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SdF per la costituzione di una S.T.U. finalizzata all’attuazione del Programma di riqualificazione dell’area portuale di Ortona Comune di Ortona Ecosfera SpA Studio di Fattibilità per la costituzione di una Società di Trasformazione Urbana per la riqualificazione urbanistica degli ambiti individuati con delibera del consiglio comunale N. 71 del 29.10.2001 Ecosfera Spa con gli apporti tematico-disciplinari per gli aspetti tecnico-urbanistici di prof. Pierluigi Properzi arch. Alessandro Pasquini dott. Paolo Pasquini per gli aspetti tecnico-portuali di prof. Paolo De Girolamo prof. Alberto Noli per le analisi econometriche e di mercato di dott. Lucio Siviero

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SdF per la costituzione di una S.T.U. finalizzata all’attuazione del Programma di riqualificazione dell’area portuale di Ortona

Comune di Ortona Ecosfera SpA

Studio di Fattibilità per la costituzione di una Società di Trasformazione Urbana per la riqualificazione urbanistica degli ambiti individuati con delibera del consiglio comunale

N. 71 del 29.10.2001

Ecosfera Spa con gli apporti tematico-disciplinari

per gli aspetti tecnico-urbanistici di prof. Pierluigi Properzi

arch. Alessandro Pasquini dott. Paolo Pasquini

per gli aspetti tecnico-portuali di prof. Paolo De Girolamo

prof. Alberto Noli

per le analisi econometriche e di mercato di dott. Lucio Siviero

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Comune di Ortona Ecosfera SpA Indice

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Indice Indice......................................................................................1 A. Premessa .........................................................................4 B. Quadro Conoscitivo Territoriale e Ambientale ......................7

B.1. Il Sistema Insediativo................................................8 B.1.1. L’armatura urbana...........................................11 B.1.2. Le Azioni in corso ............................................14

B.2. La trasformabilità delle Aree ....................................14 B.2.1. Carta degli Areali di Valore Tavv. 3.1.1,2,3 ........15 B.2.2. Carta degli Areali di Rischio, Abbandono, Degrado e Frattura - Tav. 3.2/3.3/3.4............................................17 B.2.3. Carta degli Areali di Vincolo - Tav. 3.5.1............18 B.2.4. La Carta di Sintesi dei Tematismi - Tav. 3.6.......19

B.3. Il Porto ..................................................................22 B.3.1. Situazione attuale e criticità .............................22

Aree portuali ..............................................................22 Gli usi delle banchine portuali ......................................30 L’attuale traffico merci.................................................31 Criticità ......................................................................32

B.4. Pianificazione portuale.............................................34 B.4.1. Il P.R.P. vigente ..............................................34 B.4.2. Lo studio di fattibilità della Regione Abruzzo ......40

C. Il Contesto Socio Economico ............................................42 C.1. Analisi demografica .................................................43

C.1.1. La situazione demografica................................43 C.1.2. Densità e distribuzione della popolazione ..........45 C.1.3. Distribuzione della popolazione per classi di età .45 C.1.4. Famiglie per numero di componenti ..................46 C.1.5. La dinamica demografica. L’andamento della popolazione negli ultimi 15 anni .......................................47 C.1.6. Saldo migratorio e saldo naturale .....................49

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Comune di Ortona Ecosfera SpA Indice

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C.1.7. Considerazioni finali ........................................ 50 C.2. L’economia ............................................................ 51

C.2.1. Considerazioni metodologiche .......................... 51 C.2.2. Il livello di reddito ........................................... 51

Ambito regionale ........................................................ 51 Provincia di Chieti ....................................................... 55 Provincia di Pescara.................................................... 58

C.2.3. Demografia e settori delle attività produttive ..... 61 Le imprese a livello regionale....................................... 61 Le imprese nella provincia di Chieti. ............................. 63 Le imprese nella provincia di Pescara. .......................... 64

C.2.4. I distretti della produzione............................... 68 I distretti di imprese nella provincia di Chieti. ................ 68 I distretti di imprese nella provincia di Pescara. ............. 75

C.2.5. La produttività del lavoro................................. 83 C.2.5. La produttività del lavoro................................. 83

La produttività del lavoro nella regione. ........................ 83 La produttività del lavoro in provincia di Chieti. ............. 84 La produttività del lavoro in provincia di Pescara. .......... 87

C.2.6. Il mercato del lavoro in provincia di Chieti......... 89 C.2.7. Il mercato del lavoro in provincia di Pescara...... 90 C.2.8. Il turismo....................................................... 90

Il Sistema Turistico Italiano ......................................... 91 Il Sistema Turistico Abruzzese ..................................... 93 Domanda/Offerta 1998-2001....................................... 96 Provincia di Chieti ..................................................... 102 Distretto costa chietina ............................................. 103 Comune di Ortona .................................................... 105 Osservazioni conclusive............................................. 108

C.2.9. I punti di forza e di debolezza del contesto economico. Analisi SWOT.............................................. 109

D. Analisi della Domanda e dell’Offerta ............................... 114 D.1. I recenti indirizzi di politica dei trasporti europea. .... 115 D.2. Le principali previsioni di sviluppo del traffico merci in Europa ........................................................................... 117

D.3. Le reti TEN ed i corridoi intraeuropei con l'allargamento ad Est ........................................................................... 119 D.4. Il trasporto marittimo intermodale e combinato e le "Autostrade del Mare" ....................................................... 124 D.5. Definizione dell'area di studio................................. 126

D.5.1. Principali dati economici dell’area di studio ...... 126 Fondamentali macroeconomici ................................... 127 L'interscambio con l’estero......................................... 129

D.6. Porto di Ortona: analisi del potenziale traffico combinato marittimo-stradale ed unitizzato ......................................... 133

D.6.1. Conversione modale da traffico stradale con origine/destinazione Area di studio (Regione Abruzzo). .... 140 D.6.2. Traffico combinato marittimo-terrestre dell'Adriatico (diversione dai principali scali adriatici a sud ed a nord di Ortona).......................................................... 142 D.6.3. Traffico internazionale marittimo container (attrazione di traffico o/d Abruzzo dalla rete mediterranea e transoceanica).............................................................. 146 D.6.4. Traffico nazionale marittimo container (attrazione di traffico di cabotaggio nazionale dal bacino adriatico) .... 148 D.6.5. Conclusioni ................................................... 149

E. Fonti di Finanziamento Pubbliche ................................... 151 E.1. Indicazioni sulle fonti finanziarie disponibili per l’attuazione di interventi in ambito portuale e dei servizi marittimi .......................................................................... 152

F. Il Quadro Conoscitivo Giuridico Amministrativo................ 156 F. Il Quadro Conoscitivo Giuridico Amministrativo................ 156

F.1. Caratteristiche generali delle società di trasformazione urbana ........................................................................... 157

F.1.1. Quadro normativo di riferimento..................... 157 F.1.2. Finalità e modalità operative .......................... 159 F.1.3. Ipotesi di modelli operativi per la STU di Ortona162 F.1.4. Scelta dei soci privati..................................... 164 F.1.5. Rapporti con gli strumenti di pianificazione urbanistica ................................................................... 167

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F.2. Individuazione ed acquisizione degli immobili .......... 169 F.3. Quadro legislativo relativo alle aree portuali ............ 173

F.3.1. Disciplina nazionale....................................... 173 F.3.2. Disciplina regionale e linee di indirizzo ............ 175 F.3.3. Riferimenti normativi in materia di operatività nelle aree portuali ................................................................ 178

G. Schemi di Assetto e Ipotesi di Scenario .......................... 180 G.1. Le idee forti ......................................................... 181

G.1.1. Le idee forti: far vivere la tre anime del porto.. 181 G.1.2. Trasformare le criticità in punti di forza........... 182 G.1.3. I criteri progettuali........................................ 183 G.1.4. Linee guida per il porto ................................. 184

G.2. Analisi delle possibili soluzioni alternative................ 184 G.2.1. Ottimizzazione dell’imboccatura portuale......... 185 G.2.2. Le variabili nell’assetto dell’area portuale ........ 185 G.2.3. Le variabili nel sistema della mobilità .............. 186 G.2.4. Soluzioni alternative per la disposizione delle opere interne portuali ............................................................ 187

Soluzione tipo A ....................................................... 187 Soluzione tipo B ....................................................... 191 Soluzioni tipo C ........................................................ 195 Costi ....................................................................... 202

G.3. Le coerenze complessive ....................................... 203 Soluzione A.............................................................. 205 Soluzione B.............................................................. 206 Soluzione C (C1, C2, C3) ........................................... 207

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A. Premessa

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Comune di Ortona Ecosfera SpA Premessa

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Con delibera del Consiglio Comunale n°71 del 29 ottobre 2001 l’Amministrazione Comunale di Ortona ha individuato un ambito territoriale come passibile di riqualificazione urbana, ad opera di una Società di Trasformazione Urbana.

I temi e le aree della trasformazione inizialmente individuati, e su cui si struttura la richiesta di cofinanziamento al Ministero per la redazione del presente studio, sono stati gli elementi di base da cui sono partite le indagini e le ipotesi di intervento, di cui il presente rapporto dà conto.

In particolare sin dalle fasi iniziali dello Studio, si sono andati delineando “pesi” relativi delle sub-aree e dei singoli ambiti tematici, “pesi” che hanno sicuramente indotto a focalizzare la tensione sul tema porto, in termini tecnico-funzionali, dimensionali e di sviluppo e sul rapporto fra questo e l’abitato, in termini più squisitamente tecnico-urbanistici, vincolistici e fruitivi.

Le indagini si sono quindi concentrate sulla ricerca degli elementi funzionali alla costruzione del sistema di informazioni rispetto al quale condurre le verifiche di sostenibilità, ma soprattutto grazie al quale poter costruire le ipotesi di scenario con consapevolezza e controllo degli esiti.

Tuttavia, l’elemento centrale dello svolgersi dello Studio, il porto, il suo sviluppo in termini fisico strutturali, in termini di mercato ed appeal, i suoi rapporti urbanistici con la città, è tema di tale importanza e con tale ampiezza e ricchezza di ricadute che si è avvertita la necessità di evitare il rischio di

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autoreferenzialità tecnica del progettista-consulente, nella convinzione che ogni apporto disciplinare nel caso specifico, debba essere subordinato a delle linee di indirizzo di più ampio respiro e competenza territoriale; in base a ciò, la costruzione dell’operazione, ancor prima che la verifica della fattibilità, non può essere risolta se non all’interno di un percorso di condivisione e di concertazione, in primo luogo, con la Committenza. Si è quindi deciso di dare vita sin dall’inizio ad un costante e proficuo rapporto di collaborazione, scambio e verifica degli indirizzi.

Occorre infine sottolineare come le possibilità applicative dello strumento indagato, la Società di Trasformazione Urbana, non introducono elementi di rilievo e di sostanziale indirizzo agli oggetti della trasformazione, in altri termini gli obiettivi e le strategie connesse alla riqualificazione e potenziamento del porto, il cosa, è stato considerato non subordinabile al come. Viceversa, solo la puntualizzazione della “filosofia” di intervento e la costruzione, con l’Amministrazione, degli opportuni pesi cui assoggettare gli obiettivi, già individuati e condivisi, della trasformazione stessa, potrà indirizzare la valutazione verso una scelta non meramente tecnica e capace di rispondere ad un paniere complesso di istanze. In particolare, poi sarà possibile un rapporto con soggetti terzi più sereno e l’offerta prodotta presso eventuali partner privati e presso tutta la società civile, più stabile e credibile.

La costruzione, sul caso, di ipotesi di ingegneria societaria, in termini amministrativi ed economici, non può che essere l’ultimo passo, momento in cui portare a sintesi l’intero percorso; sin dalla prima fase, però, si è ritenuto opportuno, indagare, anche in base all’esperienza del Gruppo di Lavoro e alla ricognizione di casi studio, il possibile ventaglio di soluzioni all’interno del quale si può già immaginare che il profilo della Stu di Ortona possa trovare spazio.

Atteggiamento simile è stato alla base della stesure delle scenari alternativi di intervento. Muovendo da alcuni elementi sicuramente invarianti si è prodotto un ampio ventaglio di possibili schemi di assetto alternativi. Tali alternative, pur potendosi proporre come risposta alla pluralità di istanze ed obbiettivi, cui si facevo sopra cenno, differiscono sostanzialmente fra loro in ragione di una diversa distribuzione, proposta dal progettista, dei pesi relativi di ciascun obiettivo. Le “filosofie” di intervento che ne derivano sono ovviamente diverse come diverso è il lay-out degli scenari proposti.

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B. Quadro Conoscitivo Territoriale e Ambientale

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L’attività di prima fase prevista nel programma di lavoro, si è articolata in due differenti prospettive:

a) Ricognizione dello stato del Sistema insediativo per la individuazione di scenari ed assetti possibili (B1-B2-B3);

b) Costruzione di strumenti di valutazione per la sostenibilità degli interventi previsti nella fase 3 (B4).

B.1. Il Sistema Insediativo

Il sistema insediativo Ortonese si rappresenta come del tutto particolare nella fascia del medio adriatico, sia per i suoi caratteri di nodo intermodale di assoluto rilievo nella dimensione regionale, che per la interazione di fattori ambientali, storico culturali e paesaggistici che lo caratterizzano

Ai fini ricognitivi dello studio di fattibilità (fase 1a) risultano comunque necessari due ordini di informazioni: quelle strutturali proprie dell’assetto generale (in particolare quelle connesse ai regimi proprietari) e quelle relativa alla Armatura urbana.

Si sono costruite in tal senso due carte base (Regimi proprietari– Tav. A1.1. e Armatura Urbana - Tav. A2.1) volte a rappresentare gli elementi di rigidità del sistema e di contro quelli di dinamicità.

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[Tav.A1,1]

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[Tav.A1,3]

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Relativamente ai regimi proprietari sono stati identificati:

o regimi demaniali (Tav. A1.2)

o con una analisi di dettaglio delle concessioni nel demanio marittimo

o regimi privati

Relativamente a questi ultimi sono state schedate le situazioni di abbandono degli usi più rilevanti (Tav. A 1.5 Schede 1-8) le tipologie, le superfici e lo stato di consistenza dei manufatti.

Per quanto riguarda le azioni in corso (Tav. A 2.5) sono state cartografati tutti gli interventi pubblici e privati che interessano l’area

Un’ulteriore considerazione è stata fatta sulla presenza di situazioni specifiche di non rispondenza Uso-proprietà (Tav. A 1.4) dovute a difformità tra perimetrazioni e stato dei luoghi.

B.1.1. L’armatura urbana

Per Armatura Urbana si intende la parte funzionale del sistema insediativo costituita da:

o Infrastrutture

o Servizi Locali

o Attrezzature

E’ stata rilevata l’intera armatura urbana del comune (Tav. A 2.1) e sono state separatamente individuate, per l’area interessata dalla STU le sue componenti (Tavv. A 2.2,3,4).

Sono state differenziate le parti attuate e quelle non attuate con riferimento al PRG vigente per ogni tipologia.

Sono stati infine individuati (Tav. A. 2.5) i suoli urbanizzati (SU) intesi come suoli interessati dal sistema insediativo nel suo complesso ed i Suoli Urbanizzati Programmati (SUP) intesi come suoli interessati dalle previsioni del PRG ma ancora non attuati.

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[Tav A2.1]

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[Tav A2.5]

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B.1.2. Le Azioni in corso

Nella Tav. A 2.6 sono state individuate le diverse “azioni in corso” sia di carattere pubblico, che di carattere privato.

Tra queste interessano più direttamente l’area della STU gli interventi pubblici indicati come:

o 1a Consolidamento idrogeologico

o 5a Opere portuali

o 6h Bretella di collegamento casello A14

o 7b Parcheggio in Project Financing

Tra quelli privati:

o 9a PRU zona Fornaci

o 10a Recupero edilizio ex fabbrica Mattonelle.

B.2. La trasformabilità delle Aree

Al fine di valutare la sostenibilità (urbanistica) ambientale degli interventi proposti per la STU si è adottata una metodologia derivata dal regolamento di attuazione della legge 23/99 Basilicata e dal ddLR Abruzzo (Del. G.R. 1189/c del 10.12.03).

Questo impianto metodologico è stato peraltro già utilizzato nella costruzione della “Relazione sullo stato della costa” all’interno del progetto SICORA.

In particolare sono state elaborate le seguenti tavole:

3.1 1 – Valori Archeologici

2 – Valori Storico - Monumentali

3 – Valori Geomorfologici

3.2 1 – Rischi Geomorfologici

2 – Rischi Geomorfologici/interventi

3.3 – Degrado e Abbandono

3.4 1 – Conflittualità Valori/Rischi

2 – Conflittualità Val. /Degr.-Abb. - Fratture

3 – Conflittualità Rischi/Degr. Abb.

3.5 1 – Vincoli ope legis DEM-PON-CIM

2 – Vincoli ope legis TUT-OPA

3 – Vincoli ope legis OPI-TU -ZOS

La loro interazione-sovrapposizione produce una carta a doppia uscita (Tav. A3.6 – Trasformabilità sostenibilità Ambientale ) che, da un lato individua i punti critici: Rischio-Degrado, Abbandono, Frattura – Conflittualità di tipo 1,2,3 e dall’altro costruisce un sistema di riferimento unitario per le valutazioni di sostenibilità.

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L’individuazione dei punti critici consente di coniugare la loro risoluzione con gli interventi previsti dallo studio STU, nel senso di orientare gli stessi ove possibile verso soluzioni integrate, in cui la risoluzione delle criticità sia “fatta propria” dalle proposte di intervento o comunque le stesse ne siano consapevoli e non aumentino la criticità complessiva del sistema.

Più in generale la costruzione della Carta consente di valutare la sostenibilità degli interventi rispetto ad un quadro conoscitivo stabile e condiviso – sottraendo alla autoferenzialità l’intero processo valutativo.

Le analisi di base relative alle componenti paesaggistico ambientali (Carte Areali –3) consentono di costruire gli strumenti metodologici (Carta della sostenibilità tav. 3.6) e di individuare quindi gli areali critici (Abbandono – Degrado – Frattura) e le conflittualità relative alle intersezioni tra Valori e Rischi nonché quella tra gli areali critici e Valori e Rischi.

L’obiettivo è quello di individuare ambiti prioritari di intervento per i quali prevedere proposte volte al Restauro del Paesaggio.

Questa individuazione prescinde dalle previsioni relative alla STU; le stesse potranno o meno interagire con il progetto di Restauro del Paesaggio e in questo senso la progettazione definitiva verificherà tutte le sinergie possibili.

Di seguito vengono descritte per categorie le tavole di analisi del sistema insediativo.

B.2.1. Carta degli Areali di Valore Tavv. 3.1.1,2,3

La tavola descrive e cataloga tutti gli areali di valore presenti nell’area e in particolare ne differenzia le tipologie nel seguente modo:

VALORI ARCHEOLOGICI

VIII1 - Centro Storico

VIII2 - Area del Castello Aragonese

VIII3 - Antica Fonte del Torrente Peticcio

VIII4 - Antica Fonte del Convento di S.Caterina

REPERTORIO VALORI

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VALORI STORICO-ARTISTICI-MONUMENTALI

VII1 - Chiesa Di S. Tommaso Apostolo

VII2 - Palazzo Coro

VII3 - Palazzo Farnese

VII4 - Castello Aragonese

VII5 - Chiesa della Madonna del Carmine

VII6 - Chiesa della Madonna delle Grazie

VII7 – Complesso Monumentale S Anna

VII8 – Teatro Vittoria – F.P. Tosti (P.zza del Teatro)

VII9 – Complesso Monumentale del Cimitero

VII11- Palazzo dell’Anagrafe – Ex convengo degli Agostani

VII12 - Palazzo del Municipio

VII13 - Chiesa di S.Maria di Costantinopoli

VALORI GEOMORFOLOGICI

VIV1 - Fronte a Mare: Largo Farnese/Orientale/Castello

VIV2 - Fronte a Mare : Clienti/S.Rocco/Salesiani/Saraceni

VIV3 - Fosso S.Andrea

VIV4 - Fosso Saraceni

VIV5 - Fosso Fonte Grande

VIV6 - Fronte a Mare Castello /F. Ciavocco/Scalo /F.Peticcio

VIV1 - Fronte a Mare Saraceni /Colle di S.Donato

Ogni valore è stato riportato nella tavola con il proprio codice e rappresentato in verde. Quando due o più valori di sovrappongono è stato utilizzata una gradazione di verde più scura.

Valori

Valore + (senza sovrapposizioni

Valore ++ (due sovrapposizioni)

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B.2.2. Carta degli Areali di Rischio, Abbandono, Degrado e Frattura - Tav. 3.2/3.3/3.4

Le tavole descrivono e catalogano tutti gli areali di Rischio, Degrado, Abbandono e le linee di Frattura delle continuità ambientali presenti nell’area.

I Rischi censiti sono stati rilevati dalle relative carte delle pericolosità del Piano Stralcio per la Difesa dalle Alluvioni e per l’Assetto Idrogeologico della Regione Abruzzo.

Si ritiene che, considerata la definizione di rischio come l’interazione fra pericolosità e vulnerabilità, la Carta dei Rischi qui presentata debba riportare le pericolosità che sovrapposte ai valori (considerati elementi vulnerabili del territorio) determinano gli areali di conflittualità. Questi ultimi possono essere considerati un’estrapolazione del concetto di rischio così come definito dalle discipline sulla sicurezza del territorio.

Le tipologie di rischio sono state differenziate nel seguente modo: Rischio Geomorfologico da R1 a R7

Rischio Idraulico da R10 a R13

Rischio fesambientale da R10 a R23

Rischio Ambientale da R30 a R31

Tra i Rischi geomorfologici risultano particolarmente rilevanti le nicchie di distacco R4 e le frane R.

Tra i Rischi idraulici sono rilevanti quelli relativi alle aree di esondazione del fosso Saraceni (R13 III) e di Fosso S.Rocco e quello di erosione delle forme costiere (R13III).

Tra i Rischi geoambientali l’intero tratto terminale del Fosso Saraceni interferisce con il lido e la spiaggia sabbiosa.

Tra i Rischi ambientali sono stati classificati i siti potenzialmente contaminati (R31) presenti sulla banchina.

La tav. 3.2.2 sovrappone ai Rischi precedentemente localizzati gli interventi previsti e in corso così da correlare le eventuali iniziative STU ed un sistema di interventi di mitigazione o di risoluzione.

La Tav. 3.3 individua nella zona più direttamente interessata dalla STU i seguenti areali di Degrado

D1.1 Via Martina/P.zza Caduti

D1.2 Area Ex Fornaci

D1.3 Colle del Castello Aragonese

D1.4 Colle di Costantinopoli/S.Rocco

E di Abbandono

A1.1 Area Stazione Sangritana

A1.2 Area Ciavocco /Scalo /Peticcio

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Nel contesto sono riconoscibili ampi areali di Abbandono delle coltivazioni (Vallone – Saraceni) e alcuni areali di Degrado specifico.

Le fratture più significative (vedi anche tav. 3.4.2 componenti naturalistiche/elementi seminaturali e vegetazione) interessano il sistema ambientale nel suo complesso e sono costituite dall’Infrastrutture esistenti (strade-ferrovia)

L’intera area è interessata da Rischi di diversa natura tra i quali è prevalente ovviamente quello idrogeologico.

Come per il caso dei valori, ogni rischio è stato riportato nella tavola con il proprio codice e rappresentato in rosso. Quando due o più rischi si sovrappongono è stato utilizzata una gradazione di rosso più scuro.

B.2.3. Carta degli Areali di Vincolo - Tav. 3.5.1

La tavola descrive e cataloga tutti gli areali di vincolo ope legis presenti nell’area e in particolare ne differenzia le tipologie nel seguente modo:

REPERTORIO DEI VINCOLI

VV1A Area Demaniale Marittima

VV1b Fascia di rispetto ex DPR 11.7.80 n. 753

VV1b DEM RFI – Tratti in galleria

VVIc Fascia di rispetto ex Dlgs 285/92 e s.m.l.

VVId Fascia di rispetto ex L. 285/90

VV1a Piano Regionale Paesistico

L. 8/8/85 n. 431 L.R. 14/8/83 n. 18 e s.m.l.

VV… P.R.P Ambito Costiero

Area di part. Complessità e Piani di dettaglio

VV… Limite Vincolo Paesistico

D.M. 25.3.70

VV… Aree di interesse Archeologico

Sottoposto a prescrizioni – parere 2047 del 5.2.93

Rischi

Rischio + (senza sovrapposizioni)

Rischio ++ (due sovrapposizioni)

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VV1 Vincolo Idrogeologico (RDL 3267/23)

VV2 Vincolo Rischio idrogeologicio (Classi R3, R4 – L. 180/99)

VV3 Vincolo Piano di Assetto Idrogeologico – PA (L. 180/99)

VV4 Vincolo zona sismica (QPCM 3274) – Zona 3

Come per il caso degli altri tematismi, ogni vincolo è stato riportato nella tavola con il proprio codice e rappresentato in viola. Quando due o più vincoli si sovrappongono è stata utilizzata una gradazione di viola più scuro. A

differenza degli altri tematismi qui si rilevano, però, una maggiore complessità, cioè un maggior grado di sovrapposizioni.

B.2.4. La Carta di Sintesi dei Tematismi - Tav. 3.6

La Carta di sintesi riporta tutti i tematismi dei Valori, Rischi, Degrado, Abbandono e Frattura, ma principalmente descrive le diverse conflittualità dirette:

C1 tra Rischi e Valori;

C2 tra Degrado e Valori;

C3 tra Abbandono e Valori.

Più specificatamente sono stati rilevati i seguenti incroci V/R/D/A:

In base al precedente schema emergono anche quelle conflittualità più complesse, come ad esempio la sovrapposizione di un areale di Valore ad un areale di Rischio e ad uno di Abbandono. Le Conflittualità rappresentano i punti critici la cui risoluzione si pone in termini di priorità in un progetto di Restauro del Paesaggio che deve essere comunque interagente con gli obiettivi della STU.

La Carta della Sostenibilità Ambientale

La carta della sostenibilità definisce, sulla base degli Areali tematici, sia le criticità del territorio che i regimi di intervento (conservazione – trasformazione – nuovo impianto) necessari in relazione alla valutazione di trasformabilità,

Vincoli

Vincoli + (senza sovrapposizioni)

Vincoli ++ (due sovrapposizioni)

Vincoli +++ (tre sovrapposizioni)

Vincoli ++++ (quattro sovrapposizioni)

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nella logica di modulare il tipo di intervento con la fragilità del sito interessato e del paesaggio nel quale sarà inserito.

La Carta della sostenibilità consente pertanto di valutare la trasformabilità del territorio, dove per trasformabilità si intende la potenzialità (originaria o residua) che un sito ha di essere rimesso in gioco nelle vicende territoriali.

Si tratta allora di porre in relazione la conoscenza così costruita con i regimi di intervento, cioè di far corrispondere al momento della conoscenza, costituito dalle analisi ricognitive, una procedura di valutazione al contempo esplicitamente riferibile alla struttura della conoscenza ma non meccanicamente derivabile dalla stessa. Dunque la

definizione dei regimi non è un atto prescrittivo, ma diviene investigativo, poiché fornisce al decisore una guida dei comportamenti in relazione al luogo considerato, e lascia al

progetto stesso la scelta dei modi di intervento e d’uso cioè dei Regimi Urbanistici.

Il successivo passaggio da effettuare (in Fase 2) per arrivare a definire il livello di trasformabilità è quello di considerare la carta di sintesi dei tematismi e di associarne ai diversi areali la seguente articolazione dei Regimi.

o regime di Conservazione: finalizzato al mantenimento o al restauro/ripristino delle caratteristiche costitutive dei Sistemi naturalistico-ambientale e insediativo/relazionale, o di parti e componenti di essi; attività di restauro, tutela e riqualificazione ambientale, ripristino delle continuità ecologiche, salvaguardia e recupero della identità storico-urbanistica;

o regime di Trasformazione: finalizzato alla definizione delle trasformazioni compatibili delle caratteristiche costitutive cui possono essere assoggettati i sistemi o parti e componenti di essi; i livelli di trasformazione, che devono essere sempre compatibili con le componenti naturali e storico/artistiche del territorio, possono riguardare l’organizzazione o la riorganizzazione degli insediamenti, la modifica degli usi attuali o il potenziamento del sistema relazionale;

C1 (valore su rischio)

C1+C2 (valore su rischio e degrado)

C1+C3 (valore su rischio e abbandono)

C2+C3 (valore su degrado e abbandono)C3 (valore su abbandono)

Valori

Abbandono

Degrado

Rischi

CONFLITTALITA'

C2 (valore su degrado)

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[Tav. A3.6]

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o regime di Nuovo Impianto: finalizzato a definire le modalità attraverso le quali si possono prevedere ampliamenti e/o nuove parti del Sistema insediativo/relazionale ; l’obiettivo del regime di Nuovo Impianto è quello dello sviluppo territoriale, dell’integrazione e/o della riorganizzazione dei sistemi o della realizzazione di nuove parti del sistema insediativo.

Nella procedura di associazione delle tre categorie agli areali definiti con Conservazione (C), Trasformazione (T) e Nuovo Impianto (NI), naturalmente risulta fondamentale il riferimento alla dimensione paesaggistica poiché anche un areale di Nuovo Impianto deve tener conto della compatibilità degli interventi con le caratteristiche complessive del paesaggio entro il quale si colloca.

La carta che si ottiene, deriverà dalla sintesi dei tematismi senza considerare le pericolosità basse.

Se si considerano anche le pericolosità basse le zone di Nuovo Impianto si riducono notevolmente .

B.3. Il Porto

B.3.1. Situazione attuale e criticità

Aree portuali

Dal punto di vista planimetrico delle opere esterne, il porto di Ortona è classificabile come porto a moli convergenti ed è costituito da due dighe frangiflutti radicate a terra con l’asse dell’imboccatura orientata a levante. Il frangiflutti nord presenta una lunghezza di circa 1500 m mentre quello sud ha uno sviluppo di circa 1100 m. Le testate delle opere esterne sono imbasate in corrispondenza della profondità naturale pari a circa −6,0/6,5 m sul l.m.m. Attualmente l’imboccatura portuale viene periodicamente dragata fino a circa −7,5/-8,0 m sul l.m.m. anche se tale profondità non si riesce a garantire per lunghi periodi di tempo poiché ricade all’interno della fascia attiva la cui profondità di chiusura per il sito in esame è posta a circa –10,0 m sul l.m.m..

Lo specchio d’acqua portuale presenta una superficie complessiva di circa 100 ettari mentre le aree a terra a

Valori

Abbandono

Degrado

Rischi

CONFLITTALITA'

C1 (valore su rischio)

C2 (valore su degrado)

C3 (valore su abbandono)

C1+C2 (valore su rischio e degrado)

C1+C3 (valore su rischio e abbandono)

C2+C3 (valore su degrado e abbandono)

C

T

T

T/NI

T

T

C/T

T

T

C/T

C ConservazioneT TrasformazioneNI Nuovo Impianto

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servizio del porto presentano una superficie di circa 26 ettari, con un rapporto tra le superfici terra/acqua pari a circa 0,26. Tenendo conto che in un porto moderno ed efficiente tale rapporto tende ad assumere valori prossimi all’unità, risulta evidente l’attuale insufficienza degli spazi a terra disponibili.

L’esposizione ondametrica del porto è nota, essendo disponibile una serie storica di misure ondametriche direzionali che ormai vanta circa 16 anni di osservazioni. Le misure sono state eseguite dalla boa accelerometrica di Ortona facente parte della RON (Rete Ondametrica Nazionale) presa in eredità dall’APAT nel 2002 dal Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale facente parte del Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali (DSTN) della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’esposizione ondametrica del paraggio è simile a quella di gran parte delle coste abruzzesi ed è caratterizzata da una accentuata bimodalità. Le due direzioni dalle quali provengono con maggiore frequenza ed intensità le mareggiate sono la tramontana ed il levante. Si evidenzia che a causa dello schermo geografico costituito dal Gargano, quando in Adriatico si verificano le mareggiate da scirocco in prossimità della costa abruzzese le onde provengono prevalentemente da levante.

Il porto è privo di un avamporto e di conseguenza soffre di una frequente ed elevata agitazione ondosa residua causata in particolar modo dagli stati di mare provenienti da levante.

Tale agitazione ondosa riduce fortemente l’operatività della banchina di riva ed in alcuni casi anche di quella nord. Peraltro queste due sono le uniche banchine attualmente utilizzate per fini commerciali.

La banchina nord, realizzata con fondi FIO/85, è fondata ad una profondità di circa −10,0 m s.l.m.m. Attualmente lungo la banchina è garantita una profondità non superiore a −7,50 m s.l.m.m. (un’ordinanza della Capitaneria di Porto indica un fondale operativo di −7,10 m s.l.m.m.). La banchina presenta una lunghezza del fronte di accosto di circa 500 m che delimita un terrapieno di superficie pari a circa 50.000 m2.

La banchina di riva è banchinata per una lunghezza complessiva di circa 600 m. Il tratto centrale della banchina, per una lunghezza di circa 50 m, risulta ancora non banchinato e privo di pavimentazione. In questa zona il Comune vorrebbe realizzare un ormeggio per navi Ro-Ro.

Gli ultimi lavori eseguiti sulla banchina di riva risalgono al 1986, quando, sempre con fondi FIO, è stato realizzato un fronte di accosto che presenta uno sviluppo longitudinale di circa 250 m con fondale di circa −7,0 m sul l.m.m. anche se la profondità massima oggi garantita non è superiore a −5,80 m sul l.m.m.

Recentemente (gennaio 2005) il Comune di Ortona, utilizzando i finanziamenti CIPE n.36. del 3.05.2002.e CIPE n.84 del 4.08.2000 per un importo complessivo di €

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16.280.953,65, è riuscito a dare avvio alla realizzazione del primo stralcio funzionale avente per oggetto la realizzazione dei primi 800 m della diga nord prevista dal vigente P.R.P. L’opera, del tipo a gettata, è armata con accropodi, fatta eccezione del suo radicamento sul molo nord, ove l’armatura è realizzata in tetrapodi. L’opera oltre a costituire il primo passo verso la realizzazione dell’avamporto, consentirà di ottenere i seguenti vantaggi:

o riduzione dei fenomeni di tracimazione che interessano la banchina nord;

o riduzione dei fenomeni di insabbiamento dell’imboccatura portuale;

o miglioramento delle condizioni medie di navigabilità dell’imboccatura portuale con moto ondoso proveniente da tramontana-grecale.

A tal riguardo si evidenzia che proprio per ridurre la tracimazione, il primo tratto della nuova opera è stata realizzata in tetrapodi. L’utilizzo degli accropodi, impiegati sul resto dell’opera, ha consentito un risparmio di circa il 40% rispetto a soluzioni che richiedono l’impiego di massi su doppio strato.

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Figura 1 -Unità fisiografica relativa al porto di Ortona

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Figura 2 - Rosa della distribuzione direzionale annuale degli eventi di moto ondoso in prossimità dell’imboccatura del porto di Ortona ottenuta propagando con il modello numerico MEROPE (rifrazione inversa spettrale) della MODIMAR la serie storica (15 anni) registrata dalla boa ondametrica di Ortona facente parte della RON.

8%

Altezza d'onda significativa Hs (m)

0,5 < Hs < 1

Hs > 4

1 < Hs < 22 < Hs < 33 < Hs < 4

N

2

6

4

ANNUALE

E

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Figura 3 - Rosa della distribuzione direzionale degli eventi di moto ondoso autunnali e invernali in un punto posto in prossimità dell’imboccatura del porto di Ortona ottenuta propagando con il modello numerico MEROPE (rifrazione inversa spettrale) della MODIMAR la serie storica (15 anni) registrata dalla boa ondametrica di Ortona facente parte della RON.

42

N

10%

8%6

42 E

N

86

Altezza d'onda significativa Hs (m)

0,5 < Hs < 1

Hs > 4

1 < Hs < 22 < Hs < 33 < Hs < 4

E

AUTUNNO

INVERNO

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Figura 4 - Rosa della distribuzione direzionale degli eventi di moto ondoso primaverili ed estivi in un punto posto in prossimità dell’imboccatura del porto di Ortona ottenuta propagando con il modello numerico MEROPE (rifrazione inversa spettrale) della MODIMAR la serie storica (15 anni) registrata dalla boa ondametrica di Ortona facente parte della RON.

2

6%

4

2

6%

4

Altezza d'onda significativa Hs (m)

0,5 < Hs < 1

Hs > 4

1 < Hs < 22 < Hs < 33 < Hs < 4

N

NE

E

PRIMAVERA

ESTATE

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Figura 5 -Planimetria generale della nuova diga nord in corso di realizzazione (2005)

Tratto di scogliera con mantellata in TETRAPODI

Nuova diga Nord con mantellata in ACCROPODI

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Gli usi delle banchine portuali

Il porto di Ortona oggi è interessato da diversi tipi di attività portuali in particolare:

o attività commerciali (merci secche alla rinfusa, merci varie e liquide);

o pesca;

o cantieristica (costruzione/ristrutturazione e rimessaggio di barche da diporto);

o turismo nautico.

Sicuramente le attività principali sono costituite da quelle di tipo commerciale che si sviluppano sulla banchina nord e su parte della banchina di riva.

Sulla parte orientale della banchina nord è collocato un ormeggio destinato a prodotti petroliferi. I prodotti vengono convogliati mediante una pipeline ai serbatoi che sono posti al di fuori dell’area portuale. La pipeline è alloggiata sul paramento interno del muro paraonde della banchina nord. Fuoriuscita dal porto in prossimità del radicamento a terra del molo nord, la tubazione prosegue lungo la costa parallelamente alla ferrovia fino ad attraversarla in corrispondenza di un sottopassaggio posto a circa 1 km dal porto. Da qui prosegue all’interno fino a raggiungere i serbatoi.

La parte occidentale della banchina è destinata alle rinfuse solide.

La parte meridionale della banchina di riva, ove è presente anche uno scalo di alaggio, è utilizzata dal cantiere navale che si dedica sia alla costruzione sia alla ristrutturazione di imbarcazioni fino a circa 40/50 m di lunghezza. In adiacenza al cantiere navale e a nord di esso, parte della banchina è occupata dall’ormeggio di mezzi a servizio delle piattaforme offshore gestite dall’ENI. La restante parte della banchina, fatta eccezione per un tratto non banchinato, accoglie prevalentemente navi per merci varie. Al limite settentrionale della banchina di riva sono localizzati alcuni cantieri che si dedicano al rimessaggio di imbarcazioni da pesca e da diporto.

Il terrapieno posto a tergo della banchina di riva è in gran parte occupato da una serie di capannoni e magazzini a supporto delle attività commerciali. Uno di essi è in concessione ad una industria che produce serbatoi di grandi dimensioni e li esporta via nave.

Oltre agli spazi per lo svolgimento diretto delle attività portuali, gli spazi retrostanti le banchine sono anche utilizzati per le attività di organizzazione e di gestione del porto (sedi direzionali e amministrative).

Le imbarcazioni da pesca sono localizzate nella darsena posta in prossimità del radicamento a riva del molo nord dove si trova anche il mercato ittico. Attualmente (2005) le

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imbarcazioni registrate dalla Capitaneria di Porto di Ortona sono 69 così suddivise:

o 5 imbarcazioni per la pesca a circuizione;

o 22 imbarcazioni per la pesca a strascico;

o 15 imbarcazioni per la pesca alle vongole;

o 18 imbarcazioni per la piccola pesca;

o 6 imbarcazioni per la pesca volante;

o 3 imbarcazioni per la pesca-turismo.

In termini numerici, si tratta di circa il 10% della flotta regionale. Ovviamente a queste imbarcazioni che usano Ortona come porto di armamento, occorre aggiungerne alcune in più (circa una decina) per tener conto degli stagionali, cioè di imbarcazioni che provengono da altri porti (per lo più dalla Puglia) che si appoggiano ai porti abruzzesi durante le stagioni di pesca. Sulla base di un recente studio eseguito nell’ambito del progetto SICORA dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo (il progetto è finanziato dalla Direzione Territorio della Regione Abruzzo ed è coordinato dal LIAM del DISAT della Facoltà di Ingegneria dell’Università di L’Aquila) dal 1998 al 2003 la flotta peschereccia regionale è diminuita in termini numerici di circa il 28% a causa degli incentivi comunitari rivolti alla riduzione delle flotte da pesca per favorire la ricostituzione degli stock ittici. Nonostante tutto, si tratta di una realtà importante e consolidata che fornisce in modo diretto o

indiretto lavoro a numerose persone. Per quanto riguarda le condizioni di ormeggio delle imbarcazioni, si osserva che quelle più grandi spesso sono costrette ad ormeggiarsi su più file, modalità denominata localmente “a pacchetto”, con evidenti problemi di sicurezza per le imbarcazioni e per gli operatori.

Per quanto riguarda l’attività turistica, attualmente essa viene svolta in modo del tutto precario, con l’ormeggio delle imbarcazioni che avviene prevalentemente su gavitelli localizzati nella zona sud del porto, in assenza dei requisiti e dei servizi basilari che un approdo turistico moderno ormai deve fornire (ormeggi con sistemi a trappa o a finger, contenuta agitazione ondosa, rifornimento di corrente elettrica e di acqua, servizi igienici, parcheggi, ecc.). Peraltro nella zona è frequentemente presente una rilevante risacca.

L’attuale traffico merci

L’analisi del movimento della navigazione del porto di Ortona si basa su dati relativi agli anni 2002, 2003 e 2004, suddivisi in arrivi e partenze. Il numero delle navi in arrivo è in crescita (430 nel 2002, 492 nel 2004, con un lieve calo nell’anno intermedio), mentre per i passeggeri si registra un raddoppio nel 2003 rispetto al 2002 (+2.579) e un brusco calo nel 2004 (-3.489). Nella categoria delle merci “sbarcate”, per quelle liquide si registra un lieve aumento dal 2002 al 2003 (+7.000 tonnellate) e un consistente

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incremento nel 2004 (+25.820 tonnellate); per le merci secche nel passaggio dal 2002 al 2003 si registra un calo di circa 100.000 tonnellate abbondantemente recuperato nel 2004 con circa 500.000 tonnellate di merci in entrata. Il numero delle navi in partenza aumenta dal 2002 al 2004, con un calo intermedio nel 2003; il numero di passeggeri cresce di circa 1.000 unità dal 2002 al 2003 e diminuisce notevolmente nel 2004 (-1.948). Le quantità di merci secche “imbarcate” nel 2002 (179.739) si dimezzano nel 2003, attestandosi su valori bassi anche nel 2004 (59.869).

In sintesi il porto di Ortona movimenta una media di circa 500 mila tonnellate di merci secche in ingresso e negli ultimi due anni una media di circa 60 mila tonnellate in uscita.

Il numero di navi sia in ingresso, sia in uscita è di circa 400-500 navi.

Criticità

Per quanto riguarda le criticità, esse possono essere distinte in due tipologie: quelle connesse agli aspetti marittimi e navigazionali e quelle connesse alla disponibilità ed organizzazione degli spazi a terra. Tali criticità risultano ovviamente tra di loro connesse.

Per quanto riguarda le prime, esse sono dovute, come accennato in precedenza, alla mancanza dell’avamporto previsto dal vigente P.R.P. . L’assenza dell’avamporto, di

fondamentale importanza per ogni porto e in modo particolare nel caso in questione, induce i seguenti problemi:

o limitata profondità dell’imboccatura portuale e delle banchine interne;

o elevata penetrazione del moto ondoso all’interno del porto che riduce l’operatività delle banchine commerciali (banchina di riva e banchina nord);

o tendenza all’insabbiamento dell’imboccatura portuale e dello specchio acqueo interno.

Si può affermare che i problemi sopra delineati hanno storicamente limitato lo sviluppo portuale tanto che la soluzione di piano regolatore del ’69 è giustamente orientata alla risoluzione delle criticità sopra esposte mediante la realizzazione di un ampio avamporto la cui funzione è quella di raggiungere maggiori profondità di imboccatura eliminando in tal modo sia i problemi di insabbiamento sia quelli relativi alla penetrazione del moto ondoso nel bacino interno.

Per quanto riguarda la profondità di imboccatura, quella attuale (compresa tra circa −6,5 e −7,5 m) risulta non sufficiente a garantire l’ingresso delle navi di tonnellaggio medio/grande che potrebbero essere di interesse per il porto di Ortona. A tal riguardo si evidenzia che le feeder di nuova generazione (le ex Panamax) sono caratterizzate da un pescaggio che raggiunge i -10,0/ -11,0 m. Per tali navi è opportuno prevedere una profondità dei fronti di accosto

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non inferiore a -12,0 m ed una profondità del canale di accesso al porto non inferiore a -12,5/-13,0 m. Tale profondità non può essere ottenuta realizzando semplicemente un canale dragato poiché, in assenza di un adeguato prolungamento delle opere esterne portuali verso fondali maggiori, esso verrebbe a ricadere per un lungo tratto all’interno della “fascia attiva” (zona caratterizzata da consistente trasporto solido litoraneo) la cui profondità di chiusura nel paraggio di Ortona può essere indicativamente posta sulla batimetrica dei −10,0 m s.l.m.m..

In conclusione quindi si ritiene che il raggiungimento di profondità maggiori sia in corrispondenza dell’imboccatura portuale che all’interno dello specchio d’acqua protetto, possa essere ottenuto solo attraverso un prolungamento delle opere esterne e la creazione di un ampio avamporto come previsto dal P.R.P. vigente.

Sempre in relazione alle criticità di tipo marittimo, occorre aggiungere anche la frequente tracimazione ondosa che interessa lungo il molo nord la banchina commerciale e la relativa strada di accesso. Durante il periodo invernale la tracimazione, particolarmente rilevante in concomitanza alle mareggiate provenienti dal I quadrante, limita fortemente l’operatività della banchina e della strada, causando situazioni di pericolo per gli operatori portuali e per le infrastrutture presenti. Gli interventi eseguiti nel passato, rivolti alla riduzione delle portate di tracimazione, non hanno risolto il problema, anzi lo hanno in parte aggravato poiché il

rifiorimento della scogliera è stato realizzato utilizzando anche massi di peso modesto che in alcuni casi sono stati proiettati sulla banchina dalle lame d’acqua tracimanti. Gli interventi in corso di realizzazione risolveranno parzialmente il problema per quanto riguarda la banchina. In futuro andranno sicuramente presi provvedimenti per la restante parte del molo nord.

Il LIAM (Laboratorio di Idraulica Ambientale e Marittima) del DISAT della Facoltà di ingegneria dell’Università di L’Aquila, su incarico della Regione e del Comune di Ortona, eseguirà a breve alcune prove sperimentali in canale per studiare opportuni provvedimenti rivolti alla risoluzione del problema. Inoltre il LIAM ha recentemente sviluppato per la Regione un programma di calcolo che consente di prevedere le portate di tracimazione in funzione delle previsioni delle condizioni meteo-marine disponibili in rete. Il programma è stato istallato presso la Capitaneria di Porto di Ortona che lo userà per la gestione della banchina e della strada fino a quanto non verranno posti in essere interventi strutturali rivolti alla soluzione del problema.

Per quanto riguarda le criticità connesse all’organizzazione degli spazi a terra, il principale problema riguarda la mancanza di continuità tra le due banchine commerciali (banchina di riva e nord) che sono fisicamente separate dalla presenza del porto pescherecci. Inoltre è da evidenziare la promiscuità degli usi della banchina di riva. Tutto ciò attualmente non consente una netta separazione tra le varie

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zone del porto destinate ad attività differenti e causa numerosi problemi che riguardano la movimentazione delle merci, la viabilità interna e in particolar modo la regolamentazione degli accessi alle aree portuali con conseguenti ricadute dal punto di vista della sicurezza.

Per completezza occorre menzionare le condizioni di precarietà con cui vengono attualmente svolte le attività diportistiche. Anche quelle connesse alla pesca possono essere migliorate con modesti interventi.

B.4. Pianificazione portuale

B.4.1. Il P.R.P. vigente

Lo sviluppo del porto di Ortona iniziò nel 1840, quando la Reale Marina del Regno di Napoli fece costruire un antemurale a protezione della traversia Greco-Levante.

Nel 1888, con Regio Decreto n. 5477, il Porto di Ortona venne classificato di II categoria II classe II serie.

L’odierno assetto delle opere esterne portuali venne sancito dalla Commissione per lo studio dei Piani Regolatori dei Porti nell’adunanza del 6.3.1939 n.830 ed i lavori relativi vennero eseguiti nel dopoguerra unitamente a quelli di ricostruzione delle strutture allora esistenti, gravemente danneggiate durante i bombardamenti.

Il Piano Regolatore Portuale vigente è stato approvato dalla III Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nell’adunanza del 21.05.1969 n. 187 su proposta di variante redatta dal Genio Civile Opere Marittime di Ancona. Tuttavia, a causa sia di fattori di ordine economico sia di azioni non coordinate tra i soggetti preposti allo sviluppo portuale, le opere esterne portuali previste dal P.R.P. del ’69 non sono state realizzate condizionando in modo determinante le possibilità di sviluppo del porto. Solo recentemente, gennaio 2005, si è dato avvio ad una prima opera che riguarda l’avamporto.

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[Tav. Attuale e PRP]

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[Tav. Imboccatura portuale]

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Con la Legge regionale n. 34 del 04.07.1978 la Regione Abruzzo, riconoscendo al Porto di Ortona un ruolo preminente nel settore del traffico marittimo regionale, ha attribuito allo stesso la funzione di Porto Regionale d’Abruzzo. Inoltre, il Quadro di Riferimento Regionale, adottato in forma preliminare dal Consiglio Regionale dell’Abruzzo il 28.02.1995, attribuisce al Porto di Ortona, insieme a quello di Vasto, la funzione di scalo commerciale.

Oltre ai recenti (inizio gennaio 2005) lavori relativi alla realizzazione del braccio nord dell’avamporto di cui si è accennato in precedenza, gli unici lavori di ammodernamento del porto sono stati eseguiti tra gli anni ‘80 e gli anni ’90 e hanno riguardato esclusivamente la modifica di opere interne portuali (realizzazione di due nuove banchine e dragaggio di alcune aree interne del porto) nonché, negli anni novanta, importanti lavori di collegamento del porto alla rete viaria interna.

Nell’ambito dei lavori di dragaggio eseguiti occorre evidenziare che la III sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha prescritto, con voto n. 137 del 13.5.1986, che l’approfondimento dei fondali all’interno dello specchio d’acqua portuale fosse limitato alla quota −7,5 m s.l.m.m. essendo impossibile garantire il mantenimento di fondali superiori a tale quota in corrispondenza e all’esterno dell’imboccatura portuale in assenza delle opere di imboccatura previste dal P.R.P..

Più recentemente (anni novanta), il Consorzio di Sviluppo Industriale della Val Pescara ha intrapreso numerose iniziative. Tra di esse occorre citare una serie di studi rivolti a verificare la validità delle opere esterne portuali previste dal P.R.P. vigente e a risolvere il problema della sedimentazione all’imboccatura portuale. Di tali studi venne incaricato il famoso laboratorio olandese di Delft, il quale, forse mal indirizzato dai tecnici italiani incaricati dal Consorzio, propose, per ridurre l’insabbiamento del porto, la realizzazione di un pennello che doveva partire dalla attuale testata del molo nord. Tale opera, in evidente contrasto con il Piano Regolatore Portuale vigente e che avrebbe ostacolato la realizzazione del previsto avamporto, venne bocciata dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, facendo perdere al porto un ingente finanziamento.

Per quanto riguarda le aree interne, il P.R.P. vigente prevede che venga effettuato il raccordo tra la banchina nord e la banchina di riva mediante il completamento della banchina nord, la realizzazione di un terrapieno al posto del bacino pescherecci e il completamento della parte settentrionale della banchina di riva. Qualora venissero realizzate tali opere, risulterebbe necessario posizionare il porto pescherecci nella zona posta a sud della banchina di riva. Tali interventi hanno da sempre sollevato alcune perplessità da parte della cittadinanza che non vede con favore il tombamento del porto pescherecci ove è localizzata la parte storica del porto.

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In conclusione si può affermare che mentre il P.R.P. conserva una generale validità per quanto riguarda le opere foranee, sicuramente occorre eseguire un riesame critico di quanto previsto per quanto riguarda le opere interne portuali. Tale riesame risulta peraltro necessario alla luce sia dello sviluppo, avvenuto negli ultimi quaranta anni, delle

modalità di trasporto marittimo e di conseguenza dell’organizzazione portuale, sia delle nuove necessità che si sono andate affermando quali ad esempio quelle connesse al diporto nautico.

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Figura 6 - Interventi di riqualificazione dell’avamporto contemplati dal PRP vigente.

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B.4.2. Lo studio di fattibilità della Regione Abruzzo

La Regione Abruzzo (Direzione Trasporti e Mobilità, Viabilità, Demanio e Catasto Stradale, Sicurezza Stradale) ha recentemente sviluppato ed approvato lo “Studio di fattibilità per la razionalizzazione ed il potenziamento del sistema portuale regionale” (finanziato con delibera CIPE 106/99). In tale studio si è riconosciuto che nel medio/breve termine la Regione debba puntare allo sviluppo e al potenziamento sostanziale di un solo porto regionale. Dopo aver valutato con attenzione i vantaggi e gli svantaggi offerti dai tre porti commerciali regionali (Pescara, Ortona e Vasto) si è giunti alla conclusione che tra di essi ci si debba indubbiamente orientare verso Ortona, e ciò a causa delle ragioni di seguito esposte tratte dalle conclusioni dello studio sopra menzionato.

“In primo luogo Ortona dispone sia di un ottimo sistema di collegamento stradale, autostradale e ferroviario con l’interno (tra i tre porti regionali è l’unico che dispone di un terminale ferroviario) sia di uno specchio d’acqua di grandi dimensioni (circa 100 ettari) sufficienti ad accogliere in modo razionale anche un consistente traffico di cabotaggio. A tal riguardo si osserva che da un punto di vista marittimo i problemi idraulici di cui attualmente soffre il porto, quali la penetrazione ondosa elevata e l’insabbiamento dell’imboccatura portuale, possono essere risolti mediante la

realizzazione di un adeguato avamporto peraltro previsto con lungimiranza dal Piano Regolatore Portuale vigente. Attualmente Ortona può essere considerato un porto realizzato a metà essendo privo di avamporto. Facendo un parallelo con un aeroporto, è come se si disponesse di una stazione aeroportuale di grandi dimensioni senza una adeguata pista di atterraggio per gli aerei. Da un punto di vista tecnico−urbanistico una ulteriore considerazione riguarda la difficile convivenza tra un porto commerciale e il contesto urbano. Attualmente si tende sempre di più a separare il traffico marittimo commerciale dai centri urbani, con l’eccezione dei terminali passeggeri, a causa della totale incompatibilità tra le relative attività. Da questo punto di vista il porto di Ortona, presenta, a differenza di Pescara, una netta separazione tra il porto e il centro cittadino dovuta alla natura morfologica della fascia costiera interessata. In conclusione quindi si ritiene che il Porto di Ortona debba essere potenziato con l’obiettivo di accogliere prevalentemente il traffico containers e quello petrolifero che attualmente si svolge in parte anche a Pescara e che risulta incompatibile, per ovvie ragioni di sicurezza, con la città.

Il porto di Ortona, dal punto di vista dell’entità dei traffici, risulta un porto di interesse regionale: attualmente il suo movimento di merci, prescindendo dalle merci liquide (benzina e gasolio), assomma a circa 300-400.000 tonnellate/anno di rinfuse allo sbarco/imbarco.

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Come accennato Ortona risulta la sede più appropriata per uno sviluppo portuale, di dimensione contenuta, che si inserisca nel tratto di costa che intercorre tra Ancona e i porti pugliesi al servizio di uno sviluppo industriale regionale ormai significativo anche su scala nazionale.

Il porto di Ortona, anche in ragione del contributo che può portare allo sviluppo economico delle zone industriali retrostanti ed alle possibili relazioni con il vicino Interporto di Manopello, ha comunque un ruolo fondamentale per l’economia locale.

La tendenza generalmente diffusa a livello internazionale verso una sempre maggiore specializzazione delle banchine, in vista di una massimizzazione della loro potenzialità operativa e di una razionalizzazione delle fasi di

movimentazione impone oggi riflessioni importanti sulle categorie merceologiche verso le quali il porto di Ortona potrebbe guardare con maggiore attenzione.

Il porto di Ortona potrebbe veder crescere il proprio ruolo ed il proprio mercato nel settore del trasporto container soprattutto come collegamento feeder con il Mar Mediterraneo ed il Mar Nero e i porti hub di Taranto e Gioia Tauro (attuazione del Corridoio Adriatico)”.

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C. Il Contesto Socio Economico

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C.1. Analisi demografica

C.1.1. La situazione demografica

Per analizzare le tendenze evolutive della popolazione dell’area oggetto di studio, si è fatto prioritario riferimento ai dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica. Tali dati sono calcolati a partire dalla popolazione legale dichiarata sulla base delle risultanze del 14° Censimento generale della popolazione ultimato il 21 Ottobre 2001. Il calcolo è effettuato sulla base dei dati relativi al movimento naturale (iscrizioni per nascita e cancellazioni per morte) e migratorio (iscrizioni e cancellazioni per trasferimento di residenza) che si sono verificati nel periodo 22 ottobre-31 dicembre 2001 e negli anni 2002 e 2003, già resi fruibili dall’Istat.

Al 31/12/2003, ultima rilevazione disponibile, il Comune di Ortona contava 22.944 abitanti (popolazione residente), pari all’1,8% della popolazione dell’intera regione (1.285.896 abitanti) e, rispettivamente al 5,97% dei 384.398 abitanti della provincia di Chieti ed al 7,5% dei 305.725 della provincia di Pescara (Tabella 1), mentre alla stessa data del 2002 ammontava a 22.715, con una aumento di 229 unità, in linea con quanto si è verificato a livello regionale (con un aumento di 12.000 abitanti, pari all’1% della popolazione) e a livello provinciale (Chieti, + 1.384 e Pescara, + 2.742) (Tabella 2)

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Tabella 1 - Movimento anagrafico 2003 Ortona, Province di Chieti e Pescara e Regione Abruzzo

Ambito rilevamento

Popolazione residente al 01/01 Popolazione residente al 31/12

Ortona 22.715 22.944

Provincia di Chieti 383.058 384.398

Provincia di Pescara 302.983 305.725

Tot Regione 1.273.284 1.285.896

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Ortona 177 469 132 244 275 30 296 -67 229

Provincia di Chieti

3.220 6.776 2.303 4.239 6.475 466 2.359 -1.019 1.340

Provincia di Pescara

2.706 7.117 1.989 3.030 6.211 331 3.066 -324 2.742

Tot Regione 10.971 25.111 10.195 13.672 22.195 1.362 15.313 -2.701 12.612

Fonte Dati: ISTAT

Tabella 2 - Movimento anagrafico 2002 Ortona, Province di Chieti e Pescara e Regione Abruzzo

Ambito di rilevamento

Popolazione residente al 01/01

Popolazione residente al 31/12

Ortona 22.684 22.715

Provincia di Chieti

381.993 383.058

Provincia di Pescara

295.463 302.983

Tot Regione 1.262.379 1.273.284

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Bila

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Ortona 169 367 79 252 305 27 114 - 83 31

Provincia di Chieti

3.171 6.699 1.567 4.086 6.261 280 1.980 - 915 1.065

Provincia di Pescara

2.610 6.946 995 2.980 6.220 228 7.890 - 370 7.520

Tot Regione 10.580 24.056 5.066 13.275 21.483 922 13.600 - 2.695 10.905

Fonte Dati: ISTAT

Nel comune di Ortona, nel 2003 le donne costituiscono, rispetto al totale, il 51,67% della popolazione (in linea con quanto si è registrato nell’anno precedente). La maggiore percentuale di donne è tipica della società a più forte invecchiamento ed è dovuta alla maggiore longevità femminile rispetto a quella degli uomini. Questi ultimi, infatti, seppur nascano in numero maggiore, sperimentano una mortalità più elevata fin dalle età più giovani.

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C.1.2. Densità e distribuzione della popolazione

Un indicatore che dà informazioni sulla distribuzione della popolazione, è rappresentato dalla densità media (ab/kmq). In relazione alla superficie ed al dato relativo alla popolazione del Comune di Ortona (Tabella 3), si evidenzia un valore della densità media elevato (324 ab/kmq) e rilevante se paragonato ai valori relativi alle province di Chieti (148 ab/kmq) e di Pescara (241 ab/kmq), la cui densità supera il valore registrato a livello regionale. Se poi si considera la densità relativa alle due città, appare chiaro come la popolazione si concentri lungo l’area costiera, infatti i valori registrati sono, rispettivamente, 895 ab/kmq per la città di Chieti e 3.459 ab/kmq relativamente alla città di Pescara, tale valore sconta sicuramente anche il dato relativo alle esigue dimensioni del territorio comunale.

Tabella 3 - Popolazione nel censimento 2001 Regione e comuni

Ambito di rilevamento

Popolazione censita

Superficie (Kmq)

Abitanti per kmq

Ortona 22.694 70 324

Provincia di Chieti 382.076 2.587 148

Chieti 52.486 59 895

Provincia di Pescara 295.481 1.225 241

Pescara 116.286 34 3.459

Totale Regione 1.262.392 10.794 117

Fonte Dati: ISTAT

Risulta interessante, inoltre, il dato relativo alla popolazione residente nel centro di Ortona e nelle frazioni: si può

osservare come gli abitanti si concentrino maggiormente all’interno del nucleo cittadino, rappresentando il 59% del totale della popolazione, e solo marginalmente nelle varie località abitate (Tabella 4), in particolare, del tutto residuale è la distribuzione della popolazione nelle case sparse.

Tabella 4 - Popolazione residente ad Ortona, per capoluogo, frazioni e case sparse. Censimento 2001.

Comune e località abitate

Altitudine Popolazione

residente

TOTALE ORTONA 0/200 22.694

Ortona capoluogo 72 13.287

Frazioni di Ortona - 7.809

Case Sparse - 1.598

Fonte Dati: ISTAT

C.1.3. Distribuzione della popolazione per classi di età

Al 1° gennaio 2003, ad Ortona, la classe di età più numerosa risulta quella che va da 35 a 39 anni mantenendo invariato il primato rispetto ai due anni precedenti (Tabella 5). Analizzando i valori della tabella, appare evidente come vi sia un progressivo invecchiamento della popolazione, in linea con le previsioni demografiche regionali dell’ISTAT. Anche l’indice di vecchiaia, si è mantenuto costante nel corso degli anni che vanno dal 2001 al 2003 con una punta massima nel 2002.

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Tabella 5 - Popolazione di Ortona per classi di età e indice di vecchiaia. Anni 2001, 2002, 2003.

Classi di età 2003 2002 2001

Meno di 5 924 947 955

Da 5 a 9 983 1.020 955

Da 10 a 14 1.154 1.142 1.152

Da 15 a 19 1.220 1.224 1.228

Da 20 a 24 1.376 1.434 1.438

Da 25 a 29 1.568 1.562 1.438

Da 30 a 34 1.624 1.621 1.620

Da 35 a 39 1.648 1.675 1.671

Da 40 a 44 1.621 1.614 1.621

Da 45 a 49 1.624 1.552 1.538

Da 50 a 54 1.516 1.560 1.601

Da 55 a 59 1.296 1.262 1.217

Da 60 a 64 1.254 1.263 1.262

Da 65 a 69 1.277 1.284 1.305

Da 70 a 74 1.282 1.308 1.287

Da 75 a 79 1.105 1.109 1.126

Da 80 a 84 719 602 577

Da 85 e più 524 505 509

Totale 22.715 22.684 22.694

Indice di vecchiaia* 109,55 110,60 108,67

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

* L’indice di vecchiaia è dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione fino a 14 anni di età, per 100. L’indice di vecchiaia evidenzia il livello di invecchiamento della popolazione. Il valore basso dell’indice indica una elevata natalità ed una ridotta percentuale delle classi anziane.

C.1.4. Famiglie per numero di componenti

Nella Tabella 6 che segue, sono riportate le composizioni percentuali delle famiglie per numero di componenti negli anni 1981, 1991 e 2001. I dati considerati e comparati tra loro, risultano particolarmente interessanti, poiché evidenziano le tendenze evolutive dell’ organizzazione dei nuclei familiari. Da un’analisi dei valori presenti in tabella si possono fare le seguenti osservazioni:

o il numero, in valore assoluto, dei componenti delle famiglie è progressivamente aumentato nel corso degli anni, incrementandosi di 542 unità nel 1991 e di 656 unità nel 2001;

o in tendenza con il dato nazionale, le famiglie di Ortona registrano un aumento dei single che passano da 999 (valore registrato nel 1991) a 1.625 (valore registrato nel 2001);

o si assiste, inoltre, ad una diminuzione delle famiglie numerose ed in particolare di quelle composte da 6 o più persone, mentre aumenta il numero dei nuclei composti da 4 persone (1.691 nel 1981, 1.794 nel 1991 e 1.822 nel 2001).

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Tabella 6 - Famiglie per numero di componenti, Valori assoluti e percentuali. Anni 1981, 1991, 2001

N. componenti

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1981 Valore assolut

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1 persona 1.625 20,07% 1.194 16% 999 14%

2 persone 2.101 25,95% 1.864 25% 1.603 23%

3 persone 1.741 21,51% 1.507 20% 1.459 21%

4 persone 1.822 22,51% 1.794 24% 1.691 25%

5 persone 599 7,40% 716 10% 734 11%

6 o più persone

207 2,56% 364 5% 411 6%

Totale 8.095 100% 7.439 100% 6.897 100%

Fonte:Ns elaborazioni su dati ISTAT

C.1.5. La dinamica demografica. L’andamento della popolazione negli ultimi 15 anni

Analizzando l’andamento della popolazione del Comune di Ortona nel corso degli anni dal 1988 al 2003 (Tabella 7), si osserva quanto segue:

o dal 1988 al 1991 il numero degli abitanti è aumentato di 161 unità con una variazione pari allo 0,7%;

o dal 1991 al 1994 la crescita è stata maggiore, infatti la variazione in valore assoluto è stata di 739 unità con uno scarto positivo rispetto all’intervallo

precedente di 578 unità ed una variazione percentuale del 3,1%;

o dal 1994 al 1997 si è verificato un aumento del numero degli abitanti, meno sensibile rispetto all’intervallo temporale precedentemente considerato, infatti la popolazione si è incrementata di 137 unità, con una variazione pari allo 0,6%;

o dal 1997 al 2000 la crescita è stata minima e ha fatto registrare un aumento del numero degli abitanti di appena 69 unità con una variazione dello 0,3%;

o dal 2000 al 2003 il numero degli abitanti è considerevolmente diminuito rispetto alla tendenza degli ultimi anni, infatti la variazione in valore assoluto è di 583 unità e quella in valore percentuale è pari a –2%.

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Tabella 7 – Popolazione Regione e Comuni, anni 1988-1991-1994-1997-2000-2003. Valori assoluti e percentuali e variazioni percentuali

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Prov di Chieti 378.648 382.034 387.305 389.722 390.529 384.398

Ortona 22.431 22.592 23.321 23.458 23.527 22.944

Prov di Pescara 286.200 289.355 292.298 293.097 295.138 305.725

Tot. Regione 1.235.980 1.249.156 1.267.694 1.276.040 1.281.283 1.285.896

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Prov di Chieti 3.386 0,9 5.271 1,4 2.417 0,6 807 0,2 -6.131 -2,0 5.750 1,5

Ortona 161 0,7 729 3,1 137 0,6 69 0,3 -583 -2,0 513 2,3

Prov di Pescara 3.155 1,1 2.943 1,0 799 0,3 2.041 0,7 10.587 4,0 19.525 6,8

Tot. Regione 13.176 1,1 18.538 1,5 8.346 0,7 5.243 0,4 4.613 0,0 49.916 4,0

Fonte Dati: ISTAT

Dalla lettura del trend demografico, nell’arco temporale considerato appare evidente che la crescita della popolazione del Comune di Ortona, presenta alcuni tratti peculiari e degni di nota che possono essere così schematizzati:

o nell’arco di tempo che va dal 1988 al 1991, la crescita è avvenuta in linea con la tendenza di incremento della popolazione delle due province di riferimento (Pescara e Chieti) e della Regione; infatti la variazione percentuale si distribuisce nel modo seguente: da un minimo di 0,7% (Ortona) ad un massimo di 1,1%, registrato nella provincia di Pescara e nella Regione, mentre nella provincia di Chieti l’incremento è stato dello 0,9%;

o negli anni tra il 1991 e il 1994, l’incremento fatto registrare da Ortona non è più allineato con le medie provinciali e regionali, infatti la variazione è pari a +3,1%, il doppio rispetto alla provincia di Chieti (1,4%) e al dato regionale (1,5%) ed ancora più consistente rispetto al valore fatto riportare dalla provincia di Pescara (1%);

o nei periodi che intercorrono tra il 1994 ed il 1997 e tra il 1997 ed il 2000, le variazioni registrate ad Ortona sono sempre positive, ma diminuiscono sia rispetto al dato precedente, sia nel corso dei 6 anni considerati, infatti da una variazione dello 0,6%

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(1994-1997), si passa ad un incremento più esiguo dello 0,3% (1997-2000);

o un dato significativo si registra negli anni che vanno dal 2000 al 2003: il numero delle unità, nel comune di Ortona diminuisce, facendo registrare una variazione negativa pari al 2% e lo stesso valore è segnalato nella provincia di Chieti. Una situazione differente si verifica nella provincia di Pescara (+4%), in cui si assiste ad una crescita massima sia rispetto alle variazioni dell’altra provincia considerata sia rispetto al Comune di Ortona.

C.1.6. Saldo migratorio e saldo naturale

Se si considerano i dati relativi alla popolazione nei seguenti anni campione 1988, 1991, 1994, 1997, 2000 e 2003 (Tabella 8), si può affermare che l’incremento della popolazione nel Comune di Ortona è il risultato di una dinamica legata principalmente al saldo migratorio1. Infatti nel corso di tali periodi a fronte di un saldo naturale quasi sempre negativo (ad eccezione del 1988), il saldo migratorio assume valori positivi (con punte maggiori tra un anno e l’altro), dipendente, in modo abbastanza omogeneo negli

1 Il saldo migratorio è la differenza tra il numero degli iscritti ed il numero dei cancellati da registri anagrafici dei residenti.

anni, da trasferimenti di residenti interni2. Un dato interessante risulta essere quello relativo alle migrazioni dall’estero, in line con quanto si è verificato nell’intera Regione in cui l’incremento demografico è stato determinato dalle immigrazioni largamente superiori alle emigrazioni. Si tratta in larga parte degli effetti della “sanatoria”dovuta alle leggi 189 del e 222 del 20023, che prevedono la regolarizzazione dei lavoratori stranieri. Il tasso migratorio estero regionale è risultato pari a 6,9 per mille abitanti, mentre a livello provinciale è stato del 5,4 in provincia di Pescara e 4,8 per mille in provincia di Chieti.

Da una lettura dei dati presenti nella suddetta tabella, si vede che il valore del saldo naturale4 è negativo e ciò va sostanzialmente collegato alla struttura della popolazione ed in particolare ai tassi di natalità e mortalità che nel corso degli anni si sono mantenuti costanti, seppure con qualche eccezione, e che, se confrontati tra loro, evidenziano sempre un valore superiore dei decessi rispetto alle nascite. Tutto ciò in linea con il dato regionale e con quanto si è verificato

2 Il saldo migratorio interno è la differenza tra le iscrizioni e le cancellazioni da/per altro comune. 3 L. 30/07/2002 n.189 - “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo” e L. 09/10/2002 n. 222 -“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre 2002, n.195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari. 4 Il saldo naturale è la differenza tra il numero dei nati in Italia o all’estero da persone residenti ed il numero dei morti, in Italia o all’estero, ma già residenti in Italia.

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nelle due province abruzzesi prese in considerazione; infatti il saldo negativo della provincia di Chieti nel 2003 è pari a -1.019, mentre più contenuto è quello che si è potuto osservare nella provincia di Pescara con un valore di -324.

Tabella 8 - Movimento anagrafico. Comune di Ortona. Anni 1988, 1991, 1994,1997, 2000, 2003. Indici di natalità e mortalità

Anno 1988 1991 1994 1997 2000 2003

Popolazione residente al 01/01 22.358 22.608 23.238 23.387 23.593 22.715

Popolazione residente al 31/12 22.431 22.592 23.321 23.458 23.527 22.944

Bilancio demografico 73 -16 83 71 -66 229

Saldo migratorio 53 45 102 110 -2 296

Saldo naturale 20 -61 -19 -39 -64 -67

Indice di natalità* 10 9 9 11 8 8

Indice di mortalità** 9 12 10 11 11 11

* L’indice di natalità è il rapporto tra il numero dei nati nell’anno e popolazione media, moltiplicato per 1.000

** L’indice di mortalità è il rapporto tra il numero dei morti nell’anno e la popolazione media, moltiplicato per 1.000

Fonte Dati: ISTAT

C.1.7. Considerazioni finali

In conclusione, le tendenze evolutive del Comune di Ortona possono essere così riassunte:

o la popolazione residente tende ad aumentare come numerosità complessiva, con una lieve diminuzione nel corso del 2003;

o il saldo migratorio è positivo ed in aumento a dimostrazione di una buona e crescente attrattività;

o si conferma l’aumento nel numero delle classi attive con una diminuzione dell’indice di vecchiaia ed una concentrazione nella fascia della popolazione compresa tra i 35 ed i 39 anni;

o la densità della popolazione è elevata anche rispetto ai valori regionali e provinciali.

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C.2. L’economia

C.2.1. Considerazioni metodologiche

Nell’analisi condotta, relativa alla situazione socio-economica del contesto territoriale, si è ritenuto opportuno valutare una serie di indicatori, rilavati a vari livelli. Il primo livello è quello regionale: risulta evidente che sia la natura sia l’importanza dell’intervento sia ancora il profondo legame con le realtà socio-economiche di più province (Chieti e Pescara, e in qualche misura anche Teramo) inducono a tale tipo di riflessione. Il livello successivo di rilevazione degli indicatori sarà quello provinciale, con specifico riferimento alla provincia di appartenenza (Chieti) e a quella di Pescara, che comunque gravita nella zona dell’intervento. L’ultimo livello, ma anche il meno significativo, sarà quello comunale. In questo caso, sia il sistema delle rilevazioni non appropriato al livello comunale (mancano molti degli indicatori economici e anche quelli rilevati dagli Enti, Camera di Commercio, Istat, ecc. non risultano di particolare attendibilità, essendo gli stessi ideati e strutturati per realtà di maggiori dimensioni), sia il rilievo dell’intervento (porto destinato agli approdi di persone e di merci, che servirà un bacino di utenze ampiamente maggiore rispetto alle necessità comunali), renderanno l’esame dei dati più utile ai fini di verifica di quanto asserito con l’esame dei valori rilevati a livello

superiore che ad indicare peculiarità e specificità che comunque avrebbero un’importanza contenuta.

L’analisi si svolgerà partendo dalla situazione rilevata per poi dar conto delle tendenze. Ragioni di opportunità, stante la grande mole di indicatori da valutare, consigliano di condurre le due parti dell’analisi congiuntamente.

C.2.2. Il livello di reddito

Il primo indicatore che può essere utilizzato per dar conto della situazione macroeconomica è senz’altro il PIL. Più correttamente dovrebbe parlarsi di Valore Aggiunto Netto (al netto degli oneri finanziari) pro-capite, Il dato più recente è quello del 2003, non essendo possibile dare conto degli andamenti del 2004, poiché i bilanci non sono ancora stati depositati.

Ambito regionale

Al livello regionale, per l’anno 2003, si evidenzia il valore di 22.429 milioni di euro a prezzi correnti e 18.338 milioni di euro a prezzi del 1995, anno base della serie storica.

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Tabella 9- Valore Aggiunto Abruzzo – Mezzogiorno – Italia. Anno 2003.

Milioni di euro a prezzi correnti

Milioni di euro a prezzi 1995 Regioni e Ripartizioni

2003 2003

Abruzzo 22.429 18.338

Mezzogiorno 283.293 227.125

Italia 1.218.828 982.311

Fonte: Elaborazioni Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne.

Il valore pro-capite si attesta a 17.615 euro e rappresenta l’83% del valore nazionale, ma ben il 122,3 della ripartizione di appartenenza (Mezzogiorno).

Tabella 10– Valore Aggiunto Pro-Capite Abruzzo – Mezzogiorno – Italia Anno 2003

Valore Assoluto (euro)

ITALIA = 100Mezzogiorno

= 100 Regioni e Ripartizioni

2003 2003 2003

Abruzzo 17.615,4 83,0 122,3

Mezzogiorno 14.400,2 67,8 100,0

Italia 21.234,6 100,0 147,5

Fonte: Elaborazioni Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne.

La regione si attesta al 13simo posto per il valore aggiunto prodotto, prima regione del Mezzogiorno, ma il divario con l’Umbria, regione che occupa la 12sima posizione, è molto consistente (l’Umbria produce circa il 97,5% del valore dell’intero Paese, contro l’83% abruzzese), molto minore

invece, quello esistente tra con la seconda regione del Mezzogiorno che occupa la 14sima posizione (il Molise realizza il 79,4%).

Tabella 11– Valore Aggiunto Pro-Capite Umbria Abruzzo Molise – Mezzogiorno – Italia. Anno 2003.

Valore Aggiunto Pro-capite

ITALIA = 100 Posizione Regioni e Ripartizioni

2003 2003 2003

Umbria 20.709,6 97,5 12

Abruzzo 17.615,4 83,0 13

Molise 16.856,8 79,4 14

Italia 21.234,6 100,0

Fonte: Elaborazioni Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne.

In termini qualitativi è ancora interessante evidenziare l’apporto di ogni settore economico alla formazione del valore aggiunto.

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Tabella 12- Incidenza (%) del Valore Aggiunto per settore economico. Abruzzo – Mezzogiorno – Italia. Anno 2003.

Settore Abruzzo Mezzogiorno Italia

Agricoltura 3,8% 4,3% 2,5%

Industria in senso stretto 22,8% 14,1% 21,6%

Costruzioni 5,0% 5,6% 5,0%

Totale Industria e Costruzioni

27,8% 19,8% 26,6%

Commercio e Pubblici esercizi

16,2% 15,9% 16,4%

Trasporti e finanza 29,9% 32,9% 34,5%

Altri servizi 22,3% 27,1% 20,0%

Totale Economia 100,0% 100,0% 100,0%

Fonte: Elaborazioni Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne.

Il dato della composizione dell’anno 2003 esprime una maggiore somiglianza con quanto registrato a livello nazionale rispetto alla rilevazione del comparto del Mezzogiorno. L’unica piccola eccezione riguarda il settore agricolo che “pesa” il 3,8% sul totale, più vicino al dato del Mezzogiorno (4,3%), che alla rilevazione nazionale (2,5%). Per il resto i valori sono molto simili a quelli rilevati a livello nazionale, con addirittura il settore industriale in senso stretto che apporta un contributo al valore aggiunto addirittura maggiore rispetto a quanto non accada a livello nazionale (di contro il settore dei servizi di trasporto e finanza contribuiscono in misura piuttosto minore: 29,9%, contro il 34,5%).

Anche in termini di variazioni è possibile desumere delle indicazioni rilevanti. Il valore aggiunto in termini assoluti

registra la seguente serie. La prima considerazione può essere condotta disgiuntamente dagli altri ambiti. Il livello del valore aggiunto è crescente in tutti gli anni in esame, ma l’incremento tende a diminuire e addirittura, utilizzando i prezzi base (del 1995) l’ultimo anno registrerebbe un calo. Lo stesso fenomeno si registra in ambito nazionale e nel Mezzogiorno, ma questi due ambiti “reggono” meglio il rallentamento. Da notare che tra il 2000 ed il 1999 l’incremento registrato dall’Abruzzo era stato maggiore rispetto agli altri due ambiti.

Tabella 13- Serie storica Valore Aggiunto Abruzzo – Mezzogiorno – Italia Anni 1999-2003. Valori in milioni di euro a prezzi correnti

Val. Aggiunto 1999 2000 2001 2002 2003

Abruzzo Valore

assoluto 18.626 20.047 21.117 21.775 22.429

Var. % 7,63% 5,34% 3,12% 3,01%

MezzogiornoValore

assoluto 247.159 259.763 275.094 285.011 296.030

Var. % 5,10% 5,90% 3,60% 3,87%

Italia Valore

assoluto 1.024.464 1.082.138 1.139.259 1.178.306 1.218.828

Var. % 5,63% 5,28% 3,43% 3,44%

Fonte: Elaborazioni Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne.

Passando all’analisi anche qualitativa, utilizzando la serie storica che prende a base di rilevazione i prezzi al 1995, possiamo desumere gli andamenti dalle variazioni registrate nell’ultimo anno.

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Tabella 14- Variazioni percentuali Valore Aggiunto (in termini reali) Umbria Abruzzo Molise – Mezzogiorno – Italia. Anni 2002-2003.

Agricoltura Industria in

senso stretto

CostruzioniAltre

attività Intera

economia Regioni e Ripartizioni

2002 2003 2002 2003 2002 2003 2002 2003 2002 2003

Umbria -0,2 -10,7 1,4 -2,2 7,5 3,9 -0,8 1,6 0,2 0,3

Abruzzo 3,8 -8,7 -0,6 -2,6 1,8 1,5 0,4 0,9 0,4 -0,3

Molise -3,6 -4,2 0,4 -2,2 1,9 2,6 2,5 1,3 1,8 0,5

Mezzogiorno -6,4 -0,5 1,4 -1,3 3,8 1,3 0,6 0,5 0,6 0,2

Italia -3,9 -5,7 -0,3 -1,0 2,5 2,5 0,9 0,6 0,6 0,2

Fonte: Elaborazioni Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne.

Dall’analisi di composizione e di variazione percentuale in termini reali, possiamo innanzitutto desumere un andamento negativo per il complesso dell’economia abruzzese nel 2003, andamento peggiore rispetto alle altre regioni (Umbria e Molise) e rispetto a tutti gli ambiti di riferimento. Questo dato, analizzato nelle componenti dei vari settori mostra le peculiarità dell’economia abruzzese. Il settore agricolo misura un calo nel 2003 anche molto consistente (-8,7%, nel 2002 c’era stato un incremento del 3,8% e forse è proprio questo incremento il dato singolare, più che la contrazione del 2003), l’industria registra una flessione del 2,6% (nel 2002 era solo dello 0,6%), il settore costruzioni realizza un aumento dell’1,5% (era dell’1,8% nel 2002), le altre attività mostrano un aumento dello 0,9% (contro l’aumento dello 0,4% del 2002). Il quadro così rappresentato, se correlato con il dato della composizione percentuale dei singoli settori

economici alla formazione del valore aggiunto, consente di evidenziare le linee di tendenza complessive. La prima riflessione riguarda il dato complessivo del calo (in realtà contenuto) dell’economia nel suo complesso. Questo elemento ci fa ritenere che le dinamiche nei singoli settori economici non abbiano portato ad una maggiore produzione di valore aggiunto. In altri termini, in tempi di crisi, i settori caratterizzati da minore valore aggiunto vedono anche ridurre il proprio andamento di crescita e in alcuni casi registrano addirittura contrazioni. E’ il caso del settore primario e dell’industria. Se per il primario l’impatto sull’intera economia non è particolarmente rilevante, stante la scarsa partecipazione al valore aggiunto complessivo della regione, per il settore industriale, che nel 2003 partecipava per oltre il 22% al valore aggiunto, la flessione, seppure di misura percentuale non elevata, il calo del valore aggiunto prodotto risulta significativo. E, d’altro canto, non si registra un incremento significativo del settore costruzioni (più vicine in termini di apporto percentuale al valore aggiunto regionale ai valori nazionali che a quelli del sud-Italia) con il + 0,9% , né del settore altre attività (che apporta un contributo significativo alla formazione del V.A. regionale) con il + 0,9%.

In conclusione, per l’intera regione Abruzzo si evidenzia:

o Valore aggiunto interessante nella serie storica dal 1999 al 2003,

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o Livelli di crescita del valore aggiunto in continua contrazione sino ad un livello finale del 2003 che, in termini reali, mostra un valore minore dell’anno precedente (negativo in termini percentuali rispetto all’incremento dell’anno precedente),

o Una composizione del valore aggiunto simile ai valori percentuali dell’intero Sistema Paese, molto più che al Mezzogiorno,

o Una riorganizzazione del sistema produttivo verso le attività caratterizzate da maggiore valore aggiunto, con una velocità molto minore rispetto alla crisi dei settori agricolo e industriale.

Spostando il livello dell’analisi, verifichiamo andamenti e peculiarità delle due province che maggiormente interessano per l’intervento: Pescara e Chieti. A tale proposito è opportuno ricordare come Ortona sia provincia di Chieti, ma sia inserita nel Sistema Locale del Lavoro di Pescara, a conferma delle sinergie e interdipendenze con l’economia di Pescara, in una struttura economica la cui logica di sviluppo è basata sulle direttrici di trasporto e sulle affinità di contesto, così che l’area costiera del medio Abruzzo si presenta piuttosto omogenea e continua, gravitante intorno ai maggiori centri costieri, primo fra tutti Pescara.

Provincia di Chieti

Il valore aggiunto pro-capite per il 2003 è stato pari a 16.973 euro, con un lieve aumento rispetto al 2002 (vedasi tabelle in allegato).

Il valore è tuttavia rilevato ai prezzi correnti ed è pro-capite. In termini di valore prodotto in assoluto, tra il 2002 ed il 2003 si registra una contrazione. Anche per quanto riguarda la posizione nella graduatoria delle province, verifichiamo un andamento in calo dal 1995 sino al 2003 di ben 5 posizioni. Calo che registra una minore tendenza alla crescita, negli anni di crescita e addirittura un calo nell’ultimo periodo.

Tabella 15- Posizione Provincia di Chieti per Valore Aggiunto Pro-Capite Anni 1995-2003.

Provincia 2003 1995 Diff.

Chieti 69 64 -5

Fonte: Elaborazioni Unioncamere - Istituto Guglielmo Tagliacarne

In termini assoluti, il valore aggiunto realizzato nella provincia nel 2003 è stato pari a 6.720 milioni di euro correnti, alla cui realizzazione i servizi pesano oltre il 64%. Il settore industriale realizza il 26%, le costruzioni il 5% e l’agricoltura il 5%. Esaminando il dato, rispetto agli ambiti di riferimento regionale, Mezzogiorno e Italia, notiamo come l’industria abbia un peso maggiore, lievemente maggiore il settore agricolo e significativamente minore il settore dei servizi.

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Comparando il dato con l’anno precedente, possiamo notare in termini assoluti una contrazione del valore aggiunto prodotto complessivamente e per i singoli settori un calo del V.A. prodotto dal settore agricolo, industriale e dei servizi, con il solo settore delle costruzioni in lieve aumento (per il dettaglio si vedano le tabelle in allegato). La circostanza è rilevante, poiché il settore delle costruzioni risente di molti fattori esogeni e registra una grande variabilità. Il dato è tuttavia coerente con le tendenze della regione per i settori dell’agricoltura e delle costruzioni (Agr. da 323 a 314 a Chieti e da 870 a 851 in Abruzzo, Costr. da 256 a 327 provinciale e da 886 a 1.112 regionale), ma denota una fragilità maggiore nei settori industria e servizi (Ind. da 1.861 a 1.751 in calo a Chieti e da 5.097 a 5.124 in Abruzzo in lieve aumento, Serv. da 4.353 a 4.328 in provincia e da 14.966 a 15.343 in ambito regionale).

L’esame dei dati riportati dall’Atlante Italiano della competitività per province consente di rilevare l’effettivo tenore di vita della popolazione della provincia. In questo modo si riesce a valutare una tendenza di parte dell’economia che sfugge alle rilevazioni ufficiali, ma che comunque trova una misura, ad esempio, nel consumo di energia elettrica o nella percentuale di auto di grande cilindrata circolanti nella provincia. Questi indicatori, nel loro complesso disegnano il livello del tenore di vita, senza

considerare il dato del V.A. provinciale e consentono di verificare quali siano le reali condizioni della popolazione di una provincia. Nel caso di Chieti, si evidenzia in maniera molto marcata la assoluta vicinanza di tutti i dati rilevati con la media regionale. In altre parole, nonostante il valore del reddito pro-capite disponibile sia sensibilmente minore alla media regionale (nel 2002 12.552, contro 13.133 della regione), altri indicatori mostrano un tenore di vita in sostanza in linea con i dati medi regionali. E’ il caso, ad esempio della percentuale di auto di cilindrata > di 2.000 c.c. (4,5 per la provincia e 4,8 per la regione) o del consumo di benzina per ogni veicolo circolante (0,46 tonnellate di litri per Chieti contro 0,45 per l’Abruzzo) o ancora per il consumo di benzina pro-capite totale (0,26 tonnellate in provincia, come per la regione). In altre parole, il livello di reddito prodotto risulta inferiore e di conseguenza anche quello disponibile, non sembrano limitare il tenore di vita degli abitanti della provincia, se non per il livello dei consumi finali interni. Il valore provinciale pro-capite (10.647) è più vicino alla media del Mezzogiorno (10.175) che non a quello regionale (11.420). Questa circostanza rappresenta una situazione di reazione della popolazione provinciale, che tende a controllare maggiormente i consumi finali interni senza contrarre altre forme di spesa (probabilmente mantenendo inalterata la propensione al risparmio).

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Tabella 16- Indicatori del tenore di vita, provincia di Chieti, Abruzzo, Mezzogiorno, Italia

Elementi economici Unità di misura Fonte CHIETI Abruzzo Mezzogiorno Italia

reddito disp. totale milioni di euro 2001 Istituto Tagliacarte 4.795 16.578 233.632 836.889

reddito disp. procapite euro 2001 Elaborazione 12.551,63 13.132,57 11.392,60 14.683,87

consumi finali interni milioni di euro 2002 Istituto Tagliacarte 4.078 14.542 209.161 760.216

- procapite euro 2002 Elaborazione 10.646,95 11.420,47 10.174,52 13.262,42

- consumi alimentari milioni di euro 2002 Istituto Tagliacarne 751 2.538 43.535 129.090

- consumi non alimentari milioni di euro 2002 Istituto Tagliacarne 3.328 12.003 165.627 631.126

- consumi alimentari % 2002 Elaborazione 18,4 17,5 20,8 17,0

- consumi non alimentari % 2002 Elaborazione 81,6 82,5 79,2 83,0

- consumi finali interni milioni di euro 1995 Istituto Tagliacarne 3.118 11.000 156.429 549.754

- procapite indicatore 1995 Elaborazione 8.029,86 8.657,07 7.488,91 9.588,78

- consumi alimentari milioni di euro 1995 Istituto Tagliacarne 637 2.147 35.598 105.823

- consumi non alimentari milioni di euro 1995 Istituto Tagliacarne 2.481 8.853 120.831 443.931

- consumi alimentari % 1995 Elaborazione 20,4 19,5 22,8 19,2

- consumi non alimentari % 1995 Elaborazione 79,6 80,5 77,2 80,8

- Depositi Bancari delle Famiglie milioni di euro 2003 Banca d'Italia 2.138 7.652 96.195 402.005

Consumi Energia Elettrica per Usi domestici milioni di Kwh 2003 Grtn 368 1.259 21.327 65.017

% Consumi Energia Elettrica per Usi domestici % 2003 Elaborazione 19,0 19,4 27,7 22,0

Consumo En. El. Usi domestici procapite Kwh 2002 Elaborazione 930 958 1.008 1.098

Consumo benz. Totale tonnellate 2002 Ministero Attività Produttive 100.412 331.983 4.630.180 16.052.884

- Consumo totale procapite tonnellate 2002 Ministero Attività Produttive 0,26 0,26 0,23 0,28

- Consumo benzina/ n° autovet. Circolanti tonnellate 2002 Elaborazione 0,46 0,45 0,42 0,48

Totale autovetture circolanti v.a. 2002 Aci 217.361 739.626 11.050.943 33.706.153

di cui >2000 cc. v.a. 2002 Aci 9.741 35.745 479.059 1.800.569

di cui >2000 cc. % 2002 Elaborazione 4,5 4,8 4,3 5,3

- n° autovetture circolanti per 1000 abitanti indicatore 2002 Elaborazione 567 581 538 588

Totale autovetture immatricolate v.a. 2001-2002 Aci 27.541 94.988 1.066.612 4.574.869

- n° autovetture immatricolate per 1000 abitanti indicatore 2001-2002 Elaborazione 71,9 74,6 51,9 79,8

Fonte: Estratto Atlante italiano competitività delle province – Chieti

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In conclusione possiamo delineare le peculiarità del sistema economico provinciale:

o V.A. pro-capite realizzato in lieve aumento, ma in misura minore rispetto alle altre province e all’intero Paese, con conseguente peggioramento del numero indice e della posizione nella graduatoria provinciale;

o V.A. complessivo in diminuzione rispetto all’anno precedente;

o V.A. realizzato con grande apporto del settore dei servizi (64%), ma di incidenza minore rispetto agli altri ambiti di riferimento (Abr. 68%, Mezzogiorno 76%), con buon apporto del settore industriale (26%) valore superiore a quanto registrato in regione (23%) e in Mezzogiorno (14%);

o Tendenza alla diminuzione di V.A. realizzato in tutti i settori, ad esclusione di quello delle costruzioni, con decremento sensibile nel settore industriale (tra il 2002 ed il 2003, da 1.861 a 1.751 milioni di euro correnti), che ha anche una rilevanza significativa per il suo apporto percentuale nella composizione del V.A. complessivo.

o Settore dei servizi che mostra una preoccupante contrazione, non tanto per l’entità (da 4.353 a 4.328), quanto per il mancato incremento (da 14.966 a 15.393 in ambito regionale e da 214.181 a 224.813 nel Mezzogiorno).

Provincia di Pescara

La provincia di Pescara realizza nel 2003 un Valore Aggiunto Pro-Capite pari a 17.371 euro, con buon aumento rispetto al 2002. Il valore è comunque sensibilmente inferiore al numero indice (media delle province), ma il numero indice è lievemente superiore al confronto con l’anno precedente ad indicare un aumento superiore rispetto all’intero Sistema Paese (per il dettaglio numerico si vedano tabelle in allegato).

Dall’esame della serie storica dal 1995, si evidenzia una tendenza al miglioramento della posizione della provincia.

Tabella 17- Posizione Provincia di Pescara per Valore Aggiunto Pro-Capite Anni 1995-2003.

Provincia 2003 1995 Diff.

Pescara 70 67 +3

Fonte: Elaborazioni Unioncamere - Istituto Guglielmo Tagliacarne

In termini assoluti il Valore Aggiunto prodotto nell’anno 2003 si attesta su 5.516 milioni di euro a prezzi correnti. Alla produzione di questo risultato partecipa il settore agricolo con il 3%, l’industria con il 18%, il settore costruzioni con il 6% e i servizi con il 73%. Le peculiarità di tale sistema economico risiedono proprio nel grande apporto dei servizi alla formazione del V.A. provinciale (la regione registra il 68% e il sistema Paese il 71%). Di contro il settore industriale ha un “peso” minore nella formazione del V.A. (18% nella provincia, 23% nella regione e 22% in Italia).

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Anche dalla comparazione dei valori nei vari ambiti nei vari settori nell’anno precedente, rileviamo le peculiarità del sistema economico locale. Nel 2002 il valore aggiunto prodotto complessivamente era di 5.230. L’apporto del settore dei servizi era già molto consistente, il settore industriale aveva un “peso” maggiore e minore risultava il V.A. percentuale realizzato dal settore delle costruzioni. In sostanza i valori non erano molto diversi rispetto a quelli del 2003 (si vedano tabelle in allegato).

Alla luce delle analisi condotte possiamo individuare le seguenti conclusioni:

o Valore aggiunto pro-capite, prodotto dalla provincia, di livello non elevato, ma in continua crescita;

o Livello di crescita del V.A. pro-capite maggiore della media italiana; ciò consente alla provincia di migliorare la propria posizione nella graduatoria per provincia;

o Composizione del V.A. basata in maniera largamente maggiore sul settore dei servizi (la percentuale di composizione è addirittura maggiore di quella regionale e nazionale); il settore industriale mostra un apporto non molto elevato (minore rispetto ai due ambiti) e calante (e questa circostanza tende a far aumentare il divario con l’ambito regionale e

nazionale che, al contrario, mantengono tra il 2002 ed il 2003 inalterata la percentuale del settore);

o In definitiva, le tendenze verso la specializzazione terziaria dell’economia della provincia sembrano portare a vantaggi in termini di realizzazione del V.A., stante la circostanza dell’aumento in termini assoluti di quanto prodotto. In altre parole la crescita è in gran parte spiegabile con la conversione di attività (soprattutto industriali) verso il settore terziario, con conseguente maggiore redditività.

Anche in riferimento alla provincia di Pescara è opportuno trarre indicazioni dalle elaborazioni condotte per l’Atlante di competitività delle Province, al fine di evidenziare il reale tenore di vita della popolazione. Il dato del reddito disponibile pro-capite risulta superiore al valore regionale (13.784 contro 13.133) e lo stesso si verifica per quanto riguarda i consumi interni finali pro-capite (12.211 contro 11.420). Questo reddito lievemente maggiore induce anche ad una lieve differenziazione nei consumi (il 16,5% destinato ai consumi alimentari, contro il 17,5 % regionale). In altre parole, il livello di reddito più elevato viene distribuito in un aumento dei consumi alimentari, in misura ridotta, e in modo più evidente verso il consumo di prodotti non alimentari. Interessante risulta anche il dato relativo al consumo di energia elettrica.

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Tabella 18- Dati del tenore di vita provincia di Pescara

Tenore di vita Fonte PESCARA Abruzzo Mezzogiorno Italia

reddito disp. Totale milioni di euro 2001 Istituto Tagliacarte 4.073 16.578 233.632 836.889

reddito disp. Procapite euro 2001 Elaborazione 13.784,35 13.132,57 11.392,60 14.683,87

consumi finali interni milioni di euro 2002 Istituto Tagliacarte 3.700 14.542 209.161 760.216

- procapite euro 2002 Elaborazione 12.211,25 11.420,47 10.174,52 13.262,42

- consumi alimentari milioni di euro 2002 Istituto Tagliacarne 609 2.538 43.535 129.090

- consumi non alimentari milioni di euro 2002 Istituto Tagliacarne 3.091 12.003 165.627 631.126

- consumi alimentari % 2002 Elaborazione 16,5 17,5 20,8 17,0

- consumi non alimentari % 2002 Elaborazione 83,5 82,5 79,2 83,0

- consumi finali interni milioni di euro 1995 Istituto Tagliacarne 2.745 11.000 156.429 549.754

- procapite indicatore 1995 Elaborazione 9.394,87 8.657,07 7.488,91 9.588,78

- consumi alimentari milioni di euro 1995 Istituto Tagliacarne 508 2.147 35.598 105.823

- consumi non alimentari milioni di euro 1995 Istituto Tagliacarne 2.237 8.853 120.831 443.931

- consumi alimentari % 1995 Elaborazione 18,5 19,5 22,8 19,2

- consumi non alimentari % 1995 Elaborazione 81,5 80,5 77,2 80,8

- Depositi Bancari delle Famiglie milioni di euro 2003 Banca d'Italia 1.830 7.652 96.195 402.005

Consumi Energia Elettrica per Usi domestici milioni di Kwh 2003 Grtn 292 1.259 21.327 65.017

% Consumi Energia Elettrica per Usi domestici % 2003 Elaborazione 21,2 19,4 27,7 22,0

Consumo En. El. Usi domestici procapite Kwh 2002 Elaborazione 948 958 1.008 1.098

Consumo benz. Totale tonnellate 2002 Ministero Attività Produttive 68.338 331.983 4.630.180 16.052.884

- Consumo totale procapite tonnellate 2002 Ministero Attività Produttive 0,23 0,26 0,23 0,28

- Consumo benzina/ n° autovet. Circolanti tonnellate 2002 Elaborazione 0,40 0,45 0,42 0,48

Totale autovetture circolanti v.a. 2002 Aci 172.577 739.626 11.050.943 33.706.153

di cui >2000 cc. v.a. 2002 Aci 7.968 35.745 479.059 1.800.569

di cui >2000 cc. % 2002 Elaborazione 4,6 4,8 4,3 5,3

- n° autovetture circolanti per 1000 abitanti indicatore 2002 Elaborazione 570 581 538 588

Totale autovetture immatricolate v.a. 2001-2002 Aci 23.439 94.988 1.066.612 4.574.869

- n° autovetture immatricolate per 1000 abitanti indicatore 2001-2002 Elaborazione 77,4 74,6 51,9 79,8

Fonte: Estratto Atlante italiano competitività delle province – Pescara

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Il valore pro-capite risulta inferiore rispetto a tutti gli ambiti (948 in provincia, 958 in regione, 1.098 nell’intera Italia). Raffrontando lo stesso dato con la percentuale di consumo di energia elettrica per fini domestici (21,2%, contro il 19,4% regionale), possiamo imputare il basso valore pro-capite del consumo complessivo di energia elettrica allo scarso consumo per fini produttivi. L’economia maggiormente basata sui servizi, rispetto alla media regionale, può dare conto di detta particolarità; l’altra considerazione rilevante potrebbe essere condotta proprio sul maggior consumo di beni non alimentari: almeno in parte si tratta di beni di consumo più o meno durevoli, tra i quali gli elettrodomestici, che contribuiscono alla buona quota di energia elettrica consumata per fini domestici. Gli altri indicatori (relativi al parco auto circolante o al consumo di benzina) mostrano un livello del tenore di vita molto simile alla media regionale.

C.2.3. Demografia e settori delle attività produttive

Per l’esame della situazione economica del territorio, risulta interessante verificare il tessuto imprenditoriale, nel complesso e nelle variazioni. Anche in questo caso l’analisi viene condotta ai livelli regionale e provinciale.

Le imprese a livello regionale.

Nell’anno 2004, la rilevazione di Movimprese, mostra una tendenza all’incremento complessivo delle imprese registrate (da 145.624 a 145.409, con un aumento di 2.215 in termini assoluti e dell’1,5% in termini percentuali).

Il dato complessivo deve essere suddiviso per categorie economiche, per evidenziare le reali tendenze e le percentuali di composizione. L’aumento complessivo dell’1,5% e di 2.215 unità nasconde settori in contrazione (agricoltura: -769 e -2,1%) e settori in consistente aumento (costruzioni: +772 e +4,5%). Il processo in essere tende anche a modificare la composizione percentuale dei settori di registrazione delle singole imprese. Il settore agricolo, ad esempio, passa dal 25,4% del 2003 al 24,5% del 2004, con una variazione ponderata nella composizione pari al -3,7%. Il settore della produzione e distribuzione di energia elettrica, acqua e gas registra l’incremento ponderato di maggior intensità del 14,2% (con solo 15 unità di aumento).

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Tabella 19- Imprese registrate nella regione Abruzzo, per codice attività 2004-2003 percentuali di composizione e variazioni assolute e percentuali.

CODICE DESCRIZIONE N° 2004 Comp.

% N° 2003

Comp. %

Var. N° 2003-2004

Var. N° %

Var. comp. 2003-2004

Var. comp. %

A Agricoltura, caccia e silvicoltura 36.235 24,5% 37.004 25,4% - 769 -2,1% -0,9% -3,7%

B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 424 0,3% 431 0,3% - 7 -1,6% 0,0% -3,2%

C Estrazione di minerali 125 0,1% 122 0,1% 3 2,5% 0,0% 0,9%

D Attivita' manifatturiere 17.113 11,6% 16.878 11,6% 235 1,4% 0,0% -0,1%

E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 97 0,1% 82 0,1% 15 18,3% 0,0% 14,2%

F Costruzioni 18.057 12,2% 17.285 11,9% 772 4,5% 0,3% 2,8%

G Comm.ingr.e dett.;rip.beni pers.e per la

cas 36.599 24,8% 35.948 24,7% 651 1,8% 0,1% 0,3%

H Alberghi e ristoranti 7.198 4,9% 6.940 4,8% 258 3,7% 0,1% 2,1%

I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 3.891 2,6% 3.738 2,6% 153 4,1% 0,1% 2,5%

J Intermediaz.monetaria e finanziaria 2.156 1,5% 2.156 1,5% - 0,0% 0,0% -1,5%

K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 8.761 5,9% 8.375 5,8% 386 4,6% 0,2% 2,9%

M Istruzione 408 0,3% 387 0,3% 21 5,4% 0,0% 3,7%

N Sanita' e altri servizi sociali 612 0,4% 587 0,4% 25 4,3% 0,0% 2,6%

O Altri servizi pubblici,sociali e personali 6.900 4,7% 6.705 4,6% 195 2,9% 0,1% 1,3%

P Serv.domestici presso famiglie e conv. - 0,0% - 0,0% - - 0,0% 0,0%

NC Imprese non classificate 9.048 6,1% 8.771 6,0% 277 3,2% 0,1% 1,6%

TOT TOTALE 147.624 100,0% 145.409 100,0% 2.215 1,5%

Fonte: Movimprese

L’analisi condotta sulle imprese registrate in Abruzzo esprime una tendenza all’aumento di consistenza di quelle operanti nei settori economici caratterizzati da maggiore valore aggiunto o, per qualche motivo di maggiore possibilità di svolgere l’attività (settore costruzioni, ad esempio, che beneficia di una situazione di maggiori opportunità, legata

alle “spinte” di carattere politico verso nuove forme di organizzazione del territorio).

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Le imprese nella provincia di Chieti.

L’analisi delle imprese registrate nella provincia di Chieti evidenzia il dato complessivo in aumento nel 2004, da 47.664 del 2003 a 48.135 unità. La buona vitalità del tessuto imprenditoriale, testimoniata dall’aumento complessivo (+1%), nasconde, anche in questo caso le profonde differenze esistenti nei vari settori. Il settore agricolo contrae le imprese registrate di 450 unità (-2,4%), al contrario, ad esempio, di quello delle costruzioni che aumenta di 247 unità (+5,5%).

Anche in questo ambito è possibile misurare le percentuali di composizione e la loro variazione. In questo caso, oltre al dato puro e semplice, risulta interessante comparare le rilevazioni con l’ambito regionale.

Per le tendenze possiamo indicare una sostanziale somiglianza nei due ambiti. Le imprese agricole scendono, quelle di produzione di energia elettrica, gas e acqua salgono, e anche quelle delle costruzioni. Ma proprio dal raffronto si evidenziano le peculiarità. La provincia di Chieti registra, al 2004, il 37,6% di imprese nel settore agricolo

(25,4% per la regione), i settori meno rappresentati, rispetto al dato regionale, sono le costruzioni (9,8% contro 11,9%), il commercio (20,8% contro 24,7%) e il settore con codice attività K (Attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca) (4,4% contro 5,8%). Ma è proprio questo settore a mostrare la tendenza interessante, mettendo a segno un incremento ponderato del 5,4% contro il 2,9% regionale.

In conclusione:

o le imprese della provincia di Chieti tendono a crescere di numerosità complessiva, denotando un certo dinamismo;

o molte delle imprese sono registrate nel settore agricolo (37,6%), ma la numerosità del settore tende a scendere;

o molti settori risultano meno numerosi, rispetto alla media regionale, ma la loro velocità di crescita è superiore alla tendenza regionale, facendo così presupporre un rapido riavvicinamento ai dati medi.

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Tabella 20- Imprese registrate nella provincia di Chieti, per codice attività 2004-2003 percentuali di composizione e variazioni assolute e percentuali.

CODICE DESCRIZIONE N° 2004 Comp. % N° 2003 Comp.

% Var. N°

2003-2004 Var. N°

% Var. comp. 2003-2004

Var. comp. %

A Agricoltura, caccia e silvicoltura 18.075 37,6% 18.525 38,9% - 450 -2,4% -1,3% -3,5%

B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 91 0,2% 90 0,2% 1 1,1% 0,0% 0,1%

C Estrazione di minerali 31 0,1% 31 0,1% - 0,0% 0,0% -1,0%

D Attivita' manifatturiere 4.835 10,0% 4.734 9,9% 101 2,1% 0,1% 1,1%

E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 29 0,1% 24 0,1% 5 20,8% 0,0% 16,4%

F Costruzioni 4.715 9,8% 4.468 9,4% 247 5,5% 0,4% 4,3%

G Comm.ingr.e dett.;rip.beni pers.e per la

cas 10.009 20,8% 9.787 20,5% 222 2,3% 0,3% 1,2%

H Alberghi e ristoranti 1.823 3,8% 1.756 3,7% 67 3,8% 0,1% 2,7%

I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 1.059 2,2% 1.019 2,1% 40 3,9% 0,1% 2,8%

J Intermediaz.monetaria e finanziaria 637 1,3% 640 1,3% - 3 -0,5% 0,0% -1,5%

K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 2.129 4,4% 1.994 4,2% 135 6,8% 0,2% 5,4%

M Istruzione 99 0,2% 98 0,2% 1 1,0% 0,0% 0,0%

N Sanita' e altri servizi sociali 189 0,4% 171 0,4% 18 10,5% 0,0% 8,6%

O Altri servizi pubblici,sociali e personali 1.978 4,1% 1.914 4,0% 64 3,3% 0,1% 2,2%

P Serv.domestici presso famiglie e conv. - 0,0% - 0,0% - 0,0% 0,0% 0,0%

NC Imprese non classificate 2.436 5,1% 2.393 5,0% 43 1,8% 0,0% 0,8%

TOT TOTALE 48.135 100,0% 47.644 100,0% 491 1,0%

Fonte: Movimprese

Le imprese nella provincia di Pescara.

La situazione economica complessiva della provincia di Pescara mostra una certa vitalità, con il saldo complessivo positivo per le imprese registrate nel 2004 (+697 e +2,1%).

Anche in questa provincia il dato complessivo riassume risultati numerici molto diversi, a seconda delle attività esercitate. Le imprese agricole, ad esempio, registrano un calo di 82 unità (-1,5%), contro l’aumento di 154 unità del settore commercio (+1,5%) e di 227 del settore costruzioni (+6,1%). Il dato maggiormente indicativo è quello realizzato

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dalle imprese registrate nel settore istruzione (+20 unità e +15,2%) e nelle imprese non classificate altrove (+128 unità e +5,8%). In questo caso, infatti, si tratta di imprese del settore terziario specializzato ed infatti, anche il settore K (attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca) mostra un incremento di imprese registrate (+79 unità e +3,1%).

In termini di variazioni ponderate è sempre il settore agricolo a mostrare il risultato negativo di maggior rilievo (-3,7%). Anche altri settori che realizzano modeste variazioni di consistenza in termini assoluti, in termini ponderati spiccano per intensità (il settore delle estrazioni di minerali, ad esempio, con un modesto calo di 2 unità realizza una variazione ponderata del 8,9%). Ma le conferme sono significative per i settori istruzione (+11,3%) e imprese NC (+3,5%).

Me è dalla comparazione con il dato dell’intera regione che riusciamo a cogliere meglio le peculiarità del sistema economico provinciale. Il dato che emerge immediatamente è relativo alla scarsa consistenza delle imprese del settore agricolo (solo il 15,8% del totale, contro il 25,4% in ambito regionale). Le imprese manifatturiere sono meno numerose (10,7% contro 11,6%) e realizzano una variazione ponderata (-1,0%) inferiore al dato regionale (-0,1%). Il settore costruzioni è tutto sommato in linea con la media regionale (11,6% e 11,9%) ed anche la variazione ponderata sembra simile (+3,8% in provincia e +2,8% in regione). Il settore del commercio, estremamente più

“pesante” per la provincia (31,1%, contro il 24,7%), registra un incremento inferiore alla media delle imprese provinciali e, quindi, in termini di composizione ponderata, una variazione negativa (-0,6%), al contrario della tendenza registrata nella regione (+0,3%). Il settore K ospita una maggiore percentuale di imprese della provincia che della regione (7,7% contro il 5,8%), ma il livello di crescita risulta inferiore in provincia (+1,0% contro il +2,9%).

In conclusione:

o Economia caratterizzata da buona vitalità (saldo complessivo positivo);

o Settori economici maggiormente significativi nel terziario (anche specializzato e avanzato), rispetto ai dati regionali. Settore agricolo meno numeroso e tendenza di variazione del tutto in linea con il dato regionale;

o Settori del terziario che tendono a crescere con minore intensità rispetto alla media regionale, a testimonianza, forse, del fatto che gli stessi hanno raggiunto una soglia di numerosità critica ( non sarebbe poi così semplice aumentare ancora la platea degli offerenti i servizi, senza un incremento di domanda degli stessi).

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Tabella 21- Imprese registrate nella provincia di Pescara, per codice attività 2004-2003 percentuali di composizione e variazioni assolute e percentuali.

CODICE DESCRIZIONE N° 2004 Comp. % N° 2003 Comp. %Var. N°

2003-2004Var. N°

% Var. comp. 2003-2004

Var. comp. %

A Agricoltura, caccia e silvicoltura 5.350 15,8% 5.432 16,3% - 82 -1,5% -0,6% -3,7%

B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 98 0,3% 98 0,3% - 0,0% 0,0% -2,1%

C Estrazione di minerali 30 0,1% 32 0,1% - 2 -6,3% 0,0% -8,9%

D Attivita' manifatturiere 3.619 10,7% 3.579 10,8% 40 1,1% -0,1% -1,0%

E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 14 0,0% 14 0,0% - 0,0% 0,0% -2,1%

F Costruzioni 3.934 11,6% 3.707 11,2% 227 6,1% 0,4% 3,8%

G Comm.ingr.e dett.;rip.beni pers.e per la

cas 10.550 31,1% 10.396 31,3% 154 1,5% -0,2% -0,6%

H Alberghi e ristoranti 1.469 4,3% 1.417 4,3% 52 3,7% 0,1% 1,5%

I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 1.217 3,6% 1.176 3,5% 41 3,5% 0,0% 1,3%

J Intermediaz.monetaria e finanziaria 606 1,8% 606 1,8% - 0,0% 0,0% -2,1%

K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 2.618 7,7% 2.539 7,6% 79 3,1% 0,1% 1,0%

M Istruzione 152 0,4% 132 0,4% 20 15,2% 0,1% 11,3%

N Sanita' e altri servizi sociali 145 0,4% 142 0,4% 3 2,1% 0,0% 0,0%

O Altri servizi pubblici,sociali e personali 1.782 5,3% 1.745 5,3% 37 2,1% 0,0% 0,0%

P Serv.domestici presso famiglie e conv. - 0,0% - 0,0% - 0,0% 0,0% 0,0%

NC Imprese non classificate 2.351 6,9% 2.223 6,7% 128 5,8% 0,2% 3,5%

TOT TOTALE 33.935 100,0% 33.238 100,0% 697 2,1%

Fonte: Movimprese

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Tabella 22- Imprese registrate per codice attività 2004-2003 percentuali di composizione e variazioni percentuali nella regione Abruzzo, provincia di Chieti e Pescara.

CODICE DESCRIZIONE ABR.

(2004)

Var. Pond. (2003-2004)

Chieti (2004)

Var. Pond. (2003-2004)

Pescara. (2004)

Var. Pond. (2003-2004)

A Agricoltura, caccia e silvicoltura 25,4% -3,7% 37,6% -3,5% 15,8% -3,7%

B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 0,3% -3,2% 0,2% 0,1% 0,3% -2,1%

C Estrazione di minerali 0,1% 0,9% 0,1% -1,0% 0,1% -8,9%

D Attivita' manifatturiere 11,6% -0,1% 10,0% 1,1% 10,7% -1,0%

E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 0,1% 14,2% 0,1% 16,4% 0,0% -2,1%

F Costruzioni 11,9% 2,8% 9,8% 4,3% 11,6% 3,8%

G Comm.ingr.e dett.;rip.beni pers.e per la

cas 24,7% 0,3% 20,8% 1,2% 31,1% -0,6%

H Alberghi e ristoranti 4,8% 2,1% 3,8% 2,7% 4,3% 1,5%

I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 2,6% 2,5% 2,2% 2,8% 3,6% 1,3%

J Intermediaz.monetaria e finanziaria 1,5% -1,5% 1,3% -1,5% 1,8% -2,1%

K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 5,8% 2,9% 4,4% 5,4% 7,7% 1,0%

M Istruzione 0,3% 3,7% 0,2% 0,0% 0,4% 11,3%

N Sanita' e altri servizi sociali 0,4% 2,6% 0,4% 8,6% 0,4% 0,0%

O Altri servizi pubblici,sociali e personali 4,6% 1,3% 4,1% 2,2% 5,3% 0,0%

P Serv.domestici presso famiglie e conv. 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

NC Imprese non classificate 6,0% 1,6% 5,1% 0,8% 6,9% 3,5%

TOT TOTALE 100% 100,0% 100,0%

Fonte: Movimprese

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C.2.4. I distretti della produzione

I distretti di imprese nella provincia di Chieti.

Il dato relativo alle imprese registrate nella provincia non consente di rilevare la presenza di distretti di imprese o quanto meno di verificare la vocazione di determinate zone della provincia. Per ottenere le informazioni relative dobbiamo servirci dei dati rilevati dall’Istat nel corso dell’ultimo censimento delle attività produttive (5° del 2001).

Per rilevare la presenza di un numero interessante di imprese, che svolgano attività nello stesso settore, nel territorio della provincia, si è rilevata la media di unità locali per ogni settore. Tutti i Comuni che ospitano un numero rilevante di imprese (unità locali) nello stesso settore e che superano il valore medio possono essere considerati interessanti. Si è pertanto stabilita una soglia minima, di volta in volta, e si è verificata la concentrazione di unità locali nei Comuni che superano detta soglia. Per il settore dell’industria manifatturiera si è stabilita una soglia di 50 unità e i Comuni che superano detta soglia sono 12.

E’ importante notare come anche molti Comuni che superano le 40 unità locali (senza raggiungere le 50) siano ristretti in una zona piuttosto circoscritta. Un primo distretto può essere individuato in una zona che va da Francavilla al mare sino a San Salvo (attraversando i Comuni di

Fossacesia, Ortona e Vasto) sulla costa e nell’immediato interno (Atessa, Casoli, Miglianico, Guardiagrele e Lanciano), allo stesso distretto devono essere ricondotti i Comuni di Orsogna, Tollo, ecc. con unità locali comprese tra le 40 e le 50. Caso a parte è il distretto costituito da San Giovanni Teatino e Chieti (Scalo) che accentrano fortemente le imprese manifatturiere e che possono essere considerati il secondo distretto. Il primo distretto (costiero o quasi) è fortemente orientato al settore Automotive con la presenza di unità locali di importanti multinazionali del settore (Sevel, Pilkington, Honda, ecc.). E’ infine importante evidenziare che i comuni indicati non presentano percentuali di concentrazione particolarmente elevate nel settore manifatture. Infatti, il Comune di Chieti, ad esempio, raccoglie solo il 12,6% di unità locali di imprese operanti in questo settore, molto al di sotto della media provinciale (che è del 15,4%) e occupa il 75° posto (il valore medio si colloca tra il 61° ed il 62°). Questa notazione è importante, perché esprime una dipendenza non assoluta dal settore in esame, nonostante il numero talvolta elevato di unità locali ospitate nei vari Comuni. In altre parole, accanto a queste imprese si sono localizzate altre unità locali operanti in altri settori (ad esempio la ristorazione) che tendono a diversificare il panorama delle attività presenti.

Utilizzando gli stessi supporti possiamo rilevare l’eventuale “vocazione” commerciale per i Comuni della provincia. La soglia presa in considerazione è stata fissata in 100 unità.

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Non sarà una grande sorpresa rilevare che i Comuni individuati per il settore delle imprese manifatturiere sono gli stessi che ospitano le unità locali del settore commercio più numerose.

Tabella 23-Unità locali di imprese della provincia di Chieti, operanti nel settore industria delle manifatture, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

24 San Giovanni Teatino 259 22,7%

25 Miglianico 57 22,4%

31 Casoli 85 22,0%

41 Atessa 156 20,1%

47 Fossacesia 55 19,3%

48 Guardiagrele 133 18,9%

62 Totale Provincia 3.794 15,4%

68 Ortona 212 14,9%

70 San Salvo 173 14,6%

75 Chieti 462 12,6%

79 Lanciano 303 11,7%

84 Vasto 255 10,3%

91 Francavilla al Mare 141 9,2%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Si tratta di molti Comuni costieri già indicati nel distretto con l’aggiunta di Chieti e San Giovanni Teatino (che facevano parte dell’altro distretto). Si direbbe, in definitiva, che in questi Comuni, più che una vocazione per un determinato tipo di attività produttiva, esistano le condizioni vantaggiose

per insediare unità produttive in generale, sia che si tratti di industrie, sia che si tratti di commercio.

Anche per il commercio è possibile individuare la concentrazione di imprese appartenenti al settore. In questo caso, tuttavia, la vocazione al commercio appare più marcata.

Tabella 24-Unità locali di imprese della provincia di Chieti operanti nel settore commercio, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

15 Tollo 101 41,4%

34 Orsogna 105 37,9%

36 Ortona 538 37,7%

39 San Giovanni Teatino 423 37,1%

41 Francavilla al Mare 566 36,8%

44 Guardiagrele 256 36,5%

46 Casalbordino 131 36,0%

47 San Salvo 425 36,0%

51 Casoli 138 35,7%

54 Totale Provincia 8.680 35,3%

55 Lanciano 912 35,3%

56 Vasto 873 35,1%

57 Atessa 272 35,0%

68 Chieti 1.218 33,2%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Nello specifico, i Comuni costieri, nei pressi proprio di Ortona, denotano una buona concentrazione di unità locali

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dedite al commercio. In alcuni casi questi valori si spiegano con la presenza di rivendite di prodotti agricoli tutelati (olio e vino specialmente), in altri con l’afflusso turistico per periodi piuttosto lunghi (godendo del favore del clima e delle varie attrattive paesaggistiche e eno-gastronomiche della zona).

Non molto diverso il discorso per le imprese operanti nel settore dei pubblici esercizi. I comuni dotati di una numerosità maggiore di unità locali sono quasi gli stessi. Quelli costieri (Vasto, Francavilla al Mare, Ortona, San Salvo, San Vito Chetino, Fossacesia) o nelle immediate vicinanze (Lanciano, Casalbordino, Atessa, un po’ più lontano Guardiagrele) e i due Chieti e San Giovanni Teatino.

Anche la concentrazione dei pubblici esercizi conduce a considerazioni tutto sommato analoghe. Si evidenzia, tuttavia, la maggiore vocazione delle località costiere che hanno tutte una percentuale maggiore di unità locali rispetto alla media della provincia (solo San Salvo ha un valore quasi pari alla media) e di contro la minore concentrazione per i comuni non costieri (San Giovanni Teatino e Guardiagrele, ma anche Chieti) per i quali vale molto di più il concetto di soglia dimensionale piuttosto che di reale “vocazione”.

Tabella 25-Unità locali di imprese della provincia di Chieti, operanti nel settore dei pubblici esercizi, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

11 San Vito Chietino 36 13,8%

25 Fossacesia 30 10,5%

33 Vasto 231 9,3%

41 Casalbordino 31 8,5%

44 Francavilla al Mare 125 8,1%

52 Ortona 102 7,2%

57 Totale Provincia 1.662 6,8%

58 San Salvo 79 6,7%

80 Atessa 43 5,5%

83 Chieti 196 5,3%

86 Lanciano 134 5,2%

90 Guardiagrele 35 5,0%

99 San Giovanni Teatino 34 3,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Anche nel settore dei servizi si evidenzia una certa diffusione delle imprese operanti su tutto il territorio della provincia. La città capofila è Chieti sia in termini di Unità Locali complessive, sia in termini percentuali (con quasi il 40%). E’ importante rilevare che le stesse città che ospitano altre attività produttive ospitano un buon numero anche di imprese di servizi. Infatti anche Lanciano, Francavilla al Mare ed Ortona ospitano un buon numero di Unità Locali nel settore dei servizi. Il tutto ad ulteriore conferma del fenomeno localizzativo già evidenziato in precedenza.

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Tabella 26-Unità locali di imprese della provincia di Chieti, operanti nel settore dei servizi, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

1 Chieti 1443 39,3%

2 Lanciano 941 36,4%

4 Francavilla al Mare 539 35,1%

9 Vasto 826 33,2%

11 Ortona 450 31,5%

15 Totale Provincia 7126 29,0%

18 Atessa 217 27,9%

20 Orsogna 75 27,1%

21 Casalbordino 98 26,9%

25 Guardiagrele 183 26,1%

33 Casoli 93 24,0%

36 San Salvo 280 23,7%

41 San Giovanni Teatino 262 23,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Per concludere il discorso è necessario inserire l’analisi sugli addetti ed è interessante verificarne anche le tendenze

rilevabili dal raffronto con gli anni precedenti (1991 – 1996 – 2001).

Per l’industria manifatturiera rileviamo che il comune con maggiore concentrazione degli addetti risulta Atessa.

I primi tre comuni (Atessa, San Salvo, Chieti) raggruppano oltre il 50% degli addetti alle manifatture di tutta la provincia. Le tendenze si evidenziano tuttavia discordanti: Atessa realizza un marcato aumento sino a raggiungere il 23,4% degli addetti; la zona industriale di San Salvo, dopo un periodo di contrazione, realizza una buon incremento e giunge al 16,8%; Chieti infine, realizza un aumento nell’ultimo periodo che non copre il calo iniziale. Si tratta probabilmente di una tendenza alla ricerca di attività manifatturiere di natura diversa rispetto a quella degli addetti del 1991 che era entrata in crisi.

Il settore commercio risulta, al contrario, meno concentrato nei primi comuni (i primi tre raggruppano meno del 37%).

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Tabella 27-Addetti di imprese della provincia di Chieti operanti nel settore industria della manifatture, per Comune. Anni 1991 – 1996 -2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Atessa 5.397 7.005 + 9.412 + 23,4%

San Salvo 5.082 4.350 - 6.761 + 16,8%

Chieti 4.869 4.285 - 4.521 + 11,2%

San Giovanni Teatino 2.840 2.846 + 2.871 + 7,1%

Lanciano 2.147 1.846 - 1.806 - 4,5%

Ortona 1.564 1.478 - 1.623 + 4,0%

Vasto 1.828 1.479 - 1.616 + 4,0%

Guardiagrele 752 813 + 675 - 1,7%

Francavilla al Mare 988 996 + 659 - 1,6%

Miglianico 295 408 + 613 + 1,5%

Casoli 296 444 + 553 + 1,4%

Fossacesia 193 303 + 270 - 0,7%

Totale Provincia 34.609 34.908 + 40.270 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

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Tabella 28-Addetti di imprese della provincia di Chieti operanti nel settore commercio, per Comune. Anni 1991 – 1996 -2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Chieti 2.351 2.250 - 2.616 + 15,3%

Vasto 2.110 1.742 - 1.931 + 11,3%

Lanciano 1.904 1.780 - 1.780 = 10,4%

San Giovanni Teatino 1.342 1.167 - 1.551 + 9,0%

Francavilla al Mare 1.004 1.018 + 1.107 + 6,5%

Ortona 1.204 992 - 967 - 5,6%

San Salvo 869 800 - 859 + 5,0%

Guardiagrele 603 485 - 509 + 3,0%

Atessa 494 448 - 481 + 2,8%

Casoli 290 229 - 272 + 1,6%

Casalbordino 309 224 - 229 + 1,3%

Orsogna 180 190 + 173 - 1,0%

Tollo 223 233 + 160 - 0,9%

Totale Provincia 18.429 16.112 - 17.150 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Anche per il settore commercio si è registrata una contrazione tra il 1991 ed il 1996, poi mutata in un aumento, che però non ha coperto il calo iniziale. Si tratta del fenomeno della Grande Distribuzione che in quegli anni ha indotto ad una riorganizzazione dell’intero settore, con un calo di forte intensità iniziale e una ripresa successiva di intensità minore. E’ presumibile che il numero massimo degli

anni novanta non sia raggiungibile nel breve periodo e gli aumenti dovrebbero terminare alla fine del processo di riorganizzazione.

Il settore dei pubblici esercizi risulta poco concentrato (i primi tre comuni raggruppano meno del 39% del totale degli addetti).

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Tabella 29-Addetti di imprese della provincia di Chieti operanti nel settore pubblici esercizi, per Comune. Anni 1991 – 1996 -2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Chieti 610 449 - 619 + 14,3%

Vasto 470 473 + 592 + 13,7%

Francavilla al Mare 365 375 + 459 + 10,6%

Lanciano 292 257 - 348 + 8,1%

Ortona 209 199 - 268 + 6,2%

San Salvo 203 149 - 167 + 3,9%

San Giovanni Teatino 104 92 - 156 + 3,6%

Atessa 106 115 + 150 + 3,5%

San Vito Chietino 87 68 - 92 + 2,1%

Fossacesia 107 80 - 84 + 1,9%

Guardiagrele 52 54 + 81 + 1,9%

Casalbordino 91 65 - 77 + 1,8%

Totale Provincia: 3.929 3.354 - 4.319 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

La dinamica delle variazioni è molto simile alle altre attività con un calo tra il ’91 ed il ’96 ed una successiva crescita tra il ’96 ed il 2001, che compensa il calo iniziale. Nei 5 anni in esame l’incremento di addetti è stato di circa 1.000 unità.

Discorso sostanzialmente diverso deve essere condotto per il settore degli altri servizi. La concentrazione è molto elevata (i primi tre comuni raggruppano quasi il 55% degli addetti

della Provincia). La tendenza è di un netto incremento di addetti, tanto che nei 5 anni dal ’96 al 2001 si registra un incremento di oltre 4 mila unità.

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Tabella 30-Addetti di imprese della provincia di Chieti operanti nel settore servizi, per Comune, Anni 1991 – 1996 -2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Chieti 3961 4554 + 5841 + 31,0%

Lanciano 1797 2121 + 2420 + 12,8%

Vasto 1561 1531 - 2087 + 11,1%

Ortona 777 927 + 1141 + 6,1%

San Giovanni Teatino 625 634 + 1069 + 5,7%

Francavilla al Mare 500 812 + 938 + 5,0%

Atessa 363 404 + 672 + 3,6%

San Salvo 483 411 - 559 + 3,0%

Guardiagrele 275 281 + 295 + 1,6%

Casoli 106 136 + 291 + 1,5%

Casalbordino 151 120 - 127 + 0,7%

Orsogna 108 123 + 125 + 0,7%

Totale Provincia: 13.123 14.705 + 18.850 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

I distretti di imprese nella provincia di Pescara.

Nella provincia di Pescara possiamo innanzitutto evidenziare una numerosità piuttosto contenuta nel numero di comuni che appartengono alla provincia. Più che di distretti veri e propri possiamo parlare di influenze di alcuni grandi comuni che talvolta coinvolgono, nelle proprie caratteristiche peculiari, anche comuni limitrofi, ma il centro del “distretto” resta fortemente nel Comune. L’altra peculiarità è costituita dal caso del Comune di Pescara che confina con numerosi Comuni della provincia di Chieti (San Giovanni Teatino,

Francavilla al Mare, ecc.) e che quindi potrebbe dare luogo ad un Mega-distretto su di un asse che va da Pescara a Chieti Scalo, lasciando gravitare numerosi comuni che si trovano in qualche misura su detto asse. Con le precisazioni ricordate possiamo esaminare le peculiarità dei vari settori economici.

Il settore delle imprese manifatturiere raggruppa complessivamente 2.715 unità locali nella provincia. I Comuni di Pescara e Montesilvano ospitano un numero davvero rilevante di imprese. E’ questo il distretto più significativo (quello del Comune di Pescara) che fa gravitare

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una serie di comuni limitrofi (Città Sant’Angelo, Spoltore). L’altro distretto rilevante è quello collegato alla produzione agricola (che raggruppa i Comuni di Penne, Loreto Aprutino, Cappelle sul Tavo, Collecorvino, Pianella) nell’interno rispetto alla costa. Altro piccolo polo industriale è quello ad Ovest con i Comuni di Manoppello e Scafa (che possono essere considerati le propaggini ad Ovest del Mega-distretto dal lato di Chieti Scalo).

Il livello di specializzazione verso questo tipo di attività è piuttosto rilevante in alcuni dei comuni individuati.

Tabella 31-Unità locali di imprese della provincia di Pescara operanti nel settore industria della manifatture, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

3 Montesilvano 362 25,4%

4 Citta' Sant'Angelo 116 25,2%

8 Scafa 56 23,8%

9 Pianella 64 20,6%

12 Spoltore 149 19,0%

13 Cappelle sul Tavo 69 19,0%

18 Pescara 973 17,1%

30 Manoppello 60 13,3%

31 Loreto Aprutino 72 13,0%

33 Collecorvino 69 12,9%

39 Totale Provincia 2.715 10,5%

42 Cepagatti 139 9,6%

46 Penne 78 5,9%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Nei Comuni di Montesilvano e Città Sant’Angelo più di una unità locale su quattro opera nel settore delle manifatture. La specializzazione è forte, anche in considerazione della media della provincia (10,5%).

Il settore del commercio vede nella provincia di Pescara la presenza di 8.276 unità locali di imprese. Oltre la metà delle unità locali si trova nel Comune di Pescara.

La specializzazione è anche rilevante in alcuni comuni, ma il dato che emerge in maniera forte è la vocazione di tutta la provincia in questo settore. La media è infatti di circa un terzo, in alte parole una unità locale su tre opera nel settore commercio.

Tabella 32-Unità locali di imprese della provincia di Pescara, operanti nel settore commercio, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

2 Popoli 142 40,0%

4 Citta' Sant'Angelo 342 39,2%

7 Spoltore 419 37,7%

11 Montesilvano 1.162 36,4%

15 Cepagatti 234 34,7%

16 Pescara 4.199 34,6%

18 Totale Provincia 8.276 34,4%

24 Loreto Aprutino 160 32,7%

26 Penne 240 32,0%

29 Pianella 140 31,4%

30 Manoppello 103 30,6%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

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Il settore dei pubblici esercizi ospita, nella provincia, 1.256 unità locali di imprese. Un numero non particolarmente elevato.

Anche la specializzazione in questo settore non mostra valori di particolare rilievo, ad eccezione di Caramanico Terme, che beneficia, evidentemente, della presenza delle terme. Il livello medio provinciale di concentrazione delle unità locali operanti in questo settore è veramente basso (5.2%). Una sola attività su venti è operante nel settore pubblici esercizi. Particolarmente basso il valore di Pescara (3,9%) e Spoltore (3,4%).

Tabella 33-Unità locali di imprese della provincia di Pescara, operanti nel settore pubblici esercizi, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

2 Caramanico Terme 33 19,4%

19 Citta' Sant'Angelo 81 9,3%

26 Penne 53 7,1%

27 Loreto Aprutino 34 7,0%

30 Montesilvano 192 6,0%

35 Totale Provincia 1.256 5,2%

40 Cepagatti 33 4,9%

43 Pescara 467 3,9%

44 Spoltore 38 3,4%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Il settore dei servizi in genere registra un numero di unità locali pari a 7.823 complessivamente nella provincia. Il solo

Comune di Pescara accentra quasi 5 mila unità. Si tratta di un numero davvero importante che caratterizza il Comune, a grande vocazione per i servizi. I motivi sono molteplici: in primo luogo la presenza di numerose facoltà universitarie in tutta la regione e a Pescara in particolare, poi certamente il fattore connesso ai servizi in vario modo collegati alla città capoluogo di provincia e in ultima analisi le funzioni direttive connesse proprio al Mega-distretto di cui si accennava in precedenza.

La specializzazione appare molto marcata per questo settore e, oltre tutto, anche la vocazione in generale per la provincia appare confortata dai numeri. La media è quasi di una su 3, con valori che per Pescara sfiorano il 40%.

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Tabella 34-Unità locali di imprese della provincia di Pescara operanti nel settore servizi, per Comune, posizione e percentuale di concentrazione.

Posizione Comune Unita' Locali 2001 %

2 Pescara 4.767 39,3%

3 Totale Provincia 7.823 32,5%

5 Montesilvano 942 29,5%

7 Scafa 89 29,1%

9 Penne 211 28,1%

11 Manoppello 93 27,6%

12 Pianella 121 27,1%

14 Popoli 93 26,2%

16 Spoltore 290 26,1%

22 Loreto Aprutino 115 23,5%

28 Cepagatti 149 22,1%

30 Citta' Sant'Angelo 187 21,4%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Anche l’analisi condotta in termini di addetti e con il raffronto di vari periodi di riferimento pone in luce le peculiarità già emerse durante l’analisi delle unità locali.

Anche per la provincia di Pescara è necessario condurre l’analisi con il numero degli addetti e la loro variazione negli anni. Il settore delle manifatture per la provincia di Pescara, mostra una certa diffusione degli addetti nei comuni della provincia. Il comune che accentra maggiormente gli addetti è ovviamente Pescara, ma il valore percentuale non è particolarmente alto e anche gli altri comuni non concentrano gli addetti in maniera molto marcata. La tendenza rilevabile è di un marcato calo nel periodo ’91-’96 e di un incremento (di minore intensità rispetto al calo iniziale) nel periodo 1996-2001. Pescara e Montesilvano confermano, al contrario la tendenza negativa anche nel periodo 1996-2001, riducendo in maniera significativa il numero degli addetti.

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Tabella 35-Addetti di imprese della provincia di Pescara, operanti nel settore industria della manifatture, per Comune, Anni 1991 – 1996- 2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Pescara 5.534 5.012 - 4.382 - 24,0%

Montesilvano 1.962 1.623 - 1.488 - 8,1%

Cepagatti 922 792 - 1.145 + 6,3%

Citta' Sant'Angelo 808 677 - 966 + 5,3%

Spoltore 1.027 644 - 766 + 4,2%

Manoppello 852 945 + 715 - 3,9%

Pianella 883 930 + 710 - 3,9%

Collecorvino 667 547 - 596 + 3,3%

Loreto Aprutino 516 456 - 511 + 2,8%

Scafa 417 461 + 436 - 2,4%

Cappelle sul Tavo 479 403 - 390 - 2,1%

Totale Provincia 19.429 16.800 - 18.265 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

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Tabella 36-Addetti di imprese della provincia di Pescara, operanti nel settore commercio, per Comune, Anni 1991 – 1996- 2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Pescara 10.290 9.688 - 9.529 - 52,5%

Montesilvano 1.848 2.302 + 2.354 + 13,0%

Citta' Sant'Angelo 563 1.032 + 1.302 = 7,2%

Spoltore 675 785 + 782 - 4,3%

Cepagatti 777 1.637 + 699 - 3,8%

Penne 470 441 - 399 - 2,2%

Popoli 320 247 - 315 + 1,7%

Pianella 269 229 - 282 + 1,6%

Loreto Aprutino 327 254 - 276 + 1,5%

Manoppello 276 178 - 206 + 1,1%

Totale Provincia 18.314 18.753 + 18.163 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Nel settore del commercio il numero complessivo degli addetti era al 2001 pari a 18.163 unità. In questo settore gli addetti sono fortemente accentrati: il comune di Pescara, da solo, occupa il 52,5% del totale degli addetti. E’ tuttavia importante notare che il numero degli addetti di questo settore, dopo un iniziale aumento (’91-’96), ha registrato un calo più intenso. Il caso di Pescara, che riduce il numero degli addetti in tutti e due gli intervalli testimonia una probabile riorganizzazione del settore, provocata dall’apertura di numerosi centri commerciali, nessuno dei quali nel Comune. Montesilvano e Città Sant’Angelo, al contrario, godono degli effetti positivi della localizzazione, nel proprio comune, di alcuni centri della grande distribuzione.

Il settore dei pubblici esercizi al 2001 conta, per tutta la provincia, 4.013 addetti. Anche in questo caso il solo Comune di Pescara ne accentra una quota significativa (44,9%). Il grado di specializzazione del settore è veramente elevato, i primi tre comuni contano oltre il 70% degli addetti di tutta la provincia. Anche in termini di tendenze si registra un incremento più marcato proprio nei comuni con maggior numero di addetti. In questo caso, se la motivazione per i Comuni di Montesilvano e città Sant’Angelo è costituita dalla forte presenza di strutture alberghiere, per il Comune di Pescara si tratta più di un fervore legato ai servizi a vario titolo di ristorazione e similari, che di sviluppo di strutture ricettive (che al contrario, all’interno del comune appaiono sottodimensionate in numero e in capacità ricettiva).

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Tabella 37-Addetti di imprese della provincia di Pescara, operanti nel settore dei pubblici esercizi, per Comune. Anni 1991 – 1996- 2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Pescara 1.300 1.316 + 1.803 + 44,9%

Montesilvano 551 642 + 701 + 17,5%

Citta' Sant'Angelo 248 281 + 320 + 8,0%

Spoltore 93 81 - 126 + 3,1%

Loreto Aprutino 78 45 - 118 + 2,9%

Cepagatti 112 126 - 111 - 2,8%

Penne 107 88 - 104 + 2,6%

Caramanico Terme 91 68 - 80 + 2,0%

Totale Provincia 3.287 3.217 - 4.013 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

Il settore che maggiormente rappresenta la peculiarità dell’intero sistema economico della provincia è senza dubbio quello dei servizi in generale. Il grado di accentramento degli addetti è elevatissimo. Il numero complessivo degli addetti della provincia è pari a 22.422 unità al 2001, delle quali oltre il 67% opera nel Comune di Pescara. I primi tre comuni raggruppano oltre l’80% degli addetti complessivi. Le motivazioni sono già state ipotizzate, quello che risulta

interessante rilevare è la tendenza ad una specializzazione sempre più crescente (nei primi comuni) che porta ad incrementi anche molto significativi (+2.000 unità per Pescara e +1.000 per Montesilvano). E’ probabilmente il dato che testimonia la tendenza alla terziarizzazione dell’intera economia provinciale, già fortemente realizzata, e regionale, ancora in fase di completamento.

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Tabella 38-Addetti di imprese della provincia di Pescara operanti nel settore dei servizi, per Comune, Anni 1991 – 1996- 2001.

Comuni Addetti 1991 Addetti 1996 Tend. Addetti 2001 Tend. % Addetti 2001

Pescara 13.055 13.080 + 15.067 + 67,2%

Montesilvano 1.158 1.566 + 2.586 + 11,5%

Spoltore 314 568 + 668 + 3,0%

Citta' Sant'Angelo 280 416 + 545 + 2,4%

Penne 280 338 + 437 + 1,9%

Cepagatti 253 312 + 345 + 1,5%

Pianella 141 168 + 271 + 1,2%

Loreto Aprutino 131 217 + 218 + 1,0%

Popoli 150 192 + 198 + 0,9%

Manoppello 103 186 + 190 + 0,8%

Scafa 165 132 - 154 + 0,7%

Totale Provincia 17.470 18.605 + 22.422 + 100,0%

Fonte: Elaborazione su dati Istat (5° Censimento delle attività produttive)

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C.2.5. La produttività del lavoro

Per meglio comprendere le considerazioni espresse in precedenza, relative al mondo delle imprese, è opportuno servirsi di un dato estremamente significativo: la produttività del lavoro. Per misurare questo indicatore si utilizza il V.A. per ULA (valore aggiunto per unità di lavoro degli addetti). Anche per questo parametro possiamo individuare una serie di valori (1996-2001) su diversi livelli territoriali di analisi (regionale e provinciale).

La produttività del lavoro nella regione.

Il V.A. medio annuo per ULA della regione Abruzzo si attesta, al 2001, a 42.329,40 euro, contro il dato nazionale pari a 47.845,40. La produttività appare immediatamente minore rispetto al Sistema Paese. Il dato del 2001 può essere analizzato sia nel tempo sia disaggregandolo per i settori produttivi. Il dato risulta inferiore nell’ambito regionale in tutti i settori, ad esclusione di quello agricolo e della intermediazione finanziaria. Questo dato potrebbe però non misurare una maggiore efficienza di questo specifico settore, quanto piuttosto denotare un maggiore costo per questo tipo di servizi sostenuto da tutte le altre imprese. Il dato andrebbe confrontato con il costo medio del credito, ad esempio, con le percentuali di sofferenze, ecc. Il dato relativo all’agricoltura sarebbe da correlare con due differenti

fenomeni. In primo luogo lo sviluppo dei consorzi e degli altri sistemi di tutela dei prodotti tipici (si pensi all’enorme successo riportato dai vini DOC abruzzesi in numerose manifestazioni nazionali e non). L’altro fenomeno è invece da correlare al valore medio italiano della produttività agricola. In altre parole molte altre regioni non si sono dotate degli stessi strumenti di tutela e il V.A. realizzato nel settore agricolo risulta particolarmente basso per queste regioni. Infatti il sorpasso nella produttività del lavoro agricolo si realizza per un incremento molto marcato nel 1997 in regione (da 18,7 mila a 21,2) e molto meno intenso a livello nazionale (da 19,2 a 19,9). Nel 2001, infine, la produttività del lavoro in agricoltura segna un arretramento in Abruzzo (da 25,4 mila a 24,9), nello stesso periodo a livello nazionale si realizza un incremento (da 22,2 a 22,8). La produttività del settore industriale mostra una debolezza a livello regionale che tuttavia rimane più o meno costantemente inferiore al dato nazionale per lo stesso divario. In periodi di aumento di produttività il divario costante misura una diminuzione in termini percentuali. In realtà la produttività di questo settore pare in recupero a livello regionale. Il settore costruzioni misura una produttività del lavoro decisamente scarsa e anche la tendenza negli anni non mostra un significativo aumento. A livello nazionale il dato iniziale, già maggiore, registra incrementi negli anni e il divario al 2001 è quasi del 50%. Un’ora di lavoro nel settore delle costruzioni a livello

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nazionale produce il V.A. prodotto da 1,5 ore di lavoro in ambito regionale. La produttività del settore commercio risulta inferiore in ambito regionale, tanto nel 1996 quanto nel 2001. Il dato del 2001 mostra addirittura un divario maggiore in termini assoluti e percentuali, a vantaggio del dato nazionale. Del dato dei servizi finanziari si è già detto e si ricorda che il divario tende a diminuire in termini assoluti e percentuali, portando il dato nazionale sempre più vicino a quello regionale. La produttività degli altri servizi è quasi in linea: risulta di poco minore in regione e i livelli di crescita sono del tutto simili, tanto che al 2001 il divario resta, in termini percentuali, del tutto simile al divario del 1996 (cfr. Tabella 39).

In sintesi si rileva:

o V.A. per ULA regionale inferiore alla media nazionale, nel corso degli anni e nel 2001;

o Settori Agricolo e Servizi finanziari nei quali il V.A. è maggiore, per la regione, rispetto al dato nazionale;

o Il settore costruzione molto debole per produttività;

o Altri settori significativamente caratterizzati da produttività inferiore nella regione, ma in misura minore.

o Tendenza ad un generale aumento della produttività e in particole nei settori già caratterizzati da valori

elevati e tendenza alla crescita molto più lenta per gli altri.

La produttività del lavoro in provincia di Chieti.

Nella Provincia di Chieti, il V.A. per ULA al 2001 è pari a 41.448,50 euro, dato inferiore alla media regionale. Nel complesso la situazione della provincia mostra le stesse peculiarità della regione, accentuate quanto ad intensità. Così, ad esempio il settore agricolo mostra una produttività maggiore rispetto agli altri due ambiti di riferimento (Regione e Sistema Italia). I settori industria e costruzioni denotano una produttività inferiore alla media regionale (già a sua volta molto inferiore al dato nazionale). Il settore del commercio e dei pubblici esercizi mostra una tendenza di crescita maggiore rispetto al dato regionale (e al 2001 il valore provinciale supera la media abruzzese), ma non consente di recuperare in maniera significativa sul valore nazionale (37 mila per Chieti, 42,6 mila per l’Italia). Il valore del settore dei servizi in generale appare in linea con il dato regionale, così pure le sue variazioni. Discorso a parte per il settore dei servizi finanziari che al 2001 ottengono un valore veramente significativo (oltre 107,6 mila contro 101,2 regionale e 96,1 nazionale). Il dato al 2001 si ottiene attraverso variazioni altalenanti nel corso degli anni ed il calore iniziale al 1996 è inferiore alla media regionale, per superarla nel 1999, registrando un calo nel 2000, che lo

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porta al di sotto della media regionale in quell’anno, per registrare un’impennata nel 2001 (107,6 contro 101,3 mila

dell’anno precedente).

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Tabella 39-V.A. per ULA Provincia di Chieti, Regione Abruzzo, Italia, per settori economici - Anni 1996 - 2001.

Industria Servizi

Agr

icol

tura

, silv

icol

tura

e

pesc

a

Indu

stri

a in

sen

so

stre

tto

Cos

tru

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endi

tori

ali

Alt

re a

ttiv

ità

di

serv

izi

Tota

le s

ervi

zi Valore

aggiunto ai prezzi base

(al lordo SIFIM)

Provincia Chieti

1996 21.635,80 38.893,40 20.551,20 34.168,40 32.804,00 96.508,80 28.765,20 40.085,60 36.151,70

1997 24.021,90 38.432,70 21.585,70 33.886,30 32.973,00 92.165,40 29.300,90 40.344,00 36.624,50

1998 24.976,90 37.612,10 20.947,40 33.430,20 34.014,30 96.754,10 30.011,60 41.678,50 37.252,40

1999 24.821,70 38.835,00 21.801,60 34.845,70 34.976,00 104.898,30 30.964,90 43.639,80 38.739,90

2000 25.948,30 40.433,10 21.623,10 36.150,60 37.571,00 101.305,30 32.682,20 45.514,30 40.527,20

2001 25.235,80 40.667,50 20.600,00 36.098,40 37.019,20 107.627,90 35.578,20 47.368,50 41.448,50

Regione

1996 18.674,00 38.100,90 21.060,90 33.240,50 33.301,00 99.158,20 29.988,10 40.365,80 36.293,00

1997 21.274,90 38.735,80 22.074,80 33.978,70 34.295,10 96.642,10 31.106,30 41.477,50 37.489,70

1998 22.808,60 39.535,50 22.102,20 34.739,60 34.117,60 97.180,20 32.075,50 42.113,10 38.284,50

1999 22.954,30 41.559,90 23.276,70 36.531,40 35.146,30 103.573,90 32.691,70 43.766,50 39.885,90

2000 25.352,60 45.491,50 22.705,20 39.025,10 35.953,80 102.139,20 33.968,50 44.809,10 41.678,40

2001 24.861,90 46.741,00 21.672,30 39.207,70 36.334,60 101.164,50 35.775,80 45.819,70 42.329,40

Nazione

1996 19.184,50 42.931,90 31.928,40 40.465,90 37.555,20 89.383,50 30.153,60 43.546,00 40.963,80

1997 19.866,40 44.096,50 31.494,40 41.241,40 38.545,70 90.068,40 31.933,50 45.189,70 42.338,20

1998 20.652,90 45.059,10 32.070,50 42.199,70 39.871,40 90.883,60 32.675,20 46.415,10 43.535,70

1999 22.081,90 45.635,40 32.344,10 42.643,00 40.143,50 91.684,30 33.572,30 47.328,70 44.447,40

2000 22.166,10 47.578,00 33.104,10 44.245,30 41.366,70 94.164,80 34.776,30 49.102,90 46.143,40

2001 22.774,30 50.067,40 33.821,30 46.171,20 42.631,20 96.102,10 36.370,90 50.754,20 47.845,40

Fonte: Elaborazioni su dati Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne

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In sintesi:

o V.A. per ULA provinciale inferiore alla media regionale, nel corso degli anni e nel 2001;

o Settori Agricolo nel quale il V.A. è maggiore per la provincia, rispetto al dato regionale;

o Il settore costruzione si mostra molto debole per produttività;

o Il settore industriale registra negli anni un decremento sino a portarsi a livelli inferiori alla media regionale e piuttosto bassi in correlazione al dato nazionale;

o Il settore dei servizi finanziari caratterizzato da livello di V.A. per ULA molto elevato e con tendenze ad incrementi incostanti (a “strappi”) e molto significativi (quando si realizzano);

o Altri settori caratterizzati da produttività inferiore rispetto alla regione, e ancor più rispetto al dato nazionale.

o Tendenza ad un generale aumento della produttività e in particolare nei settori già caratterizzati da valori elevati e tendenza alla crescita più lenta per gli altri.

La produttività del lavoro in provincia di Pescara.

IL dato nella provincia di Pescara mostra peculiarità molto marcate rispetto alla media regionale. Il V.A. per ULA prodotto al 2001 è di 46.632,30, maggiore rispetto all’ambito regionale e quasi in linea con la rilevazione nazionale.

Ci si trova probabilmente al limite della produttività per addetto, per cui ogni aumento degli addetti tende a far diminuire la produttività. Il calo generato tende ad disincentivare gli accessi degli addetti e la produttività aumenta di nuovo, alimentando continui aggiustamenti. Anche il dato in assoluto, inferiore alla media nazionale, tende a confermare la tesi di una forte competizione tra gli operatori del settore. Il settore dei servizi in generale appare del tutto in linea con il dato regionale, sia per il valore al 2001 sia per la tendenza di crescita.

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Tabella 40-V.A. per ULA Provincia di Pescara, Regione Abruzzo, Italia, per settori economici - Anni 1996 - 2001.

Industria Servizi

Agr

icol

tura

, si

lvic

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pes

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Indu

stri

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sen

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stre

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vità

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impr

endi

tori

ali

Alt

re a

ttiv

ità

di

serv

izi

Tota

le s

ervi

zi

Valore aggiunto ai prezzi

base (al lordo SIFIM)

Provincia Pescara

1996 19.067,60 42.055,90 20.510,60 34.641,00 35.624,20 92.257,40 29.266,90 40.668,50 37.689,60

1997 19.797,10 44.658,80 20.651,20 36.597,70 37.479,10 91.038,10 31.131,80 42.738,80 39.695,30

1998 23.060,60 46.337,10 22.146,30 38.707,70 36.480,10 90.142,90 31.815,70 42.822,40 40.578,40

1999 22.733,30 50.719,10 25.389,60 43.066,70 37.194,40 94.794,60 32.132,70 43.991,80 42.546,40

2000 27.520,80 57.005,60 25.373,60 46.344,40 38.966,40 96.322,00 33.671,10 45.951,50 45.216,80

2001 30.000,00 55.508,00 25.242,70 44.762,10 43.446,40 91.945,70 35.357,40 48.311,90 46.632,30

Regione

1996 18.674,00 38.100,90 21.060,90 33.240,50 33.301,00 99.158,20 29.988,10 40.365,80 36.293,00

1997 21.274,90 38.735,80 22.074,80 33.978,70 34.295,10 96.642,10 31.106,30 41.477,50 37.489,70

1998 22.808,60 39.535,50 22.102,20 34.739,60 34.117,60 97.180,20 32.075,50 42.113,10 38.284,50

1999 22.954,30 41.559,90 23.276,70 36.531,40 35.146,30 103.573,90 32.691,70 43.766,50 39.885,90

2000 25.352,60 45.491,50 22.705,20 39.025,10 35.953,80 102.139,20 33.968,50 44.809,10 41.678,40

2001 24.861,90 46.741,00 21.672,30 39.207,70 36.334,60 101.164,50 35.775,80 45.819,70 42.329,40

Nazione

1996 19.184,50 42.931,90 31.928,40 40.465,90 37.555,20 89.383,50 30.153,60 43.546,00 40.963,80

1997 19.866,40 44.096,50 31.494,40 41.241,40 38.545,70 90.068,40 31.933,50 45.189,70 42.338,20

1998 20.652,90 45.059,10 32.070,50 42.199,70 39.871,40 90.883,60 32.675,20 46.415,10 43.535,70

1999 22.081,90 45.635,40 32.344,10 42.643,00 40.143,50 91.684,30 33.572,30 47.328,70 44.447,40

2000 22.166,10 47.578,00 33.104,10 44.245,30 41.366,70 94.164,80 34.776,30 49.102,90 46.143,40

2001 22.774,30 50.067,40 33.821,30 46.171,20 42.631,20 96.102,10 36.370,90 50.754,20 47.845,40

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Fonte: Elaborazioni su dati Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne

In sintesi si rileva:

o V.A. per ULA provinciale piuttosto elevato e maggiore rispetto alla media regionale;

o Settore Agricolo nel quale il V.A. è maggiore per la provincia, rispetto al dato regionale;

o Il settore costruzione si mostra piuttosto debole per produttività, ma superiore alla media regionale;

o Il settore industriale mostra valori superiori ai dati regionali e alla rilevazione nazionale, anche se nell’ultimo anno si è verificato un calo;

o Il settore del commercio stabilmente superiore rispetto alla media regionale, con impennata della produttività nell’ultimo anno;

o Il settore dei servizi finanziari caratterizzato da livelli bassi di V.A. per ULA e con tendenze in decremento (ma incostanti);

o Altri servizi caratterizzati da produttività del tutto in linea con la media regionale.

C.2.6. Il mercato del lavoro in provincia di Chieti.

L’ultima indagine sulla condizione socio-economica della provincia può essere sviluppata sulla base dei dati desunti

dal mercato del lavoro. Si tratta di un importante complemento a tutti i ragionamenti svolti sul valore aggiunto, per verificare in che modo la popolazione presente partecipi alla ricchezza generale prodotta dall’economia provinciale.

La popolazione di età superiore ai 15 anni al 2003 era di 333.302 unità, solo 144.245 risultavano occupati (il 43,3%, contro il 43,7% regionale). Ma tale dato assume un altro rilievo se si considera che in cerca di occupazione era solo il 2,1% (6.844 unità), contro il 2,5% del dato regionale. Le “Forze di lavoro” risultavano in provincia meno consistenti che in regione 45,3%, rispetto al 46,2%. In sostanza gli occupati non sono molto numerosi, perché molti non partecipano alla ricerca del lavoro. In termini di settori produttivi, spicca il dato dell’agricoltura che occupa l’8,3% del totale (il dato regionale è del 5,8%), dato che spiega anche la scarsa produttività del settore nella provincia. Il dato dell’industria (34,9%) è elevato (in regione il 30,8%), a contrarre ulteriormente la quota dedita ai servizi (56,7%, contro il 63,3% abruzzese). In termini di classi di età, il 60,2% degli appartenenti alla classe 25-29 è occupato (il dato regionale è superiore: 62%), ma dai 30 ai 64 anni il tasso aumenta sino al 64,4% (contro il 64,1% regionale). Il dato conferma una tendenza alla difficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro per le classi di età inferiore e una buona percentuale per quelle già inserite nel mondo del

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lavoro. In termini di tendenze è importante verificare che la percentuale degli occupati sia maggiore, in confronto con il 1995 (cfr tabelle in allegato).

C.2.7. Il mercato del lavoro in provincia di Pescara

La popolazione di età superiore ai 15 anni al 2003 era di 251.805 unità, di cui 115.609 risultavano occupati (il 45,9%, contro il 43,7% regionale). Tale dato viene alimentato anche dalle persone in cerca di occupazione il 3,0% (7.594 unità), contro il 2,5% del dato regionale. Le “Forze di lavoro” risultavano in provincia molto più consistenti che in regione 48,9%, rispetto al 46,2% (in linea con il dato nazionale 49,1%). In termini di settori produttivi, il dato dell’agricoltura è mediamente consistente: il 6,1% del totale (il dato regionale è del 5,8%). Il dato dell’industria è poco elevato 28,6% (in regione il 30,8%). Il settore più significativo è quello dei servizi (il 65,4%, contro il 63,3% abruzzese). In termini di classi di età, il 69,2% degli appartenenti alla classe 25-29 è occupato (il dato regionale è 62%), anche dai 30 ai 64 anni il tasso è consistente al 63,2% (contro il 64,1% regionale). Il dato conferma una buona capacità del mondo del lavoro ad accogliere le nuove forze e una buona percentuale di permanenza nel mondo del lavoro per quelle già occupate. La tendenza che si rileva mostra la percentuale degli occupati significativamente

maggiore, in confronto con il 1995 (45,9% al 2003 e 40,7% al 1995) (cfr tabelle in allegato).

C.2.8. Il turismo

Nella presente sezione dello studio si analizzerà l’andamento del settore turismo, focalizzando maggiormente l’attenzione sulla serie storica di dati dall’anno 1998 al 2001 (periodo per il quale i dati disponibili risultano coerenti).

Per ogni anno verranno evidenziate le variazioni più rilevanti, intercorse rispetto al precedente, il tutto basandosi su una analisi di tipo territoriale che, partendo dalla situazione italiana, sarà dettagliata a livello regionale, per poi raggiungere l’oggetto principale dello studio, ossia il Comune di Ortona.

Si richiede un approccio di questo tipo per la scarsezza dei dati relativi al comune di riferimento e per il vantaggio dato dalla possibilità di effettuare confronti e rilievi a contrario, ossia spiegando alcuni trend comunali in ragione di influenze e caratteristiche a livelli superiori di analisi.

Solo per il Comune di Ortona l’analisi si baserà anche su dati attuali (anno 2005) ottenuti tramite ricerca presso l’IAT comunale, elaborati e confrontati con la serie storica di riferimento.

L’analisi è organizzata secondo due linee direttrici:

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o l’offerta ricettiva, basata su indicatori di tipo strutturale (capacità degli esercizi alberghieri) segmentati per categoria (n° di stella) e per dimensione (n° di camere e n° di posti letto) per ogni anno, in termini assoluti e nella variazione infrannuale (delta);

o i flussi turistici (domanda) con l’utilizzo di dati relativi agli arrivi (cioè il numero di volte in cui un cliente prende alloggio presso la struttura) e alle presenze (cioè il numero di nottate trascorse dai clienti presso i differenti tipi di alloggio).

A partire da tali indicatori sono stati calcolati ulteriori rapporti derivati, quali la permanenza media (numero di presenze rispetto al numero di arrivi), che rappresenta il numero di notti in cui, in media, ciascun cliente pernotta nelle strutture, in un arco di tempo di riferimento.

Per il Comune di Ortona ci si è spinti al calcolo di indici di utilizzazione media teorici5 e reali6.

5 L’indice di utilizzazione media teorico è costituito dal rapporto tra le presenze registrate negli esercizi (P) e la disponibilità di camere o letti totale (C o L) su 365 giorni. In termini formali: I' = P/(C o L *365) 6 L’indice di utilizzazione media reale è costituito dal rapporto tra le presenze registrate negli esercizi (P) e la disponibilità di camere o letti totale (C o L) sui giorni reali di apertura degli esercizi (X). In termini formali: I'' = P/(C o L*X)

Attraverso gli indici di utilizzazione degli esercizi alberghieri è possibile analizzare il rapporto delle presenze rispetto alle camere o posti letto disponibili e complessivi.

Infine verranno considerati e analizzati indicatori economici significativi (fatturato, addetti, valore aggiunto) del settore turistico ricettivo e dal lato della domanda indicatori di spesa turistica, seguendo la stessa impostazione, di tipo territoriale, utilizzata per i dati strutturali e di flusso.

Il Sistema Turistico Italiano

La congiuntura favorevole, iniziata nel 1998, prosegue ininterrottamente fino al 2001, con 81.000.584 di arrivi nelle strutture ricettive e 349.128.000 pernottamenti.

Evento fondamentale e di spicco, nel periodo considerato, è stato il Giubileo, opportunità unica di promozione del paese, con positive ricadute anche sull’Abruzzo, della quale si potrà beneficiare negli anni futuri. I dati e le previsioni sono rilevanti: complessivamente si è verificato un aumento dell’afflusso dei turisti, in particolare nel Nord-Est e nelle regioni del Centro Italia e una crescita del 22,3% negli arrivi. Il 2000 è stato un anno record per il turismo italiano con 227 milioni di presenze negli alberghi – sette milioni in più rispetto al ’99 – e un incremento complessivo del 5,6% per le presenze straniere e del 4,3% per le italiane.

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Rispetto all’anno precedente, nel 2001 si registra una crescita più contenuta (+1,5% negli arrivi e +3% nelle presenze). Da notare come l’effetto riflusso, dopo l’anno Santo, non abbia fatto segnalare valori negativi. Il fatto che il sistema turistico italiano abbia consolidato gli incrementi del 2000 è ancora più rilevante se si considera che la fine dell’anno è stata travolta dall’evento terroristico delle twin tower. I lievi aumenti complessivi riguardano sia il flusso italiano sia quello straniero, con una crescita negli arrivi per la clientela italiana di +1,9% e di +2,0% per quella estera, mentre le presenze mostrano un incremento più sostenuto per gli stranieri (+4,0%) rispetto agli italiani (+2,4%). L’industria alberghiera è pertanto riuscita a consolidare i risultati ottenuti nell’anno Giubilare.

L’analisi per ripartizione geografica mostra però una tendenza al recupero maggiore nel Mezzogiorno rispetto alle altre regioni (+3,5% di arrivi e + 4,3% di presenze), emergendo un andamento peggiore nel centro Italia (-1,3% da arrivi e + 1,3% di presenze). Il calo viene giustificato con l’esaurirsi dell’attrattiva giubilare. Diminuite le vacanze per motivi religiosi, tra le vacanze di piacere e svago quelle al mare sono state le più frequenti (45,8%), seguite dalla montagna (18,6%), dal giro turistico (12,8%) e dalla visita a città e località d’arte (10,1%).

Il mare è stato preferito per le vacanze di lunga durata (56,9%), mentre sono state per lo più di breve durata le

vacanze di montagna (22%), i giri turistici (16,4%) e le visite a città e località d’arte (15,4%).

E’ interessante analizzare, a livello nazionale, un problema particolare che riguarda il nostro sistema turistico, ossia quello delle case e appartamenti per vacanze non classificati.

Le considerazioni qui svolte rimangono valide anche a livello regionale.

Case e appartamenti dati in affitto da privati come anche le seconde case, non essendoci l’obbligo dell’iscrizione al REC (Registro Esercenti il Commercio), rappresentano il cd. “sommerso” nel campo della rilevazione statistica, in quanto difficilmente censibili. La questione ha un peso notevole nel dimensionamento del fenomeno, infatti nel VII Rapporto sul turismo italiano, a pag. 72 al punto 9.2. , facendo riferimento alle strutture di cui stiamo parlando si afferma che “il movimento turistico vacanziero complessivo può essere stimato tre volte più grande di quello che appare dai dati ufficialmente raccolti.” A partire dal 1990 l’ISTAT ha definitivamente escluso l’indicazione del flusso relativo e la Regione Abruzzo vi si è adeguata nel 1997. A livello regionale si stima che il fenomeno sia pari a circa il 75% dell’intero movimento. Si spera che la recente regolamentazione delle attività di bed & breakfast dia un contributo nella soluzione della problematica.7

7 Fonte: ISTAT – “Viaggi in Italia e all’estero nel 2001”

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Tabella 41 -Strutture utilizzate dagli Italiani in composizione - Italia

1998 1999 2000 2001

Strutture ricettive % 46,9 48,5 47,4 51

Alloggi privati % 53,1 51,5 52,6 49

Totale 100 100 100 100

Fonte: ISTAT "I viaggi all'estero e in Italia nel 2001"

Tabella 42 - Motivo della vacanza Strutture utilizzate dagli Italiani - Italia

1998 1999 2000 2001

Piacere, svago 54.218 53.187 52.181 54.466

Visita a parenti o amici 21.481 18.709 19.589 18.070

Motivi religiosi, pellegrinaggio 1.233 1.127 2.281 1.249

Trattamenti di salute, cure, terme 1.685 1.649 1.620 1.346

Non sa o non risponde 528 758 561 135

Totale 79.145 75.430 76.232 75.266

Fonte: ISTAT "I viaggi all'estero e in Italia nel 2001"

Il Sistema Turistico Abruzzese

Il sistema turistico abruzzese costituisce un comparto economico di sicuro interesse, con un saldo positivo nella

spesa turistica, che si attesta intorno ai 400 milioni di euro correnti. Anche i valori rilevati negli anni ’95-’96 sul Valore Aggiunto generato dal settore mostrano indicatori che collocano la realtà abruzzese fuori dal Mezzogiorno e pienamente in media con i dati nazionali. In particolare si rileva un V.A. per 1000 abitanti pari a quasi 300 milioni di lire ed un V.A. per addetto pari a quasi 60 milioni di lire, nel ’96.

Tabella 43 – Bilancia commerciale turistica regione Abruzzo. Anni 1998, 2001. Milioni di euro correnti

1998 2001

Spesa degli stranieri (1) 211 240

Spesa all'estero (2) 230 313

Spesa nella regione di residenza (3) 484 636

Spesa degli altri italiani (4) 751 862

Spesa nelle altre regioni (5) 311 404

Saldo (1+4) - (2+5) 421 386

Fonte: elaborazione IRPET, in “Nono rapporto sul turismo italiano. 2000.” “Rapporto sul turismo italiano, undicesima edizione. 2002”, Mercury srl, Turistica, Firenze, 2000 e 2002.

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Tabella 44 – l’economia turisti regione Abruzzo, Mezzogiorno, Italia. Anni 1995, 1996. Milioni di lire.

Abruzzo Mezzogiorno Italia

1995 1996 1995 1996 1995 1996

Valore aggiunto settore 305.309 363.378 2.457.232 2.983.368 17.041.373 16.996.983

Valore aggiunto per 1000 residenti 239,7 284,5 117,4 142,7 296,6 295

Valore aggiunto per addetto 64,4 69,2 59,2 69,3 71,7 75,6

Valore aggiunto per unità locale 60,9 59,5 47,7 54,3 27,4 26,3

Addetti 4.744 5.251 41.491 43.077 273.813 224.805

Unità locali 5.016 6.110 51.464 54.913 621.852 646.524

Fonte: elaborazione IRPET, in “Nono rapporto sul turismo italiano. 2000.”, Mercury srl, Turistica, Firenze, 2000.

Punti di forza e di debolezza

Nell’analizzare il comparto turistico abruzzese è opportuno rilevare, in premessa, i maggiori punti di forza e debolezza del sistema indagato.

Passiamo così ad analizzare i principali “nodi” interni ed esterni che condizionano la macro-competitività della regione Abruzzo.

Il primo nodo da sciogliere è la bassa conoscenza, e quindi la bassa attrattività, della regione turistica.

L’immagine regionale è fortemente associata al concetto di parco, relegando ad un ruolo ancellare gli altri prodotti e le altre risorse turistiche di cui la regione dispone (risorse artistiche, religiose, culturali).

Il secondo nodo riguarda la costruzione dell’immagine della regione, decisamente spostata sull’entroterra (parchi,

montagna), e non concentrata sull’offerta turistica dominante sulla costa che, ad oggi, concentra oltre un terzo della capacità ricettiva alberghiera e oltre il 40% delle presenze turistiche della regione.

Il disequilibrio andrebbe eliminato posizionando e promuovendo le risorse costiere e favorendo strategie di fruizione del territorio che privilegino il movimento, sfruttando per quanto possibile la capacità ricettiva dove esiste e non è ancora ottimizzata (la costa).

Altro nodo da sciogliere riguarda lo sviluppo turistico fortemente polarizzato, ossia l’offerta turistica abruzzese è fortemente dipendente dal modello di accessibilità della domanda, e difatti la dinamica della domanda risulta in crescita a ridosso delle “porte di accesso” della regione: costa teramana rispetto alla direttrice proveniente dal nord;

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PNA (Parco Nazionale d’Abruzzo) e altipiano delle Rocche per la direttrice proveniente da Roma.

In pratica la domanda segue le direttrici principali e si ferma alle porte di accesso o in aree specifiche. Il risultato è che il resto del territorio non beneficia della crescita.

Altro nodo riguarda la bassa quota di stranieri in Abruzzo che denota la ridotta capacità competitiva sui mercati esteri. Nel complesso il settore mostra gravi elementi di debolezza, che appaiono con maggior rilievo se si considera il turismo in Abruzzo in comparazione con i suoi maggiori competitors: la riviera adriatica-veneta-emiliano-romagnola e dall’altro lato dell’adriatico la costa croata, due modelli probabilmente esaustivi dell’offerta balneare e in grado di fornire soluzioni valide dal punto di vista dei servizi e dei fattori ambientali.

Ultimo, ma non meno importante, nodo è rappresentato dal problema della concentrazione stagionale della domanda, soprattutto quella sulla costa. Problema che deriva dalla bassa propensione o abitudine dell’offerta ad essere operativa nel fuori stagione. L’approccio seguito in molte strutture è quello di massimizzare i ricavi (agendo di conseguenza sul prezzo) minimizzando i costi con la riduzione del periodo di operatività. Si sono infatti verificati casi di strutture che chiudono quando il tasso di occupazione scende sotto soglie ritenute non più convenienti.

La capacità di risolvere questi problemi, agendo in modo da potenziare il sistema di offerta abruzzese, potrebbe

trasformare il settore turismo in elemento trainante per lo sviluppo dell’economia regionale.

Fra i punti di forza annoveriamo sicuramente:

o Accessibilità: l’Abruzzo è uno snodo importante della viabilità italiana, collegamento tra la direttrice centro-sud adriatica e quella tirrenica. La facile accessibilità da Roma e Napoli ha fatto crescere il turismo di prossimità e l’inserimento dell’Abruzzo in soggiorni e giri turistici che toccano tappe di grande rilevanza. L’accessibilità via mare trova uno snodo potenziale nel porto turistico di Pescara. I porti turistici regionali sono di servizio alla nautica costiera locale.

o Qualità della vita diffusa (risorse enogastronomiche): esiste una grande tradizione culinaria che poggia su diversi elementi (fabbriche di pasta leader in Italia e all’estero, produzione vinicola, olio, dolci). E’ stata da poco istituita la “ Strada del vino d’Abruzzo”, composta da sei itinerari enoturistici nelle cantine e aziende agricole della regione.

L’Abruzzo basa le sue capacità attrattive su un fattore distintivo rispetto alle altre regioni del centro-sud Italia, ossia quello di essere una realtà fortemente bipolarizzata, tra area montana e area costiera. L’attività turistica si fonda infatti sia sul turismo balneare che su quello montano (estivo e invernale), potendo contare su risorse turistiche specifiche pregiate:

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o aree costiere: circa 130 km di costa in prevalenza pianeggiante e sabbiosa; alcuni tratti rocciosi e piccole baie tra Ortona e Fossacesia.

o aree montane: una vasta porzione del territorio è a carattere collinare e montuoso, con la presenza di alte vette. La superficie del territorio che supera i 1.500 m di altitudine comprende tra gli altri il Gran Sasso e i monti del Parco Nazionale d’Abruzzo.

L’attrattiva turistica si è notevolmente ampliata con l’istituzione di aree parco e riserve naturali, confermando il vantaggio di localizzazione e la qualità delle risorse di cui gode la regione.

o Parchi e riserve naturali: esistono tre nuove aree protette (i Parchi Nazionali gran Sasso Laga e Maiella-Morrone e il Parco Naturale Regionale Sirente Velino) oltre a moltissime oasi e riserve naturalistiche e alcune riserve marine.

o Elementi naturali di interesse turistico: i laghi abruzzesi di Scanno, Bomba, Campotosto, Barrea, risorse attrattive complementari (generatori non autonomi di flussi turistici).

Il patrimonio della regione è di buon livello anche dal lato dell’offerta culturale, che fa da supporto e complemento a turisti che trascorrono vacanze in montagna o al mare.

o Centri storico-culturali: L’Aquila e le numerose rocche e castelli che al circondano, Sulmona, Scanno, Pescocostanzo, Chieti, Vasto, Lanciano con caratteristici centri storici, piazze e palazzi d’epoca.

o Siti storico-archeologici: resti dell’anfiteatro di Amiternum, le rovine di Peltinium, di Alba Fucens e di Rocca Calascio, i resti archeologici a Chieti, Vasto, Campovalano, i tolos e gli eremi celestiniani in tutto il territorio regionale.

o Principali strutture museali: sono presenti numerosi musei su tutto il territorio regionale, tra i più importanti vanno ricordati il Museo Paleolitico di Chieti, il Museo nel Castello dell’Aquila,il museo archeologico a Campli.

o Risorse religiose: santuari, eremi e manifestazioni di carattere religioso in diversi angoli della regione. Di particolare rilevanza sono il Santuario di S. Gabriele e il Miracolo Eucaristico di Lanciano, entrambi sulla direttrice adriatica tra Loreto e S. Giovanni Rotondo, importanti mete per il turismo religioso.

Domanda/Offerta 1998-2001

Il movimento turistico in Abruzzo, nel corso del 1998, ha evidenziato una ripresa consistente dopo una tendenza al

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rallentamento degli anni precedenti, che faceva pensare ad un periodo di relativa stagnazione.

Si ritiene opportuno proporre una serie storica dei dati registrati nel periodo 1998-2001 per strutture di tipo alberghiero. Per questa tipologia di struttura, a differenza di quella extra-alberghiera, le rilevazioni sono omogenee e quindi confrontabili negli anni.

L’analisi dei flussi turistici ha focalizzato l’attenzione sulla provenienza dei turisti, considerandone gli arrivi e le

presenze per anno, oltre ai valori assoluti totali. Il flusso turistico verso l’Abruzzo rimane ancora di nazionalità italiana. Gli stranieri rappresentano poco più dell’11% del totale degli arrivi e il 12% del totale delle presenze. La componente estera, che è andata via via recuperando su quella italiana, non ha ancora raggiunto una soglia soddisfacente, tale da consentire lo svincolo del turismo abruzzese dalle vicende economiche nazionali.

Tabella 45 -Domanda di strutture alberghiere (arrivi e presenze) per anno e per provenienza

1998 1999 2000 2001

arrivi presenze arrivi presenze arrivi presenze arrivi presenze

Italiani 853.897 3.456.217 903.201 3.558.469 949.045 3.740.041 1.007.011 4.081.076

% su totale 89 87 90 88 89 87 88 87

Stranieri 100.319 504.459 105.783 502.029 120.730 558.408 134.679 621.883

% su totale 11 13 10 12 11 13 12 13

TOTALE 954.316 3.960.776 1.009.084 4.060.598 1.069.875 4.298.549 1.141.790 4.703.059

Fonte Dati: Regione Abruzzo - Servizio Informazione Statistica - Settore Turistico

In generale si è assistito a un incremento di arrivi nell’intera regione, in linea con quanto registrato a livello nazionale. Hanno contribuito a determinare questo trend positivo la campagna promozionale messa in atto dalla Regione Abruzzo nonché le buone condizioni climatiche registrate nel corso dell’anno (periodo invernale caratterizzato da abbondanti nevicate e periodo estivo particolarmente caldo e

soleggiato). Per quanto riguarda l’offerta ricettiva regionale, di cui si analizza quella delle strutture alberghiere, suddivise per categoria (n° di stella), appare evidente dal 1998 al 2001 la tendenza ad una riqualificazione dell’offerta turistica. Infatti, a fronte di un incremento non rilevante nel numero complessivo delle strutture, sono diminuiti gli esercizi classificati ad una e due stelle in favore delle strutture a

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quattro e cinque stelle. C’è però da considerare che la tipologia di struttura più numerosa resta ancora quella a tre

stelle. Sotto l’aspetto quantitativo si registra un incremento di posti letto e camere, superiore a quello delle strutture.

Tabella 46 -Offerta di strutture alberghiere (n ° esercizi, camere, posti letto) per anno e per n ° di stella

1998 1999

Categoria esercizi camere letti esercizi camere letti

1 stella 179 2.297 4.258 181 2.341 4.329

2 stelle 188 3.854 7.208 177 3.468 6.645

3 stelle 338 13.380 25.682 347 13.794 26.933

4 stelle 56 3.604 7.208 58 3.820 7.767

5 stelle 2 176 352 3 193 386

TOTALE 763 23.311 44.708 766 23.616 46.060

2000 2001

Categoria esercizi camere letti esercizi camere letti

1 stella 173 2.256 4.137 159 1.969 3.628

2 stelle 168 3.312 6.358 159 2.972 5.672

3 stelle 352 13.589 26.249 373 13.925 27.186

4 stelle 60 3.716 7.423 66 4.043 8.187

5 stelle 3 193 386 3 193 386

TOTALE 756 23.066 44.553 760 23.102 45.059

Fonte Dati: Regione Abruzzo - Servizio Informazione Statistica - Settore Turistico

Questo fenomeno è il risultato della politica di riqualificazione portata avanti dall’Amministrazione regionale negli anni considerati.

Dal punto di vista della domanda quasi l’intero flusso turistico regionale viene assorbito dalla fascia costiera, nei

periodi estivi. L’andamento riscontrato è di tipo mono-stagionale, caratterizzato da un picco centrale con vertice nel mese di agosto. Senza ombra di dubbio il turismo balneare è un punto di forza del turismo abruzzese. Il 69% delle presenze regionali sono rilevate infatti nelle strutture

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ricettive dei litorali, mentre i parchi rappresentano solo il 23%, anche se risultano essere in crescita. Ed in linea con l’andamento regionale sono anche i valori quantitativi riscontrati differenziando la provenienza dei turisti tra italiani e stranieri. In netta prevalenza sono infatti gli arrivi e le presenze italiane rispetto a quelle dall’estero.

Per quanto riguarda la capacità ricettiva, oltre la metà delle strutture alberghiere è ubicata lungo la costa (58%) e solo il 35% nei comuni compresi nelle Comunità montane.

Le politiche di sviluppo e consolidamento del mercato turistico abruzzese si stanno strutturando su azioni e strategie di marketing che possono essere riassunte come segue.8 L’analisi delle priorità evidenzia la necessità di mantenere alta la notorietà della destinazione oltre a presidiare i mercati europei individuati come prioritari dall’azione regionale. Nel corso del 2001 sono state realizzate campagne pubblicitarie di alto livello, investendo un notevole budget, attraverso le quali è stata promossa la “Marca” Abruzzo nel grande pubblico, dando un ottimo riscontro, tradottosi in una maggiore presenza turistica di consumatori nazionali e, soprattutto, internazionali.

8 Le informazioni che seguono sono tratte dal Programma di Promozione Turistica della Regione Abruzzo (2001).

Tabella 47 -Offerta alberghiera. Costa Intera Regione (n° esercizi, camere, posti letto) per n ° di stella 2001

Categoria esercizi camere letti

1 stella 83 1.132 2.081

2 stelle 73 1.491 2.839

3 stelle 191 7.787 15.052

4 stelle 31 2.498 5.021

5 stelle 2 176 352

TOTALE 380 13.084 25.345

Fonte Dati: Regione Abruzzo. Rapporto n° 4 (Dati di sintesi sul turismo regionale) Anno2001

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Tabella 48 -Costa Intera Regione Domanda di strutture alberghiere per mese e provenienza

2001 Δ 2000/2001

arrivi presenze arrivi presenze

Italiani 24.007 53.171 4.593 11.344 GEN

Stranieri 2.413 6.594 334 -777

Italiani 22.572 47.132 793 2.981 FEB

Stranieri 2.407 7.404 136 -1.095

Italiani 27.130 56.758 -276 -701 MAR

Stranieri 3.166 9.528 121 157

Italiani 35.171 78.930 -301 -884 APR

Stranieri 5.984 16.810 416 757

Italiani 38.865 90.750 4.242 16.305 MAG

Stranieri 10.715 41.089 3.214 14.544

Italiani 75.954 364.582 10.977 42.808 GIU

Stranieri 15.100 98.065 1.275 -4.638

Italiani 87.952 609.463 -2.340 24.376 LUG

Stranieri 15.575 109.066 1.107 13.684

Italiani 105.287 754.143 50 25.942 AGO

Stranieri 9.855 72.745 404 6.802

Italiani 49.621 254.580 1.917 20.446 SET

Stranieri 11.395 65.722 1.132 2.768

Italiani 33.307 72.731 3.438 13.678 OTT

Stranieri 5.397 17.374 495 1.706

Italiani 29.207 61.624 2.500 7.828 NOV

Stranieri 3.092 9.515 -72 761

Italiani 24.305 53.688 159 4.935 DIC

Stranieri 2.567 8.318 425 2.037

Italiani 553.378 2.497.552 25.752 169.058

Stranieri 87.666 462.230 8.987 36.706 ANNO

TOTALE 641.044 2.959.782 34.739 205.764

Fonte Dati: Regione Abruzzo. Rapporto n ° 4 (Dati di sintesi sul turismo regionale) Anno2001

Per l’anno 2002, la comunicazione pubblicitaria non si è espressa attraverso mezzi tradizionali e di larga diffusione, come avvenuto in passato, ma ha trovato strumenti innovativi quali la pubblicità indiretta e/o la diffusione del suo marchio commerciale all’interno di articoli giornalistici, notiziari televisivi e radiofonici, trasmissioni e/o collegamenti televisivi e radiofonici. I prodotti oggetto di particolare attenzione e sviluppo sono:

o Congressuale,

o Terme,

o Enogastronomia,

o Arte, cultura e sistema museale,

o Parchi ed Aree Protette,

o Turismo Speleologico.

Per tutti i prodotti sono state organizzate attività dirette alla creazione dei collegamenti tra gli operatori della filiera economica, necessarie alla realizzazione del prodotto. Con l’obiettivo di dare una maggiore coerenza all’azione di promozione turistica dell’Amministrazione Regionale, trovano previsione alcuni strumenti finanziari, previsti dalle varie norme regionali e nazionali (risorse assegnate alle regioni con il DPCM 26.05.2000 e cofinanziamenti di progetti promozionali previsti da normative comunitarie). Si registra una particolare attenzione al mercato centro-europeo con investimenti maggiormente rivolti ai mercati Tedesco,

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Inglese e Austriaco, per mezzo di accordi stipulati con i principali tour operators delle nazioni citate.

Gli interventi sul mercato tedesco, dopo l’attivazione del collegamento aereo Francoforte-Pescara, gestito da Ryanair, si avvantaggerebbero ulteriormente di una modifica nella strategia promozionale che preveda di accorciare il canale di vendita. Il mercato inglese è divenuto fondamentale per lo sviluppo turistico, a seguito dell’attivazione del collegamento di linea tra l’aeroporto di Pescara e Londra. Le località proposte sono principalmente nell’entroterra e in particolare Pescasseroli e Ovindoli, oltre a strutture ricettive dell’area collinare e le località costiere di Silvi Marina e Giulianova. Il mercato austriaco porta turisti in Abruzzo da circa 4 anni con un collegamento aereo ormai consolidato; i bacini di utenza sono le regioni del sud dell’Austria e precisamente la Stiria e la Carinzia. E’ importante leggere i dati regionali tenendo conto del fenomeno Giubileo, come indicativo del potenziale del turismo religioso nell’area. Esso ha dato infatti occasione per accrescere l’importanza di destinazioni religiose quali il Santuario di San Gabriele di Isola del Gran Sasso (con due milioni e quattrocentomila pellegrini), il Santuario del Miracolo Eucaristico di Lanciano (con oltre un milione di pellegrini), la Concattedrale di S. Tommaso Apostolo ad Ortona (dove è stato possibile lucrare l’Indulgenza plenaria). In queste località, nonostante la scarsezza di strutture ricettive classificate, si sono registrati importanti indici di crescita in termini di presenze: + 30% per Isola del Gran

Sasso e + 45% per Lanciano (dati peraltro non riferiti all’intero anno). Alle due destinazioni si affianca il Santuario del Volto Santo di Manoppello, con circa un milione di pellegrini, dall’Italia e dall’estero, come si evince dagli elenchi dei pellegrinaggi del Bollettino da esso curato. Altre mete religiose hanno fatto registrare flussi meno significativi, ma sempre in crescita: San Camillo de Lellis a Bucchianico, Beato Nunzio Sulprizio a Pescosansonesco, Santuario della Madonna dei Miracoli di Casalbordino, la Madonna dell’Oriente di Tagliacozzo. I significativi flussi di visitatori - anche dall’estero – fanno intravedere spazi di crescita futura, nella prospettiva dello sviluppo di una strategia di promozione che rafforzi le risorse della regione, in funzione di un progressivo inserimento nei più importanti circuiti internazionali (asse Loreto/San Giovanni Rotondo). La motivazione del viaggio, prevalentemente spirituale, l’esigenza di limitare la presenza al periodo strettamente necessario (talvolta anche poche ore), itinerari locali (che hanno visto anche il recupero di tradizionali percorsi a piedi), il frequente adattamento a soluzioni ricettive alternative al sistema alberghiero (residenze religiose, appartamenti, seconde case) caratterizzano questo tipo di flusso turistico facendolo sfuggire alle rilevazioni operate con i sistemi tradizionali. In alcune circostanze – come ad esempio in occasione delle giornate della gioventù - sono stati utilizzati anche edifici pubblici, scuole, impianti sportivi. Il Giubileo non va letto solo come occasione di rilancio per gli operatori

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turistici. La regione ha infatti beneficiato di riflessi anche sociali e culturali. Si evidenziano i rilevanti investimenti, di cui ancora oggi si possono godere gli effetti, per la promozione del patrimonio storico-culturale abruzzese, diretti al miglioramento della ricettività attraverso il restauro e il recupero di alcune importanti emergenze architettoniche. A puro titolo esemplificativo si ricorda che, in previsione del Giubileo, la legge regionale 23 dicembre 1998 n. 155 ha stanziato 12 miliardi di lire con l’intento di potenziare e riqualificare le strutture ricettive a basso costo o in comunità religiose, a cui si aggiungono azioni volte a favorire gli accessi e le mobilità dei disabili e l’abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali, da realizzare attraverso interventi di recupero edilizio.

Provincia di Chieti

Anche a livello provinciale la distribuzione territoriale dello sviluppo turistico è influenzata fondamentalmente dalla diversa dotazione di risorse rispetto ai due prodotti base, quello balneare e quello montano. L’eterogeneità morfologica dei territorio ne detta la diversa vocazione turistica.

La provincia di Chieti, nel periodo 1998 – 2001 ha registrato un andamento crescente nel settore alberghiero e parallelamente un incremento negli arrivi e nelle presenze con incidenza rilevante della componente straniera. L’analisi

dello sviluppo turistico è stata svolta suddividendo, dal punto di vista della domanda di servizi turistici alberghieri, gli arrivi e le presenze di turisti italiani e stranieri. Il 1999 e il 2000 sono anni significativi. Gli arrivi di italiani e stranieri nel 1999 presentano infatti una riduzione rispetto al 1998, lo stesso dicasi per le presenze, mentre il dato regionale presenta una lieve, ma costante crescita negli anni.

Il 2001 presenta un incremento notevole rispetto agli anni precedenti, forte anche della crescita già ripresa a partire dal 2000, causata dall’effetto Giubileo.

Costante, negli anni in esame, la prevalenza accentuata di arrivi e presenze di turisti italiani (in una percentuale di circa il 90% sul totale) rispetto ai turisti stranieri (in una percentuale di circa il 10% sul totale); in questo il dato provinciale è sostanzialmente allineato a quello regionale.

Più articolata invece l’analisi delle strutture ricettive e della loro capacità in termini di camere e posti letto. La suddivisione delle strutture alberghiere per categoria permette di avere un quadro significativo dell’offerta turistica, nonostante la carenza di dati sulle strutture complementari.

Il numero degli esercizi alberghieri è lievemente diminuito dal 1998 al 2001 (passando da 154 nel 1998 a 147 nel 2001). Si è trattato fondamentalmente di una riduzione degli esercizi a una stella (24 nel 1998, 16 nel 2001).

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Tabella 49 -Domanda di strutture alberghiere per anno e per provenienza

1998 1999 2000 2001

arrivi presenze arrivi presenze arrivi presenze arrivi presenze

Italiani 149.224 490.841 142.925 460.155 172.651 548.365 191.140 666.582

%su totale 89 89 90 89 88 87 88 88

Stranieri 17.126 59.447 14.831 55.873 22.929 78.140 25.088 89.484

%su totale 11 11 10 11 12 13 12 12

TOTALE 166.450 550.388 157.856 516.128 195.680 626.605 216.328 756.166

Fonte Dati: Regione Abruzzo - Servizio Informazione Statistica - Settore Turistico

Parallelamente si è ridotta la capienza delle strutture, con un passaggio da 4.352 camere per 8.353 posti letto nel 1998 a 4.080 camere per 7.888 letti nel 2001. Il dato provinciale appare in controtendenza rispetto al dato regionale.

Confrontando l’offerta in base al tipo di categoria (premettendo che sul territorio non sono presenti esercizi a 5 stelle), nell’arco dei 4 anni prevale sempre la categoria a 3 stelle, in termini di numero di esercizi, con andamento crescente nel periodo considerato.

A un generale incremento nella domanda turistica, particolarmente accentuato nel 2001, non sembra aver corrisposto una uguale crescita nell’offerta alberghiera totale, rimasta mediamente costante dal 1998 al 2001.

Tabella 50 -Offerta di strutture alberghiere per anno e per n° di stella

1998 1999

Categoria esercizi camere letti esercizi camere letti

1 stella 24 309 598 22 283 541

2 stelle 44 875 1.634 41 777 1.490

3 stelle 74 2.577 4.953 74 2.559 4.972

4 stelle 12 591 1.168 11 551 1.085

5 stelle 0 0 0 0 0 0

TOTALE 154 4.352 8.353 148 4.170 8.088

2000 2001

Categoria esercizi camere letti esercizi camere letti

1 stella 19 241 459 16 184 347

2 stelle 40 741 1.423 41 749 1.448

3 stelle 75 2.546 4.974 78 2.551 4.983

4 stelle 11 551 1.085 12 566 1.110

5 stelle 0 0 0 0 0 0

TOTALE 145 4.079 7.941 147 4.050 7.888

Fonte Dati: Regione Abruzzo - Servizio Informazione Statistica - Settore Turistico

Distretto costa chietina

La possibilità di avvalerci di una suddivisione del sistema turistico abruzzese, effettuata nel Piano di Marketing Strategico del Turismo della Regione Abruzzo per gli anni 1998-2002, ci permette di avvicinarci alla definizione delle caratteristiche fondamentali del comune di riferimento.

Nel Piano infatti viene introdotta una particolare visione funzionale cd. per “distretti turistici” (unità di produzione omogenea) e una visione commerciale per prodotti (unità di

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promo-commercializzazione). L’approccio per aree territoriali (per le quali si hanno dati solo di tipo qualitativo) è difatti considerato funzionale alla creazione e al miglioramento delle condizioni di competitività della regione. Sono individuati 8 distretti turistici, “poli omogenei” di produzione di servizi turistici:

1. Costa teramana

2. Costa chietina

3. Parco Nazionale d’Abruzzo

4. Parco Nazionale della Maiella

5. Altipiani Maggiori

6. L’Aquila/Teramo/Gran Sasso-Laga

7. Altopiano delle Rocche

8. Pescara/Chieti

Il distretto costa chietina è così descritto:

“Il distretto è caratterizzato da una costa molto varia (sabbia, roccia, baie) caratterizzate dalla presenza dei “trabocchi” e di alcune riserve naturali. La fruibilità della spiaggia è prevalentemente libera e i servizi di spiaggia limitati. I poli turistici principali per il turismo balneare sono Ortona e Vasto. L’area comprende anche centri di interesse storico-artistico quali Fossacesia, Lanciano, Bomba, San Salvo, Casalbordino, San Vito e un entroterra con una buona

tradizione enologica. Il polo commerciale e d’affari del distretto è Lanciano.” 9

Nel distretto sono pertanto localizzati “reparti” a produzione prevalente di turismo balneare.

Passando alla visione commerciale del distretto, viene rilevata la produzione e commercializzazione dei seguenti prodotti:

RELAX E BENESSERE: Vacanza stanziale tradizionale (1-2 settimane in alta stagione) orientata principalmente al relax (e/o alle cure del corpo) e arricchita da attività sportive all’aria aperta (bici, tennis, golf) ed escursioni alle principali attrattive, facilmente raggiungibili dalle località di vacanza.

ITINERARI/SOGGIORNI A TEMA: percorsi tematici per soggiorni brevi o come escursioni di chi sta già trascorrendo una vacanza in regione (itinerari religiosi, arte-storia-cultura, enogastronomia, artigianato, folklore).

SCOPERTA (GIRO TURISTICO/TRANSITO): sosta in regione nell’ambito di un giro turistico regionale o multiregionale (che tocca i principali luoghi turistici del centro-sud quali Roma, Napoli, Assisi, Pompei), e “sosta tecnica” nel corso di un viaggio di trasferimento verso le località di vacanza (Isole Tremiti, Salento, Grecia, Croazia).

9 Fonte: Piano Marketing Turismo 1998-2002 (Regione Abruzzo - Assessorato al Turismo)

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CONGRESSI E AFFARI: normale flusso di affari per contatti/meeting di lavoro e fiere commerciali e turismo legato all’organizzazione di congressi/conventions di medie dimensioni, con particolare riferimento ad associazioni di categoria e organizzazioni sindacali.

Comune di Ortona

Il percorso effettuato nello studio e le caratteristiche qualitative evidenziate a livello prima regionale, poi provinciale e di distretto, ci permettono di concentrare l’attenzione sui dati quantitativi relativi al sistema turistico circoscritto al Comune di Ortona, forti della possibilità di spiegare agevolmente particolarità che dovessero riscontrarsi a livello di turismo locale.

Analizzando la serie storica 1998-2001 emerge come la consistenza alberghiera, nelle diverse categorie distinte per numero di stelle e analizzate per numero di camere e di posti letto, non presenti variazioni di rilievo (il numero degli esercizi resta fermo ad 8). Si rilevano variazioni dal punto di vista qualitativo per l’anno 2001 che vede, rispetto al 2000, la diminuzione di strutture ad 1 stella e l’aumento di strutture a 3 stelle, con conseguente aumento nel numero di camere e posti letto nelle strutture di livello medio-alto rispetto a quelle di livello basso.

L’offerta ricettiva ad Ortona ha risentito di fenomeni quali l’evento del Giubileo, anche se, come detto in altra parte

dello studio, questo dato non è stato rilevato in quanto molte case e alloggi privati e religiosi non rientrano nelle statistiche ufficiali.

Per quanto riguarda l’analisi del flusso turistico, in termini di arrivi e presenze, analizzato per mese, sempre sulla serie 1998-2001, esso presenta in valori totali un andamento mediamente crescente con picchi nel 2001, forte del riflusso dell’evento giubilare. L’andamento degli arrivi e delle presenze totali (in aumento nel 2000 e 2001 rispetto al 1998) vede invece un’inversione di tendenza nel 1999, dove a fronte di un aumento degli arrivi rispetto al 1998 si registra una diminuzione nelle presenze (si riduce il numero di giornate fruite in media dal turista).

La percezione dell’andamento è meglio sintetizzata dai valori della permanenza media (presenze/arrivi), che si riduce del 0,7% nel 1999 rispetto al 1998, per aumentare dello 0,3% nel 2000 e diminuire nuovamente dello 0,6% nel 2001, confermando le performance complessive della provincia.

Passando a un’analisi del flusso turistico di tipo stagionale, nel complesso delle strutture ricettive, si registra una crescita elevata nei periodi estivi. E’ presente un’alta concentrazione degli arrivi, per ogni anno, nei mesi di maggio, giugno, agosto, settembre; in termini di presenze il picco è raggiunto nei mesi di luglio e agosto.

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Tabella 51 -Offerta alberghiera (n° esercizi, camere, posti letto) per anno e n° di stella

1998 1999 Δ 98/99 2000 Δ 99/00 2001 Δ 00/01

Alberghi

1 stella 2 2 0 2 0 1 -1

2 stelle 2 2 0 2 0 2 0

3 stelle 3 3 0 3 0 4 1

4 stelle 1 1 0 1 0 1 0

TOTALE 8 8 0 8 0 8 0

Camere

1 stella 49 49 0 49 0 10 -39

2 stelle 42 42 0 42 0 42 0

3 stelle 111 111 0 111 0 142 31

4 stelle 106 106 0 106 0 106 0

TOTALE 308 308 0 308 0 300 -8

Posti letto

1 stella 97 97 0 97 0 20 -77

2 stelle 85 85 0 85 0 85 0

3 stelle 222 222 0 222 0 283 61

4 stelle 240 240 0 240 0 240 0

TOTALE 644 644 0 644 0 628 -16

Fonte Dati: Regione Abruzzo - Servizio di Informazione Statistica - Settore Turistico

Tabella 52 -Domanda di strutture alberghiere (arrivi, presenze, permanenza media) per anno e per mese

1998 1999

Mese Arrivi Presenze P/ media Arrivi Presenze P/ media

GEN 351 872 2,5 362 836 2,3

FEB 413 1.129 2,7 310 726 2,3

MAR 367 1.194 3,3 429 1.020 2,4

APR 492 1.367 2,8 566 1.309 2,3

MAG 1.030 2.624 2,5 917 2.043 2,2

GIU 1.264 6.944 5,5 1.539 6.475 4,2

LUG 1.960 14.018 7,2 2.121 11.908 5,6

AGO 2.379 18.401 7,7 2.252 16.760 7,4

SET 811 5.713 7 930 4.607 5,0

OTT 470 1.437 3,1 408 1.172 2,9

NOV 424 1.038 2,4 390 1.219 3,1

DIC 286 767 2,7 293 1.125 3,8

TOTALE 10.247 55.504 5,4 10.517 49.200 4,7

2000 2001

Mese Arrivi Presenze P/ media Arrivi Presenze P/ media

GEN 308 841 2,7 360 1.299 3,6

FEB 273 910 3,3 439 1.596 3,6

MAR 330 1.169 3,5 408 1.425 3,5

APR 470 1.525 3,2 698 1.650 2,4

MAG 701 1.705 2,4 834 2.358 2,8

GIU 1.643 6.964 4,2 1.890 7.282 3,9

LUG 2.063 12.807 6,2 2.295 12.845 5,6

AGO 2.295 16.666 7,3 2.621 16.974 6,5

SET 1.065 5.301 5,0 1.209 4.456 3,7

OTT 679 1.854 2,7 753 2.276 3,0

NOV 382 1.382 3,6 683 2.512 3,7

DIC 268 1.005 3,8 432 1.323 3,1

TOTALE 10.477 52.129 5,0 12.622 55.996 4,4

Fonte Dati: Regione Abruzzo -Servizio di Informazione Statistica - Settore Turistico

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Tabella 53 -Delta (arrivi, presenze e permanenza media) per anno e per mese

Δ 98/99 Δ 99/00 Δ 00/01

Mese Arrivi Presenze Permanenza media Arrivi Presenze Permanenza media Arrivi Presenze Permanenza media

GEN 11 -36 -0,2 -54 5 0,4 52 458 0,9

FEB -103 -403 -0,4 -37 184 1 166 686 0,3

MAR 62 -174 -0,9 -99 149 1,1 78 256 0

APR 74 -58 -0,5 -96 216 0,9 228 125 -0,8

MAG -113 -581 -0,3 -216 -338 0,2 133 653 0,4

GIU 275 -469 -1,3 104 489 0 247 318 -0,3

LUG 161 -2.110 -1,6 -58 899 0,6 232 38 -0,6

AGO -127 -1.641 -0,3 43 -94 -0,1 326 308 -0,8

SET 119 -1.106 -2,0 135 694 0 144 -845 -1,3

OTT -62 -265 -0,2 271 682 -0,2 74 422 0,3

NOV -34 181 -0,7 -8 163 0,5 301 1.130 0,1

DIC 7 358 1,1 -25 -120 0 164 318 -0,7

TOTALE 270 -6.304 -0,7 -40 2.929 0,3 2.145 3.867 -0,6

Fonte: Nostra elaborazione su dati Regione Abruzzo

L’analisi è stata approfondita attraverso il calcolo per ogni anno di due indici, uno teorico e l’altro reale, di utilizzazione media (con essi si intende evidenziare il grado di utilizzo delle camere e del numero dei letti disponibili nelle strutture ricettive). Il primo indice, distinto per camere e letti [= tot. presenze/(tot. Camere*365) ; tot. presenze/(tot. Letti*365)] è definito teorico perché calcolato utilizzando il generico anno di 365 giorni, non avendo a disposizione dati reali circa l’apertura degli esercizi alberghieri nel periodo 1998-2001. Il calcolo dell’indice reale è stato costruito invece servendosi di dati reali, forniti dall’ IAT del Comune di Ortona, relativi alle

giornate di apertura degli esercizi alberghieri per l’anno 2005.

La metodologia di calcolo ha previsto la costruzione di un indice K (per le camere K1 e per i letti K2) dato dal rapporto fra la sommatoria delle camere e/o letti moltiplicati per i reali giorni di apertura degli esercizi (il dato fornisce la disponibilità reale) e il totale delle camere e/o letti moltiplicati per 365 giorni (ipotesi di apertura annuale per tutti gli esercizi).

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Gli indici così calcolati sono successivamente utilizzati per il calcolo approssimato dell’indice di utilizzazione media di camere e letti anche per gli anni dal 1998 al 2001.

Tabella 54 - Indice di utilizzazione media teorico per anno

1998 1999 2000 2001

Camera (1) 0,49372 0,463699 0,437645 0,511379

Letto (2) 0,236127 0,209308 0,221769 0,244289

(1) tot.presenze/(tot.camere*365)

(2) tot.presenze/(tot.letti*365)

Fonte: Nostra elaborazione su dati IAT Comune di Ortona

Tabella 55 - Offerta reale 2005

Alberghi n°camere

-A- n°letti

-B- Giorni

Apertura -C- (A*C) (B*C)

* 1 5 8 365 1.825 2.920

** 1 28 49 365 10.220 17.885

** 1 14 28 365 5.110 10.220

** 1 11 17 365 4.015 6.205

*** 1 23 58 154 3.542 8.932

*** 1 37 77 365 13.505 28.105

*** 1 24 46 365 8.760 16.790

*** 1 60 120 169 10.140 20.280

**** 1 106 240 169 17.914 40.560

TOTALE 308 643 2.682 75.031 151.897

K1=Σ(A*C)/tot.camere*365 K1=0,667417

K2=Σ(B*C)/tot.letti*365 K2=0,64721

Fonte: Nostra elaborazione su dati IAT Comune di Ortona

Dai risultati ottenuti si evince un valore dell’indice i' > 1 negli anni, tranne che nel 1999, dove si attesta a un valore minore (0,982). L’indice i'' invece resta in media intorno a valori vicini a 0,540.

Tabella 56 - Indici di utilizzazione media reale

(i) 1998 1999 2000 2001

camere (i') 1,108374 0,982488 1,040978 1,118199

letto (i'') 0,564586 0,500462 0,530255 0,56959

(1) i' = tot.presenze/K1* Σ (A*C)

(2) i'' = tot.presenze/K2* Σ (B*C)

Fonte: Nostra elaborazione su dati IAT Comune di Ortona

Osservazioni conclusive

La domanda turistica in Abruzzo si caratterizza per essere fortemente differenziata a seconda della stagione di riferimento.

La domanda invernale è di prossimità e per buona parte di abitudine; quella estiva, in prevalenza di turisti italiani, è altalenante nell’arco dell’anno, probabilmente a causa dello scarso sfruttamento delle risorse capaci di destagionalizzare i flussi turistici. Il prodotto balneare si trova in una fase iniziale di maturità che si caratterizza per una forte concentrazione delle presenze nei due mesi centrali estivi e per un numero di nuove entrate (turisti non abituali) molto limitato.

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Il “fattore localizzativo” e l’immagine fortemente “polarizzata” sulla valenza ambientale-montana giocano a svantaggio dello sviluppo del turismo sulla costa e sono invece alla base del crescente successo dell’inverno in Abruzzo. Si rileva in particolare nella clientela invernale il permanere di motivazioni legate agli aspetti naturalistici e ambientali dello “stare nel parco”.

Dal punto di vista dei vacanzieri del mare invece viene rilevata la scarsa opportunità di “fare attività” e la disfunzione dei servizi pubblici.

Questa visione tutta concentrata sull’entroterra contrasta invece con la struttura attuale dell’economia turistica, tutta rivolta al potenziamento della costa.

Si percepiscono segnali di ulteriori opportunità di crescita e la necessità di un’azione di promozione più efficace per la comunicazione dei prodotti balneari, in modo da proporre le località costiere ad una parte consistente di clientela potenziale e così favorire una migliore distribuzione annuale delle presenze.

C.2.9. I punti di forza e di debolezza del contesto economico. Analisi SWOT.

In questa sezione si procederà a sintetizzare i risultati delle indagini sul contesto socio-economico, allo scopo di fornire un prospetto di immediata lettura dei fattori (punti) di forza

e di opportunità, nonché di debolezza e criticità dell’area oggetto di indagine.

Le analisi10 – di seguito riportate – sono state costruite sulla base degli elementi di valutazione precedentemente individuati per lo svolgimento delle indagini conoscitive. Gli stessi elementi di valutazione sono riportati in una Matrice di sintesi, nella quale si riassumono le osservazioni svolte nella relazione, esprimendo un giudizio sintetico globale.

10 L’analisi di tipo SWOT (Strengths-Weaknesses-Opportunites-Threats), a cui si fa riferimento, rappresenta una metodologia di valutazione di progetti e fenomeni di vario tipo che, attraverso un procedimento di tipo logico, consente di rendere sistematiche e fruibili le informazioni raccolte ed evidenziare i dati salienti per la definizione di scelte di intervento. L’esaustività e la qualità della valutazione è strettamente legata alla completezza delle informazioni reperite nonché alla costruzione di una scala di priorità ed alla condivisione degli elementi di confronto con il soggetto attuatore dell’intervento. È, dunque, opportuno sottolineare che il ricorso a tali schemi di analisi e, in particolare, l’espressione di un giudizio per ciascun elemento di valutazione considerato, risponde – almeno in questa fase – essenzialmente alla volontà di presentare con semplicità e immediata evidenza i risultati delle indagini sinora svolte.

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ELEMENTI DI VALUTAZIONE

Punti di forza

(Strengths) Punti di debolezza

(Weaknesses) Opportunità

(Opportunites) Minacce

(Threats)

SOCIO – ECONOMIA

Reddito pro-capite

- Tendenza alla crescita con intensità maggiore nella provincia di Pescara.

- Livello di reddito pro-capite sostanzialmente basso, soprattutto per la provincia di Chieti.

- Tendenza all’incremento del livello di reddito molto contenuta nella provincia di Chieti e perdita di posizioni nella graduatoria nazionale.

- Riorganizzazione di alcuni settori produttivi e progressiva razionalizzazione di quelli a minore valore aggiunto.

- Possibile arretramento delle posizioni nella graduatoria del V.A. nazionale.

- Innesco di un “circolo vizioso” dovuto al basso grado di crescita che contrae il livello dei consumi e provoca un ulteriore abbassamento del tasso di crescita.

Livello dei consumi

- Livello dei consumi generalmente vicino alla media regionale.

- Scarsa consistenza dei consumi non primari, per la provincia di Chieti e contrazione generalizzata dei consumi.

- Buon livello dei consumi non primari per la provincia di Pescara caratterizzata da un livello di reddito disponibile piuttosto elevato.

- Scarsa dipendenza nei consumi primari da altre economie.

- Buona elasticità nei consumi che consente di mantenere una quota interessante di reddito destinato al risparmio.

- Il livello non particolarmente elevato dei consumi, specialmente nella provincia di Chieti, potrebbe non essere facilmente elevabile nel breve periodo, permanendo una sensazione di sfiducia, anche se il livello di reddito dovesse aumentare.

Composizione del valore aggiunto

- Buon apporto del settore servizi per la provincia di Pescara.

- Apporto stabile dei settori primario e industria, nella provincia di Chieti.

- Scarso apporto del settore servizi e commercio, per la provincia di Chieti.

- Dipendenza troppo marcata verso il settore industriale non particolarmente brillante.

- Settore dei servizi già maturo e “scremato” nella provincia di Pescara.

- Possibilità di razionalizzazione nel settore agricolo per la provincia di Chieti.

- Possibilità di potenziamento del settore dei servizi nella provincia di Chieti.

- Possibile ulteriore arretramento industriale della provincia di Chieti.

- Politiche di sostegno alla redditività del settore industriale non particolarmente mirate.

- Carenza di linee guida univoche per il settore industriale in grado di stabilirne la reale “vocazione”.

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ELEMENTI DI VALUTAZIONE

Punti di forza

(Strengths) Punti di debolezza

(Weaknesses) Opportunità

(Opportunites) Minacce

(Threats)

SOCIO – ECONOMIA

Settore industriale

- Buona presenza di unità locali di Industrie di grandi dimensioni (multinazionali), soprattutto nella provincia di Chieti.

- Buona distribuzione del tessuto della piccola e media impresa in entrambe le province.

- Presenza di forti interdipendenze tra le industrie collocate lungo un ideale asse (Est-Ovest) che suggerisce l’ipotesi di un “mega-distretto” tra le due province.

- Aumento del numero degli addetti nel settore per la provincia di Chieti.

- Riduzione del numero degli addetti nella provincia di Pescara.

- Elevata dipendenza di tutto il settore dalle grandi imprese presenti nel territorio (indotto compreso).

- Mancanza di un’industria di eccellenza in grado di caratterizzare l’intero settore (il settore maggiore, dell’”automotive” è totalmente gestito da multinazionali).

- Livello di redditività più basso nella provincia di Chieti con maggiore importanza del settore.

- Processo di riorganizzazione soprattutto nella provincia di Pescara.

- Scrematura delle imprese e degli addetti nella provincia di Chieti, in grado di aumentare la redditività del settore.

- Aumento delle interdipendenza delle imprese locali e progressiva sostituzione dell’economia generata dalle multinazionali con quella maggiormente basata sulle peculiarità del sistema industriale locale.

- Sviluppo delle azioni di sostegno a livello regionale per individuare le caratteristiche forti sulle quali dare nuovo impulso al settore.

- Elevata competizione di economie a minori costi (altre regioni Italiane ancora a costo della manodopera inferiore, altre economie internazionali).

- Progressivo abbandono delle sedi locali per le multinazionali che perdono i vantaggi delle politiche di basso costo della manodopera.

- Scarsa esperienza di ricerca delle peculiarità del settore e scarso intervento in tal senso delle politiche regionali, maggiormente impegnate alla difesa dei livelli occupazionali, anche nei settori ormai più che maturi.

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ELEMENTI DI VALUTAZIONE

Punti di forza

(Strengths) Punti di debolezza

(Weaknesses) Opportunità

(Opportunites) Minacce

(Threats)

SOCIO – ECONOMIA

Settore dei servizi

- Ottima vocazione della Provincia di Pescara.

- Livelli di costo per la collettività contenuti dalla numerosità degli operatori.

- Buon apporto del valore aggiunto realizzato nel settore.

- Elevato grado di professionalità nei servizi resi.

- Vocazione ancora contenuta per la provincia di Chieti.

- Livelli di costo ancora troppo elevati nella provincia di Chieti.

- Grande accentramento degli addetti in alcuni Comuni, fenomeno alimentato dalle economie, dagli interscambi di esperienze e dalla localizzazione di molti Uffici Pubblici.

- Buona possibilità di espansione del numero degli addetti nella provincia di Chieti.

- Ulteriore specializzazione degli addetti della provincia di Pescara, per aumentare il livello di valore aggiunto per unità di lavoro e contenere gli effetti della elevata concorrenzialità.

- Riconoscimento delle specifiche e peculiari competenze degli operatori del settore e politiche di potenziamento di queste e di introduzione di nuove, anche in coordinazione con le caratteristiche degli altri settori produttivi.

- Innesco di un “circolo vizioso” che impedisca la crescita degli addetti della provincia di Chieti (il prezzo troppo elevato per prestazione potrebbe contenere l’aumento della domanda ed impedire l’accesso di nuovi operatori).

- Mancato riconoscimento delle peculiari competenze degli operatori ed inasprimento della concorrenza, soprattutto sul prezzo, a detrimento del livello qualitativo.

Sistema produttivo

- Sistema produttivo in fase di continue mutazioni, alla ricerca della maggiore redditività.

- Accessibilità immediata ad ogni forma di trasporto ed accesso alle principali vie gommate e ferroviarie.

- Distribuzione ampia sul territorio delle attività produttive.

- Buon livello di interdipendenza di alcuni comparti e distretti.

- Buona offerta di servizi alle

- Elevata dipendenza dal settore primario e secondario, soprattutto della provincia di Chieti.

- Scarsa evidenza delle peculiarità del settore industriale, che resta ancora condizionato dalle origini (a basso costo di manodopera).

- Scarsa integrazione tra settori produttivi.

- Valorizzazione delle produzioni tipiche locali, soprattutto per la Provincia di Chieti.

- Possibilità di incremento degli addetti del settore servizi per la provincia di Chieti (con ulteriori effetti positivi sulle imprese che ne beneficerebbero dei risultati).

- Possibile incremento del settore del commercio e dei trasporti, tramite lo sviluppo delle specifiche competenze, anche potenziando la forte correlazione con i prodotti agricoli tipici.

- Perdita di competitività.

- Elevato grado di concorrenza soprattutto nei settori industria e commercio.

- Sostegno della grande industria senza adeguati interventi volti a migliorare il livello di produttività (e di conseguenza la possibilità di tutelare i livelli occupazionali di addetti più costosi della concorrenza).

- Inasprimento della contrazione dei consumi (derivante dalla crisi economica reale e percepita) che potrebbe far recedere il settore del commercio e dei servizi, colpendo in forte misura tutta l’economia del territorio.

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imprese.

ELEMENTI DI VALUTAZIONE

Punti di forza

(Strengths) Punti di debolezza

(Weaknesses) Opportunità

(Opportunites) Minacce

(Threats)

SOCIO – ECONOMIA

Produttività del lavoro

- Buoni livelli complessivi per la provincia di Pescara.

- Elevata produttività nella provincia per il settore agricolo, industriale e commercio.

- Bassi livelli per la provincia di Chieti, in generale e nei settori agricolo e industriale.

- Livelli troppo elevati di produttività per il settore dei servizi nella provincia di Chieti e conseguente costo per la collettività.

- Miglioramento della produttività nei settori agricolo (ad esempio sviluppando i sistemi di tutela delle peculiarità), soprattutto per la provincia di Chieti, ed industriale (sviluppando in alcuni comparti le competenze specifiche).

- Il basso livello di produttività di alcuni settori potrebbe condurre al loro progressivo abbandono se non venissero adeguatamente pianificati gli interventi necessari a rilanciare la redditività del lavoro.

Le valutazioni precedentemente riportate, rispetto agli elementi individuati, possono essere riassunte – attraverso

un giudizio sintetico – nella Matrice di Sintesi di seguito riportata.

LEGENDA

S = Strengths = Forza

W = Weaknesses = Debolezza

O = Opportunites = Opportunità

T = Threats = Minaccia

FATTORI PONDERALI

••• = Elevato

•• = Medio

• = Basso

Elementi di valutazione Valutazione

Socio - economia S W O T a) Reddito pro capite •• •• •• •••

b) Livello dei consumi •• • •• •••

c) Composizione del VA •• •• ••• •••

d) Settore industriale • •• •• •••

e) Settore commercio •• •• •• •••

f) Settore dei servizi •• • ••• ••

g) Sistema produttivo •• •• •• •••

h) Produttività del lavoro •• •• ••• ••

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D. Analisi della Domanda e dell’Offerta

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D.1. I recenti indirizzi di politica dei trasporti europea.

L'Unione Europea da anni propone indirizzi di politica dei trasporti fortemente protesi alla interoperabilità delle reti tra diversi paesi e tra diversi operatori ai fini di una sempre maggiore integrazione tecnico-economica e, soprattutto, di una maggiore liberalizzazione del mercato. Oltre all'aspetto preminentemente infrastrutturale, che con il Piano "Van Miert" ha ricevuto ulteriore impulso in previsione dell'allargamento ad est, l'Europa unita ha evidentemente bisogno di sistemi efficienti per garantire una offerta multimodale ed intermodale sufficiente alla grande espansione della domanda prevista nei prossimi anni. A tal proposito nel: "Libro bianco - La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte" del 2001, sono evidenziati le possibili criticità di sistema che potranno ripercuotersi sul complessivo mercato economico comune in caso di "non azione" e di mancato forte intervento volto alla utilizzazione maggiore dei modi alternativi alla strada che, sui principali assi, in particolare del centro e del nord Europa, sono ormai giunti a livello di saturazione della capacità.

Nel Libro bianco, in particolare, il ricorso all'intermodalità viene ritenuto di importanza fondamentale nello sviluppo di alternative competitive al trasporto stradale. A tutt'oggi le

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realizzazioni concrete in materia sono molto limitate, e si riducono ad alcuni grandi porti ben collegati alla ferrovia o ai canali. Vengono ritenute strategiche azioni per meglio integrare i modi che ancora dispongono di potenziale capacità non sfruttata all'interno di catene di trasporti nelle quali tutte le prestazioni ed i servizi siano integrati. Si tratta in sostanza di cercare capacità disponibile, con interventi di breve-medio periodo, rivolti essenzialmente agli aspetti economici, organizzativi e gestionali della "messa in rete" produttiva dei modi sino ad oggi trascurati dal mercato libero e che invece, con l'aiuto del trasporto stradale e delle sue caratteristiche di flessibilità ed economicità operative, possono rappresentare la riserva di capacità di cui l'Europa ha necessità, per ridurre la pressione sulle reti stradali e guardare al futuro con minori timori di insufficienza quantitativa e qualitativa dell'offerta di trasporto merci intraeuropea.

Risulta pertanto prioritario adottare misure volte a promuovere l'armonizzazione tecnica e l'interoperabilità fra i diversi sistemi, con particolare riguardo al traffico intermodale "unitizzato". Tra l'altro, il Libro Bianco ha proposto un programma di vasta portata, attualmente giunto al secondo bando annuale, il "Marco Polo", per sostenere ed incentivare dal lato dell'offerta (sul piano finanziario e tecnico-organizzativo) il lancio di iniziative intermodali e di soluzioni alternative al tutto-strada finché esse non diventino commercialmente redditizie.

Molto interessanti sono le proposte di direttive per un nuovo quadro comunitario per lo sviluppo della professione di integratore-merci e per la standardizzazione delle unità di carico e delle tecniche di carico delle merci. La proposta di direttiva (COM 2004 - 361) ha lo scopo di porre in essere un nuovo tipo di unità di carico, l’"Unità Europea di Carico Intermodale" (UECI) che combinerà i vantaggi dei contenitori europei (swapbodies/casse mobili) terrestri con quelli dei contenitori marittimi (ISO), con conseguente ottimizzazione dello spazio di carico e della loro impilabilità. In tal modo, gli operatori e i trasportatori europei di questo settore potranno beneficiare di una maggiore efficienza con un abbassamento stimato delle spese di logistica di circa il 2%. La direttiva proposta mira ad aumentare la sostenibilità e la sicurezza dei trasporti, a ridurre la congestione delle infrastrutture, soprattutto quelle stradali, e stabilire un quadro più favorevole alle operazioni di trasporto intermodale garantendo un livello elevato di interoperabilità delle UCI tra i vari modi di trasporto. Grazie alle sue dimensioni ottimali, la UECI potrà contenere più pallet di un contenitore di 40 piedi. Di conseguenza, occorreranno meno UCI e meno automezzi pesanti per trasportare la stessa quantità di merci. Le UECI presentano anche un vantaggio rispetto alle casse mobili: possono essere impilate su molti livelli, cosa che riduce le superfici di magazzinaggio necessarie, in particolare nei terminali di trasporto combinato e permette di prevedere un trasporto su più livelli

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quando il profilo limite delle infrastrutture utilizzate lo permette.

Queste linee di azione vengono rafforzate per la necessità di creare un'unica rete multimodale di trasporto all'interno dell'Unione, caratterizzata dalla interoperabilità di servizi ed infrastrutture per gli spostamenti transeuropei, e di proteggere i legittimi interessi di consumatori, imprese ed operatori di trasporto, applicando regole di libera competizione che aiutano a sostenere la vitalità del mercato comune europeo dei trasporti. L'obiettivo di incentivare l'intermodalità è in tale quadro considerato una priorità anche per riequilibrare il sistema dei prezzi e delle tariffe in relazione all'effettiva produzione di costi infrastrutturali ed esterni (sociali), in particolare di quelli ambientali.

D.2. Le principali previsioni di sviluppo del traffico merci in Europa

L’approccio cui si ispira il Libro Bianco prevede una serie di misure che combinano tariffazione, rilancio dei modi di trasporto alternativi alla strada ed investimenti mirati nella rete transeuropea. Si tratta di un approccio integrato volto a riportare la ripartizione tra modi ai livelli registrati nel 1998, in vista di un loro riequilibrio entro il 2010. L'obiettivo è

molto ambizioso tenuto conto dello squilibrio storico in favore del trasporto su strada che ha caratterizzato gli ultimi cinquant'anni. Tale approccio, prevede un certo riequilibrio modale, grazie soprattutto ad una politica degli investimenti in infrastrutture destinate alla ferrovia, alle vie navigabili interne, ai trasporti marittimi a corto raggio ed alle infrastrutture intermodali. Se saranno attuate le misure previste dal Libro Bianco, si potrebbe assistere entro il 2010 ad uno sganciamento significativo fra incremento della mobilità e crescita dell'economia, fenomeno che ha visto sempre tassi di crescita del trasporto merci cronicamente al di sopra della crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL). La tabella e le figure seguenti riportano le previsioni per modo di trasporto da cui è possibile verificare che gli interventi previsti nel Libro Bianco dovrebbero contenere la crescita del trasporto stradale dal 50% al 25,7%, mentre il trasporto ferroviario dovrebbe incrementarsi del 30,7% invece che del 15,3%. Il trasporto marittimo a corto raggio dovrebbe invece incrementarsi al 2010 di circa il 40%.

Obiettivo generale resta la minore crescita del trasporto merci di oltre la metà delle previsioni tendenziali in assenza di interventi.

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Tabella 57 -Previsioni traffico merci al 2010

1998

2010 senza interventi

2010 con interventi

Tonn-Km

(Mld)

Veicoli-Km

(Mld)

Tonn. CO2

(Mln) Tonn-Km

(Mld)

Veicoli-Km

(Mld)

Tonn. CO2

(Mln) Tonn-Km

(Mld)

Veicoli-Km

(Mld)

Tonn. CO2

(Mln)

Trasporto Stradale 1.255 313,8 271,1 1.882 470,5 406,5 1.736 394,5 340,9

Ferrovia 241 1,3 1,9 272 1,5 2,2 333 1,7 2,4

Navigazione Interna 121 0,3 3,6 138 0,4 4,1 167 0,4 4,6

Oleodotti, gasdotti, ecc. 87 1,0 100 1,0 100 1,0

Trasporto marittimo corto raggio 1.166 0,3 23,3 1.579 0,4 31,6 1.635 0,4 29,7

Totale merci 2.870 315,7 300,9 3.971 472,8 445,4 3.971 397,0 378,6

Crescita 1998-2010 traffico merci 26% 27% 12% 10%

Crescita PIL 1998-2010 43% 43% 43% 43%

Fonte: Libro bianco - La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte"

Figura 7 -Previsioni di crescita del trasporto stradale - 2010 senza e con interventi -

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

senza con

Tonn-km Tonn. CO2

Figura 8 Previsioni di crescita del trasporto ferroviario - 2010 senza e con interventi -

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

senza con

Tonn-km Tonn. CO2

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Figura 9 Previsioni di crescita del trasporto marittimo a corto raggio (S.S.S.)- 2010 senza e con interventi -

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

senza con

Tonn-km Tonn. CO2

Figura 10 Previsioni di crescita del trasporto merci (veicoli-km) e del PIL - 1998-2010 senza e con interventi -

0%

10%

20%

30%

40%

50%

1998 2010

Crescita PIL1998-2010

Crescita 1998-2010 trafficomerci senzainterventiCrescita 1998-2010 trafficomerci coninterventi

D.3. Le reti TEN ed i corridoi intraeuropei con l'allargamento ad Est

Il concetto di corridoio plurimodale di trasporto fa riferimento ad una serie di infrastrutture, servizi ed interconnessioni, multinazionali e multimodali, facenti parte di un unico armonizzato contesto non solo strettamente tecnico-operativo ma anche gestionale, procedurale e relativo ad aspetti come la sicurezza e la semplificazione di procedure amministrative e doganali. Il modello di configurazione economico-sociale di corridoio che maggiormente consente la moltiplicazione degli effetti positivi generati dalla interconnessione in rete di flussi materiali, immateriali, funzionali e sociali tra imprese, città, territori, è legato alla dimensione sempre più vasta della cooperazione a scala globale.

La Commissione Europea nell'ambito dei programmi di sviluppo delle TEN (Trans European Network) ha incentivato lo sviluppo dei progetti di corridoio, in particolare ha individuato 14 progetti che hanno ricevuto e riceveranno la maggiore priorità di realizzazione ed entrata in esercizio. Essi sono: 1. Treno alta velocità/combinato N/S; 2. Treno alta velocità PBKAL; 3. Treno alta velocità sud; 4. Treno alta velocità est; 5. Betuwe linea ferroviaria merci convenzionale/combinato; 6. Treno alta velocità Francia-Italia; 7. Autostrade greche-via Egnatia; 8. Collegamento multimodale Portogallo-Spagna-Europa centrale; 9. Ferrovia convenzionale Cork-Dublino-Belfast-Stranraer; 10. Airporto

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di Milano Malpensa; 11. Ponte Oresund per collegamento ferro/stradale Danimarca-Svezia; 12. Corridoio Triangolo multimodale nordico; 13. Irlandia/Regno Unito/Benelux collegamento stradale-marittimo; 14. Costa ovest linea principale.

Si tratta di interventi prevalentemente nel nodo ferroviario con la realizzazione di nuove linee ad alta velocità ma, soprattutto, ad alta capacità destinate anche al servizio merci combinato con il trasporto stradale e marittimo. Di estremo interesse è la realizzazione della nuova linea Betuwe dedicata al servizio intermodale mare-ferro tra il porto di Rotterdam e l'entroterra olandese e tedesco. Alcuni di tali interventi sono stati ultimati ed entrati in esercizio, altri sono in fase di cantiere, inoltre, la mappa strategica delle infrastrutture prioritarie è stata ridefinita dal gruppo "Van Miert" il quale ha selezionato 22 progetti prioritari di cui 18 da avviare entro il 2010 e concludersi entro il 2020. Dei 22 progetti TEN in totale, 15 sono interventi sulle reti ferroviarie. Ai fini del potenziamento dell'offerta intermodale europea di grande rilievo sono i progetti: Galileo (sistema satellitare); Autostrade del mare; Linea ferroviaria mista Lione - Trieste/Capodistria – Lubiana - Budapest (corridoio V); Linea ferroviaria mista Berlino – Verona – Napoli / Milano - Bologna; Linea ferroviaria mista confine Grecia / Bulgaria –Sofia – Budapest – Vienna – Praga - Norimberga; Linea ferroviaria mista Lione / Genova – Basilea – Duisburg –Rotterdam / Anversa (ponte dei due mari Genova -

Rotterdam); Linea ferroviaria mista Parigi – Strasburgo –Stoccarda – Vienna - Bratislava; interoperabilità della rete ferroviaria ad alta velocità della penisola iberica; Ponte ferroviario-stradale sullo stretto di Messina. Inoltre il gruppo ha indicato ulteriori raccomandazioni, per il medio-lungo periodo, tra le quali: proseguire gli studi per attuare quattro nuovi progetti prioritari a lungo termine (tra cui la linea ferroviaria a grande capacità attraverso i Pirenei e il canale Senna-Schelda) e prendere in considerazione altri progetti importanti per la coesione territoriale, nell'attuazione degli strumenti finanziari strutturali come, per quanto riguarda le regioni dell'Italia meridionale, la linea ferroviaria Napoli - Reggio Calabria - Palermo (2015) ed il corridoio intermodale Ionio/Adriatico (2015). Infine, viene sottolineata la necessità di attuare i sistemi di gestione del traffico ferroviario, aereo, marittimo e progettare una rete ferroviaria specifica per il trasporto merci.

L’allargamento ad est dell’Unione Europea ha nella politica dei trasporti, espressa dai corridoi pan-europei, uno dei maggiori strumenti della politica di coesione e di bilanciamento competitivo delle diverse aree economico-politiche interne ed esterne all’Unione. Tali corridoi, che rappresentano il riferimento per gli interventi, in larga parte di nuova realizzazione, di prolungamento verso Est delle reti Trans-europee (TEN), sono intesi come luoghi di concentrazione e addensamento di attività, funzioni, relazioni fisiche e immateriali.

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Collocata al crocevia tra i grandi flussi marittimi intercontinentali (in larga parte Est-Ovest) ed i grandi flussi terrestri continentali (tradizionalmente verso Nord, ma sempre più verso Est e verso Sud), l’Italia può sfruttare tale posizionamento come vantaggio competitivo per i traffici di import-export e per lo sviluppo di nuove attività produttive, di distribuzione e di servizi, strategicamente interdipendenti ed interagenti con le reti logistiche e trasportistiche. Un corridoio può quindi essere inteso come una striscia di territorio individuata tra due terminali, la cui larghezza può variare in funzione delle relazioni da comprendere al suo interno quali: archi, rami, collegamenti laterali, trasversali, alternative di collegamento. L'introduzione della dimensione intermodale consiste nel considerare non soltanto i segmenti, ma anche i nodi di interscambio che aumentano il numero di soluzioni potenziali offrendo combinazioni di modi e di nuovi itinerari. Vi possono essere configurazioni di rete degli itinerari intermodali integrati, cioè il sistema integrato che prevede l'utilizzo per un solo atto di trasporto da un punto di origine ad un punto di destinazione di due o più modi di trasporto, la comune caratteristica concerne le tecniche di carico e movimentazione standardizzate che

permettono il trasferimento della merci da un modo ad un altro. Inoltre, vi è la configurazione di rete dei corridoi multimodali, cioè la disponibilità di una gamma di modi di trasporto offerti da un sistema di connessioni tra origini e destinazioni; anche se l'intermodalità è possibile non necessariamente viene utilizzata.

Le regioni italiane che si affacciano sul Mar Adriatico sono particolarmente interessate dalle direttrici trasversali ovest-est che andranno a concentrarsi sui corridoi multimodali dell'Europa allargata V Lisbona-Kiev e VIII Durazzo-Varna, che andranno a rappresentare le dorsali forti del traffico merci del prossimo futuro. In particolare per quanto concerne l'asse più meridionale di connessione intraeuropea tra il Mediterraneo ed il Mar Nero, e quindi la Turchia ed il Medio Oriente, la modalità marittima rappresenta l'anello di congiunzione tra le tratte terrestri con il ruolo strategico svolto dal cosiddetto "corridoio adriatico" che consente all'interno del territorio italiano di interconnettere i due grandi corridoi trasversali europei e di inserire l'Italia centro-meridionale nel cuore dell'interscambio commerciale ovest-est gravitante sul bacino adriatico.

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Il prolungamento ad est delle reti TEN-T: i corridoi pan-europei

I

IXVI

III

VVI I

I VVII I

X

II

I. Helsinki – VarsaviaII. Berlino – M oscaIII. Berlino – KievIV. Dresda – IstanbulV. Lisbona – KievVI. Danzica – ZilinaVII. Via Fluviale del DanubioVIII. Durazzo – VarnaIX. Helsinki – AlessandropoliX. Monaco – Vienna –

Thessalonika I

IXVI

III

VVI I

I VVII I

X

II

I. Helsinki – VarsaviaII. Berlino – M oscaIII. Berlino – KievIV. Dresda – IstanbulV. Lisbona – KievVI. Danzica – ZilinaVII. Via Fluviale del DanubioVIII. Durazzo – VarnaIX. Helsinki – AlessandropoliX. Monaco – Vienna –

Thessalonika

Inoltre, la possibilità di collegamento marittimo diretto dei servizi feeder con i grandi porti hub del Mediterraneo centro-meridionale, quali Taranto, Pireo e Gioia Tauro, consente di alimentare e distribuire traffico, prevalentemente

containerizzato, proveniente e destinato dagli enormi mercati in fortissima espansione dell'estremo oriente (primi tra tutti quelli cinese ed indiano) che si prevede nei prossimi decenni raggiungeranno le dimensioni economiche di quelli

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dei maggiori paesi mondiali. Il grande terminal container di Taranto (circa 700.000 TEU nel 2004) è di fatto gestito da una delle principali compagnie mondiali di navigazione di linea container, la Evergreen di Taiwan, che con regolari rotte pendulum attraverso il canale di Suez, assicura collegamenti con navi di grande capacità (anche 6.000 TEU) tra lo scalo pugliese ed i maggiori porti orientali (Singapore, Honk Kong, Shanghai, ecc.). Pertanto, una fitta rete di servizi di distribuzione dei container è già attiva con navi di minori dimensioni che scalano regolarmente i principali porti adriatici nella logica delle reti hub and spoke, con opportunità di inserimento in essa a costi relativamente contenuti che sino a pochi anni fa non sembravano realistici. Ancona, Ravenna, Venezia, Trieste, hanno visto negli ultimi anni sensibilmente incrementarsi il traffico container proprio grazie all'inserimento nel network mondiale marittimo e di conseguenza hanno incrementato il traffico terrestre di raccolta e/o distribuzione dei carichi all'interno del territorio di influenza che in specie lungo gli assi di collegamento con il centro e nord Europa raggiunge dimensioni geografiche ed economiche molto rilevanti.

La Comunità Europea già detiene oltre il 50% dell'interscambio commerciale con la Croazia e l'Italia è il partner più importante. Le regioni adriatiche sono interessate per la misura del 65% di tali traffici. Sullo stesso valore sono gli investimenti europei in questo paese, ma l'Italia rappresenta soltanto il 2,5% di questi ultimi, che per

oltre un terzo viene dalle regioni adriatiche. Il corridoio adriatico ed i distretti produttivi lungo di esso rappresentano il referente privilegiato per i rapporti commerciali, economici e culturali per tutti i paesi e le regioni del mare adriatico. Le regioni adriatiche italiane con lo studio di fattibilità del corridoio adriatico hanno iniziato l'analisi di progettazione comune dello sviluppo dei sistemi di trasporto multimodali circa la sostenibilità tecnica, economica ed ambientale dei flussi stradali e ferroviari previsti al 2007 ed al 2015. La seguente tabella riporta i traffici stradali e ferroviari previsti lungo i corridoi europei in connessione con il sistema del "corridoio adriatico".

Tabella 58 -Traffici previsti nei corridoi europei del sistema Adriatico

2000 2007 2015 ROAD

Ton

Greece 13.755.708 20.951.027 25.236.819

Corridor VIII 940.261 1.431.000 2.399.692

Corridor V 3.345.825 5.515.988 7.244.731

Total 18.041.795 27.898.015 34.881.242

2000 2007 2015 RAIL

Ton

From/To Italy 942.101 1.648.554 2.398.147

From/To West Europe

352.320 614.715 896.419

Total 1.294.421 2.263.269 3.294.566

TOTAL (road+rail) 19.336.216 30.161.284 38.175.808

Fonte: progetto INTERREG III B - Regioni Marche e Veneto, 2001

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D.4. Il trasporto marittimo intermodale e combinato e le "Autostrade del Mare"

Grande attenzione negli ultimi è posta dalla U.E. verso i servizi marittimi regolari di cabotaggio effettuati sia per merci in container sia per merci viaggianti su veicoli pesanti stradali. Tale tipologia di trasporto marittimo prevede il trasporto tra due terminali generalmente situati nella stessa nazione, effettuato da una compagnia che di solito è registrata nel medesimo paese. Il cabotaggio è in molti casi soggetto a restrizioni e regolamentazioni, infatti le nazioni tendono a riservare agli operatori nazionali diritti e privilegi di mercato per movimentare le merci internamente. Anche sotto la spinta della concorrenza prodotta dal trasporto marittimo internazionale di container, ed in particolare delle tratte di smistamento del traffico transoceanico dai grandi porti hub, il cosiddetto feederaggio, il cabotaggio sta vivendo una fase di apertura alla liberalizzazione e quindi alla concorrenza anche nelle tratte interne di molti paesi; è il caso dell'Europa che di fatto ha recepito anche politicamente tale tendenza tra gli interventi di politica dei trasporti marittimi dell'Unione Europea11. Si tratta, infatti, del cabotaggio intraeropeo o Short Sea Shipping, in cui il concetto di collegamento marittimo all'interno della singola nazione viene superato dalla visione unitaria delle coste

11 "Libro bianco - La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte", COM(2001) 370 del 12.9.2001.

europee e, pertanto, dalla potenziale libera circolazione di navi per il trasporto di merci tra porti dei paesi appartenenti all'Unione e di quelli che si affacciano sul Mar Mediterraneo, sul Mar Nero e sul Mar Baltico anche di paesi non appartenenti all'U.E.

Tra le tecniche di trasporto marittimo si è molto diffuso negli ultimi anni il trasporto strada-mare dei cosiddetti "carichi rotabili", ovvero veicoli e unità di trasporto intermodale che possono essere imbarcati direttamente attraverso rampe di carico su grandi navi-traghetto, solo merci e miste passeggeri e merci, essendo dotati di ruote proprie: autocarri, autoveicoli, rimorchi (trailer), veicoli industriali, ecc. Tale tecnica definita roll on/roll off , in modo abbreviato ro/ro (rotolamento a bordo ed a terra), da trasporto obbligato per collegare le isole si è andata fortemente sviluppando anche come trasporto alternativo al trasporto stradale per i collegamenti lungo le coste. Le navi per il trasporto ro/ro hanno in genere capacità di carico inferiori rispetto alle portacontainer, ma presentano vantaggi per la maggiore rapidità delle operazioni di carico e scarico e per la possibilità di operare in porti anche non attrezzati con gru per il sollevamento delle unità di carico.

Nell'accezione data dall'Unione Europea tale trasporto viene definito Trasporto Marittimo a Corto Raggio (TMCR) o Short Sea Shipping e comprende:

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o il trasporto marittimo nazionale, ovvero il cabotaggio obbligato (con le isole) e quello alternativo, incluse le cosiddette: "autostrade del mare";

o il traffico marittimo con i paesi appartenenti all'Unione Europea incluse Islanda e Norvegia;

o il traffico tra porti comunitari e porti non comunitari che si affacciano sul Mar Mediterraneo; Mar Nero e Mar Baltico;

o il traffico fluviale e quello lacustre;

o la tratta di smistamento dai porti hub dei traffici oceanici (feeder).

Per "autostrade del mare" si intendono le reti di trasporto marittimo merci alternative, in tutto o in parte, a quelle terrestri (a queste integrate tramite nodi portuali) così da configurare un sistema unitario, caratterizzato da servizi di linea che implicano la presenza dei requisiti di regolarità, frequenza, rapidità di accesso ai terminali e di esecuzione delle operazioni terminali. Il traffico ro/ro si suddivide in due tipologie che possono evidentemente viaggiare anche in modo misto:

o traffico accompagnato, quando vengono imbarcati veicoli ed autisti, si tratta in genere di traffico composto da autocarri e veicoli con motrice propria;

o traffico non accompagnato, si tratta in genere di traffico di unità di carico dotati di ruote e rimorchi e semirimorchi.

Dal punto di vista economico il traffico non accompagnato è più adatto a rappresentare una valida alternativa al trasporto stradale per le relazioni in cui non è necessaria la presenza dell'autista e che quindi necessitano di una adeguata organizzazione (trazione iniziale, terminal di partenza, terminal di arrivo, trazione finale), più facilmente riscontrabile nelle medie-grandi imprese di trasporto. Esso rappresenta un tipico trasporto intermodale in quanto a viaggiare è soltanto l'unità di carico utilizzando diversi vettori, anche se si tratta di unità "rotabili" (o rese tali con speciali pianali gommati) che vengono rimorchiate da motrici. Inoltre, offre la possibilità di conseguire notevoli economie sia dal lato dell'offerta dell'operatore marittimo, in relazione al maggior sfruttamento della capacità di stiva delle navi, al minor costo di costruzione e di esercizio di navi non attrezzate per l'alloggiamento degli autisti, sia dal lato della domanda delle imprese di trasporto (principalmente autotrasporto), in relazione al miglior impiego produttivo degli autisti e al maggiore rendimento delle motrici che possono essere utilizzati diversamente in modo produttivo anziché rimanere inutilizzati nelle fasi di viaggio marittimo.

Il trasporto accompagnato è invece un tipico trasporto combinato in cui veicoli stradali indipendenti con autista al

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seguito (autocarri e/o autoarticolati), viaggiano insieme all'altro veicolo (nave) che a sua volta li trasporta.

Inoltre, tra i trasporti combinati in connessione con i porti in cui vi è traffico ro/ro, si stanno sperimentando servizi ferroviari per il trasporto di veicoli stradali accompagnati del tipo di quelli già diffusi per il transito alpino. Si tratta delle cosiddette “autostrade viaggianti” con le quali autocarri ed autoarticolati vengono caricati su speciali carri ferroviari a pianale ultrabasso per consentire la salita e la discesa dei mezzi e per poter transitare all’interno delle gallerie. Si tratta di un trasporto ferroviario di veicoli completi (motrice e rimorchio) con autisti al seguito che viaggiano a bordo di una speciale carrozza viaggiatori, sostanzialmente diverso dall’intermodale. E’ una forma di trasporto combinato che ha il vantaggio di consentire il passaggio di veicoli pesanti di tratte di particolare difficoltà di transito, come valichi montani e percorsi soggetti a limitazioni di circolazione per motivi di sicurezza e/o ambientali. L’uso improduttivo di parte della lunghezza del treno e degli autisti lo rende più oneroso rispetto al non accompagnato e meno adatto all’intermodalità mare-ferrovia.

D.5. Definizione dell'area di studio

Il porto di Ortona è situato lungo la costa adriatica della regione Abruzzo nel territorio della Provincia di Chieti. Esso si presenta come un potenziale importante snodo di connessione e interscambio per la movimentazione di merci, a livello nazionale ed internazionale, lungo la direttrice est-ovest che va dalla penisola Iberica e dalla Francia verso i paesi dei Balcani, la Turchia e il Medio-oriente e lungo la direttrice nord-sud che va dall’Europa settentrionale ai paesi dell’Africa Settentrionale. Per entrambi le direttrici si prevedono ambiti tipologici di traffico bidirezionale distinguibili tra traffico diretto (import/export da e per l’Italia) e di traffico di transito lungo gli itinerari individuati.

L’area di studio dal punto di vista geografico, con riferimento al porto di Ortona può identificarsi nella intera regione Abruzzo, nell’area meridionale delle Marche, dal Molise e dall’alta Puglia. In prima fase l'area di studio (Ads) si è fatta coincidere con la Regione Abruzzo.

D.5.1. Principali dati economici dell’area di studio

Nel paragrafo che segue si riepilogano gli elementi economici di maggior rilievo già trattati nei paragrafi dedicati all’analisi del contesto socio-economico ai fini della stima della domanda potenziale. Vengono, infine, introdotti alcuni

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elementi di peculiare interesse per la valutazione dei potenziali traffici attivabili sul porto di Ortona.

Fondamentali macroeconomici

L’Abruzzo ha presentato nell’ultimo ventennio un significativo processo di crescita economica, tale da far superare alla regione la soglia che individua le aree in ritardo di sviluppo rispetto all’Obiettivo 1 dell’Unione Europea. La regione Abruzzo, più di ogni altra regione meridionale, ha accelerato il processo di integrazione con le regioni centrali, conseguendo un livello di sviluppo indubbiamente superiore a quello di tutte le altre regioni meridionali, grazie anche alla capacità che ha mostrato di attrazione di nuovi investimenti industriali.

Dall’analisi dei dati recentemente pubblicati dal DPS12 emerge che la stagnazione dell’economia della regione Abruzzo nel 2002 ha avuto origine da due principali fattori: la riduzione dei consumi privati e l’andamento negativo del settore industriale nel suo complesso. Tale scenario è anche caratterizzato da una moderata ripresa dell’attività di investimento e dalla crescita delle unità di lavoro sia pure in misura inferiore alla media nazionale.

12 DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE PER LO SVILUPPO

Nel corso del 200313 l’economia abruzzese ha continuato a ristagnare in pressoché tutti i settori. In particolare, è proseguita la fase di debolezza della domanda nell’industria in senso stretto e come conseguenza dell’andamento negativo delle esportazioni il tasso di crescita del fatturato del settore manifatturiero ha sensibilmente rallentato. Ciò nonostante all’interno del settore industriale si osservano dinamiche differenziate. Il comparto meccanico, sostenuto dalla ripresa delle esportazioni, ha registrato un aumento delle vendite e del prodotto; la fase congiunturale negativa è invece proseguita nei settori dell’abbigliamento, dei prodotti in cuoio e dell’arredamento, in cui sono specializzate gran parte delle piccole e medie imprese locali. Nell’ambito del terziario il volume delle vendite al dettaglio è rimasto sostanzialmente stabile in termini reali. Nei trasporti aerei si è assistito a un rallentamento del traffico passeggeri e a una flessione nel comparto merci. È del pari risultato in diminuzione il traffico merci su rotaia.

Nonostante il periodo di stagnazione dell’economia italiana e di conseguenza di quella abruzzese, dall’analisi dei dati ISTAT emerge che nel 2001 il PIL è di 22.863 mln di euro ed è cresciuto del 22% dal 1996, dal 1996 al 2001 anche è cresciuto il PIL per addetto, la differenza è pari al 17%. Trend positivi si sono riscontrati anche dall’analisi delle serie storiche 1996-2001 relativi ad altri indicatori macroeconomici

13 Note sull’andamento dell’economia dell’Abruzzo nel 2003 – Banca d’Italia

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quali il valore aggiunto del settore industria e dei servizi nonché del valore aggiunto complessivo (+22%). In particolare dal 1996 ad oggi il valore aggiunto del settore industria è cresciuto del 25% e quello relativo ai servizi del 21%.

Al 2001 il PIL Abruzzo rappresenta il 2% del PIL Italia e il 7,6% del PIL del Mezzogiorno, mentre il PIL per addetto è leggermente inferiore alla media nazionale e a quella riscontrata per le regioni dell’Italia centrale e settentrionale mentre è di poco superiore al PIL per addetto rilevato nelle regioni meridionali. Per quanto concerne il valore aggiunto per i settori industria e servizi è possibile evidenziare che il dato regionale rappresenta il circa 2% del valore aggiunto nazionale in entrambi i settori (negli anni 2000-2002) e l’11% (nel 2000 e 2001, nel 2002 l’incidenza scende all’10,4%) del valore aggiunto industria e il 7% del valore aggiunto servizi (negli anni 2000-2002) rilevati per le regioni meridionali.

Il numero di imprese registrate nella regione Abruzzo è 145.409 (anno 2003) con 478.384 (anno 2003) occupati. Le imprese abruzzesi rappresentano l’8% delle imprese del Mezzogiorno e il 3% del totale delle imprese presenti in Italia. In termini di composizione settoriale spicca l'incidenza delle imprese commerciali e di servizi in generale (45%) seguite dalle imprese appartenenti al settore agricolo. La composizione settoriale è sostanzialmente allineata a quella che caratterizza l’intera area del Mezzogiorno l’Italia nel suo

complesso. Per quanto riguarda più specificamente la provincia di Chieti, il numero di imprese registrate è pari a quasi 47.650 unità (anno 2003), che la fanno posizionare al primo posto in ambito regionale e la 36esima a livello nazionale. In termini relativi (rapportando cioè il numero di imprese alla popolazione) la provincia di Chieti è una delle province italiane con una più elevata concentrazione di imprese ed un livello di densità imprenditoriale di 11,2 imprese ogni 100 abitanti. In tal modo si pone la provincia al decimo posto a livello nazionale. Nella composizione settoriale spicca l'incidenza delle imprese agricole sul totale, 39,1%.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la situazione della regione è certamente più favorevole rispetto alle altre regioni meridionali. In base agli indicatori più recenti, relativi all’anno 2003, il tasso di disoccupazione è pari al 5,4% a fronte di un valore medio nazionale dell’8,7% e inferiore al dato meridionale (17,7%).

Il tasso di attività in Abruzzo è invece leggermente inferiore rispetto alla media nazionale e di 2 punti superiore al dato rilevato nelle regioni del Mezzogiorno. Il tasso di attività nella regione è rimasto sostanzialmente stabile, anche se dal 1995 ad oggi ha avuto un andamento altalenante.

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L'interscambio con l’estero

Nel corso del 2003, dopo una fase espansiva iniziata nel 1999, le esportazioni dell’Abruzzo sono diminuite in valore del 2,5 per cento, sebbene in misura inferiore a quanto avvenuto a livello nazionale. Le importazioni si sono ridotte rispetto al 2002 del 4,7 per cento. La flessione delle esportazioni è stata particolarmente accentuata nei confronti degli Stati Uniti (-21,8 per cento), anche per l’accentuato apprezzamento dell’euro. In Europa la contrazione delle vendite nei paesi della zona dell’euro (-5,7 per cento) è stata parzialmente compensata dall’incremento registrato per i rimanenti paesi dell’area.

Fra i diversi comparti produttivi appare cospicua la contrazione delle esportazioni nel settore delle apparecchiature elettriche e ottiche (-17,7 per cento). Nei mezzi di trasporto, settore a cui fa capo circa un quarto delle esportazioni regionali, le vendite all’estero sono tornate a crescere (3,9 per cento) dopo la contrazione del 2002. E’ proseguita la crescita delle esportazioni del settore chimico (16,3 per cento). Una riduzione generalizzata delle esportazioni si osserva nei comparti dell’industria leggera, più accentuata nel settore alimentare e in quello dei prodotti in cuoio (-11,3 e -12,6 per cento, rispettivamente) e meno forte nel tessile-abbigliamento (-2,1 per cento).

All’inizio degli anni sessanta l’incidenza delle esportazioni rispetto al prodotto regionale presentava in Abruzzo uno dei

valori più bassi d’Italia - meno dell’1 per cento - circa un quinto di quello nazionale e inferiore al dato del Mezzogiorno. Nei decenni successivi le esportazioni sono cresciute in Abruzzo a tassi superiori alla media nazionale, innescando un processo di recupero che ha portato la regione a raggiungere e superare il dato medio italiano alla fine degli anni novanta. Fra il 1996 e il 2003 le esportazioni abruzzesi sono cresciute a prezzi correnti al tasso medio annuo del 5,4 per cento, un ritmo più sostenuto di quello registrato per l’Italia nel suo complesso (3,4 per cento). L’incremento della quota abruzzese delle esportazioni italiane ha riguardato tutti i settori dell’industria manifatturiera, con la sola eccezione dei mezzi di trasporto. Nel 2002 il rapporto tra esportazioni e PIL era circa il 24 per cento, un dato in linea con la media nazionale.

Mentre la quota del commercio mondiale dell’Italia si è contratta in maniera significativa nell’ultimo decennio, l’Abruzzo è stata una delle poche regioni che ha incrementato il grado di penetrazione sui mercati internazionali. La porzione regionale degli scambi globali pari a 0,06 punti percentuali nel 1992, in base alle statistiche del Fondo Monetario Internazionale e dell’Istat, era aumentata di circa un terzo al termine del 2002 (0,08 punti).

Nel complesso la diversa composizione settoriale delle esportazioni non appare determinante nella spiegazione della migliore performance dell’export abruzzese rispetto alla media nazionale negli ultimi quindici anni. In assenza di

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effetti differenziali legati alla struttura merceologica dell’export regionale, almeno relativamente all’ultimo quindicennio, le determinanti del migliore comportamento dell’economia abruzzese vanno ricercate nelle rimanenti caratteristiche del sistema produttivo locale. La dimensione aziendale, l’appartenenza a gruppi di imprese, specialmente se di nazionalità estera, i vantaggi derivanti dalle economie esterne di agglomerazione sono fattori che possono aver esercitato un’influenza positiva sulla performance estera delle imprese manifatturiere abruzzesi.

Le esportazioni abruzzesi risultano maggiormente concentrate, rispetto all’Italia, nei settori in cui la regione presenta un’incidenza relativamente superiore delle unità locali di dimensione medio-grande (misurata dalla quota di occupazione in unità locali con almeno 100 addetti), a conferma dell’esistenza di vantaggi comparati legati alla scala produttiva. Inoltre, nell’arco temporale tra i censimenti del 1991 e del 2001, la quota di occupazione in unità locali con almeno 100 addetti è passata da 33,5 a 36,1 punti percentuali in Abruzzo, mentre è scesa e da 32,1 a 29,5

punti nella media italiana. Numerosi sono stati gli insediamenti in Abruzzo di imprese appartenenti a gruppi multinazionali, anche in relazione agli incentivi agli investimenti, particolarmente sostenuti nel periodo in cui la regione era ancora compresa nell’area dell’Obiettivo 1 comunitario. In base alle informazioni della banca dati CNEL sugli investimenti diretti esteri, curata da R&P-Politecnico di Milano, alle società partecipate da imprese estere faceva capo nel 2000 il 17,2 per cento degli occupati nel settore manifatturiero rilevati nel Censimento del 2001, un dato superiore a quello nazionale (11,4 per cento). Anche la presenza di distretti industriali, seppur non diffusa uniformemente sul territorio regionale, potrebbe avere contribuito a sostenere la performance estera dei settori tradizionali in alcune aree della regione. L’Abruzzo, insieme a Puglia e Campania, è una delle poche regioni meridionali dove sono presenti significative agglomerazioni territoriali di piccole e medie imprese specializzate nei settori del made in Italy. Le seguenti tabelle evidenziano i dati suesposti (fonte ICE).

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Tabella 59-Regione Abruzzo: commercio estero per settore in valore

Esportazioni Importazioni Voci

2002 2003 Var % 2002 2003 Var %

Prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca

23 35 49,6 176 160 -9,3

Prodotti delle industrie estrattive 22 16 -24,3 13 10 -27,4

Prodotti alimentari, bevande e tabacco 263 234 -11,3 261 266 2,1

Prodotti tessili e dell’abbigliamento 653 639 -2,1 301 277 -7,9

Cuoio e prodotti in cuoio 114 99 -12,6 37 39 5,1

Prodotti in legno sughero e paglia 22 20 -9,9 42 36 5,1

Carta, stampa ed editoria 135 123 -8,8 172 142 -17,3

Coke, prodotti petroliferi e di combustione nucleare

- - - 1 2 308,6

Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali

370 430 16,3 561 441 -21,4

Articoli in gomma e materie plastiche 260 256 -1,7 161 165 2,7

Prodotti della lavorazione di minerali metalliferi

292 295 1,1 58 59 1,2

Metalli e prodotti in metallo 336 339 0,9 292 297 1,6

Macchine ad apparecchi meccanici 594 569 -4,2 475 495 4,4

Apparecchiature elettriche ed ottiche 909 748 -17,7 578 539 -6,8

Mezzi di trasporto 1.239 1.287 3,9 667 657 -1,4

Altri prodotti manifatturieri 247 234 -5,3 24 22 -9.5

Energia elettrica e gas - - - 2 0 -81,2

Prodotti delle altre attività 23 40 74,9 106 132 25,2

Totale 5.501 5.363 -2,5 3.926 3.741 -4,7

Fonte: Dati Ice

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Tabella 60-Regione Abruzzo: commercio estero per paese o area in valore (milioni di euro e valori %)

Esportazioni Importazioni

Paesi e Aree 2003 Quota %

Var. % sull’anno

precedente 2003 Quota %

Var. % sull’anno

precedente

Area dell’euro 2.843 53,0 -5,7 1.885 50,4 -9,1

Regno Unito 445 8,3 33,4 158 4,2 5,4

Paesi dell’Europa centro-orientale 635 11,8 6,0 265 7,1 -7,9

Altro paesi europei 284 5,3 10,9 373 10,0 -20,3

America settentrionale 444 8,3 -20,2 268 7,2 14,8

di cui Stati Uniti 404 7,5 -21,8 237 6,3 14,1

America centro-meridionale 82 1,5 -16,8 21 0,6 1,9

Asia 499 9,3 -4,3 655 17,5 14,8

Africa, Australia e altri 132 2,5 7,6 114 3,0 -6,3

Totale 5.363 100,0 -2,5 3.741 100,0 -4,7 Fonte: dati Ice

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D.6. Porto di Ortona: analisi del potenziale traffico combinato marittimo-stradale ed unitizzato

La crescita della domanda di trasporto merci in Italia negli ultimi anni è stata influenzata da alcuni fattori strutturali quale il processo dell’integrazione economica europea, che comporta il libero spostamento delle persone e delle merci sul territorio dell’Unione, la nascita dell’Euro, l'armonizzazione fiscale tra i paesi europei, nonché l’allargamento dell’Unione Europea ai paesi dell’Est, fanno ritenere che il processo di integrazione commerciale e la conseguente crescita dell’interscambio fra i paesi del vecchio continente si andrà ulteriormente rafforzando nei prossimi anni. Il processo di liberalizzazione dei servizi di trasporto e di accesso alle infrastrutture, che ha comportato la trasformazione dei trasporti da settore protetto a settore esposto alla concorrenza del mercato, sia nazionale che internazionale rappresenta un altro importante fattore. Negli ultimi anni sono cadute le barriere al servizio di cabotaggio nei diversi modi di trasporto, rendendo possibile a qualunque impresa di un paese dell’Unione Europea di effettuare collegamenti tra località situate all’interno di un altro paese dell’Unione.

Un ulteriore fattore è costituito dall'evoluzione dell'economia europea e dei sistemi di produzione. Il passaggio da un'economia di "stock" ad un'economia di "flusso", è stato

accentuato dalla delocalizzazione delle imprese ad elevata intensità di manodopera che, al fine di ridurre i costi di produzione, hanno spostato importanti fasi della produzione a grande distanza dalla località di assemblaggio finale e da quella di consumo. Inoltre, i fenomeni indotti dallo sviluppo della logistica, come la frammentazione delle consegne, la riduzione della dimensione dei lotti, l'aumento del numero medio delle referenze e la maggiore rapidità del servizio favoriscono, grazie alla sua maggiore flessibilità, l'impiego del trasporto su strada sia sulle medie che sulle lunghe distanze. Infatti, l’autotrasporto, oltre ad assorbire quasi interamente il traffico a breve distanza (inferiore a 50 km), va ad integrare quasi tutte le operazioni di trasporto, marittime, ferroviarie ed aeree, che necessariamente hanno bisogno del segmento stradale per essere completate.

Il porto di Ortona ben si può inserire nel quadro dei traffici marittimi e delle connesse attività logistiche del Mar Adriatico in cui è già presente una fitta rete di servizi misti passeggeri e merci che collegano prevalentemente i porti greci dello Ionio (Patrasso ed Igoumenitsa), i porti della Albania, della Croazia e del Montenegro, con i porti italiani del basso (Brindisi, Bari e Taranto) e del medio/alto Adriatico (Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste). Si tratta prevalentemente di servizi effettuati con navi traghetto del tipo roll on - roll off (ro-ro), caratterizzate dal fatto che possono imbarcare e sbarcare veicoli stradali dotati di motrice e non. In particolare nel caso di veicoli dotati di propria motrice si

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tratta del cosiddetto trasporto combinato mare-strada "accompagnato", ovverosia insieme ai veicoli viaggiano anche gli autisti, quindi generalmente la tratta marittima costituisce una fase intermedia dell'intero tragitto da origine a destinazione, composto da una fase iniziale da origine al porto di imbarco, dalla fase di trasporto marittimo, e da una fase terminale dal porto di sbarco al luogo di destinazione. In tali casi si può dire che la tratta marittima è integrata all'interno di una catena di attività di movimentazione e trasporto unitaria in cui il carico viaggia sempre insieme al veicolo primario che lo trasporta anche se lo stesso viene ad essere a sua volta trasportato da un altro (traghetto ro-ro), pertanto, le valutazioni economiche circa la sua competitività rispetto al trasporto tutto-strada vanno eseguite considerando la opportunità/necessità di effettuare segmenti del viaggio utilizzando la via marittima che comportano costi di movimentazione piuttosto contenuti (movimentazione orizzontale "rolling") per le imprese di trasporto e tariffe per la tratta marittima competitive rispetto ai costi aziendali di percorrenza stradale.

Altra tecnica di trasporto intermodale marittimo-stradale è invece costituita dal combinato "non accompagnato" nel quale a viaggiare a bordo sempre di traghetti ro-ro sono soli i rimorchi ed i semirimorchi, definiti trailer, senza il trattore stradale. In tale caso la fase di trasporto marittimo può intendersi più autonoma in quanto vengono imbarcati soltanto carichi contenuti nei semirimorchi e casse mobili che

possono essere considerati delle unità di carico intermodali. Infatti, la tipologia più comune di trailer è quella definita "classe A" che sostanzialmente per dimensioni e capacità di carico è equivalente ad un container da 40 piedi (circa 13 metri di lunghezza, 2,4 di altezza e 2,4 di larghezza). Il fatto che viene ad essere trasportata la sola unità di carico dotata di ruote, comporta che si possono ottenere gli stessi vantaggi del trasporto "accompagnato" ma a minori costi principalmente per la assenza degli autisti durante la fase marittima e per la possibilità di movimentare velocemente e a costi contenuti i carichi in modo orizzontale trainandoli a bordo e scaricandoli a mezzo di speciali trattori portuali. Rispetto al combinato "accompagnato" tale tecnica intermodale presuppone una organizzazione logistica funzionale in senso tecnico ed economico a tele tipologia di tecnica e di traffico, infatti, è necessario che l'unità di carico stradale verga trasportata dal luogo di origine al porto di imbarco per poi essere lasciata per compiere la tratta marittima ed essere ripresa da un altro trattore stradale allo sbarco per essere trasportata via strada al luogo di destinazione. In tale caso le tratte stradali, se di medio/breve distanza, si definiscono "terminalizzazioni stradali" ed l'intero processo di trasporto da origine a destinazione si configura come un vero e proprio trasporto intermodale caratterizzato da movimentazione più semplice, veloce e meno onerosa rispetto al trasporto intermodale effettuato con container, ma che richiede una specifica

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organizzazione portuale e delle imprese di trasporto stradale che in genere si riscontra nei terminal dotati di attrezzature e personale specializzato che operano lungo direttrici di traffico che assicurano per quantità e valore volumi tali da compensare i necessari maggiori costi fissi, come ad esempio la disponibilità a rotazione di trailer nei porti e un elevato numero di trattori stradali da utilizzare per le terminalizzazioni. In genere tali servizi sono forniti da operatori specializzati che dispongono di risorse tecniche ed organizzative sufficienti a garantire continuità, regolarità ed efficienza su determinate correnti di traffico in stretta combinazione ed integrazione con i servizi marittimi forniti da compagnie di linea altrettanto specializzate nel trasporto intermodale e combinato.

La principale tipologia di traffico utilizzato resta il trasporto a mezzo di container marittimi che nel caso dell'Adriatico si può principalmente riferire alla rete di collegamenti feeder tra porti regionali dell'Adriatico ed i grandi hub terminal del Mediterraneo centro-meridionale (Taranto, Gioia Tauro, Pireo) per il traffico trans-oceanico, oltre che a servizi diretti full-container effettuati in genere con navi di medie dimensioni lungo le principali rotte di collegamento intra-Mediterraneo.

L'approccio di studio e di ricerca sarà pertanto improntato alla definizione e valutazione del possibile ruolo che il porto

di Ortona può e potrà avere quale nodo e/o punto di accesso del cosiddetto "corridoio adriatico" e della rete trasversale plurimodale centro-mediterranea che dall'area balcanica (comprensiva della Turchia e dei paesi dell'ex Unione Sovietica) attraversa l'Italia e si protrae sino alla Francia meridionale ed alla penisola iberica. In tal senso la localizzazione geografica del porto di Ortona appare particolarmente favorevole disponendo del migliore collegamento stradale trasversale per livello di servizio dell'Italia centrale rappresentato dall'Autostrada A25 Pescara/Chieti-Roma.

A titolo esemplificativo, le schede seguenti mostrano alcuni tra i principali servizi marittimi internazionali ro-ro e container, attualmente in essere nel Mar Adriatico con particolare riferimento ai porti del medio-alto Adriatico (Ancona, Venezia e Trieste) suddivisi per area geografica di relazione. La rete internazionale "adriatica" nel complesso è di notevoli dimensioni per capacità di offerta e di elevato grado di connettività tra molteplici nodi mondiali, a conferma del grado di maturità da essa raggiunto in termini quantitativi e qualitativi, anche grazie al recente sviluppo dei traffici feeder con i grandi terminal container del basso Mediterraneo, Taranto e Gioia Tauro.

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Sono stati individuati tre diversi ma integrati livelli di analisi di traffico per la determinazione della domanda potenziale di servizi marittimi in partenza/arrivo porto di Ortona:

a) traffico stradale merci nazionale ed estero circolante sulla rete stradale italiana con origine/destinazione regione Abruzzo, con particolare attenzione per le aree produttive abruzzesi (distretti) e per gli insediamenti industriali e di distribuzione (conversione modale "strada-mare" a livello nazionale ed internazionale);

b) traffico combinato marittimo-terrestre dell'Adriatico con particolare riferimento al trasporto effettuato con navi ro-ro e ro-pax tra i porti greci e dell'ex Jugoslavia ed i porti italiani a sud (Taranto, Brindisi e Bari) ed a nord (Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste) di Ortona. In tale contesto vanno anche analizzate le possibilità di sviluppo della rete delle cosiddette "autostrade del mare" italiane ed europee (Short Sea Shipping) che stanno fortemente rilanciando il cabotaggio intermodale tra porti italiani, in specie nei collegamenti a medio-lungo raggio nord-sud (diversione dai principali scali adriatici a sud ed a nord di Ortona);

c) traffico marittimo container particolarmente riferito alla rete di collegamenti feeder tra porti regionali dell'Adriatico ed i grandi hub terminal del

Mediterraneo centrale (Taranto, Gioia Tauro, Malta, Pireo) per le connessioni con la fitta rete di linee marittime containerizzate intermediterranee e intercontinentali (attrazione di traffico dalla rete mediterranea e transoceanica). Inoltre, è stato analizzato il traffico in navigazione di cabotaggio nazionale delle regioni italiane del bacino Adriatico per la stima del potenziale traffico interregionale nazionale (Puglia, Molise, Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli).

Sono stati ricostruiti, con specifico riferimento alle suddette tipologie di traffico, le dimensioni quantitative e, laddove possibile in valore, dei traffici attuali interessanti l'area di studio (Ads) ripartiti nelle seguenti direttrici bidirezionali, sulle quali sono stati costruiti itinerari "di progetto" confrontati con le attuali scelte modali e del porto di scalo da parte della domanda e degli operatori di trasporto marittimo:

Traffici diretti:

o Ads - nord Italia - nord/est Europa (corridoio adriatico - Brennero e/o Trieste/corridoio V UE);

o Ads - nord Italia - nord/ovest Europa (corridoio adriatico e/o tirrenico - Lombardia/Piemonte/corridoio V UE);

o Ads - sud Italia - Balcani/Grecia/Turchia (corridoio VIII UE);

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o Ads - sud Italia - Sicilia/Mediterraneo meridionale e medio orientale.

Traffici in transito:

o Balcani/Grecia/Turchia - Ads - nord Italia - nord Europa;

o Balcani/Grecia/Turchia - Ads - centro/nord Italia - nord/est Europa;

o Balcani/Grecia/Turchia - Ads - centro/nord Italia - nord/ovest Europa;

o Balcani/Grecia/Turchia - Ads - centro/sud Italia - Mediterraneo meridionale e medio orientale.

Ai fini della stima della potenziale domanda di trasporto merci unitizzato marittimo, ed in particolare per la identificazione di scelte modali alternative rispetto al tutto-strada da parte degli operatori/decisori di trasporto, si è proceduto alla ipotetica previsione di esercizio di servizi regolari di linea specializzati per tipologia di traffico unitizzato (TIR, trailer, container) compatibili con l'attuale assetto del traffico merci in origine e destinazione dalla e per la regione Abruzzo. Tali scenari di esercizio di linee marittime sono resi necessari dalla attuale "non presenza" sul mercato di servizi facenti capo direttamente al porto di Ortona caratterizzato esclusivamente da traffico di rinfuse secche (materiali per l'edilizia e granaglie) e liquide (prodotti petroliferi). I servizi ipotizzati sono stati utilizzati quindi per

la determinazione delle variabili fondamentali delle scelte di trasporto (in primis costi e tempi) alternativi rispetto alle attuali scelte di trasporto stradale e/o di trasporto marittimo originato/destinato all'area di studio (Abruzzo) ma servito da altri porti del Mar Adriatico.

La costruzione degli scenari di traffico è stata effettuata sulla base-dati più recente disponibile da varie fonti ed elaborati con riferimento alla situazione attuale a prescindere dai possibili sviluppi infrastrutturali che il porto di Ortona potrà subire nel breve-medio periodo e pertanto non sono state elaborate previsioni di sviluppo dei traffici in ragione del prevedibile assetto infrastrutturale, operativo e gestionale del porto in questione. In sostanza, in tale prima fase di analisi, per motivi prudenziali non si è preferito elaborare previsioni circa il potenziale di attrazione di traffico aggiuntivo rispetto agli attuali flussi plurimodali rilevati dalle fonti statistiche, che il porto potrà esercitare in virtù di interventi di potenziamento e miglioramento delle infrastrutture e dei servizi.

D.6.1. Conversione modale da traffico stradale con origine/destinazione Area di studio (Regione Abruzzo).

Un primo livello di analisi ha riguardato i flussi di veicoli e quantità di merci trasportate su strada con riferimento alla matrice interregionale ISTAT 2002 rielaborata per macroaree

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nazionali e per settori merceologici di interesse. Sono stati considerati i traffici con origine e destinazione regione Abruzzo e macroare italiane nord-ovest, nord-est, sud ed isole nonché estero (flussi in entrata ed in uscita ai confini nazionali).

Sono state determinate le ipotetiche funzioni di utilità dello spostamento modale considerando i valori economici di costo e di tempo medio dello spostamento da origine a destinazione per le due alternative modali (tutto-strada e ro-ro). Dai flussi di traffico si è stimata la domanda potenziale che utilizzerebbe i nuovi servizi marittimi in determinate condizioni. La stima della domanda che potrà utilizzare il trasporto combinato marittimo-stradale è stata valutata quindi in funzione dei tempi e dei costi relativi ai due sistemi alternativi.

Il modello di scelta delle alternative modali utilizzato per la valutazione della domanda è un modello logit binomiale del tipo:

( )( ) ( )ms

m

UexpUexpUexp

+=mP

dove:

mP = probabilità di scelta del combinato marittimo

mU = utilità del modo combinato marittimo

percepita dall’utente

sU = utilità del modo tutto-strada percepita

dall’utente.

Le utilità sono funzioni lineari del tempo e del costo viaggiatori, del tipo:

( ) ( ) γβα ++= tempocostoUtilità

dove:

, , , γβα costituiscono i parametri del modello.

Applicando parametri (riscontrabili in letteratura e calibrati con tecniche statistiche al caso specifico) per interventi e condizioni economiche analoghe, si sono determinati i coefficienti di conversione modale da strada a combinato marittimo ottenuti dall'applicazione del modello in funzione della stima delle variazioni nei tempi e nei costi di trasporto nelle due alternative, considerando i seguenti scenari ipotetici (what if) di esercizio di linee ro-ro dal porto di Ortona sulle relazioni nord-sud adriatiche:

a) Ortona-area nord-adriatico (area Venezia)

b) Ortona-area sud-est adriatico (area Patrasso)

Sulla relazione Ortona-nord-adriatico sono stati considerati anche i traffici con l'estero ed in particolare con il nord Europa occidentale ed orientale.

In prima applicazione si è previsto un costo della tratta marittima (tariffa praticata dalla compagnie di navigazione)

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pari all'equivalente costo monetario stradale operativo (personale, carburante, pedaggi, consumi generali, ecc.), mentre sono stati calcolati tempi di percorrenza prevedendo velocità medie marittima di 20 nodi e stradale di 50 km/h, oltre ai tempi tecnici necessari (carico/scarico, altre operazioni terminali, ecc.). E' stato inoltre previsto uno scenario "basso" considerando il peggioramento dei parametri economici (costo e tempo) dell'ordine del 20%. Le prime stime ottenute sono pertanto da considerarsi prudenziali e necessitano di opportune ulteriori calibrazioni del modello.

Si sono ottenuti i seguenti primi risultati:

Scenario "alto"

o Ortona-area nord-adriatico: 128 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno);

o Ortona-area sud-est adriatico (Grecia): 58 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno).

Scenario "basso"

o Ortona-area nord-adriatico: 105 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno);

o Ortona-area sud-est adriatico (Grecia): 47 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno).

Il totale dei veicoli/giorno medi in entrambe le direzioni "convertiti" dalla strada al combinato marittimo potrebbe consentire l'esercizio di una linea ro-ro con una coppia di navi giornaliere dalla capacità di 70/90 veicoli stradali (accompagnati e non accompagnati) anche se in particolare nello scenario "basso" i traffici non sono particolarmente elevati ed abbastanza bilanciati nelle due direzioni.

D.6.2. Traffico combinato marittimo-terrestre dell'Adriatico (diversione dai principali scali adriatici a sud ed a nord di Ortona)

La domanda proveniente dall'area di studio stimata in precedenza è però da mettere in relazione anche con la potenziale attrazione a sud ed a nord che il porto di Ortona può esercitare intercettando ulteriore domanda sulla direttrice nord-sud adriatica, andando a "deviare" traffico che allo stato attuale si serve di altri porti del corridoio adriatico e che potrebbero trovare maggiore convenienza a servirsi del porto di Ortona strategicamente baricentrico anche per i traffici con il centro-nord italiano. L'analisi statistica di tale possibilità di deviazione di traffici dagli altri porti dell'Adriatico è stata effettuata considerando i traffici attuali ro-ro dei principali porti dell'Adriatico.

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Tabella 61- Traffico Ro-Ro- porti dell'Adriatico

Porto RO-RO (trailer)

Ancona 199.000

Trieste 214.000

Ravenna 38.000

Venezia 92.000

Brindisi 92.000

Bari 118.000

Totale 753.000

Fonte: ISTAT, CNEL, 2002

Per la ricostruzione delle principali direttrici dei suddetti flussi di traffico mare-strada sono stati utilizzati i risultati di un indagine svolta al porto di Ancona e riportata nello studio a cura del CSST per la Regione Marche: "Studio di fattibilità per il trasporto combinato per i rimorchi ed i semirimorchi da Ancona all'Europa del nord", 2004. L'indagine condotta su un campione di circa 800 interviste rivolte agli operatori di trasporto stradale ha evidenziato la ripartizione del traffico di provenienza dalla Grecia aggregata per macro-direttrici di origine/destinazione riportata nella seguente tabella.

Tabella 62- Ripartizione per macro-direttrici del traffico Ro-Ro del Mar Adriatico (Grecia-UE)

Italia centro-settentrionale

Europa centro-settentrionale

(Germania-Belgio-Olanda-Gran

Bretagna)

Europa centro-

occidentale (Francia-Spagna)

Totale %

Grecia 15,6 40,9 25,0 81,5

Turchia 5,6 3,7 2,9 12,1

Croazia-Albania-

Bosnia-Serbia6,4 6,4

Totale 27,5 44,7 27,8 100,0

Fonte: CSST, 2004

Applicando ai traffici ro-ro dei porti dell'Adriatico ripartiti per macro-direttrici, coefficienti di attrazione del porto di Ortona stimati con il modello logit binomiale di cui sopra, sulla base dei differenziali di costo e tempo rispetto all'imbarco ed allo sbarco negli altri porti considerati, nell'ipotesi di esercizio della linea area sud-est adriatico (Grecia) - Ortona - area nord-adriatico (Veneto), si sono ottenuti i seguenti primi risultati:

Scenario "alto"

o Ortona-area nord-adriatico: 43 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno);

o Ortona-area sud-est adriatico (Grecia): 119 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno).

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Scenario "basso"

o Ortona-area nord-adriatico: 35 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno);

o Ortona-area sud-est adriatico (Grecia): 95 veicoli/giorno (carico medio 10 tonn., 280 giorni/anno).

Il totale veicoli/giorno medi in entrambe le direzioni "deviati" dagli altri porti italiani dell'Adriatico potrebbe consentire l'esercizio di una linea ro-ro con una coppia di navi giornaliere dalla capacità di 70/90 veicoli stradali (accompagnati e non accompagnati) anche se in particolare nello scenario "basso" i traffici non sono particolarmente elevati ed abbastanza bilanciati nelle due direzioni.

Ipotesi di linea unica Sud-est adriatico (Grecia) - Ortona - Nord-adriatico (area Venezia)

L'analisi del potenziale traffico, in particolare nello scenario "basso", non conduce ad una previsione di esercizio favorevole considerando separatamente i due bacini di domanda, mentre, sommando i traffici dei due bacini si potrebbe prevedere l'esercizio di un'unica linea sulle tratte studiate che veda il porto di Ortona come porto di scalo della linea ro-ro servito con una coppia di navi giornaliere dalla capacità di 160/180 veicoli stradali (accompagnati e non accompagnati) visti i traffici bilanciati nelle due direzioni.

L'offerta simulata costituita dalla linea unica sud-est adriatico-ortona-nord adriatico risulterebbe utilizzata e "caricata" con traffici sia in origine-destinazione l'area di studio (regione Abruzzo) convertiti dal modo stradale, sia da traffici già presenti nel bacino dell'Adriatico sulla direttrice Grecia-Nord Europa che potrebbero trovare condizioni di maggior utilità nell'utilizzare lo scalo di Ortona rispetto alle scelte attuali. Il traffico complessivo in entrambe le direzioni risulterebbe pertanto pari a 348 veicoli/giorno medi (10 ton.) nello scenario "alto" e pari a 282 veicoli/giorno medi (10 ton.) nello scenario "basso" nell'arco temporale di un anno considerato pari a 280 giorni utili. Le tabelle seguenti riportato il traffico complessivo ro-ro previsionale del porto di Ortona su base giornaliera, annua ed in quantità sulla linea simulata, derivato dalle elaborazioni compiute sui più recenti dati disponibili nelle ipotesi di scenario "alto" e "basso".

Prevedendo l'entrata in esercizio di navi ro-ro di medio-grandi dimensioni con capacità di carico di circa 180 veicoli e frequenza giornaliera in entrambe le direzioni, si potrebbe adeguatamente soddisfare la domanda prevista. I tempi medi di percorrenza delle tratte previste, prevedendo una velocità media di circa 20 nodi (circa 35 Km/h), sarebbero di circa 15 ore nella tratta Sud-est Adriatico-Ortona e circa 14 ore nella tratta Ortona-Nord Adriatico, per un tempo complessivo di circa 30/31 ore considerando il tempo di sbarco ed imbarco nello scalo di Ortona.

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SCENARIO ALTO

Tabella 63- Scenario Alto. Simulazione carico linea marittima Ro-Ro Sud-est adriatico-Ortona-Nord adriatico (2 direzioni - veicoli/giorno)

Traffico Area di

Studio Traffico da Adriatico

Totale

Sud-est Adriatico-Ortona 58 119 177

Ortona-Nord Adriatico 128 43 171

Totale 187 162 348

Tabella 64- Scenario Alto. Simulazione carico linea marittima Ro-Ro Sud-est adriatico-Ortona-Nord adriatico (2 direzioni - veicoli/anno)

Traffico Area di

Studio Traffico da Adriatico

Totale

Sud-est Adriatico-Ortona 16.339 33.282 49.620

Ortona-Nord Adriatico 35.892 11.959 47.851

Totale 52.231 45.240 97.471

Tabella 65- Scenario Alto. Simulazione carico linea marittima Ro-Ro Sud-est adriatico-Ortona-Nord adriatico (2 direzioni - ton/anno)

Traffico Area di

Studio Traffico da Adriatico

Totale

Sud-est Adriatico-Ortona 163.386 332.816 496.202

Ortona-Nord Adriatico 358.921 119.587 478.508

Totale 522.306 452.404 974.710

SCENARIO BASSO

Tabella 66- Scenario Basso. Simulazione carico linea marittima Ro-Ro Sud-est adriatico-Ortona-Nord adriatico. (2 direzioni - veicoli/giorno)

Traffico Area

di Studio Traffico da Adriatico

Totale

Sud-est Adriatico-Ortona 47 95 142

Ortona-Nord Adriatico 105 35 140

Totale 152 131 282

Tabella 67- Scenario Basso. Simulazione carico linea marittima Ro-Ro Sud-est adriatico-Ortona-Nord adriatico. (2 direzioni - veicoli/anno)

Traffico Area

di Studio Traffico da Adriatico

Totale

Sud-est Adriatico-Ortona 13.071 26.625 39.696

Ortona-Nord Adriatico 29.388 9.920 39.308

Totale 42.459 36.545 79.004

Tabella 68- Scenario Basso. Simulazione carico linea marittima Ro-Ro Sud-est adriatico-Ortona-Nord adriatico (2 direzioni - ton/anno)

Traffico Area

di Studio Traffico da Adriatico

Totale

Sud-est Adriatico-Ortona 130.708 266.253 396.962

Ortona-Nord Adriatico 293.880 99.197 393.077

Totale 424.589 365.450 790.039

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D.6.3. Traffico internazionale marittimo container (attrazione di traffico o/d Abruzzo dalla rete mediterranea e transoceanica)

Tale parte dell'analisi è stata particolarmente riferita alla rete di collegamenti feeder tra porti regionali dell'Adriatico ed i grandi hub terminal del Mediterraneo centrale (Taranto, Gioia Tauro, Malta, Pireo) per le connessioni con la fitta rete di linee marittime containerizzate intermediterranee e intercontinentali. Dai dati Istat 2003 circa l'import-export della regione Abruzzo con le principali arre di scambio commerciale internazionale, sono stati rilevati i dati relativi al trasporto marittimo.

In particolare l'analisi è stata compiuta con specifico riferimento alle tipologie e categorie merceologiche in cui è riscontrabile l'unitizzazione dei carichi ed in modo ancor più specifico l''utilizzo di container marittimi per il trasporto internazionale. La containerizzazione investe circa il 30% del traffico marittimo internazionale e praticamente il 100% delle cosiddette "merci varie" (general cargo) non alla rinfusa. Con riferimento ai dati Istat e Conto Nazionale Trasporti (2002) relativi al trasporto merci in navigazione internazionale e di cabotaggio per merci imbarcate e sbarcate nei porti italiani suddivise per capitoli merceologici, ed i dati relativi alla movimentazione di merce in container nei porti italiani, si rileva che il 15,4% del totale traffico in tonnellate è costituito da merce containerizzata con un peso

medio pari a circa 9,5 tonnellate per ogni Teu movimentato (Twenty feet Equivalent Unit - container da 20 piedi).

L'import della regione Abruzzo trasportato utilizzando il modo marittimo dal resto del mondo in totale è pari al 2003 a 914.159 tonnellate, mentre l'export è pari a 461.311 tonnellate. Si è considerato il fatto che tali flussi in entrata ed in uscita dalla Regione Abruzzo nella attuale situazione vengono imbarcati e sbarcati da altri porti nazionali posti a varie distanze dalla regione di origine e destinazione. Pertanto, operando delle necessarie semplificazioni sono stati calcolati i fattori tempo/distanza relativi ai principali porti nazionali di cui si serve la regione Abruzzo per il traffico marittimo containerizzato, in termini di costo-tempo medio delle relazioni (ij) le Province dell'Abruzzo (i) ed i porti (j). In sostanza si tratta di stimare il potenziale di attrazione del porto in situazione "con" intervento sapendo che l'interazione tra due zone competitive è inversamente proporzionale alla distanza, misurata in termini di costo-tempo, ed alla "attrazione relativa delle zone competitive (in questo caso i porti).

Dall'applicazione di un modello gravitazionale-probabilistico con funzione esponenziale del costo-tempo del tragitto interzonale, del tipo:

Aj = Taj e -βtij

nΣj=1 Taj e -βtij

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dove:

Aj = probabilità di interazione tra i e j intesa come rapporto tra l'attrazione del porto j e quella di tutti gli altri porti (da moltiplicare per il totale traffico internazionale generato ed attratto dall'area di studio Ti);

Taj = traffico attratto da ogni singolo porto j in tonnellate/anno.

e -βtij = funzione esponenziale di impedenza rappresentata dalla distanza misurata in termini di costo-tempo (β = parametro di costo determinato empiricamente - valore del tempo).

La funzione di impedenza della distanza è stata considerata in situazione "con" intervento ipotizzando la presenza di un porto regionale rispetto alla attuale situazione di "assenza di servizi conteinerizzati" nell'area di studio e, pertanto, prevedendo distanze e costi-tempo di trasporto per il raggiungimento del porto di imbarco e/o sbarco inferiori rispetto alle attuali scelte "obbligate" da parte dei decisori di trasporto. Tali scelte attualmente sono condizionate dalla utilizzazione di porti adriatici e tirrenici a seconda della specializzazione geografica per relazione servita, per condizioni economiche di vantaggio, per la qualità dei servizi offerti e per altre variabili strategiche di tipo logistico e commerciale con riferimento a rapporti istaurati tra aziende di produzione/distribuzione, locali, operatori di trasporto e logistica e importatori ed esportatori internazionali. Per

esigenze di semplificazione sono stati considerati i porti posti ad una distanza media dalle province abruzzesi non superiori a circa 400 km (Ancona, Civitavecchia, Napoli, Salerno e Bari).

La presenza ipotetica di un porto abruzzese atto a fornire servizi containerizzati internazionali, ha consentito di stimare quote di traffico "attratto" dal porto di Ortona con specifico riferimento al traffico marittimo internazionale con origine/destinazione regione Abruzzo, in due scenari previsionali definiti "alto" e "basso".

I risultati dell'analisi hanno evidenziato:

Scenario "alto"

o traffico container internazionale o/d Abruzzo: circa 8.000 Teu/anno (carico medio 9,5 Ton/Teu);

Scenario "basso"

o traffico container internazionale o/d Abruzzo: circa 6.500 Teu/anno (carico medio 9,5 Ton/Teu).

Tali potenziali traffici container lasciano prevedere il possibile esercizio di una nave feeder di piccole dimensioni che compia una toccata settimanale per un carico/scarico medio di circa 155 Teu/settimana nello scenario "alto" e di circa 125 Teu/settimana nello scenario "basso". Tale esercizio di linea va evidentemente riscontrato all'interno del mercato attuale delle linee feeder adriatiche che principalmente si diramano dagli hub di Taranto e Gioia Tauro, compiendo più

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toccate settimanali lungo i porti dell'Adriatico con frequenze pari ad un porto/giorno sulle linee con cadenza settimanale di collegamento al porto hub. Infatti, generalmente le esigenze operative di queste linee comportano essenzialmente la necessità di servire 7 porti in 7 giorni, effettuando una rotazione tra i porti di scalo pari a 7 giorni e/o a multipli di 7 giorni.

D.6.4. Traffico nazionale marittimo container (attrazione di traffico di cabotaggio nazionale dal bacino adriatico)

Per la stima del potenziale traffico merci containerizzate con origine/destinazione porti italiani si sono utilizzate le statistiche Istat relative al trasporto merci in navigazione di cabotaggio e della movimentazione merce in container nei principali porti italiani in tonnellate ed in Teu (Twenty feet Equivalent Unit - container da 20 piedi). In particolare è stata utilizzata la matrice elaborata dall'Istat delle merci trasportate in navigazione di cabotaggio per regione di imbarco e sbarco all'anno 1998, aggiornata sulla base dei trend evolutivi del traffico rilevati dalle statistiche più recenti di fonte Istat e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Conto Nazionale dei Trasporti 2002). Il porto di Ortona allo stato attuale è caratterizzato da traffico prevalentemente rinfusiero pari a 1.352.000 tonnellate di cui 966.000 in navigazione di cabotaggio e 386.000 in navigazione internazionale. Si tratta in grande maggioranza di prodotti

petroliferi vista la presenza del deposito costiero Eni-Agip, ed in quota minoritaria di altre rinfuse secche quali granaglie e materiali edili mentre, come già evidenziato, sono del tutto assenti traffici unitizzati general cargo.

Per il complessivo traffico interregionale adriatico si rileva una certa differenza rispetto al totale internazionale dei traffico containerizzati, infatti questi sono pari al 6,1% del totale del taffico di cabotaggio dell'Adriatico, quota inferiore a quanto rilevato con riferimento al complessivo traffico internazionale e di cabotaggio della merce in container movimentata nei porti italiani. Il peso medio della merce in container risulta pari a 8,6 Ton/Teu. Sono stati considerati i flussi di merce movimentati nei porti dell'Adriatico con origine/destinazione le regioni italiane che si affacciano su di esso con esclusione dei traffici interni alle regioni in tonnellate trasformate in Teu applicando i parametri statistici medi esposti. Dall'applicazione del modello gravitazionale esposto al punto precedente, in cui la funzione di impedenza della distanza è stata considerata ipotizzando in situazione "con" intervento la presenza di un porto regionale rispetto alla attuale situazione di assenza di servizi conteinerizzati, pertanto, prevedendo distanze e costi generalizzati di trasporto per il raggiungimento del porto di imbarco e/o sbarco inferiori rispetto alle attuali scelte da parte dei decisori di trasporto, sono stati stimati dei coefficienti di attrazione di traffico di cabotaggio nazionale containerizzato

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rispetto agli attuali traffici interregionali del bacino del Mar Adriatico.

Tale analisi econometrica ha condotto al risultato di un potenziale traffico container di circa 2.100 Teu/anno che difficilmente giustificherebbe l'esercizio di una linea di navigazione dedicata ma soltanto il possibile sfruttamento migliore della linea feeder di cui si è analizzata la domanda potenziale al punto precedente. Per tale motivo è stato ritenuto opportuno non procedere a stime alternative di scenari con diversi livelli di domanda potenziale frutto di calibrazioni modellistiche e valutazioni dei parametri economici più o meno favorevoli nelle ipotesi di possibile attrazione di traffico del porto di Ortona, scaturenti appunto dal diverso peso attributo ai principali parametri esplicativi della domanda di trasporto merci (costi e tempi).

Va evidenziato però che si tratta di traffici che presuppongono toccate nei porti adriatici regionali relative al cabotaggio nazionale di cui andrebbe studiata e analizzata la compatibilità dell'altra quota di domanda di traffico internazionale di adduzione agli hub del Mediterraneo centro-meriodionale (Taranto e Gioia Tauro).

Volendo prevedere il carico medio di una linea marittima containerizzata, sommando i traffici interadriatici di cabotaggio nazionale e quelli stimati al punto precedente di traffico feeder internazionale da/per l'Abruzzo, si ottiene una domanda complessiva di circa 10.100 Teu/anno nello

scenario "alto" e circa 8.500 Teu/anno nello scenario "basso", che lasciano prevedere il possibile esercizio di una nave feeder di piccole dimensioni che compia una toccata settimanale per un carico/scarico medio rispettivamente di 195 e 165 Teu/settimana. Generalmente le esigenze operative di queste linee comportano essenzialmente la necessità di servire 7 porti in 7 giorni, pertanto dovrebbe essere approfondita la possibilità di scalare ad esempio i principali porti regionali italiani e balcanici dell'Adriatico e di connetterli ad un grande hub terminal intercontinentale (ad esempio, Taranto, Ortona, Spalato, Koper, Venezia).

D.6.5. Conclusioni

Le analisi condotte su basi econometriche hanno interessato due settori specifici del mercato del trasporto merci via mare: il traffico ro-ro, derivante dal combinato gomma-nave ed il traffico container.

In particolare parte del traffico ro-ro può ipotizzarsi generato (grazie alle supposte cambiate condizioni di appetibilità, in termini di affidabilità e tempi, del porto di Ortona), parte deviato da altri scali dell’Adriatico. Per il traffico ro-ro ed il traffico container di merci o/d Abruzzo, si è considerato opportuno la costruzione di due scenari uno “alto”, più ottimista, l’altro “basso” maggiormente cautelativo. Occorre sottolineare che sono in corso colloqui, ancora informali, con operatori sulle linee marittime, atti a verificare sia la

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compatibilità delle stime sopra illustrate con il mercato reale sia la coerenza con la sensibilità degli operatori del settore.

In sintesi i dati quantitativi possono essere così riassunti:

o il traffico ro-ro può far registrare volumi oscillanti fra i 974 mila ton/anno ai 790 mila ton/anno,

o il traffico container può far registrare una domanda complessiva oscillante fra i 10.100 Teu/anno ed i 8.500 teu/anno.

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E. Fonti di Finanziamento Pubbliche

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E.1. Indicazioni sulle fonti finanziarie disponibili per l’attuazione di interventi in ambito portuale e dei servizi marittimi

L'attuale quadro normativo per l'erogazione di risorse finanziarie a favore del settore marittimo va analizzato con riferimento alle due tipologie principali di interventi candidabili a finanziamento:

a) opere infrastrutturali portuali e connesse;

b) servizi di trasporto marittimo e combinato.

Con riferimento al primo punto la novità più importante degli ultimi anni è sicuramente rappresentata dalla Legge 443/2001 "legge Obiettivo" che individua le opere strategiche da finanziare sulla base di un programma che, approvato con la procedura stabilita dalla Legge, è inserito nel DPEF con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Il programma è articolato per sottosistemi che investono i macrocomparti della mobilità nelle sue varie componenti (valichi, ferrovie, viabilità, porti, interporti, sistemi urbani, etc.), dell'emergenza idrica nel Mezzogiorno, energetico e delle telecomunicazioni. Il programma individua gli interventi in una logica complessiva di sistema, che - per quanto attiene in particolare agli investimenti per la mobilità - è coerente con il disegno di rete tracciato dal Piano Generale dei Trasporti e presuppone una lettura integrata degli interventi medesimi e di quelli ricompresi nei piani dei

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singoli settori trasportistici. Le prossime leggi finanziarie garantiranno la copertura aggiuntiva fino a raggiungere l'impegno globale assunto dal Governo nel DPEF dello scorso anno e, al tempo stesso, incentiveranno sempre più le soluzioni che coinvolgono capitali privati nella realizzazione delle grandi infrastrutture. L'inserimento di tutti gli interventi individuati nel Programma nelle Intese Generali Quadro, nelle Intese istituzionali di programma e nei relativi Accordi di programma quadro potrà consentire di avvalersi di meccanismi di semplificazione e di monitoraggio propri di quegli strumenti. Nel programma delle opere strategiche per il triennio 2003-2006, con una dotazione complessiva di circa 85 Mld di euro non è però inclusa nessuna opera portuale.

In materia di pianificazione e programmazione di opere infrastrutturali portuali i principali soggetti pubblici competenti sono le Autorità Portuali, enti pubblici la cui capacità di programmazione ed investimento dipende in parte preponderante dall’entità di finanziamenti erogati dallo Stato. Le Autorità Portuali sono da considerarsi enti pubblici nazionali, essendo state istituite dalla Legge n. 84/94 ed essendo chiamate - nel proprio ambito territoriale di competenza - a dare attuazione ed a realizzare gli obiettivi perseguiti dal Piano Generale Nazionale dei Trasporti. Nei porti ove sono state istituite le Autorità Portuali è inoltre espressamente previsto che lo Stato ha l’onere di destinare risorse per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione.

Il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 3/6/2004 attuativo della legge 166 del 2002 garantisce nuovi finanziamenti per lo sviluppo delle infrastrutture portuali italiane. Per il periodo 2003 e 2004 gli stanziamenti del Governo ammonteranno a circa 95 milioni di euro, il 20% dei quali dovrà essere destinato allo sviluppo delle autostrade del mare. L'opera di finanziamento avrà carattere quindicinale, è porti che riceveranno i finanziamenti più elevati saranno Genova, 148 milioni, Civitavecchia, 126,6 milioni e Livorno, 117,2 milioni. Non sono previsti interventi per porti in cui non è stata istituita l'Autorità Portuale eccetto il caso del Comune di Manfredonia, lo stanziamento complessivo è stato pari a circa 1,4 Mld di euro.

Altre fonti finanziarie attivabili vanno ricercate nell'ambito della programmazione regionale dei trasporti, in particolare nelle Regioni in cui è prevista la partecipazione dei Fondi Strutturali dell'U.E. (Obiettivo 1 e 2) per il periodo 2007-2013 che sta per essere varata dalle competenti Autorità Comunitarie, nazionali e regionali. Inoltre, l'azione di programmazione regionale di interventi infrastrutturali trova attuazione con l'inserimento negli strumenti di programmazione Stato-Regioni quali le Intese Generali Quadro, le Intese Istituzionali di Programma e nei relativi Accordi di programma quadro che consente di avvalersi di meccanismi di semplificazione e di monitoraggio propri di quegli strumenti.

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Con riferimento al secondo punto, recenti strumenti di incentivazione al trasporto marittimo muovono dall'esperienza compiuta in ambio europeo con il Programma Marco Polo. Nel 2002 la Commissione europea ha adottato la proposta di Regolamento relativo alla concessione di contributi finanziari comunitari destinati a migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci (COM (2002) 54), prevedendo un nuovo dispositivo finanziario per promuovere l’intermodalità denominto Programma "Marco Polo". MARCO POLO prevede dei finanziamenti per tre tipi di azioni:

1. Azioni di trasferimento, volte a spostare quanto più traffico merci possibile dalla strada verso il trasporto marittimo a corto raggio (o Short Sea Shipping) e le vie navigabili interne. Tali azioni riguardano esclusivamente i servizi di trasporto nella loro fase di avviamento. Il contributo finanziario è limitato ad un massimo del 30% del costo complessivo dell’azione incluse le spese legate alle infrastrutture ausiliarie;

2. Azioni catalizzatrici, volte a superare le barriere strutturali presenti nel mercato comunitario che ostacolano il suo buon funzionamento, la competitività del trasporto marittimo a corto raggio e delle vie navigabili interne. L’obiettivo è quello di realizzare un’evoluzione effettiva del mercato. Verranno privilegiate le azioni volte a rafforzare il concetto di "Autostrade del Mare" inteso nel senso del Libro Bianco (p.e. linee marittime volte ad aggirare le strozzature fisiche dei

valichi delle Alpi o delle Pirenei). Il contributo finanziario è limitato ad un massimo del 35% dei costi necessari per sviluppare l’azione, incluse le spese relative alle infrastrutture ausiliarie per l’azione;

3. Azioni di apprendimento volte a migliorare i servizi commerciali offerti sul mercato, le conoscenze logistiche nel settore merci promovendo metodi e procedure avanzate di cooperazione al fine di migliorare le prestazioni ambientali del settore stesso. E' stata prevista una dotazione finanziaria pari 75 milioni di euro per il periodo 2003-2006 (cumulabili con gli aiuti di stato per il trasporto intermodale).

A livello nazionale la Legge 265/2002 ha previsto inventivi finanziari per la sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento dell'intermodalità con particolare riferimento alle "autostrade del mare". Dopo anni di blocco dei fondi in attesa dell'approvazione del regime di aiuti da parte della Commissione europea, sono stati resi disponibili 240 Milioni di euro per tre anni per favorire il trasferimento di quote di traffico merci dalla strada al mare. Sono previsti contributi alle imprese di autotrasporto che si serviranno di servizi marittimi già esistenti o di nuova istituzione. Si tratta di "bonus" a fondo perduto calcolati in base alla differenza tra costi esterni (inquinamento, incidentalità, ecc.) prodotti dal trasporto e quelli prodotti da trasporto combinato marittimo che sono decisamente inferiori. Il "bonus" in ogni caso non potrà essere superiore al 20% delle tariffe attuali sulle rotte esistenti e del 30% su quelle nuove ed in ogni modo non

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potrà essere superiore al 30% dei costi di trasporto globali né al differenziale tra i costi esterni del trasporto su strada e quelli del trasporto marittimo sulla tratta specifica.

Allo stato attuale si è in attesa del Regolamento di attuazione da parte del Ministero per dare l'avvio alla fase di

presentazione delle domanda di agevolazione da parte delle imprese, di consorzi e di associazioni di operatori.

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F. Il Quadro Conoscitivo Giuridico Amministrativo

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F.1. Caratteristiche generali delle società di trasformazione urbana

F.1.1. Quadro normativo di riferimento

Le Società di Trasformazione Urbana (da ora in poi STU) sono state introdotte nel nostro ordinamento dall’art. 17, comma 59 della Legge n.127/1997 (successivamente recepito integralmente dall’art. 120 del DLgs. n.267/2000, recante Testo Unico in materia di enti locali). Tale normativa è stata, successivamente, oggetto di precisazioni ad opera della Circolale del Ministero dei LL.PP.,11 dicembre 2000, Prot. n°622/Segr.

Con questo istituto il legislatore ha riconosciuto ai Comuni ed alle Città metropolitane, la possibilità di costituire società per azioni al fine di progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti.

Si tratta di società aperte ad azionisti privati che devono essere scelti tramite procedura di evidenza pubblica. Esse provvedono alla preventiva acquisizione degli immobili14

14 Sul punto: “L’art. 44 della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Collegato Infrastrutture) è intervenuto sul testo dell’art. 120, sostituendo il termine “aree” con quello di “immobili”, in tal modo ampliando ulteriormente le prospettive di utilizzazione delle STU. È infatti chiaro l’intento di superare tutti quei limiti operativi, derivanti dalla specificazione del concetto di area

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interessati dall’intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione degli stessi.

Le STU rappresentano l’ultimo degli strumenti giuridico-urbanistici elaborati dal legislatore e possono essere individuati come un’evoluzione dei tradizionali programmi urbani complessi (integrati, di recupero, di riqualificazione, PRUSST, etc.), legati ad un canale finanziario pubblico e destinati per loro stessa natura ad esaurirsi con la attribuzione delle relative risorse, al Partenariato Pubblico Privato, che invece, come si è visto, proprio nella costruzione di una governance locale, fondata su un sistema di regole certe, condivise e “contrattualizzate”, individua l’elemento chiave per una migliore organizzazione nel medio-lungo periodo dei processi di produzione del cambiamento urbano.

Per quanto sia corretto affermare che tale istituto sia stato mutuato da quello francese delle SEM (Société d’économie

di intervento, contenuta nella Circolare ministeriale esplicativa n. 622/00. Il ricorso alla STU, quindi, sembra ora ipotizzabile non più solo con riguardo ad “aree urbane consolidate” che “richiedono interventi di ristrutturazione urbanistica nettamente prevalenti su quelli di edilizia e di restauro” o che sono “caratterizzate da una particolare discontinuità qualitativa”, ma anche per le “aree libere” e cioè di espansione edilizia, nonché, a rigore, per più semplici interventi di riqualificazione immobiliare (singoli immobili o complessi di edifici). A voler concludere diversamente non sarebbe dato intendere il senso della modifica legislativa .” - R.DELLI SANTI – F.SUTTI, “Le Società di Trasformazione Urbana”, relazione tenuta al workshop “Nuove opportunità per gli Enti Locali: le S.T.U. (Società di Trasformazione Urbana)” Roma, 26 novembre 2002, Hotel Columbus

mixte)15 si deve sottolineare come parte della dottrina è concorde nell’affermare che la nascita delle STU fonda su ragioni diverse ed originali rispetto a quelle che determinarono la creazione delle società ad economia mista francesi, ragioni profondamente legate ad un contesto economico e giuridico ancora attuale.

Infatti, la legge del 1997 va a collocarsi all’interno di quel più ampio processo di privatizzazione iniziato nei primi anni ’90 e caratterizzato dalla progressiva esternalizzazione di attività, servizi e funzioni pubbliche con l’obiettivo di migliorarne la gestione ispirandosi ai principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’agire amministrativo.

E’ dunque in questa ottica che va letto l’art.17, comma 59 della Legge 127/1997 (ora art. 120 del TUEL ). Le STU rappresentano un ulteriore esempio del passaggio da un’amministrazione “dell’esserci” ad un’amministrazione “di risultato”.16

Ad onor del vero, poi, si deve ricordare che le STU non rappresentano una novità assoluta nel panorama nazionale. Infatti, a partire dagli anni ’90, sono state costituite molte società di capitali, a composizione mista pubblico-privata con la partecipazione di istituti di credito, imprese, province,

15 Per approfondimenti si rimanda a L.DE LUCIA – “L’esperienza francese delle SEM”, in Le Società di Trasformazione Urbana a cura di G.STORTO, Il Sole 24-Ore, Milano 2004 16 Cfr. M.DUGATO – Oggetto e regime delle Società di Trasformazione Urbana, in Dir. Amministrativo, n. 1/1999 Milano

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regioni, aziende municipalizzate, con l’intento di promuovere interventi di riqualificazione urbanistica di un certo rilievo.17

Tornando alla norma, la costituzione delle STU avviene con delibera del Consiglio comunale con la quale si procede anche alla individuazione dell’ambito d’intervento, l’individuazione degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per quelli non interessati da opere pubbliche18.

Per quanto riguarda l’acquisizione degli immobili oggetto dell’intervento, essa può avvenire sia consensualmente, attraverso il meccanismo della trattativa privata o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune. Gli immobili di proprietà degli enti locali interessati dall’intervento possono essere conferiti alla società anche a titolo di concessione.

I rapporti tra gli enti locali azionisti e la STU, sono regolati da un’apposita convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti.

Con l’introduzione delle STU, dunque, si è inteso fornire un nuovo mezzo per la soluzione dei problemi giuridici ed

17 Per una panoramica dei casi di società miste costituite antecedentemente alla legge n. 127/1997: S.STANGHELLINI, Le società miste per la trasformazione urbana in Italia, in Riv. Trim. Appalti, Maggioli 1998 18 Legge n. 166/2002 (Collegato infrastrutture)

economici dell’attuazione delle previsioni urbanistiche, che si affianca a quelli tradizionali, senza sostituirli19.

La Legge Urbanistica Regionale abruzzese detta norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione; nonostante la natura analitica e di dettaglio delle stesse non vi è alcun riferimento alle STU per l’evidente ragione che queste sono state introdotte nel nostro ordinamento nel 1997 e la Legge Urbanistica Regionale che qui interessa è del 1983.

Allo stato dell’opera non è possibile rinvenire nella normazione regionale alcun cenno alle STU.

F.1.2. Finalità e modalità operative

Per quanto attiene, in particolare, alle finalità perseguibili attraverso lo strumento in esame va detto, in primis, che l’art. 120 non entra nel dettaglio delle possibili modalità operative della società limitandosi a stabilire che le STU procedono alla acquisizione, trasformazione e commercializzazione degli immobili individuati con apposita delibera di consiglio comunale.

Inoltre, in mancanza di una precisa definizione normativa di “trasformazione urbana”, tale nozione, secondo parte della dottrina, andrebbe intesa nel senso più ampio, così da

19 Cfr. M.DUGATO – Oggetto e regime delle Società di Trasformazione Urbana, in Riv. di Diritto Amministrativo, Milano 1999

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potervi includere ogni attività urbanistico-edilizia, in particolare: “dall’attività di urbanizzazione, a quella di recupero del patrimonio edilizio esistente, a quella di realizzazione di nuovi insediamenti residenziali o produttivi, a quella, infine di edificazione di opere pubbliche.”20

Dunque, l’unico limite sarebbe costituito dal fatto che deve trattarsi di interventi previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti, anche se questo punto, come vedremo, si presenta controverso.

Per quanto riguarda la tipologia d’interventi che le STU possono realizzare, un primo riferimento è rappresentato dalla Circolare del Ministero dei LLPP dell’11 dicembre 2000. Essa infatti stabilisce che l’utilizzazione di uno strumento come la STU, sarebbe idoneo per aree caratterizzate da:

o “insediamenti che […] richiedono interventi di ristrutturazione urbanistica nettamente prevalenti su quelli di ristrutturazione edilizia e di restauro;

o aree caratterizzate da una particolare discontinuità qualitativa non emendabile attraverso interventi puntuali o come sommatoria di interventi singolari.”

E in ogni caso, l’intervento tramite la STU “…si attaglia alle seguenti operazioni, a prescindere dalle caratteristiche delle aree interessate”:

20 G.PAGLIARI- Le società di trasformazione urbana, in Riv. Giur. di Urbanistica 1998

o “interventi di particolare complessità e valore economico, per i quali l’amministrazione pubblica intende associare alla propria iniziativa partner privati non solo allo scopo di apportare capitali integrativi a quelli pubblici, ma anche per giovarsi di provate e qualificate esperienze per la gestione economica dell’iniziativa;

o azioni di ricomposizione e ricucitura del tessuto urbano contestuali alla realizzazione di opere infrastrutturali complesse anche a sviluppo lineare (ad esempio nuove linee di trasporto o ristrutturazioni di linee esistenti, nuovi impianti viari, ecc.)”.

Infine, nella Circolare, si sostiene che: “sono da ritenere non opportune le ipotesi di intervento su aree libere e cioè di espansione edilizia, per le quali la vigente disciplina urbanistica già predispone strumenti specifici” né vi sono “motivazioni sufficienti per quegli interventi di riqualificazione della città consolidata, conseguibili con il semplice ricorso ad una appropriata disciplina urbanistica”.

Un secondo riferimento in merito, è invece costituito dalle esperienze maturate sul campo. Ad oggi, infatti, sono diverse le STU già operative sul territorio nazionale21 e,

21 Per un approfondimento in merito si rimanda all’analisi dei casi studio in allegato al quadro conoscitivo dello studio di fattibilità: Comune di Crotone, ”Costituzione di una Società do Trasformazione Urbana per

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sintetizzando, si può affermare che gli interventi posti in essere fino ad ora abbiano riguardato principalmente:

o insediamenti abitativi;

o aree e strutture per ricerca scientifica e formazione ;

o aree e strutture per attività produttive e servizi;

o infrastrutture e opere pubbliche;

o bonifica dei suoli e miglioramento della qualità ambientale.

Altra questione di sicuro rilievo è, poi, quella riferita alle possibili modalità operative delle STU.

Un primo aspetto, in tal senso, attiene al modello organizzativo di tale società; in dottrina ci si è più volte chiesti, infatti, se esse rappresentino un modello organizzativo rigido, quindi obbligato ad attuare tutte le funzioni richiamate dal citato art. 120 (acquisire gli immobili, trasformarli e commercializzarli), oppure possa rappresentare un modello “a geometria variabile”22.

Certamente questa seconda interpretazione fornisce allo strumento una maggiore duttilità, consentendo, quindi, di adeguare più facilmente la struttura societaria ed il suo l’attuazione del Progetto Strategico Stazione” - Primo rapporto in progress, Dicembre 2004, pagg. 46 e ss. 22 R.DELLI SANTI - F.SUTTI, Le Società di Trasformazione Urbana, relazione tenuta al workshop “Nuove opportunità per gli Enti Locali: le S.T.U. (Società di Trasformazione Urbana)” Roma, 26 novembre 2002, Hotel Columbus

modello operativo allo specifico tipo di operazione di trasformazione che si intende realizzare.

Questa soluzione permetterebbe, dunque, di individuare diversi modelli operativi, da adottare a seconda delle esigenze determinate dai casi concreti e ciò, di conseguenza, consentirebbe alle amministrazioni locali proponenti di avere uno strumento capace di adattarsi anche alle situazioni di maggiore complessità.

In tal senso, un ulteriore richiamo all’esperienza sul campo o almeno alle ipotesi operative individuate in sede di studi di fattibilità, confermano la tendenza ad una concezione della STU quale strumento flessibile.

Dunque, se da una lato si possono immaginare casi in cui la STU è chiamata a svolgere tutte le funzioni che potenzialmente le competono, limitatamente ad un unico intervento, d’altro canto, si è pensato anche alla creazione di una STU holding23o ancora, nulla osta, secondo alcuni, anche ad una STU capace di agire quale agenzia di sviluppo locale - STU “omnibus” - dunque in grado di promuovere più interventi in un arco temporale molto ampio, sempre secondo un disegno unitario di trasformazione del territorio.

23 Si veda G.DELLA MEA – Livello strategico dei nuovi strumenti urbanistici: il caso del Comune di Bergamo, atti del convegno “Società di trasformazione urbana”, Affari & Finanza – Somedia, Hotel Executive, Milano 19 ottobre 2004

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F.1.3. Ipotesi di modelli operativi per la STU di Ortona

La natura conoscitiva di questa prima fase dello studio di fattibilità e lo stato attuale del processo di concertazione tra i soggetti interessati, non consente, fin da ora, di individuare con precisione un modello operativo per la STU di Ortona.

Ciò considerato e ferme restando le riflessioni più generali fatte sulla possibile operatività della STU, per il caso in oggetto si potrebbe ipotizzare un modello societario che vada a collocarsi tra due tipologie di STU le cui

caratteristiche - di seguito descritte – rappresentino due soluzioni strutturali ed operative estreme.

Prima di descrivere le caratteristiche precipue dei due modelli societari, è necessario sottolineare che entrambi si fondano sul medesimo presupposto, ovvero da un lato la condivisione e la verifica del nuovo schema di assetto dell’ambito di riferimento; dall’altro l’individuazione, sulla base delle indicazioni fornite dallo schema medesimo, delle opportunità di partenariato pubblico privato attuabili e dei

Figura 11 - Ipotesi di modelli operativi per la STU di Ortona

Modello 1Modello 1

STU capitale pubblicoSTU capitale pubblico

Modello 2 Modello 2

STU capitale pubblico / privatoSTU capitale pubblico / privato

Condivisione e verifica Condivisione e verifica schema di assetto da SdFschema di assetto da SdF

Costituzione STU di Costituzione STU di scopo per ciascuno degli scopo per ciascuno degli interventi di interventi di trasformazione individuatitrasformazione individuati

Individuazione:Individuazione:

•• Possibili operazioni di partenariato Possibili operazioni di partenariato pubblico/privato sulla base dello SdFpubblico/privato sulla base dello SdF

•• Possibilità di finanziamentoPossibilità di finanziamentoEventuale ingresso soci privatiEventuale ingresso soci privati

•• Project Project FinancingFinancing

•• Coordinamento eventuali operazioni di Coordinamento eventuali operazioni di trasformazione da parte dei privati presenti trasformazione da parte dei privati presenti nell’ambito STUnell’ambito STU

•• Marketing territorialeMarketing territoriale

Convenzione che definisce in Convenzione che definisce in dettaglio il ruolo di ciascuno dei socidettaglio il ruolo di ciascuno dei soci

Modello 1Modello 1

STU capitale pubblicoSTU capitale pubblico

Modello 2 Modello 2

STU capitale pubblico / privatoSTU capitale pubblico / privato

Condivisione e verifica Condivisione e verifica schema di assetto da SdFschema di assetto da SdF

Costituzione STU di Costituzione STU di scopo per ciascuno degli scopo per ciascuno degli interventi di interventi di trasformazione individuatitrasformazione individuati

Individuazione:Individuazione:

•• Possibili operazioni di partenariato Possibili operazioni di partenariato pubblico/privato sulla base dello SdFpubblico/privato sulla base dello SdF

•• Possibilità di finanziamentoPossibilità di finanziamentoEventuale ingresso soci privatiEventuale ingresso soci privati

•• Project Project FinancingFinancing

•• Coordinamento eventuali operazioni di Coordinamento eventuali operazioni di trasformazione da parte dei privati presenti trasformazione da parte dei privati presenti nell’ambito STUnell’ambito STU

•• Marketing territorialeMarketing territoriale

Convenzione che definisce in Convenzione che definisce in dettaglio il ruolo di ciascuno dei socidettaglio il ruolo di ciascuno dei soci

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possibili canali di finanziamento attraverso i quali supportare le operazioni di riqualificazione e trasformazione.

Detto ciò, un primo modello (in rosso nella figura), vedrebbe una compagine societaria formata solo da partner pubblici, in particolare il Comune e la Regione Abruzzo, con possibilità di individuare ulteriori soggetti interessati.

Tale composizione societaria troverebbe una sua giustificazione nell’esigenza di procedere essenzialmente ad operazioni relative alla trasformazione dell’area portuale attraverso un intervento diretto, mantenendo invece un ruolo di coordinamento nelle altre porzioni dell’ambito d’intervento ed in particolare su eventuali operazioni di trasformazione e riqualificazione da parte di soggetti privati.

In questo primo modello operativo, dunque, l’ingresso in società è riservato a soggetti pubblici mentre l’interazione con i privati avviene durante l’espletazione delle funzioni della STU e non durante la fase costitutiva.

Per l’individuazione dei soci istituzionali il Comune, quale ente promotore, intensificherà l’opera di promozione valutando i presupposti per una loro eventuale partecipazione anche in relazione alle indicazioni dello studio di fattibilità.

Nel secondo modello, (in verde nella figura), si fa invece riferimento ad una STU a capitale pubblico-privato; in questa ipotesi, fermi restando i passaggi che abbiamo già definito come comuni ad entrambi i modelli, assume ovviamente

peculiare importanza la composizione dei vari interessi di cui ciascun socio si farà portatore.

A tal proposito la definizione in dettaglio del ruolo di ogni partner, sia esso pubblico o privato, potrà assumere la forma di una convenzione o di un protocollo d’intesa.

Da un punto di vista operativo, la STU potrà agire tenendo in considerazione tutte le possibilità individuate dalla normativa di riferimento.

Considerato, inoltre, quanto detto in precedenza, va sottolineato che anche per soluzioni operative quali le STU costituite inizialmente con un capitale interamente pubblico, non si esclude, comunque, la possibilità di allargare la composizione societaria ad eventuali partner privati.

Ciò, infatti, potrebbe avvenire in un secondo momento, attraverso le modalità esposte nel seguente paragrafo dedicato alle procedure di selezione dei soci privati.

In proposito, l’ingresso di eventuali partner privati potrebbe dar vita alla costituzione di STU “di scopo” volte alla realizzazione di singole tranches funzionali nel rispetto di un unico processo organico di trasformazione coordinato dalla STU holding.

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F.1.4. Scelta dei soci privati

La scelta dei soci privati nelle società a capitale misto pubblico privato è da sempre un tema di particolare rilievo e dunque oggetto di un vivace dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza.

Sul punto l’art. 120 del D.Lgs. n. 267/2000 precisa, quale regola generale per le STU, che la scelta del socio privato, debba avvenire tramite procedura ad evidenza pubblica; ciò soprattutto in ragione delle diverse attività che gli azionisti sono chiamati a svolgere. In un contesto simile, infatti, la scelta deve avvenire, per forza di cose ,attraverso una procedura di carattere concorrenziale, con la quale si arrivi alla selezione di un partner privato che garantisca la miglior prestazione.

Inoltre, si sottolinea che non è detto che i soci privati debbano costituire la maggioranza nella STU, infatti – come sostiene parte della dottrina- “Non esiste un’unica ricetta per la composizione dei soci ma molto dipende dallo scopo della società e dalle caratteristiche dell’operazione di trasformazione che si intende realizzare.”24

La definizione del ruolo dei soci privati all’interno della STU è dunque intimamente connessa al conseguimento degli obiettivi posti alla base della sua costituzione.

24 G.STORTO, Società di trasformazione urbana e governo del territorio, Il Sole 24-Ore, Milano 2004

Dunque, ferma restando la necessità di adottare la procedura ad evidenza pubblica, come richiesto esplicitamente dalla norma, sarà necessario, in primis, individuare sul mercato la tipologia di socio privato la cui partecipazione è ritenuta maggiormente idonea al raggiungimento degli scopi prefissati.

I partner privati in questa ottica potranno appartenere a diverse categorie, ad esempio imprenditori (società di costruzioni, immobiliari etc.), finanziatori (istituti di credito), proprietari delle aree oggetto dell’intervento di trasformazione.

In ragione di ciò, la questione assume sfumature diverse a seconda del modello operativo e organizzativo ritenuto più idoneo alla realizzazione del progetto di trasformazione urbana che l’amministrazione intende perseguire attraverso la creazione di una STU. Ad esempio:

o la STU si occupa della progettazione ed anche della successiva commercializzazione delle aree interessate dagli interventi, affidando la realizzazione dei lavori a soggetti terzi25;

25 Sul punto L.CESARINI:“… nello svolgimento delle attività di progettazione e di costruzione la STU può operare attraverso due modalità: o avvalersi di una propria organizzazione interna ovvero rivolgersi al mercato attraverso l’affidamento all’esterno di queste attività. In questa seconda ipotesi, si pone il problema di eventuali vincoli cui la STU potrebbe essere sottoposta in quanto soggetta all’adozione di procedure di evidenza pubblica per la scelta dei progettisti e degli

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o la STU esegue direttamente tutte la fasi di realizzazione del programma dalla progettazione, alla realizzazione, alla commercializzazione.

o la STU persegue finalità miste ed integrate rispetto ai modelli precedenti.

Nel primo caso, emerge la necessita d individuare dei soci che siano in grado di fornire alla società servizi avanzati, ad esempio nel settore del real estate development e/o del marketing territoriale, ma anche soggetti finanziatori, nella doppia veste di sottoscrittori del debito e di investitori, consulenti ed organizzatori del programma di trasformazione e commercializzazione.

In tal senso il riferimento normativo principale per la individuazione delle procedure di evidenza pubblica necessarie alla scelta dei partner privati sarà la normativa applicabile in materia di appalti di servizi. A supporto di questa tesi la Circolare ministeriale 11 dicembre 2000, suggerisce il ricorso in via analogica al corpo normativo dettato in tema di società miste per l’erogazione di servizi pubblici locali, ed in particolare al D.P.R. n. 533/1996, secondo cui il socio privato è scelto dall’ente promotore mediante una procedura concorsuale ristretta, assimilata

esecutori delle opere”, in Società di trasformazione urbana: profili giuridici, in Diritto & Diritti, 2002

all’appalto concorso di cui al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 e s.m.i.

Nel secondo caso si avrebbe una STU capace di svolgere tutte le funzioni che la legge le consente, dunque, progettazione, realizzazione e commercializzazione.

Di conseguenza, oltre alle figure poc’anzi menzionate, la STU potrebbe avere la necessità di selezionare soci privati “costruttori”, cioè in grado di procedere alla realizzazione degli interventi.

In questo caso, al riferimento alla disciplina volta a regolamentare l’appalto di servizi, si affiancherebbe, almeno per la realizzazione delle opere pubbliche, la normativa in materia di appalto di lavori (Legge n.109/1994).

L’opportunità di ricorrere a soci costruttori è intimamente legata alla possibilità di procedere ad un affidamento diretto dei lavori ai medesimi (appalto in house), possibilità, in verità non sempre condivisa, e comunque oggetto di un vivace dibattito dottrinario.

Per quanto riguarda l’ultimo modello prospettato, si tratta di una STU che ricorre a partner privati capaci di intervenire trasversalmente ed in modo integrato nel disegno di trasformazione urbana da essa perseguito.

Questo punto di vista trova evidente conforto da parte di quella dottrina che sostiene: “il socio privato della STU, sia esso finanziatore o costruttore, è destinato a rivestire un

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ruolo attivo e diretto nella realizzazione e gestione del processo di riqualificazione di volta in volta in oggetto. In particolare, deve essere in grado di offrire oltre alle prestazioni tradizionali del settore edilizio, servizi integrati a lungo termine, con la fornitura di modelli per la gestione ottimale nel tempo degli immobili e con i necessari servizi finanziari”.26

D’altro canto, anche dalla circolare ministeriale si evince che il ricorso alla STU dovrebbe stimolare la creazione ed il coinvolgimento di partner privati che abbiano un approccio integrato al progetto di trasformazione urbana.

In questo contesto, certamente più interessante ed innovativo, rispetto alle figure riportate in precedenza, la scelta del socio privato dovrebbe derivare dall’individuazione di procedure che, a seconda delle esigenze, facciano riferimento sia alla normativa previste per gli appalti di servizi che alla più volte citata Legge Merloni sugli appalti di lavori.

Altra questione di cruciale importanza in merito alla scelta ed alla partecipazione del socio privato, riguarda i proprietari di immobili d’interesse della STU.

26 R.DELLI SANTI - F.SUTTI – “Le Società di Trasformazione Urbana”, relazione tenuta al workshop “Nuove opportunità per gli Enti Locali: le S.T.U. (Società di Trasformazione Urbana)” Roma, 26 novembre 2002, Hotel Columbus

Sul punto parte della dottrina ha sostenuto che: “i soci privati (della STU, ndr) sono suddivisi in soci strumentali (i proprietari delle aree), soggetti la cui scelta ottimale deriva dal mercato attraverso procedure di evidenza pubblica (detentori di un know-how altrimenti non disponibile) e soggetti semplicemente disponibili in quanto rappresentanti di un interesse generale (azionariato diffuso).”27

Questo aspetto richiede una valutazione differente rispetto a quanto esposto fino ad ora sulle procedure di evidenza pubblica finalizzate alla scelta del socio privato.

La questione è dibattuta in dottrina, non trovandosi ancora un’interpretazione univoca della norma. In particolare si rilevano due tesi contrapposte:

1. la norma sull’evidenza pubblica non si applica, non potendosi assoggettare i proprietari a procedure concorsuali; 2. la norma si applica e quindi i proprietari, per partecipare devono essere selezionati con apposita gara.

In questo secondo caso, risulta evidente come i proprietari delle aree possono divenire soci solo dall’esito di una trattativa privata. Dunque, l’amministrazione costituente la STU dovrebbe dimostrare che la partecipazione dei proprietari delle aree è necessaria per la riuscita

27 Cfr. L.DE LUCIA, I profili giuridici, in G.STORTO - Le società di trasformazione urbana, Il Sole 24-Ore, Milano 2004

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dell’operazione e che non sono individuabili alternative valide.

F.1.5. Rapporti con gli strumenti di pianificazione urbanistica

Il primo comma dell’ art. 120 (DLgs n.260/2000) prevede che la STU debba porre in essere gli interventi di trasformazione in “attuazione degli strumenti urbanistici vigenti”.

Come accennato in precedenza, il punto è controverso. Tanto è che la Circolare ministeriale, già oggetto di numerose citazioni nel presente testo, ha opportunamente sviluppato alcune considerazioni anche su di esso; esse appaiono quanto mai utili per delineare in modo più chiaro il rapporto tra l’operatività della STU e gli strumenti di pianificazione urbanistica.

Innanzi tutto, la previsione normativa secondo la quale, le STU operano in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, per la circolare ministeriale: “mette in evidenza come nelle intenzioni del legislatore le STU non operano “in conformità” allo strumento medesimo dizione che normalmente si rinviene nelle leggi di settore e che trova motivazione nella volontà del legislatore di sottolineare pregiudizialmente che con gli interventi della società si devono conseguire gli obiettivi generali fissati dal piano.”

Questa tesi sarebbe avvalorata - sempre secondo la circolare - dagli orientamenti legislativi espressi da alcune regioni negli ultimi anni e dai contenuti dei più aggiornati piani regolatori.

Parte della dottrina28, contrariamnete, ha sostenuto che tale aspetto costituisca in realtà una elemento di debolezza della normativa in materia di STU, soprattutto in ragione della mancanza di sufficienti spazi operati all’interno dei strumenti urbanistici generali vigenti.

Altra parte, in verità più risalente, ha ritenuto che le considerazioni fatte nella Circolare ,di particolare rilevo, in quanto esse portano a non poter “…dubitare dell’utilità dell’introduzione della stessa (la STU) nell’ordinamento giuridico. Infatti, le previsioni legislative consentono già la costituzione di società miste per la realizzazione di interventi urbanistico edilizi tout-court, mentre è proprio l’esclusiva funzionalizzazione all’attuazione della pianificazione urbanistica vigente a giustificare, per la sua specialità, l’introduzione della figura societaria in esame.”29

In ogni caso, sempre secondo quanto si dice nella circolare, questa previsione insieme con quanto disposto dalla Legge 28 In particolare P.MANTINI:“La previsione di realizzare gli interventi di trasformazione urbana ipotizzati (aree o immobili dimessi, grandi trasformazioni di proprietà pubbliche, recupero e riqualificazione urbana, attuazione di comparti ecc.) “in attuazione dei piani urbanistici vigenti”, costituisce un punto debole e illusorio dell’ipostazione normativa.” 29 G.PAGLIARI - Le società di trasformazione urbana, in Riv. Giur. di Urbanistica., Maggioli 1998

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n.109/1994 e ss.m.ii. (Legge Merloni), soprattutto con riferimento al Piano triennale delle opere pubbliche, costituiscono elementi di novità dai quali emerge “un concetto dinamico di attuazione degli strumenti urbanistici basato sulla ricerca di collegamenti più solidi tra la programmazione delle risorse e l’assetto del territori.”

La STU si pone, dunque, come uno strumento che attua le previsioni generali del piano regolatore, anche se tale affermazione, secondo parte della dottrina è da considerarsi in senso lato, ovvero le STU possono anche dare “…concretizzazione alle previsioni di piani particolareggiati di attuazione siano essi a finalità generale o a finalità speciale.”30Dunque una STU può essere costituita anche per la trasformazione di porzioni di territorio sulle quali il PRG abbia già provveduto ad individuare una disciplina di dettaglio.

Può accadere, però, che la trasformazione progettata, non sia conforme alle le previsioni del PRG, in tale ipotesi:“occorrerà procedere all’approvazione di apposite specifiche varianti, che, per esigenze di semplificazione del procedimento, potranno anche essere raccordate con le deliberazioni concernenti la costituzione della STU e la

30 G.PAGLIARI - Le società di trasformazione urbana, in Riv. Giur. di Urbanistica., Maggioli 1998

individuazione delle aree necessarie alla realizzazione dell’intervento.”31

Su questo punto, inoltre, la Circolare ministeriale sottolinea che alcune nuove leggi urbanistiche regionali, prevedendo una differenziazione tra le varianti che operano una modifica essenziale al PRG e quelle che invece non incidono “in modo significativo sull’assetto stabilito dal piano”, consentono, attraverso piani attuativi, di procedere alla contestuale approvazione di varianti relative a disposizioni di dettaglio del PRG stesso, disposizioni cioè:“aventi carattere prevalentemente edilizio, ovvero riguardanti la dotazione di opere pubbliche, ovvero di interesse generale.”

Anche in questo caso, secondo la circolare, è consentito affermare che la STU stia agendo in “in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti”, infatti, tale termine può “…essere ricondotto entro i confini interpretativi dei principi che sovrintendono alle finalità che perseguono una maggiore continuità tra le scelte di pianificazione territoriale e la componente attuativa conseguente all’attivazione delle trasformazioni urbanistiche, anche con riferimento agli aspetti gestionali.”

Se dunque da un lato, anche in considerazione delle esperienze maturate in sede di studi di fattibilità, appaiono chiare le difficoltà di adattamento delle previsioni dell’art.120

31 G.GARZIA- Pianificazione urbanistica comunale e società di trasformazione urbana, in Riv. Giur. di Urbanistica., Maggioli 2000

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agli strumenti urbanistici più datati, d’altro canto risulta altrettanto evidente come la norma, sia stata scritta avendo come riferimento strumenti urbanistici aggiornati e capaci di rispondere alle più moderne esigenze di trasformabilità. Proprio per questo motivo, se ne deduce come essa miri ad esercitare un’influenza nel medio-lungo periodo, anche in considerazione dell’arco di tempo, solitamente ampio, necessario alla realizzazione dei processi di trasformazione.

Ferme restando queste considerazioni, e tornando all’eventualità di una non conformità dell’ipotesi di trasformazione alle previsioni dettate dal PRG, la Circolare ministeriale sostiene che si possano presentare due differenti situazioni, nel momento in cui ci si trovi di fronte a strumenti di pianificazione, le cui disposizioni non sono aderenti alle attuali esigenze di trasformazione, ovvero ispirate a “criteri e metodologie non ancora adeguate”:

o “che l’ipotesi di trasformazione, ancorchè di massima, rispetti sostanzialmente (nei limiti consentiti dalle singole norme regionali) le prescrizioni del piano regolatore generale, pur richiedendo modifiche allo stesso in sede attuativa;

o che l’ipotesi di trasformazione contrasti significativamente con le previsioni del piano regolatore generale riguardo le principali infrastrutture, le quantità edilizie e le funzioni

prevalenti messe in gioco, ovvero non ne rispetti talune specifiche prescrizioni.”

In quest’ultimo caso, così come affermato dalla maggior parte della dottrina e come sostenuto dalla stessa Circolare n.266/2000, sarà necessario procedere all’approvazione della variante al PRG, prima della costituzione della STU, infatti, come accennato, la deliberazione di costituzione deve rappresentare in modo unitario l’intervento di trasformazione urbana da realizzarsi anche (e soprattutto) con riferimento alle finalità che si intendono perseguire.

F.2. Individuazione ed acquisizione degli immobili

Come detto, L’art. 120 prevede che la STU provveda alla preventiva individuazione delle aree oggetto d’intervento e alla relativa acquisizione con apposita delibera del consiglio comunale32.

In ordine all’ambito territoriale di operatività della STU ed alla necessità che questa si costituisca prima o dopo della individuazione del medesimo, la giurisprudenza del TAR ha contribuito a chiarire alcuni dubbi interpretativi; da un lato,

32 sul punto:“Lo schema procedurale prevede che una proposta della STU venga approvata con delibera del C.C. contenente la localizzazione delle aree interessate e la previsione di realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie all’ordinato sviluppo del territorio in modo da porsi come strumento di attuazione delle indicazioni dello strumento urbanistico generale.” G.DE MARZO, Le Società di Trasformazione Urbana, in Urbanistica e Appalti n. 8/1997.

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infatti, si è ritenuto irrilevante il fatto che la STU sorga prima o dopo l’individuazione delle aree da parte del Consiglio comunale, ”… l’importante, infatti, è che vi sia “la considerazione unitaria dell’intervento da realizzarsi” nonché “l’esternazione delle finalità perseguite”33, dall’altro si è sostenuta la legittimità di una STU cosiddetta “omnibus”.

Sul punto, si è considerato che il tenore letterale della norma non esclude affatto la possibilità di costituzione, da parte di un ente locale “…di una società di trasformazione urbana, senza la preventiva e specifica individuazione delle aree del territorio su cui effettuare gli interventi urbanistici, al fine di operare, in generale, sull’intero territorio comunale o nel territorio di più comuni.”34

La tesi sostenuta dal TAR, che in buona sostanza legittima la possibilità di individuare nelle STU delle vere e proprie agenzie di sviluppo locale, si fonda sul fatto che un’interpretazione diversa della norma porterebbe a risultati illogici.

Essa, infatti, risulterebbe in evidente contrasto con i principi di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa, comportando l’obbligo da parte del comune ad esperire, ogni volta, il complesso e gravoso procedimento di costituzione di una STU "ad hoc", per ogni singolo intervento che un

33 TAR Marche, Ancona, Sez.I, Sent. N.698/1991 34 TAR Veneto, Venezia, Sez. I, Sent. N.4280/2004

comune intendesse realizzare avvalendosi di tale strumento.35

La tesi esposta dal giudice amministrativo, non sembra essere condivisa, da quella parte della dottrina che vede nella STU una società di scopo, la cui sopravvivenza sarebbe legata all’esperimento di un singolo intervento, anche di ampia portata.

Il legislatore ha inoltre stabilito che:“l’individuazione degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità36, anche per gli immobili non interessati da opere pubbliche”, e l’acquisizione degli immobili può avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del Comune.

Il punto in oggetto è uno dei più controversi e discussi in dottrina. In particolare, il dibattito si è focalizzato su due questioni: la natura della acquisizione consensuale, se questa, cioè, possa configurarsi quale atto lasciato alla libera contrattazione tra le parti, e la possibile alternatività tra acquisizione consensuale e ricorso all’esproprio.

In merito, l’orientamento dottrinario maggiormente in linea con la natura dello strumento sarebbe quest’ultimo,

35 Per un’analisi critica sul punto si rimanda a R.PERTICARARI, Società omnibus: il rischio delle scorciatoie, in Guida agli Enti Locali – il Sole-24 Ore, n.8/2005 36 Art. 13, DPR n.327/2001 Testo Unico Edilizia.

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improntato ad una maggiore flessibilità, con una duplice opzione per i soggetti coinvolti.

Dunque, da un lato, sarebbe possibile procedere attraverso la strada della libera contrattazione per l’acquisizione degli immobili tra la STU e i privati proprietari, in seconda battuta, interverrebbe il procedimento espropriativo che potrebbe concludersi o con un accordo di cessione bonaria tra le parti37o con il provvedimento di esproprio.

37 E.PICOZZA, Le nuove prospettive per le STU, relazione al workshop “Nuove opportunità per gli Enti Locali: le STU”, Roma, 26 novembre 2002, Hotel Columbus; sul punto inoltre G.PAGLIARI sostiene che: “le STU possono procedere sia con vere e proprie compravendite sia con procedimenti espropriativi. La previsione del valore di dichiarazione implicita di pubblica utilità della deliberazione comunale di individuazione delle aree ha indotto taluno dei commentatori ad escludere la prima ipotesi, cioè la compravendita, sul presupposto che non può ritenersi iniziato il procedimento di espropriazione, di cui notoriamente la dichiarazione di pubblica utilità costituisce il primo provvedimento. La lettera del quarto capoverso del comma 59 dell’art.17 L.127/1997( ora art. 120 TUEL, ndr), prevedendo entrambe le fattispecie (compravendita ed esproprio) porta, invece, a ritenere esatta la prima tesi”, in Le società di trasformazione urbana, in Riv. Giur. di Urbanistica., Maggioli 1998; sul punto anche A.CLARIZIA: ” Nonostante varie interpretazioni secondo cui la norma presupporrebbe sempre l’avvio del procedimento espropriativo, la ratio della legge indica chiaramente la via contrattuale in alternativa a quella espropriativa ed in tal senso sembra esprimersi la circolare ministeriale secondo cui “l’ acquisizione delle aree può essere effettuata dal comune anche prima della costituzione della società; soluzione questa che agevola in termini procedimentali la definizione formativa del quadro sociale”. Ne consegue che è possibile avviare trattative con i proprietari delle aree al fine di verificare la possibilità della bonaria cessione dei beni intendendo perciò residuale il ricorso all’espropriazione “in nome e per conto del comune”., in Spunti sulle società di trasformazione urbana.

In proposito, è stato opportunamente rilevato, che: “può accadere che con riferimento ad alcune ipotesi, la via negoziale consenta non solo maggiore rapidità nell’acquisizione dell’area, ma riduca i potenziali rischi conflittuali con i proprietari. Se non vi fosse via alternativa a quella procedimentale, l’opposizione all’espropriazione da parte anche di un privato potrebbe ritardare e forse arrestare l’intero intervento di trasformazione”38.

Anche la Circolare ministeriale 11 dicembre 2000 n.266, sebbene non chiarissima sul punto, sembra propendere per tale soluzione stabilendo, infatti, che “…sin dalla fase di individuazione dell’ambito di intervento, è possibile avviare trattative con i proprietari delle aree al fine di verificare la possibilità della bonaria cessione dei beni. In proposito è opportuno sottolineare (…) che il ricorso all’espropriazione deve essere preferibilmente inteso come residuale e cioè quale strumento volto a sopperire la disponibilità del proprietario alla bonaria cessione del bene.”39

38 Cfr. M.DUGATO, Oggetto e regime delle società di trasformazione urbana in Dir. Amm., 1999, pag. 511 e ss. 39 La Circolare ministeriale 11 dicembre 2000 n.266, sul punto aggiunge che l’acquisizione delle aree attraverso la bonaria cessione, dovrà avvenire secondo le modalità stabilite all’art. 5-bis del DL n. 333/1992, convertito nella Legge n. 359/1992.

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Altra parte della dottrina,40 ritiene che l’avvio del procedimento ablatorio sarebbe, in ogni caso, necessario. Ovvero, la libera contrattazione tra le parti non andrebbe inquadrata quale soluzione alternativa all’attivazione del procedimento di esproprio, ma sarebbe semplicemente quella cessione bonaria, sostitutiva del provvedimento, ma comunque parte integrante del procedimento medesimo.

Sempre in tema di acquisizione degli immobili coinvolti, nulla osta al conferimento a capitale da parte dei privati proprietari, la qual cosa comporterebbe la loro acquisizione definitiva da parte della STU. Il punto si presenta comunque abbastanza controverso.

Il predetto conferimento, così come si sostiene nella più volte citata Circolaree ministeriale, consentirebbe alla STU di limitare gli oneri finanziari per l’acquisizione di immobili. Ovviamente i privati proprietari entrerebbero a far parte della compagine societaria, ottenendo azioni quale corrispettivo.

Se da un lato l’utilità che tale opportunità offre è fuori discussione, d’altro canto le modalità attraverso le quali essa si può concretizzare sono state oggetto di dibattito e di una sentenza del tribunale amministrativo41regionale.

40 P.URBANI - Trasformazione urbana e società di trasformazione urbana, in Riv.Giur.di Urbanistica, n. 3-4, Maggioli 2000, pagg. 629-631; L.CESARINI - Società di trasformazione urbana: profili giuridici, in Diritto & Diritti,2002 41 TAR Umbria, Perugia, Sez. I, Sent. N.987/2003

Anche in questo caso, infatti, trova applicazione la regola in base alla quale la scelta del socio privato deve avvenire attraverso una procedura di evidenza pubblica, da canto suo però, la Circolare ministeriale esclude che si possa trattare, nel caso di specie, di asta pubblica o di licitazione privata, poiché ,seppur con le dovute differenze, si tratta in entrambe i casi di procedure concorrenziali.

Dunque, per i soci proprietari non resta che la trattativa privata, anche se – sempre secondo il dettato della Circolare – in via eccezionale. Ovvero l’utilizzazione di questo strumento deve dar conto delle “…speciali ed eccezionali circostanze che hanno consigliato tale procedura, attraverso una esposizione delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione ad avvalersene”.

Sostanzialmente il Comune dovrebbe dimostrare che non ci sono alternative valide, rispetto alla partecipazione dei privati proprietari, per la riuscita dell’operazione.

Il punto è particolarmente controverso e l’intervento del giudice amministrativo, benché rilevante, non scioglie tutti i nodi della questione42, in relazione, soprattutto, alla varietà di ipotesi operative che un istituto come la STU può avere.

42 Il giudice amministrativo ha sostenuto, in primis, che tra l’applicazione del l’art. 120 del DLgs n.267/2000 che regola le STU e la Circolare richiamata, debba prevalere certamente la disciplina dettata dal primo, la quale, come si sa, prevede l’espletamento di gare per la selezione dei soci privati delle STU.

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In ultimo, come già accennato in precedenza, si sottolinea che gli immobili di proprietà degli enti locali possono essere conferiti alla STU, anche a titolo di concessione. Il riferimento è, in particolare, a quei beni che, pur sottratti alle ordinarie regole di circolazione, devono essere temporaneamente ceduti nella disponibilità del soggetto attuatore, in modo da favorire il buon esito dell’operazione di trasformazione urbana43.

Secondo la dottrina, attraverso questa disposizione, risultano “… evidenti sia il rafforzamento dell’intenzione di ricondurre nei limiti di un incidenza commerciale e non speculativa il peso economico delle aree e degli immobili in genere, sia il privilegio della valenza qualitativa dell’intervento: esso si realizzerà nei modi e nei siti decisi in sede di progetto

In secondo luogo: “la legittimità del ricorso alla trattativa privata presuppone un giudizio motivato circostanziatamene) di oggettiva impossibilità/inutilità della gara, anziché un giudizio discrezionale di maggiore o minore opportunità.” In definitiva, data la possibilità, riconosciuta alla STU, di poter sempre acquisire gli immobili attraverso la procedura di esproprio, la scelta di acquisire gli immobili dei privati proprietari scambiandoli con azioni, sebbene sia una soluzione valida sul piano dell’opportunità, non può essere definita come indispensabile. Dunque sulla base di queste considerazioni, la disciplina dettata dall’art. 120, che impone l’evidenza pubblica per la scelta dei soci privati, non può essere derogata. 43 In tal senso, di recente l’art. 30 del DL n. 269/2003 convertito nella L. n. 326/2003, ha previsto la possibilità di conferire o attribuire, a titolo di concessione, alla STU “singoli beni immobili o compendi immobiliari di proprietà dello Stato, individuati dall’Agenzia del Demanio”, suscettibili di valorizzazione, trasformazione, commercializzazione ed anche gestione.

urbanistico, senza alcun condizionamento determinato dalla titolarità delle aree.”44 o con il provvedimento di esproprio.

F.3. Quadro legislativo relativo alle aree portuali

F.3.1. Disciplina nazionale

Il tema della pianificazione delle aree portuali è da tempo oggetto di riflessione, sia in sede comunitaria che nazionale, per i repentini cambiamenti che caratterizzano il sistema dei porti e per la loro nuova dimensione di nodi della rete logistica intermodale. Al crescente interesse non fa però riscontro un adeguato quadro normativo; la disciplina più recente in materia è dettata dalla Legge 84/94 “Riordino della legislazione in materia portuale”.

La portata innovativa di questo intervento legislativo non è stata di scarsa rilevanza, soprattutto considerando la capacità di razionalizzare e uniformare le preesistenti formule gestionali; emerge inoltre la finalità di uniformare il piano portuale al piano urbanistico.

Principale pregio della legge del 1994 è di decentrare le competenze pianificatorie, precedentemente spettanti al Ministero LL.PP. (oggi Ministero Infrastrutture e Trasporti);

44 T.LAVOSI, La circolare 11 dicembre 2000, n. 622: problematiche applicative e contenuti, in G.STORTO, Le società di trasformazione urbana, Il sole 24-Ore, Mlano 2004

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ma la tecnica legislativa sul campo si è dimostrata deludente.

Con essa si sono istituite, nei porti maggiori, di rilevanza economica internazionale o almeno nazionale, 18 Autorità portuali (cui se ne sono aggiunte altre 6) e per i porti rimanenti le Autorità marittime; ma solo le prime hanno personalità giuridica di diritto pubblico e sono dotate di autonomia di bilancio e finanziaria e, soprattutto, solo le prime adottano il Piano Regolatore Portuale che delinea l’ambito e l’assetto complessivo del porto individuando le caratteristiche funzionali e la destinazione delle aree interessate, comprese quelle destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie.

Le previsioni del Piano Regolatore Portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti.

Il suddetto decentramento vale quindi solo per i porti maggiori.

Inoltre l’utilizzabilità di questo strumento è ancor più assottigliata dalla circostanza che è competente ad approvarlo ex art. 9 n. 3 lett. B uno dei quattro organi dell’Autorità Portuale, il Comitato Portuale; esso è composto dal presidente dell’Autorità Portuale che lo presiede, dal Comandante del porto, da un dirigente dei servizi doganali in rappresentanza del MEF, dal Presidente della Provincia o da un suo delegato, dal Sindaco del Comune in cui il porto è

ubicato o da un suo delegato, dal Presidente o da un membro della giunta della Camera di Commercio, da tre rappresentanti degli operatori economici del porto e da tre rappresentanti delle imprese che operano nel porto.

A tale organo, considerando la sua composizione, fanno capo tanti e tali interessi confliggenti da rendere molto complesso e difficoltoso il coordinamento dei momenti decisionali. Se a ciò si aggiunge il parere obbligatorio e vincolante del Consiglio superiore dei LL.PP., la Valutazione di Impatto Ambientale presso il Ministero dell’ambiente e l’approvazione definitiva da parte della Regione si intuisce agevolmente come in 11 anni di esperienza solo pochissimi porti hanno concluso l’iter di approvazione del proprio piano regolatore.

D’altro canto gli stessi Piani Regolatori Portuali, ove approvati, non hanno importato né il raccordo con la pianificazione urbanistica o territoriale né hanno dato vita a processi di concertazione pubblico-privato.

Dall’istituzione delle Autorità Portuali, i relativi porti sono stati, tra l’altro, protagonisti di una vivace e positiva dinamica che ha visto l’insediamento di operatori terminalisti e multimodali di primario livello mondiale sia del comparto merci (il volume è aumentato del 117% tra il 1996 e il 2001) che del settore crocieristico (il movimento ha avuto un

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incremento del 230% nel medesimo periodo45); per di più la Legge n. 413/98 ha messo a disposizione per l’adeguamento infrastrutturale dei porti circa 2490 milioni di euro per il periodo 1999-2004.

Lo strumento utilizzato per il suddetto adeguamento è il Piano Operativo Triennale che, soggetto a revisione annuale, disegna le strategie di sviluppo delle attività portuali e individua gli interventi volti a garantire il rispetto degli obbiettivi prefissati.

In ordine alle competenze in materia portuale, il quadro normativo di riferimento è dato dal titolo V della Carta Costituzionale, così come modificato, dalla Legge Costituzionale n. 3 del 2001; dalla cd Bassanini I e dai suoi decreti attuativi con particolare riferimento al D. Lgs n. 112 del 31 marzo 1998.

La suddetta riforma costituzionale ha inserito, all’ art. 117, le materie relative a porti, aeroporti e grandi reti di trasporto e di navigazione tra quelle a legislazione concorrente: allo Stato compete la determinazione dei principi fondamentali mentre la disciplina di dettaglio è riservata alle leggi regionali.

45 Dati contenuti nell’indagine conoscitiva sulla “Situazione del sistema portuale italiano e sulle prospettive connesse agli sviluppi della normativa comunitaria di settore” della VIII Commissione Permanente del Senato della Repubblica.

Risultano di grande interesse per la nostra materia le statuizione del capo settimo del decreto riportato; vi si chiarisce infatti all’art. 104 lett. S che sono mantenute allo Stato le funzioni relative “alla classificazione dei porti; alla pianificazione, programmazione e progettazione degli interventi aventi ad oggetto la costruzione, la gestione, la bonifica e la manutenzione dei porti e delle vie di navigazione, delle opere edilizie a servizio dell'attività portuale, dei bacini di carenaggio, di fari e fanali, nei porti di rilievo nazionale e internazionale ” mentre sono devolute alle Regioni e agli enti locali quelle riguardanti la programmazione, pianificazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale e interregionale e delle opere edilizie ad essi asservite. Assume, quindi, evidente rilevanza la classificazione effettuata dalla L. 84 del 94 e ss.mm.ii.

F.3.2. Disciplina regionale e linee di indirizzo

La risposta più significativa, in materia di aree portuali regionali, sta certamente nel progetto d’istituzione, sulla scorta delle esperienze della Regione Lazio e della Regione Friuli Venezia Giulia, di una “Agenzia portuale Regionale”46.

46 L’importanza di questa iniziativa si ricollega al fatto che in Abruzzo, ad oggi, non è stata istituita alcuna Autorità Portuale. Ciò in ragione del fatto che nessun sistema portuale abruzzese ha registrato nell’ultimo triennio

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Essa rappresenterebbe la soluzione ideale ai problemi della portualità abruzzese nell’ambito della politica di sviluppo integrato, avrebbe infatti il pregio di disciplinare contestualmente la pianificazione del porto, la gestione e il concreto utilizzo delle aree medesime.

Fungerebbe, inoltre, da catalizzatore di risorse umane e materiali, superando così il problema degli squilibri economici tra le diverse aree portuali, agendo secondo una visione globale dei problemi e una conseguente politica coordinata degli interventi.

Tale accentramento permetterebbe di coordinare il sistema portuale regionale abruzzese con i diversi strumenti di indirizzo e pianificazione regionale.

Dunque, se da un lato si sottolinea l’importanza di tale iniziativa, dall’altro l’attuale assenza di Autorità portuali e la mancanza di una disciplina regionale in materia, volta a definire con precisione le competenze amministrative - soprattutto in materia di pianificazione - hanno comportato, nel caso di specie, alcuni problemi in termini di identificazione del soggetto competente alla redazione del nuovo piano regolatore portuale.

un volume di traffico di merci uguale o superiore a 3 milioni di tonnellate annue al netto delle rifuse liquide o a 200.000 TWENTY FEET EQUIVALENT UNIT, requisito stabilito dal medesimo comma. Il sistema portuale abruzzese

Se infatti il riferimento normativo principale resta, senza dubbio, la citata Legge n.84/94 e ss.mm.ii., riguardo alla redazione del Piano Regolatore Portuale di Ortona, è interessante ed opportuno sottolineare come la LR n. 113/1999, tramite la quale si è proceduto a destinare risorse regionali all’incremento della funzionalità del sistema logistico regionale, abbia individuato finanziamenti, a favore dell’ASI Val Pescara “per la redazione del nuovo PRG, nuovi studi di fattibilità o progetti relativi al porto di Ortona”; a tale finanziamento ha fatto seguito la sottoscrizione di una Convenzione in data 23/12/2001.

In merito a questo punto si segnala che, da colloqui intercorsi con l’Ing. Bagagli, dirigente del Servizio Infrastrutture di Trasporto Nodali e Intermodali presso la Regione Abruzzo e Responsabile per l’attuazione dell’ “Accordo di Programma Quadro per Interventi di completamento dei porti” (vedi infra), è emerso come la redazione del Piano Regolatore Portuale di Ortona sarà conseguenza dell’individuazione delle opportune sinergie tra i soggetti competenti coinvolti.

Si fa riferimento, in particolare al Comune, titolare delle competenze in materia di pianificazione urbanistica e all’ASI Val Pescara, la quale ha già avviato gli studi cui si fa riferimento nella già citata legge regionale.

Dunque, è attraverso un iter concertativo, per altro già avviato, che si intende procedere alla individuazione dello

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specifico contributo di ciascuno dei soggetti coinvolti nella redazione del piano, nel rispetto da un lato del dettato della norma nazionale, dall’altro del ruolo e delle competenze specifiche di ciascuno di essi.

Fermi restando gli aspetti appena menzionati, si vuole sottolineare come, a fronte di un quadro normativo regionale carente, il tema delle aree portuali sia invece oggetto di particolare attenzione in alcuni degli strumenti di indirizzo politico regionale di maggiore importanza, come il Piano Regionale Integrato dei Trasporti e il Quadro di Riferimento Regionale (QRR).

Riveste, inoltre, particolare importanza in materia di intese istituzionali, l’Accordo di Programma Quadro per interventi di completamento dei porti, sottoscritto nel dicembre 2003 tra Regione Abruzzo, MIITT e MEF.

Il Piano Regionale Integrato dei Trasporti in base all'art.9 della L.R.. 152/98 deve realizzare un sistema integrato dei trasporti adeguato alle aspettative di sviluppo socio-economico come delineate nel programma Regionale di sviluppo e compatibili con le esigenze di tutela della qualità della vita.

Nella strategia del PRIT è obbiettivo focale drenare, con il cabotaggio marittimo, quote rilevanti della domanda di trasporto dalla strada per porre argine al congestionamento dei sistemi urbani costieri.

Il porto di Ortona è classificato come "porto locale" di interesse regionale e considerato in ragione del contributo che può portare allo sviluppo economico delle zone di insediamento manifatturiero limitrofe;il traffico merci previsto è tipicamente quello costituito da carichi completi di limitata entità, destinati ad alimentare attività produttive locali. Il PRIT individua inoltre i seguenti interventi indispensabili:

o il banchinamento della diga foranea Nord;

o la realizzazione dello scalo di alaggio e del molo traghetti;

o l'acquisto di una gru semovente per la movimentazione dei containers.

Il Quadro di Riferimento Regionale approvato con delibera consiliare n. 147/4 del 2000, è previsto dalla Legge Regionale n. 70 del 1995 e costituisce la proiezione territoriale del Programma di Sviluppo Regionale; definisce indirizzi e direttive di politica regionale per la pianificazione e la salvaguardia del territorio essendo strumento di indirizzo della pianificazione di livello intermedio e locale. Esso pone l’obbiettivo di “Razionalizzazione e potenziamento della portualità” attraverso l’integrazione dei singoli scali con il tessuto economico-sociale locale e tra gli stessi perché ciascuno tenda alla specializzazione in determinati comparti.

In particolare, per quanto riguarda l’area portuale di Ortona, si sottolinea la sua vocazione prettamente commerciale,

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stante la gravitazione su di esso delle maggiori aree industriali.

L’Accordo di Programma Quadro per interventi di completamento dei porti mira ad collocare la portualità abruzzese, sistematicamente intesa, in ambito medirettaneo e, in particolare, in riferimento al corridoio adriatico. Quest’obbiettivo viene perseguito mediante la creazione di nuove infrastrutture, la predisposizione di reti idonee ad attirare volumi importanti di traffico e il marketing territoriale.

L’Accordo individua per il porto di Ortona degli interventi assolutamente indispensabili per lo sviluppo portuale, anche in prospettiva di quelli previsti dallo stesso; essi sono:

o creazione di un avamporto che possa ridurre la penetrazione del moto ondoso e raggiungere profondità naturali maggiori;

o suddividere le diverse attività portuali creando un moderno scalo container per navi feeder, una zona per il turismo nautico e una banchina per il traffico passeggeri.

o completare il collegamento con le vie di comunicazione terrestri.

F.3.3. Riferimenti normativi in materia di operatività nelle aree portuali

Occorre preliminarmente chiarire che la regolamentazione dei sistemi integrati appare insufficiente rispetto ai mutamenti tecnico-operativi.

La legge del 94, anche se non dà una definizione di impresa terminalistica, stabilisce che le attività portuali, individuate dall’art. 16 quali “il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell’ambito portuale”, sono riservate alle imprese abilitate al loro esercizio da un provvedimento di carattere autorizzativo dell’Autorità Portuale o, laddove istituita, dell’Autorità Marittima; si individuano così i soggetti cui è riconosciuto il diritto di accesso e utilizzo delle aree demaniali e delle banchine.

Persiste invece il regime della concessione per il godimento esclusivo di suddette aree e banchine. Questo sistema è stato innovato dalla legge 88 del 2001 che ha stabilito che sono conferite alle Regioni tutte le funzioni relative al rilascio di concessioni nei porti di rilevanza economica regionale e interregionale.

Il secondo comma dell’ articolo 16 e il Decreto 585 del 1995 dispongono i requisiti tecnico-organizzativi cui è subordinato il provvedimento.

In particolare le imprese che richiedono la concessione devono avere adeguate dotazioni tecnico-organizzative in

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grado di esprimere un ciclo produttivo a carattere continuato per conto proprio e di terzi ed essere dotate di un organigramma di dipendenti funzionale alle attività programmate.

Passando all’infrastrutturazione dei porti, come già espresso, la relativa competenza varia a seconda della classificazione dello scalo in oggetto; per i lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria, la competenza realizzativi è delle Autorità Portuali ma possono essere finanziati dallo Stato in base al convenzionamento con il MIT previsto dall’art. 6 comma 1 lettera 8 della legge del 1994.

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G. Schemi di Assetto e Ipotesi di Scenario

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La definizione dei possibili Scenari prevede la investigazione degli elementi strutturali degli assetti relativi al Porto (intesi anche nella interazione città-porto).

G.1. Le idee forti

G.1.1. Le idee forti: far vivere la tre anime del porto

Il porto di Ortona presenta caratteri (banchine, fondale……) sostanzialmente coerenti agli usi attuali e prospetticamente adeguabili in termini di opere strutturali con interventi di integrazione, completamento e potenziamento dell’impianto attuale.

Di contro i possibili assetti futuri del porto devono tener conto di una pluralità di usi, in parte già attivi e di altri la cui potenzialità ed integrazione deve essere opportunamente valutata.

Sono state analizzate diverse soluzioni che partono comunque dalla compresenza delle tre principali attività: commerciale – peschereccia – turistica

Si è valutato che l’attività commerciale oggi prevalente, deve poter contare su: - accessibilità separata:

o banchina prevalentemente laterale

o possibilità di separare merci solide da merci liquide

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L’attività peschereccia per quanto in fase di contrazione richiede una continuità di svolgimento nel sedime tradizionale ed una relazionalità diretta con l’area cantieristica e con i collegamenti con la città.

Infine l’attività del porto turistico è oggi modesta quantitativamente e del tutto interagente con quella commerciale e peschereccia anche se localizzata in un ambito marginale.

L’obiettivo è quello di far convivere la pluralità delle attività esaminate, garantendo alle stesse una sostanziale autonomia funzionale (che non esclude però una dimensione sinergica).

Gli schemi di assetto possibili partono da una ottimizzazione dei rapporti spaziali che deve però tener conto sia dei temi specifici prima delineati sia di una trasformazione delle strutture portuali primarie .

Questo ha comportato la selezione di tre principali alternative che vengono di seguito illustrate nei paragrafi G.1.4 e G.2.

Ai tre impianti funzionali corrispondono diverse soluzioni del sistema della mobilità che vengono illustrate nel paragrafo G.2.3.

A queste tre alternative è in comune una fascia complessa che costituisce sia un filtro tra area portuale ed area urbana sia l’area nella quale si risolvono i problemi della accessibilità

ai tre ambiti portuali, ma in questa fascia oggi prevalentemente occupata dai binari dello scalo ferroviario sono anche localizzate alcune attività complementari tipiche del retroporto quali – logistica, turismo, ricettività e ristorazione.

Questa fascia è caratterizzata peraltro da valori morfologici e di criticità elevate e su di essa si è incentrata in particolare l’attenzione dello studio assumendo come strategia progettuale quella di coniugare soluzioni strutturali con la possibile risoluzione della criticità presenti.

G.1.2. Trasformare le criticità in punti di forza

Dalle analisi effettuate (vedi allegato) emergono sia notevoli valori morfologici ed ambientali (Tavv. 3.1.1, 2, 3) sia areali di Degrado e Abbandono (Tav. 3.3.) che nella loro interazione con gli areali di Rischio (Tav. 3.4.1,2,3) determinano la criticità areali e o puntuali.

Di queste tengono conto le ipotesi progettuali proponendo da un lato opere “consapevoli” dei fattori critici e quindi della necessità della loro risoluzione (opere di consolidamento idrogeologico, nuova viabilità) e dall’altro opere di riqualificazione degli usi, con la previsione di nuove attività ricettive e ricreative.

In tal senso la zona di filtro assume (recupera) anche un ruolo di nuova relazionalità tra porto – e città.

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Ci sono infine le numerose fratture sia dei tessuti insediativi che nelle reti ecologiche.

G.1.3. I criteri progettuali

Dall’insieme delle analisi (analisi sistema insediativo – armatura urbana / analisi tematismi - carta areali) si sono estratti alcuni criteri progettuali:

o separazione e integrazione

Si ritiene opportuno assumere come criterio quello di una netta separazione delle attività commerciali, largamente prevalenti in termini di aree destinante, dalle attività turistiche probabilmente in incremento e da quelle pescherecce alle quali si vuole garantire una continuità di localizzazione, consapevoli della loro importanza nella immagine complessiva del porto.

Una separazione deve d’altro canto essere garantita anche tra porto e retroporto attraverso una individualità degli accessi controllati.

A queste separazioni funzionali deve altresì corrispondere una “integrazione” che può essere risolta solo con una risoluzione ottimale della mobilità generale di accesso (di penetrazione) di circolazione e di distribuzione.

o accessibilità

Elemento essenziale per il funzionamento del sistema del porto così come descritto risulta essere quello di una accessibilità diretta dalla viabilità di penetrazione, oggi costituita unicamente dalla S.p. Marrucina. La soluzione prevista comporta la sua sostituzione con una variante che dal casello della A14 arriva direttamente al porto con un percorso di fondo valle senza incroci a raso. La soluzione appare ottimale e su di essa dovranno essere innestati i sistemi circolatori e distributori locali dell’area del porto.

o riqualificazione ambientale

Le criticità territoriali ed ambientali precedentemente rilevate costituiscono elementi di negatività non solo per una fruizione normale dell’intera area con evidenti problemi gestionali, ma rischiano di interferire in termini sostanziali con gli obiettivi che la STU intende porsi relativamente ad una valorizzazione turistica di alcuni ambiti e più in generale per lo stesso sistema della accessibilità.

Si sono sviluppate in questo senso analisi preliminari relativamente alla realizzabilità di interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica e di contenimento dei Rischi di maggiore consistenza (vedi in allegato lo studio di fattibilità geologica di supporto all’ipotesi di riapertura della ex s.s. n. 16 nel tratto compreso tra l’area portuale e l’abitato).

o città e porto

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Ulteriore criterio progettuale di ordine generale è la riapertura di un rapporto interrotto tra città e porto, non tanto nella riproposizione di un water-front, non sostenibile in considerazione delle necessità di “separazione” prima sottolineate e connesse alla funzionalità commerciale del porto, quanto piuttosto nella individuazione di: punti di risalita pedonale e meccanizzata, ambiti di fruizione turistica fortemente caratterizzati attraverso il recupero dei manufatti in abbandono, integrazione del porto pescatori con quello turistico anche attraverso percorsi diretti e separati dalla mobilità commerciale.

G.1.4. Linee guida per il porto

Tenendo conto dell’analisi svolta e a seguito di vari incontri anche di tipo informale tenuti con i tecnici e gli amministratori del Comune, si è stabilito di procedere nell’individuazione di soluzioni alternative per lo sviluppo portuale nel rispetto delle seguenti “linee guida” che concordano con gli indirizzi elaborati dalla Regione nell’ambito dello studio sulla portualità richiamato in precedenza.

1) Mettere in sicurezza l’imboccatura portuale mediante la creazione di un adeguato avamporto che risolva sia i problemi connessi all’insabbiamento sia quelli relativi all’agitazione interna residua;

2) aumentare gli spazi a terra per consentire lo sviluppo sia del traffico container sia del traffico ro-ro e ro-ro-pax;

3) conservare le attività portuali presenti oltre a quella commerciale, riqualificando ed incrementando quella connessa al diporto nautico, migliorando le condizioni operative dei pescatori e degli altri operatori presenti inclusi i cantieri;

4) spostare gli attracchi petroliferi in una zona isolata possibilmente in prossimità dell’imboccatura portuale per far fronte ad ovvie ragioni di sicurezza;

5) ripristinare la continuità tra la banchina nord e quella di riva;

6) separare fisicamente le differenti attività portuali al fine di evitare pericolose interferenza e per regolamentare gli accessi e di conseguenza aumentare gli standard relativi alla sicurezza;

7) migliorare la viabilità interna alla zona portuale.

G.2. Analisi delle possibili soluzioni alternative

Lo studio di soluzioni progettuali rivolte al superamento delle criticità individuate e nel rispetto delle linee guida progettuali è stato sviluppato in due fasi.

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Nell’ambito della prima è stata eseguita una revisione dell’imboccatura portuale prevista dal vigente P.R.P., mentre la seconda è stata dedicata all’analisi di soluzioni alternative per l’assetto delle opere interne portuali.

G.2.1. Ottimizzazione dell’imboccatura portuale

Il P.R.P. vigente prevede una leggera asimmetria tra le due testate della nuova imboccatura portuale che consiste in un maggiore aggetto verso il largo della diga nord rispetto a quella sud. Tale asimmetria individua un canale di accesso, largo circa 180,0 m, ed orientato per 266°N (direzione di ingresso). L’esame dell’orientamento di tale canale in relazione al clima ondametrico direzionale ottenuto in prossimità dell’imboccatura portuale evidenzia i seguenti aspetti negativi:

o la rotta di accesso risulta ottimale solo per la traversia di levante, mentre non lo è per quella di tramontana costringendo in questo caso le navi a navigare con moto ondoso e vento quasi al traverso mentre transitano per l’imboccatura portuale;

o subito dopo l’ingresso nell’avamporto, le navi devono modificare la propria rotta di circa 22° effettuando una accostata a sinistra.

In una logica moderna di progettazione delle imboccature portuali, si cerca di rispettare il duplice criterio di assicurare

una rotta di accesso il più possibile rettilinea e che formi il minimo angolo con le possibili direzioni del moto ondoso incidente, del vento e delle correnti presenti. Tenendo conto che nel sito in esame la direzione del moto ondoso può essere considerata pressoché coincidente con quella del vento e delle correnti, allo scopo di ottemperare a tale criterio, la soluzione ottimale è quella di ruotare la rotta di accesso verso nord di circa 22° (ottenendo una rotta in ingresso pari a 244°N) mantenendo inalterata la larghezza dell’imboccatura portuale e del relativo canale di accesso. In tal modo si elimina l’accostata a sinistra (in ingresso) e la rotta, che diviene perfettamente rettilinea e parallela alla giacitura della diga sud, risulta orientata quasi lungo la bisettrice tra le due traversie principali (levante e tramontana). Inoltre le navi, dopo essere transitata per l’imboccatura portuale, hanno a disposizione un congruo spazio di arresto lungo circa 1,3 km.

G.2.2. Le variabili nell’assetto dell’area portuale

Il principale fattore che condiziona la disposizione delle opere interne portuali è costituito dalla localizzazione planimetrica dell’approdo turistico e del bacino peschereccio. Di conseguenza si possono immaginare tre soluzioni tipo:

o Soluzione tipo A – porto turistico e peschereccio a sud;

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o Soluzione tipo B – porto turistico e peschereccio a nord;

o Soluzione tipo C – porto peschereccio a nord e porto turistico a sud.

La quarta soluzione possibile (porto peschereccio a sud e porto turistico a nord) non è stata presa in esame perché di fatto può considerarsi rientrante nelle soluzioni di tipo C.

Nei prossimi paragrafi si descrivono tali soluzioni cercando di evidenziare i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna di esse.

Poiché il principale obiettivo del presente lavoro è quello di pervenire ad una proposta di sistemazione generale delle aree portuali (opere esterne ed opere interne) al fine di consentire sia all’Amministrazione Comunale di effettuare oggi le principali scelte strategiche e quindi di poter procedere con speditezza in futuro quando si dovrà occupare della redazione del nuovo PRP, sia di poter individuare eventuali spazi di azione della STU nell’ambito portuale che possano risultare sinergici con lo sviluppo futuro del porto, si avverte che le soluzioni di seguito descritte devono essere considerate indicative e quindi necessarie di ulteriori approfondimenti. Solo in una fase più avanzata del lavoro e in particolare nell’ambito della redazione del nuovo P.R.P. sarà possibilie effettuare i necessari approfondimenti eseguendo tutti gli studi specialistici necessari e previsti per la redazione del P.R.P.

Tuttavia, nonostante tali avvertenze, si ritiene che il lavoro sviluppato in questa sede costituirà di fatto il “cuore” del nuovo P.R.P.

Prima di passare ad esaminare le soluzioni studiate, si evidenzia che quasi tutti gli schemi proposti prevedono la localizzazione del terminale per prodotti petroliferi nell’avamporto con indubbi vantaggi dal punto di vista sia della sicurezza sia del recupero di spazi interni al porto.

G.2.3. Le variabili nel sistema della mobilità

Considerate le soluzioni proposte per la struttura funzionale (Schema strutturale – ipotesi A, B, C) del porto sono state studiate le soluzioni possibili e ad esse coerenti relative al sistema della mobilità.

Tutte le soluzioni prevedono un percorso di penetrazione, costituito dalla variante al S.p. marrucina in corso di realizzazione così come basano la circolazione nell’area portuale su uno o più sistemi circolatori costituiti da grandi rotatorie che si sviluppano intorno all’area ferroviaria (con il recupero della ex statale 16 e con l’utilizzazione della via cervara ad unico senso di marcia)

o La prima soluzione tiene conto delle proposte A e C (C1-C2-C3) e, in relazione alla ubicazione del porto turistico a sud (in continuità con porto pescatori e con o senza accesso separato), prevede una rotatoria

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intorno all’area delle fornaci di cui si prevede una riutilizzazione a fini turistici – ricettivi – ricreativi di queste soluzioni sono stati studiati i tracciati ed i profili per verificarne una fattibilità anche in relazione al recupero dell’area delle Fornaci a fini turistici.

o La seconda soluzione si riferisce alla proposta B relativa alla ubicazione del porto turistico a Nord in contiguità con il porto peschereccio e con la realizzazione di un lido artificiale contiguo al porto turistico. In questo caso si è ritenuto di dover prevedere un secondo accesso proseguendo la variante alla sp marrucina sino alla zona “scalo” lungo il Vallone S.Andrea. Resta invariata anche in questa soluzione la macro-rotatoria per il porto commerciale del tipo però previsto per la soluzione 3.

o La terza soluzione tiene infatti conto della proposta B e quindi della ubicazione a Nord sia del porto turistico che di quello pescatori ma non della necessità di un secondo accesso.

G.2.4. Soluzioni alternative per la disposizione delle opere interne portuali

Soluzione tipo A

Questa soluzione di fatto ricalca, migliorandola, l’impostazione del P.R.P. vigente. Il collegamento tra la

banchina nord e quella di riva avviene mediante il tombamento dello specchio d’acqua adibito attualmente ai pescherecci. I pescherecci e le imbarcazioni da diporto vengono posizionati nello stesso bacino a sud del porto. Il nuovo bacino, completamente separato dal porto commerciale, possiede una imboccatura indipendente.

Sulla banchina di riva è stato posizionato indicativamente il terminale ro-ro.

Seguendo un suggerimento dell’Amministrazione Comunale, la soluzione prevede la realizzazione di un “distripark” (con questo nome modernamente si designa una area di deposito delle merci ove queste vengono opportunamente suddivise e manipolate per indirizzarle verso le varie destinazioni nel modo più razionale possibile, seguendo i criteri della “logistica” dei trasporti; nel distripark vengono svolte anche funzioni tipiche degli interporti, cioè la distribuzione delle merci fra i vari mezzi di trasporto terrestre) a nord del porto. Il nuovo terrapieno è localizzato tra la costa e le barriere parallele esistenti poste a protezione della linea ferroviaria e delle condotte per i prodotti petroliferi. Il distripark, che presenta una superficie di circa 15,5 ha, potrebbe accogliere anche l’attuale fascio di binari localizzato tra la banchina di riva e la falesia. In tal modo si potrebbe recuperare questa vasta area da riqualificare per usi portuali e/o cittadini.

I principali parametri che caratterizzano questa soluzione sono i seguenti:

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o terminale petrolifero: superficie dello specchio d’acqua (esterno al canale di accesso) 17,0 ha; superfici a terra 1,9 ha;

o superficie dello specchio d’acqua destinato all’evoluzione delle navi che frequentano il porto commerciale 66,0 ha;

o superficie dei terrapieni disponibili per il porto commerciale (esclusa l’area recuperabile dallo spostamento del fascio binari) 51,0 ha;

o superficie del distripark 15,5 ha;

o superficie dello specchio d’acqua destinato ai pescherecci e al diporto nautico 11 ha;

o superficie delle aree a terra a servizio del porto turistico-pescherecci 9,5 ha.

Le superfici sopra indicate escludono quella relativa al canale di accesso localizzato nell’avamporto.

In totale si avrebbe una superficie a terra complessiva di circa 77,9 ha a fronte di specchi acquei di circa 94 ha (escluso lo specchio d’acqua che accoglie il canale di accesso) con un rapporto terra/acqua pari a circa 0.83. Tenendo conto che le aree a terra attualmente disponibili assommano a circa 26 ha, la soluzione proposta consente di triplicare tali aree.

Indubbiamente questa soluzione tende a privilegiare ed ad ottimizzare gli aspetti marittimi e portuali connessi al porto commerciale.

Il principale svantaggio di questa soluzione riguarda la de-localizzazione del porto pescherecci ed il conseguente riempimento della darsena storica del porto.

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[Tav. Soluzione A]

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[Tav Soluzione E1.2.1]

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Soluzione tipo B

Con la soluzione B si propone l’accorpamento del porto turistico e del porto pescherecci a nord del porto commerciale. In particolare si realizza un nuovo porto turistico-pescherecci che include l’attuale bacino destinato alla pesca. Il nuovo porto è realizzato subito a nord del porto esistente, sfruttando anche in questo caso l’area compresa tra le barriere parallele, poste a difesa della ferrovia, e la costa. L’imboccatura del porto, del tipo a moli convergenti, contribuisce alla realizzazione della completa separazione tra il porto commerciale e la nuova struttura. A tergo dell’imboccatura del porto turistico-pescherecci è prevista una spiaggia assorbente la cui funzione è quella di dissipare completamente il moto ondoso incidente. Il nuovo marina e il bacino pescherecci, pur avendo l’imboccatura in comune, risultano tra di loro fisicamente separati assicurando quindi ai due tipi di utenza la necessaria autonomia.

A ponente del porto turistico è localizzata una nuova spiaggia artificiale protetta da pennelli a “T” realizzati utilizzando in parte le barriere parallele esistenti. La spiaggia, posta in gran parte di fronte al tratto di ferrovia schermato dalla galleria, oltre alla riqualificazione del litorale, potrebbe svolgere, insieme al marina e alla darsena pescherecci, la funzione di attrattiva di un nuovo polo turistico da sviluppare nell’area.

Per quanto riguarda il porto commerciale, come nel caso della soluzione A, i pontili destinati al traffico petrolifero sono stati posizionati nell’avamporto. La continuità della banchina nord con quella di riva viene realizzata mediante l’allargamento del terrapieno esistente. Nella zona ove attualmente è localizzato l’approdo turistico, è localizzato un nuovo terrapieno il cui lato est avrà la funzione di assorbire il moto ondoso proveniente dall’imboccatura portuale. Il terminale ro-ro è stato posizionato anche in questo caso sulla banchina di riva.

I principali parametri che caratterizzano questa soluzione sono i seguenti:

o terminale petrolifero: superficie dello specchio d’acqua (esterno al canale di accesso) 20,6 ha; superfici a terra 2,8 ha;

o superficie dello specchio d’acqua destinato all’evoluzione delle navi che frequentano il porto commerciale 74,5 ha;

o superficie dei terrapieni disponibili per il porto commerciale 49,0 ha;

o superficie dello specchio d’acqua destinato ai pescherecci e al diporto nautico 10,2 ha (di cui 3,9 ha relativi alla darsena pescherecci e 6,3 ha relativi al porto turistico e all’imboccatura portuale);

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o superficie delle aree a terra a servizio del porto turistico-pescherecci 12,3 ha (di cui 7,6 relativi al porto pescherecci e 4,7 al porto turistico);

o superficie della spiaggia artificiale circa 3,3 ha.

o Le superfici sopra indicate escludono quella relativa al canale di accesso localizzato nell’avamporto.

Le dimensioni del nuovo porto turistico-pescherecci sono più che sufficienti ad accogliere l’attuale flotta da pesca più circa 600-700 imbarcazioni da diporto ed i relativi servizi (inclusi i parcheggi).

In totale si avrebbe una superficie a terra complessiva di circa 64,1 ha a fronte di specchi acquei di circa 105,0 ha (escluso lo specchio d’acqua che accoglie il canale di accesso) con un rapporto terra/acqua pari a circa 0.61. Tenendo conto che le aree a terra attualmente disponibili assommano a circa 26 ha, la soluzione proposta consente di aumentarle di circa 2,5 volte.

Questa soluzione tende a privilegiare il “porto antico” e punta alla riqualificazione per fini turistico-balneari del litorale poso a nord del porto attualmente non utilizzato ed in condizione di evidente degrado ambientale e paesaggistico. Qualora si scegliesse questo tipo di soluzione, per puntare ad una “ricucitura tra porto e città”, si dovrebbe pensare ad interventi di tipo urbanistico-arcitettonici da realizzare sul versante posto a nord della città di Ortona. Si evidenzia a tal riguardo che attualmente il collegamento

“visivo-paesaggistico” tra città e porto avviene quasi esclusivamente sul versante est della città per mezzo di una passeggiata panoramica molto apprezzata dai cittadini.

Un’ultima osservazione riguarda la non ottimale esposizione geografica del porto turistico-pescherecci e della relativa spiaggia artificiale. Infatti tale area, essendo esposta a nord-est, è caratterizzata sia da una rilevante esposizione ondametrica sia da un irraggiamento solare non ottimale per lo sviluppo di attività turistico-balneari. Forse questa è una delle ragioni per cui questo tratto di costa, a differenza del Lido dei Saraceni, non è mai stato considerato dagli ortonesi di particolare interesse per la balneazione. Si evidenzia a tal riguardo che l’orientamento verso ovest della spiaggia dei Saraceni, risulta migliore sia dal punto di vista dell’insolazione sia dal punto di vista dell’esposizione ondametrica, essendo protetta dalle opere foranee del porto esistente che garantiscono sulla spiaggia condizioni di mare calmo anche durante le frequenti mareggiate provenienti dal I quadrante, con indubbio vantaggio per la balneazione.

Seppure non ottimale dal punto di vista marittimo e portuale, questa soluzione garantirebbe comunque degli spazi congrui per lo sviluppo del porto commerciale.

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[Tav Soluzione B]

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[Tav Soluzione E1.2.2]

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Soluzioni tipo C

In questo caso sono state elaborate quattro soluzioni, costituite da una soluzione base, indicata nel seguito C, e tre soluzioni, C1, C2, e C3, ciascuna pensata in variante rispetto alla C.

Con questo tipo di soluzioni, si è esplorata la terza possibilità per localizzare il porto turistico e quello pescherecci. Essa prevede in generale il mantenimento della situazione attuale (porto pescherecci a nord ed approdo turistico a sud) pur proponendo una serie di interventi rivolti a rispettare le linee guida progettuali. Tali interventi riguardano:

o la creazione di una imboccatura indipendente per il porto pescherecci che consente di realizzare, mediante un nuovo terrapieno, la continuità tra la banchina nord e quella di riva;

o la realizzazione di una nuova imboccatura anche per il porto turistico;

o lo spostamento del porto petrolifero nel nuovo avamporto.

In tal modo i tre porti avrebbero ciascuno una imboccatura indipendente con un indubbio vantaggio dal punto di vista della navigabilità e di conseguenza della sicurezza. Tuttavia tra le tre imboccature quella meno felice, perché esposta alle mareggiate provenienti dal I quadrante, risulterebbe quella

del porto pescherecci. Anche se questo aspetto non si ritiene di fondamentale importanza, poiché in occasione delle mareggiate citate i pescherecci avrebbero sempre la possibilità di trovare un rifugio estremamente sicuro nel porto commerciale dove si potrebbe riservare un’area da destinare all’ormeggio temporaneo delle imbarcazioni da pesca, si è pensato a come si potrebbe ovviare a tale problema. La soluzione C2 esplora tale possibilità, realizzando un canale di accesso alla darsena pescherecci parallelo al molo nord del porto commerciale. In tal modo il porto commerciale e quello pescherecci avrebbero l’imboccatura in comune. Il principale svantaggio di questa soluzione riguarda la difficoltà di localizzare nell’avamporto il terminale per prodotti petroliferi a causa della presenza del canale di collegamento con la darsena pescherecci. Tuttavia tale inconveniente potrebbe essere superato realizzando i pontili per prodotti petroliferi di lunghezza inferiore rispetto a quelli previsti dalla soluzione C. Questa possibile variante, qualora risultasse di interesse, potrebbe essere sviluppata a livello grafico.

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[Tav. Soluzione C]

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Con la soluzione C1 si è immaginato di realizzare una sola imboccatura per il porto commerciale e per l’approdo turistico. Si ritiene che tale soluzione non si debba considerare migliorativa rispetto alle altre poiché, seppure offre il vantaggio per le imbarcazioni da diporto di poter usufruire di una imboccatura caratterizzata da una profondità dell’ordine di -12 m sul l.m.m. (e quindi pressocchè priva di “down time”), lo stesso si può ragionevolmente affermare nel caso di imboccatura separata, essendo questa completamente schermata, dal molo sud del porto commerciale, dal settore di traversia principale. Per contro l’imboccatura in comune offrirebbe indubbi svantaggi dal punto di vista della sicurezza a causa dell’interferenza tra il traffico commerciale e quello da diporto.

Infine la terza soluzione esaminata, la C3, prevede la realizzazione del bacino pescherecci completamente al di fuori dell’attuale area portuale. Il vantaggio di questa soluzione riguarda la possibilità di poter creare lungo il molo nord una banchina perfettamente rettilinea lunga quasi 1,0 km.

Come evidenziato nella soluzione C, tutte le soluzioni esaminate potrebbero consentire la riqualificazione del litorale posto a nord del porto mediante la realizzazione di una spiaggia artificiale, simile a quella ipotizzata per la soluzione B.

Con riferimento alla soluzione base C, i principali parametri che la caratterizzano sono i seguenti:

o terminale petrolifero: superficie dello specchio d’acqua (esterno al canale di accesso) 20,6 ha; superfici a terra 2,8 ha (le aree occupate dal terminale petrolifero sono le stesse di quelle relative alla soluzione B);

o superficie dello specchio d’acqua destinato all’evoluzione delle navi che frequentano il porto commerciale 66,5 ha;

o superficie dei terrapieni disponibili per il porto commerciale 32,0 ha;

o superficie dello specchio d’acqua destinato ai pescherecci 3, 6 ha;

o superficie delle aree a terra a servizio del porto pescherecci 9,8 ha;

o superficie dello specchio d’acqua destinato all’approdo turistico 9,5 ha;

o superficie delle aree a terra a servizio del porto turistico 10 ha;

o superficie della spiaggia artificiale circa 5,8 ha.

Anche in questo caso le superfici sopra indicate escludono quella relativa al canale di accesso localizzato nell’avamporto.

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In totale si avrebbe una superficie a terra complessiva di circa 54,6 ha a fronte di specchi acquei di circa 100 ha (escluso lo specchio d’acqua che accoglie il canale di accesso) con un rapporto terra/acqua pari a circa 0.55. Tenendo conto che le aree a terra attualmente disponibili assommano a circa 26 ha, la soluzione proposta consente di aumentarle di circa 2,1 volte.

Complessivamente rispetto alle altre soluzioni, la C è quella che privilegia di meno il porto commerciale rispetto a quello turistico e a quello peschereccio ed è quella caratterizzata anche dal minor rapporto terra/acqua. Tuttavia essa offre l’indubbio vantaggio di rispettare le attuali localizzazioni del bacino pescherecci e di quello turistico, pur consentendo un discreto sviluppo del porto commerciale.

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[Tav Soluzione C1]

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[Tav Soluzione C2]

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[Tav Soluzione C3]

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Costi

In questa fase del lavoro risulta prematuro parlare di costi in termini assoluti poiché un calcolo economico presupporrebbe lo sviluppo dei necessari approfondimenti progettuali (disegno di sezioni tipo, definizione dei volumi di dragaggio, scelta delle modalità costruttive, ecc) che da una parte esulano dall’obbiettivo principale del presente lavoro, che riguarda la scelta delle linee di sviluppo del porto, e che dall’altra presuppongono la conoscenza di numerosi parametri progettuali oggi non ancora disponibili.

Tuttavia, poiché il fattore costo in generale rientra tra i fattori oggetto di comparazione tra soluzioni alternative, si ritiene che una stima parametrica dei costi, sufficiente per paragonare le varie soluzioni, possa essere effettuata sulla base dei parametri geometrici forniti nei paragrafi precedenti.

A tal riguardo si evidenzia in primo luogo che tutte le soluzioni esaminate presentano grossomodo lo stesso costo per quanto riguarda le opere foranee destinate alla realizzazione dell’avamporto. Pertanto tale costo costituisce un’invariante tra le soluzioni esaminate. Qualora si volesse stimare in modo grossolano il valore assoluto del costo di queste opere, si può fare riferimento al costo dell’opera foranea in corso di realizzazione (i primi ottocento metri del molo nord costano circa 16 Ml di Euro), tenendo conto che

complessivamente rimangono da realizzare circa 1400 m di dighe per completare l’avamporto su fondali mediamente superiori rispetto a quelli interessati dalle opere in fase di realizzazione.

Per quanto riguarda le opere interne portuali i costi parametrici possono essere desunti sulla base delle superfici conquistate al mare. In tal modo si può affermare che la soluzione più costosa è la A seguita dalla B ed infine dalla C. Inoltre si può affermare che in termini percentuali la differenza di costo tra la soluzione A e la B è di circa il 20%, tra la A e la C è di circa il 50% mentre tra la B e la C è di circa il 25%. Si tratta di differenze non particolarmente rilevanti per lo sviluppo di un porto commerciale.

Per quanto riguarda i costi del solo porto turistico, si può affermare che la soluzione più costosa è sicuramente la B, mentre la soluzione C è sicuramente la più economica. Se però si fa riferimento al costo complessivo del porto turistico e del porto pescherecci, la soluzione sicuramente più vantaggiosa è la A la quale non prevede la realizzazione di nuove opere foranee.

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G.3. Le coerenze complessive

Le analisi condotte su basi econometriche circa il potenziale sviluppo le porto di Ortona, particolarmente prudenziali e condotte secondo ipotesi conservative, hanno prodotto delle buone prospettive di traffico sull’area di riferimento. Occorre ricordare che le analisi hanno supposto la presenza di condizioni di fruibilità, quali disponibilità di aree a terra e banchine, accessibilità al porto da terra e da mare (fondali).

In sintesi i dati quantitativi possono essere così riassunti:

o il traffico ro-ro può far registrare volumi oscillanti fra i 974 mila ton/anno ai 790 mila ton/anno,

o il traffico container può far registrare una domanda complessiva oscillante fra i 10.100 Teu/anno ed i 8.500 teu/anno.

Tali numeri non sono però sufficienti, se non attraverso opportuni approfondimenti, ad indirizzare la progettazione del porto commerciale. In particolare ciò accade a causa l’attuale assenza sul porto di domanda/offerta per le tipologie di traffico ipotizzate. Quello che comunque emerge è la possibilità di dare avvio, confortati dai dati numerici, ad un processo di collocazione del porto di Ortona su un mercato in crescita ed in evoluzione, con buone possibilità di successo, costruendo quasi totalmente ex novo ed implementandolo nel tempo il suo paniere di interlocutori: clienti e linee.

La definizione della STU comporta due ordini di verifiche che derivano da valutazioni di coerenza e di compatibilità relative agli assetti strutturali proposti.

Uno strumento centrale per la valutazione di compatibilità è la carta della sostenibilità di cui alle pagine precedenti ed essa si esprimerà in relazione agli areali di vincolo ma anche ai regimi di intervento che ne costituiscono i contenuti. La sua utilizzazione, come si è detto non è di tipo prescrittivo o regolativo ma di natura argomentativa e si svilupperà essenzialmente nella seconda fase dello studio quando le diverse soluzioni strutturali si saranno sedimentate in specifiche dimensioni progettuali. Di contro la conoscenza già in questa fase degli areali “critici” e della loro natura consente di orientare le soluzioni proposte in una sfera di compatibilità ma anche, come si è detto di integrazione.

La valutazione di coerenza si articola in due momenti: uno applicato alla coerenza “interna” che viene sviluppato in questa fase e l’altro applicato alla coerenza “esterna” rispetto agli altri sistemi di pianificazione e programmazione interagenti e che si rapporta anche con la valutazione di compatibilità.

La coerenza interna viene pertanto intesa come la rispondenza dei diversi asseti proposti (sol. A, B, C, e loro interazioni con soluzioni del sistema della mobilità) ai criteri generali che sono stati assunti:

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accessibilità,

separazione – integrazione funzioni,

riqualificazione ambientale.

Questi criteri vengono verificati in termini di “essenzialità” delle risposte prestazionali delle diverse soluzioni ma anche in riferimento alla loro “incrementabilità” cioè alla loro possibilità di pervenire ad una più ampia (e ovviamente complessa) risposta prestazionale in tempi e fasi successivi, garantendo comunque nella fase di avvio le prestazioni minime.

In particolare si ritiene che le soluzioni integrate (porto+ mobilità) rispondano in maniera crescente (incrementale) a diversi livelli di prestazioni relative alla accessibilità, da un minimo corrispondente alla sol. A ad un massimo corrispondente alla sol (3 ma che esse siano tutte coerenti nella loro funzionalità interna.

Resta ovviamente da verificare il loro raccordo con gli altri sistemi di pianificazione e programmazione che sono peraltro in via di ridefinizione (PRG-PRP, etc.)

In analogia rispondono in diverso modo alle esigenze prestazionali relative alla separazione delle funzioni (accesso, controllo) ed alla loro dimensione relativa (superfici porto) le soluzioni prospettate: più complesse ma da rinviare ad un approfondimento progettuale, appaiono le corrispondenti prestazioni relative alla integrazione delle parti “separate” da

raggiungere attraverso specifiche soluzioni delle modalità dei collegamenti

Resta infine il tema della riqualificazione ambientale che si è postulato come centrale per la verifica di coerenza delle soluzioni proposte

Si possono considerare ovviamente più coerenti le soluzioni che attraverso le opere previste consentano un maggior grado di “riqualificazione”, intesa come:

riduzione degli areali di abbandono e degrado

riduzione degli areali di rischio

riduzione degli areali di conflittualità

In questo senso le specifiche azioni relative al consolidamento idrogeologico delle aree interessate dalla ex ss 16, il recupero dell’area delle Fornaci e infine la rinaturalizzazione del fosso Saraceni appaiono come elementi qualificanti le diverse soluzioni e la loro integrazione con gli interventi STU comporta una maggiore o minore coerenza interna degli stessi.

Sotto tali premesse, una logica imprenditoriale suggerisce di procedere ad una valutazione degli scenari alternativi secondo un duplice schema:

1. di coerenza interna,

2. di implementabilità e flessibilità nel tempo.

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La coerenza interna è determinata dalla capacità dello schema proposto di ottemperare alle diverse istanze di carattere tecnico-portuale, ma anche tecnico-urbanistico.

Alcuni dei criteri esposti nei paragrafi precedenti, fra le Idee Forti che hanno guidato la stesura delle alternative, non si declinano nei vari Scenari, ma ne costituiscono una invariante, così è per:

o Mettere in sicurezza l’imboccatura portuale

o Spostare gli attracchi petroliferi in una zona isolata

o Ripristinare la continuità tra la banchina nord e quella di riva

Così è anche per l’accessibilità al porto e la razionalizzazione degli accessi e della viabilità interna, ma poiché i diversi Schemi sul porto, possono implicare diversi interventi nella fascia intermedia fra porto ed abitato, la valutazione non sarà mirata alla restituzione di quanto lo Scenario corrisponda all’obiettivo/criterio, ma a quanto può stimarsi oneroso ed impegnativo il raggiungimento dell’obiettivo.

Sono quindi elementi di valutazione:

o Separazione fisica delle differenti attività portuali;

o Incremento degli spazi a terra per il porto commerciale;

o Potenziamento delle attività diportistiche;

o Miglioramento delle condizioni operative dei pescatori;

o Razionalizzazione e miglioramento della viabilità interna alla zona portuale.

o Accessibilità;

o Riqualificazione ambientale;

o Rapporto città e porto;

Soluzione A

La Soluzione A presenta una commistione (comunque compatibile), fra aree dedicate al diporto ed aree dedicate alla pesca, con un imboccatura unica nello specchio, posto a meridione, ricalcando l’attuale collocazione della nautica da diporto, specchio d’acqua che risulta, però indipendente da quello commerciale.

L’assetto ipotizzato sicuramente privilegia il porto commerciale, che così disporrebbe di uno spazio acqueo pari a circa 66 ha e di uno monte aree a terra, grazie alla disposizione del distripark, pari 66,5ha, per un rapporto acqua/terra pari a 1. Il peso degli spazi a terra commerciali appare per una prima fase di avvio del porto ed allo stato attuale delle verifiche ed indagini dello Studio, alquanto sovradimensionato.

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Risulta contratta, coerentemente con la prospettiva di riduzione delle attività di pesca, la disponibilità di aree per il porto pescherecci e l’approdo turistico, le cui attività vengono razionalizzate in 11 ha a mare e 9,5 ha di terra. Più del puro dato dimensionale, l’elemento di maggiore debolezza risulta essere l’imposizione della delocalizzazione dei pescherecci in commistione con il porto turistico in uno spazio relativamente ridotto.

La razionalizzazione della viabilità interna non trova sostanziali differenze fra i diversi scenari. Nella distribuzione complessiva e nei rapporti con l’utenza e l’abitato, la riduzione ad un unico polo della nautica da diporto e dell’approdo per i pescherecci, avvantaggia la funzione turistica perfettamente coerente con la collocazione in adiacenza con il lido dei Saraceni. Proprio il rapporto con la spiaggia adiacente e la relativa istanza di balneazione implica la necessaria particolare attenzione alle norme ambientali ed alla qualità delle acque. Particolare attenzione deve essere posta all’elemento ambientale e di salvaguardia nella realizzazione del distripark anche in ragione della localizzazione su un ambito (anche in massima parte con opere a mare) di conflittualità (cfr. tav. A3.6). Gli opportuni approfondimenti progettuali potranno individuare le singole soluzioni capaci di trasformare una criticità in una ricchezza per il progetto.

Lo Scenario presenta un elemento di criticità (rischio) nelle dimensioni di intervento sul porto commerciale, dimensioni che non sono ad oggi verificabili come istanze prodotte dalle analisi di mercato; presenta altresì il vantaggio di poter essere implementato per stadi di avanzamento successivi, articolati nel tempo, con intervalli anche lunghi, tali da permettere la verifica del mercato e delle necessità di spazi oltre che di servizi ed accessibilità. La possibilità, infatti, di differire la realizzazione segnatamente del distripark, ma anche del riempimento del porto pescherecci, permette di progettare tale area in base alle ottimizzazioni possibili sia in tema di servizi sia in tema di accessibilità (su gomma e su ferro).

Soluzione B

La Soluzione B presenta, come la Soluzione A un'unica imboccatura per la nautica da diporto e la flotta peschereccia. Si crea a nord dell’area di studio, un polo turistico-peschereccio, in cui gli specchi d’acqua risultano separati ma l’ingresso unico. Tate scelta privilegia l’aspetto turistico dedicandogli un’area indipendente, si contrae, rispetto al caso precedente il porto commerciale con 74,5 ha di specchi d’acqua e 49 ha di spazi a terra, con un rapporto acqua/terra di circa 0,65. Nel complesso lo spazio dedicato alle altre attività portuali non è fortemente aumentato, con 10 ha (di cui 6,3 dedicato all’approdo turistico) in acqua e 12

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a terra (di cui 4,7 per il porto turistico), quello che viene privilegiato è la creazione del polo turistico a nord, con la possibilità di realizzare anche una spiaggia artificiale.

In tale ipotesi le aree oggi portuali sarebbero quasi interamente dedicate al porto commerciale, annullando i problemi di organizzazione dei flussi interni di diversa origine, mentre la viabilità esterna potrebbe, per l’intera lunghezza dell’attuale porto, distribuire i mezzi commerciali al porto. L’area turistico-peschereccia potrebbe essere servita da una doppia accessibilità, quella generata dalla rotatoria ipotizzata nella fascia di transizione (orientata nord-sud) fra il porto e l’abitato, e più ad ovest dall’ipotizzabile prolungamento della bretella autostrada A14/SS 16. Lo schema, inoltre, permetterebbe la permanenza dell’area pescherecci nella collocazione attuale, valorizzandone l’intorno nord.

Le ipotizzabili criticità generate dalla collocazione a coprire il margine di un’area di conflittualità, potranno essere risolte da una progettazione attenta.

Il rapporto con la città, in questa ipotesi, soffre della scelta di dedicare al porto commerciale l’intero fronte est, che “naturalmente” funge da mediazione, separazione ed integrazione fra il porto e la città alta, dedicando al polo turistico un’area di sicuro fascino ma anche qualche difficoltà di percezione dall’alto dell’abitato ed una non perfetta collocazione ambientale.

La mancanza di flessibilità ed implementabilità per parti costituisce sicuramente uno dei maggiori fattori di rischio della soluzione B.

Soluzione C (C1, C2, C3)

La Soluzione C, nelle sue diverse declinazioni, prevede una completa separazione di tutte le funzioni, rinunciando all’accorpamento del turistico e del peschereccio in un unico polo, mantenendo le due funzioni rispettivamente a sud ed a nord del porto commerciale.

Le aree disponibili per il porto commerciale fanno segnare un rapporto mare/terra pari a circa 0,5, sicuramente molto inferiore alla Soluzione A. La sostanziale permanenza del porto turistico e del peschereccio sugli attuali sedimi appare sufficiente a soddisfare le attuali (e prefigurabili a breve) esigenze. Tale soluzione permette comunque di non avere interferenze interne dei traffici, mentre la viabilità esterna potrebbe soffrire, come il complessivo rapporto con l’abitato, della separazione fra i due porto non commerciali. L’approccio alquanto conservativo fa sì che non vi siano sostanziali cambiamenti rispetto alle attuale configurazione, a meno di quelli “di base” ed imprescindibili di razionalizzazione e valorizzazione.

Per la soluzione individuata si può osservare come quello che è in assoluto un punto di debolezza, l’essere “minimale” negli interventi e piuttosto conservativo, è di fatto il suo maggiore

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punto di forza, permettendo nel tempo le realizzazioni di cui alla Soluzione A o sue variazioni che nel tempo si rendessero necessarie.

Nel complesso, quindi, se le due soluzioni A e B sono di lungo termine, la C, di breve-medio periodo potrebbe essere quella preferibile per intervenire in una condizione di limitate certezze.