sabina sperlein e jung di carotenuto

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Page 1: Sabina Sperlein e Jung Di Carotenuto

Ancora su SabinaSpieirein

Aldo Carotenuto, Roma

Quando per la prima volta entrai in possesso deidocumenti che facevano luce sui rapporti tra SabinaSpielrein, Freud e Jung, provai quel tipo di sensazioneprobabilmente sperimentata da ogni ricercatore cheseguendo per anni una traccia, un'intuizione, un minimoindizio, alla fine vede inaspettatamente dispiegarsi difronte ai suoi occhi la soluzione del problema. Anni prima,infatti, leggendo l'epistolario tra Freud e Jung(1) avevofatto notare come Jung si fosse trovato a vivereun'intricatissima relazione transferale e controtransferalecon una paziente, Sabina Spielrein (2), e come taleesperienza avesse influito sull'evoluzione successiva delsuo pensiero e lo avesse condotto alla formulazione dialcune ipotesi originali sulla psiche (3).Il materiale nelle mie mani era di grandissima importanzaed ho già spiegato nel mio libro il modo avventuroso in cuiriuscii ad ottenerlo (4). Dopo la pubblicazione del librosono venuto a conoscenza di altri particolari interessantisulla vicenda di Sabina Spielrein. Ad esempio, il mio amicoDr. Ljunggren, studioso svedese di lingue slave, è riuscitoa recu-

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(1) W. McGuire (a cura di),Thè Freud/ Jung Letters,Londra, The Hogarth Pressand Routiedge & KeganPaul, 1974; trad. it, Letteretra Freud e Jung, Torino,Boringhieri, 1974.(2) Rivista di psicologia,analitica, anno 5°, n. 2,1974, p. 405.(3) A. Carotenuto, Senso econtenuto della psicologiaanalitica, Torino, Bo-;ringhieri, 1977, pp. 130 e sgg.(4) A. Carotenuto, Diario di unasegreta simmetria.:Sabina Spielrein tra Jung e Freud,Roma, Astrolabio, 1980.

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(5) M. Ljunggren, « Sabinamellan Jung och Freud »,Expressen, Stoccolma, 15luglio 1983. Si veda l'articolodi Ernesto Ferrerò, corredatoanche dalle fotografie ineditedi S. Spielrein, su Tuttolibri,anno IX, n. 377, supplementoa La Stampa del 15 ottobre1983, p. 4.

(6) B. Bettelheim, « Scandal inThe Family », The New YorkReview of Books, vol. XXX, n.11, 30 giugno 1983; trad. it. inquesto volume, pp. 86-117. Sivedano anche le recensioni diP. Homans in Journal of TheHistory of The BehavioralSciences, vol. XIX, n. 3, luglio1983, pp. 240-244; di J.Hubback, in The Journal ofAnalytical Psychology, vol. 28,n. 1, gennaio 1983, pp. 73-75;di J. Raphael-Leff, in TheInternational Review ofPsycho-Analysis, vol. 10, pari2, 1983, pp. 241-242; si vedainoltre M. Drahon-Gallard, «Uncorps de femme entre deuscorps de doctrine: SabinaSpielrein », in Cahiers de Psy-chologie Jungienne, n. 34, 3°trimestre 1982, pp. 1-14. InItalia sono stati pubblicati iseguenti saggi sull'argomento:F. Bassan, « Sabina Spielreine la pulsione di morte», inM.T. Colonna (a cura di), Con-nessioni, Rivista di psicologiaanalitica, n. 27/83, pp. 157-161; P. Terrile, « Freud eSpielrein: notazioni in margineal concetto di pulsione di mor-te », Giornale Storico di

perare a Mosca alcune fotografie della Spielrein e aprecisare meglio il tempo e le modalità della sua morte.Nel 1941 i tedeschi che avevano occupato Rostov sul Donrinchiusero tutti gli ebrei nella sinagoga e li trucidarono.Sabina Spielrein, che non era stata catturata, si presentòcon le figlie al comando tedesco e venne ovviamenteuccisa. Sembra che il marito fosse morto molto tempoprima in un ospedale psichiatrico (5). D'altra parte sipotrebbe scrivere un secondo libro non tanto per arricchiree completare di nuovi particolari la storia che già cono-sciamo, quanto per analizzare le reazioni del pubblico edegli studiosi. L'ampio articolo di Bruno Bettelheim mipermette di fare il punto sulla situazione, proprio perchéesso rappresenta una perfetta sintesi delle varieosservazioni che mi sono state rivolte (6).C'è una premessa importante che non può esseretrascurata. Qualcuno si è posto il problema se il materialedovesse essere pubblicato, come ad esempio hanno fattogli eredi di Jung, negando, almeno per ora, il permessoper la divulgazione delle lettere che egli inviò a SabinaSpielrein. Affermare che non bisognerebbe mainascondere nulla potrebbe sembrare ovvio, ma in effetti larealtà è molto più meschina di quanto sembri. A tutt'oggiessere psicoanalista significa ancora avere un padrefondatore, a differenza invece di quanto può accadere perun letterato o per un astronomo che non hanno bisogno,per essere tali, di denunciare la propria paternità. Ho sem-pre detto, e non mi stancherò mai di dirlo, che questasituazione rappresenta la parte più debole dellapsicoanalisi perché la devozione verso il padre noncoincide con la verità. Gli psicoanalisti non dovrebberoaver bisogno di difendere niente altro se non l'esperienzaclinica, che è stata e rimane l'unico vero terreno diincontro. Purtroppo non si comprende che quando sidifendono le persone e non le idee significa che le ideestesse non hanno alcun fondamento e che quindi, in mododel tutto surrettizio, ciò che sembra essere una pura esemplice preferenza altro non è che un introdurre ilprincipio di autorità. Quindi, anche se nel futuro, quandoad esempio si potrà

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accedere al Sigmund Freud Archives, dovesse emergerequalcosa che potrebbe oscurare questo o quell'altrogrande personaggio della psicoanalisi, nulla potràsembrare irreparabile se le idee fondate sui fatti clinicimanterranno il loro valore esplicativo. Personalmente nonho mai avuto il minimo dubbio sulla necessità di pubblicareciò di cui ero in possesso, perché i documenti nonavevano a che fare con gente comune, che ha il diritto aconservare l'anonimato e la riservatezza della propria vita,ma con persone le cui idee hanno cercato di cambiare ilmondo, offrendo dei paradigmi per interpretarlo. D'altraparte non ho la minima comprensione per coloro cheavrebbero desiderato la soppressione dei documenti. Inrealtà, dietro il desiderio di non portare alla luce dei fattiproblematici non chiaramente interpretabili, si nascondel'insicurezza della propria professionalità fondatasull'adorazione e non sulla ricerca.Fra i vari articoli dedicati al libro, quello di Bettelheim misembra il più sensato e circostanziato. Mentre in linea dimassima sono necessariamente d'accordo con alcune tesidi fondo, come l'importanza che i fatti personali hannonelle relazioni fra gli uomini, sento il dovere di precisarealcuni punti. Molto giustamente Bettelheim nota come nonsia possibile evincere dal libro se io abbia fatto tutto ilpossibile per sapere se fossero ancora in vita alcuniparenti di S. Spielrein. Delle volte, però, ciò che non èdetto non coincide con il non fatto, lo non credo che siaun'esperienza frequente cercare informazioni in UnioneSovietica. La cosa più ovvia che feci fu quella di scriveread un giornale di Rostov sul Don, spiegandogli checercavo di mettermi in contatto con gli eventuali parenti diSabina Spielrein. Dopo vari mesi mi arrivò una gentilerisposta con la quale mi si diceva che i lettori del giornaleerano tutti molto giovani e che quindi nessuno mi avrebbemai potuto dare qualche notizia. Scrissi anche al Prof. A.B. Kogan dell'Università di Rostov sul Don, ma anch'egli fuincapace di darmi qualche notizia. Non mi restò chemettere un annuncio su di un giornale

Psicologia Dinamica, vol.VII, n. 14, giugno 1983, pp.88-102; G. Maffei,

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(7) Journal of The History ofThe Bebavioral Sciences, vol.XV, n. 1, gennaio 1979, p. 96.

(8) « Extraits inédits d'unjournal », Le Bloc-Notes de lapsychanalyse, n. 3, 1983,pp. 147-170.

(9) New York, 18 dicembre1982, Annual Meeting of TheAmerican PsychoanalyticAssociation.

viennese (il più vicino all'Europa orientale) e un altroannuncio su di una rivista di storia della psicologia che sipubblica in America (7). Ma anche queste ricerche furonosenza risultato. Giunsi quindi alla conclusione che,avendo fatto il possibile, non mi restava che pubblicare ilmateriale di Sabina Spielrein. D'altra parte, dato l'assolutosilenzio su questa protagonista delle prime scopertepsicoanalitiche, pensai che soltanto la pubblicazione delmateriale in mio possesso avrebbe potuto eventualmentestimolare delle altre ricerche, suscitare ricordi, stimolarecuriosità. E in effetti, dopo l'uscita del libro, a Ginevra unarivista di storia della psicoanalisi ha pubblicato alcuniinediti di Sabina Spielrein (8). Ma la risposta più originaleè venuta dalla Svezia, dove Io studioso di lingue slaveMagnus Ljunggren ha condotto una ricerca nell'UnioneSovietica e ha trovato a Mosca una parente di SabinaSpielrein, recuperando anche alcune fotografie che, nonessendo mai state pubblicate, rappresentano una novitàassoluta nella storia del pensiero psicoanalitico.Ma vediamo adesso un altro problema, che sembraessere il più importante di tutta la vicenda, sul qualeBettelheim si ferma a lungo. Mi riferisco ovviamente allanatura del rapporto che intercorse tra Jung e SabinaSpielrein. Ciò che più mi ha colpito durante un miointervento nel dicembre 1982 all'annuale sesseionepsicoanalitica americana, dove ero stato appunto invitatoper una conferenza sul mio libro (9), era l'insistenza con laquale mi veniva chiesto se Jung avesse avuto rapportisessuali con la sua paziente. Avevo cioè l'impressioneche tutto il problema fosse connesso a questo particolaree che nient'altro della vicenda, così ricca e umana nellasua complessità, fosse degno di discussione. SecondoBettelheim io mi adopero per dimostrare che Jung eSabina Spielrein non ebbero rapporti sessuali. In realtàquesto problema non mi ha mai molto interessato per ilsemplice motivo che non esiste una sola evidenza nelmateriale pubblicato e nelle lettere di Jung in miopossesso che rapporti sessuali ci siano stati. Certo,qualcosa si può inferire, e non

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a caso Bettelheim fa notare come l'espressione « Poesia», che si ritrova nei diari di Sabina Spielrein, venga da mecollegata a un'altra metafora letteraria di proustianamemoria che alludeva ai rapporti sessuali tra Swann eOdette. Il mio collegamento voleva soltanto interpretare unapparente « non sense » dell'espressione « Poesia ». Delresto, tutte le persone tra le quali esiste un sentimentod'amore hanno delle espressioni assolutamente individuali,il cui significato è scritto nel più profondo dell'anima. Ma laquestione è un'altra. Dobbiamo domandarci perché glianalisti sembrano ossessionati da questo punto che dellevolte sembra essere non un problema, ma il problema pereccellenza. Bisogna essere analisti e praticare realmentel'analisi per conoscere l'intensità delle forse libidiche che siinstaurano durante un trattamento la cui durata si èsempre più allungata nel tempo. Nel 1913 Freud scrivevache il lavoro psicoanalitico richiede tempi lunghi, « mezzianni o anni interi, comunque periodi più lunghi di quanto imalati si aspettano » (10). Si pensi a quanto ridicolocadrebbe sulle spalle di un analista moderno se siazzardasse a parlare di mezzo anno! Questa smisuratalunghezza ovviamente può favorire delle situazioniparticolari nelle quali l'obiettivo iniziale dell'incontro, laterapia, sembra dissolversi in qualcosa di indifferenziato,la ripetizione si oppone alla ripetizione e la cosa più ovviada fare sembra quella di scendere al livello dell'esperienzaconcreta. Ma si tratta di un'apparenza perché proprio lafacilità del fatto dovrebbe insegnare che l'amore nato in unsetting analitico si agevola di condizioni che in lineaordinaria non esistono sul piano della realtà. In questocaso è come un furto commesso da un cassiere di bancache manipola soldi tutti i giorni. Questa tentazione al furtorappresenta l'ombra di ogni trattamento analitico, le cuicondizioni potrebbero favorire un rapporto d'amore. Ilproblema allora non e quello di essere ossessionatidall'idea, ma consiste nell'affrontare la durissima realtà diquesta situazione. D'altra parte la pratica analitica è unesercizio pericoloso ed ogni situazione analitica che ricordiall'ana-

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(10) S. Freud, « Nuovi con-sigli sulla tecnica del trat-tamento ", in Opere, vol. VII,p. 339.

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(11) Ibidem, p. 341.

(12) S. Kierkegaard, Diario, II,Brescia, Morcelliana, 1963,par. 2945.

lista questo pericolo non ha mai reazioni ragionevoli masempre insensate risposte. Non è un caso quindi che agliinizi della psicoanalisi (e in senso ontogenetico questovale per qualsiasi analista agli inizi della professione) sifosse meno agguerriti nel far fronte alle cariche libidichesmosse dal trattamento. Bettelheim discute ilcomportamento di Jung quando la situazione sembravanon offrire scampo. Nella mia interpretazione, il farsipagare del denaro per arginare i sentimenti, alla luce di undiscorso psicologico, non è un fatto banale. È banale se sivuole rimanere su di un piano di comprensionesuperficiale. Ma diventa qualcosa di diverso se, volendocitare lo stesso Freud, « nella valutazione del denaro sonocoinvolti potenti fattori sessuali » (11).Come ho già detto nel libro, il denaro rappresentavanell'ottica di Jung un punto di riferimento esterno a cuiattaccarsi, quella dimensione analitica cioè che ogniterapeuta conosce quando, travolti da situazioni inconsce,si riesce comunque a far riferimento ad una boagalleggiante, ad uno scoglio, a qualcosa che permette dielevarsi e vedere cosa sta succedendo. Nella terapiaanalitica c'è un grande desiderio perché il rapporto diventiqualcosa di naturale, ma questo desiderio è proprio ilsegno che la coscienza ha un livello basso e quindi simuove verso l'incoscienza. Ma se invece sosteniamo chel'analisi non è un fatto naturale, come non è un fattonaturale la nascita della coscienza, è proprio allora che «la continenza diventa l'espressione dello spirito » (12). Sicomincia a costruire un'anima per la relazione, si capisceforse per la prima volta con la coscienza che cosa èl'amore. Certo, in una situazione di turbolenza emotiva,nell'ambito di un rapporto analitico, il paziente o la pa-ziente, essendo psicologicamente più dipendente, rischiadi affrontare situazioni assai dolorose. Mi si può quindiperdonare se qualche volta uso soltanto il nome diSabina, senza il cognome, per la simpatia che ho provatoper questa giovane che cercava di tener testa a Jung e aFreud. Bettelheim interpreta questa mia modalità comeuna mancanza di rispetto. Debbo dire che questaosservazione mi ha veramente

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stupito!, Nella mia esperienza, chiamare per nome unapersona implica sempre una carica affettiva che va oltreuna generica ammirazione. Non credo che ci sia qualcunoche abbia mai pensato a Sigmund e a Carl Gustav. Questinomi non ci vengono mai in mente, mentre a me è venutospontaneo collegarmi con la protagonista del mio librosoltanto con il suo nome, specialmente in quelle situazioniin cui la posta che si giocava era un'anima, eranosentimenti, era un tipo d'amore che non è mai venutomeno, forse neanche nei momenti più tragici della suaesistenza. Noi sappiamo che Jung, dopo l'episodio diSabina, andò per altre strade chiedendo ancora alla suaanima gravi prove da superare. Ma per una paziente (o unpaziente) le cose non possono essere più le stesse. Unapprofondimento radicale del rapporto analitico, come puòavvenire quando l'amore prende il sopravvento, diviene difatto un tatuaggio indelebile cui il pensiero ricorre neimomenti più tristi o più lieti e che nessuna ulterioreesperienza riuscirà mai a cancellare. Questo è il motivoper cui il mio libro è un libro su una ragazza chiamataSabina e non Spielrein.E del resto non è questa stessa Sabina che spinse Jung abuttarsi nella vicenda con la massima « dedizione »?Anche su questo punto è necessario un commento.Bettelheim discute sul significato di questa parola edavanza delle perplessità sul vero significato del terminetedesco Hingabe. Nel 1982 è uscito negli Stati Uniti unostimolante saggio di Bettelheim sulla traduzione in inglesedelle opere di Freud (13). Si tratta di un libro assai acutoche dimostra gli incalcolabili danni che cattivi traduttori-traditori hanno fatto nei riguardi del pensiero psicoanalitico.L'appunto più importante che l'autore fa alle traduzioniinglesi è che il termine tedesco « Seele » vuol dire « anima» e non « mente ». Tale errore ha stravolto il sensodell'opera freudiana, che in lingua originale parladirettamente al cuore delle persone, catturandole su di unpiano personale. Sull'onda di questa esegesi linguistica èfacile capire perché anche in questa occasione Bettelheimsi scagli contro le cattive traduzioni. Per Bettelheim «Hingabe » è spesso

(13) B. Bettelheim, L'animadi Freud, Milano, Fel-trinelli,1983.

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(14) Debbo alla signorinaAniela Jaffé queste pre-cisazioni sull'uso del termineHingabe.

usato per indicare una resa di carattere sessuale. Sembraperò che in questo caso le critiche siano da respingere. Laparola Hingabe può avere in tedesco un significatosessuale, ma soltanto se si riferisce ad un soggettofemminile. Per esempio:Sie gab sicb ihm hin, ihre Hingabe war wolikommen. (Ella si diede a lui,la sua passione era totale).

Ma non si potrebbe mai dire:

Er gab sicb ihr hin. (Egli si diede a lei).

Ci sono esempi in cui Hingabe non ha per nullaun'accezione sessuale:II bambino ricevette alcune matite colorate e « mit grosser Geduid undHingabe malte er ein Bild nach dem Anderen » (con grande pazienza epassione egli dipinse una figura dopo l'altra).

Oppure:

Mit Hingabe widmete sich der Student dem Thema seiner Doktorarbeit(Con fervore — o impegno — lo studente si dedicò al tema della sua tesidi laurea).

O ancora:Mit bewundernswerter gròsster Hingabe pflegt Mutter Theresa dieKranken (Con dedizione degna della più grande ammirazione MadreTeresa assistette gli infermi).

Oppure:Wir beobachteten, mit welcher Hingabe die kleine Katze ihre Jungensàugte und mit ihnen spielte (Noi osservammo con quale dedizione ilpiccolo gatto allattava i suoi piccoli e giocava con loro).

Per quanto riguarda la traduzione inglese si può essereforse d'accordo con Bettelheim che l'espressione « withgreatest devotion » sarebbe stata più incisiva esignificativa dell'altra adottata « unstinting effort » (14).Resta comunque il fatto che il termine adoperato da Jungnon voleva sottintendere alcun significato sessuale.D'altra parte capisco quanta importanza as-

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suma la pubblicazione delle lettere di Jung. Ho sempredetto che l'atteggiamento degli eredi di Jung èincomprensibile perché i documenti in mio possesso nonledono la sua figura ma al contrario, per il loroprofondissimo valore umano, servirebbero a dare di luiun'immagine diversa.Bettelheim si lamenta che io non specifichi il pretesto conil quale Sabina Spielrein non si era recata al Congressodi Weimar. Non ricordo il motivo esatto della mia scelta,ma probabilmente durante la stesura del libro non trovairilevante questo argomento. Comunque, Jung dice nellalettera del 1911: «Vedo la sua situazione con chiarezza.Non posso pensare che vi sia qualcosa di organico alsuo piede, poiché la situazione psicologica è fin tropposignificativa per il trauma. Nel Suo intimo Lei cercava unaragione per non dover andare a Weimar. Cioè,ovviamente Lei voleva venirci, spinta da una precisafantasia di desiderio che ha dovuto rimuovere ... Pernessun motivo, però, avrebbe dovuto rinunciare allapartecipazione al Congresso. Con ciò ha commesso ungrave errore per il quale si è già punita » (« Ich sehe IhreSituation klar. Ich kann mir kaum denken, dass etwasOrganisches mit Ihrem Fuss los ist, denn diepsychologische Situation ist doch zu stark traumatischbedeutsam. Es suchte in Ihnen nach einem Grund, nichtnach Weimar gehen zu müssen. Sie wollten nämlich miteiner bestimmten Wunschphantasie hierherkommen, dieSie wieder zu verdrängen hatten ... Sie hätten aber unterkeinen Umständen auf den Congressbesuch verzichtendürfen, damit haben Sie einen schweren Fehlerbegangen, für den Sie sich bereits abgestraft haben »).In questa lettera, come del resto nelle altre, Jung nonsmette mai di dialogare con Sabina ad un livellopsicologico, offrendo in tal modo un esempio di come lostrumento analitico non venga abbandonato neanche inpresenza di circostanze reali preponderanti che siinseriscono nel rapporto.Dopo queste considerazioni su alcuni appunti a me rivoltida Bettelheim, debbo dire che sono sostanzialmented'accordo con le sue tesi, in particolar modo

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quando egli ci invita a riflettere sulla guarigione di SabinaSpielrein. Un lettore non attento potrebbe però inferire cheil risultato giustifichi i mezzi, ma una tale comprensionesarebbe un modo semplicistico e superficiale di accostarsial problema. Quando si discute fra analisti sullo specificodella professione, si potrebbe dire, in linea del tuttogenerale, che emerge sempre oscuramente il desiderio dipossedere una serie di regole fisse e inequivocabili cuiattenersi in modo tale da poter giudicare il grado diaderenza o di devianza da queste norme. La ragione nondetta di questo desiderio è l'ombra del ciarlatano, piùvivamente messa a fuoco quanto più gli studi universitarisono stati rigorosi e severi. L'esigenza di puntiincontrovertibili è del tutto legittima e il discorso sullatrasgressione ha la sua ragion d'essere proprio inrelazione a questo problema. Noi non potremo mai saperese un comportamento di Jung forse più adeguato ai nostriattuali modelli avrebbe ottenuto Io stesso risultato, equesta impossibilità, come ho sempre sottolineato, èl'intrinseca debolezza dei procedimenti psicoterapeutici.La verità è sempre una questione relativa, è qualcosa chemuta nel tempo, ma non per questo noi rinunciamo asapere quello che attualmente è legittimo sapere. Maquando questa verità non esiste? Diceva Pascal che «quando non si sa la verità di una cosa è bene che vi sia unerrore comune che fissi la mente degli uomini »(15), ma èanche bene sapere che si tratta di un errore, per evitareche un semplice accordo fra le persone diventi qualcosa didogmatico, una penosa tirannia che ognuno si porta sullespalle senza capirne più il significato. Chi è abituato adandare in montagna trova delle frecce gialle che indicanosentieri e passeggiate sicuri ed è bene che le persone nonpratiche seguano queste indicazioni. Ma potrebbe esserciqualcuno che preferisce nuovi sentieri, diverse emozioni esarà la fede nelle sue capacità di orientamento che lospingerà su percorsi insoliti. A questi avventurosi noidobbiamo tutto perché essi soltanto sgretolano l'immobilitàdella storia.

(15) B. Pascal, Frammenti,Milano, Rizzoli, 1983, vol. Il, p.705.