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Agresti A., Brasca G., Grigolini M., Pontremoli C., Yuan Y.
SHAN ZHAI山寨:
IMITAZIONE O INNOVAZIONE? Un modello alternativo di sviluppo aziendale e
sociale nella Cina del nuovo millennio
1
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
COMUNCAZIONE PUBBLICA E D’IMPRESA
Corso di: Sociologia della globalizzazione
a.a 2010/2011
SHAN ZHAI山寨:
IMITAZIONE O INNOVAZIONE?
Un modello alternativo di sviluppo aziendale e sociale nella Cina del nuovo
millennio
Di
Arianna Agresti, Giulia Francesca Brasca, Massimiliano Grigolini, Carlotta Pontremoli, Yvonne Yuan
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INDICE
ABSTRACT pag. 3
INTRODUZIONE pag. 3
SEZIONE METODOLOGICA pag. 4
CAPITOLO UNO
Il fenomeno Shanzhai: dall’elettronica al consumo culturale pag. 6
CAPITOLO DUE
Fattori chiave per lo sviluppo del fenomeno Shan Zhai in Cina pag. 8
CAPITOLO TRE
Shan Zhai è un fenomeno confinato all’imitazione e alla contraffazione oppure ha delle
componenti innovative? pag.10
CONCLUSIONI pag. 13
Bibliografia pag. 14
3
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ABSTRACT
La parola “shan zhai” identifica una tendenza cinese degli ultimi anni alla diffusione di materiale elettronico,
specialmente cellulari, prodotti a basso costo e imitando la forma e l’aspetto dei brand di grido. Viene
etichettato spesso come pura forma di pirateria, come mera riproduzione di beni strettamente legata alla
cultura dell’imitazione Cinese. Si tratta, nella realtà, di un fenomeno molto più complesso in grado di
introdurre non solo variazioni innovative e fantasiose agli oggetti ma che ha creato e diffuso una nuova
tendenza culturale in cui possedere un oggetto “shan zhai” è alla moda e trendy tanto quanto possedere
quello originale. In questo breve paper indaghiamo come shan zhai si sia imposto in Cina sia come nuovo
modello di consumo culturale, sviluppatosi grazie alle peculiari caratteristiche del mercato e della società
cinese sia come modello alternativo di business.
INTRODUZIONE
Le merci a buon mercato sono l’artiglieria pesante con cui la borghesia europea spiana tutte le
muraglie cinesi.1Con queste parole Marx e Engels liquidarono la resistenza della Cina alle mire capitalistiche
degli stati imperialisti. A un secolo e mezzo di distanza si può affermare che, non solo la Cina ha resistito
alle mire capitalistiche di vari stati, ma oggi è lei stessa ad attuare con maggior successo la “tattica” delle
“merci a buon mercato”.
La rinascita della Cina passa dalla tradizionale e fortissima presenza dello stato su tutte le attività
sociali ed economiche. È evidente come il governo cinese abbia indirizzato la rinascita e lo sviluppo
economico lungo una strada maestra da seguire e lo stia facendo tuttora. Ciò che più colpisce è il modo in cui
è avvenuta questa rinascita. RamgopalAgarwala, con un passato da alto funzionario della Banca Mondiale a
Pechino afferma che:
“la Cina è forse l’esempio migliore di un paese che ha ascoltato i consigli degli stranieri, prendendo però poi le
sue decisioni alla luce delle proprie specifiche condizioni sociali, politiche ed economiche […].
Quale che possa essere stato il segreto del successo della Cina, non si è trattato certamente di una
cieca obbedienza alle indicazioni del Washington [Consensus]. La vera cifra del suo processo di sviluppo
sono state le riforme con caratteristiche cinesi”.2Queste caratteristiche sono molto in linea con una
concezione smithiana di mercato, in cui lo stato deve fare del mercato uno strumento di governo e se
liberalizza il commercio deve farlo così gradualmente da non turbare la pubblica tranquillità. Inoltre deve
1Palmiro Togliatti, trad.,Manifesto del partito comunista(Roma: Meltemi Editori, 1998), 33.
2Ramgopal Agarwala, The Rise of China: Threat or Opportunity? , (New Dehli: Bookwell Publications,2002), 86-89.
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riuscire a mettere in competizione tra loro i capitalisti piuttosto che i lavoratori. Il governo deve vedere come
prioritaria la formazione di un mercato interno e con il passare del tempo anche del commercio estero e degli
investimenti stranieri. Per Arrighi
“molte delle caratteristiche del ritorno della Cina all’economia di mercato combaciano con la concezione
smithiana di sviluppo di mercato piuttosto che con la concezione dello sviluppo capitalistico di Marx, secondo
cui i governi non sono altro che i comitati d’affari della borghesia […] e agevolano la tendenza dei capitalisti a
spostare sui lavoratori la pressione della concorrenza che il processo di accumulazione fa nascere fra loro.”3
Oggi la Cina, che è cresciuta vertiginosamente grazie agli investimenti diretti esteri, guarda con
sempre maggiore attenzione allo sviluppo del mercato interno pur mantenendo una forte regolamentazione
statale, contrariamente alla deregulation avvenuta nel resto del mondo.
I più grandi concorrenti della Cina, gli Usa sono oggi in crisi e ancora più lo sono le loro
multinazionali che si trovano di fronte a una grande controversia: investire in Cina sfruttando il basso costo
di lavoro e la rapida espansione economica, ma così facendo fornire posti di lavoro, knowhow e denaro al
gigante asiatico, o venire con il tempo sconfitte dalla concorrenza delle stesse aziende cinesi. Un tempo la
Cina era solo il centro dell’industria manifatturiera, oggi vi si creano e sviluppano prodotti ad alta tecnologia.
Ma come sostiene Arrighi, riprendendo H.W.French, i massicci investimenti che la Cina si appresta a fare in
India e viceversa andranno a creare un colosso da 2,3 miliardi di abitanti che potrebbe porsi come il nuovo
fautore degli standard globali delle tecnologie elettroniche e meccaniche, basti pensare a cellulari, computer
e auto.4 Questo significa che le caratteristiche dei nuovi prodotti potrebbero essere decise non più dal
mercato Euro-Americano, ma da quello Indo-Cinese.
Il discorso sul fenomeno shanzhai di cui andremo a parlare si inserisce nel quadro appena delineato.
SEZIONE METODOLOGICA
Abbiamo analizzato il fenomeno shanzhai tenendo sullo sfondo il quadro di riferimento dello sviluppo
globale e della logica dei consumi.
La nostra analisi si è basata interamente su fonti terze: libri e risorse attinte dal web quali articoli di riviste
online, articoli di giornali online, siti web.
Sviluppate le ipotesi di shanzhai come frutto delle capacità produttive cinesi e come fenomeno grass-root del
popolo e per il popolo,
abbiamo concluso che shanzhai si afferma come:
- forma di consumo culturale
3Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventunesimo secolo, (Feltrinelli Editori, 2007), 395.
4Ibidem, 424.
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- modello di business
- fenomeno innovativo tipicamente cinese
In particolare le nostre domande di ricerca sono state:
1. Shan zhai è un fenomeno confinato all’imitazione/innovazione oppure ha delle componenti
innovative?
2. Come mai la cultura di consumo shanzhai ha sviluppo e successo in Cina?
6
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CAPITOLO 1
Il fenomeno shanzhai: dall’elettronica al consumo culturale
Gli ideogrammi cinesi 山寨shanzhai letteralmente significano “mountain village” e si riferiscono alle
case di montagna costruite con pietre, spesso utilizzate come roccaforte per eludere i controlli ufficiali.
L’origine etimologica del termine proviene inoltre dall’epoca dei Signori della guerra, quando veniva usato
come segno di ribellione, disprezzo nei confronti dell’imperatore e come desiderio di autonomia locale.5
Oggi questa parola indica un fenomeno che va oltre alla semplice traduzione letterale.
Durante gli ultimi anni del XX secolo e i primi del XXI secolo la parola shanzhai assume una diversa
sfumatura: si riferisce ad un recente trend che nella sua accezione negativa fa riferimento a prodotti plagio di
elettronica made in China.
Shan Zhai nasce nella zona imprenditoriale di Shenzhen creata circa 30 anni fa come parte di una
serie di riforme economiche ad opera di Deng Xiaoping, che è possibile ascrivere al “socialismo con
caratteristiche cinesi” volto a incoraggiare gli investimenti diretti esteri.
Lo Shenzhen in particolare, è la zona economica speciale cinese di maggiore successo nella
produzione di materiale high-tech. Qui shanzhai ha avuto origine, inizialmente come piccolo fenomeno di
villaggio.6
Con il passare degli anni shanzhai è diventato un business basato su prodotti elettronici
(specialmente cellulari). Si tratta di merce a basso costo che imita prodotti di marchi ben noti. Shan zhai
diventa perciò un fenomeno più complesso che non solo può introdurre modifiche innovative negli oggetti,
ma è anche in grado di creare una tendenza culturale. Possedere un oggetto shanzhai è una moda e per i
cinesi perché è come possedere l’oggetto originale.
Grazie all’abbondante manodopera è alla capacità produttiva, la Cina è conosciuta da tempo come
l’officina del mondo ed è nota per la fabbricazione di prodotti per i brands globali. Così si potrebbe
facilmente supporre che ciò che spinge la Cina alla produzione di prodotti shanzhai è la sua debolezza
nell’innovazione e nelle capacità di sviluppo. Il brand non viene usato come strategia di marketing, ma si
tratta semplicemente di creare diverse forme di design multifunzionale adattato alle esigenze del mercato
locale, cadendo però in forme di pirateria a causa dell’assenza di certificazioni e di garanzie.
Gli sviluppatori di shanzhai cercano attivamente di creare domanda. Questa prospettiva ha portato ad
alcuni prodotti inattesi che spingono a chiedersi se la componente innovativa non sia effettivamente presente.
5 Centre for International Manufacturing Institute of Cambridge, “Shan-Zhai: alternative manufacturing- making the
unaffordable affordable” CIM Briefing No 1(2009):1. 6“The spirit of enterprise fades,the cradle of China’s start-up firms is showing its age”, The Economist, 21 gennaio
2010, consultato 10 febbraio 2011, http://www.economist.com/node/15331470?story_id=15331470.
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Ad esempio il cellulare che si piega in due come un pacchetto di sigarette, la macchina fotografica-telefono
con “bolt-on telephotolens”e il clone dell’ I-Phone di Apple, l’Hiphone fatto da Orange.7
Si potrebbe pensare che una tendenza come shanzhai incoraggi le nazioni sviluppate e le società affermate a
riconsiderare la relazione tra la produzione ed il brand. Il fenomeno shanzhai dimostra infatti chiaramente
che se una nazione o una regione ha capacità di produzione sofisticate è più facile catturare opportunità
emergenti e creare dei brand alternativi e quindi un nuovo mercato.
Shan-Zhaiavvicina i cinesi alle nostre più conosciute pratiche di subvertising e do ityourself, ma non solo: è
anche un modello di economia che si pone sostanzialmente tra il mainstream, il prodotto copyright e l'open
source.
Il 2008 può essere considerato come quella cesura storica che proietta la Cina in uno scenario
globale mostrando non solo la sua forza nella produzione industriale ma anche la capacità di rafforzare i
consumi immateriali. Infatti, dopo le Olimpiadi 2008 shanzhai si è affermato anche come fenomeno
culturale che nasce dal basso e rimane per il popolo. L’impressione che si ha negli ultimi anni è che la
maggior parte degli utenti sia capace di scindere tra il fenomeno commerciale, più vicino alla pirateria, dal
fenomeno culturale. Episodi di shanzhai positivi si sono infatti registrati durante i preparativi delle
Olimpiadi. In particolare in una comunità rurale è stata realizzata in maniera del tutto artigianale una fiaccola
olimpica non ufficiale. Un altro esempio è stato la creazione di uno spettacolo televisivo alternativo al
tradizionale show della Festa di Primavera in onda sull'emittente di stato CCTV. Per far ciò è stato creato il
sito CCSTV(China CountrysideTelevision), tramite il quale lo show alternativo è stato trasmesso. Per molti
cinesi shanzhai è diventato una rivisitazione che premia la creatività, l’imitazione di alta qualità, la forza
innovatrice e la produzione; premia inoltre la cultura grass-roots, cioè l’iniziativa del popolo e per il popolo.
Shan zhai è la rappresentazione di una società cinese dinamica, dal fortissimo senso dell'umorismo e della
creatività. Infatti queste ultime non si manifestano soltanto nel brulicante e dinamico mercato dell’arte
contemporanea cinese, che nella sua ridicolizzazione dell’iconografia post- Mao raggiunge elevati livelli di
sarcasmo e derisione dei simboli della Rivoluzione culturale, ma è presente anche nella produzione di
apparecchiature elettroniche, capaci di dar vita a fenomeni culturali.
A questo proposito, il consumo di shanzhai, alla stregua di qualsiasi altro tipo di consumo può essere
considerato il frutto di una società dei consumi basata sull’ estetica e sull’apparire. Il consumatore è portato
infatti ad offrire un’immagine della propria identità al mondo esterno, identità tuttavia che continua a
costruirsi e a mutare. Questa identità si costruisce ovviamente attraverso il consumo di beni, di oggetti, che
esprimono ciò che noi vogliamo mostrare agli altri e che aiutano a definire il nostro posizionamento sociale.
Il comportamento di ogni individuo appare dunque guidato dall'estetica del consumi, che predica,
secondo Bauman, il piacere del consumo.8
7Centre for International Manufacturing Institute of Cambridge, “Shan-Zhai: alternative manufacturing- making the
unaffordable affordable” CIM Briefing No 1(2009):2. 8ZygmuntBauman, Lavoro, consumismo e nuove povertà (Troina: Città Aperta), 2007, 56.
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Perciò si può ben immaginare con che velocità abbia preso piede un fenomeno come quello di Shan Zhai. Si
potrebbe associare Shan Zhai al bisogno di apparire e di possedere tipico della nostra società tramite un
discorso puramente basato sulla disponibilità economica. Infatti attraverso i prodotti Shan Zhai, la larga parte
di società cinese non facente parte dei cosiddetti “colletti bianchi”, può permettersi un’alternativa valida che
permetta all’individuo di posizionarsi socialmente.
Tuttavia shanzhai non è relativo solo a questo tipo di discorso. Soprattutto in una società come quella
cinese, decidere di identificare se stessi andando contro ciò che viene imposto e ai valori culturali dominanti,
vuol dire scegliere di appartenere a una cultura collettiva, tanto cara alla tradizione cinese.
CAPITOLO 2
Fattori chiave per lo sviluppo del fenomeno shanzhai in Cina
Abbiamo visto come shanzhai sia un fenomeno che parte dal basso e nasce sostanzialmente come
imitazione di una tendenza o un prodotto già affermati. Abbiamo visto la sua doppia valenza sociale ed
economica. Vediamo ora quali sono i fattori chiave che ne determinano lo sviluppo.
1. Cultura: nella società cinese non vi è “paura di sperimentare”, anzi è ritenuta una pratica comune in
qualunque ambito e viene sempre premiata;
2. Politica: inconsistente attuazione della “makingregulation” unita a una totale o parziale assenza delle
leggi sul copyright;
3. Domanda: a fronte di una popolazione potenziale di oltre un miliardo di persone, ad oggi solo una
piccola percentuale è veramente raggiungibile dal mercato occidentale, il resto è un enorme mercato
rurale, totalmente “vergine” che viene conquistato dalle aziende shanzhai prima ancora che dalle
multinazionali Americane;
4. Offerta: le aziende già strutturate sul territorio cinese sono per loro fisionomia poco propense al
cambiamento. Le multinazionali che sarebbero ben disposte ad accaparrarsi nuovi consumatori si
trovano a loro volta in difficoltà perché non comprendono il mercato; chi ne esce vittorioso sono di
nuovo le piccole aziende shanzhai, che grazie alla forte capacità produttiva, unita ai bassissimi costi
della manodopera, permette loro di entrare facilmente nel mercato.
Quindi la Cina offre attualmente le “condizioni ideali perfette” per la nascita e lo sviluppo di aziende
shanzhai.
2.1 Modello di crescita di aziende di successo shanzhai
9
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BYD company è un’azienda produttrice di automobili con sede a Shenzhen, nella provincia del Guandong. È
stata fondata nel 2003 e fa parte della BYD Co Ltd, produttore di batterie ricaricabili innovative.9 BYD
cominciò la propria avventura nel comparto dell’automobile producendo la F3, imitazione più che evidente
della più blasonata Toyota Corolla. La F3 aveva a suo favore il prezzo: esattamente la metà della Corolla. A
soli tre mesi dal lancio la F3 aveva già raggiunto il break even. Ciò si ottenne grazie a un sistema di bassi
costi fissi e alto utilizzo della manodopera, producendo inoltre certa componentistica internain autonomia (ad
esempio telaio, aria condizionata, motore). Anche in questo caso vengono imitati marchi illustri. Nel 2005
vennero vendute 11,000 vetture, nel 2006 divennero 60,000. Nel 2010 si raggiunsero 519,800 auto
vendute.10
Ma se il successo della BYD si fermasse qui si parlerebbe solo di un eclatante caso di plagio ben
riuscito e prolungato nel tempo. Ma così non è stato. Raggiunto il break even i manager di BYD
reinvestirono tutti i capitali in R&S e nella ricerca di giovani talenti. In brevissimo tempo l’azienda sviluppò
il suo core business nella produzione di batterie al litio sia per auto elettriche che per quelle ibride. Quella
che meno di dieci anni fa nasceva come azienda shanzhai, con il solo scopo di imitare e rivendere alla metà
del prezzo dell’imitato, oggi è quotata sulla borsa di New York e Warren Buffett (investitore americano) ha
da poco investito 230 milioni di dollari su di essa11
.
La BYD è quindi un perfetto modello di crescita aziendale di successo shanzhai in quanto ha
sviluppato tutte le fasi del modello proposto dal Dr. Edward Tse, Kevin Mia e YuYuang nel paper “shanzhai
A ChinesePhenomenon”, da noi tradotto e rischematizzato [fig.1]. Possiamo vedere come vi sia stato un
break through iniziale di pura copia volto a un forte guadagno (assicurato da un prezzo di offerta dimezzato
rispetto la concorrenza.) La forte e rapida ascesa ha portato a reinvestire immediatamente in quello che
diventerà poi il core business. Da questo momento si ferma l’imitazione e comincia l’innovazione, che
spiazza la concorrenza occidentale legata a modelli di business standardizzati. La BYD a questo punto
investe tantissimo anche in immagine per cercare di slegarsi da quella originale, legata inevitabilmente
all’azienda copiata (associazione con Toyota Corolla). Il futuro nel caso della BYD è già scritto: grandi
investitori americani che riversano nuovi capitali nelle aziende shanzhai.
9 “Company Profile: BYD Company”, ultimamodifica 25/3/2010,
http://www.sustainablebusiness.com/index.cfm/go/news.feature/id/1780 10
Bertel Schmitt, China Car Market 101: Who Makes All Those 18 Million Cars?,The truth about cars, 19 gennaio
2011, accessed 19 marzo 2011, http://www.thetruthaboutcars.com/2011/01/china-car-market-101-who-makes-all-those-
18-million-cars/ 11
Marc Gunther, “Warren Buffett takes charge”, Fortune, 13 aprile 2009, accessed 2 aprile
2011http://money.cnn.com/2009/04/13/technology/gunther_electric.fortune/
10
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Fig 1. Tratto da: Edward, Kevin Mia, YuYuang, “Shan zhai A ChinesePhenomenon”, Buzz & Company
ConsultingFirm(2009), accessed 23 marzo 2011, http://www.booz.com/media/uploads/Shan_zhai_A
Chinese_Phenomenon.pdf
CAPITOLO TRE
Shan zhai è un fenomeno confinato all’imitazione e alla contraffazione oppure ha delle
componenti innovative?
Nell’immaginario cinese, a differenza che nel pensiero occidentale, il concetto di copia è associato al
concetto di miglioramento dell’esistente e non al furto della proprietà intellettuale.12
Quest’ultima non esiste
nella concezione cinese. Copiare è inteso come “catturare le idee del mondo” ed è proprio questo il nuovo
paradigma che cambia i processi d’ innovazione. L’innovazione è la nuova priorità. In questi ultimi anni si
assiste ad un rinnovato interesse per l’innovazione che non riguarda solo i prodotti/servizi ma l’impostazione
complessiva del fare impresa ossia i modelli di business; si avviano cambiamenti dell’organizzazione
dell’innovazione verso una vera e propria rifondazione di una cultura idonea al reinventare il come
inventare.13
Secondo il ricercatore Filippo Martino
“il mercato globale e iper competitivo ha messo in discussione i modelli che per oltre 20 anni hanno garantito
crescite stabili e di successo, mettendo a rischio dunque lo sviluppo, se non la sopravvivenza, sul lungo
12
Francesco Bollorini, Tre CD player dal popolo del dragone, 2006, accessed 29 marzo 2011,
http://www.videohifi.com/20_3cdp.htm. 13
Filippo Martino, “L’Innovazione aperta: soluzioni organizzative”, Sviluppo & Organizzazione 115 (2007), 1 ,
accessed 29 marzo 2011, http://www.videohifi.com/20_3cdp.htm
11
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termine […]La forza cruciale delle imprese si sviluppa a tutto campo rispetto alla loro capacità di proporre
nuovi prodotti e servizi che creino valore per il cliente”.14
Su questo si fonda il credo cinese: “Orgogliosi se inventato da qualche parte ma sfruttato
intelligentemente da noi”.15
La tutela della proprietà intellettuale rimane uno dei motivi di frizione fra Cina e paesi occidentali e
rappresenta da sempre una cartina tornasole per analizzare il processo di modernizzazione in atto in Cina.
Agli inizi degli anni Ottanta, In Cina, gli IntellectualProppertyRights non esistevano; non veniva riconosciuta
alcuna funzione al diritto positivo (avendo rifiutato durante gli anni della Rivoluzione Culturale il principio
di legalità), e non veniva tutelata in alcun modo la proprietà privata. A partire dagli anni Ottanta, con
l’obiettivo di attrarre know-how dall’estero e modernizzare il paese sul fronte della scienza e della
tecnologia, la tutela della proprietà intellettuale ha trovato una sua prima disciplina normativa. Nell’ultimo
decennio la questione si è spostata sul fronte dell’enforcement perché questi diritti non rimanessero confinati
nella cosiddetta law in the book.16
Ma la questione della proprietà intellettuale ha anche altri risvolti sul piano interno: essa rappresenta
un elemento per valutare quanto la Cina stia effettivamente passando dalla fase del Rule By Law (a norma di
legge) a quella del Rule Of Law (supremazia della legge), ovvero se i “trapianti giuridici” (di provenienza
occidentale, con i quali si è proceduto a costruire l’attuale sistema giuridico cinese) debbano considerarsi
solo un abbellimento di un’ossatura confuciano-socialista dello Stato o se possano invece riuscire a scalfirne
i paradigmi più profondi, facilitando così un maggiore dialogo nel mondo globalizzato. Nonostante i tentativi
di imporre delle regole, in Cina rimane sempre aperto il dibattito tra “cultura dell’originalità vs cultura
shanzhai”. Shan zhaiè ridicolizzare le autorità, imitare le correnti in voga, e prendere in giro e deridere tutto
quanto viene imposto ma soprattutto si tratta di una presa di coscienza generale da parte della gente comune
che, stanca delle decisioni imposte, decide di rispondere personalmente creando e producendo cose
nuove(do ityourself) . Comincia così a formarsi una cultura, alternativa forte, che oscilla tra ribellione e pure
forme di divertimento che nascono spontaneamente dal popolo. Han Haoyue, criticodei media a
Pechinosottolinea come
“Shan zhai culture is from the grass roots and for the grass roots and It gives people another choice and the
possibility of resisting dominant cultural values.”17
14
Ibidem, 2. 15
Roberto Bellini e Chiara Francalanci, “ICT e Innovazioni d’impresa, casi di successo”, Mondo Digitale 3(2007),
accessed 24 marzo 2011, http://www.mondodigitale.net/Rivista/07_numero_3/Rub.%20Bellini%20p.%2078-83.pdf
16
Federico R. Antonelli, “Cina. Diritto della proprietà intellettuale e rule of law”, L’Interprete, 22 febbraio 2011,
accessed 30 marzo 2011, http://www.interpreteinternazionale.it/cina-diritto-della-proprieta-intellettuale-e-rule-of-law-
596. 17
Sky Canaves and Juliet Ye, “Shanzhai”, Culture Making, 22 gennaio 2009, accessed 30 marzo 2011,
http://www.culture-making.com/post/shanzai
12
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Il problema si pone poiché Shan zhai viene considerato uno spazio ambiguo. Infatti permette di
esprimersi creativamente resistendo ai valori culturali dominanti. È considerato una ridicolizzazione di
governo e autorità, ma anche, più in generale, volontà a fare da soli, senza sottostare a nessuna imposizione,
commerciale o sociale, imposta dall’alto. Ma il vero problema è che il fenomeno Shan zhai è considerato
sinonimo di falso, tarocco, copia pirata soprattutto dal mondo occidentale, dove i diritti di proprietà
intellettuale hanno un peso rilevante. Infatti nella visione di legalità occidentale qualsiasi copia o plagio può
essere considerata sia un danno per la capacità creativa della cultura che, a livello commerciale, un fattore
che potrebbe agevolare la concorrenza sleale (poichè trattasi di un fenomeno fuori legge.)
A tal proposito è importante sottolineare le dichiarazioni di Ni Ping, conduttrice televisiva ma anche
membro del CCPCC, la quale ha richiesto dei provvedimenti giuridici per regolamentare il fenomeno Shan
zhai. Ha presentato una mozione con la seguente motivazione:
“all’inizio il fenomeno era collegato alle copie di cellulari o di altra tecnologiama da questo aspetto
commerciale, il fenomeno piano piano è entrato nella sfera culturale. Su qualsiasi nuovo prodotto artistico
buono, si specula come forma di Shan zhai. Su questa strada, se il fenomeno si sviluppa in questo senso,
qualsiasi copia o plagio potrebbe naturalmente essere un danno per la capacità creativa della nostra cultura”.18
Prosegue Ni Ping:
“Se non facciamo qualcosa per eliminare Shan zhai, vedremo presto un paese con un
mare di libri simili, programmi TV, film, con una conseguente diminuzione della creatività. Per le menti dei
giovani in particolare può risultare un veleno che, non distinguendo obbiettivamente ciò che è giusto da ciò che
è sbagliato , il pericolo è che agendo in nome della cultura shanzhai, si ritrovino a evadere i confini della
legalità.”19
Non tutti però si sono dimostrati contrari allo Shan zhai.
Il giovane scrittore Han Han ad esempio si è sostanzialmente dichiarato a favore purché si adotti il
giusto distinguo con un'azione di pirateria20
. L'impressione è che la maggior parte degli utenti sia capace di
scindere tra il fenomeno commerciale, più vicino alla pirateria dal fenomeno culturale. Anche se ai più può
sembrare qualcosa difficile da condividere, di fatto Shan zhai è per molti cittadini cinesi una rivisitazione che
premia la creatività, l'imitazione di alta qualità, la forza innovatrice e la produzione.
Esiste quindi una cultura dell’innovazione?
L’innovazione e la creatività rivestono sempre più un ruolo centrale, in cui la creatività viene intesa come
prima fonte della dinamica dell’innovazione. La creatività è una dote individuale, l’innovazione è un
fenomeno collettivo.21
Schumpeter definisce l’innovazione come
18
Tania Di Muzio, Simone Pieranni, “Se non capite cosa sia. E’ Shanzhai”, China Files, 3 luglio 2009, accessed 24
marzo 2011, http://china-files.com/it/link/1303/se-non-capite-cosa-sia-e-shanzhai 19
Xie Jingwei, “Anti-shanzhai law proposal sparks row”, China Daily, 5 marzo 2009, accessed 28marzo 2011,
http://www.chinadaily.com.cn/china/2009-03/05/content_7541992.htm 20
“Shanzhai che passione”, last modified 11 Marzo 2009. http://www.cineresie.info/shanzhai-che-passione/ 21
Giovanni Lucarelli, Il Gruppo al lavoro, (Milano:Franco Angeli), 2005, 37.
13
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“uno spontaneo ed improvviso mutamento dei canali di flusso, una perturbazione dell’equilibrio che altera e
sposta lo stato di equilibrio precedentemente esistente”.22
L’innovazione viene intesa come introduzione di nuove combinazioni economiche all’interno del
sistema. Shumpeter identifica inoltre una difficoltà in coloro che hanno intenzione di innovare, ovvero la
resistenza da parte dell’ambiente. Per essere innovativi si deve essere anche motivati a farlo e per questo, è
necessario un clima ideale, dove l’innovazione viene apprezzata, l’entusiasmo è espresso e il sostegno è
esteso verso l’assunzione del rischio e l’esplorazione di idee nuove.
L’innovazione non proviene tanto da un colpo di genio o dalla fortuna, ma dalla determinazione nel
costruire e portare avanti un’idea creativa.
CONCLUSIONI
Il mercato interno cinese sia per la sua vastità che per precise peculiarità culturali è attratto dai brand
occidentali ma questi non sono in grado di soddisfare a pieno il consumo identitario cinese.
Così come affermato da alcuni teorici della globalizzazione come Robertson, i trend della globalizzazione
sono in competizione con la dimensione locale che riguarda l’identità e la cultura di un popolo.23
Sulla stessa
linea logica Appadurai fa notare che quando un sistema culturale globale emerge è intriso di resistenze e
contro strategie. In particolare in termini di resistenze e contromisure nel contesto della globalizzazione, la
Cina ha agito su due livelli. Da una parte ha fatto appello alla cultura nazionalista del popolo cinese e
dall’altro sia i media che il governo, in particolare nell’ultimo decennio, inducono a pensare i prodotti del
mercato interno come maggiormente adatti a soddisfare i bisogni di consumo.24
Dunque shanzhai si inserisce perfettamente in un quadro allargato di estetica dei consumi cinese, che
richiama maggiormente ai valori della collettività. Shan zhai è una risposta al forte appeal che i prodotti
elettronici hanno per i cinesi: in sostanza è sì globale me è anche cinese. L’esigenza di rispondere ad un
mercato vasto che chiede un prodotto che assomigli e si rifaccia ai brand occidentali ma che abbia un prezzo
ragionevole, un software cinese e una serie di funzionalità ulteriori frutto della creatività e delle esigenze
prettamente cinesi e non occidentali viene soddisfatta dal fenomeno shanzhai.
Il suo successo è dovuto alle condizioni favorevoli che si verificano contemporaneamente in Cina in
termini di politica economica, mancanza di leggi sul copyright, domanda interna e diverso concetto di
“copia” rispetto all’occidente. I tre risvolti più interessanti di shanzhai sono: la sua estensione a fenomeno
culturale, il suo successo come modello di business per multinazionali cinesi e la caratteristica di
contrapporsi al brand occidentale di spicco imitandolo e contemporaneamente canzonandolo.
22
Joseph A. Schumpeter, Teoria dello sviluppo e capitalismo, (Milano:Bruno Mondadori Editori), 2000, 89. 23
Beverley Hooper,” Globalization and Resistance in post-Mao China: the case of foreign consumer products”, Asian
Studies Review 24:(2000): 440. 24
Ibidem, 440.
14
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BIBLIOGRAFIA
Libri
AgarwalaRamgopal, The Rise of China: Threat or Opportunity? , New Dehli: Bookwell Publications, 2002.
Arrighi Giovanni, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventunesimo secolo, Feltrinelli Editori, 2007.
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GLI AUTORI
ARIANNA AGRESTI
Laureata in Scienze Linguistiche per le Relazioni Internazionali presso l’Università
Cattolica di Milano, è ora laureanda in Comunicazione Pubblica e d’Impresa
curriculum“Marketing e Comunicazione d’impresa” presso la facoltà di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi di Milano con una tesi dal titolo: “La
Rivoluzione dei Consumi in Cina. Tendenze di consumo e cambiamenti sociali”. Da
Settembre frequenterà un MSc in “Business and Management for China” presso la
Business School dell’Università di Manchester, UK.
GIULIA FRANCESCA BRASCA
Laureata in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee presso la facoltà di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi di Milano con una tesi dal titolo “Il Fondo
Monetario Internazionale negli anni sessanta: dai tentativi di riaggiustamento ai
cambiamenti delle parità valutarie in Francia”, è ora iscritta al corso di laurea
magistrale in Comunicazione Pubblica e d’Impresa, curriculum “Marketing e
Comunicazione d’Impresa” nel medesimo ateneo.
MASSIMILIANO GRIGOLINI
Laureato in Scienze della Comunicazione presso la facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università degli Studi di Padova con una tesi dal titolo “Sistema di radio
diffusione DAB: sviluppo, sperimentazione e lancio del futuro della radio”, è ora
iscritto al corso di laurea magistrale in Comunicazione Pubblica e d’Impresa,
curriculum “Marketing e Comunicazione d’Impresa” presso la facoltà di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi di Milano
CARLOTTA PONTREMOLI
Laureata in Scienze della Comunicazione presso la facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” con una tesi dal titolo “User
Generated Advertising: la nuova sfida della comunicazione pubblicitaria”, è ora
iscritta al corso di laurea magistrale in Comunicazione Pubblica e d’Impresa,
curriculum “Marketing e Comunicazione d’Impresa” presso la facoltà di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi di Milano.
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YVONNE YUAN
Laureata in Economia e Commercio Internazionale presso la East China University of
Science and Technology con una tesi dal titolo “Influenza della Rivoluzione di
Renminbi sull’azienda tessile d’esportazione del Nostro Paese e analisi di
contromisura”, è ora iscritta al corso di laurea magistrale in Comunicazione Pubblica e
d’Impresa, curriculum “Marketing e Comunicazione d’Impresa” presso la facoltà di
Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano.