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MECCANISMI DISSIPATIVI NELLE OPERE IN TERRA RINFORZATA Luca Masini, Luigi Callisto, Sebastiano Rampello “Sapienza”, Università di Roma [email protected] Sommario Nelle opere di sostegno in terra rinforzata, l’energia trasmessa da eventi sismici molto intensi viene principalmente dissipata per effetto dell’attivazione temporanea di meccanismi plastici globali, locali o misti. In questa nota viene mostrato che tre diverse opere di sostegno dimensionate per avere la stessa resistenza sismica globale possono attivare meccanismi plastici diversi e quindi esibire comportamenti diversi in condizioni sismiche. Le resistenze globali sono valutate attraverso analisi pseudo-statiche condotte a rottura, mentre il comportamento sismico è studiato mediante analisi numeriche dinamiche. I risultati mostrano che per le opere in terra rinforzata è sempre presente un contributo dissipativo interno, evidenziato dalla mobilitazione della resistenza in diverse porzioni del sistema terreno-rinforzi; questo contributo, legato alla capacità deformativa dei rinforzi, è in grado di migliorare significativamente la prestazione sismica complessiva dell’opera. 1. Studio dei meccanismi plastici Il buon comportamento osservato per opere in terra rinforzata in vera grandezza soggette ad eventi sismici molto intensi (Koseki et al., 2009) e per modelli in scala ridotta su tavola vibrante (Ling et al., 2005) può essere attribuito allo sviluppo di meccanismi plastici interni che contribuiscono alla dissipazione dell’energia cinetica trasmessa dal sisma e all’intrinseca duttilità degli elementi di rinforzo. Tali meccanismi plastici possono attivare la resistenza dei livelli di rinforzo, quella dell’interfaccia fra terreno e rinforzi, e quella nei terreni di riempimento e di fondazione. In questa nota si confrontano tre diversi schemi di opere in terra rinforzata, a sostegno di un terrapieno di altezza H = 15 m con un’inclinazione del paramento rispetto alla verticale β = 10° (Figura 1). Nei casi A e B sono presenti 25 livelli di geo-griglie di spaziatura s = 0.6 m; nel caso A, i rinforzi hanno lunghezza B = 11.25 m (B/H = 0.75) e resistenza a trazione T T = 25 kN/m; nel caso B i rinforzi sono più corti (B = 7.9 m, B/H = 0.53) e più resistenti (T T = 35 kN/m). Il caso C si riferisce invece a un’opera a gravità di tipo tradizionale, di larghezza B = 5.6 m. Per quest’ultima tipologia di opera, evidentemente caratterizzata da una modesta dissipatività interna, si è assunto un comportamento elastico lineare. Il terreno di riempimento è costituito da un materiale a grana grossa, con peso dell’unità di volume γ = 20 kN/m 3 e angolo di resistenza al taglio ϕ' = 35°; il terreno di fondazione è a grana fina con γ = 20 kN/m 3 , ϕ' = 28° e c' = 10 kPa. Le analisi sono state svolte assumendo pressioni interstiziali nulle. La resistenza al contatto terreno - rinforzo è puramente attritiva, con angolo di resistenza al taglio uguale a quella del terreno di riempimento (ϕ' s = 35°). Per ciascuno degli schemi precedentemente descritti è stato costruito un modello alle differenze finite e i meccanismi plastici sono stati ricercati mediante analisi pseudo-statiche iterative in cui la componente orizzontale delle forze d’inerzia è stata incrementata progressivamente fino a un valore, detto “critico”, per il quale si verifica l’attivazione di un meccanismo plastico del sistema. Le analisi sono state eseguite in condizioni di deformazione piana, mediante il codice di calcolo FLAC v.5 (Itasca, 2005). La Figura 2 mostra a titolo di esempio la griglia di calcolo impiegata per il caso A; essa ha una larghezza complessiva di 100 m circa e si estende per 40 m al di sotto del terrapieno. Nelle

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MECCANISMI DISSIPATIVI NELLE OPERE IN TERRA RINFORZATA

Luca Masini, Luigi Callisto, Sebastiano Rampello “Sapienza”, Università di Roma

[email protected]

Sommario

Nelle opere di sostegno in terra rinforzata, l’energia trasmessa da eventi sismici molto intensi viene principalmente dissipata per effetto dell’attivazione temporanea di meccanismi plastici globali, locali o misti. In questa nota viene mostrato che tre diverse opere di sostegno dimensionate per avere la stessa resistenza sismica globale possono attivare meccanismi plastici diversi e quindi esibire comportamenti diversi in condizioni sismiche. Le resistenze globali sono valutate attraverso analisi pseudo-statiche condotte a rottura, mentre il comportamento sismico è studiato mediante analisi numeriche dinamiche. I risultati mostrano che per le opere in terra rinforzata è sempre presente un contributo dissipativo interno, evidenziato dalla mobilitazione della resistenza in diverse porzioni del sistema terreno-rinforzi; questo contributo, legato alla capacità deformativa dei rinforzi, è in grado di migliorare significativamente la prestazione sismica complessiva dell’opera.

1. Studio dei meccanismi plastici

Il buon comportamento osservato per opere in terra rinforzata in vera grandezza soggette ad eventi sismici molto intensi (Koseki et al., 2009) e per modelli in scala ridotta su tavola vibrante (Ling et al., 2005) può essere attribuito allo sviluppo di meccanismi plastici interni che contribuiscono alla dissipazione dell’energia cinetica trasmessa dal sisma e all’intrinseca duttilità degli elementi di rinforzo. Tali meccanismi plastici possono attivare la resistenza dei livelli di rinforzo, quella dell’interfaccia fra terreno e rinforzi, e quella nei terreni di riempimento e di fondazione.

In questa nota si confrontano tre diversi schemi di opere in terra rinforzata, a sostegno di un terrapieno di altezza H = 15 m con un’inclinazione del paramento rispetto alla verticale β = 10° (Figura 1). Nei casi A e B sono presenti 25 livelli di geo-griglie di spaziatura s = 0.6 m; nel caso A, i rinforzi hanno lunghezza B = 11.25 m (B/H = 0.75) e resistenza a trazione TT = 25 kN/m; nel caso B i rinforzi sono più corti (B = 7.9 m, B/H = 0.53) e più resistenti (TT = 35 kN/m). Il caso C si riferisce invece a un’opera a gravità di tipo tradizionale, di larghezza B = 5.6 m. Per quest’ultima tipologia di opera, evidentemente caratterizzata da una modesta dissipatività interna, si è assunto un comportamento elastico lineare. Il terreno di riempimento è costituito da un materiale a grana grossa, con peso dell’unità di volume γ = 20 kN/m3 e angolo di resistenza al taglio ϕ' = 35°; il terreno di fondazione è a grana fina con γ = 20 kN/m3, ϕ' = 28° e c' = 10 kPa. Le analisi sono state svolte assumendo pressioni interstiziali nulle. La resistenza al contatto terreno - rinforzo è puramente attritiva, con angolo di resistenza al taglio uguale a quella del terreno di riempimento (ϕ's = 35°).

Per ciascuno degli schemi precedentemente descritti è stato costruito un modello alle differenze finite e i meccanismi plastici sono stati ricercati mediante analisi pseudo-statiche iterative in cui la componente orizzontale delle forze d’inerzia è stata incrementata progressivamente fino a un valore, detto “critico”, per il quale si verifica l’attivazione di un meccanismo plastico del sistema.

Le analisi sono state eseguite in condizioni di deformazione piana, mediante il codice di calcolo FLAC v.5 (Itasca, 2005). La Figura 2 mostra a titolo di esempio la griglia di calcolo impiegata per il caso A; essa ha una larghezza complessiva di 100 m circa e si estende per 40 m al di sotto del terrapieno. Nelle

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Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2014 - IARG 2014 Chieti e Pescara, 14-15-16 luglio

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analisi statiche e pseudo-statiche sono impediti gli spostamenti orizzontali sui contorni laterali del dominio ed entrambe le componenti di spostamento sul contorno inferiore. Il terreno è assimilato ad un mezzo elastico – plastico perfetto, con dilatanza nulla, coefficiente di Poisson ν = 0.3 e modulo di rigidezza tangenziale G pari al 20% e al 50% della rigidezza a piccole deformazioni G0, per il terreno di fondazione e per il rilevato rispettivamente, in dipendenza del livello medio di deformazione stimato nelle analisi.

I livelli di rinforzo sono modellati con elementi “strip” reagenti solo a trazione. Il legame tra la forza assiale T e la deformazione assiale ε dell’elemento è elastico – plastico perfetto, con deformazione di snervamento εy = 2 %, eguale per i casi A e B. Il contatto terreno – rinforzo è elastico – plastico perfetto, con una rigidezza tangenziale Ks molto elevata e una resistenza puramente attritiva (ϕ's = 35°). I parametri meccanici dei rinforzi assunti nelle analisi, riportati in Tabella 1, sono tipici di una geo-griglia in PET di media resistenza. Il paramento del muro è stato modellato assegnando un comportamento elastico lineare alle prime due file di zone della superficie laterale del muro.

L’analisi delle fasi costruttive comprende una fase iniziale, in cui si genera lo stato tensionale litostatico, e 25 fasi di costruzione, per strati, del muro e del riempimento a tergo di esso. Al termine di ciascuna fase vengono aggiornate le rigidezze del rilevato e del terreno di fondazione per effetto della variazione delle tensioni efficaci indotta dal processo di costruzione. A partire da queste condizioni, si sono eseguite le analisi pseudo-statiche, incrementando progressivamente la componente orizzontale delle forze di massa kh·γ. Il coefficiente sismico critico kc, e il meccanismo plastico ad esso associato, sono quelli in corrispondenza dei quali il sistema accumula spostamenti senza che l’algoritmo giunga a convergenza.

Le analisi numeriche pseudo-statiche hanno evidenziato che i tre schemi di riferimento sono caratterizzati da valori del coefficiente sismico critico kc molto simili (kc = 0.060 ÷ 0.066). Nonostante

β

β

B = 0.75H 0.53H 0.38H

H

s

A B C

Fig 1. Schemi di riferimento studiati

bedrock

cont

orno

free

-fiel

d

cont

orno

free

-fiel

d55

m

11.25 m

101.25 m

45 m 45.36 m

40 m

Fig 2. Griglia di calcolo delle analisi numeriche

Tabella 1. Parametri meccanici dei rinforzi caso A caso B

TT (kN/m) 25 35 EA (kN/m) 1250 1750

εy 0.02 0.02 ϕ′s (°) 35 35

Ks (kN/m2) 106 106

Tabella 2. Parametri di resistenza e rigidezza

terreno c′

(kPa) ϕ′ (°)

B (kPa)

C (-)

D (-)

fondazione 10 28 12750 1397.4 0.790 riempimento 1 35 5100 5329.5 0.500

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ciò, i risultati delle analisi mostrano che i meccanismi plastici che si attivano per i tre casi nelle rispettive condizioni limite sono molto diversi; essi possono essere illustrati diagrammando le isolinee della deformazione di taglio γ/2, come illustrato in Figura 3. Nel caso A si osservano due meccanismi concorrenti: quello principale attraversa parzialmente i rinforzi e si estende a tergo della zona rinforzata, evidenziando l’accumulo di deformazioni di taglio al contatto tra l’opera e il terrapieno; quello secondario è invece confinato all’interno della zona rinforzata. I due meccanismi convergono al piede della struttura e interessano solo marginalmente il terreno di fondazione. Nel caso B, si osserva distintamente un solo meccanismo plastico che attraversa i rinforzi nella parte bassa del muro e si estende a tergo di essi. Nel caso C, in cui il muro è assunto di resistenza infinita, il meccanismo plastico si attiva solo nel terreno di fondazione e nel terrapieno.

In sintesi, per il caso A i risultati suggeriscono la presenza di due meccanismi plastici concorrenti; quello prevalente mobilita la resistenza di circa il 75% dei rinforzi ed è compatibile con un cinematismo traslativo a doppio blocco che si estende a tergo della zona rinforzata; quello secondario è compatibile con un meccanismo rotazionale, con spirale logaritmica confinata nella zona rinforzata e resistenza mobilitata in tutti i rinforzi. Poiché il livello di deformazione associato ai due meccanismi è simile, è ragionevole attendersi che durante un evento sismico entrambi i meccanismi siano in grado di dissipare un’aliquota significativa di energia. Il caso B è invece caratterizzato dall’attivazione di un solo meccanismo plastico che mobilita la resistenza di circa il 50 % dei rinforzi e si estende significativamente a tergo della struttura, evidenziando un cinematismo a doppio blocco. In questo caso, l’assenza del meccanismo plastico interno lascia prevedere un comportamento meno dissipativo rispetto al caso A. Nel caso C, l’attivazione di un meccanismo plastico è possibile solo attraverso la mobilitazione della resistenza del terreno di riempimento e del terreno di fondazione; ci si attende quindi una prestazione sismica peggiore per l’assenza di ogni meccanismi dissipativo interno.

2. Comportamento in condizioni dinamiche

Per verificare che i meccanismi ottenuti in condizioni pseudo-statiche si attivino effettivamente durante un evento sismico, sono state svolte delle analisi dinamiche nel dominio del tempo; sui contorni verticali si sono assegnate le condizioni di campo libero (vincoli di free-field), in grado di assorbire le onde che si propagano verso i lati del dominio; alla base del reticolo si è applicata una registrazione accelerometrica del sisma di Assisi, scalata a un’accelerazione massima amax = 0.28g (intensità di Arias Ia = 0.75 m/s, durata significativa dell’intensità di Arias Ts = 4.28 s), filtrata a 15 Hz e corretta mediante baseline. Le ampiezze dell’azione dinamica scelta sono sufficienti per attivare meccanismi plastici caratterizzati dai coefficienti sismici critici trovati con le analisi pseudo-statiche. L’intervallo temporale di calcolo utilizzato nelle analisi è pari a 10-6 s. Il comportamento dinamico del terreno è stato descritto attraverso il modello isteretico Sig3, disponibile nella libreria del codice di

Fig 3. Risultati delle analisi pseudo-statiche: isolinee della deformazione di taglio e meccanismi plastici

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calcolo FLAC: si tratta essenzialmente di una generalizzazione delle regole di Masing (1926) a stati deformativi bidimensionali. Il modello richiede la definizione di una curva scheletro del modulo di taglio G: essa è stata calibrata in modo da riprodurre la curva di decadimento proposta da Seed & Idriss (1979) per terreni granulari. Il modulo di taglio iniziale è stato espresso in funzione della pressione media efficace p' attraverso la relazione

( )0DG B C p′= + × (1)

I valori delle costanti B, C e D sono stati scelti in modo da riprodurre profili di G0 con la profondità rappresentativi di un terreno limo-sabbioso mediamente plastico e di una sabbia addensata rispettivamente per il terreno di fondazione e per il terrapieno. La Tabella 2 riassume i parametri di resistenza e di rigidezza assunti nelle analisi.

Il comportamento isteretico produce una dissipazione di energia proporzionale alle massime deformazioni cicliche. Ulteriori di dissipazione di energia sono naturalmente associate al raggiungimento della resistenza nel terreno o al contatto terreno-rinforzi. Nelle analisi è stato anche utilizzato uno smorzamento viscoso aggiuntivo, alla Rayleigh, per migliorare la stabilità numerica delle analisi. A questo fine, si è utilizzato un rapporto di smorzamento minimo ξmin = 1% in corrispondenza della frequenza fondamentale del deposito pari a 1.02 Hz.

La Figura 4 mostra, per i tre schemi considerati, le isolinee della deformazione di taglio al termine dell’evento sismico. Per il caso A, le zone di accumulo della deformazione di taglio sono molto simili ai meccanismi ottenuti dalle analisi pseudo-statiche. Si distinguono, infatti, due zone fortemente deformate: una, interna ai rinforzi, approssima molto bene il meccanismo plastico evidenziato dalle analisi numeriche pseudo-statiche; l’altra zona si sviluppa più in basso dei cinematismi ottenuti in condizioni pseudo-statiche e interessa una porzione più estesa del terreno di fondazione. Per il caso B, anche in condizioni dinamiche il comportamento dell’opera è determinato dall’attivazione di un solo meccanismo, compatibile con un cinematismo a doppio blocco, analogamente a quanto osservato in condizioni pseudo-statiche. Anche per la struttura non dissipativa del caso C il meccanismo plastico che si attiva in condizioni dinamiche è molto simile a quello ottenuto in condizioni pseudo-statiche, essendo caratterizzato dalla mobilitazione della resistenza del terreno di fondazione e del terrapieno. I risultati suggeriscono quindi che i meccanismi plastici osservati in condizioni pseudo-statiche sono sufficientemente rappresentativi del comportamento dell’opera in condizioni dinamiche. Confrontando i meccanismi rappresentati nella Figura 3, sebbene i tre casi studiati siano caratterizzati da una resistenza globale kc molto simile, lo sviluppo delle deformazioni plastiche interne alla struttura decresce dal caso A al caso C. Ciò determina una progressiva riduzione della capacità del sistema di

Fig 4. Isolinee della deformazione di taglio al termine dell’evento sismico

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dissipare energia cinetica che si manifesta in un generale peggioramento della prestazione sismica.

Quest’affermazione è sostanziata dal confronto fra gli spostamenti permanenti ottenuti per le tre opere al termine dell’evento sismico. La Figura 5 mostra le storie temporali degli spostamenti orizzontali nei punti G e T, posti al baricentro e alla testa dell’opera. Al termine dell’evento sismico, nel caso A si ottengono valori di spostamento u = 0.43 m nel baricentro (G) e u = 0.71 m in sommità (T), pari al 2.9% e al 4.7% dell’altezza H. Le altre due strutture sviluppano spostamenti permanenti significativamente maggiori: da 1.4 a 2.6 volte per il caso B e addirittura fino a 4.5 volte per il caso C.

È di particolare interesse osservare che per il caso A, il punto T è coinvolto anche dal meccanismo interno mentre il baricentro G si trova in posizione intermedia tra i due meccanismi; quindi il maggiore spostamento del punto T rispetto a quello del punto G conferma sostanzialmente che gli spostamenti derivano dall’attivazione dei due meccanismi. Per gli altri due schemi lo spostamento maggiore si verifica invece in corrispondenza del baricentro (G) a causa dell’assenza del meccanismo interno e per la natura lievemente rotazionale del meccanismo esterno.

La presenza di un meccanismo plastico interno si riflette sulla distribuzione dello stato tensionale e deformativo all’interno dei rinforzi. La Figura 6 mostra i profili della forza di trazione adimensionale T/TT nei rinforzi e la corrispondente deformazione assiale ε, normalizzata rispetto alla deformazione di snervamento εy. I simboli vuoti si riferiscono al termine della costruzione, mentre quelli pieni indicano le condizioni post-sismiche. Nel caso A, i rinforzi situati nel terzo inferiore dell’altezza del muro raggiungono la resistenza TT già al termine della costruzione (ε/εy > 1, T/TT = 1). L’attivazione del meccanismo plastico interno durante l’evento sismico fa sì che il 90% dei rinforzi sia snervato nelle condizioni post-sismiche, con valori della deformazione assiale crescenti con la profondità e fino a 30-50 volte εy nei due rinforzi più profondi. Al contrario, nel caso B solo tre livelli di rinforzo sono snervati al termine della costruzione e meno della metà mobilitano la resistenza durante l’evento sismico, a fronte però di deformazioni dei rinforzi significativamente maggiori. Quindi, la diffusione di deformazioni plastiche nel terreno rinforzato è efficace nell’aumentare la capacità dissipativa del sistema ma è anche evidente che l’attivazione di meccanismi interni e, più in generale, la buona prestazione sismica dell’opera dipende dalla capacità dei rinforzi di sviluppare elevate deformazioni senza significative diminuzioni di resistenza.

u (m

)

Fig 5. Storie temporali degli spostamenti orizzontali

z/H

Fig 6. Profili di T ed ε nei livelli di rinforzo

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3. Conclusioni

Durante un evento sismico molto intenso, un’opera di sostegno in terra rinforzata sviluppa spostamenti permanenti a seguito dell’attivazione temporanea di meccanismi plastici che possono essere previsti efficacemente anche attraverso metodi pseudo-statici, purché opportunamente utilizzati in forma iterativa (Callisto, 2014). In questo contesto possono essere impiegati anche metodi di analisi semplificati, basati sull’analisi limite o sull’equilibrio limite, che consentono l’individuazione di eventuali meccanismi concorrenti (Masini et al., 2014).

Le tre configurazioni studiate sono caratterizzate da valori del coefficiente sismico critico molto simili, ma attivano diversi meccanismi plastici: quello dello schema A risulta dallo sviluppo di due meccanismi concorrenti, uno dominante, di tipo misto, e uno secondario, completamente interno; le strutture B e C sono invece caratterizzate da un unico meccanismo ben definito, di tipo misto per il caso B, e completamente esterno per il caso C. Ciò si riflette in un diverso comportamento in presenza di azioni dinamiche: la struttura A esibisce la prestazione migliore in termini di spostamenti permanenti (5% di H) mentre la struttura B, caratterizzata da rinforzi più corti e resistenti, subisce spostamenti maggiori (7.5% di H). La struttura C, a causa della completa assenza di forme interne di dissipazione di energia, esibisce la prestazione peggiore, con uno spostamento permanente pari al 13% di H. Questo risultato è in accordo con le osservazioni di casi reali che generalmente associano alle opere in terra rinforzata prestazioni sismiche migliori di quelle osservate per muri di sostegno tradizionali. I risultati delle analisi dinamiche mostrano tuttavia che il buon comportamento delle opere in terra rinforzata nei confronti delle azioni sismiche è legato alla capacità deformativa dei rinforzi; in linea generale, a parità di resistenza complessiva, appare preferibile la scelta di opere con rinforzi lunghi, per consentire lo sviluppo di meccanismi interni, ma anche caratterizzati da notevole duttilà.

Bibliografia

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