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Lorenzo Robbiano Elementi di Matematica

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Page 1: Robbiano Corso Appunti Finali

Lorenzo Robbiano

Elementi di Matematica

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Page 3: Robbiano Corso Appunti Finali

Premessa - Introduzione

Premessa

perche non c’e il punto interrogativo?

(da “Autocontraddizioni” di autore anonimo)

Perche per andare a vivere a Londra e utile studiare l’inglese? Percheper ballare e utile imparare a fare correttamente i giri a destra e a sinistra?Perche per fotografare e utile sapere che cosa e la profondita di campo, laluminosita, la saturazione del colore? Perche per coltivare la terra e utileconoscere l’influenza del clima, la composizione del terreno, i cicli delle colture?Infine, perche per naturalisti, ambientalisti, geologi, biologi e utile studiarematematica?

Se le domande precedenti vi sono sembrate omogenee, siete sulla buonastrada. La matematica e il linguaggio basilare della scienza, senza il qua-le nessuno puo onestamente dichiararsi scienziato, ne tantomeno comunicarescienza. Sembra una affermazione troppo forte? Vediamo. Come puo un am-bientalista studiare fenomeni di inquinamento se non conosce le equazioni delladiffusione? Come possono un naturalista o un biologo progettare un esperi-mento senza conoscere le tecniche statistiche del “Design of experiments”, chesi basano sull’algebra polinomiale? Come puo un geologo studiare i fenomenisismici senza conoscere le equazioni fondamentali delle onde? E si potrebbeandare avanti con migliaia di domande di questo tipo. Ma ce n’e una che lesupera tutte. Come puo uno scienziato fare o divulgare scienza, se non neconosce la lingua? E, come detto, il linguaggio fondamentale della scienza ela matematica.

Il lettore non si stupisca se in questi appunti trovera citazioni, non-sense, frasiauto-contradditorie, aforismi, persino palindromi; e opinione dell’autore che un testodi matematica non debba essere necessariamente arido e noioso.

Infine, un avviso al lettore. Per l’autore la parola “lettore” e asessuata, significa

“essere o ente che legge”.

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VI Introduzione

Introduzione

Credo che siamo tutti d’accordo se dico che l’ambiente nel quale viviamoe complesso (non mi riferisco a C). Con quale altro aggettivo definireste ilclima, l’evoluzione delle specie viventi, l’organizzazione di alcune colonie diinsetti, internet, le galassie, i mercati finanziari? E che dire della vita stessa,del pensiero, dei sentimenti? Persino le rocce, che sembrano immutabili, sonooggetto di complicate trasformazioni, soltanto che esse avvengono su scalatemporale molto piu estesa.

A partire dal 1600 la base della scienza e stata la teoria filosofica del ri-duzionismo. Da Cartesio fino al secolo ventesimo si penso che un sistema, perquanto complesso, fosse somma delle sue parti; se capiamo le parti, capia-mo il tutto. Ma nel ventesimo secolo la scena cambio radicalmente. Novitafondamentali della fisica, della biologia, della matematica, relegarono il ridu-zionismo nella storia del pensiero umano. Tra gli innumerevoli esempi ne citouno in cui la complessita sfugge completamente a qualsiasi teoria riduzioni-stica. Si tratta della descrizione fatta da Nigel Franks nel lavoro [Fr-89]. Eglifornisce la seguente descrizione.

The solitary army ant1 is behaviorally one ofthe least sophisticated animals imaginable. If100 army ants are placed on a flat surface, theywill walk around and around in never decrea-sing circles until they die of exhaustion. Yet puthalf a million of them together, and the groupas a whole becomes what some have called asuperorganism with collective intelligence.

D’altra parte l’uomo ha da sempre desideratocapire. E come si fa a capire fenomeni cosı com-plessi? Innanzitutto si ha bisogno di una linguacon la quale comunicare i pensieri e le scoper-te scientifiche, ma soprattutto si ha necessita distrumenti semplificativi e unificanti. Se ad esem-pio si vuole capire come si muovono i pianeti, bi-sogna attrezzarsi con strumenti adeguati. Ecco

che nella mente dell’uomo si sono affacciate equazioni, figure geometriche, inpoche parole modelli matematici.A volte il modello si rivela sbagliato, o soltanto approssimativamente correttoe allora si cambia modello. Ricordate la teoria di Aristotele, il quale sostenevache i pianeti ruotano intorno alla terra con moto circolare? Si trattava di unmodello matematico, che risulto essere completamente errato; ma ci vollerocirca millecinquecento anni perche una migliore verita venisse scoperta, fuCopernico a provare che i pianeti ruotano intorno al sole con orbite ellittiche.

1 army ant = formica soldato o formica legionaria

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Introduzione VII

Abbiamo detto che ogni modello matematico e una semplificazione dellarealta. Ad esempio avete mai sentito parlare delle leggi che governano pressio-ne, temperatura e volume dei gas? Nel 1622 Boyle enuncia la seguente legge:il prodotto della pressione e del volume di un gas ideale e costante: PV = k1.Mariotte specifica nel 1676 che la legge vale se la temperatura e costante.

Nel 1787 Charles enuncia la seguente legge: a pressione costante, il volumedi un gas ideale e proporzionale alla temperatura: V = k2T .

Nel 1809 Gay-Lussac enuncia la seguente legge: la pressione esercitata suun contenitore da un gas ideale e proporzionale alla temperatura: P = k3T .

Nel 1811 Avogadro enuncia la seguente legge: il volume occupato da ungas ideale e proporzionale al numero di molecole presenti nel contenitore.

Queste leggi possono essere combinate e fornire le due formule seguenti:per un gas ideale vale la formula PV = k5T (detta Legge di Boyle-Mariotte),e la formula PV = nRT .

Avete notato che il soggetto di tutte queste leggi e il gas ideale? E che cosae un gas ideale? Evidentemente nessuno puo verificare sperimentalmente talileggi, puo solo verificarne l’approssimata veridicita.

Il gas ideale e dunque una semplificazione intellettuale, e quello che eli-mina le incertezze dell’approssimazione e fornisce delle formule pulite edesteticamente belle, che non a caso si chiamano modelli matematici.

in order to make questions more amenable to study,scientists generally will idealize the problem

(da “Complexity, A Guided Tour” di Melanie Mitchell)

Cominceremo dunque a prendere confidenza con questo linguaggio chedescrive la natura e tende a contenerne la complessita entro modelli compren-sibili e unificanti.

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Indice

Premessa - Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VPremessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VIntroduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VI

Calcolo numerico e calcolo simbolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi . . 51.1 Insiemi e calcolo combinatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Insiemi numerici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.3 Richiami sui polinomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Sistemi lineari, matrici, sistemi di coordinate . . . . . . . . . . . . . . 172.1 Sistemi lineari e matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.2 Operazioni con matrici, determinanti e inverse . . . . . . . . . . . . . . 172.3 Il metodo della riduzione gaussiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.4 Sistemi di coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

3 Cenni di geometria analitica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.1 Rette e piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.2 Circonferenza, coordinate polari e numeri complessi . . . . . . . . . . 24

4 Funzioni e grafici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.1 Esempi e loro macro-caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 304.2 Funzioni polinomiali e razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

4.2.1 Scomposizione di funzioni razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 344.3 Altre funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

4.3.1 Osservazioni sulle funzioni potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 354.3.2 Osservazioni sulle funzioni esponenziali . . . . . . . . . . . . . . . 364.3.3 Crescita malthusiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374.3.4 Osservazioni sulle funzioni trigonometriche e periodiche 37

4.4 Operazioni tra funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

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X Indice

4.4.1 Funzioni inverse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394.4.2 Osservazioni sulle funzioni logaritmiche . . . . . . . . . . . . . . 40

5 Limiti e continuita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 435.1 Successioni e formule di ricorrenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

5.1.1 Complessita computazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 475.1.2 Calcolo di aree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 485.1.3 Il numero e ed i logaritmi naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

5.2 Limiti di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 505.3 Continuita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

6 Derivate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 556.1 Derivate e rette tangenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 556.2 Regole di derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 596.3 Uso delle derivate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

7 Equazioni differenziali e integrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 657.1 Equazioni differenziali e anti-derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 657.2 Integrali definiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

7.2.1 Valore medio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

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Calcolo numerico e calcolo simbolico

Anche se la locuzione calcolo numerico e calcolo simbolico e molto altisonante,in realta qui vengono affrontate questioni apparentemente banali o comunquedate per acquisite nei corsi secondari. Che cosa vuole dire la scrittura ax = b?Come si manipola l’espressione ax = b? Che cosa significa risolvere l’equazioneax = b?

Se il lettore pensa che si tratti di banalita, e bene che comunque facciaattenzione, perche sotto una calma superficie in certi punti si muovono peri-colose correnti sottomarine; sottovalutarle potrebbe rivelarsi fatale. Non solo,ma una lettura fatta mantenendo alta la concentrazione puo rivelarsi mol-to utile per prendere confidenza con importanti concetti che si rivelerannofondamentali nel seguito. D’altra parte calcoli, numeri e simboli sono la ma-teria prima della matematica e il lettore, anche se non aspira a diventare unmatematico professionista, e bene che familiarizzi con essi.

Equazione ax = b. Proviamo a risolverlaNelle scuole elementari impariamo che la divisione del numero 6 per il

numero 2 ha come risposta esatta il numero 3. Questo fatto si descrive ma-tematicamente in vari modi diversi, ad esempio scrivendo 6

2 = 3 o 6 : 2 = 3,oppure dicendo che 3 e la soluzione dell’equazione 2x = 6, o che 3 e la soluzionedell’equazione 2x− 6 = 0.

Ma la situazione puo essere piu complicata. Proviamo a risolvere un pro-blema del tutto simile, ossia 3x = 4. Mentre la soluzione 4

3 si trova bellae pronta nei numeri razionali, se cerchiamo di usare l’algoritmo di divisio-ne, entriamo in un ciclo infinito. Si produce il numero 1.33333333 . . . . . . e siosserva che il simbolo 3 si ripete all’infinito, visto che ad ogni iterazione del-l’algoritmo ci si trova nella stessa situazione. Possiamo ad esempio concluderedicendo che il simbolo 3 e periodico e scrivere convenzionalmente il risultatocome 1.3, oppure come 1.(3). Un’altra maniera di cavarcela e quella di usciredal ciclo dopo un numero prefissato, ad esempio cinque, di passi. In tal casoconcludiamo dicendo che la soluzione e 1.33333.

C’e pero un grosso problema. Se trasformiamo il numero 1.33333 in numerorazionale, troviamo 133333

100000 , che non e uguale a 43 . Infatti si ha

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2 Calcolo numerico e calcolo simbolico

4

3− 133333

100000=

4× 100000− 3× 133333

300000=

400000− 399999

300000=

1

300000

e 1300000 e un numero molto piccolo ma non nullo.

Puo essere dunque utile lavorare con numeri che hanno un numero fisso didecimali, ma il prezzo da pagare e l’inesattezza dei risultati. Perche dunquenon lavorare sempre con numeri esatti, come ad esempio i numeri razionali?

Per il momento il lettore si deve accontentare di una risposta parziale, mache suggerisce l’essenza del problema.

- Un motivo e che lavorare con numeri razionali e molto piu costoso dalpunto di vista del calcolo.

- Un altro motivo e che non sempre abbiamo a disposizione numeri razionalicome dati nei nostri problemi.

Per quanto riguarda il primo motivo basti pensare alla difficolta di far ricono-scere al calcolatore il fatto che frazioni equivalenti, come ad esempio 4

6 ,69 ,

23 ,

rappresentano lo stesso numero razionale. Per il secondo motivo supponiamoad esempio di voler trovare il rapporto tra la distanza terra-sole e la distanzaterra-luna. Detta b la prima e a la seconda, l’equazione che rappresenta ilnostro problema e la nostra vecchia conoscenza ax = b. Ma nessuno puo rite-nere che sia ragionevole avere a disposizione numeri esatti per rappresentaretali distanze. I dati di partenza del nostro problema sono necessariamenteapprossimati. In questo caso tale difficolta sara da considerarsi ineliminabile.

Torniamo alla nostra equazione ax = b. In relazione al tipo dei numeria, b e in base alla natura del problema, possiamo cercare soluzioni esatte osoluzioni approssimate. Abbiamo gia osservato nella sezione precedente che43 e una soluzione esatta di 3x = 4, o equivalentemente di 3x− 4 = 0, mentre1.33333 e una soluzione approssimata, che differisce da quella esatta solo per

1300000 , o usando un’altra notazione molto comune, per 3.3 · 10−6. Tenutoconto anche del fatto che, come abbiamo visto nella sezione precedente, nonsempre si puo operare con numeri esatti, viene da pensare che un errore piccolopossa essere ampiamente tollerabile. Ma la vita e irta di ostacoli. Supponiamoche i dati siano a = 1

300000 , b = 1. La soluzione giusta e x = 300000.Se commettiamo un errore nella valutazione di a e riteniamo che sia a =

2300000 , l’errore e di 1

300000 , ossia una quantita che poco fa abbiamo dichiaratoampiamente tollerabile. Ma ora la nostra equazione ax = b, ha come soluzionex = 150000, che differisce da quella giusta per 150000.

Che cosa e successo? Semplicemente il fatto che quando si divide un nu-mero b per un numero molto piccolo a, il risultato e molto grande; quindi se sialtera il numero a per una quantita molto piccola, il risultato e alterato peruna quantita molto grande. Questi problemi, da tenere presenti quando si ope-ra con quantita approssimate, hanno dato vita ad un settore della matematicache si chiama calcolo numerico.

Il lettore provi a fare un esempio di equazione di tipo ax = b, in cui un errore nei

coefficienti si ripercuote poco nell’errore della risposta.

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Calcolo numerico e calcolo simbolico 3

Il discorso appena fatto sui dati e sulle soluzioni approssimate non riguar-da pero alcune manipolazioni di natura puramente formale o simbolica. Adesempio i ragazzi imparano che, a partire dall’equazione ax = b, si puo scrive-re una equazione equivalente portando b a primo membro e cambiando segno.Incominciamo a dire che si tratta di un esempio di calcolo simbolico, piuprecisamente dell’ uso di una regola di riscrittura.

Che cosa significa esattamente? Se α e una soluzione della nostra equazio-ne, abbiamo l’uguaglianza di numeri aα = b e quindi l’uguaglianza aα−b = 0.Questa osservazione ci permette di concludere che l’equazione ax = b e equi-valente all’equazione ax − b = 0, nel senso che hanno le stesse soluzioni.La trasformazione di ax = b in ax − b = 0 e una manipolazione puramentesimbolica, indipendente dalla natura del problema. Qui sarebbe opportuno fa-re un commento sul fatto che non sempre tale manipolazione e lecita. Se adesempio lavoriamo con numeri naturali, l’espressione 2x = 4 non puo esseretrasformata in −4 + 2x = 0 perche −4 non esiste nei numeri naturali.

Ora vogliamo spingerci un poco piu in la, ossia vogliamo risolvere l’equa-zione indipendentemente dai valori di a e b. In altri termini, vogliamo trovareuna espressione per la soluzione di ax = b (o equivalentemente di ax− b = 0),che dipenda solo da a e b e non da particolari valori ad essi attribuiti.

Detto cosı, non e possibile. Infatti ad esempio che cosa succede se a = 0?In tale situazione i casi possibili sono due, o b 6= 0 o b = 0. Nel primo casodi certo non ci sono soluzioni, perche nessun numero moltiplicato per zeroproduce un numero diverso da zero. Nel secondo caso invece tutti i numerisono soluzioni, perche ogni numero moltiplicato per zero produce zero.

Sembra quindi che se a = 0 l’equazione ax = b presenti comportamentiestremi. La situazione torna ad essere piu tranquilla se supponiamo a 6= 0;in tal caso possiamo subito concludere che b

a e l’unica soluzione. Ma siamosicuri? Non abbiamo gia detto nella sezione precedente che l’equazione 4x = 7non ha soluzioni intere? Eppure certamente 4 e diverso da 0!

Il problema e il seguente. Per poter concludere che se a 6= 0, allora ba e

soluzione di ax = b, dobbiamo sapere che ba ha senso. Senza entrare nelle raf-

finatezze algebriche che questa richiesta comporta, ci limitiamo ad osservareche i numeri razionali, i numeri reali e i numeri complessi hanno questa pro-prieta, per il fatto che se a e un numero razionale, reale o complesso diversoda zero, allora esiste il suo inverso (che in algebra si chiama a−1). Ad esempiol’inverso di 2 nei numeri razionali e 1

2 , mentre nei numeri interi non esiste.Questi tipi di argomentazioni sono di natura squisitamente matematica,

ma la loro portata applicativa sta rivelandosi sempre piu importante. La tecno-logia attuale mette a disposizione hardware e software con i quali manipolaresimbolicamente i dati e un nuovo settore della matematica che si occupa diqueste cose sta emergendo. Si tratta del cosiddetto calcolo simbolico, dettoanche algebra computazionale o computer algebra (vedi [C] e [R-06]).

Quale e l’essenziale differenza tra le due seguenti uguaglianze (5− 2)(5 + 2) = 21 e

(a + b)(a− b) = a2 − b2?

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1

Insiemi, calcolo combinatorio, insieminumerici, polinomi

1.1 Insiemi e calcolo combinatorio

Incominciamo a fare un poco di pratica con le rappresentazioni di insiemi, isimboli di appartenenza, contenuto, intersezione, unione, cardinalita, prodottocartesiano.

Esempio 1.1. {0, 1, 2, 3}; {a ∈ N | a < 4}; {a ∈ N | a ≤ 3}.

Esempio 1.2. A = {a, b, c}; B = {b, c, d}; A∩B = {b, c}; C = {b, a, c};A = C; E = {a, b, c, d}; A ∪B = E; D = {e, f}; A ∩D = ∅.|A| = |D| = 3; |E| = 4; A×D = {(a, e), (a, f), (b, e), (b, f), (c, e), (c, f)}.

Esempio 1.3. A = {a, b, c}; a ∈ A; {a} ⊂ A.

Esempio 1.4. A = {a, b, c}; A \ {a} = {b, c}.

Con il nome calcolo combinatorio o analisi combinatoria si intendonole varie tecniche che costituiscono “the art of counting” (Paul Erdos, 1973).

Ad esempio, se abbiamo un insieme di tre lettere possiamo formare 6 paroledi tre lettere senza lettere ripetute, 27 parole di tre lettere con lettere ripetute.Il conto si fa cosı

6 = 3 · 2 · 1 27 = 3× 3× 3 = 33

Nel seguito vedremo di capire il perche.

Esempio 1.5. (bit e byte)Nei calcolatori si usano solo due simboli (on e off di un circuito elettronicodigitale) che vengono chiamati 0 e 1, detti bit. Per rappresentare una scrit-tura c’e bisogno di codificare le lettere, i segni di punteggiatura, gli spazi, gli

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6 1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi

operatori usuali +,−,×, : . In tutto si tratta di circa 85 simboli. Per rappre-sentarli si usano sequenze con ripetizione di 0 e 1. Poiche 27 = 128 le primecodifiche sono state fatte con sequenze di sette simboli 0 e 1. Poi si e capito chedovevano trovare posto altri simboli come ad esempio le varie lettere a volteaccentate delle diverse lingue (ad esempio u, c, ø, ß) e si e passati a sequenzedi 8 bit dette byte. Cosı c’e abbondanza, perche i byte sono 28 = 256.

Esempio 1.6. (basi dei numeri)Ricordiamo che quando scriviamo in base 10 il numero 1457 intendiamo dire 7unita piu 5 decine piu 4 centinaia piu un migliaio. In altri termini, il significatodella scrittura 1457 e

1457 = 7× 100 + 5× 101 + 4× 102 + 1× 103

Osserviamo che sarebbe piu naturale scrivere 7541 invece che 1457, vistoche noi leggiamo da sinistra a destra, ma la tradizione vuole cosı.

Se invece di usare la base 10 usiamo la base 2, e quindi i simboli usabili sonosolo due, indicati solitamente con 0 e 1, si procede analogamente. Ad esempioconsideriamo il numero 12, inteso come 2 unita piu una decina e osserviamoche 12 = 1× 23 + 4 = 1× 23 + 1× 22 + 0× 21 + 0× 20 e quindi in base due ilnumero 12 si scrive 1100.

Sapete dire con quante cifre binarie si scrive un numero che in base 10 richiede 4

cifre?

Esempio 1.7. (sottoinsiemi di un insieme)Se un insieme ha 3 elementi, che chiamiamo a, b, c, i suoi sottoinsiemi sono ∅,{a}, {b}, {c}, {a, b}, {a, c}, {b, c}, {a, b, c}. In tutto si tratta di 8 sottoinsiemi.

Un modo di contarli e quello di associare ad ogni sottoinsieme una stringadi 0 e 1, dove 1 significa “l’elemento sta nel sottoinsieme”, 0 significa “l’e-lemento non sta nel sottoinsieme”. Quindi ad esempio al sottoinsieme {a, c}si associa la stringa 101. Con questo ragionamento si vede che i sottoinsiemidi un insieme di tre elementi sono tanti quante le stringhe di 0 e 1 lunghetre. Sono le 8 stringhe 000, 100, 010, 001, 110, 101, 011, 111. In particolare, lastringa 000 corrisponde al sottoinsieme ∅, la stringa 011 corrisponde a {b, c}.

Proviamo a tradurre in “matematichese” quanto visto. I matematici af-fermano che se A e un insieme di cardinalita n allora la cardinalitadell’insieme dei suoi sottoinsiemi e 2n. A parte il linguaggio tecnico, ilsignificato e che se il numero degli elementi di A e n, allora il numero dei suoisottoinsiemi e 2n. Il metodo usato per il conteggio nell’esempio precedentedovrebbe averci convinto di questo fatto.

All’inizio del discorso si affermava che se abbiamo un insieme di tre lettere,possiamo formare 27 parole di tre lettere con lettere ripetute. Il numero 27si ottiene osservando che per ogni lettera della parola abbiamo tre scelte equindi abbiamo 3× 3× 3 = 33 = 27 parole.

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1.1 Insiemi e calcolo combinatorio 7

Esempio 1.8. (permutazioni)Torniamo all’inizio del discorso in cui si affermava che se abbiamo un insiemedi tre lettere possiamo formare 6 parole di tre lettere senza lettere ripetute. Ilragionamento che si fa e il seguente. Per la prima lettera abbiamo tre scelte,ma per la seconda ne abbiamo solo due in quanto una lettera e gia stata usata.Per la terza lettera non abbiamo scelta, siamo forzati ad usare l’unica letteranon ancora usata. Quindi in tutto abbiamo 3 × 2 × 1 = 6 parole. Il numero3 × 2 × 1 si indica con il simbolo 3! e si chiama tre fattoriale. Cosı si ha2! = 2× 1 = 2 e 6! = 6× 5× 4× 3× 2× 1 = 720. Analogamente, se vogliamosapere in quanti modi si puo presentare un mazzo di 40 carte, si ottiene

40! = 815.915.283.247.897.734.345.611.269.596.115.894.272.000.000.000

un numero di 48 cifre! (qui il punto esclamativo rappresenta stupore e non ilsimbolo fattoriale).

Il numero 40! termina con nove zeri. Come si spiega? Il lettore saprebbe dire con

quanti zeri termina il numero 125! senza bisogno di calcolarlo?

I matematici chiamano permutazioni di un insieme finito i modi in cui isuoi elementi possono essere messi in ordine. Quindi, come abbiamo visto inquesti esempi, si arriva alla conclusione che il numero delle permutazionidi un insieme di n elementi e n!.

Esempio 1.9. (disposizioni)Tornando ancora all’inizio del discorso, se invece di calcolare il numero di pa-role di tre lettere senza lettere ripetute, vogliamo calcolare il numero di paroledi due lettere fra le tre disponibili, senza lettere ripetute, il ragionamento e lostesso di quello fatto nell’esempio 1.8. Abbiamo tre scelte per la prima letterae due per la seconda, in tutto 3× 2 = 6 parole.

I matematici chiamano disposizione di un insieme di n elementi a ka k una scelta di k elementi in ordine tra gli n elementi dati. In base alragionamento fatto tale numero delle disposizioni e n×(n−1)×· · ·×(n−k+1).Spesso si usa il simbolo · invece di × e allora si puo scrivere che tale numeroe n · (n − 1) · · · (n − k + 1). A volte, se non c’e ambiguita, anche il simbolo ·viene omesso. Quindi si puo srivere n(n− 1) · · · (n− k + 1). Si osservi che

n(n− 1) · · · (n− k+ 1) =n(n− 1) · · · (n− k + 1) · (n− k) · · · 2 · 1

(n− k) · · · 2 · 1=

n!

(n− k)!

Esempio 1.10. (combinazioni)Supponiamo di dover scegliere tre collaboratori da una rosa di cinque persone.Quante sono le nostre possibili scelte? Il problema sembra simile a quelloaffrontato nell’esempio 1.9, ma non lo e in quanto in questo caso non dobbiamotenere conto dell’ordine dei tre elementi scelti. Quindi possiamo ragionarecosı. Se tenessimo conto dell’ordine il numero sarebbe 5!

(5−3)! = 60. Ma per

Page 16: Robbiano Corso Appunti Finali

8 1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi

ogni scelta ce ne sono 3! equivalenti che corrispondono alle permutazioni dellaterna scelta. Quindi la risposta giusta e 5!

(5−3)! 3! = 10. Infatti, se le persone

sono indicate dalle lettere A,B,C,D,E, le terne sono {A,B,C}, {A,B,D},{A,B,E}, {A,C,D}, {A,C,E}, {A,D,E}, {B,C,D}, {B,C,E}, {B,D,E},{C,D,E}.

I matematici chiamano combinazione di k elementi di un insieme di nelementi la scelta di un sottoinsieme di k elementi dell’insieme dato. In baseal ragionamento appena visto si prova che il numero delle combinazioni di kelementi tratte da un insieme di n elementi e n!

k! (n−k)! Tale numero riveste un

ruolo molto importante, acquista un nome particolare e viene indicato con unsimbolo speciale, che si chiama coefficiente binomiale e si indica con

(nk

).

Abbiamo dunque (n

k

)=

n!

k! (n− k)!(1)

Si osserva che(nk

)=(

nn−k

). Come si spiega a partire dalla definizione di combina-

zione?

Vediamo adesso di riconsiderare l’esempio 1.7 e il suo seguito. Abbiamovisto che il numero dei sottoinsiemi di un insieme di n elementi e 2n. Possiamoanche ragionare in modo diverso e osservare che i sottoinsiemi si ripartisco-no in quello con zero elementi, quelli con un elemento e cosı via. Siccome isottoinsiemi con k elementi sono

(nk

), possiamo concludere che

2n =(n0

)+(n1

)+(n2

)+ · · ·+

(nn

)=

n∑k=0

(n

k

)(2)

Si osservi la finezza espressa dall’uguaglianza(n0

)= 1. Essa corrisponde al

fatto che c’e un sottoinsieme con zero elementi ed e l’insieme vuoto, che vieneindicato con il simbolo ∅.Per far tornare i conti e anche necessario porre 0! = 1, anche se di per se 0! non

vorrebbe dire nulla. Il lettore dica in che senso la formula (1) si avvale del fatto di

porre 0! = 1.

Concludiamo chiedendo al lettore di capire perche vale la seguente formula,detta formula del Binomio di Newton e in che senso essa generalizza laformula (2).

Essa afferma che se a, b sono due numeri e n ∈ N, vale la relazione

(a + b)n =n∑

k=0

(n

k

)akbn−k

Page 17: Robbiano Corso Appunti Finali

1.2 Insiemi numerici 9

1.2 Insiemi numerici

due terzi delle persone non capiscono le frazioni,

all’altra meta non interessano

Gli insiemi considerati nella sezione precedente sono finiti, ma natural-mente ci sono anche insiemi infiniti. L’esempio piu importante e quello deinumeri naturali, ossia dei numeri con i quali siamo abituati a contare. Inmatematica si usa un simbolo per indicare l’insieme dei numeri naturali, sitratta del simbolo N. Quindi

N = {0, 1, 2, 3, . . . }

Si osservi che 0 ∈ N e che siamo stati costretti ad usare i puntini perchel’insieme e infinito.

Alcuni autori, anche importanti, dichiarano che N = {1, 2, 3, . . . }, ossia non inclu-

dono il numero zero. Si tratta di una grave lacuna, basti pensare che un metodo

assiomatico per definire i numeri naturali parte dall’insieme vuoto a cui associa il

numero 0. Come dire che tutti i numeri nascono da zero!

Quando ad esempio misuriamo temperature abbiamo la necessita di usa-re numeri negativi, come ad esempio -2, gli opposti dei numeri positivi. Sichiamano opposti perche ad esempio −2 + 2 = 0. Mettendo insieme numerinaturali e numeri negativi si costruisce l’insieme dei numeri interi che vienedenotato col simbolo Z. Quindi

Z = {. . . ,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, . . . }

Si osservi che mentre nei numeri naturali non e possibile fare tutte le sottra-zioni, ad esempio 2 − 5 non si puo eseguire, nei numeri interi cio e possibile.Ad esempio si ha 2− 5 = −3.

Sia nei numeri naturali che nei numeri interi si puo eseguire il prodotto, mache dire della divisione? Ancora una volta ci troviamo di fronte al fatto che nonper tutte le coppie di numeri cio e possibile. Ad esempio 6 : 2 = 3, −12 : 3 =−4, ma 2 : 3 non si puo eseguire negli interi. Allora si introducono gli inversidei numeri diversi da zero e quindi le frazioni, quali ad esempio 2

3 . D’altraparte dividere 1 per 3 o dividere 2 per 6 dovrebbe dare lo stesso risultato.Questa osservazione complica un poco tutta la vicenda. Si devono considerareequivalenti le frazioni ab e c

d se ad = bc e l’insieme delle classi di equivalenzadelle frazioni si chiama insieme dei numeri razionali che viene denotatocol simbolo Q. Non intimidisca la locuzione “classi di equivalenza”, che esemplicemente il modo con cui i matematici intendono dire che tutti gli oggettidi una classe sono in qualche modo identificabili. E infatti tutte le frazioniequivalenti si identificano nell’unico numero razionale che esse rappresentano.

Facciamo attenzione al fatto che spesso, anche nei testi di matematica, si fa confu-

sione tra frazioni e numeri razionali. Si tratta di entita diverse, quello che e vero e

che ogni frazione rappresenta un numero razionale, mentre ogni numero razionale e

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10 1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi

rappresentato da infinite frazioni equivalenti. Ad esempio le frazioni a2a

, al variare di

a ∈ Z\{0}, rappresentano lo stesso numero razionale, che puo anche essere scritto in

forma decimale 0,5. C’e comunque un modo per selezionare una frazione speciale

tra tutte quelle equivalenti. Si tratta della frazione in cui numeratore e denominatore

non hanno fattori propri comuni e il denominatore e positivo.

Il lettore si convinca del fatto che tra due numeri razionali distinti ce ne sono infiniti.

Perche basta provare che ce n’e almeno uno?

Si noti che ogni numero intero puo essere visto come numero razionale;il numero intero n puo essere rappresentato dalla frazione n

1 , che e specialenel senso detto prima. Con questo accorgimento possiamo affermare che esisteuna catena di inclusioni

N ⊂ Z ⊂ Q

Ma la storia non finisce qui. Gia nel quinto secolo a.C. gli allievi dellascuola di Pitagora si accorsero che i numeri razionali non bastavano.Anche se e vero che tra due numeri razionali diversi ce ne sono infiniti, essinon bastano a rappresentare tutti i punti di una retta. Che cosa significa?Gli allievi sapevano che il teorema del loro maestro afferma il fatto che ilquadrato costruito sulla diagonale di un triangolo rettangolo ha come area lasomma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti. Se i due cateti sono lunghi1 (rispetto ad una prefissata unita di misura), l’area del quadrato costruitosull’ipotenusa e dunque 2. Detta x la lunghezza dell’ipotenusa, si ha dunquex2 = 2 o equivalentemente x2 − 2 = 0. Si addolorarono o gioirono quando siaccorsero che nessun numero razionale risolve tale equazione? I matematici ingenere gioiscono quando scoprono che un problema non e risolubile in un certoambito. Il motivo e che una tale circostanza permette di inventare nuove teorie.La scoperta che nessun numero razionale risolve l’equazione x2−2 = 0 aprı lastrada ai numeri reali. Una trattazione completa dei numeri reali porta allaconclusione che essi possono rappresentare tutti i punti di una retta. L’insiemedei numeri reali viene denotato col simbolo R. Nei numeri reali l’equazionex2 − 2 = 0 ha due soluzioni ±

√2, che si chiamano radici quadrate di 2.

Se esistesse una frazione ab, con a e b numeri interi, soluzione di x2−2 = 0, si avrebbe

l’uguaglianza a2

b2= 2 e quindi a2 = 2 b2. Ma il quadrato di un numero intero ha un

numero pari di fattori 2 e quindi si arriverebbe ad un assurdo. Quale?

Si vede che i numeri razionali possono essere considerati come particolarinumeri reali e quindi la catena di inclusioni N ⊂ Z ⊂ Q si amplia alla catena

N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R

Page 19: Robbiano Corso Appunti Finali

1.2 Insiemi numerici 11

Un altro esempio di numero reale non razionale e ilcosiddetto numero aureo o sezione aurea, dettopiu propriamente in inglese golden ratio, dato chesi tratta di un rapporto di lunghezze. Nella figuraa fianco vale la proporzione a : b = b : (a − b), dacui si deduce che a(a−b) = b2 ossia a2−ab−b2 = 0che equivale a (ab )2− a

b −1 = 0, essendo b 6= 0. Taleequazione nella incognita a

b ha due soluzioni,

di cui quella positiva e 1+√5

2 ∼ 1,6180339, dovecon il simbolo ∼ abbiamo indicato approssimazione. Per lo stesso motivoper cui

√2 non e razionale, anche

√5 e di conseguenza il numero aureo non e

razionale... ma e il preferito da alcuni fotografi, da molti pittori e forse anchedalla natura stessa (fiori, conchiglie,...).

Abbiamo visto che l’espressione x2−2 ha portato alla costruzione delle radiciquadrate di 2. Piu in generale, dato un numero reale a e un numero naturale n,si puo considerare l’espressione xn − a. Se un numero sostituito ad x rendel’espressione uguale a zero, diciamo che tale numero e una radice n-imadi a. Ad esempio 3 e radice quarta di 81, infatti 34− 81 = 0 e quindi 3 risolvel’equazione x4 − 81 = 0. Ma c’e in vista una notevole sorpresa. Consideriamol’espressione x2+1 e vediamo che nessun numero reale sostituito ad x la rendeuguale a zero.

Il lettore sa dire perche?

A questo punto i matematici fanno una cosa apparentemente priva disenso. Dichiarano che un simbolo, chiamato i, annulla x2 + 1 ossia e radicequadrata di −1. Nascono cosı i numeri complessi, ossia i numeri del tipo a+i bcon a, b ∈ R. I numeri reali sono particolari numeri complessi, ossia quelli deltipo a + i 0. La nostra catena di inclusioni tra insiemi numerici si arricchiscee diventa

N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R ⊂ C

I numeri complessi cominciarono a essere utilizzati nel XVI secolo nelle for-mule di risoluzione delle equazioni di terzo e quarto grado da Tartaglia. Iprimi che riuscirono ad attribuire soluzioni alle equazioni cubiche furonoScipione Dal Ferro, Bombelli, Tartaglia, e Cardano. Inizialmente i numericomplessi non vennero considerati come numeri ma solo come artifici alge-brici utili a risolvere equazioni. Cartesio nel XVII secolo li chiamo “numeriimmaginari”. Abraham de Moivre ed Eulero nel XVIII secolo iniziarono afornire ai numeri complessi una base teorica, finche questi assunsero pienacittadinanza nel mondo matematico con i lavori di Gauss.

Abbiamo detto che l’idea di introdurre forzatamente una radice di -1 sembrauna operazione priva di senso. Il lettore potra dire: sono capaci tutti di risol-vere equazioni dichiarando che qualche nuova entita e soluzione! Ma le cosenon stanno cosı. Questa apparente audacia risolutiva si rivelo negli anni co-me una autentica magia. I numeri complessi divennero nel corso dei secoli uno

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12 1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi

strumento indispensabile per risolvere i problemi piu svariati. Tanto per citarealcuni campi di applicazione, ci limitiamo a menzionare la teoria del control-lo, l’analisi dei segnali, la meccanica quantistica, le equazioni differenziali, lafluidodinamica, i frattali, la teoria dei numeri. Ma forse il fatto piu straordi-nario e il cosiddetto teorema fondamentale dell’algebra, dimostrato perla prima volta in modo completo da Gauss nel 1799, di cui parleremo nellaprossima sezione.

1.3 Richiami sui polinomi

radici profonde non gelano

(Dino Conta)

Nella sezione precedente abbiamo considerato espressioni del tipo x2 − 2,x2 − x− 1. Che cosa hanno in comune? Proviamo ad esaminarle. Compare ilsimbolo x che a volte viene chiamato indeterminata, a volte incognita, avolte variabile.

Consideriamo la sequenza di lettere amo. Il manager potrebbe interpretarlacome la sigla di Atlantic-Mediterranean Organization, il romantico come ilpresente del verbo amare, il pescatore come un essenziale strumento percatturare i pesci. La semantica, ossia il significato, della parola amo dipen-de dunque dal contesto. Analogamente x, che di per se e solo una lettera diun qualche alfabeto e che quindi puo essere sostituita da qualunque altrosimbolo, assume nomi e significati diversi a seconda del contesto. Se la consi-deriamo solo come un simbolo in una espressione, ad esempio x2 − 1, alloradovremmo chiamarla indeterminata. Se poniamo tale espressione uguale azero, ossia x2 − 1 = 0 e cerchiamo soluzioni, allora dovremmo chiamarlaincognita. Se le permettiamo di assumere ad esempio tutti i valori reali estudiamo la funzione ad essa associata, ossia f(x) = x2−1, allora dovremmochiamarla variabile.

Torniamo alle espressioni del tipo x2+x−1. Esse si chiamano polinomi. Altriesempi di polinomi sono p1 = x5− 2

3 x2+ 1

2 x−13, p2 = 3x6−√

7x5+ 311 x

3−4.Non sono polinomi f3 = 1

x , f4 = sin(x), f5 = ex. Senza entrare troppo neimeandri tecnici, osserviamo che un polinomio puo avere coefficienti razionalicome p1, reali come p2, in altre parole i coefficienti possono essere scelti inun insieme numerico. L’indeterminata, in questi esempi sempre chiamata x,compare solo elevata a potenza naturale. Infatti f3 puo essere scritto f3 = x−1,ma l’esponente e intero non naturale. I matematici chiamano grado (e lodenotano deg) di un polinomio l’esponente piu alto della indeterminata checompare nel polinomio stesso. Quindi si ha deg(p1) = 5, deg(p2) = 6.

Page 21: Robbiano Corso Appunti Finali

1.3 Richiami sui polinomi 13

Il lettore provi a verificare che la somma e il prodotto di due polinomi e un polinomio.

Quale e il grado della somma e quello del prodotto?

Veniamo al problema di dividere due polinomi. Se vogliamo dividere ilpolinomio p(x) = x4 − x + 2 per il polinomio q(x) = x2 − 3 procediamocosı. Per arrivare al quarto grado, che e deg(p(x)), si moltiplica q(x) per x2.Sottraendo p(x) − x2 q(x) si ottiene q1(x) = 3x2 − x + 2. Sottraendo a q1(x)il polinomio q(x) moltiplicato per 3 si ottiene −x + 11. Possiamo concludereche

p(x) = (x2 + 3) q(x) + (−x+ 11)

Facciamo la stessa cosa con i due polinomi p(x) = x5−x4−x3 + 3x2− 3x− 3e q(x) = x3 + 3 e otteniamo

p(x) = (x2 − x− 1) q(x)

Nel primo caso diciamo che x2 + 3 e il quoziente, mentre −x + 11 e il restodella divisione. Nel secondo caso il quoziente e x2 − x − 1 e il resto e zero equindi il polinomio p(x) e divisibile per q(x). La tecnica di divisione usata sipuo applicare a qualunque coppia di polinomi p(x), q(x) a patto che q(x) 6= 0.Siamo in presenza di quello che gli informatici e i matematici chiamano unalgoritmo. Si tratta cioe di una procedura che, dati due polinomi p(x), q(x)con q(x) 6= 0, fornisce due polinomi s(x), r(x) tali che

r(x) = 0 oppure deg(r(x)) < deg(q(x)) e p(x) = s(x) q(x) + r(x)

I matematici sono in grado di dimostrare che tali polinomi sono unici e lichiamano quoziente e resto.

Si osservi che ad esempio il polinomio x2−3x+1 puo anche essere scritto 1−3x+x2,

ossia in ordine di grado decrescente o cresente. Per dividere i polinomi in quale ordine

e meglio scriverli?

Gia alcune volte abbiamo usato le parole dimostrare, dimostrazione. Suppo-niamo di dovere verificare se e vera l’uguaglianza n! ≥ n per tutti i numerinaturali. Potremmo verificarla per n = 0, n = 1, n = 2 ma evidentementenon possiamo verificarla per tutti i numeri naturali, perche non possiamofare infinite verifiche. Allora dobbiamo procedere con un ragionamento chegarantisca la validita dell’affermazione. In questo caso si puo usare la tec-nica della dimostrazione per induzione. Si ragiona cosı. La formula e veraper n = 0, il primo dei numeri naturali (ricordiamo che 0! = 1). Assumia-mola dunque verificata per n e dimostriamola per n+ 1, Dobbiamo dunquedimostrare che (n + 1)! ≥ n + 1. Per definizione si ha (n + 1)! = (n + 1) · n!e dunque, utilizzando la nostra assunzione, si ha (n + 1)! ≥ (n + 1) · n. Oraosserviamo che (n + 1) · n ≥ n + 1 e si conclude. Come si vede, dimostrarequalcosa non e facile e, come recita un celebre detto, rendere facili le co-se difficili non e facile. Ma non preoccupatevi, dimostrare e esattamente ilcompito principale dei matematici e noi molto spesso ci accontenteremo difidarci della loro abilita.

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14 1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi

Che cosa accade se dividiamo un polinomio p(x) per un polinomio del tipox− c con c numero? In base a quanto detto prima, se applichiamo l’algoritmodi divisione otteniamo una espressione del tipo p(x) = s(x)(x−c)+r(x), dover(x) = 0 oppure r(x) ha grado 0, quindi in ogni caso r(x) e un numero. Saraquindi opportuno scrivere la solita formula cosı

p(x) = s(x)(x− c) + r (∗)

Ora facciamo attenzione e mettiamoci in “modalita matematica”. Proviamoa chiederci che numero e r. Sembra una domanda priva di senso, visto chenon abbiamo specificato chi sono p(x) e c. Ma qui scatta il ragionamentomatematico. Se vale una uguaglianza del tipo (∗), vale anche l’uguaglian-za numerica che si ottiene valutando entrambi i membri in c. Si ottienep(c) = s(c)(c− c) + r = r ed ecco che abbiamo scoperto che r = p(c). Laformula migliorata e dunque

p(x) = s(x)(x− c) + p(c) (∗∗)

da cui si deduce il teorema seguente

Teorema 1.3.1. Dato un polinomio p(x) e un numero c, sono equivalenti

• Si ha p(c) = 0, ossia c e radice di p(x)• Il polinomio p(x) e divisibile per x− c

Abbiamo visto il matematico al lavoro! E dunque meritiamo di conoscereun fatto del tutto straordinario gia preannunciato alla fine della sottosezioneprecedente. Allora avevamo accennato al teorema fondamentale dell’algebra,il quale sancisce la fondamentale importanza dei numeri complessi. Ricordateche, per ovviare alla mancanza di radici reali di x2+1, fu inventato il numero ie con lui i numeri complessi. Ebbene il teorema fondamentale dell’algebra e ilseguente.

Teorema 1.3.2. (Teorema fondamentale dell’algebra)Ogni polinomio p(x) di grado positivo a coefficienti complessi ha almeno unaradice complessa.

Rendiamoci conto del fatto che avere aggiunto una radice al polinomiox2 + 1 ha di fatto aggiunto tutte le radici di tutti i polinomi a coefficienticomplessi. Sembra magia ma e realta.

Qui di seguito sono rappresentate curve descritte da polinomi di terzogrado, fondamentali ad esempio nella descrizione matematica dei caratteritipografici. Usando tale descrizione, un grosso volume di 500 pagine scritto inLATEX occupa lo spazio di una fotografia digitale!

Page 23: Robbiano Corso Appunti Finali

1.3 Richiami sui polinomi 15

Polinomi di terzo grado, curve di Bezier

La letteraa

Concludiamo questa sezione con una “chicca matematica” di livello un pocopiu elevato. L’idea e che i polinomi univariati a coefficienti complessi si fat-torizzano in fattori di primo grado e quelli a coefficienti reali si fattorizzanoa in fattori di primo e secondo grado. Incontreremo varie difficolta, quindiprepariamoci.

La prima difficolta sta nell’uso del Teorema fondamentale dell’algebra 1.3.2,il quale afferma l’esistenza di una radice, ma non la sua costruzione. Un conto

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16 1 Insiemi, calcolo combinatorio, insiemi numerici, polinomi

e dire che 2 e radice di x2−4, un conto e dire che x5−x−1 ha una radice reale.Per fare una analogia, si tratta di una differenza simile a quella che intercorretra attingere acqua ad una fonte e dimostrare mediante misurazioni indirettee calcoli che esiste acqua su un lontano pianeta. Usando il Teorema 1.3.2 e ilTeorema 1.3.1 si dimostra il seguente teorema.

Teorema 1.3.3. Ogni polinomio p(x) a coefficienti complessi si fattorizza infattori lineari. In formula, se p(x) ha grado positivo d e coefficiente direttivo a,si ha

p(x) = a ·r∏i=1

(x− ci)ei con d =r∑i=1

ei (∗)

dove c1, . . . , cr sono le radici complesse di p(x).

Ripeto che la formula (∗) si dimostra ma, esclusi alcuni casi particolari,non ci sono, infatti non ci possono essere, algoritmi che calcolano le radici ci,se non in modo approssimato.

Ora viene la parte piu delicata. Ogni numero complesso si scrive a + ib cona, b ∈ R. I numeri reali sono quindi quelli del tipo a + i 0. C’e un operatoresu C, ossia una funzione da C a C, detto coniugio, che associa ad ogninumero complesso a+ ib il numero complesso a− ib. Di solito, se z = a+ ib,il numero a− ib si scrive z e si chiama il coniugato di z.Dato che a+ i 0 = a− i 0 = a, si conclude che che se z e reale, allora z = z.Ma ci sono altre proprieta importanti di questo operatore. Senza entrare neldettaglio dimostrativo, peraltro semplice, si vede che se z1, z2 sono numericomplessi allora

z1 + z2 = z1 + z2 z1 · z2 = z1 · z2 (∗∗)

Funzioni di questo tipo, ossia che “rispettano” le operazioni algebriche, sidicono omomorfismi. Che cosa ci volete fare, ogni linguaggio ha le suestrane parole.Dalla formula (∗∗) si deduce che se un polinomio ha coefficienti reali e sez ∈ C e una sua radice, allora anche z e sua radice.

Verificare il perche di questa affermazione richiede un po’ di abilita mate-matica.Usando il Teorema 1.3.1 si deduce che se p(x) e un polinomio a coefficientireali e z e una sua radice complessa non reale, allora p(x) e divisibile per(x − z)(x − z). E qui viene la gradita sorpresa, voi direte, forse a ragione:gradita a chi? Comunque sia, il polinomio (x− z)(x− z) (che e quadratico,ossia di secondo grado) ha coefficienti reali, infatti se z = a+ ib, allora si ha(x−(a+ib))(x−(a−ib)) = (x−a)2−i2b2 = (x−a)2+b2 = x2−2ax+a2+b2.La conclusione e il seguente teorema.

Teorema 1.3.4. Ogni polinomio a coefficienti reali si fattorizza in fatto-ri lineari e quadratici. Quelli lineari corrispondono alle radici reali, quelliquadratici alle coppie di radici (z, z) con z complesso non reale.

Queste considerazioni ci saranno molto utili piu avanti quando parleremo diintegrazione.

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2

Sistemi lineari, matrici, sistemi di coordinate

2.1 Sistemi lineari e matrici

Vedi [R-07] Capitolo 1 (Sistemi lineari e matrici), pag. 9–22.

2.2 Operazioni con matrici, determinanti e inverse

Vedi [R-07] Capitolo 2 (Operazioni con matrici), pag. 23–45.

2.3 Il metodo della riduzione gaussiana

Vedi [R-07] Capitolo 3 (Soluzioni di sistemi lineari), pag. 47–76. E esclusala sezione 3.4 (Quanto costa il metodo di Gauss?), ma e incluso l’esempio delpiccolo pivot (pag. 65). E esclusa la sezione 3.5 (Decomposizione LU).

2.4 Sistemi di coordinate

Vedi [R-07] Capitolo 4 (Sistemi di coordinate), pag. 77–91 (quindi sonoescluse la sezioni 4.6 (Prodotti scalari e determinanti in generale), la sezione4.7 (Cambi di coordinate) e la sezione 4.8 (Spazi vettoriali e basi)).

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3

Cenni di geometria analitica

Ora che abbiamo chiarito la nozione di sistema di coordinate e padroneggiamoil concetto di vettore libero e applicato, di prodotto scalare e di angolo di duevettori, siamo in grado di affrontare alcuni semplici problemi di geometriapiana e spaziale.

3.1 Rette e piani

Ci sono essenzialmente due modi di rappresentare rette e piani, il modo im-plicito o cartesiano, ossia come insiemi di punti le cui coordinate verificanodelle equazioni o dei sistemi di equazioni, e il modo esplicito o parame-trico, ossia come insiemi di punti descritti al variare di parametri nei numerireali.

Vediamo un poco di dettaglio. In questa sezione i sistemi di coordinateche consideriamo sono ortogonali e monometrici.

La retta nel piano in forma implicita o cartesiana

Se fissiamo un punto P0 nel piano e un vettore libero u = (a, b), la retta rnel piano passante per P0 e ortogonale a u puo chiaramente descriversi comel’insieme (detto anche luogo) dei punti P del piano tali che u e ortogonale aP − P0 e quindi tali che u · (P − P0) = 0. Possiamo concludere che

u · (P − P0) = 0 (1)

e una equazione vettoriale della retta r. Se denotiamo con (x0, y0) le coordinatedi P0 e con (x, y) le coordinate di P , l’equazione vettoriale (1) si sviluppanell’equazione scalare

a(x− x0) + b(x− x0) = 0 (2)

che e del tipo ax+ by + c = 0, una nostra conoscenza dell’algebra lineare.

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20 3 Cenni di geometria analitica

Ad esempio la retta passante per P0 = (1,−3) e ortogonale al vettore u = (− 12, 5)

ha equazione − 12(x−1) + 5(y+ 3) = 0, che si puo anche scrivere − 1

2x+ 5y+ 31

2= 0.

Puo anche scriversi x− 10y − 31 = 0. Perche?

Il piano nello spazio in forma implicita o cartesiana

Se fissiamo un punto P0 nello spazio e un vettore libero u = (a, b, c),il piano π nello spazio passante per P0 e ortogonale a u puo chiaramentedescriversi come l’insieme (detto anche luogo) dei punti P dello spazio taliche u e ortogonale a P −P0 e quindi tali u ·(P −P0) = 0. Possiamo concludereche

u · (P − P0) = 0 (3)

e una equazione vettoriale del piano π. Questa descrizione vettoriale si riveladel tutto analoga alla descrizione (1) della retta nel piano. Per notarne megliola differenza, vediamo la descrizione scalare. Se denotiamo con (x0, y0, z0) lecoordinate di P0 e con (x, y, z) le coordinate di P , l’equazione vettoriale (3)si sviluppa nell’equazione scalare

a(x− x0) + b(y − y0) + c(z − z0) = 0 (4)

che e del tipo ax+by+cz+d = 0. Anche questa e una conoscenza dell’algebralineare.

Ad esempio il piano passante per P0 = (1, 3,−2) e ortogonale al vettore u =

(−2, 5, 7) ha equazione −2(x − 1) + 5(y − 3) + 7(z + 2) = 0, che si puo anche

scrivere −2x + 5y + 7z + 1 = 0. Puo anche scriversi 2x− 5y − 7z − 1 = 0. Perche?

La retta nel piano in forma esplicita o parametrica

Se fissiamo due punti distinti P0, P1 su una retta r nel piano, i punti Pdella retta r che passa per P0 e P1 sono quelli per cui P − P0 e multiplo diP1 − P0. Possiamo concludere che

P − P0 = t (P1 − P0) t ∈ R (5)

e una rappresentazione vettoriale parametrica della retta r. Se denotiamo con(a, b) le coordinate del vettore P1 − P0, con (x0, y0) le coordinate del puntoP0 e con (x, y) le coordinate del punto P , la rappresentazione vettoriale (5) sisviluppa nella rappresentazione scalare{

x− x0=a ty − y0=b t

t ∈ R (6)

Ad esempio la retta passante per i due punti P0 = (1,−1), P1 = (−3, 0) harappresentazione parametrica {

x− 1=−4 ty + 1= t

t ∈ R

Page 29: Robbiano Corso Appunti Finali

3.1 Rette e piani 21

Puo anche scriversi {x + 3=4 ty =−t t ∈ R

Perche?

Il piano nello spazio in forma esplicita o parametrica

Se fissiamo tre punti non allineati P0, P1, P2 nello spazio, i punti P delpiano π che passa per P0, P1, P2 sono quelli per cui P − P0 = s (P1 − P0) +t (P2 − P0). Possiamo concludere che

P − P0 = s (P1 − P0) + t (P2 − P0) s, t ∈ R (7)

e una rappresentazione vettoriale parametrica del piano π. Se denotiamo con(a1, b1, c1) le coordinate del vettore P1 − P0, con (a2, b2, c2) le coordinate delvettore P2 − P0, con (x0, y0, z0) le coordinate del punto P0 e con (x, y, z) lecoordinate del punto P , la rappresentazione vettoriale (7) si sviluppa nellarappresentazione scalarex− x0=a1s+ a2t

y − y0= b1s+ b2tz − z0 = c1s+ c2t

s, t ∈ R (8)

Ad esempio il piano passante per i tre punti P0 = (1,−1, 0), P1 = (−3, 0, 0) P2 =(1, 1, 1) ha rappresentazione parametrica

x− 1=−4sy + 1=s + 2tz =t

s, t ∈ R

Il lettore provi a trovare un’altra rappresentazione parametrica dello stesso piano.

La retta nello spazio in forma parametrica

Se fissiamo due punti distinti P0, P1 su una retta r nello spazio, i punti Pdella retta r che passa per P0 e P1 sono quelli per cui P − P0 e multiplo diP1 − P0. Possiamo concludere che

P − P0 = t (P1 − P0) t ∈ R (9)

e una rappresentazione vettoriale parametrica della retta r. La situazione e deltutto simile a quella della rappresentazione parametrica della retta nel piano.Per notare la differenza vediamo la rappresentazione scalare. Se denotiamocon (a, b, c) le coordinate del vettore P1 − P0, con (x0, y0, z0) le coordinatedel punto P0 e con (x, y, z) le coordinate del punto P , la rappresentazionevettoriale (9) si sviluppa nella rappresentazione scalarex− x0=a t

y − y0=b tz − z0 =c t

t ∈ R (10)

Page 30: Robbiano Corso Appunti Finali

22 3 Cenni di geometria analitica

Ad esempio la retta passante per i due punti P0 = (1,−1, 23), P1 = (3, 0,−2) ha

rappresentazione parametrica x− 1= 2 ty + 1= tz − 2

3=− 8

3t

t ∈ R

Il lettore provi a trovare un’altra rappresentazione parametrica dello stesso piano.

La retta nello spazio in forma cartesiana

Questo caso e diverso dai precedenti. Informalmente possiamo dire che sitratta di descrivere mediante equazioni un oggetto uni-dimensionale dentrouno spazio tri-dimensionale e i matematici sanno che in tal caso una equa-zione non basta, ce ne vogliono almeno due. Nel nostro caso specifico bastasapere che l’intersezione di due piani non paralleli e una retta per arriva-re alla conclusione. Se i due piani π, π′ sono rappresentati dalle equazionia1x+ b1y+ c1z+ d1 = 0 e a2x+ b2y+ c2z+ d2 = 0 rispettivamente, la retta rper cui vale r = π ∩ π′ ha dunque una rappresentazione cartesiana scalare deltipo {

a1x+ b1y + c1z + d1 = 0a2x+ b2y + c2z + d2 = 0

(11)

Ora si pone una questione. Dato un sistema del tipo (11), come facciamoa sapere se i due piani sono paralleli? Ricordiamo che u1 = (a1, b1, c1) eun vettore perpendicolare al piano π e che u2 = (a2, b2, c2) e un vettoreperpendicolare al piano π′. Dunque π e π′ sono paralleli se e solo se u1 eu2 sono paralleli, ossia se uno e multiplo dell’altro. Ad esempio (1, 2,−1),(−1,−2, 1), ( 1

2 , 1,− 12 ) sono tra loro paralleli.

Infine vogliamo risolvere il seguente problema. Come si passa da una rap-presentazione cartesiana ad una parametrica di una retta nello spazio? Sap-piamo dalla formula (10) che basta conoscere due punti della retta, equiva-lentemente un punto e un vettore libero parallelo alla retta. Per trovare uno odue punti sulla retta, bisogna trovare due soluzioni del sistema lineare (11). Seinvece vogliamo un vettore u parallelo alla retta, osserviamo che i due vettoriu1, u2 sono perpendicolari ai piani e quindi u deve essere perpendicolare siaa u1 che a u2.

Come si fa, dunque a trovare un vettore perpendicolare sia a u1 che a u2?Vediamo insieme un esempio di matematico al lavoro.

Il prodotto vettoriale

Consideriamo le due seguenti matrici

A1 =

a1 a1 a2b1 b1 b2c1 c1 c2

A2 =

a2 a1 a2b2 b1 b2c2 c1 c2

Entrambe hanno due colonne uguali e quindi sappiamo che il loro determi-nante vale 0. Scriviamo dunque

Page 31: Robbiano Corso Appunti Finali

3.1 Rette e piani 23

det(A1) = det(A2) = 0 (∗)

D’altra parte sappiamo che il determinante di una matrice quadrata si puocalcolare sviluppandolo secondo la prima colonna. Si ha dunque

0 = det(A1) = a1 · det

(b1 b2c1 c2

)− b1 · det

(a1 a2c1 c2

)+ c1 · det

(a1 a2b1 b2

)e analogamente

0 = det(A2) = a2 · det

(b1 b2c1 c2

)− b2 · det

(a1 a2c1 c2

)+ c2 · det

(a1 a2b1 b2

)

Se chiamiamo α = det

(b1 b2c1 c2

), β = −det

(a1 a2c1 c2

), γ = det

(a1 a2b1 b2

)si hanno

dunque le relazioni

a1 ·α+ b1 ·β + c1 ·γ = 0 e a2 ·α+ b2 ·β + c2 ·γ = 0 (∗∗)

In altri termini, detto w = (α, β, γ), le relazioni (∗∗) si possono leggere come

u1 · w = 0, u2 · w = 0

il che significa che w e ortogonale sia a u1 che a u2. Questo che avete visto eun esempio del ragionare matematico. L’importanza del vettore

w =(

det

(b1 b2c1 c2

),−det

(a1 a2c1 c2

),det

(a1 a2b1 b2

))gli ha fatto dare un nome speciale. Si chiama prodotto vettoriale dei vet-tori u1, u2, si denota con u1 × u2 e, come abbiamo visto, ha la proprieta diessere ortogonale sia a u1 che a u2.

Ad esempio, dati i vettori u1 = (1, 2, 0) e u2 = (−1,−1, 5), il loro prodottovettoriale e u1 × u2 = (10,−5, 1). Inoltre e facile verificare le uguaglianzeu1 × u2 · u1 = u1 × u2 · u2 = 0.

Perche non e stato scritto (u1 × u2) · u1 e (u1 × u2) · u2?

Il lettore provi a verificare che, dati due vettori qualunque u1, u2 nello spazio, vale

l’uguaglianza u1 × u2 = −(u2 × u1).

Page 32: Robbiano Corso Appunti Finali

24 3 Cenni di geometria analitica

3.2 Circonferenza, coordinate polari e numeri complessi

Tutto quanto visto finora appartiene al mondo dell’algebra lineare e anchegli oggetti geometrici appena studiati sono lineari. Ma naturalmente esistonooggetti matematici non lineari di fondamentale importanza, come ad esempioi polinomi univariati di grado maggiore di uno, di cui abbiamo parlato nellasottosezione 1.3. Ed esistono anche polinomi multivariati. Tutti conoscia-mo l’equazione della circonferenza C, luogo dei punti di coordinate (x, y) chedistano 1 dall’origine (0, 0). Si tratta di x2 + y2 − 1 = 0, che si ottiene ugua-gliando a zero il polinomio bivariato x2 +y2−1 . Come fatto in precedenzaper rette e piani, anche ora diremo che x2 +y2−1 = 0 e una rappresentazioneimplicita o cartesiana della circonferenza C. Si puo anche in questo caso trova-re una rappresentazione parametrica? Si puo, ma a patto di uscire dal mondodei polinomi. Una soluzione si trova con questo ragionamento; se due numerireali hanno la proprieta che la somma dei loro quadrati e 1, allora essi sonoil coseno e il seno di un angolo. Otteniamo quindi una rappresentazioneparametrica della circonferenza C nel seguente modo.{

x = cos(ϑ)y = sin(ϑ)

ϑ ∈ R (∗)

Ora resta la questione: perche abbiamo affermato che dovevamo uscire dalmondo dei polinomi? Siamo sicuri che le funzioni cos e sin non siano poli-nomiali? Se consideriamo la funzione y = cos(x) osserviamo che essa non ecostante e vale y = 1 per ϑ = 2kπ, k ∈ Z, ossia cos(x) assume il valore 1 perinfiniti valori di x. E questo fatto non accade per nessun polinomio diverso daun polinomio costante. Vediamo insieme il perche.

Faremo un tipico ragionamento per assurdo. Supponiamo che un polinomio p(x)

non costante assuma il valore a per infiniti valori di x. E come dire che il polinomio

p(x)− a ha infinite radici. D’altra parte, se p(x) non e costante, allora p(x)− a non

e nullo. Ma puo un polinomio non nullo avere infinite radici?

Non siamo riusciti a parametrizzare la circonferenza con polinomi, maforse possiamo avvicinarci. Consideriamo la seguente figura e mettiamoci in“modalita matematica”.

-

6

(-1,0)

y

x

y − t(x + 1) = 0r rP��

����

&%'$

Ogni retta che passa per (−1, 0), esclusa quella verticale, ha rappresenta-zione cartesiana y− t(x+1) = 0, dove t rappresenta la pendenza della rettastessa e quindi puo assumere qualunque valore reale.

Page 33: Robbiano Corso Appunti Finali

3.2 Circonferenza, coordinate polari e numeri complessi 25

Per trovare l’intersezione con la circonferenza dobbiamo risolvere il sistema{x2 + y2 − 1 = 0y − t(x + 1) = 0

Sostituendo y = t(x+1) nella prima equazione si ha x2 + t2(x+1)2−1 = 0,ossia (1+ t2)x2 +2t2x+ t2−1 = 0 Si vede che correttamente −1 e soluzionee quindi il primo membro e divisibile per x + 1. Si ottiene

(x + 1)((1 + t2)x + t2 − 1

)= 0

Quindi i due punti di intersezione della retta con la circonferenza sono

(−1, 0) e un punto P la cui x-coordinata e 1−t2

1+t2. La y-coordinata si ricava

dall’equazione y − t(x + 1) = 0 e si ottiene 2t1+t2

. Possiamo concludere che,escuso il punto (−1, 0), la circonferenza ha rappresentazione parametrica{

x= 1−t2

1+t2

y= 2t

1+t2

t ∈ R (∗∗)

che e data da frazioni di polinomi.

Perche potrebbe essere utile avere la rappresentazione (∗∗) invece che la rap-presentazione trigonometrica (∗)? Ai curiosi forniamo una motivazione inte-ressante. Il lettore dovrebbe sapere che i numeri 3, 4, 5 costituiscono quellache viene chiamata una terna pitagorica (se non lo sapeva, ora lo sa), ossiauna terna di numeri interi (a, b, c) per cui a2 + b2 = c2 o equivalentemente(ac )2 + ( bc )

2 = 1; e infatti 32 + 42 = 52, equivalentemente ( 35 )2 + (4

5 )2 = 1. Senella formula (∗∗) al posto di t mettiamo una frazione r

s con r, s ∈ Z, ottenia-mo un punto della circonferenza con coordinate razionali. Possiamo dunqueprendere (a

c,b

c

)=(1− ( rs )2

1 + ( rs )2,

2 rs

1 + ( rs )2

)=(s2 − r2s2 + r2

,2rs

s2 + r2

)Abbiamo cosı a disposizione una ricetta per costruire terne pitagoriche, bastaassegnare numeri interi ai due parametri r, s nella terna

(s2 − r2, 2rs, s2 + r2)

Ora che lo abbiamo dimostrato, diventa banale verificare che

(s2 − r2)2 + (2rs)2 = (s2 + r2)2

Vediamo qualche esempio.Per s = 2, r = 1 otteniamo (3, 4, 5) e si ha 32 + 42 = 25 = 52.per s = 3, r = 2 otteniamo (5, 12, 13) e si ha 52 + 122 = 169 = 132.per s = 4, r = 1 otteniamo (15, 8, 17) e si ha 152 + 82 = 289 = 172.

Se avete capito questo ragionamento e buon segno, ma se vi e anchepiaciuto state attenti, potreste avere contratto la malattia matematica.

Page 34: Robbiano Corso Appunti Finali

26 3 Cenni di geometria analitica

Torniamo alla rappresentazione (∗) della circonferenza di raggio 1 mediantele funzioni trigonometriche sin e cos. E se il raggio e r ≥ 0? Evidentementeuna rappresentazione parametrica analoga e{

x = r cos(ϑ)y = r sin(ϑ)

ϑ ∈ R, r ∈ R≥0 (1)

Se riflettiamo un momento sul significato di questa parametrizzazione e sulconcetto di sistema di coordinate, ci rendiamo conto di alcune cose. Innan-zitutto e chiaro che le circonferenze descritte dalla formula (1) per r > 0coprono tutto il piano tranne l’origine delle coordinate e che all’origine dellecoordinate provvede il caso r = 0, ossia la circonferenza di raggio 0 che e ri-dotta ad un singolo punto. Usando ora tale formula, ci chiediamo se e possibileindividuare i punti del piano. La risposta e si e vediamo perche. Come detto,l’origine si ottiene per r = 0, e qualsiasi ϑ. Ogni altro punto sta su una solacirconferenza centrata nell’origine e dunque individua un ben preciso valoredi r. Per quanto riguarda ϑ invece dobbiamo fare attenzione. Se ad esempio ilpunto ha coordinate cartesiane (0, 1), si ha r = 1 e ϑ = π

2 . Ma, attenzione, siha anche ϑ = π

2 +2π e anche ϑ = π2 +2kπ con k ∈ Z. Ci troviamo di fronte ad

una sovrabbondanza di valori ϑ per ogni punto del piano. Qualsiasi valore vabene per l’origine, e ce ne sono infiniti che vanno bene per ogni altro punto.In ogni modo quello descritto e un modo diverso per rappresentare i punti delpiano.

Possiamo affermare che ognipunto P del piano si puo rappresen-tare con una coppia (r, ϑ), dove r eil raggio della circonferenza di cen-tro l’origine e raggio uguale alla di-stanza tra l’origine e P , mentre ϑe l’angolo che il segmento OP for-ma con l’asse x. Come detto, faccia-mo attenzione al fatto che tale an-golo non e univocamente deter-minato. I numeri r, ϑ cosı descrit-ti si chiamano coordinate pola-ri. Ribadiamo il fatto che, mentre ilraggio e univocamente determinato,l’angolo non lo e.

Le coordinate polari sono uno strumento fondamentale per la rappresenta-zione dei numeri complessi. Ricordiamo che ogni numero complesso si puoscrivere nella forma a+ ib dove a, b ∈ R, i2 = −1 (vedi Sezione 1.2). Se impo-niamo al piano un sistema di coordinate ortogonale e monometrico, il numerocomplesso z = a+ ib si puo rappresentare con il punto le cui coordinate sono(a, b). Il piano cosı attrezzato per rappresentare i numeri complessi si chiamapiano di Argand-Gauss. Si chiama cosı in onore dei due matematici che lodescrissero all’inizio del diciannovesimo secolo. Si tratta di uno di quelli strani

Page 35: Robbiano Corso Appunti Finali

3.2 Circonferenza, coordinate polari e numeri complessi 27

giochi del destino per cui il vero scopritore, il matematico norvegese CasparWessel che lo descrisse nel 1799, e stato dimenticato.

Im

Re...................... ................

......................

................

�����•

ϑ

ib z = a+ ib

a

r r sin(ϑ)

r cos(ϑ)

.......

........

Per motivi evidenti,l’asse x si chiama assereale, mentre l’asse y,quello su cui sono rap-presentati i numeri deltipo ib, si chiama asseimmaginario. Ma, co-me abbiamo visto pri-ma, il numero complessopuo anche essere rappre-sentato mediante coordi-nate polari. Dalla figuraaccanto si deduce la seguente uguaglianza

z = a+ ib = r(cos(ϑ) + i sin(ϑ))

Il raggio r si chiama modulo di z e l’angolo ϑ si chiama argomento di z.Alcuni calcoli elementari (e l’uso di qualche formula di trigonometria) fannocapire l’importanza della rappresentazione trigonometrica o polare deinumeri complessi. Infatti se z1, z2 sono due numeri complessi e si hanno leuguaglianze z1 = r1((cos(ϑ1) + i sin(ϑ1)) e z2 = r2((cos(ϑ2) + i sin(ϑ2)) allora

z1z2 = r1r2(cos(ϑ1 + ϑ2) + i sin(ϑ1 + ϑ2) (2)

ossia i moduli si moltiplicano e gli argomenti si sommano.

Se ad esempio moltiplichiamo due numeri complessi di modulo 1, ossia i cui punti

che li rappresentano sul piano di Argand-Gauss sono sulla circonferenza di centro

l’origine e raggio 1, la formula (2) ci permette di dare una descrizione geometrica

del prodotto con l’utilizzo del concetto di rotazione. Il lettore sa dire perche?

L’uso della rappresentazione trigonometrica si rivela fondamentale adesempio per risolvere, almeno in alcuni casi, un problema citato nella Se-zione 1.3. Quale e il problema? Il Teorema 1.3.3 ci dice che ogni polinomio acoefficienti complessi si fattorizza in fattori di primo grado corrispondenti alleradici. Ma non ci dice come trovare le radici! Ebbene, usando la rappresenta-zione trigonometrica dei numeri complessi, si riescono ad esempio a trovare leradici dei polinomi del tipo xn − z, con z ∈ C, ossia le radici n-ime di z. Siprocede cosı.

Se z = 0 non ci sono problemi. Se z 6= 0, si scrive z = r(cos(ϑ) + i sin(ϑ))e si osserva che il modulo delle radici n-esime deve essere la radice n-ima delnumero reale positivo r. Piu delicato e il discorso che riguarda l’argomento,Verrebbe subito da dire che l’argomento di una radice n-ima di z e ϑ

n . Questoe giusto visto che sommando n volte tali angoli si ottiene proprio ϑ. Ma, e

Page 36: Robbiano Corso Appunti Finali

28 3 Cenni di geometria analitica

qui sta la bellezza e l’importanza della rappresentazione trigonometrica, sonoargomento di z e anche tutti gli angoli ϑ+ 2kπ, quindi sono argomento delleradici tutti gli angoli ϑ+2kπ

n . Se k = 0, 1, . . . , n − 1, questi angoli sono tuttidiversi tra di loro e quindi determinano le n radici n-ime del numero z. Giocodi prestigio? No, potenza della rappresentazione trigonometrica.

Il lettore provi a determinare le radici cubiche di 1, ossia tutte le readici complesse

di x3 − 1. Quante sono reali? Come si rappresentano graficamente nel piano di

Argand-Gauss? E che cosa si puo dire delle radici di xn − 1?

Page 37: Robbiano Corso Appunti Finali

4

Funzioni e grafici

a volte e utile mettere in funzione il cervello

(Frank & Stein)

Ogni giorno la televisione, i giornali, internet ci mettono di fronte a gra-fici. Si puo trattare dell’andamento del valore di una azione, della posizionein classifica di una squadra negli ultimi campionati, della temperatura mediaestiva di una localita negli ultimi cento anni e cosı via. Questi grafici solita-mente mostrano la relazione che intercorre tra due variabili, una indipendentee una dipendente. Negli esempi precedenti la variabile indipendente e il tempo,quella dipendente il valore dell’azione, la posizione in classifica, la tempera-tura. La variabile dipendente e funzione di quella indipendente. L’uso di unsistema di coordinate cartesiane ortogonale ci permette, mediante il grafico,di visualizzare la funzione stessa.

Ci sono svariati tipi di grafici ed e facile trovarne quanti se ne vuole. Quidi seguito mostriamo alcuni esempi, che vanno dal tracciato del grafico difunzioni polinomiali, alle curve di livello, ai grafici delle meridiane (con versipalindromici...).

Page 38: Robbiano Corso Appunti Finali

30 4 Funzioni e grafici

4.1 Esempi e loro macro-caratteristiche

Il primo esempio di grafico che analizziamo ha un forte valore storico.

Figura 4.1. Boyle

Nell’introduzione abbiamo ac-cennato alla famosa leggedi Boyle-Mariotte. Di fiancosi vedono riprodotti i valoriche Boyle misuro sperimen-talmente. La cosa che colpi-sce di piu, guardando que-sto grafico, e quanto i da-ti sperimentali siano vicinial ramo di iperbole traccia-to in verde. Questa osserva-zione porto Boyle a definirela legge per il gas ideale. Idati del gas ideale sarebberostati esattamente sul ramo di

iperbole.

Page 39: Robbiano Corso Appunti Finali

4.1 Esempi e loro macro-caratteristiche 31

La prima domanda che viene spontanea quando si osserva un grafico do-vrebbe essere la seguente. Quali caratteristiche della funzione, il cui graficoabbiamo in osservazione, appaiono evidenti? Facciamo qualche esperimento.

Figura 4.2. Esponenziale

La funzione il cui grafico etracciato qui accanto assu-me solo valori positivi. Sem-bra assumere valori comun-que grandi quando x diven-ta grande e sempre piu vi-cini a zero quando x e mol-to piccolo per cui l’asse x equello che si chiama un asin-toto. La tracciatura e con-tinua. I valori assunti so-no crescenti. Presenta unaconcavita verso l’alto.

Figura 4.3. Logaritmo

La funzione il cui gra-fico e tracciato qui ac-canto e definita solo perx positivo. Sembra as-sumere valori comun-que grandi quando xdiventa grande e co-munque piccoli quan-do x si avvicina a ze-ro per cui l’asse y e unasintoto. La tracciatu-ra e continua. I valoriassunti sono crescenti.Presenta una concavitaverso il basso.

Figura 4.4. Flesso

La funzione il cui grafico e trac-ciato qui accanto e definita perogni valore di x. Assume valoripositivi. Si avvicina sempre piua zero quando x diventa picco-lo e ad uno quando x diventagrande, per cui l’asse x e la ret-ta y = 1 sono asintoti. Presentauna concavita verso l’alto nel-la zona a sinistra e una verso ilbasso in quella a destra dell’assey. Il passaggio da una all’altraavviene nel punto (0, 12 ).

Page 40: Robbiano Corso Appunti Finali

32 4 Funzioni e grafici

La funzione il cui grafico e tracciato qui sotto e definita solo per x che variatra a e b. Assume valori (non tutti) compresi tra y5 e y3. Vediamo una forma ascalini, ossia la vediamo assumere valori costanti in certi tratti. La tracciaturanon e continua, nel senso che ci sono degli sbalzi nei valori. Non si vedonoconcavita di nessun tipo.

Figura 4.5. Costante a tratti

Figura 4.6. Simmetrie, massimi e minimi

La funzione il cuigrafico e traccia-to qui accanto edefinita per ognivalore di x. As-sume valori siapositivi che ne-gativi. E simme-trica rispetto al-l’asse y. Sembraassumere valoricomunque gran-di quando x di-venta grande equando x diven-ta piccolo. Ci so-

no dei minimi e massimi locali. I due minimi locali sembrano essere minimiassoluti.

Il nostro compito ora sara quello di tradurre in linguaggio matematicoqueste osservazioni di carattere empirico. Ma prima dobbiamo familiarizzarecon alcune funzioni fondamentali.

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4.2 Funzioni polinomiali e razionali 33

4.2 Funzioni polinomiali e razionali

Nella sottosezione 1.3 abbiamo visto alcune caratteristiche dei polinomi, orane esploreremo una nuova. Se consideriamo un quadrato di lato x, sappiamoche la sua area e x2, se consideriamo un cubo di lato x, sappiamo che il suovolume e x3. Se il lato del quadrato e 7 metri, l’area e 49 metri quadrati. Seil lato del quadrato e 12 metri, l’area e 144 metri quadrati. E possiamo fareun discorso analogo per il volume. Se indichiamo con y l’area del quadratoabbiamo la formula y = x2 ed ecco che il polinomio x2 rivela il suo aspettofunzionale: per ogni valore di x possiamo determinare il valore di x2 ossiadi y. Il grafico e quello di una parabola e si osservi che x2 ha senso anche pervalori negativi di x. Infatti (−3)2 = 9, anche se non ha senso considerare unquadrato di lato −3.

In generale ha senso associare ad ogni polinomio p(x) una funzione, pre-cisamente la funzione y = p(x) e in tal caso e corretto chiamare x variabile.Osserviamo anche che ogni funzione polinomiale e definita per ognivalore di x.

Se i coefficienti del polinomio sono reali, i valori assunti sono anche reali. Perche?

Con la stessa argomentazione si vede che se un polinomio p(x) ha coefficienti interi,

allora assume valori interi per ogni valore intero di x. Ma non e vero il viceversa,

come mostra il polinomio p(x) = 12x(x− 1). Capite il motivo?

Esempio 4.1. (creature mostruose)Vediamo una curiosa applicazione del concetto di ordine di grandezza, in par-ticolare del fatto che x3 ha ordine di grandezza superiore a x2. La domandae: puo esistere un uomo alto 9 metri? La domanda e un poco scherzosa e larisposta sara un poco approssimativa, ma... proviamo a fare il seguente ra-gionamento. Se un uomo fosse alto 9 metri, ossia diciamo 5 volte un uomonormale, il suo volume sarebbe 53 = 125 volte quello di un uomo normale equindi anche il suo peso lo sarebbe. Peserebbe quindi circa 125 × 70 = 8750chili. Ma la sezione dei suoi piedi sarebbe 52 = 25 volte quella di un uomonormale. Su quei piedi graverebbe quindi un peso 5 volte superiore a quelloche grava sui piedi di un uomo normale. Sarebbe come caricare un uomo di70 chili con 350 chili in piu; i suoi piedi e tutta la struttura ossea non regge-rebbero. La conclusione e che un uomo alto 9 metri puo esistere solo nei libridi fantascienza, nelle favole, oppure in qualche laboratorio segreto, dove perodevono riprogettare tutta la sua struttura.

E se invece di un polinomio prendiamo un quoziente di due polinomi? Ot-teniamo quella che viene chiamata funzione razionale. Ma e ancora definitaper ogni x ∈ R?

Ricorderete il fatto che non si deve confondere il concetto di frazione diinteri con quello di numero razionale. Allo stesso modo non si devono confon-dere le frazioni di polinomi con le loro classi di equivalenza, dette funzioni

Page 42: Robbiano Corso Appunti Finali

34 4 Funzioni e grafici

razionali. Intendo dire che ad esempio 1x e x−1

x2−x rappresentano la stessa fun-zione razionale. Si chiamano funzioni razionali, anche se purtroppo il nomenon e appropriato, dato che, come vedremo nel prossimo capitolo, per consi-derarle come funzioni bisogna usare molta cautela. Ad esempio e chiaro che1x non e definita per x = 0.

4.2.1 Scomposizione di funzioni razionali

Vediamo un esempio. Consideriamo la funzione razionale rappresentata dallafrazione f(x) = 2x−1

x4−2x3+2x2−2x+1 . Osserviamo che il denominatore ha radice

1 e quindi, per il Teorema 1.3.1 si puo dividere per x−1; si ottiene x4−2x3 +2x2− 2x+ 1 = (x− 1)(x3−x2 +x− 1). Anche x3−x2 +x− 1 e divisibile perx− 1 e si ottiene cosı

x4 − 2x3 + 2x2 − 2x+ 1 = (x− 1)2(x2 + 1)

Sappiamo che x2 + 1 non e scomponibile in fattori lineari a coefficienti reali,dato che le sue radici sono i,−i, quindi la scomposizione ottenuta e la miglio-re possibile, in accordo con il Teorema 1.3.4. La prima conclusione e che lafunzione e definita per x 6= 1, fatto che di solito viene descritto dicendo che ilcampo di definizione di f(x) e x 6= 1.

Il passo successivo e quello di usare tale scomposizione del denominatoreper scrivere la frazione f(x) come somma di frazioni piu semplici. Proviamoa vedere se si puo scrivere

2x− 1

x4 − 2x3 + 2x2 − 2x+ 1=

a1x− 1

+a2

(x− 1)2+a3x+ a4x2 + 1

Con opportuni numeri reali a1, a2, a3, a4. Vi chiederete da dove venga unasiffatta idea. Vediamo di risolvere il problema e poi sara piu facile capire.Il secondo membro dell’uguaglianza si puo scrivere come una frazione il cuidenominatore e lo stesso di f(x) e il numeratore e

a1(x− 1)(x2 + 1) + a2(x2 + 1) + (a3x+ a4)(x− 1)2

Sviluppando si ottiene

(a1 + a3)x3 + (−a1 + a2 − 2a3 + a4)x2 + (a1 + a3 − 2a4)x + (−a1 + a2 + a4)

Affinche tale polinomio coincida con il numeratore di f(x), ossia con 2x−1, de-vono essere verificate le uguaglianze a1+a3 = 0, −a1 + a2 − 2a3 + a4 = 0,a1 + a3 − 2a4 = 2, −a1 + a2 + a4 = −1. La matematica non finisce di stupi-re: si tratta dunque di risolvere un sistema lineare di quattro equazioni nellequattro incognite a1, a2, a3, a4. Il sistema ha una e una sola soluzione che e

a1 =1

2, a2 =

1

2, a3 = −1

2, a4 = −1

Page 43: Robbiano Corso Appunti Finali

4.3 Altre funzioni elementari 35

Quindi si ha

2x− 1

x4 − 2x3 + 2x2 − 2x+ 1=

12

x− 1+

12

(x− 1)2+− 1

2x− 1

x2 + 1

In generale abbiamo visto (Teorema 1.3.4) che ogni polinomio a coefficientireali si fattorizza in fattori lineari, che corrispondono alle radici reali, e fattoriquadratici, che corrispondono a coppie di radici complesse coniugate non reali.E la formula generale prevede che una frazione di polinomi a coefficienti realisi puo scrivere come somma di frazioni piu semplici nel seguente modo.

Per ogni radice multipla reale α di molteplicita m si addizionano m frazioniil cui numeratore e una costante e i denominatori sono i polinomi (x− α)r

con 1 ≤ r ≤ m.Per ogni radice multipla complessa non reale z di molteplicita µ si addi-

zionano µ frazioni il cui numeratore e un polinomio di primo grado e idenominatori sono

((x− z)(x− z)

)rcon 1 ≤ r ≤ µ.

4.3 Altre funzioni elementari

Vedi [CRR-10] Capitolo 6, pp. 93–113, dove sono trattate le funzionipotenza, le funzioni esponenziali, le funzioni logaritmiche, le funzioni poli-nomiali (che in parte abbiamo gia visto), le funzioni trigonometriche. Al-cune osservazioni sulle funzioni logaritmiche verranno fatte alla fine dellaSezione 4.4.

4.3.1 Osservazioni sulle funzioni potenza

Una funzione potenza e una funzione del tipo f(x) = xa dove a ∈ R. Ma

dobbiamo fare attenzione. Ricordiamo ad esempio che (−1)12 significa radice

quadrata di −1. Siccome le uniche radici quadrate di −1 sono le soluzionidell’equazione x2 + 1 = 0, sappiamo che esse sono i,−i, che non sono numerireali. Invece ad esempio (−1)3 ha senso.

In generale il concetto di radice aritmetica si basa sulle seguenti consi-derazioni. Se a ∈ R e n e un numero naturale non nullo, una radice n-ima dia e necessariamente una soluzione dell’equazione xn− a = 0. Ma quante sonotali soluzioni? Sappiamo che esse sono esattamente n nel campo complesso,ma quante sono reali? Se a = 0 c’e solo la soluzione x = 0, quindi si concludeche n√

0 = 0. Se n e dispari ce n’e una sola reale e dunque non ci sono ambi-guita a definire la radice n-ima di a. Ma se n e pari e a < 0 allora non ce nesono reali, mentre se a > 0 allora ce ne sono due, una positiva e una negativa.

Page 44: Robbiano Corso Appunti Finali

36 4 Funzioni e grafici

Col nome di radice aritmetica in questo caso si considera quella positiva. Adesempio 3

√−27 = −3, 4

√−9 non esiste, 4

√16 = 2.

C’e una casistica di campi di definizione delle funzioni potenza descrittaper esteso a pagina 95 di [CRR-10].

Quali di queste espressioni sono corrette?

•√

4 = 2.• 4

12 = 2.

• 412 = −2.

• Soluzioni di x2 − 4 = 0 sono 2,−2.• Il grafico della funzione f(x) = x2− 4 interseca l’asse x nei punti (2, 0), (−2, 0).• Il grafico della funzione f(x) = x2 − 4 interseca l’asse x solo nel punto (2, 0).

• Il campo di definizione di f)x) = x12 e R≥0.

• Il campo di definizione di f)x) = x13 e R.

4.3.2 Osservazioni sulle funzioni esponenziali

Una funzione esponenziale e una funzione del tipo f(x) = ax dove a ∈ R.La prima considerazione e che per tutte le funzioni esponenziali vale l’ugua-glianza f(0) = 1 dato che convenzionalmente si pone a0 = 1. Il motivo dellaconvenzione sta nel volere rispettare la regola per cui a

r

as = ar−s; naturalmen-

te si ha 1 = ar

ar e quindi per rispettare la regola si pone 1 = a0. Osserviamoinoltre che tutte le funzioni esponenziali assumono solo valori positivi e oravediamo perche esse si considerano definite solo se a > 0. In ogni intervalloreale per quanto piccolo ci sono numeri razionali del tipo r

s con s pari e r

dispari. Se a < 0, anche ar < 0 e quindi, dato che ars = s

√ar, l’equazione

xs − ar = 0 non ha soluzioni reali.Consideriamo il caso a = 1

2 , ossia la funzione f(x) = 12x . Per x = 0 si

ha f(0) = 1, per x = 1 si ha f(1) = 12 , per x = 2 si ha f(2) = 1

4 . Si incominciaa capire che la funzione ha un andamento decrescente e che, pur rimanendosempre positivi, i suoi valori tendono a diventare sempre piu piccoli al cresceredi x.

Consideriamo il caso a = 2, ossia la funzione f(x) = 2x. Per x = 0 si haf(0) = 1, per x = 1 si ha f(1) = 2, per x = 2 si ha f(2) = 4. Si incomincia acapire che la funzione ha un andamento crescente e che i suoi valori tendonoa diventare sempre piu grandi al crescere di x.

Piu precisamente si ha che la funzione ax e decrescente se 0 < a < 1ed e crescente se a > 1.

Page 45: Robbiano Corso Appunti Finali

4.3 Altre funzioni elementari 37

4.3.3 Crescita malthusiana

prediction is very difficult,especially about the future

(Niels Bohr, premio Nobel per la fisica)

Figura 4.7. Thomas R. Malthus

Sir Thomas Robert Malthus pubblico nel1798 “An essay of the principle of the po-pulation as it affects the future improvementof society” dove enuncio alcune leggi mate-matiche che, a suo modo di vedere, regolanol’evoluzione delle popolazioni. Come di solitoavviene per tutti i modelli matematici, le sueassunzioni erano molto semplificative, ma inogni caso il modello si rivelo utile a capirecerti fenomeni reali, come l’espandersi di unacomunita umana in una nuova colonia. Percomprendere il perche studiamo un poco ilmodello. Si tratta di una formula di ricorren-za che prevede la numerosita N(t+ 1) dellapopolazione al tempo t+1 uguale a quella altempo t moltiplicata con un fattore corretti-vo r = 1 + n−m, dove n ed m sono numero compresi tra 0 e 1; il numero n(m) rappresenta il rapporto tra il numero dei nati (morti) nell’unita di tempoe la numerosita della popolazione. Una forte semplificazione del mondo realesta nell’assunzione che n ed m siano invarianti rispetto alla numerosita del-la popolazione e non cambino col passare del tempo. Quindi se partiamo altempo t0 si ha N(t0 + 1) = N(t0) · r, N(t0 + 2) = N(t1) · r = N(t0) · r2, e cosıvia. La formula esplicita e dunque

N(t0 + x) = N(t0) · rx

Si tratta dunque di una funzione esponenziale. Quindi se r = 1, la popolazionee in equilibrio, se r < 1 tende a sparire, se r > 1 tende ad occupare tutto ilpianeta... La formula, pur nella sua semplicita, ebbe grande influenza sul mododi prevedere, forse per la paura inculcata dalle conclusioni catastrofiche a cuigiunse Malthus.

4.3.4 Osservazioni sulle funzioni trigonometriche e periodiche

Ricordiamo che un radiante e per definizione la misura di un angolo chesottende un arco lungo quanto il raggio. La misura in radianti di un angoloe dunque il rapporto tra le lunghezze dell’arco sotteso e del raggio. Di conse-guenza si ha ad esempio che l’angolo giro, ossia quello che in gradi misura 360◦,in radianti misura 2π.

Page 46: Robbiano Corso Appunti Finali

38 4 Funzioni e grafici

Il lettore descriva la formula che lega la misura in gradi a quella in radianti.

Per quale ragione la misura in radianti e preferibile a quella in gradi?

Ricordiamo che ad ogni angolo α si associano alcuni numeri notevoli, inparticolare i numeri cos(α), sin(α), tan(α). I legami fondamentali tra questi

numeri sono dati dalle uguaglianze cos(α)2 + sin(α)2 = 1, tan(α) = sin(α)cos(α) .

Le funzioni trigonometriche associate sono periodiche. Infatti si hasin(x+2π) = sin(x), cos(x+2π) = cos(x), tan(x+2π) = tan(x). Ma mentre 2πe il piu piccolo numero positivo per cui valgono le prime due uguaglianze, π eil piu piccolo per cui vale la terza.

Problema: Se f(x), g(x) hanno periodo c che cosa si puo dire di f(x)g(x)

?

Problema: se f(x) e periodica di periodo 6 e g(x) e periodica di periodo 9, la funzione

(f + g)(x) e periodica di che periodo?

Problema: quale e il periodo della funzione f(x) = sin(3x)?

4.4 Operazioni tra funzioni

dıvide et ımpera

(antico detto romano)

(Vedi anche [CRR-10], pp. 83–91).

Una delle tecniche piu usate in matematica, e non solo, e quella di spezza-re problemi complessi in sotto-problemi piu semplici. Puo essere interpretatacome una manifestazione del riduzionismo di cui abbiamo parlato nell’intro-duzione; in ogni caso e una tecnica molto utile. Un importante esempio equello che nasce dal fatto, detto in modo informale, che date delle funzionise ne possono costruire altre. Di conseguenza, se scopriamo che una funzionecomplicata e “costruita” con funzioni semplici, possiamo spesso (non sem-pre) studiarla molto piu facilmente. Ma che cosa vuol dire costruire funzionia partire da altre? In “matematichese” si dice che, date due funzioni, se nepuo ottenere una terza mediante una operazione elementare. Incominciamoad osservare che le funzioni si possono sommare e moltiplicare per unacostante. Di conseguenza, se consideriamo le funzioni potenza f(x) = xn alvariare di n ∈ N, utilizzando la possibilita di sommarle e di moltiplicarle peruna costante, si ottengono tutte le funzioni polinomiali. Ad esempio, apartire dalle funzioni potenza x2 e x4 si puo costruire mediante le suddetteoperazioni la funzione f(x) = 2x4 − 2

7x2.

Inoltre le funzioni si possono anche moltiplicare tra di loro, per cui adesempio con la funzione x si ottengono tutte le funzioni potenza xn. E metten-do insieme i due fatti precedenti si vede che tutte le funzioni polinomialisi possono costruire a partire dalla sola funzione f(x) = x.

I matematici dicono che i polinomi univariati a coefficienti reali formanouna R-algebra, la denotano con R[x] e la chiamano algebra dei polinomi

Page 47: Robbiano Corso Appunti Finali

4.4 Operazioni tra funzioni 39

univariati a coefficienti reali. Come al solito non stupiamoci troppo dellinguaggio tecnico, il concetto e spiegato dal ragionamento precedente.

Un poco piu delicata e la questione della composizione di funzioni.Ad esempio f(x) = (sin(x))2 si puo pensare composta da f1(x) = x2 ef2(x) = sin(x) nel senso che se al posto x in f1(x) mettiamo f2(x) otteniamoproprio f(x). Anche la funzione g(x) = sin(x2) si puo pensare composta dalledue funzioni f1(x) e f2(x), ma in ordine scambiato, nel senso che se al postodi x nella funzione f2(x) mettiamo f1(x) otteniamo g(x). I matematici scri-vono f = f1 ◦ f2, g = f2 ◦ f1. L’esempio precedente ci mostra chiaramenteil fatto che f1 ◦ f2 6= f2 ◦ f1 il che viene descritto dicendo che l’operazio-ne ◦, che viene denominata prodotto per composizione o semplicementecomposizione, non e commutativa.

4.4.1 Funzioni inverse

A questo punto dovrebbe sorgere naturale la domanda: si possono invertire lefunzioni? Qui bisogna fare molta attenzione, dato che gia la domanda stessanon e precisa. Infatti quando si parla di inverso ci si riferisce ad una opera-zione di prodotto, come ad esempio quando si dice che 1

2 e inverso di 2 datoche 1

2 · 2 = 1. Chi e dunque l’inversa di f(x) = ax?Se consideriamo il prodotto di funzioni, deve trattarsi di una funzione

che moltiplicata per ax da come risultato la funzione costante 1. L’inversa edunque 1

ax che si puo anche scrivere a−x. L’inversa di f(x) = x2 e dunque 1x2 .

Attenzione al fatto che mentre x2 ha come campo di definizione tutto R, lasua inversa e definita per x 6= 0.

D’altra parte la funzione neutra rispetto al prodotto ◦ e f(x) = x, infattievidentemente x ◦ f(x) = f(x) = f(x) ◦ x.

Ci sono varie limitazioni alla composizione di due funzioni. Ad esempio,date le funzioni f1(x) = sin(x) e f2(x) = 1

x , la funzione f1 ◦ f2 = sin( 1x ) e

definita per x 6= 0, mentre la funzione f2 ◦ f1 = 1sin(x) ha come campo di

definizione l’insieme dei numeri reali esclusi i multipli interi di π.

Esempi fondamentali di funzioni inverse rispetto al prodotto ◦ sono le fun-zioni logaritmiche (vedi [CRR-10], pag. 98–102) e le funzioni trigonometricheinverse (vedi [CRR-10], pag. 109–110).

Page 48: Robbiano Corso Appunti Finali

40 4 Funzioni e grafici

4.4.2 Osservazioni sulle funzioni logaritmiche

Che numeri si ottengono quando si considera una funzione esponenziale ax cona ∈ R? Come abbiamo visto nella Sottosezione 4.3.2, le funzioni esponenzialisono definite se a > 0 e assumono solo valori positivi. Inoltre abbiamo anchenotato che, escluso il caso a = 1, sono o crescenti o decrescenti ed assumonotutti i valori positivi. La conseguenza e che se a e un numero reale positivodiverso da 1, allora la disuguaglianza x1 6= x2 implica ax1 6= ax2 .

La successiva implicazione eche se prendiamo un numero po-sitivo b e ben definito l’esponenteche dobbiamo dare ad a per ot-tenere b. Tale esponente si chia-ma logaritmo di b in basea e si denota con loga(b). Adesempio si hanno le uguaglianzelog2(32) = 5, log3( 1

81 ) = −4.La conseguenza di queste

considerazioni e che la funzionef(x) = loga(x) e inversa dellafunzione g(x) = ax rispetto al-la operazione ◦ di composizione.Infatti si ha

aloga(x) = x = loga(ax)

La proprieta fondamentale dei logaritmi e la seguente

loga(xy) = loga(x) + loga(y) (1)

Vediamo il ragionamento che porta a questa fondamentale conclusione, ossiavediamo la dimostrazione della suddetta formula.

Se ` = loga(xy), `1 = loga(x), `2 = loga(y) si ha a` = xy, a`1 = x, a`2 = ye dunque a`1a`2 = a`1+`2 = xy. Paragonando a` = xy con a`1+`2 = xy siottiene ` = `1 + `2 che e esattamente quello che si vuole provare.

La suddetta formula (1) implica queste altre formule

loga(xn) = n · loga(x) (2)

loga(x

y) = loga(x)− loga(y) (3)

loga( n√x =

1

nloga(x) (4)

Conseguenza di (2) e che il numero di cifre decimali in cui si scrive un numeronaturale N e il piu piccolo numero naturale maggiore di log10(N).

Page 49: Robbiano Corso Appunti Finali

4.4 Operazioni tra funzioni 41

Come si spiega l’affermazione precedente?

Quante sono le cifre con cui si scrive in base 2 un numero naturale N?

Un’altra formula importante e quella che descrive il cambio di base.

loga(x) = loga(b) logb(x) (5)

Il lettore provi a dimostrare la formula (5) seguendo questo ragionamento. Siano

` = loga(x), `1 = loga(b), `2 = logb(x). Allora a`1 = b, b`2 = x e quindi (a`1)`2 = x.

Ma anche a` = x, di conseguenza...

Il lettore deduca la formula loga(b) · logb(a) = 1.

I logaritmi furono introdotti da Nepero all’inizio del diciasettesimo secoloe poi studiati e popolarizzati da Eulero nel secolo diciottesimo.

Nepero (1550 –1617) Eulero (1707 –1783)

L’uso dei logaritmi e molteplice. Un notevole esempio e legato ai grafici dellefunzioni, molti dei quali non sarebbero tracciabili senza l’aiuto dei logaritmi.

f(x) = 10x, f(x) = x, f(x) = log10(x)

I due grafici precedenti danno la corretta idea di come la scala logaritmicasull’asse y abbassi notevolmente i grafici.

Un esempio eclatante di tale applicazione e il grafico riportato qui a fianco.Esso descrive in scala logaritmica la catastrofica perdita di valore del marcotedesco durante il periodo della Repubblica di Weimar in Germania.

Page 50: Robbiano Corso Appunti Finali

42 4 Funzioni e grafici

Nel 1922 la bancono-ta piu importante valeva50,000 marchi. Nel 1923, labanconota piu importantevaleva 100,000,000,000,000marchi.

Per dare una idea di checosa significhino questi nu-meri, basti dire che nel 1923i prezzi raddoppiavano circaogni due giorni. Si noti comeriuscire a tracciare un grafi-co in cui sull’asse y stannovalori da 1 a 1014 si possa,e con fatica, solo con unascala logaritmica. La forzadel logaritmo in questo ca-so si esprime col fatto chelog10(1014) = 14.

A proposito di iperinflazione, si noti che quella della repubblica di Weimarnon e stata la peggiore del secolo scorso. Infatti in Ungheria accadde di peggiotra il 1945 e 1il 1946, periodo in cui i prezzi raddoppiavano in media ogni15 ore. Alla fine del 1946 l’insieme di tutte le banconote in circolazione inUngheria aveva complessivamente il valore di un millesimo di dollaro USA.

Ecco come si presenta il grafico della funzione logaritmica f(x) = log2(x).

Concludiamo questa sezione con la promessa di parlare nel prossimo capi-tolo di un numero fondamentale, detto e in relazione ai logaritmi (vedi lasottosezione 5.1.3).

Page 51: Robbiano Corso Appunti Finali

5

Limiti e continuita

continuamente l’infinitocambia i propri limiti

(Anonimo)

In questo capitolo studieremo alcune proprieta delle funzioni, partendoda quelle tra N e R, che si chiamano successioni. Poi vedremo altre proprietadelle funzioni di variabile reale che ci permettono di capire meglio l’andamentodel grafici associati. In entrambi i casi c’e un concetto che emerge e guida ilragionamento, quello di limite.

5.1 Successioni e formule di ricorrenza

Abbiamo gia detto che le funzioni da N a R si chiamano successioni. Unesempio e la successione {2n | n ∈ N} dei numeri pari, un altrio esempio e lasuccessione { 1n | n ∈ N}.

A volte pero certe successioni sono espresse in modo indiretto, ossia non eesplicitata la formula. Forse l’esempio piu noto e quello della successione diFibonacci (vedi [R-07], Sezione 8.4). Si tratta di una successione di numerinaturali Fib(n), in cui il termine n-esimo non e dato esplicitamente, ma e datocome funzione dei precedenti, in questo caso come somma dei due precedenti.Naturalmente una descrizione di questo tipo sta in piedi solo se si dice dadove si comincia e infatti la sequenza di Fibonacci incomincia con due valori1 per n = 0, 1. In sintesi si ha

Fib(n) = Fib(n− 1) + Fib(n− 2) con Fib(1) = Fib(0) = 1

Formule implicite di questo tipo si chiamano formule di ricorrenza. Vienespontanea una domanda (o almeno lo spero). Si puo trovare una formulaesplicita che dica direttamente chi e Fib(n) senza passare per i precedentivalori? La domanda e semplice, ma, come spesso accade, la risposta no lo e.

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44 5 Limiti e continuita

Uno studio un poco piu approfondito delle matrici consente ai matematici didare la risposta. Si ha

Fib(n) =1√5

((1 +√

5

2

)n+1

−(1−

√5

2

)n+1)

Sembra molto strano che una formula che contiene numeri non razionali diavalori naturali per ogni n naturale, ma... e cosı.

La sequenza di Fibonacci incomincia cosı.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 · · ·1 1 2 3 5 8 13 21 34 55 89 144 233 · · ·

E stupefacente notare come questa apparentemente arida sequenza di nu-meri sia tanto importante. Su Wikipedia si legge: I numeri di Fibonacci godonodi una gamma stupefacente di proprieta, si incontrano nei modelli matematicidi svariati fenomeni e sono utilizzabili per molti procedimenti computaziona-li; essi inoltre posseggono varie generalizzazioni interessanti. A questi argo-menti viene espressamente dedicato un periodico scientifico, The FibonacciQuarterly.

E infatti le applicazioni della successione di Fibonacci si trovano nellachimica, nella musica, nella botanica, nell’arte, nell’economia, nei frattali,...

Ed ora una curiosita matematica. Ricordate il numero aureo della Sezio-ne 1.2? Esso e legato alla successione di Fibonacci, infatti si ha

limn→+∞

Fib(n)

Fib(n− 1)=

1 +√

5

2∼ 1,618034

Abbiamo usato il simbolo di limite che non definiremo formalmente ma chevedremo sempre piu spesso all’opera.

Ma prima di riavvicinarci... al limite, vorrei illustrare una formula di ricor-renza, detta mappa logistica, che presenta aspetti oltremodo affascinanti.In particolare vedremo che il limite si perde nel caos.

Si tratta della formula

L(n + 1) = r L(n)(1− L(n)

)(∗)

dove r e un parametro. Per illustrarne il significato e opportuno fare qualchepremessa. Supponiamo di volere studiare la dinamica di una popolazione dianimali. Se supponiamo che ogni anno la popolazione raddoppi e si partacon un numero k > 0 di individui, chiaramente la formula che esprimequesto concetto e la seguente P (n+1) = 2P (n) con P (0) = k. Vogliamorenderla esplicita? Nessun problema. All’anno zero abbiamo k individui, alprimo anno ne abbiamo 2k, al secondo ne abbiamo 2(2k) = 22k, al terzoanno ne abbiamo 23k,... all’n-esimo anno ne abbiamo 2nk, ossia P (n) = 2nk.

Page 53: Robbiano Corso Appunti Finali

5.1 Successioni e formule di ricorrenza 45

Se sostituiamo 2 con un parametro r abbiamo la formula

P (n + 1) = r P (n) con P (0) = k

e quindi abbiamo creato una famiglia di modelli di crescita. Ragionandocome prima si vede che P (n) = rn k.Si osservi come diverso e il comportamento della formula se r > 1 o se r < 1.Ad esempio, se r = 2 si ha P (n) = 2nk, il che significa che dopo 10 anni si haP (10) = 1024 k e dopo 50 anni si ha P (50) = 717897987691852588770249 k,ossia dopo 50 anni... la popolazione ha invaso tutto l’universo. Se invecer = 1

2, ossia la popolazione dimezza ogni anno, allora si ha P (10) = 1

1024k e

P (50) = 1717897987691852588770249

k, ossia dopo 50 anni... non c’e piu nessuno.Ora il problema e che modelli cosı semplici, per quanto si possa modulare ilparametro r, certamente si discostano troppo da un vero comportamento na-turale. Non tengono conto della mortalita, della competizione, delle limitaterisorse e cosı via. Nel 1976 il biologo-matematico Robert May nell’articolo“Simple mathematical models with very complicated dynamics” pubblicatosulla prestigiosa rivista Nature introdusse una modifica notevole, pur man-tenendo la semplicita della descrizione. Intanto cambio il significato di L(n)che venne a rappresentare non piu il numero degli individui, ma il rappor-to, nell’anno n, tra il numero degli individui e il massimo consentito dallecondizioni dell’ambiente. Con questa modifica si tiene conto della massimacapacita dell’ambiente e si osserva che 0 ≤ L(n) ≤ 1. Il significato di r equello di combinare in un unico numero il tasso di crescita con quello dimortalita e qui si vede chiaramente il fatto che un modello matematico esempre una semplificazione della realta. Come gia preannunciato, la formuladi May e la seguente.

L(n + 1) = r L(n)(1− L(n)

)= r L(n)− r L(n)2 (∗)

Si osservi che la crescita esponenziale dovuta a r L(n) (se r > 1) e mitigatadalla sottrazione di r (L(n))2 e si ricordi che L(n) e un numero compresotra 0 e 1 e quindi (L(n))2 ≤ L(n).Bene, ora abbiamo una famiglia di formule ancora ricorsive, ma piu realisti-che e naturalmente ci interessa esplicitarle, come abbiamo prima fatto conla formula P (n + 1) = r P (n). Incominciamo a fare qualche esperimento.

Fissiamo r = 2 e vediamo che cosa succede al variare di L(0).L(0) L(1) L(2) L(3) L(4) L(5) L(6) · · ·0, 2 0, 32 0, 4352 0, 491602 0, 49986 0, 5 0, 5 · · ·

L(0) L(1) L(2) L(3) L(4) L(5) L(6) · · ·0, 8 0, 32 0, 4352 0, 491602 0, 499859 0, 5 0, 5 · · ·

L(0) L(1) L(2) L(3) L(4) L(5) L(6) · · ·0, 9 0, 18 0, 2952 0, 416114 0, 48593 0, 4996 0, 5 · · ·

Si puo dimostrare che, qualunque sia il valore L(0) di partenza, la suc-cessione si stabilizza a 0, 5, ossia la popolazione si stabilizza a meta dellacapacita dell’ambiente.

Fissiamo r = 2,5 e vediamo che cosa succede al variare di L(0).L(0) L(1) L(2) L(3) L(4) L(5) L(6) · · ·0, 25 0, 4 0, 6 0, 6 0, 6 0, 6 0, 6 · · ·

L(0) L(1) L(2) L(3) L(4) L(5) L(6) · · ·0, 8 0, 4 0, 6 0, 6 0, 6 0, 6 0, 6 · · ·

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46 5 Limiti e continuita

Anche in questo caso si puo dimostrare che, qualunque sia il valore L(0) dipartenza, la successione si stabilizza a 0, 6.

Fissiamo r = 3,1 e vediamo che cosa succede con L(0) = 0, 2.

L(0) L(1) L(2) L(3) L(4) L(5) L(6) · · ·0, 2 0, 7749 0, 5406 0, 7699 0, 5492 0, 7675 0, 5532 · · ·

Al limite si ha una oscillazione tra due valori che sono 0, 5580141 e0, 7645665, e cio avviene per qualunque valore iniziale L(0). La situazioneviene descritta dicendo che non c’e limite, ma ci sono due attrattori.Quando 3,4 < r < 3,5 ci sono quattro attrattori, per 3, 54 < r < 355 cisono otto attrattori per 3, 564 < r < 3565 ci sono sedici attrattori.Quando r si avvicina a 3,569946 il numero di attrattori diventa talmentegrande che non si riesce piu a calcolarlo. I matematici descrivono questocomportamento come caotico, nel senso che non e piu prevedibile. Infat-ti se r si avvicina a 3,569946 basta una variazione di 10−8 per cambiarecompletamente l’andamento della successione. In poche parole... siamo nelcaos piu completo, nonostante si sia partiti da una equazione deterministicamolto semplice! Ecco un grafico che rappresenta visivamente le biforcazioni.

Per i piu curiosi (spero che ce ne siano molti) diro che si e partiti con unarelazione totalmente deterministica, rappresentata da una formula moltosemplice che si puo calcolare in modo esatto. Ma quando r si avvicina alnumero 3,569946 il calcolo simbolico non riesce piu a gestire le frazioni chesi ottengono, data la taglia enorme dei numeratori e denominatori. E neces-sario ricorrere al calcolo approssimato, ma anche questo fallisce, nel sensodetto prima. In poche parole, l’andamento della successione L(n) diventaimprevedibile.A questo punto pensate che i matematici si arrendano? Non conoscete imatematici! Queste scoperte sono le piu esaltanti perche permettono allamatematica e in generale alla scienza di andare avanti. Infatti... calcolandola velocita con cui gli attrattori raddoppiano il loro numero, Feigenbaumtrovo che al limite tale numero e

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5.1 Successioni e formule di ricorrenza 47

f = 4,66920160910299067185320382...

detta costante di Feigenbaum e descritta nel 1980 nel lavoro [Fei-80].Il significato e che quando r cresce, ogni raddoppio di attrattori avvienecirca f volte piu rapidamente che il precedente. La cosa piu sconvolgente eche Feigenbaum fu capace di sviluppare una teoria matematica con la qualedimostro che lo stesso numero f compare in tutta una serie di modelliapparentemente diversi tra di loro. Ecco un esempio di potenza del pensieroastratto, c’e caos, ma e... sotto controllo matematico.

5.1.1 Complessita computazionale

Torniamo a cose meno... caotiche e continuiamo a vedere esempi che ci con-vincano dell’importanza del concetto di limite. Sappiamo che se un oggetto O,come ad esempio un numero o una matrice quadrata, si puo moltiplicare perse stesso, possiamo parlare di potenze naturali dell’oggetto stesso. Ad esempioha senso considerare a6 se a ∈ Q e ha senso considerare A8 se A e una matricequadrata. Se si deve calcolare ad esempio O4 si possono scegliere due moda-lita: eseguire O×O×O×O, oppure eseguire (O×O)×(O×O) ossia (O×O)2

ossia (O2)2. Sia A una matrice quadrata di tipo n a entrate numeri razionali.La domanda che ci poniamo e la seguente. Quale delle due modalita conviene?

Dato che entrambe portano alla soluzione, dobbiamo precisare che cosa in-tendiamo per convenienza e in questo caso la convenienza si riferisce al fatto dieseguire il minor numero possibile di moltiplicazioni di numeri. Per moltipli-care due matrici quadrate di tipo n, dobbiamo eseguire n2 prodotti righe percolonne, ognuno dei quali comporta l’esecuzione di n moltiplicazioni. In totalela moltiplicazione delle due matrici richiede l’esecuzione di n3 moltiplicazionidi numeri. Siccome con la prima modalita eseguiamo tre prodotti di matricidi tipo n, in totale eseguiamo 3n3 moltiplicazioni di numeri. Con la secondamodalita invece eseguiamo due prodotti di matrici di tipo n e quindi in totaleeseguiamo 2n3 moltiplicazioni di numeri. La conclusione e molto semplice,con la seconda modalita si eseguono meno moltiplicazioni, non c’e bisogno dinessun limite.

Proviamo ora a risolvere un problema simile. La domanda e: si eseguonomeno somme nel moltiplicare due matrici quadrate di tipo n o nel sommarecinque matrici quadrate di tipo n? Moltiplicare due matrici di tipo n comportal’esecuzione di n2 prodotti righe per colonne, per ognuno dei quali si eseguonon− 1 somme. In totale sono n2(n− 1) somme. Per sommare cinque matrici sidevono fare quattro somme di matrici, ognuna delle quali comporta n2 somme,in totale quindi si devono eseguire 4n2 somme. Ora dobbiamo paragonaren2(n− 1) con 4n2.

Possiamo procedere cosı. Chiamiamo f(n) = n2(n− 1), g(n) = 4n2. Perrisolvere il nostro problema dobbiamo vedere chi vince tra le due successioni,ossia quale dei due numeri n2(n − 1) e 4n2 e piu piccolo. Facciamo un pocodi conti.

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48 5 Limiti e continuita

Si ha f(0) = −1, g(0) = 0, vince f , anche se non e molto chiaro che cosasignifichi considerare matrici di tipo 0. Si ha f(1) = 0, g(1) = 4, vince f . Siha f(2) = 4, g(2) = 16, vince f . Si ha f(3) = 18, g(3) = 36, vince f . Si haf(4) = 48, g(4) = 64, vince f . Si ha f(5) = 100, g(5) = 100, c’e parita. Si haf(6) = 180, g(6) = 144, vince g. Si ha f(7) = 294, g(7) = 196, vince g.

A questo punto ci rendiamo conto di due fatti, il primo e che non c’eun vincitore assoluto, il secondo e che non e possibile procedere in questomodo perche dovremmo fare infiniti paragoni. D’altra parte e evidente chel’interesse maggiore per la soluzione del problema si deve avere per n grande.Infatti, se ad esempio dobbiamo valutare l’impatto di tali calcoli su un com-puter, non interessa sapere che cosa succede quando n e piccolo, perche intal caso il calcolo sara comunque rapidissimo. Quello che i teorici della com-plessita computazionale prendono in considerazione e dunque l’andamentodelle due successioni quando n diventa grande. Ma allora come facciamo a fareil paragone?

Osserviamo che, essendo g(n) > 0 per n > 0, si ha per n > 0 le seguente

equivalenza: f(n) ≥ g(n) se e solo se f(n)g(n) ≥ 1. D’altra parte

f(n)

g(n)=n2(n− 1)

4n2=n− 1

4

e dunque si ha f(n) ≥ g(n) per n − 1 ≥ 4 ossia per n ≥ 5, come i primicalcoli ci avevano gia indicato. Ma non solo! Risulta chiaro che il numero n−1

4diventa grande quanto vogliamo, a patto di scegliere n abbastanza grande.Ad esempio se vogliamo che tale numero superi 1000, basta porre n−1

4 > 1000che equivale a n − 1 > 4000 ossia n > 4001. I matematici esprimono questoconcetto scrivendo

limn→+∞

n2(n− 1)

4n2= limn→+∞

n− 1

4= +∞

a dicendo che il limite di n−14 per n che tende a piu infinito e piu infinito. Laconclusione e che f vince solo per pochi valori, mentre g vince in modo semprepiu netto quanto piu grande diventa n. Un altro modo di esprimere questofatto e quello di dire che n2(n − 1) ha un ordine di grandezza superiorea quello di 4n2.

5.1.2 Calcolo di aree

Un fondamentale utilizzo del concetto di limite risale a circa due millenni or-sono, quando Eudosso e poi Archimede utilizzarono quello che viene chiamatometodo di esaustione per calcolare una particolare area. Solo molti secoli piutardi Bonaventura Cavalieri con un lavoro del 1635, basandosi sul metodo diEudosso/Archimede, contribuira in modo decisivo alla definizione modernadel concetto di area.

Page 57: Robbiano Corso Appunti Finali

5.1 Successioni e formule di ricorrenza 49

Vediamo come funziona l’idea. Con-sideriamo la regione colorata, chechiamiamo A, compresa tra l’asse xe la porzione di parabola di equa-zione y = x2. Vorremmo calcolar-ne l’area. Ripartiamo il segmentodell’asse x compreso tra l’originee il punto di ascissa a in n partiuguali, in modo che ciascuna partesia lunga a

n . Consideriamo quindi irettangoli come in figura.

Essi hanno area rispettivamentean×(an

)2, an×(2an

)2, . . . , an×

(nan

)2.

La somma di queste aree e dunque

n∑k=1

a

n×(kan

)2=( an

)3 n∑k=1

k2

Una nota formula afferma che

n∑k=1

k2 =n(n + 1)(2n + 1)

6

Evidentemente il numero∑n

k=1 k2 e naturale. Il lettore sa dunque spiegare perche

il prodotto dei tre numeri naturali n, n + 1, 2n + 1 e multiplo di 6?

L’area della regione scalinata che sta sopra la porzione colorata e dunque( an

)3 n(n + 1)(2n + 1)

6=( an

)3 2n3 + 3n2 + n

6=

a3

3

(1 +

3

2n+

1

2n2

)Ora osserviamo che quanto piu grande e n tanto piu la porzione di piano

scalinata si avvicina ad A e quindi cio avviene anche per l’area.L’idea e che l’area di A e dunque minore o uguale al limite

limn→∞

a3

3

(1 +

3

2n+

1

2n2

)=a3

3

Se facciamo lo stesso conto con i rettangolini sotto la porzione di para-bola otteniamo che l’area di A e maggiore o uguale allo stesso limite. Laconclusione e

Area(A) =a3

3

E chiaro al lettore perche si chiama metodo di esaustione?

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50 5 Limiti e continuita

5.1.3 Il numero e ed i logaritmi naturali

Nel 1731 Eulero introduse la lettera e (nel secolo diciottesimo erano moltovanitosi) per dare un nome ad un limite notevole. Nacque cosı la definizione

e = limn−→∞

(1 +1

n)n (1)

e il numero e divenne subito un primo attore. Perche? Innanzitutto si puodimostrare che tale limite esiste, e finito, e reale ma non razionale e la (1)si generalizza a ex = lim

n−→∞(1 + x

n )n. Il numero e si puo calcolare in modo

approssimato e un approssimazione molto buona e

2.71828182845904523536028747135266249775724709369995...

Il numero e ha molti utilizzi, ma forse il piu importante e quello che lo usacome base dei logaritmi, tanto e vero che i logaritmi in base e si chiamano lo-garitmi naturali e vengono denotati con il simbolo ln. Si costruisce pertantouna funzione logaritmo naturale definita da f(x) = ln(x) che per definizionesignifica f(x) = loge(x). Vedremo una importante proprieta di questa funzionequando parleremo di derivate nel Capitolo 6.

In questa sezione abbiamo visto tanti esempi di limiti di successioni. Echiaro che c’e un filo conduttore e, come sempre avviene, il matematico cercadi capire che cosa accomuna questi esempi e trarne qualche regola generale.Ne conseguono varie definizioni formali di limite, che qui omettiamo e checatturano l’essenza degli esempi descritti in precedenza.

5.2 Limiti di funzioni

Ricordiamo che le funzioni razionali incontrate nel capitolo precedente perparametrizzare la circonferenza sono definite per ogni valore reale in quantoil denominatore e 1 + t2.

Ma non e sempre cosı. Ad esempio la funzione y = 1x

non e definita per x = 0. E che cosa possiamo dire di

f(x) = x3

x ? Anche in questo caso dovremmo escluderex = 0, perche per x = 0 si ha f(x) = 0

0 che non vuol dire

niente. Ma d’altra parte formalmente x3

x = x2 e dunquepossiamo dire che f(0) = 0. Se il ragionamento formalenon piace, vediamo la cosa da un altro punto di vista.

Certamente siamo convinti del fatto che x3

x = x2

per x 6= 0, ma quanto piu x assume valori vicini allo0, tanto piu x2 prende valori vicini allo 0. I matema-

tici esprimono questo fatto dicendo che limx→0

x3

x = 0. Se disegniamo il grafi-

Page 59: Robbiano Corso Appunti Finali

5.2 Limiti di funzioni 51

co della funzione y = x3

x per x 6= 0, tracciamo una parabola senza il pun-to (0, 0). La conclusione e che per continuita possiamo anche assumere chevalga l’uguaglianza f(0) = 0.

Dove e definita la funzione f(x) = 1x2+1

?

Dove e definita f(x) = x2−1x2+2x+1

?

Piu in generale, il lettore sa dire dove e definita una funzione razionale ossia una

funzione del tipo f(x) = p(x)q(x)

, dove p(x), q(x) sono polinomi a coefficienti reali?

Concludiamo la sezione con la spiegazione di due esempi di limiti notevoli(vedi [CRR-10], pag. 129-130).

Esempio 5.1. (I due carabinieri)Vogliamo capire perche si ha

limx−→0

sin(x)

x= 1

Utilizzeremo la seguente figura. Se assumiamo che il raggio della circonferenzasia uguale a 1, allora sin(x) e la lunghezza del segmento blu, mentre tan(x) ela lunghezza del segmento rosso.

-

6y

x��

&%'$

x

Dalla figura si capisce che la lunghezza dell’arco che sottende l’angolo x ecompresa tra la lunghezza del segmento blu e quella del segmento rosso. Se xe piccolo e maggiore di zero si ha quindi

0 < sin(x) ≤ x ≤ tan(x)

Invertendo si ha 1sin(x) ≥

1x ≥

1tan(x) e quindi cos(x)

sin(x) ≤1x ≤

1sin(x) da cui,

moltiplicando per sin(x), che e positivo, si ha

cos(x) ≤ sin(x)

x≤ 1

Vediamo che sin(x)x viene intrappolata tra due funzioni che tendono a 1 quando

x tende a 0 e quindi si conclude. Il caso in cui x e piccolo in valore assoluto eminore di zero porta allo stesso risultato.

Qualcuno ha chiamato il teorema che formalizza questo ragionamento“Teorema del confronto”. Altri, sicuramente incensurati, lo hanno chiamato“Teorema dei due carabinieri”.

Page 60: Robbiano Corso Appunti Finali

52 5 Limiti e continuita

Esempio 5.2. Vediamo adesso come si “prova” che limx−→0

1−cos(x)x2 = 1

2 . Vicino

a 0 certamente 1+cos(x) e diverso da 0, quindi si puo moltiplicare numeratoree denominatore per 1 + cos(x) e ottenere

1− cos(x)

x2=

(1− cos(x))(1 + cos(x))

x2(1 + cos(x))=

sin(x)2

x2(1 + cos(x))=

sin(x)2

x2· 1

(1 + cos(x))

Utilizzando l’esempio precedente si conclude che limx−→0

1−cos(x)x2 = 1

2 .

Esempio 5.3. Un altro limite di grande importanza e il seguente.

limx−→0

ex − 1

x= 1

L’idea della dimostrazione e la seguente. Poniamo t = 1/(ex − 1), da cuisi ricava 1

t = ex − 1 e quindi 1 + 1t = ex e quindi x = ln(1 + 1

t ). Inoltresi osserva che se x tende a zero, t = 1/(ex − 1) tende all’infinito. Quindilimx−→0

ex−1x = lim

h−→∞1

t ln(1+ 1t )

= limh−→∞

1ln(1+ 1

t )t . Ma lim

t−→∞(1 + 1

t )t = e, come

accennato nella Sezione 5.1.3 e ln(e) = 1. Quindi limh−→∞

1ln(1+ 1

t )t = 1.

Esempio 5.4. Infine vediamo che si ottiene

limx−→0

ln(1 + x)

x= 1

usando l’esempio precedente. Infatti si pone 1 + x = et, da cui si ricavano

le uguaglianze x = et − 1, t = ln(1 + x). E quindi limx−→0

ln(1+x)x = lim

t−→0

tet−1 .

Quest’ultimo limite vale 1 come visto nell’esempio precedente.

Per approfondire il concetto di limite e per vedere alcuni limiti notevoli sivada alle pagine 115–135 del libro [CRR-10].

5.3 Continuita

Veniamo ora ad una conseguenza fondamentale del concetto di limite che e ilconcetto di continuita. Una funzione f(x) di variabile reale si dice continuain un punto x0 del suo campo di definizione se

limx→x0

f(x) = f(x0)

Una funzione si dice continua se e continua in tutti i punti del suo campo didefinizione.

In particolare, tutti gli esempi all’inizio della Sezione 4.1, tranne quellodella funzione costante a tratti, mostrano funzioni continue. Intuitivamente,sono continue le funzioni f(x) per cui piccoli variazioni di x producono piccolevariazioni di f(x).

Page 61: Robbiano Corso Appunti Finali

5.3 Continuita 53

Vediamo ora alcuni fatti generali che ci aiutano a capire quante e quali sonole funzioni continue. Supponiamo che f(x), g(x) siano funzioni continue nelpunto x0. Allora si hanno i seguenti fatti.

• La somma f(x) + g(x) e continua in x0.• Il prodotto f(x) · g(x) e continuo in x0.• Se c e una costante, il prodotto c · g(x) e continuo in x0.

• Se g(x0) 6= 0 allora il quoziente f(x)g(x) e continuo in x0.

• Se f(x) e continua in g(x0), allora (f ◦ g)(x) e continua in x0.

Usando le proprieta suddette, il lettore provi a dimostrare che tutte le funzioni

polinomiali sono continue.

In particolare sono funzioni continue, oltre a quelle polinomiali, le funzionif(x) = sin(x), f(x) = cos(x), f(x) = tan(x), f(x) = ax, f(x) = loga(x).

Proprieta del valore intermedio.Una proprieta delle funzioni continue e quella detta del valore intermedio.Afferma che una funzione f(x) continua nell’intervallo chiuso [a, b] assumetutti i valori compresi tra f(a) e f(b). Ad esempio se un bambino a tre mesipesa 5 Kg e a quattro mesi pesa 6 Kg, c’e un momento in cui pesa 5,3 Kg.

Si noti che questa conclusione si basa sul l’ipotesi che il processo di crescitasia continuo. Puo sembrare una ipotesi ovvia, ma in realta si tratta di unmodello mentale, un modo con cui siamo abituati a pensare.

Esistenza di zeri di una funzione.Una conseguenza rilevante del fatto precedente e la seguente. Se f(x) e unafunzione continua su un intervallo chiuso [a, b] e se assume valori di segnocontrario sugli estremi, ossia, come direbbero i matematici, se f(a) · f(b) < 0,allora esiste un valore x0 ∈ [a, b] tale che f(x0) = 0. Tale valore viene chiamatozero della funzione f .

Si noti che questo teorema garantisce l’esistenza di zeri, ma non dice nullasu come calcolarli. Vedremo nel capitolo successivo che in certi casi a questalacuna si puo rimediare ad esempio con l’uso delle derivate.

Ad esempi, se consideriamo la funzione polinomiale f(x) = x5 + x− 1, siha f(0) = −1 e f(1) = 1. Dato che le funzioni polinomiali sono continue sideduce che esiste un valore 0 < x0 < 1 tale che f(x0) = 0, ossia una radicedel polinomio x5 + x− 1 compresa tra 0 e 1. E noi la troveremo, o meglio letroveremo con approssimazione alta quanto si vuole. Qui anticipiamo che unaottima approssimazione e fornita dal numero

3774388331

5000000000= 0.7548776662

Infatti f(3774388331

5000000000) =

−3828207760847142829859857547938154493493125000000000000000000000000000000000000000000000

Page 62: Robbiano Corso Appunti Finali

54 5 Limiti e continuita

e questo numero vale approssimativamente

−1.225026483 ∗ 10(−10) = 0.0000000001225026483

Esistenza di massimi e minimi su intervalli chiusi.Un’altra importante proprieta delle funzioni continue e quella dell’esistenza dimassimi e minimi su intervalli chiusi. Si noti che se l’intervallo non e chiuso ab-biamo dei facili contro-esempi a questa affermazione. Ad esempio se f(x) = 1

xallora sull’intervallo aperto a sinistra (0, 1] non ha valore massimo.

Il lettore spieghi il perche di questa affermazione.

Page 63: Robbiano Corso Appunti Finali

6

Derivate

dai derivati non deriveremo nulla di buono

(dal volume “Futures”)

Le parole “derivata”, “derivati” e simili si arrendono facilmente all’etimo-logia, infatti si riferiscono sempre a qualcosa che deriva da qualcosa d’altro.Ad esempio in finanza e considerato strumento derivato ogni contratto o ti-tolo il cui prezzo e basato sul valore di mercato di altri beni (azioni, indici,valute, tassi ecc.). Il suo uso improprio a fini di lucro e la causa principaledel dissesto finanziario del mondo occidentale. In matematica possiamo direche la “funzione derivata” e una funzione derivata da quella originale. Oravedremo meglio di che cosa si tratta.

6.1 Derivate e rette tangenti

Se consideriamo la funzione f(x) = 2x−1, il suo grafico e la retta che passa per(0, 1) e ha pendenza 2. Se ad ogni x associamo la pendenza in f(x) otteniamola funzione costante 2. Possiamo dire che la funzione g(x) = 2 e “derivata”da f(x) = 2x− 1. Lanciata l’idea, proseguiamo.Che cosa potremmo considerare come funzione de-rivata di f(x) = x2? Il grafico non e una retta equindi a priori non possiamo parlare di penden-za, ma se consideriamo una retta secante comein figura, vediamo che la sua pendenza e data da∆y∆x ossia f(x+∆x)−f(x)

∆x . Nel nostro caso la formulafornisce la seguente espressione.

(x+∆x)2 − x2

∆x=

2x∆x+ (∆x)2

∆x= 2x+∆x

Se ∆x tende a zero, l’espressione tende a 2x. in

simboli si ha lim∆x→0

(x+∆x)2−x2

∆x = 2x.

Page 64: Robbiano Corso Appunti Finali

56 6 Derivate

In “matematichese” si dice che la derivata di x2 e 2x. Il fatto piu rilevante eche la nozione di derivata ha una notevole interpretazione geometrica. Infatti,dato che per definizione quando ∆x tende a zero la retta secante tende allaretta tangente, possiamo dire che la derivata della funzione y = x2 e unafunzione che ad ogni valore di x associa il coefficiente angolare della rettatangente alla curva descritta da y − x2 = 0. L’interpretazione grafica delladerivata di una funzione f(x) in un punto x0 e dunque quella della misuradi come la funzione cambia vicino al punto stesso. Un esempio notevole vienedalla fisica, ed e il concetto di velocita istantanea. Essa descrive la deriva-ta in un istante t0 della funzione s(t) che rappresenta lo spazio percorso infunzione del tempo.

A proposito di rette tan-genti, la fotografia quia fianco suggerisce cheun’auto e slittata sull’a-sfalto viscido e ha pro-seguito purtroppo la suacorsa lungo la tangen-te alla riga gialla. Unaosservazione piu atten-ta si concentra sul mu-retto rotto e natural-mente vengono alla men-te infauste ipotesi per ipasseggeri.

Un altro esempio ditangente si ha conside-rando l’atleta che lan-cia il martello. Egli ruotavorticosamente e poi lascia l’attrezzo, facendo attenzione di lasciarlo al mo-mento giusto in modo che la direzione di uscita, che e la tangente alla circon-ferenza descritta dal moto, sia quella giusta. Altrimenti anche in questo casol’esito potrebbe essere infausto soprattutto per il pubblico.

Altri esempi di tangenti si hanno quando si paga qualcuno per ottenereun favore, ma questo tipo di tangente attiene alla magistratura piu che allamatematica.

Il lettore attento avra notato certamente che nella frase che precede lafotografia, f(x) e stato sostituito da y. Lo scopo e quello di ricordare chei valori della funzione si leggono sull’asse y, ma soprattutto tale artificio cipermette di associare un polinomio, in questo caso y − x2, al grafico dellafunzione stessa. Infatti si vede che il grafico della funzione f(x) = x2

e il luogo dei punti del piano per cui vale l’uguaglianza y = x2 oequivalentemente y − x2 = 0.

Page 65: Robbiano Corso Appunti Finali

6.1 Derivate e rette tangenti 57

Con quale simbologia i matematici descrivono le derivate? Come accade nellavita di tutti i giorni ci sono diversi modi. Ad esempio nel caso esaminato primain cui la funzione e f(x) = x2 si puo scrivere

dy

dx= 2x o anche

df(x)

dx= 2x (notazione di Leibniz)

y′ = 2x o anche f ′(x) = 2x (notazione di Lagrange)

y = 2x o anche f(x) = 2x (notazione di Newton)

Leibniz (1646 –1716) Lagrange (1736 –1813) Newton (1642 – 1727)

Lasceremo ai fisici l’uso della notazione di Newton e utilizzeremo sia quelladi Leibniz che quella di Lagrange. Di conseguenza, per descrivere il valore

della derivata della nostra funzione in un punto x0, scriviamo df(x0)dx = 2x0

oppure y′(x0) = 2x0. Ad esempio scriviamo y′(5) = 10, y′(−2) = −4 oppuredf(5)dx = 10, df(−2)dx = −4

A questo punto viene naturale (lo spero) chiedersi quali siano le funzioniderivabili e quali siano le loro derivate. Generalizzando quanto visto per lafunzione f(x) = x2 si definisce derivata di f(x) in x0 il valore numerico

lim∆x→0

f(x0 +∆x)− f(x0)

∆x

E allora vediamo subito che non tutte le funzioni sono derivabili in ognipunto.

y

x

·

·•

(1,0)

(0,2)

...................... ................

......................

................Ad esempio la funzione rap-presentata dal grafico quiaccanto si puo descrivereanaliticamente nel seguentemodo

f(x) =

{1 se x ≤ 1

2 se x > 1

Page 66: Robbiano Corso Appunti Finali

58 6 Derivate

La funzione non e derivabile in x0 = 1. Infatti se assumiamo ∆x < 0 siha l’uguaglianza f(1+∆x)−f(1)

∆x = 1−1∆x = 0 e quindi il limite e 0. Ma se

assumiamo ∆x > 0, allora si ha f(1+∆x)−f(1)∆x = 2−1

∆x = 1∆x e il limite e +∞.

Il lettore potrebbe pensare che questa anomalia sia dovuta al fatto che lasuddetta funzione non e continua. Ma non e cosı, come mostra il prossimoesempio.

Esempio. (Valore assoluto)Il grafico qui accanto rappresenta la funzione f(x) = |x| ossia la funzione chead ogni numero x associa il suo valore assoluto.

y

x����

����

@@@

@

@@@

@

...................... ................

......................

................La funzione non e deriva-bile in x0 = 0. Infatti se as-sumiamo ∆x < 0 si ha l’u-guaglianza f(x0+∆x)−f(x0)

∆x =−∆x∆x = −1 e quindi il li-

mite e −1. Ma se assu-miamo ∆x >0, allora si haf(x0+∆x)−f(x0)

∆x = ∆x∆x = 1 e

il limite e 1. Cio avviene nonostante la funzione sia continua in x0 = 0.

Continua non implica derivabile, ma e vero il viceversa e infatti i matema-tici sono riusciti a dimostrare i seguenti fatti.

Teorema 6.1.1. Sia f(x) una funzione derivabile in x0.

(a) La funzione f(x) e continua in x0.(b) L’equazione y−f(x0) = f ′(x0)(x−x0) descrive la retta tangente al grafico

di f(x) nel punto (x0, f(x0)).

Esempio 6.1. All’inizio della sezione abbiamo visto che dx2

dx = 2x. Di conse-guenza, se ad esempio consideriamo il punto (3, 9) che appartiene al graficodella funzione f(x) = x2, si deduce che la retta tangente al suddetto graficonel punto (3, 9) ha equazione y − 9 = 6(x− 3).

Esempio 6.2. (Derivata di ex)Calcoliamo una derivata notevole. Sia f(x) = ex, allora

f ′(x) = lim∆x−→0

ex+∆x − ex

∆x= lim∆x−→0

exe∆x − ex

∆x= lim∆x−→0

ex · e∆x − 1

∆x= ex

Il motivo dell’ultima uguaglianza sta nel fatto che lim∆x−→0

e∆x−1∆x = 1 (vedi

Esempio 5.3). In conclusione si ha dex

dx = ex; questo e uno dei motivi chefanno di e un numero fondamentale.

Page 67: Robbiano Corso Appunti Finali

6.3 Uso delle derivate 59

Un fatto importante che riguarda le funzioni derivabili e il seguente.

Teorema 6.1.2. (Teorema di Rolle)Sia f(x) una funzione continua su un intervallo chiuso [a, b], derivabile nel-l’intervallo aperto (a, b) e tale che f(a) = f(b). Allora esiste c ∈ (a, b) taleche f ′(c) = 0.

Esempio 6.3. Consideriamo la funzione f(x) = (x− 1)2− 1. Osserviamo chef(3) = f(−1) = 3. Il teorema di Rolle garantisce l’esistenza di un valore ctale che −1 < c < 3 e f ′(c) = 0. Infatti in questo caso lo possiamo verificaredirettamente, dato che f ′(x) = 2(x− 1) e quindi f ′(1) = 0.

6.2 Regole di derivazione

Le derivate delle funzioni elementari e le regole di derivazione si trovano allepagine 139–144 del libro [CRR-10].

6.3 Uso delle derivate

Alle pagine 146–155 del libro [CRR-10] si trovano le descrizioni di alcuniutilizzi delle derivate, soprattutto per l’acquisizione di informazioni sui graficidelle funzioni.

Figura 6.1. Guillaume de l’Hopital

La regola di de l’Hopital sitrova alle pagine 153–155 del li-bro [CRR-10]. Essa dice essen-zialmente che in certi casi il li-mite di un rapporto di funzionisi puo calcolare mediante il limi-te del rapporto delle rispettivederivate. Il nome deriva dall’in-ventore, il matematico franceseGuillaume de l’Hopital, che pub-blico il suo libro “Analyse des In-finiment Petits pour l’Intelligen-ce des Lignes Courbes” nel 1696.Alcuni ritengono che la formulasia stata inventata dal matematico svizzero Johann Bernoulli.

Esempio 6.4. Calcoliamo il seguente limite.

limx−→∞

2x2 + 3x+ 2

x2 − 5x+ 7

Page 68: Robbiano Corso Appunti Finali

60 6 Derivate

in due modi. Il primo modo consiste nel dividere numeratore e denominatoreper x2 e ottenere cosı

limx−→∞

2x2 + 3x+ 2

x2 − 5x+ 7= limx−→∞

2 + 3 1x + 2 1

x2

1− 5 1x + 7 1

x2

= 2

Il secondo modo consiste nell’applicare due volte la regola di de l’Hopital eottenere

limx−→∞

2x2 + 3x+ 2

x2 − 5x+ 7= limx−→∞

4x+ 3

2x− 5= limx−→∞

4

2= 2

Un uso importante delle derivate e quello di fare calcoli approssimati.

Esempio 6.5. (Approssimazione lineare)Vediamo come calcolare in modo approssimato

√16, 2. Consideriamo la fun-

zione f(x) =√x e osserviamo che f(16) = 4. L’idea e che la derivata f ′(16)

approssima il rapporto f(x)−f(16)x−16 quando x e vicino a 16. In particolare si ha

f(16,2)−f(16)0,2 ∼ f ′(16). Siccome f ′(x) = 1

2√x

si ha f ′(16) = 18 e quindi

√16, 2 = f(16, 2) ∼ 0, 2 · 1

8+ f(16) =

1

40+ 4 = 4, 025

Se calcoliamo (4, 025)2 otteniamo 16.200625, quindi una ottima approssima-zione di 16, 2.

Se usiamo lo stesso metodo per calcolare√

17 otteniamo

√17 = f(17) ∼ 1 · 1

8+ f(16) =

1

8+ 4 = 4, 125

Se calcoliamo (4, 125)2 otteniamo 17.015625, quindi una abbastanza buona,ma non ottima, approssimazione di 17. Il motivo e che 17 e piu lontano da 16di quanto lo sia 16, 2.

Usando il metodo descritto nell’esempio, il calcolo di sin(0,1) fornisce come risposta

il valore 0,1. Il lettore capisce come questo risultato sia coerente con limx−→0

sin(x)x

= 1

provato nell’Esempio 5.1?

Ricordiamo che nella Sezione 5.3 abbiamo parlato di esistenza di zeri diuna funzione. Ricordiamo in particolare che se f(x) e una funzione continuasu un intervallo chiuso [a, b] e se assume valori di segno contrario sugli estremi,allora esiste un valore x0 ∈ [a, b], zero della funzione f . Avevamo gia osservatoche certificare l’esistenza di uno zero non e la stessa cosa che trovarlo. Oravedremo come trovarlo e lo faremo in due modi.

Page 69: Robbiano Corso Appunti Finali

6.3 Uso delle derivate 61

Calcolo di zeri di una funzione: metodo di bisezione.Supponiamo di sapere che in un intervallo [a, b] la funzione continua f(x) hauno zero, conclusione a cui siamo arrivati ad esempio sapendo che f(a) < 0,f(b) > 0. Se dividiamo l’intervallo [a, b] in due parti uguali, abbiamo due in-tervalli [a, a+b2 ], [a+b2 , b] e i casi possibili sono f(a+b2 ) = 0, oppure f(a+b2 ) > 0,

oppure f(a+b2 ) < 0. Se f(a+b2 ) = 0 siamo stati fortunati e abbiamo trova-

to uno zero della funzione. Se f(a+b2 ) > 0 allora si ha discordanza di segno

nell’intervallo [a, a+b2 ]. Se f(a+b2 ) < 0 allora si ha discordanza di segno nell’in-

tervallo [a+b2 , b]. In entrambi i casi abbiamo un intervallo piu piccolo di quellodi partenza all’interno del quale c’e uno zero della funzione.

Cosı possiamo continuare a bisecare e trovare lo zero in intervalli semprepiu piccoli, il che significa che troviamo lo zero con approssimazione grandequanto vogliamo.

Dopo n passi di bisezione quanto e lungo l’intervallo in cui si trova lo zero della

funzione? Possiamo dire che se il numero di passi tende all’infinito, la lunghezza

dell’intervallo in cui si trova lo zero tende a zero?

Calcolo di zeri di una funzione: metodo di Newton.Un metodo alternativo a quello precedente fa buon uso delle derivate. Quin-di questo metodo presuppone che la funzione di cui cerchiamo uno ze-ro sia derivabile. Da questo punto di vista quindi il metodo precedente epreferibile, dato che si applica a tutte le funzioni continue, che sono dipiu di quelle derivabili (vedi l’esempio della funzione “valore assoluto”).Ma se la fun-zione e derivabi-le il metodo cheandiamo a de-scrivere e prefe-ribile perche digran lunga piuefficiente. Dia-mo qui un cen-no del metodo,la cui “spiegazio-ne grafica” e nel-la figura accan-to. L’idea e la se-guente. Data unafunzione f(x) divariabile reale e assumendo che tale funzione sia ovunque derivabile, si inco-mincia con la supposizione che un valore x0 sia zero della funzione. Natural-mente e impossibile essere cosı fortunati, quindi x0 non e uno zero e allorasi cerca una migliore approssimazione di uno zero. Come tale si prende x1,ottenuto intersecando l’asse x con la tangente al grafico di f(x) nel punto di

Page 70: Robbiano Corso Appunti Finali

62 6 Derivate

coordinate (x0, f(x0)). Non va ancora bene x1? Si ripete il procedimento finoal raggiungimento di una approssimazione soddisfacente.

Si tenga presente che questo metodo non funziona sempre come mostra ilseguente esempio.

Esso si riferisce al grafico della funzione polinomiale f(x) = x3 − 2x+ 2.

Se si parte col valore x0 = 1 si entra in ciclo e non se ne esce piu.

Il lettore sa spiegare l’affermazione precedente?

Un utilizzo fondamentale delle derivate si ha nella ricerca di massimi, mini-mi e flessi. Vediamone un esempio di utilizzo delle derivate per risolvere unproblema... architettonico.

Esempio. (Piu luce)Vogliamo costruire una finestra la cui forma e descritta dalla figura qui sotto,ossia il suo profilo e un rettangolo sormontato da un semicerchio. Abbiamoa disposizione 12 metri di telaio per inserirla nel muro e vogliamo trovare ivalori di r e h che facciano passare il massimo di luce, ossia i valori di r e htali che l’area della finestra sia massima.

Osserviamo che il perimetro e

12 = 2r + 2h+ πr

Questa informazione ci permette di elimi-nare una incognita del problema, ad esem-pio h. Infatti si ha h = 6 − r − 1

2πr.Ora possiamo esprimere l’area della fine-stra in funzione di r. L’area del rettangoloe 2rh = 12r−2r2−πr2. L’area del semicer-chio e 1

2πr2. Quindi l’area che dobbiamo

massimizzare espressa in funzione di r e

A(r) = 12r − 2r2 − πr2 +1

2πr2 = 12r − (2 +

1

2π)r2

Page 71: Robbiano Corso Appunti Finali

6.3 Uso delle derivate 63

Calcoliamo la derivata prima e la derivata seconda di A(r) e otteniamo

A′(r) = 12− (4 + π)r A′′(r) = −(4 + π)

Si osserva che la derivata seconda e una costante negativa e che il valore cheannulla la derivata prima, ossia r = 12

4+π , corrisponde al valore massimo dellafunzione A(r) ed e quindi la soluzione del nostro problema.In conclusione la finestra di area massima con perimetro 12 si costruisce conr = 12

4+π ∼ 1.680298. Se calcoliamo h si ottiene

h = 6− r − 1

12

4 + π=

12

4 + π= r ∼ 1.680298

e l’area massima e dunque

A = 12r − (2 +1

2π)r2 ∼ 10.081788

Osserviamo che tale area massima si ottiene quando h = r e quindi quando lafinestra e inscritta in un quadrato. Dopo tutte queste considerazioni sembrafinalmente opportuno... aprire la finestra e lasciare entrare la luce.

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7

Equazioni differenziali e integrali

God does not care about our mathematical difficulties.He integrates empirically.

(Albert Einstein)

Nature laughs at the difficulties of integration.

(Simon Laplace)

Le affermazioni di Einstein e Laplace ci suggeriscono l’idea che l’integrazio-ne sia una operazione facile in natura. Qui non stiamo parlando di mescolanzadi razze ma di un concetto matematico che definire basilare e persino riduttivo.Ma, come dice un vecchio maestro, la matematica si divide in due parti, quellafacile e quella che non sappiamo. Vedremo ora di colmare qualche lacuna.

In matematica si trovano due concetti di integrazione, quella indefinita equella definita e sono due cose completamente diverse... ma solo in apparenza.Vedremo che l’integrazione indefinita o anti-derivazione sono casi particolari diuna famiglia vastissima di equazioni che si chiamano differenziali. Poi vedremoche cosa hanno a che fare con il concetto di area.

7.1 Equazioni differenziali e anti-derivazione

Equazioni differenziali forniscono modelli matematici di una quantita enormedi fenomeni. Che cosa sono? Sono equazioni in cui l’incognita e una funzionee nell’equazione stessa compaiono sia la funzione che le sue derivate. Dettacosı, la definizione e un poco vaga. Vediamo dunque qualche esempio.

Esempio 7.1. L’equazione dydx − x2 = 0 e una equazione differenziale, do-

ve l’incognita e la funzione y. In questo caso sappiamo che y = 13x

3 e una

soluzione, infatti dydx = 1

3 · 3x2 = x2.

L’equazione dydx −e

x = 0 e una equazione differenziale, di cui una soluzione

e y = ex dato che dex

dx = ex.

Page 74: Robbiano Corso Appunti Finali

66 7 Equazioni differenziali e integrali

L’equazione d2ydx2 − x dydx + sin(x) = 0 e una equazione differenziale, di cui

non e immediato trovare soluzioni.

Non approfondiremo lo studio delle equazioni differenziali, di fatto ne trat-teremo solo un tipo, il piu semplice, ma non per questo meno importante. Equello di cui abbiamo gia visto un esempio e che si puo descrivere come

dy

dx= f(x)

Una soluzione e dunque una funzione y = g(x) tale che g′(x) = f(x). Una talefunzione, per ragioni evidenti, si chiama anti-derivata o primitiva di f(x).Si chiama anche integrale indefinito di f(x) e si indica con il simbolo∫

f(x)dx

uno strano modo di scrivere, la cui adeguata spiegazione verra data tra poco.Raccogliamo ora qualche osservazione. Siccome la derivata di una funzione

costante e zero, l’anti-derivata di una funzione non e univocamente definita.Infatti, se g1(x) e g2(x) sono anti-derivate di f(x) allora la derivata dellafunzione g1(x)− g2(x) e zero e quindi g1(x)− g2(x) e una funzione costante.Possiamo quindi concludere che una anti-derivata, se esiste, e definita ameno di una costante. Ad esempio le anti-derivate di f(x) = x2 sono lefunzioni g(x) = 1

3x3 + c con c ∈ R.

In termini grafici possiamo dire che se una funzione f(x) ammette primi-tiva g(x), i grafici di tutte le primitive si ottengono dal grafico di g(x) pertraslazione verticale.

Il lettore sa spiegare l’affermazione precedente?

Esempio 7.2. Dato che se f(x) = sin(x) si ha f ′(x) = cos(x), possiamoconcludere che

∫cos(x)dx = sin(x) + c, c ∈ R.

Dato che se f(x) = ex si ha f ′(x) = ex, possiamo concludere che valel’uguaglianza

∫exdx = ex + c, c ∈ R.

Perche prima abbiamo scritto se esiste? Non ci addentriamo nei meandridella teoria che a queso punto so fa complicata, ma sta di fatto che per alcunefunzioni una primitiva non esiste.

Una notevole proprieta dell’integrale indefinito si esprime dicendo che essoe un operatore lineare. Significa che l’integrale di una somma e la sommadegli integrali e l’integrale di un prodotto di una funzione per una costantecoincide con il prodotto della costante per l’integrale della funzione.

Primitive di funzioni elementari e regole di integrazione si trovano alle pagine164–165 di [CRR-10]

Page 75: Robbiano Corso Appunti Finali

7.2 Integrali definiti 67

Esempio 7.3. Integrali di polinomiVisto che, come detto prima, l’integrale indefinito e un operatore lineare,per calcolare l’integrale indefinito di una funzione polinomiale basta sapercalcolare l’integrale indefinito delle funzioni f(x) = xn con n ∈ N. Siccomedxn+1

dx = (n+ 1)xn, si ha∫xn = 1

n+1xn+1 + c, con c ∈ R. Ad esempio∫

4x2 − 2

5x− 1 =

4

3x3 − 1

5x2 − x+ c, c ∈ R

7.2 Integrali definiti

Ricordate che nella Sotto-sezione 5.1.2 avevamo calcolato l’area della regioneal di sotto della parabola, grafico della funzione f(x) = x2 compresa tra x = 0e x = a? Avevamo concluso che tale area e 1

3a3. D’altra parte 1

3x3 e una pri-

mitiva di x2 e i matematici hanno scoperto che questo legame tra primitive earee non e casuale.

Figura 7.1. Cauchy, 1789–1857

Avevamo gia det-to che il matemati-co Cavalieri all’ini-zio del diciasettesi-mo secolo fece del-le osservazioni fon-damentali che por-tarono alla com-prensione di quel-le antiche intuizio-ni sul calcolo dellearee. In particola-re egli si rese con-to che per calco-lare aree e volumibisogna fare infini-te somme. Succes-sivamente Newtone Leibniz contri-buirono in mododeterminante allacomprensione del legame tra derivata e primitiva e il matematico franceseCauchy nel diciannovesimo secolo unifico tutte le teorie precedenti, dandoloro una sistemazione completa e moderna.Per scoprire il legame tra primitiva e area, incominciamo con la definizionedi area di una regione al di sotto del grafico di una funzione continua f(x).

Page 76: Robbiano Corso Appunti Finali

68 7 Equazioni differenziali e integrali

Come mostra la figuraaccanto, usiamo un sim-bolo che ci prepara al-la grande scoperta. Ossiadiciamo che l’area dellaregione colorata si scri-

ve∫ baf(x)dx e si chia-

ma integrale definitodi f(x) tra gli estremia e b. In sostanza abbia-mo usato lo stesso sim-bolo dell’integrale indefi-nito, con la differenza che abbiamo aggiunto al simbolo i due estremi a e b.La figura stessa ci fa intuire che la variazione dell’area che si ottiene spostan-do l’estremo b coincide con il valore della funzione in b se lo spostamento epiccolissimo o meglio, come dicono i matematici, infinitesimo.

Vediamo di approfondire un poco questa affermazione. Se fissiamo il va-lore a della x e lasciamo variare l’altro estremo e quindi lo chiamiamo x,possiamo considerare l’area della regione sotto il grafico di f(x) compresatra a e x. Questa area varia al variare di x ed e quindi una funzione di x.Chiamiamola F (x). In formula quindi si ha

F (x) =

∫ x

a

f(x)dx

Se proviamo ad applicare la definizione di derivata alla funzione F (x) otte-niamo

F ′(x) = lim∆x−→0

∫ x+∆xa

f(x)dx−∫ xaf(x)dx

∆x= lim∆x−→0

∫ x+∆xx

f(x)dx

∆x

Un piccolo rettangolino con vertice in (x, 0), lato ∆x e altezza f(x) ha comearea f(x) ·∆x. Quando ∆x tende a zero l’area del rettangolino divisa la lun-ghezza della base tende quindi a f(x). Questa non e ancora una dimostrazionerigorosa, ma il ragionamento fatto dovrebbe convincerci che con un po’ di fa-tica in piu si ottiene il risultato voluto, ossia che F (x) e proprio una primitivadi f(x).

Il lettore capisce perche nella formula precedente il risultato non dipende da a?

Come detto, i matematici non si possono accontentare di intuizioni e ragio-namenti informali, ma sono in grado di dimostrare rigorosamente tale fatto.Per la sua enorme importanza, lo chiamano teorema fondamentale del calcolointegrale.

Page 77: Robbiano Corso Appunti Finali

7.2 Integrali definiti 69

Una sua formulazione precisa e la seguente.

Teorema 7.2.1. (Teorema fondamentale del calcolo integrale detto an-che Teorema di Torricelli-Barrow)Sia f(x) una funzione continua su un intervallo chiuso [a, b]. Sia F (x) lafunzione definita sull’intervallo [a, x] dalla formula F (x) =

∫ xaf(x)dx, dove il

secondo membro esprime l’area, con segno della regione delimitata dall’as-se x e dal grafico della funzione f(x) nell’intervallo [a, x]. Allora si hanno iseguenti fatti.

(a) La funzione F (x) e derivabile, quindi continua, su (a, b) e F ′(x) = f(x).

(b) Se g(x) e una primitiva di f(x) su [a, b], allora∫ baf(x)dx = g(b)− g(a).

Torricelli (1607 –1647) Barrow (1630 –1677)

Osservazione. Ora dovrebbe essere un poco piu chiaro il perche di quello

strano simbolo∫ baf(x)dx. Si tratta di una deformazione grafica di

∑f(x)∆x

dove la somma e fatta su tutti i piccoli segmenti di lunghezza ∆x in cui e sud-diviso il segmento [a, b], proprio come avevamo fatto nella sotto-sezione 5.1.2.

Esempio 7.4. Popolazione di batteriQuesto esempio e tratto da [BEM-08]. Ricordate la crescita malthusiana dellaSotto-sezione 4.3.3? Usiamo quel concetto per affrontare il seguente problema.

Supponiamo che una popolazione di batteri entri in un ambiente in un certomomento e supponiamo che la sua numerosita cresca con legge malthusianaN(t) = 103 et dove t e il tempo, la cui unita di misura e l’ora.

Page 78: Robbiano Corso Appunti Finali

70 7 Equazioni differenziali e integrali

Supponiamo inoltre che nell’ambiente in cui e entrata la popolazione siadisponibile un grammo di nutriente e che ogni batterio ne consumi due micro-grammi (2 · 10−6 g) all’ora. La domanda che ci poniamo e la seguente: quantodurera l’espansione della popolazione, ossia dopo quanto tempo avra esauritoil cibo a disposizione?

Dato che ci interessa dopo quanto tempo succede qualcosa, possiamo indicarecome t0 = 0 il tempo iniziale. Indichiamo con Q(t) la quantita di cibo, espressain grammi, consumata dall’inizio fino al tempo t. Sappiamo che Q(0) = 0 e chela sua variazione al tempo t, ossia la derivata della funzione Q(t), e data dallaquantita consumata dalla popolazione N(t) all’ora t-esima, ossia 2 ·10−6N(t).Otteniamo

Q′(t) = 2 · 10−6N(t) = 2 · 10−3et

da cui

Q(t) = 2 · 10−3∫ t

0

eudu = 2 · 10−3(et − 1)

Poniamo questa quantita uguale a 1 e otteniamo 1 = 2 · 10−3(et − 1) da cuiet = 501 e quindi t = ln(501) ∼ 6, 2 ore.

Esempio 7.5. Funzioni razionaliVediamo una applicazione della scomposizione di funzioni razionali illustratanella Sotto-sezione 4.2.1. Avevamo visto che

2x− 1

x4 − 2x3 + 2x2 − 2x+ 1=

12

x− 1+

12

(x− 1)2+− 1

2x− 1

x2 + 1(1)

Di conseguenza, se vogliamo calcolare l’integrale indefinito∫2x− 1

x4 − 2x3 + 2x2 − 2x+ 1dx

possiamo scomporre il calcolo nella ricerca di primitive di12

x−1 ,12

(x−1)2 e− 1

2x−1x2+1 .

Una primitiva di 1x−1 e ln |x − 1|. Una primitiva di 1

(x−1)2 e − 1x−1 . Vale

l’uguaglianza− 1

2x− 1

x2 + 1=− 1

4 (2x)

x2 + 1− 1

x2 + 1

Una primitiva di 2xx2+1 e ln((x2 + 1)). Una primitiva di 1

(x+1)2 e arctanx.

Utilizzando la formula (1) si conclude che∫2x− 1

x4 − 2x3 + 2x2 − 2x+ 1dx =

1

2ln |x−1|− 1

2(x− 1)− 1

4ln(x2+1)−arctanx

Page 79: Robbiano Corso Appunti Finali

7.2 Integrali definiti 71

7.2.1 Valore medio

Osserviamo ora un utilizzo dei concetti appena visti.

I matematici dimostrano che se una funzio-ne f(x) e continua nell’intervallo chiuso [a, b]e derivabile nell’intervallo aperto (a, b) alloraesiste un valore c ∈ (a, b) tale che

f ′(c) =f(b)− f(a)

b− aIl significato geometrico della affermazio-ne precedente e quello illustrato in figura.Questo fatto viene chiamato teorema delvalore medio o teorema di Lagrange.Se g(x) e una funzione continua nell’inter-vallo chiuso [a, b], consideriamo la funzioneG(x) =

∫ xag(x)dx. Sappiamo che e derivabi-

le in (a, b) e che la sua derivata e g(x) peril teorema fondamentale del calcolo integrale. Ora applichiamo il teorema delvalore medio alla funzione G(x) e deduciamo che esiste un valore c ∈ (a, b)

tale che G′(c) = g(c) = G(b)−G(a)b−a . D’altra parte G(b) =

∫ bag(x)dx, mentre

G(a) =∫ aag(x)dx = 0. In conclusione abbiamo g(c) =

∫ bag(x)dx

b−a . Il valore g(c)viene detto media della funzione g(x) nell’intervallo [a, b]. Ad esempio ilvalore medio di sin(x) nell’intervallo [0, 2π] e dato dalla formula∫ 2π

0sin(x)dx

2π=

cos(2π)− cos(0)

2π=

1− 1

2π= 0

Si ottiene 0 come valore medio, il che corrisponde perfettamente conl’intuizione che si ha osservando il grafico di sin(x).

Qui si concludono gli appunti del corso “Elementi di Matematica”. Il mio

augurio e che, dopo avere meditato per bene sulle cose da me scritte,

possa salire la vostra sete del sapere matematico. Ed e per questo che

concludo con una mia frase palindromica.

e la sete sale

(Dalle palindromi di L. R.)

Page 80: Robbiano Corso Appunti Finali
Page 81: Robbiano Corso Appunti Finali

Riferimenti bibliografici

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