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Settembre 2012 Anno XVI°
Numero 64
Pro Manoscritto
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Carissimi parrocchiani,Carissimi parrocchiani,Carissimi parrocchiani,Carissimi parrocchiani, Terminate le vacanze, ri-prendiamo con vigore il lavoro quotidiano e l’im-pegno di una vita cristiana sempre più conformata al Vangelo. Le nostre fatiche quotidia-ne devono avere un senso.
Questo senso non può essere solo “sopravvivere meglio che si può” in attesa di invecchiare e morire.
La vita terrena ci è donata per costruire qualcosa di importante che duri per sempre.
Saremo soddisfatti di noi stessi se sapremo fare “cose grandi”.
Ma le “cose grandi di questo mondo” non sono mai così grandi da soddisfarci pienamen-te. Anche se ci dedicassero un monumento, sarebbe sempre una magra consolazione. Co-munque il ricordo svanirebbe dopo qualche generazione!
Le autentiche “cose grandi” sono solo quel-le fatte “in Dio”. Sono i Santi che durano nel tempo e nell’eternità. Non i calciatori, i can-tanti o le attrici; anche se attorno ad essi si co-struisce un alone di mito!
Ecco allora la necessità di cercare il senso religioso della nostra vita.
Ciò è possibile, a condizione di sapere cosa significa.
Siamo persone religiose quando orientiamo ogni nostra azione alla realizzazione di un fine ultimo che valga così tanto da essere eterno.
Quale fine stiamo realizzando? Conosciamo qualcosa che duri sempre?
Nel linguaggio religioso si chiama “paradiso”. Sappiamo di che si tratta? O semplicemente ci limitiamo ad immaginarlo e ci illudiamo che “qualunque cosa io faccia” il paradiso mi è assicurato!
Con molta chiarezza vi dico che non è così.
Per non correre il rischio di dover dire un giorno “ma io credevo…”, vale la pena impe-gnarsi per sapere cosa significa “credere” ades-so.
Il Papa ha chiesto a tutti di riflettere sulla consistenza della propria fede (vd. anno della fede), per metterci in guardia dall’illusione, e quindi dalla delusione, di aver vissuto invano e ritrovarci a dover ammettere: “ma io crede-vo…”.
L’unica vera fede è fidarsi di chi si conosce bene e merita la nostra fiducia. Ci possiamo fidare di molte persone oneste e competenti; ma solo di Gesù Cristo ci possiamo fidare to-talmente per ogni aspetto della nostra vita.
Quello che ha fatto e insegnato è garanzia per la nostra fiducia in Lui.
ma conosciamo veramente ciò che ha fatto e insegnato? Tutti sappiamo che “è morto cro-cifisso sotto Ponzio Pilato”. Lo recitiamo ogni domenica.
Ma che valore ha questo per me adesso? Ho consapevolezza che ciò mi riguarda oggi e sempre? Perché mi riguarda? Come mi riguar-da?
Se non mi pongo seriamente queste do-mande e non trovo per esse una risposta con-vincente, sarò sempre uno che “tira a campare alla meno peggio in attesa di invecchiare e morire”.
Peggio: non accetterò di ritenermi un fallito nella vita… e farò di tutto per “credere” che le mie illusioni siano realtà.
Accettiamo allora l’invito di S.Giacomo: “Accogliete la Parola (Gesù) che vi porta alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica, non ascoltatori soltanto, illudendo voi stes-
si” (Gc.1,21-22). La Parrocchia offre occasioni e proposte per chiarire e ap-profondire quanto ci è neces-sario per “fare cose grandi che durino per l’eternità”. Non lasciamo cadere nel vuoto queste opportunità. don enrico
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di Alba Codazzi
L’occasione è stata colta dalla cele-
brazione, voluta dal nostro Vescovo,
dell’anno della Parola di Dio (anno pasto-
rale 2012); l’ idea è stata condivisa all’in-
terno del Consiglio Pastorale di Vicariato:
Cosa possiamo fare per offrire la Parola di
Dio a tutti? In altre parole, per non abban-
donarla sull’ambone, per timidezza o ri-
spetto umano da molti inavvicinabile? E,
più profondamente: cosa possiamo fare
per metterla al centro delle nostre vite,
delle nostre giornate, composte sì da tanti
passi e tanti impegni, ma, spesso, anche
da tanti giri a vuoto e parole vane, sia pu-
re roboanti e ripetute?
Questi semplici interro-
gativi, ed il confronto che
ne è seguito, ci hanno por-
tato ad inserire nella no-
stra chiesa parrocchiale un
nuovo elemento.
Forse ce ne siamo accorti tutti o forse
solo alcuni, perché si tratta di una presen-
za discreta. Per intenderci, di quelle, inu-
suali nel nostro tempo, che non si illumi-
nano, non suonano, non vibrano. Almeno
in apparenza. Sì, perché, in realtà, illumi-
na la mente e fa vibrare le corde del cuo-
re.
Armoniosamente inserita nell’architet-
tura lignea del Santuario, plasmata da vo-
lonterosi artigiani ed intagliata da abili ar-
tisti, è molto più di un’opera d’arte. E’ la
culla della Parola di Dio. Ed è stata posta
lì, al centro della navata centrale, che con-
duce diretta all’altare, a
voler appositamente signi-
ficare il centro della nostra
storia, personale e comu-
nitaria, le cui trame, ci
piaccia o meno, sono in-
tessute proprio dal Verbo
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di Dio. E come la
navata conduce
all’altare sul quale
Gesù si offre, api-
ce del Mistero, co-
sì la Sacra Scrittu-
ra ci avvicina a
quello stesso Mistero, rendendoci addirit-
tura capaci di “comprenderlo”.
Sarebbe da stupidi, quindi, lasciarsi
sfuggire questa nuova occasione di con-
frontarci liberamente e gratuitamente
con la Parola di Dio tutte le volte che ab-
biamo occasione di passa-
re nei pressi della nostra
chiesa parrocchiale. Da
soli, o, meglio ancora,
con l’aiuto di qualcuno
(uno a caso …“don Enri-
co”), possiamo trovare in
quella Parola l’incoraggia-
mento che cerchiamo, il
conforto che il mondo ci
sembra negare, la ragione autentica della
nostra gioia, la risposta alle nostre do-
mande più profonde. Così che anche noi
possiamo ripetere con serenità le parole
del salmista che recentemente il Cardina-
le Martini ci ha ricordato: “La Tua Parola è
lampada ai miei passi, luce sul mio cam-
mino”.
Se poi non abbiamo occasione di pas-
sare per la chiesa, e nemmeno di confron-
tarci per altre vie con la Parola di Dio, ri-
flettiamo su questo antico proverbio ara-
bo: “Chi vuol fare qualcosa, trova un mez-
zo; chi non vuol far nul-
la, trova una scusa”. Mi è
stato offerto in questi
giorni come pensiero
della giornata e mi sem-
brava bello condividerlo
con voi, a loquace con-
clusione di questo breve
intervento.
A buon intenditore…
S’intitola “Un’altra vita” ed è un’autobiografia in terza persona di un famoso scrittore svede-se contemporaneo: Olov Enquist.
Racconta la perdita della fede intimamente istillata dalla madre, maestra elementare, nel cuore del figlio. Una fede che, pur così radicata, lentamente si dissolve.
Non è stato un trauma etico, o psicologico, o storico a creare questa dissipazione, ma è un puro e semplice “scivolar via”.
Penserei a un avverbio per rappresentare questa crisi: “insensibilmente”. In esso si rac-chiude la storia di tanti nostri giovani e anche di adulti, se si entra nel santuario delle coscienze,
oltre i comportamenti esteriori. Non è stata una ribellione contro Dio e neppu-
re un evento scandaloso che ha cancellato la fede.
È stato solo un progressivo disfacimento a cui non si è badato, pensando che fosse solo qualche distacco secondario.
E, invece, in modo impercettibile - insensi-bilmente, appunto - Dio, fede, grazia, peccato, colpa sono diventate parole senza senso e so-prattutto senza riscontri vitali.
Sono “scivolati via” ed è rimasto il vuoto. Fermiamoci, allora, e riflettiamo prima che
tutto si dissolva.
La convinzione religiosa, il senso del peccato, la fede… tutto scivola via molto lentamente nella laicità e si confonde fino a scomparire. Quello che una volta era importante, ora sembra lon-tano. Non è una rottura drammatica, scivola solo via.
di Gianfranco Ravasi - “Avvenire”
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A credere si impara
• Una sera il geniale teologo tede-sco Dietnch Bonhoeffer (impiccato il 9 aprile 1945 neI lager nazista di Flossenburg) incontrò un giovane sacerdote francese. Il discorso cad-de su che cosa avrebbero voluto fare nella loro vita. Il giovane prete disse:
«Vorrò fare qualcosa di veramente notevole e degno!».
Bonhoeffer gli rispose, a voce bas-sa: «Io vorrei solo imparare a crede-re».
• Lo scrittore francese Anatole
France, premio Nobel nel 1921, era esplicito: «Non ho fede, ma vorrei averla! Considero la fede come il più prezioso bene di cui si possa godere in questo mondo».
• Il grande Goethe a modo suo
diceva: «La fede è un capitale». • E’ dunque saggia la decisione di
papa Benedetto XVI° di dedicare un anno a riflettere sulla fede cristiana. Per l’occasione ha pure preparato la lettera apostolica dal titolo “Porta fidei” (La porta della fede) per aiuta-
re i fedeli a orientarsi nella ce-lebrazione di questo evento.
La fede non è una can-
dela accesa
• Quando parliamo di fede, secondo il grande filosofo da-nese Søren Kierkegaard par-liamo di una «faccenda seria che disturba la tranquillità».
• Il motociclista che, al pen-siero di potersi rompere l’osso del collo, prega: «O Signore, se non mi fai scoppiare una gomma, all’arrivo ti accendo una candela», ha la fede di una candela.
Ma Dio non è un mercante
che vende le sue grazie per qualche candela! Eppure la «fede della cande-la» oggi è più diffusa di quanto appaia in superficie.
La fede non va contro l’intel-
ligenza
• È tempo di smetterla di pensare che i cristiani hanno il cuore grande, ma la mente piccola!
Il più grande Padre della Chiesa oc-cidentale, sant’Agostino, è arrivato a dire: «Se la fede non è pensata, è nul-la!».
• La fede non porta al rifiuto dell’in-telligenza. Chi crede non accetta cose assurde (due più due fa cinque), ma propone cose così alte che superano
“Ho deciso di indire un anno della fede. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertu-ra del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo, il 24 novembre 2013” (Porta fidei, 4) (Benedetto XVI°)
Benedetto XVI° chiede a tutti i cristiani di dedicare un anno a riflettere sulla fede.
Dall’ 11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013
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la nostra capacità di comprensione. • Lo sosteneva anche il famoso
mistico tedesco Meister Eckhart (1260-1327), il quale giustamente diceva che «il mistero non è un muro contro cui l’intelligenza si in-frange, ma è un oceano in cui l’in-telligenza si perde!».
• La fede ama il dubbio.
Fèdor Dostoevskij un giorno ha confessato: «Non è come fanciullo che io professo il Cristo. Il mio osanna è passato attraverso il cro-giolo del dubbio!».
La fede porta pace profon-
da
• La fede fa dire: «Tutto è gra-zia!». Una volta papa Giovanni XXIII ha confidato: «Il segreto della mia felicità è farmi portare dal Si-gnore, abbandonarmi alla sua vo-lontà!».
• Forse è per questo che il Van-
gelo inizia e termina con due «beatitudini» legate alla fede: «Beata te che hai creduto» (Lc 1,45) e «Beati quelli che crederan-no» (Gv 20,29).
La fede conosce anche il
dubbio È sempre impressionante legge-
re Carlo Carretto, grande testimone del secolo scorso, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Ita-liana, poi ritiratosi nel deserto del Sahara, che confessa: «Non finirò mai di ripetere che la più tremenda fatica della mia vita è stata quella
di credere». Sì, credere è fatica perché il
dubbio la insidia continuamen-te: «E se fossero tutte storielle confezionate per infinocchiare vecchietti e bambini?».
D’altronde il dubbio è parte integrante della fede.
Aveva tutte le ragioni il filo-sofo spagnolo Miguel de Una-muno a dire che «la fede che non conosce dubbi, è una fede morta».
Se questo è vero, non avreb-be dovuto provocare nessuno choc la scoperta che la stessa Madre Teresa di Calcutta ha avuto periodi di buio denso e di crisi.
Fede non è fanatismo
• La fede è d’oro, ma non è mancanza di carità pensare che siano stati dei fanatici i talebani dell’Afghanistan che, alcuni anni or sono, distrussero le imponenti, meravigliose statue di Buddha scavate nella roccia (una alta 53 metri, l’altra 35).
La fede non è questo, perché Dio non ha bisogno di gesti distrut-tivi per far sapere che esiste! «I mulini di Dio màcinano lentamen-te», recita il proverbio.
La fede
mette in movimento
Un giorno, un politico vide in chiesa tanta gente a pregare. Dis-se al frate: «Se pregano, siamo a posto!».
«Eh, no!», fu la risposta del mo-naco: «Se pregano, non siamo più a posto! Se pregano, succede il pandemonio! Con la preghiera tutto cambia, non c’è più niente, non c’è più nessuno che stia al suo posto: la fede è pericolosa, sovversiva!».
Cos’è che ha spinto il musicolo-
go e medico tedesco Albert Sch-weitzer (1875-1965) a lasciare carriera e comodità per dedicarsi pienamente ai malati di Lambaré-né, in Africa?
La risposta è una sola: una fede tanto bruciante da sentirsi obbliga-to a mettersi in movimento per fare della propria vita un dono!
Una sera Schweitzer incontrò un altro grande credente, Raoul Fol-lereau, l’apostolo infaticabile dei lebbrosi. Questi gli disse: «Senti, se ti capitasse di incontrare Gesù su queste povere strade africane, che cosa faresti?».
Il medico ebbe un momento di esitazione e poi rispose: «Sai cosa farei? Abbasserei la testa per la vergogna: abbiamo fatto così poco di quello che lui ci ha comanda-to!».
LA FEDE
Quella vecchietta cieca,
che incontrai
la notte che me spersi
in mezzo ar bosco,
me disse:
- Se la strada nun la sai,
te ciaccompagno io,
ché la conosco.
Se ciai la forza
de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò
'na voce, fino là in fonno,
dove c'è un cipresso,
fino là in cima,
dove c'è la Croce…
Io risposi:
- Sarà … ma trovo strano
che me possa guidà
chi nun ce vede … -
La cieca allora
me pijò la mano
e sospirò: - Cammina! - Era
fa Fede.
(Trilussa)
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Vi do una nozia un po’ riserva-ta. Vi rivelo un segreto; ma, mi raccomando, res tra noi. La nozia è questa: grande è la fortuna di noi creden. Grande è la fortuna di chi è «crisano»;
cioè apparene, sa di appartenere, vuole ap-partenere a Cristo. Grande è la fortuna dei creden in Cristo. Però non andate a dirlo agli altri: non la capirebbero. E potrebbero anche aversela a male: potrebbero magari scambiare per presunzione il nostro buon umore per la felice consapevolezza di quello che siamo; po-trebbero addiri(ura giudicare arroganza la nostra riconoscenza verso Dio Padre che ci ha colma di regali. C’è perfino il rischio di essere giudica intolleran: intolleran solo perché non ci riesce di omologarci – disciplinatamen-te e possibilmente con cuore contrito – alla cultura imperante; intolleran solo perché non ci riesce di smarrirci, come sarebbe «policamente corre(o», nella generale con-fusione delle idee e dei comportamen.
Conoscere il senso di ciò che si fa È già una fortuna non piccola e non occasionale – che ci viene dalla nostra professione di fede – quella di conoscere il senso di al-cune piccole consuetudini e di alcune circostanze occasionali. Per esempio, tu/ mangiamo il pane(one a Natale, ma solo i cre-den sanno perché lo mangiano. Non è che il loro pane(one sia
necessariamente più buono di quello dei non creden: è semplicemente più ragionevole. Un altro esempio: un po’ d’anni fa eravamo tu/ eccita e in tripudio per il suggesvo traguar-do del Duemila che ci sarebbe stato dato di raggiungere: ma l’emozione e la festa dei cre-den erano meglio movate. Noi non ci sen-vamo emoziona e in festa soltanto per la ro-tondità della cifra (duemila!); eravamo presi e allieta dal forte ricordo di un evento che è centrale e anzi unico nella storia: il ricordo del bimillenario dall’ingresso sostanziale e defini-vo di Dio nella vicenda umana. Quell’anno ap-punto ci veniva più intensamente richiamata la memoria dell’Unigenito del Padre che è di-venuto nostro fratello e si ravvivava in noi con vigore singolare la grande speranza che due-mila anni fa ha incominciato ad a(raversare la terra. Come si vede, tu(a l’umanità festeggia-va il Duemila; ma la nostra festa era innegabil-mente più consistente e più razionalmente fondata.
Creden� e creduloni Coloro che si affidano a Cristo – che è «Luce
da Luce», cioè il Logos sostanziale ed eterno di Dio – sono inoltre abbastanza difesi dalla tentazio-ne di affidarsi a ciò che è inaffida-bile. Anche questa è una fortuna non da poco. È stato giustamente notato come il mondo che ha smarrito la fede non è che poi non creda più a niente; al contra-rio, è indo(o a credere a tu(o:
di card.Giacomo Biffi
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crede agli oroscopi, che perciò non mancano mai nelle pagine dei giornali e delle riviste; cre-de ai ges scaramanci, alla pubblicità, alle cre-me di bellezza; crede all’esistenza degli extrater-restri, al new age, alla metempsicosi; crede alle promesse ele(orali, ai programmi polici, alle catechesi ideologiche che ogni giorno ci vengo-no infli(e dalla televisione. Crede a tu(o, ap-punto. Perciò la disnzione più adeguata tra gli uomini del nostro tempo parrebbe non tanto tra creden e non creden, quanto tra creden e creduloni.
La conoscenza del Padre Chi è «di Cristo» riceve in dotazione anche la certezza dell’esistenza di Dio. Ma non di un Dio filosofico, che all’uomo in quanto uomo non in-teressa granché; non di un Dio che viene chia-mato in causa solo per dare un cominciamento e un impulso alla macchina dell’universo, e poi lo si può fre(olosamente congedare perché non interferisca e non disturbi; non di un Dio che, dopo il misfa(o della creazione, parrebbe esser-si reso latante. Questa è, press’a poco, la con-cezione «deisca», e non ha niente a che vedere né con l’insegnamento del Signore né con la no-stra vita. C’è anzi da dire che tra il deismo e l’a-teismo, per quel che personalmente ci riguarda, la differenza non è poi molta. Il nostro Dio è «il Padre del Signore nostro Gesù Cristo », come amava ripetere san Paolo. E lo si incontra, incon-trando Gesù di Nazaret e il suo Vangelo: «Nessuno conosce il Padre se non il Figlio – lo ha de(o lui esplicitamente – e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27).
La sfortuna dell’ateo Si può intuire quanto sia grande a questo propo-sito la nostra fortuna, sopra(u(o se ci si rende conto davvero della poco invidiabile condizione degli atei. I quali, messi di fronte ai guai inevita-bili in ogni percorso umano, non hanno nessuno con cui prendersela. Un ateo – che sia veramente tale – non trova in-terlocutori competen e responsa-bili con cui possa discutere dei mali esistenziali, e lamentarsene. Non c’è nessuno contro cui ribellarsi, e ogni sua contestazione, a ben pensarci,
risulta un po’ comi-ca. Di solito, in mancanza di me-glio, finisce coll’ag-gredire i creden; ma è un bersaglio che non è molto appagante, perché i creden (se sono saggi) se ne infi-schiano di lui e non gli prestano molta a(enzione. Un ateo, se non vuol clamorosamente rinunciare a ogni logica e a ogni coerenza, è privato perfino della sod-disfazione di bestemmiare. E questa è la più comica delle disavventure. Clave Staples Lewis (l’autore del-le famose Le(ere di Berlicche), ricordando il tempo della sua incredulità, confessava: «Negavo l’esisten-za di Dio ed ero arrabbiato con lui perché non esiste-va».
Un Dio che ama Gesù poi – rivelandoci, a(raverso il mistero della sua passione e della sua gloria, che anche l’umiliazione, la sofferenza, la morte trovano posto in un disegno d’amore che tu(o risca(a e alla fine conduce alla gioia – ci preserva anche dalla follìa di chi arriva a ipozzare, fondandosi sulla sua stessa personale esperienza, che un Dio probabilmente esiste; ma, se esiste, è malvagio e causa di ogni malvagità. È il sen-mento espresso, per esempio, nella spaventosa professione di fede di Jago nell’Otello di Verdi all’a(o secondo: «Credo in un Dio crudel che m’ha creato simile a sé». Il Dio che ci è fa(o conoscere dal Redentore crocifisso e risorto, è un Dio che ci vuol bene e, come dice san Paolo, fa in modo che «tu(o concorra al bene per quelli che sono sta chiama secondo il suo disegno» (cf. Rm 8,28); tu(o concorre al nostro bene anche quando noi sul momento non ce ne avvediamo. È la verità consolante ed entusia-smante che Gesù ci confida, quasi suprema sua ere-
dità, nei discorsi dell’ulma cena: «Il Padre vi ama» (Gv 16,27). Il Padre ci ama: con questa certezza nel cuore ogni difficoltà, ogni tristezza, ogni pessimismo diventa per noi supera-bile.
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Chi è l’uomo Facendoci conoscere il Padre, Gesù ci porta an-
che alla miglior com-
prensione di noi stessi: ci
fa conoscere chi siamo in
realtà, quale sia lo scopo
del nostro penare sulla
terra, quale ulma sorte
ci a(enda. «Cristo – dice
il Concilio Vacano II –
proprio rivelando il mistero del Padre e
del suo amore, svela anche pienamente
l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua alssi-
ma vocazione» (Gaudium et spes 22). Così
veniamo a sapere – e nessuna nozia è
per noi più interessante e risoluva di
questa – che siamo sta chiama ad esi-
stere non da una casualità anonima e cie-
ca, ma da un proge(o sapiente e benevo-
lo. Veniamo a sapere che l’uomo non è un
viandante smarrito che ignora donde ven-
ga e dove vada né perché mai si sia posto
in viaggio, ma un pellegrino movato, in
cammino verso il Regno di Dio (che è di-
ventato anche suo) e verso una vita senza
fine. Il dilemma tra l’essere increduli e
l’essere creden è in realtà il dilemma tra
il ritenersi colloca entro un guazzabuglio
insensato e il conoscere di essere parte di
un organico e rasserenante disegno d’a-
more. L’alternava, a ben considerare, sta
fra un assurdo che ci vanifica e un mistero
che ci trascende; alternava che esisten-
zialmente diventa quella tra un fatale
avvìo alla disperazione e
una vocazione alla spe-
ranza. Perciò san Paolo
può ammonire i crisani
di Tessalonica a non es-
sere malinconici e sfidu-
cia come gli altri;
«come gli altri – egli di-
ce – che non hanno spe-
ranza» (1Ts 4,13). Que-
sta è dunque la sorte
invidiabile di coloro che sono «di Cristo»:
dal momento che «conoscono le cose come
stanno», non sono costre/ ad appendere
ai pun interrogavi la loro unica vita.
«Dove c’è la fede, lì c’è la libertà»
Un’altra grande fortuna di coloro che sono
«di Cristo» è quella di essere liberi. Abbia-
mo ricevuto a questo riguardo una precisa
promessa: «Se rimanete nella mia parola,
siete davvero miei discepoli; conoscerete la
verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32).
Il principio di questa prerogava inalienabi-
le del crisano è la presenza in noi dello
Spirito Santo: «Dove c’è lo Spirito del Signo-
re, c’è libertà» (2Cor 3,17); quello Spirito
che, secondo la parola di Gesù, ci guida alla
verità tu(a intera (cf. Gv 16,13). Vale a dire,
come abbiamo appena visto, ci chiarifica
«le cose come stanno». Sant’Ambrogio
enuncia icascamente questo caposaldo
dell’antropologia crisana, scrivendo in una
sua le(era: «Dove c’è la fede, lì c’è la liber-
tà».
Non serve a nulla è solo perdita di tempo
Lamentarsi per tutte le banalità del mondo!!! - .
Se proprio devi prendertela per qualcosa, allora che sia per un obiettivo concreto, serio!!
Però.... non usare le fatiche come alibi per non andare avanti.
Guarda alla sofferenza come ad una opportunità per crescere più forte.
Dopo la tempesta il cielo si apre e torna a splendere il sole,
Così nella vita. Dopo una sconfitta bisogna reagire usando tutto il proprio coraggio. Credi a me…. so cos’e il dolore,
e so che l’unica medicina per combatterlo è la forza dello spirito,
che ci arricchisce e ci alimenta di luce solare… Chichi
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I salmoni, vanno controcorrente
per dare inizio a una nuova vita.
Anche tu non aver paura ad anda-
re contro corrente. Non avere paura di
cercare Dio e di professare liberamente la
tua fede.
Essa è una grande ricchezza per l’esi-
stenza.
I tuoi sensi ti danno una visione fisi-
ca, la tua intelligenza una visione
razionale, il tuo cuore ti fa vedere
le cose in modo emotivo.
L a fede ti fa vedere il mondo con
gli occhi di Dio stesso:
• Là dove tutti vedevano soltanto il so-
le, san Francesco ha scorto un simbolo
della grandezza di Dio.
• Là dove tutti vedevano un
moribondo, Madre Teresa ha
visto il volto di Gesù che le chie-
deva aiuto.
• Là dove tutti hanno gridato
all’«attentato al Papa» in piazza
San Pietro, Giovanni Paolo Il ha
visto la mano della Madonna
che lo ha protetto.
I n tal modo la fede diventa salvez-
za, perché aiuta a comprendere
più a fondo la realtà e a vivere in
pienezza.
E ssa ti dice anzitutto che tu non
sei figlio del caso, ma di Qual-
cuno che ti ha pensato, voluto
e amato da sempre.
E’ questo il vero «pensiero positivo»
che ti rasserena più di tutti gli psicofar-
maci.
L a fede ti dona poi i segnali per
non andare fuori strada (i co-
mandamenti).
• Tu, così, arrivi a non sentirti né il
centro del mondo, né un insignificante
pulviscolo dell’universo;
• gli altri diventano fratelli della tua
stessa famiglia;
• le cose non diventano il fine
della tua vita, ma mezzi per
gustarla di più.
• Collocato Dio, al posto giu-
sto (cioè al primo posto), tutto
il resto quadra, come in un
puzzle ordinato.
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Maria Rosa, Bergamo: «Un impegno preci-
so chiesto alle mamme» Quella mamma vi apostrofa «chiusi». A me
sembra che sia ella stessa «chiusa», dal mo-
mento che si è lasciata andare sull’onda del
«così fan tu/», cioè ha scelto lo sport. Anche
noi nel nostro piccolo abbiamo questo proble-
ma, ma abbiamo chiesto ai genitori di porre la
loro firma sulla scheda dell’iscrizione e di assu-
mersi la responsabilità della loro scelta e del
loro impegno.
Pa), Praia a Mare (Cosenza):
«La figlia si troverebbe a disagio»
Nel tuo caso ci troviamo un po’ tu/: non
acce(ano le regole. Però così come l’allenato-
re non fa partecipare alla parta chi non si è
allenato, così chi non partecipa agli incontri
non riceverà i sacramen. Basta essere chiari
dall’inizio! Il nostro catechismo ha delle tappe,
chi non le fa oggi, le farà l’anno prossimo. Non
ci vuole l’età biologica per ricevere la Comu-
nione, ma l’età esperienziale.
Chiara, Arona: «Il catechismo incastrato tra
mille impegni»
I genitori a volte vedono il catechismo come
un biglie(o da staccare per i sacramen... e di
conseguenza lo incastrano tra i mille impegni
dei figli. Saltare le tappe a volte può sembrare
una cosa buona, ritengo invece che ogni cosa
vada fa(a a suo tempo e con le modalità previ-
ste per quella età!
EIy, Verona: «A catechismo per i sacramen-
�»
Faccio la catechista da soli qua(ro anni e la
prima cosa che mi è balzata agli occhi da quan-
do ho cominciato è stato proprio vedere che i
genitori (per fortuna non tu/) mandano i figli a
catechismo perché devono fare la confessione,
la comunione, la cresima. Poi il vuoto. Vado ri-
petendo che il catechismo dovrebbero farlo pri-
ma loro.
Rosella, Tarquinia (Viterbo): «Il disinteresse
è dei genitori»
Una volta tramite i bambini si arrivava ai ge-
Sono un giovane catechista. Con tutta la gioia e l’entusiasmo che nutro ogni volta che mi appresto a incontrare un gruppo di catechismo, noto con dispiacere che oggi è difficile dialo-gare con i fanciulli, ma lo è ancor di più con i genitori.
Una mamma se l’è presa con noi, apostrofandoci “chiusi”, perché non abbiamo accolto la sua richiesta di inserire la figlia di seconda elementare nel gruppo di terza elementare, visto che nel giorno previsto, la figlia è impegnata con lo sport. “Non lamentatevi poi se le pecorelle non vengono da voi, visto che voi non le accogliete e non le aiutate”, questa la risposta della si-gnora.
Devo essere sincero, questa affermazione così cruda mi ha buttato un po’ giù di morale. Forse ci siamo comportati nel modo sbagliato, oppure è la solita accusa di “chiusura” di cui ci colpevolizza il mondo, che vuole farsi i propri affari e, se ci scappa, inserisce anche Dio?
Spero tanto di ricevere una vostra risposta.
Alcune risposte tratte dalla Rivista “Dossier Catechista”
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nitori, ma oggi credo si debba
fare il contrario.
Io credo che la disa(enzione dei
bambini dipenda proprio dal di-
sinteresse dei genitori. Sono loro
che dobbiamo coinvolgere.
Suor Giovanna, Catania:
«Genitori che provvedono a
tu6o, ma non alla formazione
spirituale»
Il problema non sono i bambi-
ni, ma i genitori, che provvedono a tu(o, com-
preso lo sport, e non provvedono alla crescita
spirituale dei loro figli. Anch’io a volte mi chiedo
come fare, cosa fare, ma non dobbiamo mollare.
Elisa, Sora (Frosinone): «Priorità allo sport o
al catechismo?»
Sarebbe opportuno informare quella mamma
che all’inizio di qualsiasi a/vità (sporva, scola-
sca o catechisca), c’è un programma da ri-
spe(are. Nello sport c’è prima un allenamento
fa(o di piccoli passi, prima dell’a/vità vera e
propria. Così nel catechismo.
Daniela, Roma: «La catechesi è un percorso
esperienziale»
Anche a noi addiri(ura per un cambio di gior-
no del corso di basket ci è stato chiesto di cam-
biare il giorno della catechesi. Purtroppo alcuni
genitori considerano la catechesi alla pari di un
corso di sport o di una lezione di musica. Pensa-
no che con la catechesi si debbano acquisire del-
le nozioni e non viene considerato un percorso
esperienziale che coinvolge la vita.
Roberta, Como: «In nessun gruppo esiste la
possibilità di spostare da una categoria all’altra
i ragazzi»
Trovandoci nella stessa situazione, noi, d’ac-
cordo con il parroco, siamo sta fermi nella de-
cisione. Non possiamo presentarci sempre e so-
lo come dei «buonis». Avendo presente la cari-
tà crisana e l’educazione civile, bisogna cercare
di far capire a ques genitori che
in nessun gruppo o società spor-
va (dove devono pagare anche
delle quote di partecipazione)
esiste la possibilità di spostare da
una categoria all’altra i ragazzi.
Manola, Collesta6e (Terni):
«Prima Io facciamo, prima ci le-
viamo il pensiero»
Anch’io mi sono trovata nella
stessa situazione. Pensa che per
decidere il giorno di catechismo ci sono volute
alcune ore di discussione, e i bambini sono po-
chi. Tu(o veniva prima: la danza, lo sport, ecc.
Ed erano gli stessi genitori quasi esaspera, a
creare dei problemi di orario, come se i sacra-
men, richies per i loro figli fossero della serie
«prima lo facciamo, prima ci leviamo il pensie-
ro».
Maria, Canica9ni Bagni (Siracusa):
«Fermezza nei valori educa�vi»
I genitori pensano solo a dare ai figli tu(o
ciò che desiderano senza mai rinunciare a nulla.
Non escludo la possibilità di aiutarli a trovare
un accordo, ma il mio principio è la fermezza
dei valori educavi sopra(u(o nei piccoli che si
aspe(ano coerenza dai grandi.
Elena, Roma: «Quante richieste strane da
parte dei genitori»
Sono una catechista con tredici anni di espe-
rienza di catechismo, per dieci anni capo scout.
Non puoi immaginare quante richieste strane
mi sono state fa(e nel corso degli anni. Da
quella mamma che chiese perché la messa do-
menicale non poteva essere spostata al venerdì
pomeriggio, giorno in cui lei era libera; oppure
l’altra che mi ha de(o, dal momento che la-
mentavo l’eccesiva vivacità del figlio, che avrei
potuto risolvere il problema facendo giocare i
ragazzi anziché fare catechismo; oppure... Po-
trei connuare con gli esempi, ….
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Una volta a regime il percorso di Inizia-zione Cristiana (IC) prevederà quattro tempi che qui descriviamo (1) IL primo annuncio ai genitori dei bambini del Battesimo (0-6 anni) (2) La prima evangelizzazione dei bambini (ed eventuali catecumeni che non hanno ricevuto il Battesimo): un anno (eventualmente due); (3) Il discepolato (catecumenato per i fanciulli che non hanno ricevuto il Batte-simo): tre anni. Concluso con la celebrazione unita-ria di Cresima ed Eucaristia (quindi, facendo riferimento all’età scolare, alla fine della quarta o quinta ele-mentare) (4) La mistagogia e il tempo post-iniziatico, scandito dai percorsi della pa-storale nell’età dell’adolescenza e poi della giovinezza (riscoperta del sacra-mento della Penitenza, già celebrato alla fine del secondo anno del discepo-lato; apertura alla dimensione affettiva, vocazionale, di ministerialità ecclesiale, di servizio e missionarietà) Il progetto di IC è da considerarsi uffi-ciale e approvato per tutte le parroc-chie della Diocesi, che, se non hanno ancora iniziato, sono chiamate a farlo partendo, nell’anno pastorale 2012-13, con l’attivazione del “tempo del pri-mo annuncio” e del “tempo della prima evangelizzazione’
Tempi e modalità La celebrazione unitaria di Cresima ed Eu-caristia, nel tempo di Pasqua, avverrà se-condo tre possibili modalità da concordare a livello diocesano e vicariale con il Vicario foraneo. Modalità 1: il Vescovo e alcuni delegati sono presenti insieme nel Vicariato, “coprendo” tutte le parrocchie e amministrando congiunta-mente Cresima ed Eucarestia; Modalità 2: proponibile laddove presente una chiesa molte capiente (ovviamente la Cattedrale per i vicariati di Como città e della perife-ria): il Vescovo amministra la Cresima e l’Eucaristia ai bambini delle parrocchie convenute. La domenica seguente le sin-gole parrocchie festeggiano i bambini che hanno completato I’IC, Modalità 3: il Vescovo e alcuni delegati amministrano la Cresima ai cresimandi di alcune o tutte le parrocchie di un Vicariato il sabato po-meriggio, nel corso di una celebrazione della Parola. Il giorno dopo i cresimati rice-vono la Prima Comunione nelle loro comu-nità parrocchiali. La celebrazione unitaria, secondo una del-le tre modalità riguarderà inizialmente solo il sacramento della Cresima avendo i ra-gazzi già ricevuto la Prima Comunione se-condo l’attuate cammino dell’IC. In tal mo-do sarà possibile avviare la sperimentazio-ne, nei Vicariati, delle tre modalità di cele-brazione suggerite. Si comincerà ad appli-
Comunicato del nostro Vescovo
mons.Diego Coletti
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care il nuovo progetto di IC ai bambini che iniziano il primo anno di catechesi con l’Avvento 2012. Si arriverà a celebrare unitariamente Cre-sima ed Eucaristia solo con la completa entrata in vigore di tale progetto, ossia nel volgere dì 3-4 anni. Casi particolari, legati a prassi già avviate e non facilmente modificabili nelle singole
parrocchie saranno concordati a livello diocesano e vicariate con il Vicano fora-neo. Per approfondire: - P. SARTOR - A. CIUCCI, “Buona notizia”, EDB Bologna 2011 - Uffici Catechistici Diocesani di Brescia-Genova-Venezia, “La via. Progetto di iniziazione cristiana di ispirazione catecumenale”, San Paolo, Cinisel-lo B. 2011.
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Una lunga tradizione che viene da
lontano
La famiglia è il luogo in cui un bambino
cresce e fa le sue prime fondamentali acqui-
sizioni in tu/ gli ambi della vita, in parco-lare in quello religioso, non in modo astra(o, ma esperienziale.
La Bibbia lo so(olinea a più riprese, quando affida ai genitori l’obbligo di «raccontare la fede».
Presso gli Ebrei i genitori trasme(ono la fede narrando ciò che il Signore ha fa(o per loro. Nel salmo 78 leggiamo: «Ciò che ab-biamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato non lo terremo nascosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura le azioni gloriose e poten del Signo-re e le meraviglie che egli ha compiuto».
Ci possiamo rendere conto dell’impor-tanza e della forza educava di questa tradi-zione, andando all’esperienza quodiana, a come i bambini amano che si racconno loro le «storie».
La bella storia raccontata prima di dormi-re viene elaborata durante il sonno me(en-do le basi di una visione posiva della vita. La fede, che si impara sulle ginocchia della madre, difficilmente si dimenca.
Il diri6o-dovere dei genitori
Fino al concilio di Trento la catechesi era affidata prevalentemente alla famiglia.
A parre da allora si incominciò a organiz-zare la catechesi parroc-chiale; oggi, per una serie di movi, si riscopre con più chiarezza che spe(a primariamente alla fami-glia il diri(o e dovere di trasme(ere la fede.
«I genitori — ci ha insegnato il concilio — poiché hanno trasmesso la vita ai figli, han-no l’obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considera come i primi e principali educatori di essa.
Questa loro funzione educava è tanto importante che, se manca, può appena es-sere supplita. Tocca infa/ ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivifi-cata dall’amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e so-ciale.
La famiglia è dunque la prima scuola di virtù sociali di cui appunto han bisogno tu(e le società» (Gravissimum Educaonis, 3).
Famiglia, piccola chiesa
A fondare questo diri(o-dovere c’è un altro fa(o. Il concilio e poi, i papi hanno parlato della famiglia come di una «piccola chiesa», di «chiesa domesca».
Parlando alle Équipes Notre Dames, Pao-lo VI disse che la famiglia «è la chiesa do-mesca, una vera cellula di Chiesa, cellula di base, cellula germinale, la più piccola senza dubbio, e pure la più fondamentale dell’or-ganismo ecclesiale».
Per questo in essa devono riscontrarsi tu/ gli aspe/ propri della Chiesa.
Per rispe(are la sua identà carismaca, la Chiesa vuole affidare la catechesi alla fa-
miglia, non tanto per asse-gnarle un compito in più, ma per aiutarla a essere sempre più «chiesa dome-sca» che annuncia e tes-monia il Vangelo e inizia alla vita crisana.
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A6en� all’autarchia
e al monopolio
Certamente la scelta è
lodevole, però bisogna
fare a(enzione a non de-
legare tu(a la catechesi
alla famiglia.
Il bamino, man mano
che cresce, esce dall’ambito famigliare ed
entra a conta(o con altre agenzie educa-
ve.
Così anche per quanto si riferisce all’ini-
ziazione crisana; egli ha bisogno di entrare
a conta(o con altri coetanei e fare con loro
un cammino che, senza sganciarsi dalla
«chiesa domesca», incomincia a far parte
della «chiesa parrocchiale»: è quello che
viene de(o processo di socializzazione reli-
giosa.
Qui si inserisce l’azione dei catechis che
pertanto viene a configurarsi in modo nuo-
vo, me(endo in a(o una sinergia tra fami-
glia e parrocchia; la fa-
miglia infa/ non può
fare tu(o da sola
(autarchia), la parroc-
chia d’altra parte non
può avere il monopolio
dell’ iniziazione.
A6en� al «miraggio»
E’ certamente doveroso affidare alla fa-
miglia il compito dell’iniziazione crisana
per i movi espos; ma l’a(uale famiglia è
in grado di espletare questo suo originario
compito? Pensare cosi non è forse un mi-
raggio?
Qui si apre allora il capitolo della forma-
zione dei genitori in modo da portarli a vi-
vere la fede ba(esimale per trasme(erla ai
figli.
Il Signore ci accompagni con il suo Spirito
in questa ricerca e in questo lavoro che
aspe(a tu(a la nostra disponibilità.
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Sono le 7. La sveglia è appena suonata. La mamma è già in cucina a preparare la colazione, mentre Matteo, 15 anni,
si trascina brontolando verso il bagno. Anche il papà è alzato e anche Lisa, la sorella maggiore.
L’unico che ancora dorme è Gabriele, il cucciolotto di casa, 4 anni. Tra gli sbadigli e la fretta avviene ancora una volta il miracolo del risveglio.
Come farne un momento d’incontro con Dio?
Dire «buon giorno» al giorno
•Che cosa accade quando il bambino si sve-
glia? Egli lascia il mondo dei sogni per riaggan-
ciarsi alla realtà. Durante la no(e può aver vis-
suto esperienze grafican e allora sarà difficile
abbandonare il calduccio del le(o in cui si sente
prote(o e sicuro, ma può anche aver provato
paure e ansie, concrezzatesi in sogni paurosi
che lo rendono ancora prigioniero della loro
suggesone.
• Il risveglio è il momento in cui si rielaborano
le separazioni: dal calore del le(o, dal sogno,
dall’inmità della no(e. Sono necessari piccoli
«ri di rinascita» che perme(ano di entrare nel
mondo della realtà: il saluto affe(uoso della
mamma e del papà, qualche minuto di racconto
e di gioco, ri di saluto alle persone care, ma
anche alla camere(a, ai gioca(oli, ai ves. Ci
prepariamo per una nuova avventura, lunga un
giorno!
• Mai come in questo mo-
mento il bambino ha biso-
gno di calma e di tempo,
calma e tempo così difficili
da trovare nelle prime ore
del ma/no, ma doni di
inesmabile valore che i genitori possono e de-
vono fare ai loro figli.
• Più il bambino è piccolo e più il risveglio deve
essere un momento sereno in cui egli, secondo i
suoi tempi, possa riprendere conta(o con le sue
energie interiori. Aprendo gli occhi, ogni bambi-
no deve poter percepire questo messaggio di
speranza: “Ti aspe(a un nuovo giorno, un “Buon
giorno” in mezzo alle persone e alle cose che
ami. Un giorno da scoprire e da costruire con en-
tusiasmo”.
La prima occasione per dire «grazie»
• Ecco alcuni suggerimen. Prima di tu(o è
necessario che il bambino abbia dormito a suffi-
cienza di un sonno sereno e riposante. Coricarsi
presto, a distanza sufficiente dall’ulmo pasto,
senza la visione di spe(acoli televisivi eccitan o
paurosi sono le condizioni indispensabili per un
sano risveglio. Così come svegliarsi almeno un’o-
ra prima di dover uscire di casa, magari per poter
raccontare con calma i sogni paurosi ed esperi-
mentare consolazione e conforto. Poi vicino al
papà o alla mamma per scoprire «che tempo fa»,
salutando il mondo dalla finestra. Il sole, ma an-
che la pioggia e il vento, possono essere benve-
nu. Sarà la prima occasione per dire «grazie» a
di Franca Feliziani Kannheiser
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Dio per i suoi doni.
Parlare con Dio insieme al bambino
• Le braccia amorose del papà e della mam-
ma che accolgono il bambino al suo risveglio
dovrebbero essere segno di un altro abbraccio,
di cui egli potrà avverre il calore durante l’in-
tera giornata. Il momento del risveglio è un’oc-casione propizia per la catechesi. Prima ancora di parlare di Dio, i genitori parlano con Dio in-sieme al bambino, non per chiedere, ma per rallegrarsi di poter scorgere di nuovo il suo vol-to, ancora una volta, ancora un altro giorno, il bambino nel viso dei genitori, ques nello sguardo dei loro figli.
• La preghiera insieme, in ginocchio, in piedi o sedu ma «uguali» di fronte a Qualcuno di molto più grande (perché far inginocchiare sol-tanto il bambino quasi fosse un gesto «infanle»?) è il momento gioioso della risco-perta della tenerezza di Dio che ci prome(e protezione e sostegno all’inizio del nuovo cam-mino. Bastano poche parole di ringraziamento o di lode. Eviamo le formule fisse, le frasi ste-reopate, insegniamo ai bambini a parlare con Dio come con un famigliare, con una persona cara. È il momento dell’Abbà che lo Spirito sug-gerisce e invoca dentro il cuore di ogni ba(ez-zato.
• Se c’è il tempo potremmo anche cogliere l’occasione per raccontare una delle tante sto-rie «degli inizi» di cui parla la Bibbia: l’inizio del primo ma/no del mondo (Gn 1-2), quando il creato esce lucido e nuovo dalle mani di Dio; l’inizio del cammino di un popolo verso la terra promessa (Esodo), l’inizio della vita pubblica di Gesù nelle acque del Giordano (Mc 1), l’inizio della lunga storia di amicizia tra Gesù e i suoi discepoli (Mt 5); un nuovo inizio per un uomo egoista, Zaccheo, risvegliato da Gesù all’amore e alla solidarietà.
• La mamma può raccontare anche il «primo ma/no» del bambino stesso, quello del suo primo giorno di vita, oppure quello della sua nascita alla nuova vita di figlio di Dio nel sacra-mento del Ba(esimo.
• A(raverso parole semplici e calde, il bambi-no riceverà l’annuncio che ogni inizio è promes-sa di vita e germe di speranza, perché nasce dalle mani di un Padre buono.
Nello scaffale di
mamma e papà
• Semplici filastroc-che e brevi poesie possono essere di aiu-to per iniziare in un clima gioioso il nuovo giorno. Autori per l’in-fanzia, come Roberto Piumini e Bruno To-gnoli, offrono delizio-se filastrocche ricche di senso e di poesia, a cui i genitori possono a/ngere, ma anche il papà e la mamma posso-no inventare filastrocche semplici di buon risve-glio da integrare e modificare nel corso dei gior-ni.
Filastrocca del risveglio
Apri gli occhi/che il sole è arrivato, apri la bocca/che il la(e è versato, apri le orecchie/che c’è un bisbiglìo, apri le braccia/che ci sono io! (Roberto Piumini)
Buon giorno, Dio!
• Fantasia e invenva devono cara(erizzare anche la preghiera del ma/no. Pregare deve diventare semplice come parlare, perché a Dio si può parlare come con un amico. Così come crescendo in una famiglia s’impara il suo lessi-co, allo stesso modo, il bambino imparerà a(ra-verso i suoi genitori il linguaggio della famiglia dei crisani. Si accosterà il bambino in modo adeguato anche al linguaggio «robusto» dei sal-mi, alla preghiera insegnata da Gesù e a sempli-ci formule liturgiche, privilegiando chiarezza e semplicità.
Preghiere del risveglio
1. lo sono piccolo e Dio mi benedice.
Dio mi benedice quando apro gli occhi. Dio mi benedice, quando mi risveglio.
2. Buon giorno Dio, eccoci qua.
La nostra famiglia inizia un nuovo giorno. Tu ci eni per mano.
3. Tu dai una tana al lepro(o e un nido
all’uccellino.
Tu dai alla trota un sasso so(o cui rifugiarsi.
Tu ci dai una casa che ci protegge dal freddo.
Tu ci dai una famiglia dove ci troviamo bene.
Beato chi abita nella tua casa, Signore!
(dal salmo 84).
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CATECHESI Un metodo e uno stile nuovo
secondo le direttive del Vescovo Come anticipato nelle pagine prece-
denti, il nostro Vescovo ha chiesto a tut-te le parrocchie di iniziare con quest’an-no 2012-13 un cammino di catechesi ispirato al “catecumenato”.
Viviamo in una società “plurale” in cui
ciascuno tende a ritenere “verità” la pro-pria “opinione”.
Ciò spiega la lontananza di parecchie famiglie dalla chiesa, la fatica a parteci-pare ai momenti essenziali della vita cri-stiana come la S.Messa domenicale, gli incontri di catechesi per adulti, l’”ignoranza pratica e teorica” dei conte-nuti fondamentali della fede cristiana.
Eppure, si continuano a chiedere i Sa-
cramenti del Battesimo, della Prima Co-munione, della Cresima,…
La Chiesa è consapevole che sta pro-ponendo l’annuncio cristiano a persone, nella maggior parte, “sé-dicenti” cristia-ni.
Da qui il “catecumenato” chiesto dal
Vescovo. “Catecumenato” significa “ascolto del-
la Parola di Dio” per farne esperienza di vita.
Esso è un “tirocinio”, un prendere di-mestichezza della vita cristiana.
Una persona, quando nasce, non è già cristiana. Lo deve diventare. E ciò avviene gradualmente.
Una volta era l’ambiente familiare che quotidianamente proponeva l’esercizio della fede cristiana. Oggi non è più così.
Diventa necessario riscoprire l’impor-tanza di ricreare un ambiente in cui il bambino, ma in genere la famiglia, pos-sa trovare le condizioni favorevoli per conoscere e vivere i Sacramenti che ri-ceve.
Sono i genitori, insieme alla Comunità
parrocchiale, che devono farsi carico di questo compito.
Ai genitori, in modo particolare, è chiesto di re-imparare i contenuti, in modo da testimoniarli e insegnarli ai propri figli nella vita quotidiana.
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Angolo della generosità
Aggiornato al 15 se6embre 2012
Off. da rappresentazione teatrale 135,00
Off.n.n. brevi manu (N.4) 450,00
Off.dai ragazzi del GREST 467,70
Off.da ulizzo C.A.P. 100,00
Hanno ricevuto il BATTESIMO Codazzi Samuele 19/08/12 Franzina Cecilia 09/09/12 De Giovanetti Riccardo 09/09/12
Salvo errori e/o omissioni. Nel caso vi prego di farlo presente. Grazie!
I debiti per i lavori diminuiscono,
ma ce ne sono ancora!
Per le offerte
• direttamente al Parroco oppure depositarle sui c.c.b. della Parrocchia:
• Banca Credito Valtellinese (Ardenno): c.c.N.: 8960/36
• Banca Popolare (Ardenno): c.c.N.: 15135/21
Alla Comunità parrocchiale di prende-re consapevolezza di essere una “grande famiglia” che “partecipa” agli eventi gioiosi (Battesimi, Prime Comu-nioni, Cresime, Feste liturgiche,…) o tri-sti (Funerali,…) dei suoi componenti.
Sono eventi che devono riguardare tutti i cristiani della Parrocchia, non solo i genitori e parenti dei diretti interessa-ti!!
È così che i nostri bambini e ragazzi
possono realmente avere la possibilità di un vero e proprio “apprendistato” della vita cristiana, in un ambiente, la famiglia e la Comunità parrocchiale, che sa vive-re in ascolto della Parola di Dio, sa cele-brare la domenica come Pasqua setti-manale, sa esprimere solidarietà e co-munione fraterna.
Siamo agli inizi di questo cambiamen-
to di mentalità e di stile. Penso di concretizzare le direttive del
nostro Vescovo proponendo un percor-so annuale che, ovviamente, può e de-ve essere sperimentato e corretto “in itinere” ove risultasse necessario.
Questi i punti principali
1. Mettere in risalto, con celebrazioni specifiche, le tappe di passaggio:
• Da zero a 6 anni: Memoria del Bat-tesimo (diretti interessati i genitori di questi bambini)
• 1ª elem.: Rito dell’Accoglienza • 2ª elem.: Consegna del “Credo” • 3ª elem.: Celebrazione della Prima
Confessione
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• 4ª elem.: Consegna del “Vangelo” • 5ª elem.: celebrazione dei Sacra-
menti di Cresima e Prima Comunio-ne
• 1ª-2ª3ª media: animazione della principali celebrazioni liturgiche (Novena di Natale, Triduo pasquale, Festa dei Beati Mese di Maggio,…).
2. Incontri di approfondimento per Ge-
nitori (secondo l’età dei loro figli). • Da zero a 6 anni • 1ª elementare • 2ª e 3ª elementare • 4ª e 5ª elementare • 1ª e 2ª media • (vedi a parte il calendario fino al 31
dicembre).
Come potete intuire, per un lavoro del
genere è necessaria la collaborazione di tutti.
In modo speciale lo chiedo ai genitori, alle catechiste. Soprattutto mi affido alla preghiera di quelle persone che quoti-dianamente partecipano alla S.Messa, ai malati o anziani che ogni giorno pregano a casa e offrono la loro sofferenza per la Chiesa.
Negli incontri che seguiranno, avrò la
possibilità di spiegare in dettaglio quanto qui ho potuto presentare solo per cenni.
Mi aspetto l’impegno e la buona volon-
tà di tutti.
Anche quest’anno non abbiamo perso l’ap-puntamento con il
Ha avuto inizio mercoledì 22 agosto ed è ter-
minato venerdì 31 agosto il Grest 2012, svoltosi presso il Cap.
Quest’anno il tema centrale è stato "Passpartù”, dì soltanto una parola".
Con la parola possiamo entrare dappertutto (passepartout, appunto): nel nostro cuore per dare un nome ai sentimenti e consistenza ai pensieri, nel cuore delle cose per usa-re le parole giuste e adatte, nel cuore degli altri per costruire relazioni buone e positive, nel cuore di Dio se imparia-mo a capire quando e come ci fa arri-vare la sua parola.
Naturalmente il “Passpartù” non funziona automaticamente. Occorre
averne cura, altrimenti non si en-tra da nessuna parte e rischiamo di riempire il mondo di tanti bla bla che creano disordine, rumore, confusione, come era già succes-so, a suo tempo, intorno a una certa torre, collocata a Babele, che poi non stava in piedi.
Una parola , anche soltanto una parola, al po-sto giusto rende la vita più bella e ci permette di stare insieme nel migliore dei modi.
I pomeriggi, dopo il momento di riflessione e preghiera con Don Enrico, sono tra-scorsi tra balli, laboratori e giochi nei quali i partecipanti, con i loro animato-ri, si sono divertiti nelle varie sfide a squadre, soprattutto con l’acqua e visto il caldo di quelle giornate, spesso eravamo tutti bagnati, ma……… che di-vertimento!!!
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Per dare maggiore visibilità al nostro Vicaria-to, è stata organizzata una giornata ad Arden-no.
Erano presenti circa 400 ragazzi provenienti dai Grest di tutte le parrocchie.
A ricordo della giornata ognuno ha ricevuto in ricordo una chiave “passpartu” .
Come ormai da consuetudi-
ne, nemmeno quest’anno è mancata la tanto apprezzata gita al parco acquatico, svoltasi di domenica per consentire alle famiglie di partecipare.
Non si può non ricordare la festa finale , con cena, seguita dallo spettacolo organizzato dai bambini e dai ragazzi, che si sono messi in gioco con scenette molto divertenti, e nono-stante il poco tempo di preparazione, hanno raggiunto notevole successo davanti al pubblico presente.
Un grazie speciale agli animatori e aiuto ani-matori, senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile, e un grazie a tutte le mamme e i papà che hanno collaborato alla buona riuscita del Grest. Ci vediamo numerosi l’anno prossimo!
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30 settembre
S.Messa inizio anno catechistico Mandato alle Catechiste (sarà presente P.Mario missionario)
14 ottobre
Anniversari di Matrimonio
21 ottobre
Giornata Missionaria Mondiale Rito dell’Accoglienza (bambini di 1ª elementare)
1 Novembre
Ss.Messe: orario festivo ore 15,00: Celebrazione al Cimitero (inaugurazione campana degli Alpini)
2 Novembre
ore 15,00: S.Messa al Cimitero per tutti i Defunti ore 20,30: S.Messa in Parrocchia (per chi non ha potuto partecipare alla funzione al Cimitero nel pomeriggio)
25 Novembre
Festa di Cristo Re Consegna del “Credo” (bambini 2ª elementare
8 Dicembre
Celebrazione “Memoria del Battesimo” (Genitori dei bambini da 0 a 6 anni)
9 Dicembre
Festa “Accendi il tuo cuore”
16 Dicembre
Inizio Novena di Natale
12 Ottobre
Incontro con Genitori dei bambini di 1ª elementare
19 Ottobre
Incontro con Genitori dei bambini di 2ª e 3ª elementare
26 ottobre
Incontro con Genitori dei bambini di 4ª e 5ª elementare
16 Novembre
Incontro con Genitori dei bambini di 1ª e 2ª media
30 Novembre
Incontro con Genitori dei bambini da zero a 6 anni
Avvento Catechesi per gli Adulti
1ª elementare Beatrice e Stefania
ore 14,30
2ª elementare Laura Leoni ore 14,30
3ª elementare Mirca e Giusy
ore 14,30
4ª elementare Lucia e Paola
ore 15,45
5ª elementare Adolfa e Giulietta
ore 15,45
1ª media Gina ore 14,30
2ª media d.Enrico e Claudia
ore 15,45
3ª media Maddalena e Laura Rossotti
ore 14,30
Un vivo ringraziamento alle mamme che
hanno aiutato fa/vamente alla buona riu-
scita del GREST.
Un grazie ancipato alle mamme che offri-
ranno la propria disponibilità a tener aper-
to il C.A.P. nel pomeriggio dei venerdì in cui
si svolgono gli incontri di catechesi per i
ragazzi.
Mi auguro che tu/ i papà e le mamme
sentano il dovere di dare una mano, anche
per la pulizia degli ambien� u�lizza� dai
propri figli.
si inizia venerdì 5 o6obre
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• La sorella di Pierino dice: Pierino sei contento di diventare zio? Pierino risponde: chissenefrega volevo diventare astronauta!
• Due amici davanti all'ascensore - Chiamalo! - Se mi dai il numero"!
• Papà scarafaggio dice al figlio. “Nella vita è importante soprattutto…
non farsi mettere i piedi in testa!!” • Sul tram: "Signora, suo figlio mi imita!" E la mamma: "Perbacco signore, ha ragione" Poi, rivolta al figlio: "Pierino, smettila subito di fare l'imbecille!" • "Pierino" chiede la maestra " perché il tema di ieri è identico a quello di tuo fratello l'anno scorso? "Semplice... abbiamo la stessa sorella!"
• Se tu in questo momento ingerissi un moscerino, avresti più cervello nello stomaco che in testa!
• Ligabue canta: "Tutti vogliono viaggiare in prima". Io l'ho fatto e ho bruciato motore e frizione......
♦Quale è il colmo di un benzinaio? Avere una mo-glie...SUPER!
♦Quale è il colmo per un naufrago? Stare in mezzo al mare e avere il morale a terra!!!
♦Quale è il colmo per un pugile? Avere la cravatta che fa a pugni con la camicia
♦Il colmo per un globulo rosso? Sparire sulla circolazione…
♦Quale è il colmo di un tennista? Ridere sempre alle battute
♦Quale è il colmo per un ago? Essere sempre in vena!
♦Quale è il colmo per un ufo? Avere l’ernia al disco…!
♦Cosa dice un rubinetto depresso a un idraulico? Stringimi forte!
♦Colmo per una sarta chiacchierona? Cucirsi la bocca.
◊ Ha le braccia ma non le mani, ha il collo ma non la testa ….
( la camicia) ◊ Cos’è che non si muove ep-
pure va ovunque? (la strada) ◊ Se le unisci, dividono. Cosa
sono? (le forbici) ◊ Ha una testa ma non ragiona. (il chiodo) ◊ Più è fresco più è caldo
(il pane) ◊ Più la tiri e più si accorcia… (la sigaretta) ◊ Ripeti ad alta voce due volte :
tarlo terlo tirlo torlo turlo. Come si chiama il bianco dell’uovo
(albume)