregolamentazione degli orari deve avvenirenel rispetto della legislazione del lavoro.Infine, con specifico riguardo al comparto agroalimentare,riteniamo indispensabile sollecitare i produttori e idistributori commerciali ad adottare politiche reciproca-mente convenienti per l'accorciamento delle filiere e ilcontenimento dei prezzi finali. In particolare, crediamo che le catene distributive debbanoessere incentivate a distribuire nei punti vendita di cia-scun territorio una certa varietà di prodotti locali.

Risparmiare con fiducia:trasparenza e affidabilitàdei mercati finanziariLo sviluppo economico richiede che i risparmiatori nutranofiducia nei mercati in cui investono i loro risparmi e in parti-colare:- nelle imprese che emettono i titoli in cui essi investono,

azioni e obbligazioni;- negli intermediari finanziari (gruppi bancari) che collocano

questi titoli sul mercato;- nelle istituzioni preposte alla stabilità, alla trasparenza e

alla concorrenzialità di questi mercati;- nel controllo giudiziario a tutela dei loro diritti.

I recenti scandali finanziari hanno rischiato di minare grave-mente la fiducia dei risparmiatori verso ciascuno di tali sog-getti, evidenziando la necessità di recuperare a tutti i livellicredibilità e trasparenza, dai meccanismi di regolazione deimercati finanziari fino alle forme di governance delle impreseindustriali.

Per altro verso, è il settore bancario a richiedere interventiincisivi. Negli anni ’90 vi è stato infatti un rapido processodi riassetto proprietario del sistema bancario, con la costitu-zione dei gruppi bancari e l’affermarsi della banca universale,

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che ha finito per moltiplicare i conflitti di interesse derivan-ti dal crescente intreccio proprietario tra banche e imprese nonfinanziarie.

Infine, in Italia manca nel settore bancario la forma dellepublic company: le banche italiane infatti sono possedute o daFondazioni o da banche europee, oppure hanno la forma cooperati-va. A fronte di ciò, si assiste ad un crescente interessamentodi imprenditori non bancari ad acquistare quote azionarie dibanche (sette dei principali gruppi bancari sono partecipati dagruppi industriali), il che a sua volta rischia di dare originea condizionamenti nelle scelte di impiego (in cinque casi susette gli azionisti industriali mostrano un forte indebitamentorispetto alla banca partecipata).

Su ciascuno di questi fronti occorrono incisivi interventi dellegislatore.

Noi crediamo che, per prevenire o almeno limitare i gravifenomeni che hanno recentemente coinvolto le impresenazionali quotate sui mercati finanziari, siano necessariele seguenti misure:- la richiesta di criteri di professionalità non solo per

i sindaci, ma anche per gli amministratori;- la previsione che i patti di sindacato debbano limitarsi

a questioni proprietarie e non gestionali;- il miglioramento delle norme a presidio della trasparenza

delle operazioni finanziarie.

Tuttavia occorrono anche interventi normativi in materiadi prestazione di servizi finanziari, che pongano deipaletti all’ambito di azione della banca universale. Oltread incentivare una maggior presenza sul mercato di analistifinanziari e di società di gestione del risparmio indipen-denti dalle banche, occorrono infatti alcune specifichemisure normative; tra cui:- imporre una rigorosa separazione societaria, anche nel-

l’ambito del gruppo bancario, per la fornitura dei variservizi finanziari non tradizionali, con criteri piùstringenti rispetto a quelli previsti dalla riforma delrisparmio approvata dalla maggioranza di centrodestra;

- vietare agli analisti finanziari di gruppi bancari dioffrire un servizio di valutazione su titoli tra i qualivi siano titoli da loro posseduti;

- vietare, per un periodo superiore all’anno, al gruppo ban-cario di vendere all’investitore non professionale azioni oobbligazioni di società di cui ha curato la ristrutturazio-ne del debito o collocato i titoli sul mercato;

- quotare la società “Borsa Italiana” in un mercato europeoin modo da diluire il peso delle banche italiane.

Inoltre, noi crediamo che per limitare il conflitto di

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interessi derivante dall’intreccio proprietario, debbanoessere sottoposti a rigorosi limiti quantitativi i finan-ziamenti che una banca può erogare a un azionista conuna partecipazione superiore all’1% della banca stessa(o di altre banche del gruppo) e che la delibera vada sotto-posta all’approvazione all’unanimità del consiglio di ammi-nistrazione della banca.Inoltre, crediamo che le modalità di concessione di questifinanziamenti debbano essere indicate in bilancio e resenote alle Autorità preposte alla stabilità, trasparenzae concorrenza del mercato, ciascuna delle quali può opporsicon motivazione alla conclusione del rapporto.Noi crediamo che gli interessi dei risparmiatori e la fidu-cia nei mercati si tutelano innanzitutto con i poteri ispet-tivi delle autorità di controllo.Ma questo non basta. Il controllo giudiziario sulle societàche fanno ricorso al mercato dei capitali va anch’essoconsiderato come strumento per favorire la tutela delrisparmio diffuso. Neppure la tutela penale risulta tutta-via pienamente idonea ad assicurare una efficacedeterrenza delle condotte dannose. Sono quindi necessariedisposizioni che rendano effettivamente accessibilela tutela civile risarcitoria delle vittime di tali condot-te, come la “class action”.

L’azione collettiva risarcitoria (“class action”) è unanuova tecnologia del processo che si va diffondendo ormai intutto il mondo e crediamo opportuno introdurre anche da noi.Quando si verificano illeciti che provocano danni ad unaplatea molto estesa e diffusa di soggetti, coloro che lisubiscono spesso rinunciano ad agire perché il costo diaccesso alla giustizia è troppo oneroso rispetto al proba-bile beneficio di vincere la causa. Con la “class action”invece, nei casi di illeciti civili plurioffensivi, la sen-tenza che si ottiene in un singolo giudizio può essere fattavalere anche da quanti si trovano nella medesima situazio-ne, senza che ciascuno dei danneggiati sia costretto a pro-muovere autonomamente la propria azione. La disciplina della"class action" deve essere configurata in modo che si armo-nizzi con i principi generali in tema di tutela giurisdizio-nale del nostro ordinamento, avendo riguardo affinché:- non pregiudichi minimamente la facoltà di ciascuno di

disporre del suo diritto consentendo al singolo di sot-trarsi dall’azione collettiva;

- premi economicamente gli avvocati solo se hanno effettiva-mente contribuito all’attuazione del diritto sostanziale;

- costituisca uno strumento di economia processuale.

Un altro fronte d'intervento che riteniamo cruciale ècostituito dal diritto fallimentare.La recente riforma del diritto fallimentare ha reso le pro-cedure certamente più in linea con le esigenze degli opera-tori economici, attraverso una valorizzazione del ruolo

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dell’autonomia privata. Tuttavia, la riforma ha il gravelimite - anche rispetto agli ordinamenti degli altri paesieuropei - di aver ridotto il ruolo del giudice, soprattuttonella fase della gestione della procedura, vanificandol’esigenza di tutela delle parti più deboli e delle impresemedie e piccole. Tutto è messo nelle mani del curatore (checon le nuove disposizioni può essere anche un imprenditore)e del comitato dei creditori.Se per un verso è bene tendere non solo alla liquidazionema, laddove è possibile, alla preservazione delle residuepotenzialità produttive dell’impresa, vi è per altro versola necessità di contemperare il ruolo che i maggiori credi-tori assumeranno all’interno del comitato dei creditori.È per questo che noi crediamo opportuno l’affidamento algiudice di un effettivo ruolo di controllo a tutela degliinteressi generali. Diversamente, la crisi dell’impresapotrebbe essere risolta soltanto a vantaggio dei ceti pre-valenti (in particolare, del ceto bancario), con danno deipiccoli e medi creditori e dei fornitori.Per altro verso, crediamo opportuno ridurre alcune asprezzedella legislazione attuale. In particolare, proponiamo di:- comminare pene meno severe per le società nelle quali

i soci amministratori rispondono in proprio;- attenuare le pene per l’amministratore che risarcisce

o comunque aiuta il curatore a recuperare attivo;la bancarotta preferenziale va considerata reato soloquando l’amministratore ha agito per perseguire un inte-resse proprio;

- depenalizzare una serie di condotte che sono prassi ormaiaccettate in questi casi (che sono frequentissimi) bastala sanzione del risarcimento danni.

Una politica dei trasportisostenibileUno dei gravi limiti dello sviluppo italiano è costituitodalla debolezza delle infrastrutture viarie e della logistica.I cittadini e le imprese italiani si confrontano con una reteinfrastrutturale satura, inadeguata e pesantemente sbilanciataa favore del trasporto su gomma, con servizi insufficienti asoddisfare le esigenze di mobilità delle persone e delle merci.

Questo scenario sta producendo effetti drammatici, come undrammatico numero di morti per incidenti stradali, e gravidisfunzioni sotto vari profili: costi del trasporto, impattoambientale, consumi energetici ed emissioni di gas serra, sicu-rezza e vivibilità nelle aree urbane e metropolitane, dove sisviluppa quasi il 70% degli spostamenti di tutto il territorionazionale.

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Con il governo di centrodestra la situazione è ulteriormentepeggiorata. Il trasporto pubblico è stato indebolito e la LeggeObiettivo per la realizzazione delle grandi opere, sulle qualisi sono concentrate le risorse pubbliche, si è rivelata un fal-limento. Si è inoltre abbandonata ogni corretta forma di pro-grammazione delle opere coerente con il "Piano generale dei tra-sporti e logistica" e di relazione con gli enti locali.

L’unione si impegna a individuare, sulla base delle risorsefinanziarie disponibili, gli interventi infrastrutturalida realizzare prioritariamente, in coerenza con il "Pianogenerale dei trasporti", con il coinvolgimento attivodegli enti territoriali.L’individuazione delle priorità infrastrutturali deve a suavolta avvenire alla luce delle risultanze della valutazioneambientale strategica (VAS), dell’esame del rapporto costo-beneficio di ogni intervento e delle sua coerenza con gliobiettivi generali e di sistema da perseguire, a partire dalriequilibrio modale.

A tal fine, proponiamo di modificare profondamente la "leggeobiettivo", per rafforzare il ruolo degli enti territoriali,per rendere generalizzato e inderogabile il ricorso allavalutazione di impatto ambientale, per potenziare le capacitàdi controllo, monitoraggio e di vigilanza complessiva sulruolo e sull’operato dell’istituto del "General contractor",cioè della figura introdotta dalla "legge obiettivo" comeesecutore generale dell'opera.

In generale, proponiamo di riordinare la legislazione suilavori pubblici in un unico corpo normativo, che recepisca ledirettive comunitarie e assicuri una disciplina omogeneadelle leggi regionali. Obiettivi fondamentali sono per noi:la centralità e la qualità del progetto, la trasparenza delleprocedure, il rispetto della legalità, la leale concorrenza el’accelerazione dei tempi di realizzazione dei lavori. Inquesto contesto, la consultazione, la partecipazione e l'in-formazione a livello locale verranno garantite anche attra-verso il finanziamento del programma Agenda 21.

Con riferimento alle infrastrutture dei trasporti - fermarestando la necessità di migliorare la qualità, l’efficienzae la sicurezza delle infrastrutture esistenti – indichiamoalcune priorità.

In primo luogo l'investimento sulle aree portuali e retropor-tuali nel rispetto dei massimi livelli di sicurezza, nel qua-dro del più generale investimento sulle autostrade del mare,per l'assorbimento del nuovo flusso di traffici dall’Asiaverso il Mediterraneo. C'è oggi una ragione in più per darepriorità alle infrastrutture portuali del Mezzogiorno: farnel’avamposto nazionale della nuova logistica che vienedall’Oriente. Le autostrade del mare e l’integrazione dei

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porti con le reti ferroviarie meridionali e il loro potenzia-mento sono i nostri obiettivi più urgenti. I nuovi flussi deitraffici richiedono più che in passato l’unità del Paese anchenelle infrastrutture.

Altra priorità è l’integrazione con le grandi reti europee,attraverso specifici interventi idonei a:- distinguere dove necessitino opere nuove oppure occorrano

ristrutturazioni dell’esistente; - valorizzare il coinvolgimento dei cittadini e delle istitu-

zioni dei territori interessati dagli interventi di infra-strutturazione, in sede di valutazione della compatibilitàambientale delle opere e dell'impatto socio-economico sullepopolazioni;

- dare priorità alle direttrici già vicine alla saturazionedei traffici, come ad esempio quelle verso il Gottardo e ilBrennero;

- avvantaggiare la ferrovia nella ripartizione modale;- integrare le reti di trasporto europeo con gli aeroporti,

in primo luogo con gli aeroporti di Fiumicino e Malpensa;- nei punti di incrocio delle reti di trasporto europee, rea-

lizzare interporti di rango europeo per l’integrazionemodale della logistica. Dalla capacità di offrire serviziconcorrenziali di magazzinaggio e prima trasformazionedelle merci, deriveranno anche migliori condizioni perl’insediamento produttivo.

Prioritario è anche il rifinanziamento degli incentivi perl’intermodalità e il sostegno alle attività delle impresearmatoriali finalizzate allo sviluppo del sistema intermodale.

Sarà poi importante lo sviluppo delle reti metropolitane,decisive per la competitività dei nostri sistemi urbani.

Centrali nel programma dell’unione sono gli interventi e gliinvestimenti per le città per il potenziamento del trasportopubblico locale collettivo.In particolare per le città proponiamo di:- migliorare la mobilità urbana attraverso investimenti mira-

ti a potenziare l’offerta di trasporto pubblico locale,estendendo le reti tranviarie e metropolitane, ammodernandoil trasporto pubblico con vetture meno inquinanti ed esten-dendo le piste ciclabili, le corsie protette, le zone atraffico limitato e quelle pedonalizzate;

- dare adeguata risposta alle esigenze dei pendolari raffor-zando il trasporto ferroviario metropolitano e regionale,accelerando gli investimenti sui nodi, incrementando eammodernando i treni e prevedendo un’efficace azione diindirizzo e coordinamento, d’intesa con gli enti locali,delle scelte di riconversione delle tracce liberate dal-l’entrata in funzione dell’alta velocità;

- regolare e finanziare i "Piani urbani delle mobilità" daattuare da parte delle amministrazioni locali;

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- sostenere la riorganizzazione del trasporto merci all’in-terno delle aree urbane.

Con riferimento al settore delle ferrovie, proponiamo di pro-seguire lungo il solco tracciato dai governi di centrosini-stra nell'adozione dello standard di Alta Capacità dellarete, come strumento di potenziamento del trasporto di perso-ne e di merci e dunque di alleggerimento del traffico strada-le. Proponiamo inoltre l'adozione di un programma pluriennaledi investimento sul materiale rotabile, che possa diventareanche un’occasione per il rilancio di ciò che rimane del set-tore industriale di riferimento.

Fondamentale è un quadro organico di misure e risorse destina-te a garantire la sicurezza nei trasporti. Noi crediamo oppor-tuno investire in nuovi impianti e tecnologie di controllosulla rete ferroviaria, stradale e per il trasporto aereo emarittimo. In particolare, crediamo nella necessità di rilan-ciare gli investimenti in materia di sicurezza stradale e dipromuovere nuove politiche per lo sviluppo di una "culturadella sicurezza stradale", soprattutto presso i giovani.

Ogni anno in Italia 6.000 persone perdono la vita a causa diun incidente stradale e circa 20.000 rimangono invalide inmodo permanente, con un costo per la collettività pari a circa35 miliardi di euro. Anche l'introduzione della patente apunti - già prevista dalla legge-delega approvata nella scor-sa legislatura (legge n. 85 del 2001) - che avrebbe dovutocontribuire a ridurre sensibilmente il tasso di incidentalitàin Italia, non ha sortito i risultati attesi a causa dellamancata attuazione, da parte del governo di centrodestra,delle altre misure che il centrosinistra aveva previsto.Per questo motivo proponiamo di:- procedere ad una riforma organica del nuovo Codice della

Strada, secondo i princìpi e i criteri direttivi dellalegge-delega del governo di centrosinistra;

- rifinanziare il Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale,destinando annualmente ad esso le risorse a tal fine indi-viduate dalla Relazione sullo Stato della SicurezzaStradale;

- ripristinare l'Ispettorato generale per la circolazione ela sicurezza stradale, cancellato dal Ministro Lunardi,quale strumento organizzativo di riferimento per tutti isoggetti istituzionali e per gli enti locali al quale con-ferire i poteri per l'attuazione del Piano;

- abolire tutte le recenti disposizioni che hanno innalzato ilimiti di velocità degli autoveicoli;

- potenziare gli organici della Polizia Stradale.

Per risolvere il problema della congestione sulle stradeurbane, con riguardo soprattutto ad alcuni snodi intorno agrandi centri urbani, riteniamo opportuno valutare anche la

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possibilità di ricorrere a politiche atte alla disincentiva-zione dell'uso del mezzo privato per le zone più congestionatee i veicoli più inquinanti, in connessione all'utilizzazionedei sistemi tecnologici più avanzati, nel campo della logi-stica, della “infomobility” e della sicurezza (in primo luogoil sistema Galileo, il più importante progetto tecnologicoeuropeo per l'applicazione dei sistemi satellitari ai servizidi logistica).

Crediamo inoltre nella necessità di un'attenta ricogni-zione delle tariffe autostradali e dei contratti di con-cessione, orientata soprattutto a verificare la congruitàdell'attuale remunerazione per i gestori rispetto agliinvestimenti intrapresi e programmati, all'evidenza mode-sti e insufficienti, in modo che l’aumento programmatodelle tariffe corrisponda ad un miglioramento effettivodel servizio e della sicurezza per gli utenti.

Infine, crediamo che vada istituita una "Autorità dei tra-sporti", che abbia lo scopo di definire le tariffe autostrada-li e, recepiti gli obiettivi strategici definiti dalMinistero, definire anche le tariffe stradali.

Per il trasporto aereo ci impegniamo a intervenire in coerenzacon la legislazione del Cielo Unico Europeo, anche al fine disupportare le strategie di efficientamento e rafforzamentodei vettori aerei nazionali e garantire la necessaria traspa-renza nei rapporti con le società di gestione aeroportuale.

Infine, riguardo al ponte sullo Stretto di Messina, proponia-mo di sospendere l’iter procedurale in atto per realizzare lepriorità infrastrutturali nel Mezzogiorno (sistema autostra-dale e ferroviario, Salerno-Reggio Calabria-Palermo, retiidriche, Statale Ionica, porti e cabotaggio).

Per cambiare con energia.L'innovazione e la sicurezza in campo energeticoUn futuro migliore per l’Italia dipende in gran parte dallacapacità del Paese di rispondere alle grandi sfide energetico –ambientali, in presenza dei rischi dei cambiamenti climatici edella crescita strutturale del prezzo del petrolio e degli altricombustibili fossili. È quindi necessario intervenire in pro-fondità con un ricorso strategico all’aumento dell’efficienzaenergetica e uno sviluppo accelerato delle fonti rinnovabili,con la diffusione della cogenerazione di energia elettrica ecalore e con un serio investimento nella ricerca.

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L’attuale governo si è mostrato incapace di cogliere le esigenzedi cambiamento, continuando a favorire l’aumento dei consumi dicombustibili fossili e non facendo nulla per contrastare l’au-mento del costo della fattura energetica del Paese: dagli incre-menti delle bollette per i cittadini e per le imprese, ai costisociali e ambientali delle emissioni di gas serra (che invecedi diminuire del 6,5%, come previsto dal Protocollo di Kyoto,sono aumentate del 13%).

La competitività del paese ha bisogno tanto di energiaa minore costo, quanto di un sistema energetico rinnovatoe ambientalmente sostenibile.

Noi crediamo che il Protocollo di Kyoto rappresenti un’op-portunità per l’innovazione delle politiche energetiche eper una riduzione della dipendenza dall’importazione dicombustibili fossili. Proponiamo dunque che il Protocollodi Kyoto venga immediatamente attuato, valorizzando le suericadute positive nel nostro Paese con misure interne checonsentano di raggiungere almeno l’80 % degli obblighi diriduzione, e facendo ricorso, per la parte restante, agliinterventi di cooperazione internazionale previsti dalProtocollo stesso.

Nel merito, le nostre proposte prevedono la diminuzione deiconsumi totali dei combustibili fossili (nel mix di combu-stibili fossili favoriamo il ricorso al gas naturale menoinquinante) e una diminuzione delle emissioni di gas serrada realizzarsi:- nel settore elettrico, con aumento dell’efficienza negli

usi finali e nella produzione, con la generazione distri-buita e la cogenerazione, e con un forte sviluppo dellefonti rinnovabili;

- nei trasporti, riequilibrando le modalità a favore dellaferrovia, del cabotaggio e del trasporto collettivo,migliorando l’efficienza energetica dei mezzi di traspor-to e incrementando l’uso dei biocarburanti e del gasnaturale attraverso un potenziamento della rete didistribuzione per l’autotrazione;

- nell’industria e nei servizi, incentivando l’innovazionedi processo e di prodotto per aumentare l’efficienzaenergetica;

- nel settore civile, migliorando gli standard energeticidegli edifici, i sistemi di riscaldamento e raffreddamen-to, l’efficienza energetica degli elettrodomestici e del-l’illuminazione.

Per altri versi, il sistema energetico italiano deve porsianche i problemi della sicurezza dell'approvvigionamentonel settore del gas e dell'elettricità, dello sviluppodella concorrenza e della riduzione dell'attuale divario diprezzi con gli altri paesi europei (che oggi può esseremediamente quantificato in un 7-8% per il prezzo del gas ein un 15-18% per i costi dell'elettricità).

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Tra gli obiettivi dell'azione di Governo rientrano l'aumen-to della concorrenza, la riduzione dei divari di prezzodell'offerta energetica rispetto agli altri paesi europei ela differenziazione delle fonti geografiche di approvvigio-namento energetico.La sicurezza energetica va assicurata con la diversificazionedelle importazioni (provenienze del gas naturale, differen-ziate soluzioni di trasporto), con un forte ricorso a fontirinnovabili nazionali e con l’efficienza energetica.In particolare, riteniamo possibile aumentare significati-vamente l’efficienza energetica complessiva con misure cheavrebbero anche positive ricadute occupazionali: le indica-zioni europee segnalano un possibile margine di risparmioper l'Italia pari ad almeno il 20% degli attuali consumienergetici, recuperabile attraverso investimenti in tecno-logie per il risparmio energetico, remunerativi sul medioperiodo. A tal fine crediamo necessario favorire la diffu-sione dell’iniziativa delle ESCO (compagnie per il rispar-mio energetico) per l’accesso al credito bancario, attra-verso un fondo di rotazione e strumenti di finanziamentotramite terzi.

Sicurezza di approvvigionamento e maggiore concorrenzarichiedono per un verso che si rafforzi la rete interna e,per altro verso, che le società che gestiscono la rete ditrasporto siano separate dalle imprese produttrici di ener-gia e mantenute pubbliche.Nel caso del gas, proponiamo che le reti, italiane ed euro-pee, vengano costruite in modo da mantenere una capacità ditrasporto superiore alla domanda (per spezzare il monopoliobilaterale di produttore e impresa commerciale dominante) eche si creino le condizioni per lo sviluppo di contrattazio-ni anche con produttori e consumatori esteri.Nel caso dell'elettricità, crediamo che l'Enel debba cedereall'asta capacità di generazione per eliminare l'eccesso dipotere di mercato che tuttora detiene. Insieme al potenzia-mento della rete elettrica occorre infatti favorire lagenerazione distribuita, passando da pochi grandi impiantia numerosi impianti più piccoli ad elevata efficienza,distribuiti sul territorio, nei distretti, industriali,urbani ed agricoli, più vicini all’utenza, con un sistemaenergetico meno accentrato, meno esposto ai rischi dellaconcentrazione, più flessibile e più democratico.

Per altro verso, riteniamo che i vecchi "campioni nazionali"dell'energia abbiano la capacità di crescere come "campionieuropei" e di operare anche fuori dai confini nazionali:le società di rete devono espandersi a livello europeo,facendo uscire il mercato italiano dall'isolamento.

Lo sviluppo della capacità di approvvigionamento deve esse-re perseguito anche con una pluralità di provenienze per ilgas e una pluralità di fonti primarie per la generazione di

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elettricità. È per questo che puntiamo alla costruzione dinuovi gasdotti e terminali di rigassificazione del gasnaturale liquefatto (GNL), che dunque potrebbe essereimportato via nave da qualsiasi parte del mondo e rigassifi-cato in loco attraverso un'infrastruttura accessibile atutti e non solo a chi la possiede.

Per la riuscita delle azioni sopra indicate è indispensabi-le restituire all'Autorità garante per il gas e l'energiaelettrica la pienezza dei suoi poteri originari, intaccatanegli cinque ultimi cinque anni da numerosi provvedimentilegislativi, prevedendo tuttavia anche maggiori obblighi direndicontazione al Parlamento. In particolare, vogliamo unsistema di regolazione che preveda, attraverso appropriatisoggetti istituzionali, la tutela tariffaria e la sicurezzadel servizio per gli utenti domestici. Proponiamo inoltreuna riforma della tariffa sociale dell'elettricità cheaggiorni l'attuale meccanismo, vecchio e inefficiente.

Quanto alle “nuove fonti rinnovabili” (eolico, biomasse,fotovoltaico, solare a concentrazione, solare termico,idroelettrico di piccola taglia , geotermia), vogliamo chenell’arco della legislatura siano almeno raddoppiate, inmodo da giungere al 2011 al 25% di produzione elettrica darinnovabili. A tal fine, applicando correttamente le diret-tive comunitarie e utilizzando le migliori esperienze euro-pee, si potrà rivedere il sistema d’incentivazione dellefonti rinnovabili e favorire il passaggio dai certificativerdi a tariffe certe, incentivanti per un numero definitodi anni, differenziate per le diverse fonti.

Nel settore della ricerca sulle energie sostenibili, cre-diamo che un ruolo di rinnovata centralità spetti all'ENEA:un prezioso patrimonio di esperienze lasciato per troppotempo nell’abbandono. Puntiamo inoltre allo sviluppo diappositi centri di eccellenza per il settore energetico eambientale che svolgano attività di ricerca e diffusionetecnologica soprattutto sulle soluzioni a rete. In partico-lare riteniamo che vadano intensificati gli sforzi diricerca sul "sequestro del carbonio", sull'idrogeno"verde", sulle celle a combustibile. Una ripresa del pro-gramma nucleare in Italia oggi non è proponibile.Circa l'energia nucleare, il nostro impegno per la riduzio-ne del rischio è orientato a produrre:- azioni di messa in sicurezza del combustibile e delle

scorie esistenti in Italia;- la partecipazione in sede internazionale alla ricerca sul

nucleare pulito di nuova generazione.

Infine, proponiamo la realizzazione di un Programma energe-tico-ambientale, nazionale e regionale, concertato fra loStato e le Regioni, con la partecipazione degli enti localie dei portatori di interesse. Il Programma deve essere

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accompagnato da una valutazione ambientale strategica,con adeguato monitoraggio, e coordinato da un Consigliosuperiore per l’energia, supportato a sua volta dall’azionedi un’Agenzia nazionale per l’energia e per l’ambiente.

La nuova alleanza con la natura:ambientee territorio per lo sviluppoIl territorio italiano è un patrimonio di grande valore per lasua ricca biodiversità, per la sua qualità ambientale e paesi-stica, per la presenza diffusa di beni culturali, storici earcheologici. Rappresenta quindi una risorsa fondamentale perla qualità della vita e dello sviluppo presente e futuro.

Le città italiane dotate di ricchezze culturali, ambientalie sociali sono centri propulsori della vita civile ed economicadel Paese.

Il nostro territorio e le città devono affrontare pressioni pro-dotte dalla crescente mobilità di persone e merci, dall’espan-sione della popolazione, dal dissesto idrogeologico aggravatodai cambiamenti climatici e dalle diverse forme di inquinamentoe di produzione di rifiuti. Nel contempo la campagna e la montagna sono investite da un pro-cesso di marginalizzazione e di abbandono.

Il governo di centrodestra ha attuato condoni edilizi, ha rea-lizzato tagli dei finanziamenti per gli enti locali e per iltrasporto pubblico, ha favorito un’abnorme crescita delle ren-dita immobiliare, ha ridotto i fondi per la difesa del suolo; haindebolito la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-culturale, le politiche di governo del territorio e di gestioneurbanistica attaccandone sistematicamente la gestione ed il con-trollo pubblico. Ha alimentato altresì un drastico peggioramentodelle condizioni sociali indebolendo le politiche di coesione edinducendo nuove criticità in numerose aree urbane. Il governo di centrodestra, attraverso la legge delega n. 308 del 15dicembre 2004, ha riscritto unilateralmente, buona parte della nor-mativa ambientale, esautorando il Parlamento, le regioni e le auto-nomie locali dei loro ruoli istituzionali. L’approvazione deidecreti attuativi avrebbe un impatto particolarmente negativo, tral’altro, nella realizzazione delle VIA e delle VAS, sulla difesa delsuolo, la tutela delle acque e la gestione delle risorse idriche,sulla gestione dei rifiuti e delle bonifiche, sulla tutela dell’ariae delle emissioni in atmosfera.

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L’Unione si impegna ad elaborare tempestivamente le misurenecessarie per annullare i rischi e le storture posti dallalegge delega ambientale del governo di centrodestra.Le possibilità di un futuro migliore e di un rilanciodell’Italia, nella nuova fase dell’economia globalizzata,sono strettamente legate alla capacità di valorizzare poten-zialità e vocazioni dei territori, con una visione in grado dicogliere le nuove sfide come opportunità.

I beni comuni ambientali, indispensabili alla vita, alla suaqualità e allo sviluppo stanno diventando risorse scarse,sottoposte a pressioni globali e a prelievi crescenti, ali-mentati da modelli di produzione e di consumo insostenibili.Cogliere la portata di queste nuove sfide è condizione neces-saria per affrontarle, ma anche per offrire nuove risposte enuove opportunità, cooperare ad un più esteso ed equo accessoai benefici dello sviluppo e rispondere alla domanda di unnumero ormai rilevante di consumatori maturi.

Una parte rilevante del nostro sistema produttivo è costitui-to da piccole e medie imprese che operano spesso in distretticon una forte caratterizzazione territoriale. Noi crediamoche uno sviluppo locale improntato ai territori di qualità siauna leva fondamentale per il rilancio del Paese.

Settori economici per noi rilevanti, come quello agroalimen-tare e turistico, possono svilupparsi e sostenere una compe-tizione internazionale sempre più accesa soltanto puntandosulla qualità integrata e multifunzionale, sulla qualità deisingoli territori e delle loro reti.Inoltre, l’uso efficiente delle materie prime, la minimizza-zione dei rifiuti ed il potenziamento del riciclo, come giàprovato in importanti settori, hanno una crescente importanzanon solo ambientale, ma anche economica. Noi crediamo chel’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabilivalorizzino la vocazione produttiva di un Paese.

In settori d’importanza rilevante come le infrastrutture edi sistemi di mobilità, cruciali per la qualità delle città edel territorio, la qualità ambientale deve costituire uncriterio di riferimento fondamentale per una effettivavalutazione del rapporto costi-benefici, per un impiegorazionale delle risorse, per la scelta delle priorità, permodalità decisionali in grado di valorizzare la partecipa-zione dei cittadini.

In definitiva, noi crediamo che la tutela dei beni comuniambientali e la valorizzazione dei territori siano ormai uncardine della civiltà contemporanea, nonché un criteriogenerale per orientare lo sviluppo sociale ed economico.A questi valori si ispira la nostra proposta di incisivepolitiche pubbliche per la tutela dell'ambiente e del ter-ritorio, basata sui seguenti strumenti:

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- il riconoscimento di incentivi economici e fiscali;- l'incentivo a strumenti volontari di valutazione e conta-

bilità ecologica;- il miglioramento di strutture tecniche e sistemi di moni-

toraggio e di controllo;- la promozione di formazione e ricerca;- l'accesso alle buone pratiche ed alle migliori tecnologie

disponibili per attivare una chiave fondamentale per ilrilancio del Paese: l’innovazione ecologica.

Soprattutto dobbiamo riconoscere che il territorio è la piùimportante infrastruttura di un Paese, la sua manutenzioneè la più importante opera pubblica: un’opera pubblica red-ditizia che consente di ridurre i rischi e di risparmiare lespese delle emergenze.

Le nostre politiche per il governo del territorio sonoorientate a garantire la qualità ambientale, culturale epaesistica, la biodiversità, il risparmio del suolo, laprevenzione e la riduzione dei rischi. Noi crediamo che iprincipi della sostenibilità, della prevenzione e dellaprecauzione debbano improntare tutti i piani e programmiche intervengono sul medesimo territorio, garantendo lamassima trasparenza e partecipazione. In particolare proponiamo di varare una nuova legge quadroper il governo del territorio che operi secondo i seguenticriteri:- evitare il consumo di nuovo territorio senza aver prima

verificato tutte le possibilità di recupero, di riutiliz-zo e di sostituzione;

- realizzare una gestione integrata che tenga conto dellabiodiversità, della qualità ambientale, culturale e pae-sistica, del ruolo multifunzionale dell’agricoltura einsieme della qualità sociale e urbana;

- promuovere l’efficienza energetica e dell’uso razionaledelle risorse idriche; la logistica e i sistemi per lamobilità sostenibile e della prevenzione dei rischi deldissesto idrogeologico, di quelli naturali e tecnologici.

Basta con i condoni edilizi: ci impegniamo a non vararenuovi condoni e a potenziare attività e misure di prevenzio-ne, di controllo e dissuasione, nonché piani di recupero delterritorio che passino anche attraverso l’abbattimentodelle opere abusive, a partire da quelle realizzate nellearee vincolate.

La sicurezza passa anche per la cura del territorio e per unefficiente sistema di protezione civile. Intendiamo svilup-pare ad ogni livello la cultura della prevenzione, affinchèessa venga interpretata come investimento nel futuro, uti-lizzando in modo coordinato gli strumenti tipici della pia-nificazione, riqualificazione, recupero e manutenzione perridurre la vulnearbilità del territorio e del patrimonioedilizio. Vogliamo, in particolare, rafforzare la collabo-

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razione interistituzionale, agendo sulla sensibilizzazionedei cittadini, investendo in nuove tecnologie e nellericerche tecnico-scientifiche. Ciò richiede un quadro nor-mativo e procedurale più aggiornato ed omogeneo e, contem-poraneamente una struttura flessibile di alta amministra-zione, che va potenziata e concentrata sui compiti fonda-mentali di studio, prevenzione e intervento, per non spo-stare solo sugli enti territoriali e le comunità localil'onere organizzativo. Ad un piano di legislatura dovrannoconcorrere tutti i livelli istituzionali, garantendo l'ap-porto, accanto alle strutture della Protezione civilenazionale, dei servizi tecnici dello Stato, del Corponazionale dei Vigili del fuoco. La prevenzione è, in unpaese come l'Italia, una fondamentale opera pubblica, sullaquale vogliamo investire, a partire dal livello della comu-nicazione, valorizzando sempre di più la risorsa dellasolidarietà e del volontariato di protezione civile.

Nell'ambito del governo del territorio, un'attenzione par-ticolare intendiamo riservare alla Montagna.La montagna comprende il 54% del territorio italiano e inarea montana risiedono 11 milioni di abitanti. Cinque annidi promesse mancate da parte del governo Berlusconi hannoinciso negativamente sullo sviluppo di questi territori, mal-grado vi fossero le condizioni per un’organica riforma dellalegge n. 97 del 1994 che tenesse conto dei suoi peculiariprofili antropici, culturali, ambientali ed economici.Noi intendiamo perciò avviare una politica nazionale per lamontagna coerente e innovativa, capace di valorizzarne lepotenzialità economiche, fondata sui principi della suaspecificità territoriale, della coesione economica, dellosviluppo sostenibile e della sussidiarietà. Intendiamo atal fine rilanciare un progetto di governance per la monta-gna, che prenda le mosse dai principi di adeguatezza e dif-ferenziazione e dalla considerazione che i piccoli Comuniitaliani, la maggior parte dei quali di montagna, non sonopiù in grado di rispondere singolarmente alle richieste deipropri concittadini e di erogare servizi fondamentali sulterritorio. Per evitare una sovrapposizione di competenze erendere efficiente ed economicamente sostenibile la gestio-ne associata dei servizi intercomunali sul territorio mon-tano, è necessario rivedere i rapporti istituzionali e gliequilibri interni al sistema Comuni-Comunità montane. Sidovrà prevedere che la Comunità montana sia l’unico stru-mento associativo dei Comuni montani rivedendone, nel con-tempo, anche i meccanismi elettivi e di rappresentanza.Il concetto di “montanità” non può più prescindere da unelemento altimetrico coniugato con il grado di accessibili-ta` dei territori, con gli indici ISTAT di invecchiamentodella popolazione, con le condizioni climatiche, con lapendenza delle superfici e con la durata del periodo vegeta-tivo. Questi criteri saranno definiti dalla normativanazionale, in quanto unificanti e di principio. Potranno

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essere meglio dettagliati dalle regioni secondo le lorospecificità territoriali. Tutto ciò perché la montagnadelle Alpi è diversa da quella degli Appennini e delle Isolee le risorse sono scarse con la necessità di focalizzare gliinterventi selezionandone i beneficiari.Proponiamo inoltre l’istituzione di un fondo perequativoche faccia fronte ai sovracosti strutturali permanentitipici dei territori montani e l’individuazione meccanismiautomatici di alimentazione del Fondo Nazionale per laMontagna che, facendo uscire dalla contrattazione politico-parlamentare la determinazione delle risorse da destinareal sistema montagna, ne riconosca la natura di restituzionedi ciò che la montagna apporta alla comunità nazionale.Ci impegniamo a ratificare i Protocolli alla Convenzionedelle Alpi, valido strumento per coniugare in modo armonico latutela degli interessi economici e la cooperazione transfron-taliera con le esigenze di conservazione dell’ecosistema.Ci impegniamo infine a rilanciare il progetto AppenninoParco d’Europa attraverso un patto tra Comunità montane eParchi per la qualificazione dell’ambiente appenninico,attraverso la promozione di nuove modalità organizzativedel territorio, attuando un piano di sviluppo delle poten-zialità della dorsale appenninica integrato e funzionale.

Con riguardo alle aree urbane, ci impegniamo a promuovere unprogramma per le città e le loro periferie, finalizzato con-giuntamente alla tutela e alla valorizzazione dei centristorici e al risanamento urbanistico e sociale delle peri-ferie. In questo contesto, ci impegniamo a:- riconoscere apposite misure di sostegno e tutela ai pic-

coli Comuni, con particolare riferimento a quelli con unrapporto penalizzante fra popolazione e dimensione terri-toriale;

- promuovere, nelle aree urbane e metropolitane, l’aumentodi parchi, giardini, orti e altre aree verdi;

- potenziare il trasporto pubblico locale, metropolitanoe regionale con sistemi integrati incrementando la moda-lità di sistemi su ferro e in corsie preferenziali;

- rendere permanenti gli incentivi fiscali per ristruttura-zioni edilizie finalizzandole in particolare al risparmioenergetico, alla qualità ecologica, alla bioedilizia ealla sicurezza degli edifici;

- promuovere, incentivare e governare il partenariato pub-blico/privato definendo regole e modelli, e sostenendo leesperienze di successo nel raggiungimento di obiettivipubblici;

- attuare, in conformità con le indicazioni europee, laValutazione Ambientale Strategica dei piani e dei programmi.

Si rende inoltre necessario ritornare ai princìpi dellalegge quadro sull'elettrosmog approvata dal governo di cen-trosinistra, applicando il principio di precauzione e modi-ficando radicalmente i decreti attuativi varati dalla mag-

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gioranza di centrodestra.

Una particolare attenzione è riservata dal nostro programmaalle politiche per i rifiuti.La riforma del settore avviata nel 1997 sta producendo buonifrutti, anche se permangono ritardi nella sua attuazione,in particolare nel Mezzogiorno, dove le gestioniCommissariali non hanno prodotto i risultati attesi.Il passaggio dalla tassa alla tariffa è stato continuamenterinviato con proroghe; i Comuni che applicano volontariamen-te la tariffa sono passati da 200 (con 2 milioni di abitanti)nel 2000 a 564 (con 9,8 milioni di abitanti) nel 2004. La gestione dei rifiuti inerti (circa 30 milioni di tonnel-late annue) e di quelli industriali, speciali e pericolosi(circa 15 milioni di tonnellate annue) resta problematica.Nonostante la diffusione di attività di recupero e rici-claggio la pratica dell’abbandono degli inerti da demoli-zione è ancora diffusa mentre i rifiuti industriali,soprattutto quelli pericolosi, sono non di rado oggetto ditraffici illeciti e coinvolgono spesso la criminalità orga-nizzata, le cosiddette ecomafie. Queste illegalità hannocontribuito ad aggravare il quadro dei siti contaminati nelnostro Paese, rendendo più gravosa la necessaria opera dibonifica.

In questo quadro, noi crediamo nella necessità di:- garantire il principio di prossimità e responsabilità

territoriale nella gestione dei rifiuti solidi urbani,attribuendo priorità alla prevenzione, al riuso ed alriciclo dei materiali;

- affermare il principio di responsabilità dei produttori edei consumatori nella riduzione dei rifiuti e nella lorogestione sostenibile(riuso, riduzione degli imballaggi,diffusione dei beni alla spina, forme di deposito cauzio-nale, etc.); in particolare, promuovere la riduzionedella produzione dei rifiuti attraverso innovazioni diprocesso e politiche integrate di prodotto;

- promuovere la partecipazione dei cittadini e del sistemadelle autonomie locali alle politiche per la gestione deirifiuti, anche al fine di superare le gestioni commissa-riali d’emergenza;

- assicurare con incisivo indirizzo pubblico ed adeguaticontrolli la legalità, l’economicità e l’efficacia dellegestioni, con un elevato livello di tutela della salute edell’ambiente;

- dare impulso alla bonifica dei siti contaminati appli-cando il principio - ormai assorbito dal diritto comu-nitario - del “chi inquina paga”;

- per i rifiuti urbani, applicare la tariffa puntuale assi-curando per i materiali conferiti in maniera differenzia-ta una tariffa premiale inferiore e promuovere le buonepratiche e le migliori esperienze realizzate quali siste-ma di raccolta domiciliare, la raccolta della frazione

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organica, la realizzazione delle isole ecologiche; esten-dere le tipologie dei materiali da raccogliere in manieradifferenziata come ad esempio quelli elettronici;

- per i rifiuti speciali, promuovere la separazione deimateriali risultanti da attività di costruzione e didemolizione evitando la miscelazione dei rifiuti perico-losi con altri, e sostenere il mercato dei beni realizza-ti con materie riciclate (campagne informative, acquistiverdi delle pubbliche amministrazioni, etc.).

L'Unione si impegna inoltre a riorganizzare, rafforzandolo erendendolo più indipendente ed efficace, il sistema dei con-trolli ambientali e in particolare dell'Apat, qualificadonel'attività di supporto alle pubbliche amministrazioni nellescelte in materia ambientale.

Un altro fronte di intervento che necessita di nuove politichedi prevenzione è costituito dal dissesto idrogeologico. Gliobiettivi strategici delle nostre politiche contro il rischiodi dissesto idrogeologico sono una corretta politica ordina-ria delle gestione del territorio, l’affermazione di unatutela integrata ed il rafforzamento della sua manutenzione.

Le nostre politiche di contrasto al dissesto del territoriopassano attraverso l’identificazione delle “linee fondamen-tali dell’assetto del territorio” previste dalla normativavigente e non attuate. Esse sono indispensabili per defini-re un quadro unitario di riferimento per le politiche adot-tare a tutti i livelli di governo del territorio e possonofungere altresì come linee guida per la “valutazioneambientale strategica” dei piani e dei programmi.Puntiamo inoltre a:- dare avvio alle azioni organiche previste dai Piani

di assetto idrogeologico, rendendo operativi anchei programmi e gli altri strumenti delle pianificazionidi bacino;

- promuovere nuova occupazione con interventi di manuten-zione idraulica di carattere ordinario;

- promuovere il recupero degli ecosistemi fluviali, anchegarantendo il deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua econ interventi di rinaturalizzazione e di tutela delleaste fluviali.

Inoltre, crediamo che sia indispensabile una riqualifica-zione delle politiche e degli investimenti pubblici per lamodernizzazione della rete idrica.L’acqua è un bene pubblico prezioso che va protetto in nomedella qualità della vita e della salute pubblica. L’acqua peri bisogni primari è un diritto di cui va garantita la dispo-nibilità, oggi più che mai minacciata da fenomeni di inquina-mento, dal suo uso distorto e dallo spreco. In Italia, lereti idriche sono in buona parte obsolete e il 30% circa del-l’acqua si disperde prima di arrivare agli utenti, con punte

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che superano il 40% soprattutto nel meridione.Il governo Berlusconi ha abbandonato quasi totalmente lepolitiche di risanamento destinando risorse irrisorie alladepurazione, al risanamento e al rifacimento delle reti idri-che, in particolare nel Mezzogiorno. Nel settore agricolo edindustriale non è stato promosso alcun intervento per l’ado-zione di tecniche moderne volte al risparmio idrico e alriuso delle acque. Si è proceduto invece allo smantellamentodel sistema di controllo della qualità e della quantità delleacque ed al controllo delle concessioni e del prelievo.A fronte di ciò noi intendiamo: - rilanciare il sistema pubblico di monitoraggio e control-

lo sulle risorse idriche, sulla qualità delle acque, sulloro utilizzo, anche mediante lo sviluppo e l’impiego disistemi automatici;

- garantire la protezione tariffaria per le fasce socialipiù deboli e graduare le tariffe penalizzando progressi-vamente i consumi elevati;

- attivare strumenti di democrazia partecipativa per uncontrollo democratico da parte dei cittadini, per ilmiglioramento della qualità dei servizi, per la salva-guardia delle risorse idriche;

- risanare le reti idriche, completare le reti fognarie e isistemi di depurazione, promuovere il riuso ed il riciclodelle acque, rivedere ed aggiornare i canoni di conces-sione per il loro prelievo, tutelare le falde acquifere epuntare ad un’elevata qualità ecologica dei corpi idricisuperficiali.

Un'altra ricchezza naturale nazionale che necessita di ade-guate politiche di tutela e valorizzazione è il Mare.Con i suoi 130.000 chilometri quadrati di mare e 8.000 chi-lometri di coste, l'Italia possiede un ricchissimo ecosi-stema naturale e culturale, assolutamente identitario peril nostro Paese, che offre anche un immenso valore economi-co-turistico. In questi ultimi cinque anni sono state sop-presse o indebolite le strutture amministrative, tecniche escientifiche che si dedicavano alla tutela del mare e le esanatorie edilizie del Governo hanno rilanciato un abusivi-smo costiero.

Per contrastare questo impoverimento del patrimonio natura-listico marittimo e costiero, proponiamo di:- rilanciare il Piano delle coste come strumento per la

tutela e salvaguardia del mare e delle coste, e sviluppa-re la tutela degli ecosistemi di pregio a partire dalleAree Marine Protette;

- adottare adeguate garanzie di sicurezza ambientale neltrasporto marittimo di sostanze pericolose (doppio scafo,sistema VTS per il controllo del traffico marittimo,rotte prestabilite, linee di separazione dei traffici,impianti di raccolta a terra delle acque nere e di zavor-ra, ecc.), vietando altresì lo smaltimento in mare di

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navi e di piattaforme estrattive esaurite;- adottare misure di incentivazione della piccola pesca,

selettiva e a minore impatto, e dei relativi distretti,con le connesse attività di promozione anche culturale(pescaturismo), per la conversione dell’intero compartocon l’obiettivo della riduzione dello sforzo complessi-vo di pesca.

Infine, non possiamo dimenticare che l'Italia è il paeseeuropeo a più elevata biodiversità per caratteristiche geo-grafiche e climatiche. Degli 8.814 siti di grande rilevanzanaturale per la fauna la flora e gli ecosistemi censiti alivello comunitario, che costituiscono la Rete EuropeaNatura 2000, ben 2.826 si trovano nel nostro Paese.Tale biodiversità è un valore fondamentale per la qualitàambientale e naturale del paese e dei suoi paesaggi, e con-dizione di mantenimento degli equilibri naturali, dellaloro capacità di resistere ai fattori di pressioni e delleloro potenzialità evolutive. La biodiversità è insidiatadalla diffusione dell’inquinamento, dalla compromissione,degli habitat naturali che mettono in pericolo numerosespecie vegetali ed animali rischiando in tal modo di compro-mettere il grande patrimonio naturale del nostro Paese. Lalegge n.394 del 1991 ha permesso un importante sviluppo diaree naturali protette (parchi nazionali, regionali, riser-ve naturali e marine) che contribuiscono alla tutela dellabiodiversità, della qualità degli ecosistemi e di numerosipaesaggi, nonché di valori culturali storici ed antropolo-gici di grandissimo rilievo non solo nazionale.Il sistema delle aree naturali protette italiane costitui-sce uno strumento per la preservazione di risorse naturaliprimarie di rilevante importanza e un patrimonio straordi-nario da conservare e valorizzare.La conservazione e l’arricchimento del grande patrimoniodella biodiversità è un criterio guida nelle politicheambientali e di governo del territorio. Per tutelare talepatrimonio riteniamo necessario mantenere una elevata qua-lità ambientale dell’intero territorio e promuovere lanaturalità diffusa. In questo contesto proponiamo che le reti ecologiche entri-no nella pianificazione territoriale su area vasta, al finedi garantire sistemi di tutela diffusa ed integrata, conparticolare attenzione al sistema alpino, a quello appenni-nico, ai bacini fluviali e alle coste. Inoltre, crediamonella necessità di attuare la "Direttiva Habitat", promuo-vendo la tutela e la conservazione delle zone umide e didare una corretta applicazione della Direttivasull’Avifauna.

Con riferimento alle aree protette proponiamo di:- promuovere la partecipazione attiva della comunità locale

nella gestione delle aree protette terrestri e marine;- disporre il trasferimento a favore dei Parchi nazionali

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della gestione delle Riserve Naturali dello Stato presen-ti al loro interno;

- assicurare alle aree protette un adeguato livellodi priorità nel riparto dei finanziamenti pubblici,dei programmi Comunitari per lo Sviluppo Rurale e deiFondi Strutturali;

- incentivare la ricerca nelle aree protette, potenziandoil ruolo dell’INFS (Istituto Nazionale Fauna Selvatica) edell’ICRAM (Istituto Centrale Ricerca Ambiente Marino) evalorizzando la partecipazione del volontariato e delservizio civile;

- approvare un’apposita normativa che definisca rigorosi etrasparenti criteri per tutte le nomine relative agliEnti di gestione delle aree protette, fondati esclusiva-mente sui titoli tecnico-scientifici e sulle esperienzegestionali maturate nel campo della conservazione dellanatura e del territorio.

Alla luce della nuova e crescente sensibilità nei confrontidegli animali, ci impegniamo affinchè il nostro rapportocon essi sia il più informato, solidale e rispettoso nellospirito della “dichiarazione universale dei diritti del-l’animale” Unesco.Per quanto riguarda l’attività venatoria proponiamo la difesae la piena applicazione della legge n. 157 del 1992, ilrispetto delle direttive comunitarie in materia di caccia.In linea con la più recente normativa comunitaria, propo-niamo di rivedere la normativa sul benessere degli animalinegli allevamenti, stabilendo rigidi principi etologici persalvaguardare il benessere di tutti gli animali utilizzatidall'industria zootecnica durante l'allevamento, il tra-sporto e la macellazione, prevedendo efficaci strumenti dicontrollo e monitoraggio. In linea con la normativa comuni-taria ed alla luce dei più recenti studi scientifici inmateria, occorre promuovere e favorire la ricerca effettua-ta con metodi alternativi all'utilizzo di animali e pro-gressivamente abolire la ricerca e la sperimentazione chene facciano ancora uso.

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Il nuovo made in Italyagroalimentare.Le politiche per l'agricolturaIl nostro programma riconosce la funzione strategica del“Sistema Agricolo Nazionale” per la sua rilevanza economi-ca, ambientale, sociale e culturale.L’agricoltura italiana, fondamento del made in Italy agroa-limentare apprezzato ed imitato in tutto il mondo, è tra lepiù ricche di diversità e tradizione ed è capace di produrreinnovazione scientifica e tecnologica per vincere le sfideincerte e di nuova generazione.Consapevoli della complessità di un mercato globalizzato, ènecessario affermare che il perseguimento dell’apertura deimercati e la lotta ad un protezionismo egoistico devono pro-cedere assieme all’affermazione di politiche che garanti-scano la sostenibilità, la sicurezza alimentare dei consu-matori, la sovranità alimentare, il ruolo ambientale del-l’agricoltura, il rispetto dei diritti dei lavoratori e latutela della biodiversità. A questo proposito noi crediamonella necessità di aprire spazi competitivi legati allaqualità, alla trasparenza dell’etichettatura, alla traccia-bilità ed al riconoscimento dell’origine dei prodotti.

In particolare, riteniamo necessario affrontare, in un qua-dro di federalismo efficace basato sul principio di sussi-diarietà, alcune questioni centrali.

Questione importante è quella del ruolo fondamentale chesvolge l’Europa nella costruzione dei nuovi equilibri,attraverso i negoziati internazionali e le politiche comu-ni. A questo proposito occorre:- impedire che nelle prospettive finanziarie dell’UE il

bilancio comunitario venga ridotto rispetto a quantogarantito dalla Commissione Prodi: e’ necessario confer-mare l’importanza della Politica Agricola Comunitaria nelquadro delle strategie di Lisbona, anche attraverso unrinnovato protagonismo dell’Italia;

- affermare che una corretta tutela della concorrenzarisiede nella difesa dei marchi di denominazione di ori-gine (DOP e IGP) nei mercati extra Ue, nel rispetto delleregole comunitarie sulla sicurezza alimentare, sullelegislazioni sociali, sulla sostenibilità ambientalee sul benessere animale anche da parte dei prodottiimportati dai paesi extra Ue e infine nell’eliminazionedei sostegni comunitari alle esportazioni agricole enella riduzione del protezionismo doganale nei confrontidelle importazioni dei prodotti agricoli dai paesi in viadi sviluppo;

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- dire no ad una rinazionalizzazione della politica agrico-la comunitaria, che ha garantito alle imprese agricoleitaliane certezza, trasparenza e garanzia dei tempi dierogazione dei contributi: l’agricoltura italiana habisogno di più Europa, non di meno Europa;

- correggere gli squilibri nella distribuzione delle risor-se comunitarie nel senso di una maggiore equità: una per-centuale troppo limitata di beneficiari riceve una quotatroppo elevata degli aiuti agricoli;

- modulare le misure europee di sostegno al reddito degliagricoltori sulla capacità delle imprese di produrre benie valori socialmente rilevanti, espressione di una multi-funzionalità diffusa: in questo senso occorre spostarepiù risorse comunitarie sulle Politiche di SviluppoRurale, in coerenza con lo spirito innovatore dellariforma della Politica agricola comune (PAC), che è statosostanzialmente tradito nella sua applicazione;

- assumere un nuovo ruolo nel Mediterraneo, strategico perle produzioni del Meridione e per creare nuove solidarie-tà in una regione critica, promuovendo l’integrazione deisistemi e l’infrastrutturazione logistica, anche in pro-spettiva dell’area di libero scambio del 2010.

Dobbiamo poi avviare un grande processo di cambiamento erafforzamento competitivo attraverso una vera innovazionestrategica. Per realizzarlo riteniamo necessario:- valorizzare i caratteri e le identità dell’agricoltura

italiana, preservare e potenziare il legame tra agricol-tura e industria alimentare e diversificare i percorsi disviluppo: politiche diverse per le diverse agricolture.Sostenere l’innovazione con un forte impulso alla ricercae al trasferimento dei risultati alle imprese, rilanciarela formazione (anche quella imprenditoriale) e l’assi-stenza tecnica alle imprese;

- custodire i valori della biodiversità e privilegiare lanaturalità dei processi incentivando realmente l’agricol-tura biologica anche ai fini della difesa e valorizzazio-ne ambientale e adottando verso gli Organismi genetica-mente modificati il principio di massima precauzione;

- riconoscere il ruolo svolto dall’agricoltura in termini dipresidio e gestione del territorio, di tutela del paesag-gio e dei beni comuni e di lotta al dissesto idrogeologico,incentivando il mantenimento dell’agricoltura nelle areemarginali e di montagna e favorendo una opportuna integra-zione con le politiche ambientali e pianificatorie;

- diffondere la cultura della produzione e del consumo dicibo di qualità e sostenere il made in Italy agroalimen-tare presso il mercato nazionale ed estero, attraverso lapromozione del sistema dei marchi italiani;

- rafforzare il tessuto produttivo attraverso politichestrutturali e di riorganizzazione delle filiere agroali-mentari, che permettano alle imprese di affrontare lanuova dimensione competitiva: pur in un contesto comuni-

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tario si rende sempre più necessaria una forte politicaagricola nazionale. È necessario inoltre ridurre la for-bice dei prezzi tra produttore e consumatore, eliminandoi passaggi che non aggiungono valore e favorendo formedecentralizzate di commercializzazione, anche con espe-rienze di filiera corta. Difendere e sostenere il redditodegli agricoltori con una politica di equità dei prezziche, garantendo agli agricoltori la giusta remunerazioneper la qualità prodotta, assicuri un contenimento deiprezzi per i consumatori;

- alleggerire i costi di produzione e di sistema (costo delterreno, del credito, degli oneri contributivi sul lavo-ro, dell’energia, delle assicurazioni, dell’acqua, del-l’amministrazione) per aumentare la competitività dellenostre imprese;

- valorizzare il lavoro (grande assente in tutta l’attualepolitica agricola nazionale ed europea), anche conriguardo ai lavoratori immigrati e alle loro pari oppor-tunità, assumendo il totale fallimento della bossi finianche in agricoltura. Favorire il ricambio generazionaleincentivando l’ingresso dei giovani e valorizzare ilnuovo protagonismo delle donne in agricoltura con politi-che di pari opportunità;

- promuovere l’agricoltura anche come fonte di energia rin-novabile e di crediti ambientali secondo Kyoto e aprire unanuova stagione di politiche forestali con un piano nazio-nale di settore secondo gli obiettivi di tutela ambientalee di valorizzazione delle risorse e del territorio;

- promuovere i sistemi di aggregazione ed integrazionedelle imprese agricole, in particolare attraverso la coo-perazione, ma anche per mezzo dell’associazionismo, deiconsorzi, dei gruppi di acquisto: strumenti di progressoeconomico e sociale che garantiscono i principi dellacompetitività, della partecipazione e della mutualità;

- riavviare una politica d’accesso al credito per il siste-ma agroalimentare, ridefinire le politiche di assettofondiario e sviluppare nuovi strumenti assicurativi pergarantire stabilità ai redditi;

- valorizzare le politiche del mare attraverso una pesca edun’acquacoltura sostenibili.

Dobbiamo infine perseguire una nuova qualità nel governodel settore agricolo, attraverso:- la costituzione di un "Ministero per le Politiche

Agricole, Alimentari e Forestali" e la promozione diuna nuova concertazione tra le forze della società,delle imprese e dei lavoratori del settore, ancheattraverso la ridefinizione della composizione delTavolo Agroalimentare;

- un rapporto Stato-Regioni basato sulla cooperazione,sulla sussidiarietà e sulla flessibilità per una gover-nance unitaria e articolata dei sistemi istituzionali,delle filiere agroalimentari e dei distretti territoriali;

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- la garanzia della legalità nei territori rurali e ilrispetto delle norme comunitarie e delle regole ai diver-si livelli delle filiere agroalimentari;

- la costituzione di un’Agenzia Nazionale per la SicurezzaAlimentare;

- il riordino degli Enti tecnico-strumentali vigilatidal Ministero delle politiche agricole e forestali(AGEA, ISMEA, CRA, UNIRE, INEA, INRAN).

La patria dei cento turismiIl turismo a livello mondiale ha ripreso a crescere a ritmisostenuti. Salvo che in Italia, nonostante l’elevata attrat-tiva culturale che il nostro Paese mantiene nel mondo.Per tornare a crescere dobbiamo affrontare i fattori criti-ci della nostra offerta:- aumentare la qualità dei prodotti;- diminuire i differenziali di prezzo con i nostri con-

correnti;- rendere più agevole il raggiungimento delle destina-

zioni turistiche;- contrastare il lavoro nero ed irregolare nel settore

turistico.

A questo fine, noi crediamo che occorrano alcuni specificiinterventi strategici:

Insediamenti turistici maturi: in questo settore dobbiamopromuovere, come altri Paesi europei, la trasformazioneurbana e territoriale di qualità. Nel calo generaledei flussi turistici il successo dei distretti turistico-culturali (città, borghi, antichi percorsi, enogastronomia)indica le notevoli opportunità offerte da questo settorein Italia.

Quanto al Mezzogiorno, proponiamo di riqualificare gliinvestimenti in funzione dell'allungamento della stagioneturistica per i lavoratori e per le imprese: il Mezzogiornopuò essere il nuovo palcoscenico dei “cento turismi”richiesti dal mercato, come la nautica da diporto.

Qualità dell’accoglienza: per innalzare lo standard quali-tativo riteniamo necessari investimenti nella formazionedel settore turistico, perché l’Italia diventi un polocapace di attirare persone qualificate da tutto il mondo. Aquesto scopo puntiamo a qualificare i corsi di laurea el’istruzione secondaria specialistica e ad utilizzare glienti bilaterali nella formazione permanente dei lavoratori,anche per favorire l’impiego qualificato dei lavoratorineocomunitari ed extracomunitari. Crediamo inoltre nella necessità di ampliare e qualificare

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l'offerta alberghiera, in modo che il turista possa sce-gliere con la piena consapevolezza dei prezzi e della quali-tà offerta.

Prezzi concorrenziali: crediamo in una politica di conteni-mento dei prezzi basata per un verso sull'aumento del gradodi utilizzo delle strutture turistiche e, per altro verso,sulla riduzione del differenziale IVA tra le imprese turi-stiche italiane e quelle dei competitori europei.Proponiamo inoltre di introdurre la detraibilità dell’IVAper il turismo d’affari.

L’Italia più vicina: il trasporto aereo internazionale ha"avvicinato" nuove mete turistiche lontane, mettendo inluce la scarsa raggiungibilità di molte delle nostre desti-nazioni turistiche nazionali. Crediamo indispensabilepotenziare il trasporto charter, anche ferroviario, e pro-muovere l’utilizzo del trasporto turistico via mare.Proponiamo inoltre di potenziare la dotazione infrastruttu-rale e di adottare politiche commerciali innovative percontenere i prezzi e riqualificare l'offerta turistica.

La vacanza come diritto sociale: più della metà degli ita-liani non è in condizione di andare in vacanza. Per allarga-re il mercato interno e sostenere il turismo sociale, propo-niamo di rifinanziare la legge che ha istituito il “Fondoper il prestito e il risparmio turistico” e creato i “buonivacanza”, rimasta inapplicata.

La promozione: la recente riforma dell’ENIT è insufficientee deve essere completata con regole e modalità di carattereprivatistico. Proponiamo inoltre un rafforzamento delladotazione finanziaria finalizzato a sostenere iniziativepubbliche-private sul terreno della promozione e della com-mercializzazione.

Una guida nazionale: negli ultimi cinque anni è mancata unaguida nazionale. È perciò necessario rafforzare laDirezione del turismo nel Ministero delle attività produt-tive, con la creazione di un Dipartimento e il riconoscimen-to di un Viceministro con delega al turismo che coordinile iniziative di carattere nazionale in accordo con leRegioni che sono le istituzioni titolari delle competenzein materia di turismo.

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Lavoro,diritti e crescitacamminano insieme

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Lavoro,diritti e crescita camminano insieme

Il binomio “lavoro e welfare” è l'asse portante dei valoriche ispirano tutte le nostre politiche economiche e sociali.Il punto di partenza è la creazione di un circuito virtuosotra sviluppo economico e sviluppo sociale, tra diritti ecrescita, tra competitività e giustizia: un welfare statedeclinato come “ambito di giustizia” e come “fattore pro-duttivo”. È in questo contesto che possiamo e dobbiamo recu-perare il nesso inscindibile tra diritti individuali,diritti del lavoro e diritti sociali, secondo un nuovoapproccio allo "sviluppo umano" che veda l'idea di libertànon solo come attributo individuale, ma come impegno socia-le. Allo stesso modo, per noi uguaglianza è anche "ugua-glianza delle capacità fondamentali" e solidarietà èsoprattutto responsabilità degli uomini e delle donne gliuni per gli altri e di ciascuno verso la società.

Consideriamo responsabilità primaria delle politiche pub-bliche contrastare attivamente tutti i meccanismi che limi-tano le capacità, e dunque la libertà degli individui di"diventare persone". In questo quadro, l'attenzione si spo-sta dal risarcimento di carenze alla promozione di facoltàfin dalla primissima età. Dalla redistribuzione riparato-ria, che giunge solo a posteriori, alla distribuzione apriori di mezzi e opportunità, per esempio attraverso lavalorizzazione di saperi e competenze e la garanzia di unapiena e buona occupazione.

È in questa chiave, inoltre, che può e deve essere ricono-sciuto e recuperato il ruolo determinante per il livello ela qualità dello sviluppo svolto storicamente dalla con-trattazione e dall’iniziativa sindacale.Ma è anche la chiave che può consentire al privato-socialedi manifestare pienamente le sue potenzialità, per esempioattraverso il terzo settore, e a tutti i soggetti di concor-rere allo sviluppo economico e sociale del paese secondoforme mature di sussidiarietà.

Una piena e buonaoccupazioneL’economia è in crisi, la crescita dell’occupazione si è arre-stata, specie nel Mezzogiorno, e sta crescendo la precarizza-zione del lavoro. Il governo ha ridimensionato o cancellato glistrumenti di incentivo e di stabilizzazione dell’occupazione,credito d’imposta e prestito d’onore, attivati nella scorsalegislatura. L’abbandono di queste politiche di sostegno hapeggiorato le condizioni dei lavoratori e aumentato la preca-rietà. Per di più ad aggravare ulteriormente la frammentazionedel mondo del lavoro è interventuta la legge "Maroni" (legge n.30 del 2003), che ha introdotto una miriade di forme di lavoro

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Lavoro,diritti e crescita camminano insieme

precario risultate estranee alle stesse esigenze delle imprese.

Proponiamo la reintroduzione del credito di imposta a favo-re delle imprese che assumono a tempo indeterminato.Noi siamo contrari ai contenuti della legge n. 30 e deidecreti legislativi n. 276 e 368 che moltiplicano le tipolo-gie precarizzanti.Per noi la forma normale di occupazione è il lavoro a tempoindeterminato, perché riteniamo che tutte le persone devonopotersi costruirsi una prospettiva di vita e di lavoro sere-na. In tal senso, crediamo che il lavoro flessibile nonpossa costare meno di quello stabile e che tutte le tipolo-gie contrattuali a termine debbano essere motivate sullabase di un oggettivo carattere temporaneo delle prestazionirichieste e che non debbano superare una soglia dell’occu-pazione complessiva dell’impresa.

Proponiamo che le tipologie di lavoro flessibile sianonumericamente contenute e cancellate quelle più precariz-zanti: ad esempio il job on call, lo staff leasing e il con-tratto di inserimento.

Per quanto riguarda il lavoro a progetto, che vogliamo sot-toposto alle regole dei diritti definite dalla contratta-zione collettiva, puntiamo ad eliminarne l’utilizzo distor-to, tenendo conto dei livelli contrattuali delle categoriedi riferimento e con una graduale armonizzazione dei con-tributi sociali. In particolare, occorre garantire unarelazione tra versamenti e prestazioni e prevedere chel’innalzamento dei contributi non sia totalmente a caricodi questi lavoratori. Ci impegniamo ad adottare iniziativedi carattere legislativo per rendere certi i percorsi distabilizzazione del lavoro e per monitorare la formazioneprofessionale al fine di scongiurare abusi e distorsioninell'attuazione degli istituti contrattuali.

La regolamentazione del lavoro interinale dovrà esser rivi-sta, anche considerando la impostazione legislativa defini-ta dal precedente governo di centrosinistra.Inoltre, ci impegniamo a rivedere la normativa in meritoagli appalti di opere e di servizi e alla cessione delramo d’azienda, spesso utilizzata in modo fittizio peraggirare le tutele dei lavoratori attraverso il meccani-smo delle esternalizzazioni: la disciplina va ricondottaalla sua corretta dimensione, giustificata esclusivamen-te da oggettivi requisiti funzionali e organizzativi. Inogni caso, va riconosciuta una piena responsabilità del-l’impresa appaltante nei confronti dei lavoratori delleimprese appaltatrici. Inoltre, riteniamo che le attivitàdella pubblica amministrazione che garantiscono i dirittitutelati costituzionalmente ed i relativi servizi debbanoessere parte integrante dell’intervento pubblico e non sianoesternalizzabili.

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Lavoro,diritti e crescita camminano insieme

Crediamo che l’estensione della precarietà abbia contribui-to anche al peggioramento delle condizioni di sicurezza neiluoghi di lavoro. Risulta pertanto necessaria una revisionedella normativa che renda più cogente il rispetto dellenorme di sicurezza, anche attraverso un rafforzamento dellefunzioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezzae dell’apparato sanzionatorio e un potenziamento dei servi-zi ispettivi e di prevenzione.

Ci appare indispensabile combattere a fondo, con misurepreventive e repressive, la piaga del lavoro nero, anche constudi di settore e appositi indici di congruità. Il lavoronero e irregolare, oltre a rappresentare una grave lesionedei diritti del lavoro, è anche causa di concorrenza slealee di evasione fiscale e contributiva. In generale, sosteniamo politiche del lavoro dirette a pro-muovere la piena e buona occupazione e a ridurre il tasso diprecarietà, incentivando la stabilità e la tutela del lavo-ro discontinuo. Oltre al superamento della legge "Maroni", noi puntiamo:- all'estensione a tutti i lavoratori delle tutele e dei

diritti di base (maternità, paternità, malattia, infortu-nio, diritti sindacali,etc) e dell'accesso al credito;

- all'aumento delle opportunità di crescita professionale,attraverso il diritto alla formazione permanente;

- alla garanzia e al sostegno non solo del reddito attuale,ma anche dei trattamenti pensionistici futuri, con stru-menti quali: la totalizzazione di tutti i contributi ver-sati, anche in regimi pensionistici diversi, e la coper-tura figurativa per i periodi di non lavoro.

Vogliamo inoltre estendere le tutele anche nel mercato dellavoro riformando gli ammortizzatori sociali, potenziando iservizi pubblici all’impiego e la formazione professionalesul territorio, innovando e allargando le politiche attivedi sostegno all’occupazione e per la formazione lungo tuttol’arco della vita.

In particolare, proponiamo politiche specifiche per aumen-tare le opportunità di lavoro dei gruppi oggi sottorappre-sentati sul mercato del lavoro, in primo luogo:- i giovani, per accrescerne istruzione e qualificazione

professionale e stabilizzarne i rapporti di lavoro;- le donne, con strumenti che ne garantiscano la parità di

diritti normativi, retributivi e pensionistici, senzadiscriminazioni. Anche a tal fine, vogliamo favorire laconciliazione delle responsabilità genitoriali degliuomini e delle donne con la vita lavorativa, con diversistrumenti: dall’estensione degli asili nido di territoriocome diritto alla socializzazione primaria dei bambini edelle bambine, alla possibilità di part-time e di congediadeguatamente retribuiti, agli incentivi per l’inserimen-to e il reinserimento al lavoro dopo periodi di assolvi-mento di responsabilità genitoriali;

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- gli anziani, con azioni che promuovano la vecchiaia atti-va: sostegni e incentivi al reinserimento al lavoro, for-mazione professionale per adeguare le competenze; formedi passaggio graduale fra lavoro e non lavoro, anche conpart time misto a pensione;

- i lavoratori delle aree depresse, specie del Mezzogiorno,con incentivi mirati all’occupazione stabile e alla rego-larizzazione del lavoro nero oltre che con il rilanciodello sviluppo di quelle regioni;

- i soggetti disabili e svantaggiati, attraverso il supera-mento delle normative introdotte dalla "legge 30" e ilpotenziamento dei centri pubblici per i servizi di inse-rimento lavorativo mirato delle persone con disabilità.

Queste politiche di promozione della buona occupazione e diestensione dei diritti devono riguardare anche i lavoratoriimmigrati. A questo proposito, noi seguiamo una impostazio-ne diametralmente opposta a quella repressiva ed incostitu-zionale della "legge Bossi – Fini". Vogliamo superarel’approccio restrittivo al problema dell’immigrazione.Analogamente, per contrastare la tendenza al lavoro nero,riteniamo che occorra garantire il permesso di soggiorno aogni immigrato che denunci la propria condizione di lavoroirregolare.

In questo quadro, un ruolo rilevante per l'attuazione dellepolitiche attive del lavoro e della formazione di competen-za delle regioni e delle autonomie locali può e deve esseresvolto dai centri per l'impiego, nel quadro di principi estandard definiti a livello nazionale. Gli enti localigovernati dal centrosinistra si sono già impegnati in que-sta direzione, con iniziative legislative e con iniziativeconcordate con i sindacati e con le forze politiche. Questeesperienze costituiscono un tassello importante per lacostruzione delle politiche del lavoro del futuro governodi centrosinistra.

Inoltre, riteniamo indifferibile una profonda riforma delsistema degli ammortizzatori sociali, che preveda:- l'incremento e l'estensione dell’indennità di disoccupa-

zione a tutti i lavoratori (anche discontinui, economica-mente dipendenti e non subordinati);

- il riordino e l'armonizzazione dei trattamenti delsettore agricolo;

- la costituzione di una rete di sicurezza universale cheprotegga tutti i lavoratori nei casi di crisi produttive.

Un altro obiettivo generale imprescindibile delle nostrepolitiche economiche e sociali è costituito dalla difesadel potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.Negli ultimi anni abbiamo assistito a una pericolosa ero-sione del potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pen-sioni, tuttora in atto. Oggi, a differenza del passato,anche avendo un lavoro stabile si può correre il rischio discivolare al di sotto della soglia di povertà.

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Lavoro,diritti e crescita camminano insieme

Il Governo Berlusconi non solo ha bloccato la restituzionedel drenaggio fiscale (il cosiddetto fiscal drag) - chenel solo 2003 ha comportato un aggravio delle imposte dicirca 2,5 miliardi di euro, a carico di 25 milioni di con-tribuenti - ma ha fissato i tassi di inflazione programmataa livelli bassi e inaccettabili rispetto all’inflazionereale. In questo modo, e non rinnovando una parte dei con-tratti del pubblico impiego, il Governo di centrodestrasi è reso responsabile di un’azione programmata di perditadel potere d’acquisto delle retribuzioni.

Per questo motivo riteniamo che debba essere affrontatanel Paese una vera e propria “questione retributiva”.A tal fine, proponiamo di agire in diverse direzioni:- monitorare a livello centrale e territoriale l’andamentodei prezzi e delle tariffe e intervenire per un loro conte-nimento; con particolare riferimento alle tariffe elettri-che, del gas, dell'acqua, delle telecomunicazioni e del-l'assicurazione obbligatoria sull'auto;- superare il criterio dell’inflazione programmata nel rin-

novo dei contratti di lavoro e definire i meccanismi piùefficaci e più equi per garantire la copertura dall’in-flazione reale;

- distribuire una quota dell’incremento della produttivitàa favore delle retribuzioni perché risulta evidente che,da molti anni a questa parte, essa è andata esclusivamen-te a vantaggio delle imprese;

- recuperare il drenaggio fiscale;- ridurre l'imposizione sulle basse retribuzioni;- estendere a tutti i pensionati l'integrazione al tratta-

mento minimo, premiando chi ha versato più contributi;- ridurre la tassazione sul trattamento di fine rapporto.

In generale, riteniamo che il problema del potere d’acqui-sto non possa essere disgiunto da una politica fiscale basa-ta sul prelievo progressivo per tutti i redditi - dai salarialle rendite - e dall’adozione di un criterio di trasparenzanella definizione del paniere di prodotti che definisconol’aumento dell’inflazione. Infine, noi pensiamo che sia necessario riprendere un con-fronto sulla rappresentatività, sulla rappresentanza esulla democrazia sindacale. Le discussioni che abbiamosvolto su questo argomento hanno chiarito l'esigenza difornire un quadro legislativo di sostegno al tema dellarappresentatività, da concretizzare nel corso della pros-sima legislatura.La legge Bassanini ha già dimostrato la possibilità di arri-vare ad una importante sinergia tra azione sociale e azionepolitica. A partire da questo risultato, i criteri dellalegge possono essere utilmente estesi per disciplinare lamateria anche nei settori privati.

Sul complesso di queste materie l’Unione ritiene importanteil confronto con le posizioni espresse dalle organizzazioni

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sindacali a partire dal positivo accordo raggiunto dalleorganizzazioni sindacali dei lavoratori metalmeccanici.In particolare, riteniamo un significativo passo avanti,che può aprire la strada all’individuazione di criterigenerali per affrontare il problema della rappresentativi-tà, l'iniziativa dei sindacati di utilizzare entrambi icriteri - della democrazia diretta e di mandato - che trag-gono origine dalla storia dei modelli sindacali italianidel sindacato generale e del sindacato associazione.Inoltre, riconosciamo l'esigenza di consolidare l’importan-te ruolo della contrattazione nazionale e di secondo livel-lo e il giusto ruolo della legislazione a sostegno dellacontrattazione.Per quanto riguarda il pubblico impiego, riteniamo che lacontrattualizzazione del rapporto di lavoro, dopo ladestrutturazione operata dal governo di centrodestra, debbaessere confermata e rilanciata, confermando il ruolodell’Aran e del sistema della rappresentatività sindacale.

Infine, riteniamo necessario intervenire sulla legge inmateria di diritto di sciopero, a partire dal ruolo dellacommissione di garanzia, e provvedere finalmente a unariforma del processo del lavoro orientata a garantire cer-tezza e celerità nella soluzione delle controversie, conl’obiettivo di dare effettività a un sistema di tutele oggicompresso da una eccessiva durata del giudizio.

Una previdenza sicurae sostenibileCome nella quasi totalità dei paesi europei, anche per ciò cheriguarda l'Italia le attuali tendenze demografiche avrannoun'incidenza rilevante sugli equilibri futuri della previdenza.Tuttavia, riferendosi alle analisi più recenti, riportate anchenei documenti ufficiali del governo, si osserva che nel nostropaese, a partire dal 1993 fino al 2001, il ritmo di crescita delrapporto tra spesa pensionistica e PIL ha registrato un sostan-ziale rallentamento. Ciò è conseguenza di una più ridotta dina-mica della spesa in termini reali dovuta all'effetto congiuntodi diverse modifiche introdotte con le riforme degli anni '90.Dal 2002, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL ha ripreso acrescere, in parte per l'aumento di una quota delle maggiorazio-ni sociali, ma soprattutto a causa della dinamica molto rallen-tata del PIL. In prospettiva, per il prossimo quinquennio, primadell’innalzamento rigido dell’età pensionabile introdotto conla riforma previdenziale del governo Berlusconi, le previsioniindicavano che la spesa totale per pensioni al netto dell'indi-cizzazione sarebbe dovuta crescere ad un tasso medio annuo dicirca il 2%, un po’ più elevato rispetto alla seconda metà degli

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anni '90 ma molto inferiore al tasso di crescita sperimentato inperiodi precedenti. In confronto a questo dato medio, appare piùaccentuata la dinamica della spesa per i dipendenti pubblici eper i fondi dei lavoratori autonomi.

Dalla proiezione fino al 2050, utilizzata come riferimento pergli ultimi provvedimenti adottati e nelle procedure di confron-to con gli altri paesi europei, si vede che l'incidenza dellaspesa pensionistica italiana sul PIL, inizialmente una dellepiù elevate in Europa, risulta tra le più stabili nel tempo, conuna crescita inferiore ai due punti percentuali nella faseintermedia, quando subito dopo il 2030 si dovrebbe arrivare alvalore più alto, e una successiva contrazione che riporta l'in-cidenza della spesa ad un livello leggermente inferiore a quelloattuale. Nello stesso periodo, il rapporto tra spesa per pensio-ni e PIL nell’insieme dei paesi europei registra una crescita dicirca tre punti percentuali, con notevoli differenze nel profi-lo temporale e nella dimensione delle variazioni per ogni Paese. La stabilizzazione della spesa pensionistica italiana nell’arcodei prossimi cinquant’anni, che riavvicina di molto il nostropaese alla media europea, è determinata dal concorrere di varifattori. In particolare, a contrastare il tendenziale effettoespansivo sulla spesa dovuto all'aumento del tasso di dipenden-za demografica, ci sono in ordine di importanza la restrizionedei criteri di accesso al pensionamento, l'aumento del tasso dioccupazione ma, soprattutto, la discesa dei "tassi di sostitu-zione", cioè del rapporto tra pensione e ultima retribuzione,nelle fasce di età che precedono i 65 anni.Come indicano dunque le proiezioni, il sistema previdenzialeitaliano, con il passaggio al regime contributivo, offre nellungo periodo garanzie di sostenibilità finanziaria più soliderispetto ai sistemi pensionistici di quasi tutti gli altri paesieuropei. Tuttavia, dalle stesse proiezioni emerge un problemaserio, che riguarda l'ammontare futuro dei trattamenti pensio-nistici rispetto ai redditi da lavoro. Da ciò discende la necessità di intervenire a favore delle partipiù fragili del sistema, che sono individuabili soprattuttonelle lavoratrici e nei lavoratori con carriere discontinue emeno retribuite, oltre che nei pensionati che sopravvivono più alungo dopo il pensionamento.Il governo di centrodestra, pur basandosi su documenti che deli-neano il quadro appena esposto, si è mosso solo in direzionedella “sostenibilità finanziaria” del sistema pensionistico,con misure inique che peggiorano la ”adattabilità” del sistemastesso, e ha tralasciato ogni azione diretta a rendere in pro-spettiva più adeguati i trattamenti. L’innalzamento rigido dell’età di pensione, che il governo haapplicato anche al regime contributivo, produce effetti presso-ché nulli sulla sostenibilità finanziaria di lungo periodo,poiché con questo metodo di calcolo l'onerosità di una pensioneè sostanzialmente identica per ogni età di ritiro nell'inter-vallo previsto.

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Ancora più importante è il fatto che la flessibilità del sistemacontributivo introdotta dalla riforma "Dini" aiutava anche arisolvere il problema dei lavoratori in difficoltà a mantenereun posto fisso di lavoro oltre certe soglie di età. Con lasituazione che si viene a creare, senza adeguati interventi perfavorire la prosecuzione della carriera, molte persone ultra-cinquantenni rischiano, quando sono estromesse dall'attivitàlavorativa, di non avere più un salario e di non avere ancoradiritto alla pensione.

Inoltre, va ricordato che con le precedenti riforme era giàstata raggiunta un mediazione basata sugli anni di anzianità osulla combinazione tra anzianità contributiva e soglia di etàche, vista la proiezione di medio termine dei conti della previ-denza non richiede interventi strutturali. L'aumento "a scatto"dell'età richiesta è anche una misura poco coerente con l’obiet-tivo di controllare la spesa, in quanto, da un lato non si spie-ga perché fino al 2008 non ci sia necessità di risparmio, mentredopo il 2008 questa esigenza assuma una tale urgenza da richie-dere il blocco delle uscite di anzianità per tre/cinque anni,con la possibilità che un’accelerazione delle uscite negli anniche precedono l’entrata in vigore renda meno efficace e più ini-quo il gradino temporale. Inoltre questa misura determinerebbeun consistente ostacolo all’ingresso al lavoro per le giovanigenerazioni, aggravando ulteriormente la situazione attuale sulversante del mercato del lavoro.

Anche l'altra misura molto sbandierata dal governo di centrode-stra, cioè l’incentivo per il posticipo del pensionamento (ilcosiddetto "bonus"), si presta a diverse critiche. In partico-lare, se calcolato correttamente, il bonus non presenta effet-tivi vantaggi se non per chi ha retribuzioni più elevate e che,con più probabilità, avrebbe comunque continuato a lavorare.Ciò è confermato dai dati che registrano basse quote di benefi-ciari tra le qualifiche inferiori, le donne e le regioni delmezzogiorno, con in aggiunta un incidenza della misura sui contipubblici del tutto modesta.

Nel complesso, a differenza dell’indirizzo perseguito dall’at-tuale governo, i maggiori oneri connessi al periodo di transi-zione al nuovo regime pensionistico, la cosiddetta "gobba", noncostituiscono un problema particolare, anche tenendo presenteche in una economia in crescita, anche allargandosi la quota dirisorse da indirizzare alle pensioni, il reddito reale pro-capite delle persone attive può comunque aumentare.

Sulla base di ciò, noi crediamo necessario intervenire conmisure migliorative e di razionalizzazione dell'esistente.In particolare puntiamo a: - ribadire la necessità di attenersi alle linee fondamenta-

li previste dalla riforma "Dini" che senza ricorrere acontinue ipotesi di riforma del sistema pensionistico cheminano la sicurezza sul futuro dei lavoratori - rappre-

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sentano già la principale garanzia di sostenibilitàfinanziaria del sistema;

- eliminare l’inaccettabile “gradino” e la riduzione delnumero delle finestre che innalzano bruscamente e in mododel tutto iniquo l’età pensionabile, come prevede per il2008 la legge approvata dalla maggioranza di centrodestra;

- affrontare il fenomeno dell'evasione contributiva conopportuni strumenti di controllo e accertamento, compresoun aumento di organico degli ispettori del lavoro delMinistero e degli enti, dai quali verrebbe anche un con-sistente aiuto per la lotta al sommerso;

- per compensare la tendenza al ribasso dei trattamentipensionistici, intervenire sull’adeguamento delle pensio-ni al costo della vita e approntare misure efficaci cheaccompagnino verso un graduale e volontario innalzamentodell'età media di pensionamento.

Con la tendenza all’aumento della vita media e all'internodi una modifica complessiva del rapporto tra tempo di vita etempo di lavoro, l’allungamento graduale della carrieralavorativa, tenendo conto del diverso grado di usura provo-cato dal lavoro, dovrebbe diventare un fatto fisiologico.Il processo va incentivato in modo efficace, con misureincisive, che non mettano a rischio l’adeguatezza dellapensione. In particolare, occorre fare leva su meccanismidi contribuzione figurativa, a cui abbinare incentivi perle imprese che mantengano nel posto di lavoro le personesopra i cinquant’anni. Noi crediamo che gli incentivi contributivi debbano essereaccompagnati da “politiche per l’invecchiamento attivo” deltipo sperimentato in altri paesi europei, che mirino a crea-re ambienti più adatti al lavoro delle persone in età matu-ra, avvalendosi di schemi misti basati su part time integra-to con una pensione parziale e di incentivi per riduzionid’orario finalizzate all'apprendimento e all'aggiornamentopermanente delle qualifiche professionali. In funzione di un rafforzamento della pensioni più basse,crediamo che debba essere riconsiderato il sistema di indi-cizzazione delle pensioni. Tale revisione, per rispettarel’equilibrio finanziario del sistema, deve essere indiriz-zata verso le fasce inferiori dei trattamenti pensionisticia partire dai minimi e dalle soglie più elevate di età. Inquesto ambito va anche previsto l’aumento degli assegnisociali e dei trattamenti di invalidità civile più bassi.I fondi dei lavoratori autonomi, che registrano da alcunianni disavanzi crescenti, sono un altro punto su cui è ipo-tizzabile qualche intervento.Con rifermento al lavoro autonomo, per evitare valutazionigrossolane, si deve distinguere tra le nuove regole che, conle riforme degli anni Novanta hanno visto i trattamentiriallinearsi ai contributi effettivamente versati, e ciòche resta delle vecchie regole. Queste ultime avevano assi-milato il calcolo dei trattamenti dei lavoratori autonomi a

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quello dei dipendenti, con aliquote di contribuzione per iprimi pari a circa la metà di quelle dei secondi. La fortedifferenza nei rendimenti, ha creato oneri che possonoessere contenuti, sia adeguando le aliquote contributive,sia ritoccando l’età della pensione.

Per il comparto degli autonomi, con il sistema contributivoa regime, esiste però anche un problema di adeguatezza dellepensioni. Mentre questo non costituisce un problema digrande rilevanza per quanto riguarda il commercio e i lavo-ratori autonomi propriamente intesi, soggetti per cui nor-malmente la pensione pubblica costituisce solo una quotadelle entrate durante la vecchiaia.Il fenomeno è particolarmente grave per tutte le forme dilavoro intermittente, in particolare per quelle che sonoregolate in forma simile al lavoro autonomo, per le qualiriteniamo che andrebbe previsto un doppio intervento: da unlato il progressivo innalzamento dei contributi previden-ziali e dall’altro una “integrazione contributiva” a caricodella fiscalità generale.

Una soluzione di respiro più ampio al problema della adegua-tezza delle pensioni dei lavoratori con carriere intermit-tenti potrebbe prevedere l’erogazione di una “quota fissadi pensione”, finanziata per via fiscale, da aggiungerealla parte funzionante con il sistema contributivo. Sitratta tuttavia di un'ipotesi che presenta diversi aspettiproblematici, che riguardano l’onerosità dell’intervento,gli effetti più o meno incentivanti sull'emersione dellavoro e la possibilità di accompagnare gli strumenti con unpercorso di convergenza delle aliquote contributive traautonomi e lavoro dipendente, con i relativi effetti sulcuneo fiscale e sul costo del lavoro sostenuto dalle imprese.

Tra le misure di carattere redistributivo, può rientrareanche una revisione dei criteri di attribuzione e di calcolodell’assegno sociale, che consenta sia di abbattere unaquota maggiore di pensione a calcolo nella definizione delreddito del beneficiario, sia di cumulare una percentualemaggiore dello stesso assegno sociale.

In generale, nel valutare gli interventi in favore del-l’adeguatezza delle pensioni, non va comunque trascurato ilfatto che le misure di carattere ridistribuivo, nella misu-ra in cui fanno leva su risorse “esterne” al sistema previ-denziale, tendono a innalzare il debito pubblico.Sarà quindi necessario considerare attentamente le modalitàdi copertura finanziaria delle misure stesse per non aggra-vare l’evoluzione del debito pubblico in rapporto al Pil.In questo ambito si darà vita la confronto con le partisociali al fine di fare la verifica sul funzionamento dellariforma Dini, così come era previsto che avvenisse nel 2005,verifica disattesa dal governo Berlusconi.

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Il pilastro del futuro:la previdenza complementareLa recente approvazione del decreto che regola il conferi-mento del TFR maturando alle forme pensionistiche comple-mentari è stata un’ulteriore prova di come l’attuale gover-no sia condizionato dai pesanti conflitti di interesse cheha al proprio interno.

Ciò nondimeno, questo ritardo consente di mettere a fuocogli aspetti maggiormente criticabili, sui quali sarà possi-bile intervenire con opportune modifiche prima dell’effet-tiva entrata in vigore del dispositivo di legge. La nuova normativa è criticabile in diversi punti sui qualiè sicuramente possibile intervenire in modo migliorativo,rivedendola previo confronto con le parti sociali. In par-ticolare, si rileva che: - il trasferimento del TFR ai fondi modifica di fatto lafinalità di questa quota di risparmio che, attualmente,svolge una funzione di garanzia del reddito nel momento incui cessa un rapporto lavorativo nel corso della carriera- evento che si verifica con sempre maggiore frequenza -e non solo alla sua conclusione. La norma prevede di com-pensare le imprese che vedono sottratta una forma diliquidità a basso costo. Con la stessa logica, andrebbeprevista una “compensazione”, almeno per i lavoratori aminore reddito, poiché il cambio di destinazione comportauna diversa allocazione del risparmio verso un impiegomeno liquido e più rischioso;

- è da rivedere la tassazione delle contribuzioni, poichél’eliminazione del tetto in percentuale del reddito impo-nibile aiuta i soggetti che evadono il fisco, i quali,anche grazie all’evasione, possono permettersi contribu-zioni più elevate;

- va rivista anche la tassazione delle prestazioni che è,senza motivo, molto più vantaggiosa del trattamentoriservato alla pensione pubblica e accentua il caratteredi regressività dell’impianto, già condizionato dal van-taggio prodotto dalla maggiore aliquota marginaledei redditi più alti sulla deducibilità della contribu-zione in somma fissa;

- occorre ripensare il quadro normativo in merito alla“liberalizzazione” dei fondi di previdenza che, dopo avercondizionato fortemente l’iter del decreto legislativo,ha trovato una soluzione di carattere temporaneo. In meri-to, si osserva che la “portabilità” può fungere da sproneper una maggiore concorrenza tra i fondi, tuttavial’accentuazione del carattere “finanziaristico” delrisparmio previdenziale spinge gli assicurati a muoversivalutando la bontà dei fondi sulla base delle performancecorrenti, con effetti sulla gestione degli stessi fondi

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che, da strumenti finalizzati a garantire un reddito sicu-ro nel lungo termine, sarebbero orientati ai risultati abreve, più rischiosi;

- il diverso utilizzo del TFR è inteso a valorizzare lefinalità previdenziali. L’adesione a un fondo dovrebbegarantire un rendimento più elevato che, data la bassaremunerazione del TFR, non è difficile da conseguire,oltre che una maggiore difesa dai rischi, non solo quelliderivanti dalle fluttuazioni dei mercati finanziari,ma anche dall’inflazione;

- una difesa efficace dal rischio di mercato e dall’infla-zione può essere ottenuta anche attraverso un meccanismo a“controllo pubblico” che interviene in fase di erogazionedei trattamenti. Ciò è realizzabile con il conferimento aun'apposita gestione Inps dei montanti contributivi matu-rati con i fondi di pensione, da trasformare in trattamen-ti aggiuntivi a quelli della pensione obbligatoria,applicando le stesse formule di conversione. Tale obiet-tivo è perseguibile, in quanto le “rendite illimitate”sono un prodotto finanziario ancora poco diffuso, chediventa costoso in termini di minor rendimento se vieneindicizzato ai prezzi e che, se erogato su base individua-le, non permette di equiparare i trattamenti per genere aprescindere dalla diversa speranza di vita, come prevedeinvece il sistema obbligatorio. I flussi derivanti dalconferimento dei montanti agli enti previdenziali sonoaccumulabili in un “Fondo di riserva”, che avrebbe effettimaggiori e più immediati se il TFR non indirizzato aifondi di previdenza venisse fatto affluire allo stesso“Fondo di riserva”, con una garanzia di un rendimentoalmeno pari all’attuale TFR e con un trattamento fiscaledegli apporti e delle prestazioni armonizzato rispetto aquello dei fondi della previdenza complementare.Le risorse finanziarie accumulate nel “Fondo di riserva”aiuterebbero a controbilanciare le uscite previdenzialinella fase più critica della “gobba”, con effetti positivisul fabbisogno pubblico, senza alterare la maturazionedei montanti e le prestazioni dei lavoratori assicurati;

- occorre inoltre garantire ai lavoratori la possibilità dieffettuare versamenti aggiuntivi rispetto all’aliquotacontributiva attualmente in vigore, per incrementareil montante contributivo e, dunque, le prestazioni delsistema pubblico obbligatorio. Tali versamenti devonopoter attingere dal TFR e dai contributi aziendali con-trattualmente previsti, beneficiando di un trattamentofiscale analogo a quello adottato per la previdenza com-plementare.

Infine, è assolutamente indispensabile che, in presenza diun mercato previdenziale più ampio, dove agisce una plura-lità di operatori privati, sia sotto il profilo dell’omoge-neità delle regole di comportamento che dal punto di vistadelle autorità preposte al controllo, si arrivi a definire

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una soluzione che garantisca trasparenza e affidabilità almercato stesso, poiché i lavoratori hanno sicuramente biso-gno di riguadagnare fiducia nei confronti della gestionedei loro risparmi.

La nuova rete dei dirittidi cittadinanza: la personae la famiglia Un numero relativamente elevato di cittadini e di famiglieversa, nel nostro paese, in condizioni di crescente disagio eco-nomico. In Italia abbiamo il più alto tasso di disuguaglianzadei redditi disponibili fra i paesi più sviluppati. Il 19% della popolazione vive sotto la cosiddetta linea dipovertà relativa, contro una media europea del 15% (9% inSvezia, 11% in Germania, 15% in Francia). Condizioni di povertào di basso reddito che tendono a colpire selettivamente la popo-lazione infantile creando situazioni a rischio di deprivazionesocio-economica nella prima infanzia e in strati sempre più ampidi madri soprattutto giovani.

Gli oneri a carico delle famiglie continuano, al contempo,a crescere. Crescono, ad esempio, i costi della non auto-suffi-cienza e dei figli, non solo minori. Al riguardo, si ricorda cheben il 70% dei giovani tra i 25 e i 29 anni vive con i genitori,nella sostanziale impossibilità di rendersi autonomi e di for-mare nuove famiglie. Le difficoltà colpiscono ormai anche lefamiglie con redditi medi, e divengono insostenibili per lefamiglie monoparentali.

Fra le donne in età 30-39 anni la decisione di avere un figliocoincide con un abbassamento di oltre 30 punti della partecipa-zione al mercato del lavoro. Fenomeni simili si verificano anchefra le donne più giovani, e la causa principale è di tipo econo-mico piuttosto che culturale e personale. Esercitare il dirittoalla maternità per molte donne significa dovere rinunciare aquello al lavoro. Non stupisce che il tasso di fertilità femmi-nile nel nostro paese sia il più basso d’Europa e che la denata-lità sia divenuta un fenomeno allarmante, con il risultato chesiamo anche il paese più vecchio. Gli ultra-sessantacinquennisono oggi il 16,5% della popolazione e fra cinque anni salirannoal 20,4%. Nel 2030 per ogni 100 ragazzi al di sotto dei 15 annivi saranno 307 persone con più di 65 anni.

Negli ultimi anni è mancata una politica economica e sociale nelsuo insieme adeguata al sostegno ai redditi bassi e precari ealle responsabilità familiari, alla fornitura di servizi socia-li e abitativi alle famiglie e ai trattamenti di disoccupazione.In particolare, è mancato uno strumento generalizzato di con-

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trasto della povertà e dell’esclusione, così come un fondo perla non auto-sufficienza. Le politiche di conciliazione deitempi sono rimaste ignorate dai contratti di lavoro atipico,dove si concentra l’occupazione delle donne.

L’Unione si impegna a modificare questo stato di cose soste-nendo il diritto di ogni persona a scegliere il propriopercorso di vita e il ruolo delle famiglie come un luogodi esercizio delle solidarietà intergenerazionali, dellacura e della tutela del benessere dei figli e degli affetti.

In particolare puntiamo a innovare l’intervento pubblicoin modo che le risorse messe a disposizione dal governocentrale:- facciano da volano di una più ampia mobilitazione di

risorse pubbliche - provenienti dal sistema delleautonomie - e private – il terzo settore e le famigliestesse, chiamate a compartecipare al costo dei servizia prezzi accessibili differenziati in base alle lorocondizioni economiche;

- realizzino la massima efficacia possibile nel sostene-re i redditi personali e familiari e nel contrastare ifenomeni di povertà ed esclusione sociale e faccianociò in forme incentivanti comportamenti attivi e nonpassivi dei beneficiari.

I nostri obiettivi sono i seguenti:- realizzare due libertà fondamentali per i giovani, quella

di rendersi autonomi dalla famiglia di origine e quelladi poter costituire una propria famiglia;

- contrastare la povertà e l’esclusione sociale;- ampliare il diritto per le donne di partecipare al merca-

to del lavoro senza rinunciare al diritto alla maternità;- favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita per-

sonale e familiare;- coniugare il riconoscimento delle famiglie come una

espressione della socialità con il rispetto dei dirittidei singoli componenti, compresi i minori; assicurare idiritti dei bambini e delle bambine e realizzare le con-dizioni per una infanzia libera dal rischio della povertàe ricca di occasioni di socializzazione e di crescita è undovere di cittadinanza;

- tutelare il benessere e la salute dell’infanzia e del-l’adolescenza garantendo un organico e integrato inter-vento di protezione materno-infantile finalizzando a talescopo una azione di messa in rete di tutti gli interventisociali, sanitari e educativi che si rendono necessari;

- favorire una vecchiaia attiva, inserita nella rete dellerelazioni affettive, familiari e sociali, assicurando alcontempo l’assistenza a chi ne ha bisogno;

- riconoscere la cura come questione di giustizia sociale,il che comporta, fra l’altro, garantire rispetto e tuteleai lavoratori impiegati nelle mansioni di cura.

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Perseguire questi obiettivi è parte essenziale dellacostruzione di un welfare dello sviluppo umano, di unasocietà più libera e solidale. Ed è essenziale anche perriaprire una prospettiva di crescita economica stabile:basti pensare alle ricadute positive sull’economia chederivano dalla promozione del lavoro delle donne, con glieffetti positivi sui redditi familiari e sulla natalità,dallo sviluppo del capitale umano dei cittadini, a comin-ciare dai figli, da una rete di servizi che colmi finalmenteun ritardo strutturale dell’economia italiana.

Nel quadro delle responsabilità istituzionali stabilitodal nuovo Titolo V della Costituzione, spetta al governonazionale:- definire i livelli essenziali di assistenza da garantire

a tutti i cittadini sul territorio nazionale;- realizzare un sistema coerente di sostegno dei redditi e

delle responsabilità familiari anche sostenendo gli impe-gni di cura e di accudimento dei bambini e delle bambinenelle loro necessità di crescita;

- predisporre forme di finanziamento che premino l’inizia-tiva delle autonomie locali, riorganizzando il Fondonazionale per le politiche sociali (continuamente taglia-to dal governo di centrodestra in questi anni) e finaliz-zandolo alla promozione della rete dei servizi.

È questa la cornice entro cui si inseriscono le nostro lineed'azione per un nuovo sistema di welfare.

La conciliazione tra vita lavorativa e vita personalee familiare.Proponiamo di rafforzare le possibilità per ambedue i geni-tori di usufruire dei congedi remunerati di maternità epaternità; innalzare la quota dello stipendio assicurata aigenitori che fruiscono dei congedi parentali e rafforzare lapossibilità di integrare la quota mancante con un anticipodel trattamento di fine rapporto (TFR); vogliamo prevedereuna più ampia possibilità di fruiredi congedi anche per atti-vità di formazione e riqualificazione professionale, stabi-lendo e regolamentando anche per questi congedi (come giàavviene per quelli parentali) un diritto di fruizione nonsottoposto alla volontà del datore di lavoro.

Servizi educativi per l’infanzia e le famiglie. E’ neces-sario un impegno straordinario di risorse pubbliche,nazionali e regionali, per dotare il nostro paese di unarete di servizi educativi ed integrati per l’infanzia,estesa, differenziata e qualificata, riconoscendo il lororuolo importante nel promuovere lo sviluppo e il benesseredei bambini, nel sostenere i genitori nella conciliazionedei tempi di lavoro e di cura e nella loro funzione educa-tiva, nel favorire forme rinnovate di partecipazione dellefamiglie. I servizi per l’infanzia, gestiti da una plura-

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lità di soggetti pubblici e privati, entrano a far partedi un sistema territoriale governato dagli Enti locali chene garantiscono la qualità con il sostegno delle Regionitramite procedure rigorose di autorizzazione e accredita-mento. L’asilo nido, che costituisce un’esperienza educa-tiva e sociale preziosa per i bambini e una risorsa impor-tante per le famiglie, deve essere accessibile potenzial-mente a tutte le famiglie che ne facciano richiesta conuna loro compartecipazione finanziaria differenziata ecompatibile con le loro condizioni economiche. Proponiamoun Fondo nazionale e la formulazione di un Piano nazionalearticolato, destinando a tale scopo anche una parte delFondo per le politiche sociali.

La rete dei servizi per l’infanzia.Ci impegniamo a varare un programma di azione per lo svilup-po del sistema di asili-nido che faccia leva su risorsenazionali e locali e sull’integrazione con il sistema sco-lastico. A livello nazionale, sulla base di indicatori dievoluzione demografica e di riequilibrio territoriale, pro-poniamo di destinare una parte del Fondo per le politichesociali al co-finanziamento dei costi di gestione e di inve-stimento, prevedendo anche la ristrutturazione di immobilidi proprietà del demanio, delle Regioni e degli Enti Localie la loro destinazione al sistema dei nidi per l’infanzia.Le tariffe devono essere accessibili: a questo fine propo-niamo che la compartecipazione da parte delle famiglie siadifferenziata in funzione delle condizioni economiche. Dallato dell’offerta, oltre a potenziare l’offerta pubblica,si darà spazio anche all’iniziativa dei soggetti del terzosettore e del privato sociale convenzionati, realizzando unsistema rigoroso di accreditamento e verifica della qualitàe prevedendo comunque forme di partecipazione e controllodelle famiglie. Puntiamo anche ad ampliare e modulare gliorari di apertura dei nidi e delle scuola materne in modo dafacilitare la conciliazione con gli orari di lavoro deigenitori.

Servizi per la non-autosufficienza.Anche in questo caso proponiamo un programma di sviluppodell’assistenza domiciliare integrata che estenda e raffor-zi le migliori pratiche sperimentate in questi anni da entilocali e organizzazioni non-profit. L’assistenza domicilia-re integrata costituisce una forma di servizio più appro-priata alle esigenze del cittadino non-autosufficienterispetto al ricovero in una residenza socio-sanitaria, conl’importante differenza di una spesa per assistito notevol-mente inferiore. A livello nazionale si procederà alladefinizione dei livelli essenziali di assistenza in questocampo e all’istituzione di un Fondo nazionale per la nonautosufficienza finanziato attraverso la fiscalità genera-le, predisponendo un percorso di graduale incremento dellerisorse a disposizione. Il Fondo provvederà al co-finanzia-

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mento degli interventi attuati dagli enti locali sostenendola diffusione delle migliori pratiche. Le tariffe devonoessere accessibili in funzione delle condizioni economiche.Dal lato dell’offerta, oltre a potenziare l’offerta pubbli-ca di servizi, si farà leva su cooperative e soggetti delterzo settore, realizzando un sistema rigoroso di accredi-tamento e verifica della qualità: si tratta di riassorbirein forme regolari l’offerta di lavoro domiciliare e di darecontinuità ed economicità ai servizi.

Il sostegno dei redditi da lavoro.Vogliamo sostituire le attuali deduzioni da lavoro Irpef,di cui non usufruiscono coloro che hanno un reddito inferio-re al minimo imponibile, con una detrazione da lavoro rim-borsabile, di cui possano usufruire come trasferimentomonetario su base mensile coloro che hanno redditi inferio-ri al minimo (i cosiddetti incapienti). Il sostegno avràcarattere di selettività, rivolgendosi essenzialmente ailavoratori con redditi medi e soprattutto a quelli con red-diti bassi e precari (in particolare, ma non solo, giovaniall’inizio della vita lavorativa e donne con rapporti dilavoro discontinui). La detrazione sarà inoltre strutturatain modo da sostenere i redditi in forme incentivanti illavoro e l’emersione.

Il contrasto della povertà e dell’esclusione sociale.Per i cittadini in condizioni economiche particolarmentedisagiate prevediamo l’introduzione di un “Reddito minimodi inserimento”, da accompagnarsi con misure di integrazio-ne sociale che favoriscano, nel caso di persone in età dalavoro, l’occupabilità e la formazione e, nel caso di mino-ri, la scolarità. Quanto all'entità del trasferimento, loStato deve garantire un livello omogeneo stabilito nell’am-bito dei livelli essenziali di assistenza; la Regione conrisorse proprie potrebbero aumentare ed estendere talitrattamenti sia in termini monetari che di servizi.

Investire sul futuro: una dote per ogni bambino, un capitaleper ogni giovane.Rientrano in questo obiettivo due misure del nostro pro-gramma volte ad accompagnare ogni bambino che nasce e asostenere l’autonomia dei giovani: la prima riconosceil valore sociale della maternità e della paternità dotan-do ogni bambino di un reddito che aiuta la famiglia finoal raggiungimento della maggiore età; la seconda predispo-ne dalla nascita una dotazione di capitale che il giovanepuò utilizzare al compimento del diciottesimo anno.In particolare:- Un "Assegno per il sostegno delle responsabilità familiari".

Proponiamo l'unificazione degli attuali strumenti moneta-ri di sostegno alle famiglie – assegni al nucleo familia-re e deduzioni Irpef per figli a carico – in una dote direddito per il bambino che prende il nome di “Assegno per

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il sostegno delle responsabilità familiari” e fornisce,indipendentemente dalla condizione lavorativa dei genito-ri, una integrazione di reddito più consistente dell’at-tuale e crescente in funzione della numerosità del nucleofamiliare. Il sostegno avrà carattere di selettività,rivolgendosi essenzialmente alle famiglie con redditibassi e medi.

- Una “Dotazione di capitale per i giovani”. La nostra ideaè che al momento della nascita lo Stato apra un contoindividuale vincolato a favore del neonato e lo alimenticon specifici contributi annui (integrabili anche condonativi dei familiari) fino al diciottesimo anno di età.Al compimento dei 18 anni, il giovane potrà utilizzare ladotazione accumulata per finanziare periodi di studio odi formazione professionale, avviamento di attivitàimprenditoriali. La dotazione verrà successivamenterestituita a tasso zero in un arco temporale sufficiente-mente lungo (ovviamente gli eventuali donativi dei fami-liari non vanno restituiti). Analoghi conti individualiverranno istituiti per quanti al momento del varo dellalegge siano in età compresa tra 0 e 17 anni.

Risolvere il “problema casa”Alle politiche abitative va assegnata una priorità naziona-le: i trend in atto e i presumibili sviluppi futuri stannoprogressivamente facendo emergere nuovi fabbisogni e areedi disagio abitativo, concentrate in segmenti socialiben definiti: i lavoratori atipici e le famiglie monoreddi-to, gli anziani, i lavoratori in mobilità e gli studenti,gli immigrati. In particolare i problemi che emergono sonoi seguenti:- impossibilità di accesso alla proprietà della casa da

parte delle famiglie a basso reddito e rigidità del mer-cato degli affitti, con conseguente espulsione nell’hin-terland di giovani coppie;

- aggravamento dei problemi della mobilità e riduzionedella flessibilità della vita urbana;

- difficoltà a rispondere adeguatamente alla domanda resi-denziale esercitata dai cittadini immigrati;

- decadimento della qualità della vita nelle aree urbane incorrispondenza dell’incremento dell’emarginazione socia-le generata dai fenomeni di degrado degli insediamentiresidenziali periferici e dalle difficoltà di integrazio-ne nel tessuto economico e relazionale dei residenti.

Rispetto a questa situazione, la via di intervento rappre-sentata dai sostegni finanziari alla domanda, nei terminiper così dire “classici” dei contributi per l’affitto o deidibattuti fondi di garanzia pubblici sui mutui ipotecari,è utile ma non è sufficiente. Il rischio è quello di rincor-

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rere il mercato e assecondare la crescita dei prezzi, mentreper dare una risposta ai nuovi bisogni, occorre svilupparepolitiche abitative sul versante dell’offerta.Crediamo perciò che occorra recuperare un ruolo pubblico diindirizzo, intervento e regolazione del mercato, finalizza-to all’aumento dell’offerta di alloggi a canoni accessibiliattraverso:- programmi di edilizia sociale impostati sul recupero

della città esistente (recupero, sostituzione, completa-mento);

- interventi di edilizia residenziale pubblica finalizzatiad una locazione agevolata e selettiva, realizzabilianche mediante partnership pubblico-private e strumentidi project financing.

L’obiettivo è portare tendenzialmente l’offerta complessivadi edilizia sociale – composta, come chiarito, non soloda nuove costruzioni di edilizia residenziale pubblica -in linea con la media europea. In generale, crediamo nellanecessità di uno sforzo convergente del governo centrale,delle regioni, degli enti locali, attivando risorse pubbli-che e private. L’operatore privato, grazie alla partecipazione pubblicache abbatte i costi d’investimento, potrà impegnarsi a con-cedere l’utilizzo integrale o parziale dell’immobile acanoni agevolati, percependo comunque una remunerazionecongrua sui capitali investiti. I Comuni saranno dal cantoloro incentivati a realizzare soluzioni di “canone solida-le” rivolte alle fasce basse.

D'altra parte, vogliamo anche rendere più mirati ed effica-ci i sostegni finanziari alla domanda:- ristabilendo una fonte di finanziamento certa, stabile

e adeguata al fondo di sostegno per le famiglie in affittocon difficoltà;

- predisponendo una serie di misure per favorire la conces-sione di mutui adeguati per la prima casa e l’accesso allaproprietà per le giovani coppie e altri soggetti, ancheattraverso l’attivazione di un fondo di garanzia, ingrado di favorire l’adempimento dell’obbligazione dellarestituzione del capitale mutuato.

Con riferimento alla questione degli sfratti, proponiamointerventi volti a garantire il passaggio da casa a casa peri soggetti deboli. A questo scopo, vanno promosse e sostenu-te le iniziative regionali per l’istituzione di “fondi dirotazione” per alloggi in locazione, anche utilizzando iproventi derivanti dal contrasto alla elusione e all’eva-sione fiscale nel settore della casa.

Infine, crediamo che il mercato degli affitti privati possaessere moderato anche attraverso lo strumento dell’incenti-vazione fiscale. Si può pensare, nell'ambito di una rivisi-tazione della legge n. 431 del 1998, a una rivisitazione

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complessiva del sistema delle detrazioni fiscali, rivedendole agevolazioni fiscali a favore del libero mercato e, con-temporaneamente, incrementando la detassazione degli affit-ti a canone concordato, a un intervento sulla fiscalitàdella casa che penalizzo lo sfitto, anche ai fini di un verocontrasto al canone nero e di una diversa modulazionedell'ICI. Per riequilibrare a favore dei cittadini menoabbienti la contribuzione fiscale sulla casa, riteniamoopportune anche la revisione delle zone censuarie e degliestimi catastali.

Diritto alla salute e nuovowelfare locale.Le prioritàdi una politica riformatriceNel nostro Paese è cresciuta la domanda di politiche pubbliche checombattano la precarietà, offrano sicurezza e siano di accompa-gnamento e sostegno alla normalità della vita delle persone edelle famiglie, soprattutto nei loro compiti di cura verso i bam-bini e gli anziani a partire dalle persone più fragili.

A fronte di ciò, il sistema del welfare è oggi in grande soffe-renza a causa dell'incapacità di rispondere a una domanda disalute sempre più esigente, personalizzata, di qualità, a suavolta aggravata dai seguenti fattori:- assenza di investimenti, sottofinanziamento della spesa pub-

blica, indebitamento strutturale delle regioni e contempora-neo aumento della spesa privata a carico dei cittadini;

- assenza di una presa in carico dei nuovi bisogni emergenti,derivanti dai profondi mutamenti del quadro demografico e epi-demiologico, dall’aumento degli anziani e dai crescenti bisognidella non autosufficienza, dalla crescente incidenza dellemalattie cronico-degenerative, dalla presenza degli immigrati;

- carenza di interventi integrati per i complessi bisogni chela tutela del benessere e della salute materna, infantile eadolescenziale, fanno emergere con sempre maggiore evidenza:dalle condizioni che in gravidanza determinano rischi per lasalute delle madri e per la futura salute dei figli, alle situa-zioni di insorgenza di patologie croniche fin dalla prima infan-zia, ai bisogni dei bambini e delle bambine con disabilità edelle loro famiglie, al diffondersi di aree di sofferenze psico-logiche e sociali in età preadolescenziale e adolescenziale.

- inadeguatezza del sistema della formazione del personalesanitario, sia sul versante universitario che in quello del-l’aggiornamento permanente, e di quello della ricerca;

- malessere dei professionisti, causato dalla crescente preca-rizzazione dei rapporti di lavoro, dal peso eccessivo deidirettori generali e da uno scarso coinvolgimento nella vita

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delle aziende sanitarie;- aumento del divario tra Nord e Sud del paese, con un

Mezzogiorno che non è in grado di fare sistema e accumularitardi e inefficienze; aumento delle disuguaglianze socialinello stato di salute della popolazione;

- aumento delle disuguaglianze sociali nello stato di salutedella popolazione.

In particolare, con le politiche del governo di centrodestra, siè passati da una politica sanitaria a una mera politica finan-ziaria della sanità, che ha prodotto uno smantellamento stri-sciante della sanità pubblica, sempre più sotto-finanziata,privatizzata, dequalificata. L’obiettivo è stato quello di ren-dere insostenibile finanziariamente il sistema e di erodere lafiducia e il consenso dei cittadini, per rompere il patto disolidarietà per una sanità “di tutti, per tutti” e rendere ine-vitabile l’introduzione dei fondi privati assicurativi. È ingioco non solo la quantità e la qualità del sistema sanitarionazionale, ma la sua stessa natura, le sue finalità, la suasopravvivenza.

Per altro verso, il welfare locale comunitario basato sulla reteintegrata dei servizi, sul quale avevano investito con successoi governi di centrosinistra, ha dimostrato di essere una rispo-sta efficace per promuovere benessere, coesione sociale e perprevenire il disagio oltre che prenderlo in carico quando essosi manifesta. I bisogni di sicurezza dei cittadini, la lottaalla precarietà, la necessità di una politica che accompagni esostenga tutte le stagioni della vita e che sostenga le respon-sabilità familiari confermano oggi la validità degli obiettividella legge quadro sull'assistenza voluta dai governi di cen-trosinistra (legge n. 328 del 2000).Ciò nondimeno il governo del centrodestra ha colpito pesante-mente il welfare locale e ha totalmente abbandonato le politicheper l'assistenza avviate dai governi di centrosinistra. In par-ticolare, in questi ultimi cinque anni:- non sono stati definiti i livelli essenziali di assistenza;- è stato cancellato il Reddito minimo di inserimento, senza

aver introdotto nessun’altra misura di contrasto alla povertà;- non è stata attuata la delega per il riordino della invalidità;- non sono stati definiti i profili professionali sociali;- non è stata definita la Carta dei servizi, strumento fonda-

mentale perché i cittadini possano “esigere” i loro servizi;- si è "svuotato" di risorse il Fondo sociale nazionale.

È il momento di cambiare. Dobbiamo recuperare la consape-volezza che le politiche sociali e i servizi al cittadinoservono anche a rendere più solida e competitiva l’econo-mia del territorio. In tal senso, riteniamo che gli isti-tuti del welfare, nelle loro diverse articolazioni, debba-no essere non solo difesi, ma potenziati e diffusi su baseuniversale, per soddisfare i bisogni sempre più complessidelle persone e delle famiglie e per rendere esigibili

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i diritti fondamentali costituzionalmente tutelati.Il nuovo modello di welfare attivo che proponiamo deve nonsolo proteggere dai rischi, ma soprattutto stimolare lacrescita delle opportunità personali e sociali, promuo-vendo la coesione tra i gruppi sociali. In altri termini,vogliamo un welfare forte, universalistico, personalizza-to e attivo: un welfare che sia non solo risarcitorio,ma di stimolo allo sviluppo. Questo obiettivo richiedeuna generale ricalibratura delle politiche sociali,a livello centrale e periferico.

In primo luogo, crediamo nel rilancio del welfare localee in un sistema di politiche sociali finalizzate all’inte-grazione socio-sanitaria e alla medicina del territorio,quale condizione per garantire la sostenibilità stessadi un sistema sanitario nazionale, pubblico, universali-stico e solidale.A tal fine, indichiamo cinque priorità:1)la preferenza dei servizi alle persone e alle famiglie

rispetto ai trasferimenti monetari i quali possono inte-grare le rete dei servizi, ma non essere lo strumento pre-valente. Tale scelta è conseguente all’obiettivo della“promozione attiva della persona” e della valorizzazionedi tutte le sue capacità;

2)il mantenimento di una funzione nazionale di indirizzo,definizione di obiettivi, accompagnamento, monitoraggiodei risultati ottenuti, attraverso la metodologia deldialogo e della cooperazione tra i diversi livelli isti-tuzionali e con i soggetti e le forze sociali. In partico-lare crediamo che una grande attenzione debba esserededicata al Mezzogiorno, la cui rete di servizi socialiregistra gravissime carenze. La nostra idea è quella diun federalismo solidale che abbia come obiettivo priori-tario il superamento dello svantaggio nelle aree piùdeboli e nel Mezzogiorno;

3)l'incremento del Fondo sociale nazionale per garantire ilfinanziamento dei livelli essenziali di assistenza. Inparticolare, puntiamo ad assicurare - attraverso lerisorse finanziarie pubbliche nazionali e in coerenza conl’individuazione dei livelli essenziali di assistenza daassicurare su tutto il territorio nazionale - i dirittisoggettivi all’assistenza per le persone in condizione dipovertà e per le persone con disabilità. Una particolareattenzione intendiamo riservare in questo contesto aidiritti per l’infanzia e l’adolescenza, al sostegno delleresponsabilità familiari, alla cura degli anziani. Unsistema di monitoraggio dovrò infine valutare attentamen-te i risultati ottenuti. In tale ottica e per la partico-larità dei bisogni sarà istituito un Osservatorio sulbenessere e sulla salute della maternità, dell’infanziae dell’adolescenza di sostegno alla legge quadro suilivelli essenziali per il diritto alla salute dellamaternità, dell’infanzia e dell’adolescenza;

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4)l’integrazione tra le politiche sociali, sanitarie diinserimento lavorativo e scolastico con le politicheurbanistiche, dei trasporti e del territorio attuandoveri e propri “Piani regolatori del sociale”. Solo cosìsi potranno massimizzare le risorse, rendere efficaci gliinterventi, promuovere obiettivi di benessere sociale;

5)la promozione, l'incentivazione e il sostegno a tutte leforme di legame sociale, dal volontariato all’associazio-nismo, al mutuo aiuto, alla partecipazione civica deicittadini perché il legami tra le persone e la comunitàcombattono la solitudine e promuovono la cittadinanza. Atal proposito proponiamo di istituire un “Forum nazionaledel legame sociale” che raccolga le buone pratiche diffu-se sul territorio affinché il “fare comunità” diventi unavera e propria impalcatura del welfare;

6)con specifico riferimento alle politiche per la disabili-tà, l'adozione in sede di Conferenza "Stato-RegioniCittà" di "Linee-guida" per la revisione delle modalitàdi accertamento e certificazione del grado di invalidità,secondo i nuovi criteri di valutazione congiuntadelle capacità funzionali e delle condizioni socio-econo-miche individuali previste dall'InternationalClassification of Functioning, Disability and Health(ICF) dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

In secondo luogo, rilanciamo le politiche di promozionedella salute come grande questione del Paese. Le politichesanitarie intervengono direttamente sulla tenuta e sullariqualificazione del sistema di welfare, pubblico e univer-salistico, ma anche sul modello economico, sull’idea stessadi sviluppo. Intrecciano le politiche fiscali, redistribu-tive, economiche, occupazionali, sociali, della difesaambientale. La salute è indicatore primario delle condizio-ni di vita e di lavoro, delle capacità relazionali dellepersone e misura le disuguaglianze sociali, territoriali,di genere.

L’Unione intende promuovere l’obiettivo di “valutazione diimpatto sulla salute” cui subordinare la coerenza di tutti iprovvedimenti di politica economica, a livello nazionale edanche europeo. La salute quindi al centro delle politiche dicoesione sociale e di sviluppo umano.

Per rilanciare la sanità pubblica, serve una grande batta-glia di idee, di principi e di valori. Diritto alla salutesignifica una diversa idea del mondo (dove la globalizza-zione non sia solo quella dei mercati ma dei diritti), dellasocietà (dove la democrazia sia fondata sulla giustiziasociale). Diritto alla salute significa una sanità pubblicae universalistica, che garantisce servizi e prestazioni, maanche informazione e consapevolezza dei cittadini come sog-getti attivi delle scelte; che mette al centro il valoredella dignità della persona e della personalizzazione della

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cura; che unisce in un patto per la qualità i bisogni e idiritti degli operatori con quelli dei malati. Diritto allasalute significa forte eticità della politica e laicitàdella legislazione; la difesa della "legge 194" rappresentaun punto fermo nell'azione di governo dell'Unione.

Il diritto alla salute è un bene per le persone e un inve-stimento per il paese.

Non si parte da zero. Il programma dell’Unione riparte dalleleggi del centrosinistra di riforma del servizio sanitarionazionale e dell'assistenza (D.Lgs. n. 229 del 1999 e L. n.328 del 2000)e dai principi ispiratori di difesa e riquali-ficazione del sistema sanitario nazionale:- universalità e solidarietà, per assicurare a tutti e su

tutto il territorio nazionale i livelli essenziali diassistenza;

- programmazione dei bisogni di salute e reperimento dellerisorse adeguate per il loro soddisfacimento;

- centralità del cittadino e del territorio, dell’integra-zione socio-sanitaria;

- ruolo degli Enti locali nella programmazione e nel con-trollo dei risultati;

- regole certe per l’accreditamento delle strutture private; - fondi integrativi per prestazioni aggiuntive ai livelli

essenziali di assistenza;- professionalità e aggiornamento continuo degli operatori

per la qualità dei servizi. Ma si deve andare oltre. Oggi per salvare la sanità pubblicanon si può rimanere sulla difensiva. Per rilanciare la sani-tà pubblica, occorre riqualificarla. Non si tratta quindi soltanto di applicare la riforma sani-taria del centrosinistra, ma di andare oltre: servonorisposte che siano percepibili dai cittadini come concretomiglioramento dei loro bisogni di salute.

Cambiare si può. La sfida che assumiamo è quella di dimo-strare che migliorare il sistema sanitario pubblicoe universalistico improntato sull’equità e sulla qualitàè necessario e possibile. Di fronte agli scenari catastro-fisti sull’insostenibilità dei sistemi sanitari pubblicie universalistici, occorre ribadire che sono invecein crisi gli altri modelli che hanno introdotto il mercatonella sanità, con minore equità e maggiori costi.Il sistema è malato, ma si può curare: serve il coraggio ela responsabilità delle scelte.

Le nostre priorità, i nostri obiettivi sono i seguenti :

Il cittadino al centro del sistema: la sanità che vogliamocura e si prende cura della persona, l’accompagna e lasostiene rispettandone i diritti e la dignità. È una sanitàche mette al centro il cittadino e non la prestazione, la

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globalità della persona e non le sue parti malate. Pensiamoad un sistema che consideri il diritto alla salute un dirit-to di cittadinanza direttamente esigibile.

La presa in carico e la continuità assistenziale è il grandecambiamento su cui l’Unione intende investire. Si tratta diribaltare la tendenza "ospedalocentrica" del sistema, perlo sviluppo della rete dei servizi territoriali, deidistretti, della medicina delle cure primarie, dell’inte-grazione socio-sanitaria, della personalizzazione dei per-corsi di prevenzione, cura e riabilitazione.

Prevenzione: una cultura da affermare nella programmazionee nella organizzazione degli interventi del sistema socio-sanitario, finalizzato ad implementare la qualità dellavita e il benessere delle persone e a preservare lo stato disalute dall’insorgenza di malattie e disabilità. Crediamonel rafforzamento del ruolo del sistema sanitario nazionalenella individuazione e valutazione dei fattori di rischio enella valutazione dell’effetto dei programmi di prevenzio-ne. Vogliamo investire sulla prevenzione delle grandi pato-logie (tumori, malattie cardiovascolari, malattie cronico-degenerative) e sullo sviluppo dei consultori in termini dirisorse, strutture, personale. In particolare, il verifi-carsi in maniera sempre più frequente di casi come l’in-fluenza aviaria, di alimenti alterati da agenti inquinantisia nel ciclo biologico sia nella trasformazione, con l’in-sorgenza di relative patologie, pongono il problema dellasicurezza alimentare al centro delle nostre società globa-lizzate interrogando tutti i sistemi sanitari nazionali.Occorre fronteggiare questi problemi non più in una otticaemergenziale ma in un contesto di attenzione e prevenzione.Tutto ciò deve avvenire con un adeguato piano di investimen-ti in sicurezza alimentare valorizzando e potenziando ilpersonale qualificato del SSN a partire dai veterinari conun coinvolgimento degli operatori agricoli e industrialiche operano nel settore e degli Istituti Zooprofilattici(IZPS) nell’ambito di azioni strategiche di sorveglianza econtrollo coordinate in ambito europeo.L’Unione propone inoltre un "Piano nazionale per la salute ela sicurezza sul lavoro" che rafforzi il ruolo indipendentedel sistema sanitario nazionale in campo ambientale e occu-pazionale, che indirizzi la legislazione regionale, promuo-va le buone pratiche, anche per il superamento dei criteridegli appalti al minimo ribasso.

Sviluppo della medicina delle cure primarie, per una sanitàche vuole cambiare il modo di accogliere, ascoltare erispondere ai problemi delle persone. La medicina dellecure primarie deve diventare secondo noi un vero livello delsistema sanitario nazionale, articolato, organizzato,finanziato: deve essere capace di assistere 24 ore su 24 ilcittadino; deve affrontare tutte le patologie che non

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necessitano di ricovero ospedaliero; deve sostenere ilmalato nel suo passaggio in strutture di degenza per poitornare nella rete dei servizi territoriali. La responsa-bilità nella continuità assistenziale richiede un ruolosempre più centrale della figura del medico di famiglia, chedeve essere sempre più specializzato rispetto ai bisogniemergenti, coordinato con gli altri professionisti per gliinterventi di assistenza domiciliare ed essere coinvoltonella gestione sanitaria del servizio. Occorre inoltreinvestire nella prevenzione e nella cura delle malattierare.

Piano straordinario per le fragilità, per la presa in caricoe la continuità assistenziale delle fasce deboli (bambini,anziani, pazienti cronici, disabilità, salute mentale,dipendenze, medicina penitenziaria, immigrati). Crediamoche i diritti delle fasce deboli siano gli obiettivi fortidi un sistema universalistico. Il diritto alla cura,all’assistenza, ma anche all’inserimento scolastico e lavo-rativo, alla restituzione sociale devono essere obiettividell’integrazione socio-sanitaria, intesa come strumentoper interpretare la domanda di assistenza, per il coordina-mento della programmazione sociale e sanitaria.

Salute mentale. Il tentativo ricorrente di ritorno al pas-sato e di ri-manicomializzazione della salute mentale varespinto applicando per intero la legge 180. Siamo per ilsuperamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e diogni altra forma di manicomialità e di contenzione meccani-ca e farmacologia, così come della pratica dell'elettro-shock. La legge 180 ha posto fine allo statuto speciale perle persone con disturbo mentale e ha aperto un campo di pos-sibilità e di diritti che deve essere riattraversato concoerenti indicazioni programmatiche alle Regioni e la messain campo di risorse adeguate. Si dovrà operare per la diffu-sione in tutte le regioni di forme organizzative che hannodato risultati d’eccellenza e attivare progetti finalizzatinelle situazioni più critiche. Il sistema dei servizi deveessere radicato nei territori, integrato con l’area socio-sanitaria, capace di andare incontro ai bisogni reali, perassicurare la presa in carico, la continuità terapeutica eassistenziale. Promozione e valorizzazione del protagonismodelle stesse persone con disturbo mentale deve rappresenta-re un forte obiettivo di prospettiva. Si dovrà sostenere lapartecipazione delle associazioni dei familiari con aiuticoncreti alle famiglie e favorire conoscenza e forme di autoaiuto. Dovrà essere riattivato il ruolo delle cooperativesociali nei progetti di vita, di integrazione lavorativa edi recupero di contrattualità sociale delle persone condisturbo mentale.

Educare, prevenire, curare. Non incarcerare. Per le tossi-codipendenze non servono né il carcere né i ricoveri coatti.

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Alla tolleranza zero bisogna opporre una strategia dell’ac-coglienza sociale per la persona e le famiglie che vivono ildramma della droga, a partire dalla decriminalizzazionedelle condotte legate al consumo (anche per fini terapeuti-ci) e quindi dal superamento della normativa in vigore dal1990. Occorre un reale contrasto dei traffici e la tolleran-za zero verso i trafficanti. È necessario rilanciare ilruolo dei SerT e dei servizi territoriali che in questi cin-que anni sono stati sistematicamente penalizzati dai taglialla spesa sociale; senza imporre un unico modello e salva-guardando il pluralismo delle comunità terapeutiche, questedovranno essere messe in rete con il servizio pubblico a cuispetta la diagnosi della dipendenza. Vanno sostenuti quan-ti, con approcci culturali e metodologie differenti da annisono impegnati a costruire percorsi personalizzati e perciòefficaci di prevenzione, cura e riabilitazione considerandole strategie di riduzione del danno come parte integrantedella rete dei servizi. Il decreto legge del governo sulletossicodipendenze deve essere abrogato.

Livelli essenziali di assistenza: adeguare le risorse.Mentre la spesa sanitaria secondo i dati OCSE è ancora sottola media dei paesi europei sia in termini di livello che intermini di tassi di crescita, il finanziamento per garanti-re l’applicazione dei livelli essenziali di assistenza atutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale restainsufficiente. L’Unione propone l’adeguamento del Fondosanitario nazionale per la garanzia piena del finanziamentodei livelli essenziali di assistenza, anche nella previsio-ne di un loro progressivo allargamento, a partire dallareintroduzione delle cure odontoiatriche. Proponiamo inol-tre che la definizione dei livelli essenziali di assistenzasia collegata alla definizione di standard qualitativi deiservizi e alla valutazione dei loro costi medi, nel quadrodella ridefinizione dei meccanismi di finanziamento delsistema sanitario e della piena attuazione del federalismofiscale.

Più risorse e meno sprechi. Il nostro sistema sanitario pre-senta contemporaneamente da una parte un problema di sotto-finanziamento, di carenza di investimenti e dall’altradi inefficienze e di sprechi. Non intendiamo sottovalutarené l’uno, né l’altro. Per questo proponiamo:- lotta agli sprechi: corretta programmazione, allocazione

equa delle risorse, validi sistemi interni di monitorag-gio e controllo della spesa, lotta ai privilegi restanogli strumenti essenziali per evitare e recuperare glisprechi nella sanità. A tal fine proponiamo di migliorarela conoscenza delle prestazioni del sistema e sostenerela diffusione delle best practices. L’informatizzazionedel sistema deve semplificare la comunicazione tra gliattori del sistema e ridurre gli sprechi determinati daprescrizioni inutili;

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- un "Piano straordinario di investimenti per il sistemasanitario nazionale", per realizzare un programma decen-nale di interventi e per rilanciare le ristrutturazioniedilizie e l’ammodernamento tecnologico.

E’ ampiamente dimostrato il fallimento delle misure varate daquesto governo che non hanno portato né ad un risparmio realesulla spesa farmaceutica né ad un risparmio per i cittadini,né tanto meno ad un rilancio dell’industria farmaceutica ead un conseguente incremento della qualità dell’assistenzafarmaceutica nel nostro paese. L’uso corretto del farmaco èla sfida per l’appropriatezza questione centrale per l’interosistema sanitario. Per fare questo occorre un grande pattotra governo, regioni industrie farmaceutiche, medici di base,farmacisti e cittadini. Il settore farmaceutico è un settorestrategico per le sue correlazioni nella ricerca e nell’in-dustria campi in cui l’Italia deve riguadagnare le posizioniperse in questi anni.

Un "Fondo per lo sviluppo delle risorse umane e materialidel Mezzogiorno" per realizzare un programma decennale diinterventi per l’implementazione dei servizi territoriali,per la prevenzione e le cure primarie, per la ristruttura-zione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimo-nio sanitario e per la promozione dell’eccellenza e del-l’alta specializzazione, nonché la formazione e la qualifi-cazione del personale sanitario e della ricerca biomedica.Proponiamo che le risorse del Fondo siano vincolate allapromozione e al sostegno delle capacità progettuali delleregioni interessate, nonché alla innovazione e alla qualitàdei progetti, la cui attenta valutazione è mantenuta alivello centrale. Il Fondo dovrà provvedere al cofinanzia-mento dei progetti, permettendo l’accensione di operazionidi mutuo con la Banca Europea per gli investimenti.Ulteriori risorse per l’acquisto e la realizzazione distrutture potranno essere disposte dall’INAIL, tenuta adestinare una percentuale dei fondi disponibili per inve-stimenti immobiliari dei settori della sanità.

Ridare fiducia agli operatori della sanità: vogliamo resti-tuire fiducia nel sistema a tutte le professioni sanitarie;contrastare la precarizzazione dei rapporti di lavoro esuperare il blocco delle assunzioni, a partire dall’emer-genza infermieristica. La qualità del sistema ha bisogno diprofessionalità, continuità assistenziale, carichi di lavo-ro adeguati. Puntiamo a investire sulla formazione, correg-gendo le arretratezze del sistema universitario, ancoratroppo sganciato dalle esigenze del sistema sanitarionazionale; modificare la formazione degli specialisti, chevivono in una condizione professionale, sociale ed economi-ca inaccettabile; costruire un collegamento virtuoso tra ilmondo della ricerca, la formazione universitaria e lestrutture del sistema sanitario nazionale; ribadire l’isti-

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tuto dell’esclusività di rapporto di lavoro, anche comerequisito necessario per la responsabilità di strutturacomplessa e di dipartimento.

Management sanitario e partecipazione dei cittadini.All’interno della distinzione tra responsabilità politica,manageriale e professionale, crediamo nella necessità divalorizzare le responsabilità di mandato dei professionistidella sanità nell’ambito dei principi fondamentali delsistema sanitaria; promuovere un modello di formazione eselezione trasparente di un management sanitario serio,autorevole e competente, che venga valutato sulla base delraggiungimento degli obiettivi di salute e non solo su stan-dard di gestione aziendale; garantire la partecipazione deicittadini come effettiva misura dell’efficacia delle poli-tiche pubbliche.

Lo scandalo della sanità a due velocità. Di fronte allenumerose criticità del sistema sanitario nazionale, questoè certamente uno dei più odiosi per il sentimento diffusodella popolazione. Oggi un malato non è libero di sceglieretra sistema pubblico e privato, ma è costretto a pagare pri-vatamente le prestazioni o a ricorrere al regime di intra-moenia, per i tempi lunghissimi delle liste di attesa, cau-sate dalla scarsa appropriatezza prescrittiva e dallecarenze dei sistemi organizzativi. Ci impegniamo a cancel-lare questa profonda iniquità e inefficienza,, riaffermandoil diritto dei medici in esclusività di rapporto ad eserci-tare l’attività libero professionale intramoenia”.

Gli Stati Generali della Sanità e del Sociale. Come primoatto di governo l’Unione propone di indire gli Stati genera-li della sanità e del sociale, per valorizzare le esperienzedegli operatori, dell’associazionismo e degli amministra-tori locali, per metterle a confronto, per la valutazionedei risultati. Gli Stati generali devono essere struttura-ti come momento di proposizione e di monitoraggio del pro-gramma di governo.

Innovazione e tecnologie per la salute e per l’assistenza.La sanità ha bisogno di innovazione tecnologica, e non sol-tanto in ambito clinico e diagnostico. Lo dimostra il fattoche in grande parte del sistema sanitario sono ancora ipazienti a spostarsi da una struttura all’altra per fare unaprenotazione, a portare i referenti dall’ospedale al medicodi famiglia, a trasferire i propri dati clinici dai serviziterritoriali a quelli ospedalieri. L’insoddisfazione deglioperatori per i sistemi informativi disponibili resta altae molti decisori sanitari finiscono per vedere tali tecnolo-gie solo come una fonte di crescita dei costi, mentrei benefici e le potenzialità di risparmio vengono trascurati.

A questo proposito noi vogliamo:- garantire la trasparenza e l’equità nell’accesso alle

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cure, per le visite, gli esami diagnostici, i ricoveri eridurre i costi burocratici del sistema sanitario, abbat-tendo i costi che derivano dalla scarsa comunicazione tradiversi servizi e dalla scarsa condivisione delle infor-mazioni cliniche tra diversi punti del sistema;

- dare agli operatori socio sanitari gli strumenti perseguire al meglio i cittadini in percorsi di cura più per-sonalizzati e dunque diffondere la disponibilità di retielettroniche, per l’assistenza e l’aiuto anche a distanzaalle persone;

- diffondere e standardizzare le migliori esperienze disistemi per l’accesso alle prestazioni sanitarie già rea-lizzate in diverse città e regioni italiane, con serviziunificati di prenotazione a scala metropolitana che sem-plificano e rendono più accogliente l’accesso alle strut-ture sanitarie;

- mettere la tecnologia al servizio della trasparenza nel-l’accesso ai ricoveri programmati, diminuendo l’attualesvantaggio che incontrano tutti coloro che dispongono dipoche informazioni e reti sociali deboli. A tal finevogliamo aumentare la diffusione di portali informativied altri strumenti che favoriscano la responsabilizzazio-ne dei cittadini nelle pratiche di salute;

- usare le tecnologie per monitorare le condizioni di nonautosufficienza, in particolare degli anziani e deipazienti con malattie croniche. L’uso delle tecnologiepuò potenziare il sistema delle cure domiciliari, favo-rendo il mantenimento dei soggetti nel proprio contestoabitativo e sociale il più a lungo possibile. La tecnolo-gia a cui pensiamo non è fatta solo di macchine e fili,non è fatta solo per chi sa usare i computer; è una reteumanizzata, fatta persone che parlano con altre personeavvalendosi della potenza tecnologica e relazionale dellacomunicazione elettronica e multimediale. E’ una reteelettronica, che si prende cura delle persone accompa-gnandole con sistemi di tele-informazione, tele-aiuto,tele-assistenza, telemedicina. E’ una rete che favoriscela cooperazione tra gli interventi di tipo sanitario esociale, tra il sistema pubblico e il privato sociale;

- colmare il ritardo dell'Italia rispetto ai principaliPaesi europei in materia di riconoscimento giuridicodelle medicine non convenzionali e delle disciplinebio-naturali.

In sintesi, crediamo che la sanità abbia bisogno di unaautentica rivoluzione tecnologica-comunicativa basatasull’Information&Communication Technology (ICT), per comu-nicare in modo nuovo con le famiglie e gli utenti in formaelettronica. La prospettiva è quella della de-ospedalizza-zione e dell'utilizzo minimo di costose residenze assisten-ziali per non autosufficienti, del collegamento costantetra competenze assistenziali e bisogni di salute e di assi-stenza, del potenziamento dei servizi "home care", dandotrasparenza e sicurezza al cittadini, in una prospettiva dicontinuità assistenziale socio-sanitaria.

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Una società solidale:il “non profit”e le retidi protezione sociale Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da uno sviluppoimportante e inaspettato dell’intero mondo del “non pro-fit” italiano nelle sue diverse articolazioni: crescitanumerica dei volontari, delle associazioni, della coo-perazione sociale che ha contribuito ad una profonda tra-sformazione culturale della società civile italiana diquesti ultimi quindici anni. Queste organizzazioni sonodivenute un potente fattore di partecipazione dimostran-do al paese di saper dare un contributo nel creare soli-darietà, democrazia, risposte ai bisogni della gente,sviluppo economico, incremento occupazionale. La molti-plicazione degli enti ha avviato un vero e proprio pro-cesso di costituzionalizzazione della società civile:non solo singole organizzazioni, ma anche reti di rappre-sentanza, consorzi, federazioni, network per la tuteladei diritti, volontariati, imprese sociali.Altrettanto significativo è il protagonismo delle orga-nizzazioni del non profit nei processi di innovazione delwelfare: le cooperative di inserimento lavorativo dellecategorie sociali più deboli, le case famiglia, le comu-nità di accoglienza, le politiche verso l’infanzia e icentri giovanili. Tutto ciò ha portato anche ad un cam-biamento culturale e sociale: è stato messo al centro iltema della solidarietà sociale, dei diritti e della giu-stizia anche sul piano internazionale.

Ma il tratto più decisivo è la riemersione del principiocostituzionale di sussidiarietà che, con la riforma deltitolo V, ha spostato l'accento sul dualismo societàcivile-privato sociale, rompendo lo schema della gerar-chia stato-regione-comune-formazioni sociali.La precedente legislatura di centro sinistra aveva aper-to una stagione costituente per il terzo settore italia-no: sono state approvate le leggi di regolazione degliaspetti fiscali delle organizzazioni non profit (onlus),la legge sull’infanzia e l’adolescenza, quella sull’as-sociazionismo di promozione sociale. È stato inoltrericonosciuto il Forum del Terzo settore come parte socia-le. Un percorso che si è interrotto con il governoBerlusconi, un percorso che deve essere ripreso con ilnuovo governo.

Tra i nostri obiettivi vi è innanzitutto una riforma delCodice Civile con riguardo alla disciplina degli enti col-lettivi, essenziale alla sistemazione organica della legi-slazione italiana sul Terzo Settore. Inoltre, puntiamo al

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rilancio del processo di applicazione della riforma del-l’assistenza, attraverso l'adozione dei decreti attuatividella legge sull’impresa sociale, alla piena attuazionedella riforma della legge sul volontariato: sono passaggiindispensabile per un’ulteriore qualificazione e sviluppodelle politiche di promozione e di coesione sociale.

Un secondo obiettivo è quello che riguarda la possibilità didare al Terzo Settore una propria autonomia economica. È unaltro snodo sul quale si gioca la possibilità di sviluppodel Terzo Settore italiano, perché è importante riconoscer-ne non solo la soggettività giuridica, ma anche quella eco-nomica: oggi le organizzazioni attive nel settore socio-assistenziale dipendono per il 70% dal finanziamento pub-blico. Tale dipendenza va ridotta agevolando e incentivandofiscalmente le donazioni dei cittadini e delle imprese alnon profit, così da indirizzare le risorse dei cittadiniverso progetti di utilità sociale; destinando l’8 per milledella parte statale a sostegno delle attività del terzo set-tore; sostenendo infine la domanda di nuovi servizi che pro-viene dalle famiglie con forme di deducibilità delle speseper i servizi di cura, per l’educazione e la formazione.

Un’attenzione specifica intendiamo rivolgere al campointernazionale dove il vasto mondo della solidarietà,attraverso ONG e associazioni di volontariato, opera ormaida troppi anni in condizioni di precarietà a causa dei con-tinui tagli ai fondi e di una legge sulla cooperazione chenon risponde più alle nuove priorità. La riforma della leggeè una delle priorità delle nostre politiche di governo.

In definitiva, il ruolo che il terzo settore, come partesociale e come rappresentanza di un vasto mondo di citta-dinanza organizzata, potrà svolgere nei prossimi annidipenderà anche dal un suo maggiore riconoscimento:è necessario quindi riprendere quel percorso avviatoe rimasto incompiuto per un pieno sviluppo di questa real-tà che può contribuire fattivamente al rinnovamentoed all’innovazione del sistema di welfare italiano.

Analogamente crediamo nel sostegno allo sviluppo del ser-vizio civile attuale, un istituto che si è imposto negliultimi anni nonostante le ripetute difficoltà finanziare eche si è dimostrato uno strumento importante di crescitadi cittadinanza e di esercizio di democrazia. Questa real-tà deve poter continuare a svilupparsi e radicarsi nelmondo giovanile come forma di educazione al civismo, allasolidarietà, alla partecipazione, alla costruzione delbene comune. Non possiamo trascurare come una parte semprecrescente di giovani rivolga il suo impegno in forme orga-nizzate, nel volontariato e nelle associazioni, vivendo lacittadinanza come un bene pubblico da cui nascono le retiche garantiscono coesione sociale. Il servizio civile nazionale, istituito nel 2001 al terminedel governo del centrosinistra, è un’esperienza importanteche sta velocemente diffondendosi nel paese. Per risponderea questo desiderio di coinvolgimento di esperienze di con-

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fronto e passaggio verso l’età adulta, anche dal puntodi vista professionale, intendiamo lanciare per gli annia venire la proposta di un nuovo servizio civile nazionale,attraverso il quale tutti i ragazzi e le ragazze possanomaturare un’esperienza significativa delle vicende e deiproblemi del proprio territorio, dei soggetti pubblicie privati che lo animano e che realizzano l’offerta di ser-vizi alle persone e alle famiglie. Un servizio civile per unperiodo limitato, da svolgere con modalità flessibili,aperto anche agli stranieri che ne facciano richiesta(se residenti in Italia da un congruo numero di anni) e che,attraverso schemi di partnership tra i governi, offra laopportunità di svolgere questa esperienza anche in altripaesi. Questa proposta richiede di pensare ad un percorsoa più fasi che, partendo dal consolidamento del ServizioCivile di oggi, deve vedere lo Stato decentrare progressi-vamente la gestione del Servizio attuale, per svolgeremeglio le funzioni di orientamento, sostegno e controllo diun servizio di qualità.

Questa proposta di nuovo servizio civile, che va collegataai percorsi formativi e universitari, è aperta a dare ancheai giovani lavoratori l'opportunità di offrire la propriaesperienza al servizio di un contesto diverso e più ampio.

Se l'azione di consolidamento dell'attuale servizio civileavrà successo, all’interno di una cornice di regole nazio-nale, la gestione potrà essere decentrata, affidataa Regioni ed enti locali, perché ciascun territorio conoscele sue dinamiche e può, se sostenuto, progettare i miglioriinterventi in cooperazione con le organizzazioni e le asso-ciazioni che lo animano.

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