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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO 1 Comune di Ravenna Provincia di Ravenna (RA) PROGETTO DI REALIZZAZIONE DI IMPIANTO IDROELETTRICO A SAN BARTOLO DI RAVENNA PROGETTO PER CONCESSIONE IDROELETTRICA STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Committente: GIPCO s.r.l. Legale rappresentante – Dott. Daniele Tumidei Via Barsanti n°17 - 47100 Forlì (FC) [email protected] Tel. +39 0543 796574 - Fax +39 0543 796769 - P.I. 03335120402 Studio d’impatto ambientale - aspetti urbanistici, ambientali, paesaggistici: Ing. Giovanni Belgenio via de Predis 4 - 20155 Milano (MI) Progettazione tecnologica ed impiantistica: STUDIO FROSIO s.r.l. Ing. Franco Frosio Iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Brescia al n°1671 Via P.F. Calvi n°9 – 25125 Brescia (BS) e-mail: [email protected] Tel. +39-030-3702371 - Fax +39-030-396143 - P.I. 01690560170 Progettazione architettonica: STUDIO ASSOCIATO PREGER Ing. Gabriele Medri Iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Forlì-Cesena al n°1780/a Via dell’Arrigoni n°220 – 47522 Cesena (FC) e-mail:[email protected] Tel +39-0547-318943 – Fax +39-0547-416365 – P.I. 03326240409 Dicembre 2012

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

1

Comune di Ravenna Provincia di Ravenna (RA)

PROGETTO DI REALIZZAZIONE DI

IMPIANTO IDROELETTRICO

A SAN BARTOLO DI RAVENNA

PROGETTO PER CONCESSIONE IDROELETTRICA

STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

Committente:

GIPCO s.r.l.

Legale rappresentante – Dott. Daniele Tumidei

Via Barsanti n°17 - 47100 Forlì (FC)

[email protected]

Tel. +39 0543 796574 - Fax +39 0543 796769 - P.I. 03335120402

Studio d’impatto ambientale - aspetti urbanistici, ambientali, paesaggistici:

Ing. Giovanni Belgenio

via de Predis 4 - 20155 Milano (MI)

Progettazione tecnologica ed impiantistica:

STUDIO FROSIO s.r.l.

Ing. Franco Frosio

Iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Brescia al n°1671

Via P.F. Calvi n°9 – 25125 Brescia (BS)

e-mail: [email protected]

Tel. +39-030-3702371 - Fax +39-030-396143 - P.I. 01690560170

Progettazione architettonica:

STUDIO ASSOCIATO PREGER

Ing. Gabriele Medri

Iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Forlì-Cesena al n°1780/a

Via dell’Arrigoni n°220 – 47522 Cesena (FC)

e-mail:[email protected]

Tel +39-0547-318943 – Fax +39-0547-416365 – P.I. 03326240409

Dicembre 2012

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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1. PREMESSA

1.1. QUADRO NORMATIVO GENERALE DI RIFERIMENTO

Il presente studio d’impatto ambientale è relativo al progetto di un impianto di derivazione di acque pubbliche ad

uso idroelettrico da realizzare sul fiume Ronco, in località San Bartolo (fig. 1). Più precisamente il progetto si

colloca in corrispondenza della chiusa esistente detta Farini, circa 4km a monte della confluenza con il fiume

Montone, nella parte meridionale del Comune di Ravenna (RA) e sotto la tutela dell’Autorità dei Bacini Regionali

Romagnoli.

Tale studio è stato realizzato prendendo come riferimento la LR n. 9 del 18 maggio 1999, come modificata dalla

LR n. 35 del 16 novembre 2000 “Direttiva generale sulla attuazione della LR 9/1999 - disciplina della procedura

di valutazione dell'impatto ambientale" e i seguenti documenti regionali attuativi, approvati con DGR n. 1238 del

15 luglio 2002:

- direttiva generale sulla attuazione della LR 9/1999 "Disciplina della procedura di valutazione dell'impatto

ambientale";

- linee guida generali per la redazione e la valutazione degli elaborati per la procedura di verifica

(screening) e del SIA per la procedura di VIA;

- circolare del 30 gennaio 2001 sulla attuazione della LR 9/1999 "Disciplina della procedura della

valutazione dell'impatto ambientale" (prot. amb/amb/01/1854).

Il progetto è assoggettato alla procedura di VIA ai sensi dell’articolo 4, comma 3 della LR 9/1999 in quanto il

progetto rientra fra quelli elencati nell’allegato B1, lettere B.1.8 (impianti per la produzione di energia

idroelettrica) e B.1. 21 (derivazioni di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori

a 200 litri al minuto secondo).

Il progetto prevede di derivare le acque mediante la riqualificazione di una chiusa esistente, di addurle alle

turbine della centrale e quindi rilasciarle immediatamente a valle della briglia stessa.

CIÒ PREMESSO, LA DOMANDA DI DERIVAZIONE A USO IDROELETTRICO A CUI LE OPERE SONO AFFERENTI, IN BASE AL DISPOSTO DELLA DGR N. 1793 DEL 3 NOVEMBRE 2008, È DA CONSIDERARSI TECNICAMENTE

COMPATIBILE CON LE CONCESSIONI GIÀ PRESENTI SULL’ASTA FLUVIALE.

IN BASE AL COMMA C DELLA DGR 1793/2008 INFATTI, QUANTO DISPOSTO IN MERITO AL RISPETTO DELLE DISTANZE MINIME TRA DERIVAZIONI PREESISTENTI NON SI APPLICA ALLA PRESENTE ISTANZA DI

PROGETTO IN QUANTO LE ACQUE SONO PRELEVATE IMMEDIATAMENTE A MONTE DI UNO SBARRAMENTO ARTIFICIALE DEL CORPO IDRICO E SONO RILASCIATE IMMEDIATAMENTE A VALLE.

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MOTIVAZIONE DELL’OPERA

Il progetto prevede la realizzazione di un’opera per la captazione di acque superficiali, impiegandole per la

produzione di energia idroelettrica da cedere totalmente alla rete nazionale di media tensione. L’impianto ha

pertanto la finalità di produrre energia utilizzando fonti rinnovabili, risparmiando un’energia equivalente da fonti

fossili e riducendo l’emissione di anidride carbonica in atmosfera per mancata combustione.

LA PRODUZIONE ANNUA COMPLESSIVA DELL’IMPIANTO È DI CIRCA 1.000 MWH.

QUESTA ENERGIA CORRISPONDE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA COMBUSTIBILI FOSSILI PARI A CIRCA 187 T.P.E. (TONNELLATE DI PETROLIO EQUIVALENTI) A CUI CORRISPONDE UNA MINORE EMISSIONE IN

ATMOSFERA DI CIRCA 504 TONNELLATE ANNUE DI ANIDRIDE CARBONICA.

Le ipotesi alternative all’esecuzione delle opere in progetto in esame sono sinteticamente riconducibili alla

seguente casistica:

- ipotesi di realizzazione di diversa tipologia di centrale elettrica a pari potenza;

- ipotesi di mancata realizzazione dell’opera.

La mancata realizzazione dell’opera è in contrasto con le linee guida nazionali e regionali in materia di

produzione energetica successivamente richiamate nel quadro normativo. Una tale scelta comporterebbe una

maggiore dipendenza da fornitori esteri e una conseguente perdita di autonomia economica e politica.

La realizzazione di una diversa tipologia d’impianto idroelettrico, come ad esempio una centrale tradizionale non

compatta comporterebbe, oltre alla necessità di individuare altro sito con idonee caratteristiche idrauliche e

ambientali, un significativo aggravio degli impatti ambientali conseguenti le più invasive opere di derivazione.

La scelta effettuata di una tipologia di centrale compatta con turbine Kaplan interamente sommerse permette di

contenere significativamente l’occupazione di suolo e limita la costruzione di volumi fuori terra per sala

macchine e locali tecnici accessori.

Infine, la realizzazione di un impianto non idroelettrico di pari potenza, al netto dell’impiego di altra fonte

rinnovabile da individuare comporterebbe, come già quantificato, un aumento del ricorso a fonti fossili, con

conseguente sostanziale aggravio dell’impatto ambientale.

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1.2. SCELTA LOCALIZZATIVA

La posizione nella quale ubicare l’opera (fig. 2 e fig. 3) è stata individuata in modo tale da soddisfare i seguenti

criteri:

- una morfologia del sito con condizioni altimetriche e idrologiche adeguate per il corretto

funzionamento della centrale;

- un assetto idrografico tale da garantire la piena sicurezza idraulica dell’opera anche nel corso di

eventi di piena;

- una configurazione dell’alveo ante operam tale da permettere l’utilizzo della risorsa idrica senza

intervenire meccanicamente con movimentazioni invasive del letto del Ronco per convogliare le acque.

Le opere principali oggetto della presente proposta progettuale sono le seguenti:

- IL MANUFATTO DI PRESA;

- IL LOCALE QUADRI DELLA CENTRALE ELETTRICA;

- LA RETE DI ALLACCIAMENTO ALLA LINEA DI MEDIA TENSIONE.

Come dettagliatamente illustrato nell’ambito del quadro progettuale del presente S.I.A., la scelta del sito di San

Bartolo per la realizzazione di dette opere è tale da non generare situazioni che mettano a rischio la sicurezza

dell’area.

Gli impatti previsti sulle diverse componenti ambientali risultano particolarmente contenuti e risulta pertanto

possibile, mediante l’implementazione di adeguate misure di mitigazione, garantire un bilancio ambientale

sostenibile per l’opera in oggetto.

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LINEE STRATEGICHE PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA

ELETTRICA

La realizzazione e la riattivazione di centrali idroelettriche sono incentivate dalla Direttiva 2001/77/CE in materia

di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

La stessa sottolinea la necessità di promuovere tali fonti in quanto contribuiscono alla protezione dell’ambiente

ed allo sviluppo sostenibile, permettono di raggiungere più rapidamente gli obiettivi definiti dal Protocollo di

Kyoto ed hanno un impatto positivo sulla coesione sociale, anche a livello locale.

A livello nazionale, la legge 10/1991 riguardante le “Norme per l’attuazione del Piano Energetico Nazionale”, è il

riferimento normativo principale. La legge riporta nel dettaglio sia i criteri per distinguere tra fonti di energia

rinnovabili ed assimilate, sia le diverse tipologie delle fonti stesse. La suddetta legge inoltre è stata formulata “al

fine di migliorare i processi di trasformazione dell’energia e di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale

dell’utilizzo dell’energia a parità di servizio reso e di qualità della vita” nell’ottica di favorire “l’uso razionale

dell’energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell’utilizzo di manufatti, l’ut ilizzazione

delle fonti rinnovabili di energia, la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi”.

Il D.lgs. 79/1999, in attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia

elettrica, all’articolo 11 comma 5 incentiva “l’uso delle energie rinnovabili, il risparmio energetico, la riduzione

delle emissioni di anidride carbonica e l’utilizzo delle risorse energetiche nazionali”. Il decreto promuove inoltre

l’uso delle diverse tipologie di fonti rinnovabili, determinando gli obiettivi pluriennali per ciascuna fonte.

Il D.lgs. 387/2003 recepisce la direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da

fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

Esso fornisce disposizioni specifiche per promuovere:

- un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato

italiano e comunitario;

- misure per il perseguimento degli obiettivi nazionali;

- la creazione delle basi per un futuro quadro comunitario in materia;

- la ricerca e gli studi tecnologici in materia di fonti rinnovabili.

L’articolo 2 comma 1 definisce per fonti rinnovabili “le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare,

geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di

depurazione e biogas)”.

L’articolo 12 dispone sulla razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative. Al comma 1, le

opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le

infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti sono definite di pubblica utilità,

indifferibili e urgenti.

La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli

interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa

vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti

stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato

dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del

patrimonio storico-artistico.

A livello regionale, il riferimento normativo è la LR 26/2004 che ha portato alla predisposizione del Piano

energetico regionale della Regione Emilia-Romagna, basato sul Protocollo di Kyoto.

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Il Piano individua tra i suoi vari obiettivi la riduzione entro il 2008-2012 delle emissioni dei gas serra per una

quota pari a quella assegnata all’Italia (-6,5% rispetto al 1990) ed il raddoppio entro il 2010 della produzione

interna di energia elettrica e termica proveniente da fonti rinnovabili. Tali obiettivi dovranno essere conseguiti

attraverso una politica energetica territoriale articolata a livello regionale, provinciale e comunale.

Sul fronte della produzione la strada indicata dal Piano è quella di sviluppare le fonti rinnovabili, tra cui l’energia

idroelettrica. Le linee d’intervento specifiche proposte dal Piano mirano al raggiungimento dell’obiettivo

regionale di valorizzazione dell’idroelettrico, in conformità agli strumenti di tutela ed uso plurimo delle acque.

IN SINTESI RISULTA PERTANTO CHE È INTENZIONE DELLA REGIONE OPERARE PER

FAVORIRE LA REALIZZAZIONE DI MINI IMPIANTI IDROELETTRICI PUBBLICI E PRIVATI SUI

CORSI D’ACQUA ESISTENTI O CON APPOSITE DEVIAZIONI CON LA GARANZIA DELLA TUTELA

DELLA QUALITÀ E DEL RITORNO DELLE RISORSE IDRICHE UTILIZZATE.

1.2.1. GLI OBIETTIVI PROVINCIALI

In coerenza con gli indirizzi regionali espressi nella LR 26/2004, il Piano di Azione per l’Energia e lo Sviluppo

Sostenibile della Provincia di Ravenna ne recepisce e conferma le linee strategiche per l’incremento della

produzione di energia elettrica.

La Provincia ha quindi condiviso le linee guida già individuate dalla Regione Emilia-Romagna con il Piano

energetico regionale ed ha avviato un approfondito esame per definire le azioni concrete, necessarie a dare il

massimo contributo al raggiungimento degli obiettivi che il Paese, e la Regione Emilia-Romagna, si sono dati.

Per quanto riguarda le fonti rinnovabili di energia, la Provincia è interessata a sviluppare lo sfruttamento di tutte

quelle tecnicamente utilizzabili nel nostro territorio, privilegiando quelle che non comportano un peggioramento

dell’inquinamento atmosferico e l’emissione di CO2. Fra queste viene in particolar modo valutata la risorsa mini-

idroelettrica.

Attualmente infatti, l’unico impianto idroelettrico attivo nel territorio della Provincia di Ravenna risulta essere

situato nel comune di Brisighella, con un produzione annua di circa 1.000 MWh.

Il piano di azione provinciale recepisce gli indirizzi regionali relativi ai requisiti che devono avere i nuovi impianti

idroelettrici per limitarne gli impatti sul patrimonio idrico, e in particolare sulla qualità dei corsi d’acqua.

Più precisamente, la Regione propone di incentivare gli impianti che sfruttano le acque che scorrono nei canali

irrigui (uso plurimo della risorsa idrica) e i salti esistenti nella rete acquedottistica.

La Provincia recepisce inoltre ha fornito una serie di indirizzi regionali per la realizzazione di nuovi impianti,

vincolanti per il rilascio della concessione di derivazione di acqua pubblica.

Più precisamente:

- è stata definita una distanza minima di 1 km tra la nuova derivazione e quelle ad uso idroelettrico

già esistenti; la costruzione di nuovi sbarramenti è accettata solo quando tali opere risultino necessarie o

funzionali per la difesa idraulica o siano già state programmate da enti competenti.

- si devono favorire i progetti che prevedono un elevato rapporto tratto sotteso/acqua lasciata

defluire e andrà garantito che le caratteristiche qualitative del corpo idrico non subiscano modifiche.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Per quanto riguarda lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili sul territorio della Provincia di Ravenna, in

coerenza con gli obiettivi europei e nazionali la Provincia di Ravenna ha stabilito l’obiettivo di arrivare a produrre

329 ktep di energia in più da fonti rinnovabili, più che raddoppiando la dotazione esistente a maggio 2008.

Con specifico riferimento al territorio della provincia di Ravenna, il documento valuta come molto interessante il

possibile sfruttamento dei canali già esistenti, dei salti delle reti acquedottistiche, degli scarichi dei depuratori ed

il recupero di antichi mulini. È inoltre indicata come particolarmente interessante la possibilità di installare

impianti micro centrali idroelettriche sugli scarichi delle acque utilizzate per il raffreddamento.

Per valutare la fattibilità di questi utilizzi, saranno necessari studi specifici che tengano in considerazione tutti i

passaggi della progettazione e realizzazione degli impianti: topografia e geomorfologia del sito, valutazione della

risorsa idrica e del suo potenziale energetico, selezione del sito e schema base d’impianto, turbine idrauliche,

generatori elettrici e loro regolazione, Studio d’Impatto Ambientale e misure di mitigazione, valutazione

economica del progetto e possibilità di finanziamento, ambito istituzionale e procedure amministrative per

l’ottenimento delle autorizzazioni.

Con una valutazione dichiaratamente molto approssimata, il documento della provincia ipotizza l’installazione

nel territorio di alcune centrali micro idroelettriche (turbine, ruote idrauliche o viti di Archimede) per una potenza

di 7/8 kW ciascuna. Per gli impianti installati su canali e corsi d’acqua si possono prevedere circa 200 giorni di

funzionamento/annui, per tenere conto delle condizioni sempre più frequenti di scarsità d’acqua. Gli impianti

posizionati a valle di industrie o depuratori, invece, hanno un flusso garantito praticamente tutto l’anno. Date

queste premesse, e prevedendo 3/5 impianti su canali e corsi d’acqua e 8/12 impianti su scarichi industriali e/o

di depuratori, il documento provinciale ipotizza una produzione da fonti rinnovabili stimabile in un minimo di 131

tep (571 MWh/ anno) ed un massimo di 201 tep (874 MWh/anno).

Sulla base di questa valutazione del potenziale di produzione, appare evidente come lo scenario ipotizzato per

lo sviluppo di queste fonti non sia confrontabile agli obiettivi fissati dal Piano Energetico Regionale per l’Emilia

Romagna e scalati alla Provincia di Ravenna in base al numero degli abitanti.

Lo sfruttamento dell’idroelettrico con micro-impianti porta una produzione non significativa sul totale fissato dalla

Regione e appare pertanto evidente che uno sfruttamento ambientalmente sostenibile della risorsa idroelettrica

ravennate debba avvalersi di una diversa tipologia di impianti.

Più in generale, la scelta della Provincia di favorire l’installazione nel proprio territorio di nuovi impianti

per la produzione di energia elettrica risponde all’esigenza, più volte espressa a livello nazionale, di

procedere ad un riequilibrio territoriale del parco centrali.

Tale scelta consente alla Provincia di realizzare una pianificazione energetica più puntuale dal punto di vista

territoriale e dunque più rispondente alla domanda espressa dalle varie realtà produttive e civili. Inoltre essa

contribuirà a rispondere con più efficacia a prevenire possibili futuri episodi di black-out elettrici simili a quelli che

si sono verificati negli anni passati.

Per quanto riguarda in particolare il settore idroelettrico, le politiche del controllo del dissesto idrogeologico delle

aree collinari e montane richiedono un’attenta revisione dei regimi idrogeologici dei corsi d’acqua. All’interno dei

piani d’intervento e delle nuove concessioni promosse dalla Provincia dovrà essere puntualmente verificata la

possibilità di utilizzare tali risorse idriche come forza elettromotrice senza compromettere la sicurezza e la

salvaguardia dei sistemi ambientali coinvolti.

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2. METODOLOGIA STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

2.1. ARTICOLAZIONE DELLO STUDIO

La presente relazione è stata svolta con riferimento ai criteri contenuti nella LR 18 n. 9 del maggio 1999,

come modificata dalla LR n. 35 del 16 novembre 2000 “Direttiva generale sulla attuazione della LR n.

9/99 - disciplina della procedura di valutazione dell'impatto ambientale" e nelle “Linee guida generali per

la redazione e la valutazione degli elaborati per la procedura di verifica (screening) e del SIA per la

procedura di VIA”.

Essa è pertanto in linea con la suddetta normativa regionale ed è articolata secondo le indicazioni in

essa contenute, seguendo uno schema dedotto dalla lista di controllo generale per la procedura di VIA

riportato nelle succitate linee guida.

La relazione è quindi strutturata nelle seguenti parti:

1. quadro di riferimento programmatico;

2. quadro di riferimento progettuale;

3. quadro di riferimento ambientale;

4. valutazioni degli impatti ambientali potenziali a breve, medio e lungo periodo.

I singoli capitoli all’interno dei quadri di riferimento illustrano l’opera e le sue caratteristiche, l’attuale

assetto del territorio e dell’ambiente da essa interessati e la previsione di loro variazioni indotte

dall’opera.

Il quadro di riferimento programmatico contiene:

- l’illustrazione dell’opera in relazione alla legislazione, pianificazione e programmazione vigenti

(nazionale, regionale e locali) di riferimento, nonché in relazione alle sue finalità e agli eventuali riflessi

in termini sia di vincoli che di opportunità, sul sistema economico e territoriale;

- le finalità e le motivazioni strategiche dell’opera, seppur esistente, nonché le modalità con cui essa

soddisfa la domanda esistente, anche alla luce delle trasformazioni in corso a livello locale;

- l’indicazione dell’attuale destinazione d’uso delle aree interessate, come indicato dalla vigente

strumentazione urbanistica e dei vincoli di varia natura esistenti nelle aree prescelte e nell’intera zona di

studio.

Il quadro di riferimento progettuale contiene:

- la descrizione del sito dell’opera;

- la descrizione delle caratteristiche tecnologiche e dimensionali delle opere, delle esigenze di

utilizzazione del suolo e delle altre risorse durante le fasi di esercizio;

- l’indicazione della natura e delle quantità delle risorse impiegate;

- la descrizione delle soluzioni tecniche prescelte per l’esercizio dell’impianto idroelettrico, per ridurre

l’utilizzo delle risorse e le emissioni di inquinanti;

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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- gli interventi progettuali e gestionali necessari in fase di funzionamento per mitigare gli impatti e

migliorarne l’inserimento.

Il quadro di riferimento ambientale contiene:

- l’inquadramento del territorio e dell’ambiente interessati dall’opera;

- l’indicazione dell’area di influenza potenziale, ovvero quella su cui potrebbero risentirsi eventuali effetti

negativi del progetto;

- l’analisi della situazione attuale delle principali componenti ambientali potenzialmente interessate

dall’opera.

Infine, la valutazione degli impatti presenta:

- la descrizione dei prevedibili effetti negativi e positivi, diretti ed indiretti, a breve, medio e lungo termine,

permanenti e temporanei che l’opera produce sull’ambiente durante la fase di funzionamento;

- la descrizione delle misure di mitigazione degli effetti negativi dell’opera sull’ambiente.

La metodologia complessiva sottesa dall’articolazione dei diversi quadri di studio può essere riassunta nello

schema seguente.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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2.2. DEFINIZIONE DELLE COMPONENTI AMBIENTALI

L’area potenziale d’impatto dell’opera di captazione dal fiume Ronco, in località San Bartolo, è stata definita in

funzione delle potenziali interazioni tra l’opera e l’ambiente circostante.

Tale area rappresenta l’estensione massima di territorio entro cui, allontanandosi dall’opera, gli effetti

sull’ambiente diventano gradualmente minimi. Gli effetti sull’ambiente sono riferiti ai ricettori d’impatto, ovvero le

componenti ambientali ritenute maggiormente interessate dalle potenziali fonti di impatto.

La dimensione e la forma dell’area potenziale varia a seconda della componente ambientale analizzata.

Considerata la tipologia dell’opera e le caratteristiche generali dell’ambiente circostante, sono state individuate

le seguenti componenti ambientali di interesse:

- suolo e sottosuolo;

- atmosfera;

- radiazioni ionizzanti e non ionizzanti;

- acque superficiali e sotterranee;

- vegetazione e fauna;

- paesaggio;

- rumore e vibrazioni.

2.3. VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI

Con lo scopo di individuare gli impatti potenzialmente generati sulle componenti ambientali, è stata definita una

metodologia di valutazione che consenta di mettere in luce gli effetti negativi e positivi causati dalla

realizzazione del progetto.

Nel presente lavoro si è optato per un approccio valutativo di tipo quali-quantitativo, utilizzando una metodologia

di “caratterizzazione degli impatti” finalizzata ad individuare tutti gli effetti generati dal progetto e ad

evidenziare le componenti ambientali per le quali si ritiene necessario adottare misure di mitigazione specifiche.

Occorre peraltro sottolineare che il livello di approfondimento del progetto esaminato non è sempre tale da

consentire valutazioni approfondite e puntuali per ogni componente ambientale. In alcuni casi quindi, le

considerazioni effettuate in questa sede risentono inevitabilmente di approssimazioni che consentono di

effettuare valutazioni di massima che dovranno essere confermate e affinate in fase di progettazione esecutiva

sotto il controllo degli organi competenti. Analogamente, le stesse misure di mitigazione proposte per il

contenimento degli impatti negativi assumono in tali casi la valenza di linee guida per il corretto inserimento

dell’opera nell’ambiente, anche individuando soluzioni alternative che le successive fasi di progettazione

dovranno elaborare e contestualizzare al caso specifico, coniugandole con le esigenze di fattibilità tecnica ed

economica dell’intervento.

Sono successivamente descritti in dettaglio gli impatti generati dal progetto su ciascuna componente ambientale

come individuate al paragrafo precedente; per ogni componente il livello di approfondimento delle analisi svolte

è proporzionato all’entità ed alla significatività degli impatti.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Tutti gli impatti individuati sono definiti sinteticamente mediante un apposito procedimento di caratterizzazione.

Per rispondere ad una esigenza di semplicità e chiarezza si è adottato un procedimento in linea con le

metodologie comunemente utilizzate nella valutazione di impatto ambientale e che offre particolari garanzie dal

punto di vista della comunicazione dei risultati.

In una prima fase per ogni componente ambientale sono state individuate le principali azioni di progetto e le

conseguenti tipologie di impatto attese.

Per l’identificazione degli impatti è stato consultato fra gli altri il testo “Guida all’idroelettrico minore – Per un

corretto approccio alla realizzazione di un piccolo impianto”, realizzato dall’European Small Hydropower

Association (ESHA) per la Commissione delle Comunità Europee, Direttorato Generale per l’Energia.

Successivamente ogni singola tipologia di impatto individuata è stata caratterizzata mediante una serie di

attributi che ne specificano la natura, ovvero valutando se essi sono positivi o negativi, se sono probabili o certi,

se si manifestano nel breve o nel lungo termine, se hanno un’estensione locale o regionale, se sono reversibili o

irreversibili.

A questa prima caratterizzazione di tipo qualitativo, è stata quindi associata una caratterizzazione quantitativa,

adottando i parametri di seguito riportati:

- segno: POSITIVO (+) o NEGATIVO (-)

- intensità: da BASSA (1) a ALTA (10)

- durata: da BREVE TERMINE (1) a LUNGO TERMINE (10)

- estensione: da LOCALE (1) a REGIONALE (10)

- reversibilità: da REVERSIBILE (1) a IRREVERSIBILE (10)

La logica impiegata è quella di assegnare il punteggio minore (1) alla tipologia d’impatto meno significativa (che

risulta preferibile in caso di impatto negativo) e di assegnare il punteggio maggiore (10) alla categoria di

tipizzazione più estrema (che risulta preferibile in caso di impatto positivo). Ad esempio alla categoria di

estensione dell’impatto è assegnato punteggio 1 laddove l’impatto risulti limitato alla scala locale, mentre

laddove l’impatto risulti avere un’estensione territoriale regionale è assegnato un punteggio 10.

Il punteggio complessivo d’impatto di una determinata azione di progetto si calcola sommando i punteggi

ottenuti dalle singole categorie di tipizzazione, con l’aggiunta del segno (+ o –) che definisce la positività o la

negatività dell’impatto.

Secondo la metodologia proposta un impatto che risulti essere positivo (+), ad alta intensità (10), di lungo

termine (10), a scala regionale (10) e irreversibile (10), presenta un punteggio complessivo pari a + 40 (miglior

impatto possibile). Allo stesso modo un impatto che risulti essere negativo (–), ad alta intensità (10), di lungo

termine (10), a scala regionale (10) e irreversibile (10), presenta un punteggio complessivo pari a - 40 (peggior

impatto possibile).

Sulla base dei risultati del procedimento di caratterizzazione quantitativa è stato quindi possibile formulare un

giudizio d’impatto complessivo e definire la necessità o meno di attivare specifiche misure di mitigazione.

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La seguente tabella sintetizza i possibili giudizi d’impatto e la conseguente definizione della necessità di

adottare misure di mitigazione.

PUNTEGGIO DI IMPATTO GIUDIZIO DI IMPATTO MISURE DI MITIGAZIONE

0 / +40 positivo o nullo non necessarie

-1 / -15 negativo basso opportune

-16 / -30 negativo medio necessarie

-40 / -31 negativo alto indispensabili

Ad ogni giudizio si accompagna un colore identificativo, che permette di evidenziare con immediatezza le

situazioni di maggiore criticità.

Il procedimento d’individuazione delle azioni di progetto, delle tipologie d’impatto e la loro successiva

caratterizzazione è stato sviluppato con riferimento a due differenti fasi di vita dell’opera:

FASE DI CANTIERE (REALIZZAZIONE DELLA TRAVERSA DI FONDO E DEL MANUFATTO DI PRESA,

REALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI ADDUZIONE, COSTRUZIONE DELL’EDIFICIO DELLA CENTRALE E

REALIZZAZIONE DEL CANALE DI RESTITUZIONE DELL’ACQUA DERIVATA IN ALVEO);

FASE DI FUNZIONAMENTO (FASE DI ESERCIZIO DELLA CENTRALE FINALIZZATA ALLA PRODUZIONE

ED ALLA DISTRIBUZIONE IN RETE DELL’ENERGIA ELETTRICA PRODOTTA).

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3. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

3.1. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E

PROGRAMMAZIONE A LIVELLO REGIONALE

3.1.1. PIANO TERRITORIALE REGIONALE (PTR) E PIANO

ENERGETICO REGIONALE (PER)

Il Piano territoriale regionale vigente approvato dall´Assemblea legislativa regionale con delibera n. 276 del 3

febbraio 2010 ai sensi della LR n. 20 del 24 Marzo 2000 così come modificata dalla LR n. 6 del 6 luglio 2009.

Il PTR definisce il quadro di riferimento programmazione strategica, integrazione delle politiche, governo

territoriale. In particolare, comprende il Piano energetico regionale, ha definito obiettivi e linee di azione per una

riqualificazione del sistema energetico regionale con il proposito di un nuovo sviluppo sostenibile in linea con il

raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.

Dopo gli importanti risultati raggiunti nel livello di metanizzazione del territorio, a partire dal 2000 si è conclusa la

riconversione del parco termoelettrico regionale, sostituendo i vecchi impianti ad olio combustibile con nuovi ed

efficienti impianti a gas naturale, perseguendo contemporaneamente l’obiettivo di autosufficienza elettrica e di

riduzione delle emissioni di CO2.

Allo stesso modo si è avviata negli ultimi anni la produzione di energia da fonti rinnovabili, in linea con gli

obiettivi del Piano energetico regionale, in particolare per quanto riguarda l’idroelettrico, il fotovoltaico e le

biomasse, cui si è accompagnato il significativo sviluppo degli impianti in cogenerazione e delle reti di

teleriscaldamento e della generazione distribuita in diverse aree del territorio regionale.

Il progetto in esame è caratterizzato in tal senso da una piena corrispondenza alle linee guida del PTR e

del PER.

3.1.2. PIANO TERRITORIALE PAESISTICO REGIONALE

(PTPR)

Il Piano territoriale paesistico della regione Emilia-Romagna, adottato nel 1989 e definitivamente approvato nel

1993, è il principale strumento con cui la Regione tutela e valorizza l’identità paesaggistica e culturale del

territorio, ovvero le caratteristiche peculiari delle zone e gli aspetti di cui è necessario salvaguardare i caratteri

strutturanti e nei quali è riconoscibile un valore paesaggistico, naturalistico, geomorfologico, storico-

archeologico, storico-artistico o storico-testimoniale. Il PTPR è parte tematica del Piano territoriale regionale

(PTR) e si pone come riferimento centrale della pianificazione e della programmazione regionale dettando

regole e obiettivi per la conservazione dei paesaggi regionali.

Il Piano stabilisce limitazioni alle attività di trasformazione e uso del territorio attraverso indirizzi, direttive e

prescrizioni che devono essere rispettate dai piani provinciali, comunali e di settore. In particolare il PTPR detta

specifiche disposizioni volte alla salvaguardia degli invasi ed alvei di piena ordinaria, che corrispondono a quella

parte dell’ambito fluviale che viene sommersa in conseguenza di piene non eccezionali, e delle zone di tutela

dei caratteri ambientali che coincidono con le zone di terrazzo fluviale o con la zona di antica evoluzione, ancora

riconoscibile, del corso d’acqua. È inoltre individuata la zona di tutela dei corpi idrici sotterranei caratterizzata da

terreni con elevata permeabilità che si estendono lungo tutta la fascia pedecollinare, coincidente con aree di

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ricarica delle falde idriche sotterranee. La normativa è finalizzata ad evitare usi e trasformazioni che mettano in

pericolo la qualità delle acque.

La cartografia del P.T.P.R., e in specifico la tavola di zonizzazione, è tuttora in via di configurazione e

aggiornamento per effetto dell'approvazione di diversi P.T.C.P. e di modifiche grafiche d’iniziativa comunale.

Si rimanda pertanto alla cartografia dei piani provinciali approvati, in quanto per effetto dell'articolo 24, della LR

20/2000 essa costituisce, in materia di pianificazione paesaggistica, il principale riferimento per gli strumenti

comunali di pianificazione e per l'attività amministrativa attuativa, o agli stessi Comuni che abbiano avuto

approvate varianti grafiche ai sensi della ex LR 6/95, attualmente non più in vigore.

Con riferimento alla copia digitale del P.T.P.R. nella sua stesura originaria (DGR n. 272 del 22 febbraio 2000)

l’ambito d’intervento si colloca nell’unità di paesaggio numero 7 (fig. 4), la pianura romagnola.

Per questa unità di paesaggio vengono individuati i principali componenti del paesaggio ed elementi

caratterizzanti, sia fisici che biologici e antropici:

- formazione alluvionale con microrilievo costituito da grondaie fluviali spente e vive;

- terrazzi fluviali e marini dell'alta pianura;

- fauna della pianura prevalentemente nei coltivi alternati a scarsi incolti;

- terreni ben drenati occupati da una tipica agricoltura promiscua (paesaggio della piantata) oggi in via di

trasformazione con netta prevalenza di colture frutticole ed erbacee specializzate;

- centri di origine romana e impianto murato medioevale;

- casa rurale cesenate-riminese con portico o faentino-imolese con fienile;

- sistema insediativo della via Emilia ad alta densità ed infrastrutturazione;

- centri medio-piccoli dell'alta pianura centuriata ed alta densità della popolazione sparsa;

- insediamenti di dosso e bassa densità della popolazione sparsa nella fascia a confine con le bonifiche.

Le norme tecniche del P.T.C.P., come illustrato nel relativo paragrafo, nel rispetto di ogni altra disposizione di

legge o regolamentare in materia, e comunque previo parere favorevole dell'ente o ufficio preposto alla tutela

idraulica, la realizzazione di opere connesse alle infrastrutture ed attrezzature, fermo restando, che per le

infrastrutture lineari e gli impianti, non completamente interrati, può prevedersi esclusivamente l'attraversamento

in trasversale.

Fra le diverse tipologie d’infrastrutture ed attrezzature ammesse, sono ricompresi i sistemi tecnologici per la

produzione di energia idroelettrica e il trasporto dell'energia e delle materie prime e/o dei semilavorati.

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PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE REGIONALE (PTA)

Il Piano di tutela delle acque approvato dall’Assemblea legislativa regionale con delibera n. 40 del 21 dicembre

2005 definisce con l’apposita tavola delle zone di protezione delle acque sotterranee le aree di ricarica della

falda.

La normativa prevede, infatti, che le zone di protezione per la risorsa idrica sotterranea comprendano le aree di

ricarica, le emergenze naturali della falda e le aree di riserva.

Nel territorio regionale sono state quindi individuate le aree di ricarica per le zone di protezione delle acque

sotterranee nel territorio di pedecollina-pianura, mentre per le zone di protezione delle acque superficiali è stato

definito il metodo e i criteri di delimitazione per le porzioni di particolare tutela.

Il PTA demanda ai Piani territoriali di coordinamento provinciale o loro varianti la delimitazione delle zone di

protezione delle acque sotterrane in territorio collinare – montano.

Per l’individuazione delle aree di ricarica della falda delle acque sotterranee sono stati utilizzati criteri

idrogeologici partendo dalle conoscenze disponibili sui gruppi acquiferi ed i complessi acquiferi regionali. Al loro

interno sono stati individuati di quattro settori specifici o sottozone A, B, C e D, oggetto di specifica tutela.

IL SITO DI SAN BARTOLO NON RISULTA RICADERE IN NESSUNA DELLE QUATTRO FASCE INDICATE (FIG. 5).

Per quanto attiene il rispetto dei deflussi minimi vitali (DMV) la relazione generale del PTA esprime valutazioni di

natura economica fornendo gli elementi per la stima delle perdite per mancata produzione legate appunto al

rispetto della normativa sul DMV.

Nel caso dell’impianto idroelettrico in esame, come successivamente meglio illustrato nel quadro progettuale,

TRATTANDOSI DI UN IMPIANTO REALIZZATO NEL CORPO DI UNA TRAVERSA FLUVIALE, NON SUSSISTE

L’OBBLIGO DI RILASCIO DEL D.M.V. IN QUANTO NON ESISTONO TRATTI DI CORSO D’ACQUA CON

RIDUZIONE DI PORTATA ED È QUINDI SEMPRE GARANTITA LA CONTINUITÀ IDRAULICA DEL FIUME.

nota:

NONOSTANTE QUESTA PREMESSA, SI E’ OPTATO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA SCALA DI RISALITA

PESCI CHE CONSENTA AL CONTEMPO IL DEFLUSSO MINIMO VITALE COME PURE LA DIFFUSIONE DELLE

SPECIE ITTICHE CON CONTINUITA’ LUNGO IL CORSO DEL FIUME.

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PIANO ITTICO REGIONALE (PIR)

Il Piano ittico regionale, approvato dall’assemblea legislativa nel 2007 è il documento programmatico vigente

relativo al quinquennio 2006-2010 per la tutela e sviluppo della fauna ittica e la regolazione della pesca in

Emilia-Romagna.

In merito alla salvaguardia e la libera circolazione delle specie ittiche vengono definiti i requisiti prestazionali da

rispettare nella realizzazione di opere idrauliche trasversali quali briglie e soglie.

Più precisamente, il PIR disciplina che in ogni situazione in cui risulti normalmente un ostacolo insormontabile

per la fauna acquatica, interrompendo sia il percorso fisico, sia i flussi energetici all’interno dell’ecosistema

fluviale, in luogo della costruzione di manufatti di tipo tradizionale in calcestruzzo o in gabbioni, si dovrà

prevedere la realizzazione di una o più rampe in pietrame di caratteristiche idonee per consentire anche la

risalita della fauna ittica.

Nei casi in cui la pendenza non consente la costruzione di rampe in pietrame, le briglie in calcestruzzo dovranno

essere dotate di scale di risalita per i pesci, quando ubicate in tratti di corso d’acqua d’interesse per la fauna

ittica o privo di sbarramenti trasversali per una lunghezza significativa.

In linea generale ogni manufatto costruito nell’alveo di un corso d’acqua deve prevedere un passaggio

artificiale, le cui caratteristiche devono essere coerenti con le esigenze della fauna ittica presente, come stabilito

anche dalla DGR 3939/1994.

L’importanza di assicurare ai pesci la possibilità di raggiungere le aree di riproduzione era peraltro già stabilita

nella disposizione del Regio Decreto n. 1604 del 1931 ove si faceva obbligo, nel concedere derivazioni di corsi

d’acqua, di inserire scale di risalita per i pesci.

NEL CASO DELL’IMPIANTO DI SAN BARTOLO LA PROGETTAZIONE SI CONFRONTA CON UNA CHIUSA

PREESISTENTE PRIVA DI OGNI TIPO DI MANUFATTO IDONEO A GARANTIRE LA RISALITA DELLA

ITTIOFAUNA.

LA REALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO IN PROGETTO NON COMPORTA PERTANTO ALCUN NUOVO OSTACOLO

ALLA CIRCOLAZIONE DEI PESCI PRESENTI IN ALVEO MA AL CONTRARIO, GRAZIE AL POSIZIONAMENTO

DELLA SCALA DI RISALITA PESCI SI GARANTISCE E SI RIPRISTINA IL NATURALE CONTINUUM FLUVIALE E

CONTRIBUENDO ATTIVAMENTE AL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ DELLA FAUNA ITTICA ED ALLA SUA

DIFFUSIONE LUNGO IL CORSO DEL RONCO.

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3.2. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE A

LIVELLO PROVINCIALE

PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (PTCP)

Il PTCP della provincia di Ravenna è stato approvato con delibera di Consiglio Provinciale n. 9 del 28 febbraio

2006 e successivamente modificato a seguito dell’approvazione del PSC del Comune di Ravenna con delibera

del n.25 del 27 febbraio 2007.

Conformemente a quanto disciplinato dal PTPR, il sito di San Bartolo ricade all’interno dell’unità di paesaggio n.

11, detta “delle ville” (fig. 6). L’intervento non evidenzia elementi d’incongruità con le disposizioni indicate per

questo ambito, fatte salve le norme prescrittive specifiche per la tutela delle risorse idriche.

Dal punto di vista morfologico questa unità di paesaggio è caratterizzata da un’alternanza di dossi fluviali rilevat i

e zone depresse di area limitata. Ne sono un esempio gli alvei abbandonati dei fiumi appenninici Ronco,

Montone e Lamone che hanno più volte modificato il loro percorso lasciando sul territorio tracciati meandriformi

rilevati, utilizzati in seguito come collegamenti stradali. Molti dossi fluviali sono ancora rilevati e leggibili sia nel

paesaggio che nella carta geomorfologica. Mentre il fiume Ronco venne inalveato nel Duecento nel solco

dell’acquedotto romano, il fiume Montone venne condotto nell’attuale cavo nel Trecento per opera dei Forlivesi.

La presenza di numerosi fiumi e di tracciati fluviali abbandonati arricchisce la zona di paleo alvei. Fra i principali

elementi caratterizzanti si annoverano diversi tratti di dossi ormai abbandonati del Ronco e del Montone e i

dossi degli alvei nei quali attualmente scorrono.

Il titolo 4 del PTCP fornisce le direttive relative alla protezione e prevenzione dei rischi ambientali e in particolar

modo l’articolo 4.6 regolamenta il controllo degli apporti d’acqua e invarianza idraulica. Il PTCP assume quale

obiettivo strategico l’invarianza idraulica delle trasformazioni, ossia che le trasformazioni del territorio siano

realizzate in modo tale da non provocare un aggravio della portata di piena dei corpi idrici che ricevono i deflussi

superficiali originati dalle aree interessate dalle trasformazioni.

Il titolo 5 del PTCP definisce le norme per la tutela della qualità e uso razionale delle risorse idriche superficiali e

sotterranee. La Provincia assume gli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici superficiali e sotterranei

definiti dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Emilia-Romagna (PTA). In particolare la tutela delle

risorse idriche superficiali si persegue attraverso il mantenimento in alveo delle massime portate compatibili con

l’estensione e la natura del bacino scolante.

Ai fini del perseguimento di tali obiettivi, tutte le derivazioni di acque pubbliche devono assicurare il

mantenimento del deflusso minimo vitale (DMV). In regimi idraulici di particolare magra, anche per brevi periodi,

la continuità del deflusso naturale deve essere perseguita anche limitando o interrompendo le derivazioni

d’acqua autorizzate.

La tavola della tutela dei sistemi ambientali e delle risorse naturali e storico culturali (fig. 7) evidenzia che

l’intervento si colloca in una zona di tutela ambientale (articolo 3.17) e interessa l’invaso del corso d’acqua del

Ronco (articolo 3.18). La via Ravegnana che costeggia il corso del Ronco è classificata quale strada storica di

particolare interesse (articolo 3.24.).

Negli invasi ed alvei di cui all’articolo 3.18 sono ammessi esclusivamente interventi finalizzati alla ricostituzione

degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza

antropica. Eventuali occupazioni temporanee che non riducano la capacità di portata dell'alveo, debbono essere

realizzate in modo da non arrecare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità in caso di

piena. Nelle aree di cui è ammessa, nel rispetto di ogni altra disposizione di legge o regolamentare in materia e

degli strumenti di pianificazione dell’Autorità di bacino, e comunque previo parere favorevole dell'ente od ufficio

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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preposto alla tutela idraulica la realizzazione delle opere connesse alle infrastrutture ed attrezzature per il

trasporto dell’energia (articolo 3.17), nonché la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità.

I progetti di tali opere dovranno verificarne oltre alla fattibilità tecnica ed economica, la compatibilità rispetto alle

caratteristiche ambientali e paesaggistiche del territorio interessato direttamente o indirettamente dall'opera

stessa, con riferimento ad un tratto significativo del corso d'acqua e ad un adeguato intorno, anche in rapporto

alle possibili alternative.

Nei tratti di viabilità storica (articolo 3.24) sono consentite infrastrutture tecniche di difesa del suolo, di difesa

idraulica e simili. Non sono peraltro previsti vincoli specifici a carico della tipologia di progetto in esame.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E

PROGRAMMAZIONE A LIVELLO LOCALE

3.2.1. PIANO REGOLATORE GENERALE / PIANO

STRUTTURALE COMUNALE (PRG/PSC)

Il Piano Strutturale Comunale di Ravenna è stato approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 25 del 27

febbraio 2007.

Lo strumento urbanistico comunale vigente, individua nella tavola “spazi e sistemi” l’ambito del reticolo

idrografico, disciplinato con l’articolo 66, all’interno del quale ricade l’intervento (fig. 8).

Il PSC individua, come prestazioni caratterizzanti della zona, le parti di territorio funzionali al miglioramento delle

condizioni ambientali del reticolo idrografico quale ecosistema strategico per la sopravvivenza di molte specie e

habitat e al potenziamento della funzione di collegamento tra siti naturali e di rifugio avifaunistico in ambiente

agricolo.

Al fine di salvaguardare l’integrità del Reticolo idrografico il RUE, in assenza di specifico piano di settore,

disciplina la fascia di rispetto di 150 m dalla sponda o dal piede dell’argine di fiumi e torrenti di cui alla DLgs

490/99, e nella fascia di rispetto di 50 m dalla sponda o dal piede dell’argine di tutti i corsi d’acqua, individuando

e vietando gli interventi che possono modificare gli equilibri idrogeologici ed ecologici, ed evidenziando altresì le

situazioni e le condizioni nelle quali sono possibili interventi finalizzati alla realizzazione di infrastrutture

pubbliche o alla regimazione delle acque e alla difesa del suolo.

Lo stesso elaborato prevede che il sistema paesaggistico e ambientale ravennate ricomprenda nella propria

rete ecologica (articolo 30) un’ampia fascia corrispondente al tracciato del Ronco.

La rete ecologica è finalizzata a mantenere la continuità strutturale e funzionale delle aree naturali, attraverso

l’integrazione e il rafforzamento di dette componenti e i relativi habitat importanti per la vegetazione, per la fauna

e per il paesaggio, e ripristinando la continuità ove compromessa dall’intervento antropico; ciò anche tramite

operazioni di rimboschimento e riallagamento. È composta da: matrici primarie e secondarie e aree di

integrazione, corridoi ed elementi puntiformi.

Il RUE disciplina le matrici e le connessioni attuali e potenziali della rete ecologica in funzione della salvaguardia

e dell’integrazione della loro funzionalità ecologica e significatività paesaggistico-ambientale, della riduzione

delle situazioni di degrado, della eliminazione degli eventuali punti di discontinuità della rete, anche prodotta

dall’insediamento e dalle infrastrutture, e/o della introduzione di nuovi corridoi.

Relativamente alla caratterizzazione dello spazio urbano dell’abitato di San Bartolo, si risalta che la viabilità di

collegamento tra il centro del paese e la chiusa è individuato quale asse da riqualificare (articolo 110).

Sono elementi di qualità morfologico-funzionali gli spazi aperti esistenti lineari o areali, architettonicamente

configurati come elementi spaziali ordinatori del contesto e come luoghi di relazione, anche favorita dalle

funzioni presenti nell’edificato che li delimita, o spazi inedificati lungo strada, inseriti nel tessuto, da

caratterizzare con nuovi edifici e ampio verde, al fine della riqualificazione del contesto.

In particolar modo sono considerati elementi di qualità morfologico-funzionali le centralità urbane, gli assi da

riqualificare e gli insediamenti con ampio verde privato. Il RUE individua gli elementi di qualità morfologico-

funzionali e li sottopone a disciplina finalizzata al consolidamento della loro configurazione e del loro significato

di luogo di relazione, tramite interventi di adeguamento o miglioramento morfologico e di integrazione funzionale

nell’edificato esistente.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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La carta dei vincoli paesaggistici ai sensi della L.R. 31/2002, articolo 46 individua l’intero ambito del fiume

Ronco quale area soggetto a vincolo(fig. 9).

Più dettagliatamente la carta dei vincoli paesaggistici vigenti (fig. 10) individua l’intero ambito di progetto quale

appartenente agli ambiti di tutela fluviali, mentre la carta dei vincoli ambientali vigenti (fig. 11) non segnala

nessuna appartenenza a zone oggetti di specifica tutela.

Infine, la carta dei vincoli e della disciplina sovraordinata (fig. 12) recepisce dal PTCP l’appartenenza del sito in

esame all’ambito di tutela dei dossi fluviali recenti (articolo 3.20b). Per quest’ambito il PCTP orienta l'eventuale

nuova edificazione in modo da preservare:

- da ulteriori significative impermeabilizzazioni del suolo, i tratti esterni al tessuto edificato esistente;

- l'assetto storico insediativo e tipologico degli abitati esistenti prevedendo le nuove edificazioni

preferibilmente all'interno delle aree già insediate o in stretta contiguità con esse;

- l'assetto morfologico e il microrilievo originario.

La realizzazione d’infrastrutture, impianti e attrezzature tecnologiche a rete o puntuali dovrà comprendere

l'adozione di accorgimenti costruttivi tali da garantire una significativa funzionalità residua del dosso sul quale si

interviene.

L’ambito d’intervento ricade nella fascia di rispetto dei corsi d’acqua individuata ai sensi della legge 431/1985

(legge Galasso) che sottopone a vincolo paesaggistico i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua (iscritti negli elenchi di

cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con Regio Decreto n.

1775 dell’11 dicembre 1933) e le relative sponde per una fascia di 150 metri.

Per tali beni paesaggistici le Regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il

relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica

considerazione dei valori paesistici ed ambientali.

Si rimanda pertanto a quanto già illustrato in merito al PTCP vigente.

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PIANO DI CLASSIFICAZIONE ACUSTICA

In data 2 luglio 2009 è stata adottata la nuova classificazione acustica del Comune di Ravenna. Il piano di

zonizzazione si affianca agli elaborati del RUE, approvato con delibera 133/77035 del 28 Luglio 2009.

Tale piano prevede una conferma dell’attuale classe di appartenenza del sito, che appartiene a una classe IV in

ragione della fascia di 50 metri della viabilità esistente di via Ravegnana (fig. 13).

La classificazione acustica dello stato di fatto, è basata sulle suddivisione del territorio comunale in zone

omogenee corrispondenti alle sei classi individuate dalla delibera regionale 2053 del 2001, descritte

qualitativamente e normate numericamente dal DPCM 14 novembre 1997 “Determinazione dei valori limite delle

sorgenti sonore”.

- CLASSE IV - AREE DI INTENSA ATTIVITÀ UMANA: AREE URBANE INTERESSATE DA INTENSO

TRAFFICO VEICOLARE, CON ALTA DENSITÀ DI POPOLAZIONE, ELEVATA PRESENZA DI ATTIVITÀ

COMMERCIALI ED UFFICI, PRESENZA DI ATTIVITÀ ARTIGIANALI, AREE IN PROSSIMITÀ DI STRADE DI

GRANDE COMUNICAZIONE, DI LINEE FERROVIARIE, DI AEROPORTI E PORTI, AREE CON LIMITATA

PRESENZA DI PICCOLE INDUSTRIE.

Tale classificazione risulta in prima approssimazione coerente con la nuova istituzione del mini impianto

idroelettrico di progetto, i cui valori di emissione dovranno risultare compatibili con i limiti di zona (60 dBA diurni

e 50 dBA notturni).

Per quanto attiene alla disciplina per il rilascio delle autorizzazioni per particolari attività ai sensi dell’articolo 11

comma 1 della L.R. 15/2001, prevista dalla Delibera Regionale n. 45 del 21 gennaio 2002, vige quanto già

approvato e stabilito nel vigente Regolamento di igiene, ai sensi dell’ articolo 6 comma e ed articolo 6 comma 2

della Legge n. 447/95 e s.m.i.

Il quadro progettuale del presente studio d’impatto anticipa gli elementi essenziali necessari per una valutazione

preliminare di compatibilità acustica che vengono preliminarmente illustrati per le verifiche di conformità

dell’opera ai requisiti acustici di zona.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO

DELL’AUTORITÀ DI BACINO (PAI)

Il PAI è stato approvato con DGR n. 350 del 17 marzo 2003.

Successivamente il Progetto di variante al Titolo II del PAI è stato adottato dal Comitato Istituzionale con

delibera n. 2/1 del 21 aprile 2008. Attualmente il progetto è all’esame degli uffici regionali preposti per la

formulazione delle controdeduzioni alle osservazioni e del parere regionale. Tale aggiornamento non costituisce

una revisione sostanziale dei contenuti del piano vigente, ma una revisione del quadro della pericolosità

idraulica, reso possibile dalla disponibilità di rilievi topografici recenti.

La successiva direttiva approvata dal Comitato Istituzionale con n. 3/2 del 20 ottobre 2003 contiene le

indicazioni tecniche relative all’esecuzione degli studi, delle verifiche e delle valutazioni di carattere idrologico e

idraulico, e individua gli accorgimenti tecnico-costruttivi e i criteri di pianificazione in base ai quali i soggetti

competenti, come individuati dal PAI, svolgono i propri compiti al fine di perseguire un assetto territoriale

sostenibile nei termini della sicurezza dei beni e delle persone, rispetto ai rischi idraulici e della qualità

dell’ambiente fluviale.

Più precisamente, i criteri esposti nella direttiva costituiscono il principale riferimento per la valutazione degli

studi di impatto e di fattibilità ambientale in ordine agli aspetti di tipo idraulico ed idrologico:

- nella formulazione di autorizzazioni allo svolgimento di attività e alla realizzazione di manufatti sul

demanio dei corsi d’acqua, e in particolare autorizzazioni di attraversamenti anche in relazione all’articolo 7 delle

norme PAI.

- nella procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della LR 9/1999 e s.m.i., nonché studi di

fattibilità ambientale ai sensi della legge 109/1994 e s.m.i. e del relativo regolamento di attuazione.

La realizzazione delle opere in esame si colloca naturalmente nell’ambito dell’alveo del fiume Ronco (articolo 2

ter) e nelle aree immediatamente adiacenti e pertanto caratterizzate da una elevata probabilità di esondazione

(articolo 3) (fig. 14). Per quanto attiene la normativa degli ambiti coinvolti si evidenzia pertanto quanto segue.

- articolo 2 ter: tutti gli interventi attuati all’interno dell’alveo che provochino una modifica della morfologia

dello stesso od occupazione di spazio interessabile dalle acque, devono essere sottoposti ad adeguate verifiche

idrauliche preliminari.

- articolo 3: sono consentiti la manutenzione, l’ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture

pubbliche o di interesse pubblico e dei relativi manufatti di servizio riferiti a servizi essenziali e non

delocalizzabili, nonché la realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali e non delocalizzabili.

I progetti relativi ai suddetti interventi dovranno essere corredati da un adeguato studio di compatibilità

idraulica che dovrà ottenere l’approvazione dell’autorità idraulica competente.

Le verifiche idrauliche preliminari elaborate nel quadro progettuale del presente SIA vengono pertanto

fornite con richiesta di ottenere l’attestazione di compatibilità con le norme tecniche di cui al comma 4

dell’articolo 7 del PAI e la conseguente approvazione dell’autorità idraulica competente.

Per quanto attiene alle aree a rischio frana il PAI non individua nel contesto del nuovo impianto nessuna zona

critica suscettibile di interferire con il corretto funzionamento e la costante sicurezza della centrale.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.3. ASPETTI CATASTALI

All’altezza della briglia esistente su cui s’innesta il nuovo impianto la sponda destra del fiume Ronco risulta

ricadere nella sezione A del catasto del comune di Ravenna al foglio 210, mentre la sponda sinistra ricade nel

foglio 193 (fig. 15, fig. 16).

L’alveo del fiume risulta pertanto intercluso quale area demaniale, mentre l’accesso principale all’ambito di

intervento avverrà prevalentemente dalla SS 67, via Ravegnana, in sponda sinistra del fiume Ronco, o

alternativamente dalla viabilità locale di via Argine Destro Ronco.

In prossimità della chiusa è situata una cabina elettrica di trasformazione cui sono direttamente allacciate le

infrastrutture esistenti.

In via preliminare è pertanto possibile prevedere che le opere necessarie al conferimento in rete dell’energia

prodotta dal nuovo impianto non necessiti di alcun ulteriore asservimento, ma possa bensì attuarsi mediante un

progetto specifico di adeguamento dei sottoservizi esistenti. Tale ipotesi sarà oggetto degli opportuni

approfondimenti e verifiche tecniche con l’ente gestore del servizio.

La previsione indicativa delle proprietà coinvolte dalla realizzazione dell’opera è pertanto sintetizzata nel

seguente elenco ditte.

n. DATI CATASTALI PIANO PARTICELLARE

proprietà titolo comune foglio mappale superficie catastale

esproprio / concession

e

asservimento per sottoservizi

occupazione temporanea

(mq) (mq) (mq) (mq)

1

DEMANIO PUBBLICO DELLO STATO PER LE OPERE IDRAULICHE DI SECONDA CATEGORIA

- RAVENNA 193 27 17.700 293 - 815

2

DEMANIO PUBBLICO DELLO STATO PER LE OPERE DI BONIFICA

proprietà 1/1 RAVENNA

193 32 975 - 25 -

210 17 1.040 - 24 -

3 ACQUE (fiume Ronco)

- RAVENNA - - - 317 117 29

4

STRADE PUBBLICHE (via Argine destro)

- RAVENNA - - - - 49 -

TUTTE LE PARTICELLE CATASTALI INTERESSATE DALL’INTERVENTO SONO DI PROPRIETA’ DEMANIALE

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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE

La presente relazione si propone d’illustrare la proposta si realizzazione di un impianto idroelettrico ad acqua

fluente in corrispondenza della esistente chiusa di San Bartolo nei pressi dell’omonimo abitato in Comune di

Ravenna (RA).

L’impianto utilizzerebbe per la produzione di energia la risorsa rinnovabile costituita dalle portate disponibili alla

suddetta sezione del fiume Ronco sul salto generato dalla chiusa, ipotizzando di mantenere sempre il livello di

monte alla massima quota di ritenuta.

La relazione si pone l’obiettivo di:

- VALUTARE LE PORTATE DISPONIBILI E LA PRODUCIBILITÀ DELL’IMPIANTO;

- DESCRIVERE IN VIA PRELIMINARE LE SOLUZIONI TECNICHE ADOTTATE;

- DESCRIVERE LA GESTIONE E MANUTENZIONE DELLA CENTRALE, CON PARTICOLARE

RIFERIMENTO ALLA REGOLAZIONE DELLE PORTATE DERIVATE E DEL LIVELLO DI MONTE;

- VALUTARE L’IMPATTO DEL MANTENIMENTO DEL LIVELLO ALLA MASSIMA QUOTA DI RITENUTA

ANCHE NEL PERIODO NON IRRIGUO;

- FORNIRE UN PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA E IL RELATIVO PIANO FINANZIARIO.

3.4. QUADRO NORMATIVO DI SETTORE

Oltre a quanto già richiamato nel quadro normativo generale di riferimento, i principali riferimenti legislativi di

settore in materia di disciplina dell’utilizzo delle acque pubbliche a fini energetici sono i seguenti:

- il Regolamento della Regione Emilia-Romagna n. 41 del 20 novembre 2001 (B.U.R. 22 novembre 2001,

n. 168) – Regolamento per la disciplina del procedimento di concessione d'acqua pubblica;

- la LR n. 26 del 23 dicembre 2004 (B.U.R. 28 dicembre 2004, n. 175) - Disciplina della programmazione

energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia;

- la Deliberazione assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna n. 40 del 21 dicembre 2005 (B.U.R. 13

febbraio 2006, n. 20) - Approvazione delle modifiche ed integrazione al piano di tutela delle acque, ai sensi della

LR 20/2000, articolo 25 (Proposta della Giunta regionale n. 1878 del 21 novembre 2005);

- la DGR n. 1793 del 3 novembre 2008 (B.U.R. 3-12-2008, n. 206) - Direttive in materia di derivazioni

d'acqua pubblica ad uso idroelettrico.

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Quest’ultima deliberazione risulta fondamentale per la valutazione della compatibilità dell’intervento rispetto al

citato quadro normativo. Con essa la Giunta Regionale ha, tra l’altro, deliberato:

- di considerare tecnicamente incompatibili nuove domande di derivazione ad uso

idroelettrico che prevedano di localizzarsi lungo un’asta fluviale già interessata da

concessioni di derivazione ad uso idroelettrico, qualora le stesse siano previste ad una

distanza inferiore al doppio del tratto sotteso (inteso quale tratto del corpo idrico

compreso tra il punto di derivazione ed il punto di restituzione della risorsa idrica) dalla

preesistente e comunque ad una distanza inferiore al chilometro;

- di applicare, per i corpi idrici tutelati a norma dell’articolo 84 del D.lgs. 152/2006, il

disposto di cui al precedente punto in relazione all’intero bacino idrografico degli stessi e

quindi all’asta principale e ai suoi affluenti, nei casi in cui occorra tutelare le caratteristiche

qualitative a livello di bacino;

- di stabilire che quanto disposto ai precedenti punti non si applica alle nuove

istanze di derivazione che prevedono di sottendere il solo tratto artificiale occupato

dallo sbarramento sul corpo idrico, che cioè prelevano immediatamente a monte di

uno sbarramento artificiale del corpo idrico e rilasciano immediatamente a valle

( il nostro caso)

3.5. CARATTERISTICHE DELLA FONTE ENERGETICA

Prende il nome di fiume Ronco il tratto finale del fiume Bidente, il quale nasce dall'Appennino tosco-romagnolo

nei pressi del monte Falterona.

Lungo il suo corso, appena giunto in pianura bagna il paese di Meldola; da questo punto, più precisamente

all'altezza del ponte dei Veneziani, assume la denominazione di Ronco. A monte della città di Forlì, tra le

località di Selbagnone e di Magliano, attorno al suo corso si trova un'area naturale, annoverata fra i Siti di

Importanza Comunitaria: i «Meandri del Fiume Ronco», estesa per 221 ettari.

Giunto a est di Forlì attraversa una frazione, ormai divenuta a tutti gli effetti un quartiere, che prende il nome dal

fiume stesso, Ronco. Poi lambisce tutto il lato sud di Forlì, prima di dirigersi verso Ravenna. Uscito da Forlì il

fiume prosegue la sua corsa completamente canalizzato e costeggiato dalla Strada Statale 67 Ravegnana: in

questo tratto avrebbe sede la nuova centrale. Giunge così a sud della città di Ravenna, dove si unisce con il

fiume Montone andando a formare i Fiumi Uniti.

3.5.1. BACINO IMBRIFERO

Il bacino imbrifero del fiume Ronco alla sezione di S. Bartolo ha un’area di circa 630 km².

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.5.2. INFORMAZIONI IDROLOGICHE DISPONIBILI

Sono disponibili gli annali idrologici dell’ARPA della Regione Emilia Romagna dal 1990 al 2008, che riportano i

dati di afflusso meteorico relativamente alle seguenti sezioni idrografiche del bacino del fiume Ronco:

- Bidente a S. Sofia (Codice 11001400) con bacino imbrifero di 202 km²;

- Ronco a Meldola (Codice 11001500) con bacino imbrifero di 446 km²;

- Ronco a Ronco con bacino imbrifero di 553 km²;

- Ronco a Ponte Coccolia (Codice 11001700) con bacino imbrifero di 593 km²;

- Fiumi Uniti a Ponte Nuovo (Codice 11001800) con bacino imbrifero di circa 1.200 km².

Per la sezione del Ronco a Coccolia sono disponibili anche i bilanci idrologici, ma solo per gli

anni 2007 e 2008. L’immagine in fig. 17 riporta le sezioni citate in relazione alla sezione di

chiusura di S. Bartolo.

Oltre ai dati suddetti sono disponibili le curve di durata elaborate all’interno dei seguenti gli studi

idrologici, compiuti nell’ambito del quadro conoscitivo per la redazione del Piano di Tutela della

Acque regionale.

- Elaborazioni Idrologiche di Bilancio 1995-2002 compiute dall’Autorità di Bacino (agosto

2003), che riguardano, per il bacino del Ronco, le sezioni di Ronco e Coccolia.

- Serie idrologiche 1960-1989 ricostruite da MED Ingegneria, che riguardano, per il bacino

del Ronco, le sezioni di Forlì e Coccolia.

- Serie idrologiche 1991-2001 risultanti dall'Attività D - Modelli afflussi-deflussi sul reticolo

idrografico naturale principale del territorio regionale, nell'ambito del Quadro conoscitivo

per il Piano di tutela Acque – Fase 2 predisposto dal servizio Tutela e valorizzazione

Risorse Acqua della Regione Emilia Romagna con il supporto di ARPA Emilia Romagna.

Tale studio fornisce le curve di durata del Ronco a Coccolia.

3.5.3. CURVA DI DURATA DELLE PORTATE NATURALI

La sezione idrografica del bacino del Ronco più prossima alla sezione di presa dell’impianto (610 km²) è quella

di Coccolia (593 km²), posta circa 7 km a monte. Nel tratto compreso tra la due sezioni non ci risultano presenti

né derivazioni né immissioni significative; essendo poi il fiume, nel tratto in questione, fortemente canalizzato

con alti argini, il contributo del bacino irriguo residuo può essere cautelativamente trascurato. In definitiva si

assumono le portate a S. Bartolo coincidenti con quelle a Coccolia.

Il diagramma in fig. 18 mette a confronto le curve di durata elaborate dagli studi citati nel paragrafo precedente

e quelle pubblicate negli annali idrologici 2007 e 2008 per la sezione di Coccolia.

Trascurando la curva di durata pubblicata nell’annale 2007, tenendo conto che il 2007 è stato un anno di magra,

le altre curve sono quasi coincidenti, se si esclude la curva elaborata da MED Ingegneria. Nonostante lo studio

MED si basi su di una serie di dati molto più estesa (1960-1989) rispetto allo studio ARPA (1991-2001) e allo

studio dell’Autorità (1997-2001), appare più cautelativo, per gli scopi della presente relazione, adottare la curva

di durata dello studio ARPA.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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STIMA DEL DEFLUSSO MINIMO VITALE

TRATTANDOSI DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO REALIZZATO NEL CORPO DI UNA TRAVERSA FLUVIALE,

NON SUSSISTE L’OBBLIGO DI RILASCIO DEL DMV IN QUANTO NON ESISTONO TRATTI DI CORSO D’ACQUA

CON RIDUZIONE DI PORTATA ED È QUINDI GARANTITA LA CONTINUITÀ IDRAULICA DEL FIUME.

PER QUANTO TECNICAMENTE COMPLESSO, RECEPENDO DIVERSE SOLLECITAZIONI, IL PROGETTO HA

INSERITO COMUNQUE UNA SCALA DI RISALITA PESCI AL FINE DI MIGLIORARE LA SITUAZIONE ATTUALE E

RESTITUIRE AL CORSO D’ACQUA LA SUA NATURALE CONTINUITA’.

3.5.4. SALTI

L’impianto è previsto per operare in regolazione di livello, con il pelo d’acqua di monte costantemente a quota

5,60 m, cioè 6 cm sotto il livello di coronamento delle pile (5,66 m), che costituisce la quota di ritenuta massima

della chiusa (avendo le paratoie alla massima elevazione ciglio a quota superiore, pari a 5,79 m).

Il pelo d’acqua di valle è invece soggetto a un’escursione dipendente dalla portata transitante:

in questa relazione il livello medio di valle è stata assunto a quota 1,00, intermedio tra il livello da noi rilevato in

occasione del sopralluogo in data 19 gennaio (0,60 m) e quello indicato nel rilievo della chiusa effettuato dal

committente (1,54 m).

Il salto motore medio risultante è pertanto:

Hm = 5,60 – 1,00 = 4,60 m

Il salto nominale, ovvero il dislivello fra i due peli morti dei canali a monte e a valle del meccanismo motore, cosi

come definito dall’art. 35 del Testo Unico 11 dicembre 1933 n. 1775, coincide in questo caso con il salto motore

medio sopra calcolato.

3.5.5. PORTATA DERIVABILE E POTENZA INSTALLATA

Verranno installati uno o due gruppi turbina-generatore costituiti da turbina ad elica assiale tipo Kaplan a doppia

regolazione con portata massima complessiva d’impianto di circa 15 m3/s.

Le turbine saranno in grado di regolare in automatico l’apertura della girante e del distributore al fine elaborare

con buoni rendimenti la portata disponibile, mantenendo inalterato il livello di monte.

La potenza installata complessiva sarà circa 500-600 kW.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.5.6. CURVA DURATA PORTATE DISPONIBILI E DERIVATE

Le portate disponibili coincidono con le portate naturali.

Le portate derivate sono invece limitate superiormente dalla portata massima d’impianto, pari a 15,00 m3/s.

DURATA PORTATE

NATURALE

PORTATA

IMPIANTO

gg m3/s m3/s

1 160,58 15,00

5 69,63 15,00

10 36,26 15,00

20 19,20 15,00

30 13,53 13,53

60 7,64 7,64

91 5,27 5,27

135 3,05 3,05

182 1,66 1,66

274 0,28 0,28

355 0,00 0,00

365 0,00 0,00

Anno 6,13 3,53

Ne consegue una portata media derivata di circa 3,53 m3/s.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.5.7. POTENZA NOMINALE

La potenza nominale di un’utilizzazione misura la potenza idraulica media teoricamente disponibile nell’anno, in

relazione alla portata e al salto di concessione.

La potenza nominale dell’impianto dipende unicamente:

- dal salto nominale di concessione (4,60 m, come indicato nel paragrafo relativo);

- dalla portata media annua di concessione (3,53 m3/s). La potenza nominale media di concessione è

stata calcolata con la seguente relazione:

102

)/(1000 3

nommednom

HsmQP

dove:

- Qmed è la portata media annua di concessione espressa in l/s;

- H è il salto nominale motore pari alla differenza fra il pelo libero di monte e di valle.

In base a quanto espresso risulta che la potenza nominale media dell’impianto in oggetto è pari a:

102

60,453,31000 nomP = 159,20 kW

3.5.8. PRODUCIBILITÀ

La producibilità media annua dell’impianto è stata stimata sulla base:

- del salto motore medio, pari a 4,60 m;

- della curva di durata delle portate derivate;

- del rendimento del gruppo idroelettrico, qui valutato mediamente l’80%;

- di un tempo medio annuo di funzionamento dell’impianto di 8.400 ore, considerando un fuori

servizio medio annuo di 15 giorni per fermate accidentali o per manutenzioni programmate.

DURATA PORTATA IMPIANTO POTENZA ENERGIA

gg m3/s kW kWh

1 15,00 542 12.462

5 15,00 542 49.849

10 15,00 542 62.311

20 15,00 542 124.622

30 13,33 481 117.687

60 7,44 269 258.863

91 5,07 183 161.163

135 2,85 103 144.880

182 1,46 53 84.203

274 0,00 0 0

355 0,00 0 0

365 0,00 0 0

Anno 3,53 127,60 1.016.039

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.5.9. RIEPILOGO CARATTERISTICHE DERIVAZIONE

- Salto nominale 4,60 m;

- Portata massima 15 m3/s;

- Portata media 3,53 m3/s;

- Potenza nominale di concessione 159,20 kW;

- Potenza installata 600 kW;

- Produzione attesa 1.000 MWh.

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3.6. DESCRIZIONE FASI E DEI TEMPI DELL’INTERVENTO

Il presente capitolo si pone l’obiettivo di descrivere l’intervento, le fasi, i tempi e le modalità di esecuzione dei

lavori di costruzione.

3.6.1. DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO

La soluzione tecnica individuata in via preliminare consiste nel realizzare la derivazione in riva sinistra idraulica,

cioè in prossimità della S.S. 67 via Ravegnana.

Il canale derivatore troverà sede entro la prima campata del ponte alla sinistra del barraggio esistente, mentre la

centrale e la restituzione potranno essere eseguite immediatamente a valle del ponte stesso.

Le operazioni di scavo saranno precedute dall’esecuzione di micropali o analoghe opere di sostegno dei fronti di

scavo, al fine di evitare interferenze con le fondazioni del ponte e del barraggio esistenti.

Dato il layout dell’impianto, che sfrutta un salto attualmente disponibile restituendo le acque immediatamente a

valle della chiusa, le nuove opere avranno una estensione limitata e, conseguentemente, un basso impatto

visivo e ambientale.

Per maggiori dettagli si rimanda alle allegate tavole grafiche (fig. 19).

Si vuole innanzitutto far presente che non si tratta di una derivazione tradizionale, cioè non si ha alcuna

sottrazione di portata dal fiume, in quanto l’impianto utilizza per la produzione di energia le portate

disponibili a cavallo di un salto di fondo esistente.

Per massimizzare la produzione a parità di risorsa idraulica utilizzata, detto salto è fissato all’attuale

quota massima di ritenuta della chiusa esistente.

Sezione di impianto

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.6.2. PUNTO CONNESSIONE RETE ELETTRICA DI

DISTRIBUZIONE

Il punto di connessione con la linea MT a 15 kV dista meno di 50 metri dalla centrale di progetto, sulla riva

destra del Ronco.

La modalità di connessione verrà definita in dettaglio in accordo con l’ente gestore del servizio.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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3.6.3. GESTIONE E MANUTENZIONE DELLA CENTRALE

I gruppi e l’impianto saranno eserciti in regolazione di livello, cioè il grado di apertura delle macchine verrà

definito automaticamente in funzione della portata in arrivo e mantenendo inalterato il livello di monte al valore

impostato.

In questo modo non si avranno, da un lato, variazioni nel livello idraulico di monte e, dall’altro, l’apertura delle

macchine sarà sempre tale da impedire che la portata derivata istantaneamente sia diversa da quella

disponibile alla chiusa, escludendo quindi che l’impianto possa determinare turbative del regime idrologico del

Ronco.

IN CONDIZIONI ECCEZIONALI, QUALI FUORI SERVIZIO NON PROGRAMMATI DELL’IMPIANTO O IN PRESENZA

DI PORTATE IN ARRIVO ECCEDENTI LA MASSIMA PORTATA DERIVABILE DALL’IMPIANTO, SUBENTRERÀ

AUTOMATICAMENTE L’ATTUALE SISTEMA DI REGOLAZIONE DELLA CHIUSA.

Perché ciò sia garantito, i set-point e i criteri di regolazione di dettaglio dell’impianto saranno definiti in accordo

con l’Ente gestore della chiusa e, se necessario, interfacciandosi con il sistema di regolazione della chiusa

stessa.

Sarà inoltre possibile, se richiesto, rendere disponibili all’Ente gestore le letture dei set-point e delle misure

fondamentali (livelli e aperture) registrate dall’automazione d’impianto, in modo che l’Ente possa controllare in

ogni momento che la gestione dell’impianto rispetti gli accordi intercorsi tra le parti.

3.6.4. IMPATTO DEL MANTENIMENTO DEL LIVELLO ALLA

MASSIMA QUOTA DI RITENUTA ANCHE NEL PERIODO NON

IRRIGUO

In base alle informazioni disponibili e a quanto riscontrato in sede di sopralluogo, non si evidenziano motivi

ostativi al mantenimento del livello alla massima quota di ritenuta dell’attuale chiusa anche nel periodo non

irriguo.

COME GIÀ EVIDENZIATO, IN PRESENZA DI PORTATE ECCEDENTI LA MASSIMA PORTATA D’IMPIANTO (15

M3/S), LA REGOLAZIONE DELLA CHIUSA AVVERRÀ SECONDO GLI ATTUALI CRITERI DI GESTIONE DELLA

STESSA, MANTENENDO QUINDI INALTERATI GLI STANDARD DI SICUREZZA DEL BARRAGGIO.

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STIMA DEI LAVORI E QUADRO ECONOMICO

Si riporta di seguito il preventivo sommario di spesa.

- OPERE CIVILI complessivamente 500.000 €

- GRUPPI IDROELETTRICI E ACCESSORI fornitura e installazione di due nuove turbine idrauliche

direttamente accoppiate ad alternatore ed i relativi accessori, comprensive delle opere di connessione alla rete

di distribuzione. In opera 1.000.000 €

- ORGANI IDRAULICI fornitura e installazione del sistema di sgrigliatura automatica e della paratoia di

macchia. In opera 70.000 €

- IMPREVISTI 100.000 €

- INGEGNERIA compresi rilievi topografici e indagini geologico-geognostiche 130.000 €

- SOMMANO 1.800.000 €

3.6.5. MEZZI COI QUALI PROVVEDERE ALLA COPERTURA

DELL’INVESTIMENTO

Il proponente provvederà alla copertura dell’investimento sia tramite capitale proprio sia attingendo al credito

attraverso le linee di cui dispone la Società.

3.6.6. SPESE DI MANUTENZIONE E DI ESERCIZIO

L’impianto idroelettrico sulla chiusa di San Bartolo è concepito per una gestione del tipo “non

presidiato”: questo non significa che l’impianto è “abbandonato”, ma semplicemente che, in condizioni

normali non è necessaria la presenza costante di personale in centrale, ma sono sufficienti visite e

sopralluoghi periodici.

Ciò è consentito dal fatto che l’impianto sarà equipaggiato con un sistema d’acquisizione di segnali e allarmi che

può essere teletrasmesso facilmente con diverse modalità e con diversi supporti. Nondimeno è importante

notare che, in caso d’anomalie gravi, gli automatismi di controllo dell’impianto agiscono autonomamente in

modo da “mettere in sicurezza” lo stesso e che l’intervento del personale di norma è necessario solo per

rimettere in funzione la produzione d’energia. In ogni caso nemmeno i migliori automatismi raggiungono il

discernimento d’un uomo e quindi è sempre necessaria, 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, una persona

d’adeguata competenza, reperibile dal sistema di supervisione, normalmente adibita anche ad altre

incombenze.

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In via preliminare si sono individuate le seguenti voci di costo relative alla gestione dell’impianto:

- Canoni e sovraccanoni (13,125 €/kW x 159 kW) 2.100 €

- Manutenzioni ordinarie 5.900 €

- Assicurazioni, amministrazione e gestione 10.000 €

- Totale spese d’esercizio 18.000 €

3.6.7. RICAVI LORDI

L’energia prodotta da impianti da fonte rinnovabile, nuovi o ammodernati, dispone di due forme distinte di

valorizzazione: una derivante dalla vendita dell’energia, l’altra dalla cessione dei “certificati verdi”, riconosciuta

per i primi 15 anni di esercizio su una quota dell’energia prodotta che dipende dal tipo di intervento. Nel caso

specifico questa quota è pari al 100% dell’energia prodotta.

Per l’impianto in argomento, trattandosi di un impianto di potenza nominale di concessione inferiore a 1 MW, ai

sensi della Legge Finanziaria 2008 n. 244/2007, si può convenientemente optare, in alternativa ai certificati

verdi, per la cessione dell’intera energia al GSE, vedendosi riconosciuta sulla quota incentivata la tariffa fissa

onnicomprensiva, pari a 220 €/MWh.

A partire dal sedicesimo anno si può continuare a cedere l’energia al GSE: il prezzo ad oggi riconosciuto è

valutato ai sensi dell’articolo 7 della delibera AEEG 280/07, pari a un prezzo medio per 1.000 MWh di circa

93,80 €/MWh.

Il ricavo annuo generato dall’impianto risulta:

- primi quindici anni (1.000 MWh/anno x 220 €/MWh) 220.000 €/anno

- anni successivi al quindicesimo (1.000 MWh/anno x 93,8 /MWh) 93.800 €/anno

3.6.8. MARGINE OPERATIVO ANNUO

Il margine operativo annuo generato dall’impianto, senza tenere conto degli ammortamenti, degli oneri

finanziari e della fiscalità, risulta:

- primi quindici anni (220.000 € – 18.000 €) 202.000 €/anno

- anni successivi al quindicesimo (93.800 € – 18.000 €) 75.800 €/anno

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4. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

4.1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE

4.1.1. ACCESSIBILITÀ

Il sito di San Bartolo è accessibile direttamente dalla SS 67 Ravegnana su cui si affaccia la chiusa esistente che

l’impianto propone di riqualificare e rifunzionalizzare. Sulla sponda destra del fiume Ronco la nuova centrale è

ugualmente raggiungibile dalla via Argine destro alla quale si ricollega lo stesso abitato di San Bartolo.

L’ambito d’intervento si colloca pertanto in una zona ad elevata pressione antropica, interclusa tra la due

infrastrutture viabilistiche storiche citate e si inserisce nella prima fascia di territorio agricolo immediatamente

esterna al capoluogo di Ravenna.

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4.2. SUOLO E SOTTOSUOLO

La produzione di energia idroelettrica sfrutta l’esistenza di un salto idrico morfologico naturale o artificiale.

I salti morfologici rilevabili all’interno dell’asta fluviale del Ronco sono prevalentemente di origine antropica e

sono riconducibili a briglie realizzate per diversi scopi tra i quali i principali sono:

- la regimazione idraulica (stabilizzazione del profilo di fondo);

- la necessità di attraversare il corso d’acqua per questioni di viabilità;

- la necessità di derivare acqua (mulini, irrigazione, etc.).

L’impianto in oggetto si colloca nell’ambito di un salto morfologico artificiale esistente senza alterarne

significativamente le caratteristiche dimensionali.

Pur trattandosi di un intervento di progetto che non interferisce significativamente con lo stato geologico dei

luoghi un inquadramento generale risulta opportuno per verificare la fattibilità generale dell’intervento e cioè

verificare se non sussistono impedimenti di natura geologica alla realizzazione dello stesso.

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INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE

4.2.1. INQUADRAMENTO GEOLOGICO AREA DI INTERVENTO

La zona in oggetto si trova collocata in un contesto geologico tipico della pianura alluvionale padana prossimale

alla linea di riva, per cui la successione verticale dei diversi litotitpi riflette inevitabilmente il susseguirsi

dell’evoluzione paleo ambientale che ha caratterizzato e generato questi territori.

Le indagini sono partite dalla sommità arginale per cui si rileva per un primo spessore di circa 5/6 metri, la

presenza di limi sabbioso/argillosi che testimoniano le caratteristiche litologiche dei terreni che vennero allora

utilizzati per inalveare il Ronco-Bidente, e che per motivi di ottimizzazione dei movimenti terra, allora non certo

supportati da mezzi e tecnologie paragonabili alle attuali, vennero reperiti in loco.

Infatti subito al di sotto della base del rilevato arginale troviamo uno strato dello spessore di circa 1,50/2,00 ml

(ma che lateralmente risale praticamente fino al piano di campagna ) di argille continentali a consistenza che

varia da molle a media, denunciando uno stato di consolidamento che possiamo definire variabile da “normale”

a sottoconsolidato.

A partire dalla base di queste argille compare poi un livello, dello spessore complessivo di circa 4,00 metri,

caratterizzato dalla dominanza del litotipo sabbioso seppure con variabili contenuti limosi e/o argillosi.

Questo strato “ complessivamente sabbioso “ è poi caratterizzato dalla presenza di un livello di argille molli dello

spessore di circa 0,50 metri, che rappresenta sicuramente un episodio de posizionale caratteristico delle fasi di

progressione delle linee di riva e facente riferimento ad ambienti interdunali e/o vallivi prossimali delle zone

costiere.

Questo livello sabbioso si ricongiunge, dal punto di vista della ricostruzione geomorfologica, con i livelli di

progressione di spiaggia che caratterizzano tutto il territorio Ravennate partendo dall’attuale linea di riva per

andare fino all’entroterra per oltre 10 km, così come testimoniato anche dal Piano delle Attività Estrattive del

Comune di Ravenna che ha collocato un polo estrattivo nella zona tra l’abitato di Ravenna e la località di

Mezzano dove si rinvengono anche sedimenti a granulometria molto grossolana.

Dalla profondità di – 10,50/11,00 metri dal p.d.c. si rinvengono poi, in totale continuità, delle argille che

inizialmente contengono livelletti limoso-sabbiosi per poi passare gradualmente ad argille pure fino alla

massima profondità indagata di - 19,00 metri dall’attuale p.d.c.

Dal punto di vista della idrogeologia del substrato, dall’esame della sezione riportata appare evidente come il

corso d’acqua, evidentemente in situazione di pensilità rispetto al piano di campagna, abbia una funzione

alimentante nei confronti del primo acquifero che è ovviamente di tipo freatico, anche se situazioni particolari e

di natura stagionale possono creare un tale effetto di carico da realizzare poi una certa pressurizzazione di

questo acquifero che peraltro, anche se abbastanza superficiale, risulta poi in condizioni di confinamento per

effetto dello strato di argille anzi descritto e che può dare effetto all’insorgere di una certa piezometria facendo

divenire questo acquifero , generalmente freatico, un acquifero pressurizzato .

Appare pertanto evidente che i lavori previsti dovranno tenere in debito conto questa situazione soprattutto se

gli stessi dovessero prevedere scavi che vadano ad incidere profondamente il tetto impermeabile ( posto circa

alla – 7,00 dalla sommità dell’argine ) , situazione questa che potrebbe, in concomitanza di quelle situazioni di

cui sopra, generare dei problemi legati alle sottopressioni .

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4.2.2. COMPATIBILITÀ DELL’OPERA

L’utilizzo di opere di sbarramento esistenti rappresenta l’unico modo per realizzare degli impianti per la

produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (trattandosi di derivazioni di acqua di tipo totalmente

conservativo) all’interno dell’alveo fluviale .

Questo perché tutte le opere realizzate in ambiti sensibili dal punto di vista ambientale, (e i corsi d’acqua lo sono

per definizione), debbono sottostare a verifiche di compatibilità ambientale e anche a verifiche della

compatibilità idraulica, cosa quest’ultima che non potrebbe essere realizzata se venisse proposto, a l di fuori

della programmazione idraulica che è posta in capo ai competenti uffici tecnici regionali, la costruzione di opere

che vadano a modificare l’assetto idraulico che si compone di quote assolute e quote di fondo, entrambe

alterate da strutture nuove ed in aggiunta a quelle che attualmente governano il profilo di fondo che risulta

governato e compensato dalle stesse .

L’utilizzo quindi della chiusa San Bartolo, (così chiamata dalla vicina località del forese Ravennate), corrisponde

ai criteri di compatibilità sopra definiti e permette di andare a realizzare, con un pressoché nullo impatto

complessivo, un impianto di “mini-idro“ che realizza un soddisfacente equilibrio nel rapporto costi/benefici pur

necessitando di investimenti significativi che comprendono anche opere accessorie che vanno a costituire, sia

per l’Ente proprietario che per quello gestore, dei valori aggiunti rappresentati da opere accessorie relative alla

chiusa, poste a carico del realizzatore l’intervento .

Come appare evidente dalla relazione di progetto, la derivazione si compatibilizza con gli usi evidenziati dal

Consorzio di Bonifica Romagna e rispetta anche le necessità ambientali del corso d’acqua estrinsecate

attraverso la definizione del Minimo Deflusso Vitale, che è stato uno dei parametri di progetto fondamentali

attorno a cui è stata costruita l’ipotesi formulata e sottoposta all’esame degli uffici competenti .

L’idea di realizzare l’opera di derivazione in corrispondenza della campata attualmente non utilizzata, riduce

anche l’impatto con le opere meccaniche esistenti e con le stesse opere murarie della chiusa, rendendo

l’intervento in buona parte disconnesso dal resto dell’opera principale .

Con tale soluzione l’intervento si riduce, in termini d’impatto geotecnico ed idraulico, nella realizzazione di un

nuovo “ invito idraulico “ in sinistra orografica che comporta un intervento di scavo di modesta entità in golena le

cui pareti andranno difese in parte con opere rigide ( muro di sostegno ) ed in parte con la realizzazione di una

difesa flessibile con pietrame di opportune dimensioni e basato su una berma di fondazione attestata almeno

1,50 metri al di sotto dell’attuale fondo dell’alveo .

La restituzione dell’acqua turbinata avverrà immediatamente a valle delle paratoie per cui in termini di deflusso

idrico non vi saranno modificazioni di sorta realizzando nella sostanza un impatto nullo sul sistema idrico.

Per quanto concerne la messa in sicurezza dello scarico a valle, come detto in precedenza, si dovrà porre in

opera una sorta di difesa del fondo realizzata anch’essa con pietrame e sulle dimensioni geometriche dovrà

essere il competente servizio Tecnico di Bacino e fornire le necessarie indicazioni prescrittive e cui ci si dovrà

puntualmente attenere .

Le opere meccaniche che saranno poste all’interno della nuova campata, come anzi riportato dovranno essere

rese solidali con la struttura esistente ma si dovrà verificare, all’atto della precisazione esecutiva, la necessità di

disconnettere geotecnicamente le due opere in modo che l’incremento di carico che si andrà inevitabilmente a

realizzare non debba innescare un nuovo sistema di assestamenti che non sarebbero accettabili.

Nel paragrafo precedente si è posta all’attenzione la possibilità di utilizzare la tecnologia dei micropali per

trasmettere in profondità i carichi senza realizzare nessun aumento di carico sulla chiusa.

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Qualora invece dai calcoli si verificasse che tali incrementi di carico risultano talmente ridotti da rendere

compatibile l’attuale assetto geotecnico con la nuova situazione, sarebbe sufficiente migliorare le caratteristiche

strutturali della zona di aggancio tra l’attuale struttura e il nuovo impianto per rendere assolutamente tranquilla

la realizzazione anche in termini prospettici .

SI SOTTOLINEA CHE DAL PUNTO DI VISTA STRUTTURALE ESISTONO DUE DIFFERENTI TIPI DI

APPROCCIO CHE COMPORTANO DIFFERENTI MODALITA’ OPERATIVE:

- IL PRIMO APPROCCIO CHE VEDE LA CREAZIONE DI UNA STRUTTURA PORTANTE DIFFERENTE

DALLA PRECEDENTE, PRIVA DI GIUNTI SISMICI E RESISTENTE AI CARICHI STATICI E DINAMICI IN

MANIERA SOLIDALE FRA “VECCHIA” E “NUOVA” MAGLIA STRUTTURALE, COMPORTA

NECESSARIAMENTE L’ADEGUAMENTO SISMICO DELL’INTERA STRUTTURA ALLA NUOVA

NORMATIVA SISMICA.

- UN SECONDO APPROCCIO, SICURAMENTE IDEALE IN QUESTO TIPO DI INTERVENTI, (SIA PER

MOTIVI PRATICI CHE ECONOMICI), PREVEDE LA COSTRUZIONE DI UN ORGANISMO STRUTTURALE

GIUNTATO, INDIPENDENTE PER QUANTO INTERCONNESSO ALLA STRUTTURA PRECEDENTEMENTE

ESISTENTE. IN QUESTO CASO SARA’ NECESSARIO CHE LA SOLA PARTE DI NUOVA

COSTRUZIONE RISPETTI I DETTAMI DELLA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA SISMICA, NON

INCIDENDO SUL COMPORTAMENTO STRUTTURALE DELLA PARTE GIA’ ESISTENTE.

SI SOTTOLINEA CHE UN INTERVENTO VOLTO ALL’ADEGUAMENTO SISMICO DEL COMPLESSO

STRUTTURALE DELLA CHIUSA IN ESSERE, COMPORTEREBBE MODIFICHE, RINFORZI ED OPERE CHE

INCIDEREBBERO IN MANIERA SOSTANZIALE E DETERMINANTE SUL COSTO COMPLESSIVO DI INTERVENTO

DELL’INTERO IMPIANTO.

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ATMOSFERA

La zona sub-appenninica del fiume Ronco è caratterizzata da una distribuzione delle precipitazioni nell’arco

dell’anno che permette di classificare il regime pluviometrico del bacino come sublitoraneo appenninico, con

due picchi in primavera e in autunno, intercalati da due minimi (estivo ed invernale), dove il massimo autunnale

e il minimo estivo sono più accentuati.

Nella tabella seguente sono riportate le precipitazioni medie mensili ricavate dalle serie storiche rilevate dal

servizio idrometereologico dell’ARPA alla stazione di Classe nel comune di Ravenna nel periodo 1991-2005. Le

medie mensili variano da un minimo di 35 mm a febbraio e un massimo di 81 mm in novembre. L’andamento

delle temperature evidenzia un massimo nel mese di agosto ed un minimo nel mese di gennaio.

PRECIPITAZIONE MEDIA TEMPERATURA MEDIA

mm °C

GENNAIO 40,04 0,00

FEBBRAIO 35,03 0,01

MARZO 38,02 4,02

APRILE 66,04 7,06

MAGGIO 52,04 12,04

GIUGNO 49,03 16,01

LUGLIO 39,01 18,01

AGOSTO 60,02 18,07

SETTEMBRE 72,04 14,02

OTTOBRE 77,05 10,09

NOVEMBRE 81,02 5,09

DICEMBRE 77,01 1,02

Sulla base dei dati climatici raccolti da ARPA nell’Annuario regionale dei dati ambientali il 2008 è stato

caratterizzato da anomalie positive di temperatura su tutta la regione, più intense nei valori massimi che in quelli

minimi. Per quanto riguarda i valori minimi a livello stagionale, un segnale di anomalia positiva è stato

riscontrato su quasi tutta la regione, più intenso durante l’inverno e l’estate e meno intenso durante la primavera

e l’autunno, per la presenza di alcune zone circoscritte con deboli anomalie negative. I valori medi stagionali

delle temperature massime hanno evidenziato delle anomalie positive in tutte le stagioni. L’inverno e l’estate

sono state le stagioni con anomalie più intense, raggiungendo punte di 3,5°C e di 5°C, rispettivamente. È da

sottolineare che il contributo più importante per l’inverno è dovuto al mese di gennaio, quando si è verificato un

lungo periodo di stabilità atmosferica.

Il periodo 1961-2008 mantiene ancora una tendenza positiva per i valori medi annuali e stagionali delle

temperature; il trend è più intenso per i valori massimi che per quelli minimi. La media spaziale annuale delle

anomalie calcolata per il 2008 è stata attorno 1°C per le temperature minime e 1,5 °C per le temperature

massime.

Relativamente ad alcuni indicatori estremi di precipitazione, si nota come il numero annuale di giorni con pioggia

intensa è stato inferiore alla media climatologica su tutta la regione durante l’inverno, mentre per le altre stagioni

si sono riscontrate alternanze di anomalie positive e negative.

L’analisi delle precipitazioni ha messo in evidenza un biennio 2007-2008 caratterizzato da un deficit di

precipitazione particolarmente pronunciato sull’Appennino Bolognese e sui rilievi della province di Ravenna e

Forlì-Cesena, dove sono stati registrati anche 600-700 mm in meno rispetto al clima di riferimento 1961-1990.

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4.3. RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI

Per quanto riguarda la radioattività artificiale, la situazione ambientale delle radiazioni ionizzanti è

sostanzialmente stazionaria sull’intero ambito provinciale con una lenta tendenza al miglioramento.

I problemi relativi alle emissioni di radioattività naturale (radon e NORM) necessitano di approfondimenti

puntuali sia per la conoscenza delle fonti presenti sul territorio, sia per la valutazione del loro effettivo impatto

ambientale.

La situazione ambientale a scala regionale delle radiazioni non ionizzanti è stata negli ultimi anni stazionaria,

essendo da un lato in costante miglioramento il quadro conoscitivo disponibile relativo ai fattori di pressione ed

ai livelli di campo elettromagnetico, ma permanendo d’altro canto situazioni critiche con particolare riferimento

agli impianti radiotelevisivi. Tale quadro complessivo a scala provinciale risulta beneficiare di una minore

diffusione delle principali sorgenti di campi elettromagnetici, quali gli impianti e le reti elettriche AAT, AT, MT e

BT.

Alla scala del sito di San Bartolo l’unico fattore di pressione rilevabile è rappresentato dalla centrale Enel

esistente, cui è attualmente collegata la chiusa esistente e che il progetto individua quale punto di recapito per

l’energia prodotta dall’impianto idroelettrico.

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4.4. ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE

A scala regionale le risorse idriche sotterranee presentano un maggiore scadimento, dovuto all’impatto

antropico, nelle zone di conoide alluvionale pedemontane, nonostante rappresentino, da un punto di vista

naturale, le zone di elevato pregio e per questo da tutelare. Nel complesso la bassa e media pianura sono in

uno stato ambientale scadente per cause naturali, mentre l’alta pianura è in uno stato che oscilla da buono a

scadente a seconda delle conoidi indagate.

Dal punto di vista qualitativo, le criticità maggiori sono rappresentate dalla presenza di nitrati in falda, fenomeno

legato all’uso di fertilizzanti azotati in agricoltura, allo smaltimento di reflui zootecnici, alle perdite di reti fognarie,

ma anche agli scarichi puntuali di reflui urbani ed industriali.

Il quadro della qualità delle acque superficiali interne mostra che lo stato ecologico ed ambientale nell’area

appenninica risulta essere buono per la maggior parte dei corsi d’acqua, mentre nelle zone di alta pianura si

evidenziano i primi segni della pressione antropica.

Le cause della scarsità d’acqua sono da ricercare in variazioni climatiche, particolarmente accentuate nell’ultimo

biennio, con magre invernali e primaverili prolungate, ma soprattutto nelle derivazioni per usi civili, irrigui ed

industriali, che ancora non tengono conto del deflusso minimo vitale (DMV), indispensabile per l’autoregolazione

dell’ecosistema fluviale. Si impone dunque una più oculata gestione della risorsa orientata al risparmio idrico,

tenendo conto che la quota da rilasciare in alveo per conseguire il DMV dovrà essere compensata dalla

realizzazione di un migliore sistema di distribuzione delle acque, che consenta di minimizzare le perdite, e dalla

messa in atto di rinnovati e più efficienti sistemi di utilizzo della risorsa.

Nel dettaglio vengono di seguito riportati i dati raccolti relativi al fiume Ronco e le relative modalità di analisi.

Il D.lgs. 152/1999, come modificato ed integrato dal D.lgs. 258/2000, definisce, in allegato 1, i criteri per la

scelta dei punti di campionamento, i parametri da ricercare e la frequenza di prelievo. Nel 2002 è stata attuata a

livello regionale l’individuazione dei corpi idrici significativi e la revisione della rete di monitoraggio delle acque

superficiali, mediante la DGR 1420/2002, emanata ai sensi del D.lgs. 152/1999, allegato 1, articolo 1 comma 1.

Le stazioni di prelievo sono distinte nelle seguenti due macrocategorie:

- stazioni di tipo A, di rilievo nazionale, da monitorare e classificare ai fini del raggiungimento degli

obiettivi di qualità;

- stazioni di tipo B, di rilievo regionale, importanti per integrare il quadro conoscitivo dello stato di qualità

dei corpi idrici superficiali.

Le stazioni di tipo A sono ulteriormente distinte in AS, localizzate su corpi idrici superficiali significativi, ed AI,

ritenute di interesse ed ubicate su corsi d’acqua che, per il carico inquinante da essi convogliato, possono avere

un’influenza negativa rilevante sui corpi idrici significativi.

Per ciascun parametro (si aggiungono ai parametri di base stabiliti dal D.lgs. 152/1999, quelli previsti dalla DGR

1420/2002) corrisponde un punteggio; la somma dei punteggi ottenuti per ciascun parametro macrodescrittore

viene a sua volta convertita in un livello di inquinamento espresso dai macrodescrittori (LIM).

Parallelamente la determinazione sul biota è costituita dall’indice biotico esteso (IBE), che permette di valutare

l’impatto antropico complessivo sulle comunità animali di macroinvertebrati bentonici dei corsi d’acqua. L’indice

assume un valore tanto più elevato quanto più diversificata è la comunità studiata ed in base alla sensibilità

all’inquinamento delle unità tassonomiche rilevate;

La classificazione dello stato ecologico del corso d’acqua (SECA) viene effettuata incrociando il dato risultante

dai macrodescrittori (LIM) con il risultato dell’IBE, attribuendo alla sezione in esame o al tratto da essa

rappresentato il risultato peggiore.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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L’asta del fiume Ronco su cui insiste il manufatto oggetto di intervento è compresa tra le stazioni di

monitoraggio 11001700 a monte (ponte Coccolia) e 11001800 a valle (ponte Nuovo).

Sulla stazione di ponte Coccolia influiscono le fognature miste non depurate, l'apporto del settore agricolo

zootecnico, lo scolmatore di piena all’intercettazione dello scolo Cerchia che raccoglie gli scarichi della zona

industriale di Forlì, e numerosi attingimenti che riducono significativamente la portata. Sono presenti industrie

agroalimentari (zuccherifici, aziende vinicole). Un rilevante elemento di pressione è rappresentato dallo scarico

del depuratore di Forlì. Infine, a valle di Ponte Coccolia risultano 4 immissioni fognarie e l’immissione dal bacino

Lama Superiore quando in piena.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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La stazione di ponte Nuovo è collocata a valle della confluenza dei fiumi Montone e Ronco. All’ultima chiusa i

Fiumi Uniti sono derivati in destra e sinistra orografica a fini irrigui. L’alveo risulta altamente innaturale e

presenta una significativa stasi estiva.

I dati rilevati da Arpa al 2004 sulla base dei punti di monitoraggio del bacino del Ronco descrivevano un quadro

complessivo variabile tra scadente e sufficiente. I più recenti monitoraggi effettuati nel 2008 a Ponte Nuovo

hanno sostanzialmente confermato la stabilità dei dati storici con un LIM di 195 e un IBE di 5 (fig. 25).

In ultima analisi la qualità delle acque riscontrata con la campagna di campionamenti di Arpa del 2008

corrisponde ad un indice SECA (stato ecologico del corso d’acqua) di 4 e ad un indice SACA (stato ambientale

dei corsi d’acqua) scadente.

Si rilevano pertanto alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico

superficiale, e le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al

tipo di corpo idrico superficiale inalterato.

La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni da non comportare effetti a breve

e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento.

La classificazione dello stato ambientale delle acque sotterranee della Regione Emilia-Romagna è stata

realizzata a partire dai dati quali-quantitativi appartenenti alla rete regionale di monitoraggio. In particolare si e

fatto riferimento alla rete di controllo risultante dal recente processo di revisione/ottimizzazione condotto

nell’ambito del progetto SINA “Analisi e progettazione delle reti di monitoraggio ambientale su base regionale e

sub-regionale. Proposta di revisione della rete di monitoraggio delle acque sotterranee” (ARPA Emilia-

Romagna, Regione Emilia-Romagna 2002).

La progettazione della Rete Regionale di Monitoraggio delle Acque Sotterranee è avvenuta nel 1976 nell'ambito

della predisposizione del Progetto di Piano per la salvaguardia e l'utilizzo ottimale delle risorse idriche (Regione

Emilia-Romagna & Idroser, 1978), limitatamente al controllo della piezometria e della conducibilità elettrica

specifica con una frequenza stagionale. Negli anni 1987-88 sono state estese le indagini alla componente

qualitativa, venendo così a realizzarsi una prima rete di controllo "quali-quantitativo", dove i rilievi piezometrici

ed i campionamenti dei parametri fisico-chimici e microbiologici vengono condotti dall’Arpa con la frequenza di

due campagne annuali.

Nel contesto ambientale dell’Emilia-Romagna, tutta la pianura contiene corpi idrici sotterranei significativi, e

come tale è da monitorare, ma ai corpi stessi si riconosce diversa importanza gerarchica. Gli approfondimenti

relativi al modello concettuale dell’acquifero regionale hanno portato alla definizione dei corpi idrici significativi

(complessi idrogeologici).

L’ambito d’intervento è esterno ai settori A, B, C e D individuati quali riserve idriche sotterranee regionali oggetto

di protezione nel territorio di pedecollina-pianura dal PTA.

L’indice SQuAS valuta lo stato quantitativo della risorsa idrica sotterranea, interpretandolo in termini di equilibrio

di bilancio idrogeologico dell’acquifero ovvero di capacità di sostenere sul lungo periodo i prelievi che su di esso

gravano in rapporto ai fattori di ricarica. Entrano in gioco in questo caso le caratteristiche intrinseche di

potenzialità dell’acquifero nonché quelle idrodinamiche e quelle legate alle capacita di ricarica. Esso descrive lo

stato di sfruttamento e la disponibilità delle risorse idriche sotterranee in un’ottica di sviluppo sostenibile e

compatibile con le attività antropiche.

L’impianto di progetto rientra nella zona a classe A, ovvero caratterizzata da un assenza di deficit idrico.

L’impatto antropico è nullo o trascurabile con condizioni di equilibrio idrogeologico. Le estrazioni di acqua o

alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono pertanto da ritenersi sostenibili sul lungo periodo.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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4.5. VEGETAZIONE E FAUNA

Nel territorio della zona di San Bartolo e soprattutto più a sud in direzione di Ravenna, il fiume Ronco presenta

sulle sue rive e lungo parte del bordo delle strade che portano alla briglia selettiva, fasce di vegetazione che si

sviluppano per una larghezza che varia tra i 10 ed i 50 metri.

A destra e sinistra di queste fasce di vegetazione si possono notare terreni utilizzati prevalentemente per scopi

agricoli all’altezza dell’impianto di progetto, mentre avvicinandosi al capoluogo diventano più frequenti gli

interventi edilizi realizzati in prossimità del corso d’acqua. Lungo questo tratto del Ronco fino a giungere a

Ravenna queste fasce di vegetazione sono costituite da vegetazione spontanea nelle quali diverse specie

introdotte dall’uomo ridefiniscono le zone di territorio occupate da specie autoctone.

Il fenomeno più evidente è dato dall’arretramento e sostituzione di formazioni a bosco ecologicamente mature,

quali alneti misti a latifoglie mesofile, con estesi tratti caratterizzati da popolazioni pure quali xanthoum italicum

e polygonum.

Localmente si può osservare la presenza di altre specie igrofile quali thypha angustifolia, thypha latifolia e

alisma plantago-acquatica. Sulla riva destra e sinistra in prossimità della chiusa di San Bartolo, sui terreni

ripariali più asciutti si trovano (fig. 26):

- salice bianco (salix alba);

- ailanto (ailanthus altissima) e piccoli gruppi di pioppo bianco e nero (populus alba), (populus nigra).

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Più vicino all’alveo del fiume, dove il terreno si presenta più umido, si osserva la presenza di radi siepi di salici

arbustivi costituiti principalmente da

- salice cenerino (salix cinerea)

- salice rosso (salix purpurea)

- salice lanoso (salix eleagnos)

- robinia (robinia pseudoacacia)

In prossimità o a contatto con l’acqua e nella zone circostanti a quella in cui si prevede di realizzare il nuovo

impianto si rileva la presenza dei seguenti arbusti:

- canna comune (arundo donax)

- cannuccia di palude (phragmites communis)

- rovo (rubus caesius)

- ortica (urtica dioica )

- edera (hedere helix)

- sanguinello (cornus sanguinea)

- artemisia vulgaris

- sambuco (sambucus nigra)

La fascia medio-bassa del bacino idrografico del Ronco si colloca nella zona ittica omogenea B che comprende

la maggiore parte delle acque interne provinciali e ospita il maggior numero di specie ittiche. La zona omogenea

B corrisponde alla fascia medio-bassa dei bacini idrografici del Savio, Fiumi Uniti e Lamone oltre alle acque del

Canale emiliano romagnolo.

I corsi d’acqua risultano caratterizzati da modesta corrente, massima portata ma soggetta ad ampie oscillazioni

stagionali, notevole carico di inquinanti e spesso elevata torbidità legata al trasporto solido.

Durante i periodi di magra alcuni tratti di corso d’acqua tendono a impaludarsi, con abbondante sviluppo di

vegetazione igrofila (idrofite e elofite), anche a causa dell’aumentata concentrazione di nutrienti disciolti, spesso

in associazione con fenomeni di ipossia.

La fauna ittica risulta conseguentemente caratterizzata da specie decisamente tolleranti in termini generali e in

particolare per quanto riguarda la quantità di ossigeno disciolto, quali la carpa, la tinca e l’anguilla.

Le problematiche gestionali di tale zona sono pertanto riconducibili soprattutto agli aspetti ambientali, in quanto

la pressione piscatoria non sembra essere un fattore prioritario nel determinare lo status e la dinamica del

popolamento ittico.

Tra le specie d’interesse biologico e alieutico che potrebbero rivestire maggiore rilevanza in termini di un

possibile programma di recupero va certamente annoverato il luccio, specie di elevato livello trofico divenuta

ormai molto rara in ambito provinciale, soprattutto a seguito del deterioramento delle condizioni ecologiche dei

corsi d’acqua.

Per determinare la popolazione ittica del fiume Ronco nella zona di San Bartolo si è inoltre fatto riferimento al

documento prodotto dalla Regione Emilia Romagna “Tutela degli ambienti acquatici e fauna ittica”.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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In questo documento sono descritti i fiumi della Romagna, tra cui il Ronco. Ai fini dell’analisi della popolazione

ittica s’identificano tre zone A, B e C che per temperatura, velocità e salinità dell’ acqua identificano quattro

habitat distinti con popolazioni ittiche.

Le diverse zone sono individuate tenendo conto delle caratteristiche e delle potenzialità ambientali facendo

riferimento alle seguenti specie ittiche:

a) zona A: specie ittiche delle acque delle acque interne, specie marine presenti nelle acque salmastre e nel

corso del Po;

b) zona B e C: ciprinidi ed in particolare cavedano (leuciscus cephalus cabeda), barbo (barbus barbus), luccio

(esox lucius), tinca (tinca tinca), carpa (cyprinus carpio), lasca (chondrostoma toxostoma), anguilla (anguilla

anguilla) ed altre;

c) zona D: salmonidi e timallidi ed in particolare trota (salmo trutta fario) e temolo (thymallus thymallus).

Il sito di San Bartolo si colloca all’interno della zona B.

Come riportato dal rapporto del Programma quinquennale degli interventi 2006-2010 del Servizio caccia e

pesca della Provincia di Ravenna, le acque in fascia B, mai abbondanti neppure nei periodi di morbida, sono

sufficientemente prive di inquinanti ed ossigenate.

Denunciano però forti fenomeni di eutrofizzazione nei periodi di magra, aggravati da massicci e forse eccessivi

attingimenti primaverili estivi.

Nella zona B, lo studio della Regione Emilia Romagna a cui si è fatto riferimento evidenzia la presenza delle

seguenti specie ittiche:

- Discrete le presenze di rovella (rutilus rubilio), qualche anguilla (anguilla anguilla), localmente anche

ghiozzo padano (padogobius martensi), vairone (leuciscus souffia), cobite (cobitis taenia), tinca (tinca tinca),

carpa (cyprinus carpio), soprattutto cavedano (leuciscus cephalus), in popolazioni originarie, nonchè barbo

comune (barbus barbus plebejus) in incremento, anche come risultato delle recenti immissioni.

- In aumento le popolazioni di alborella (alburnus alburnus alborella), in diminuzione la presenza della

lasca (chondrostoma genei). (fig. 2 7):

Gli obiettivi primari del programma ittico quinquennale 1996/2000 della Provincia di Ravenna sono stati:

- l’organizzazione delle acque interne ai fini della pesca;

- la regolamentazione e gestione della pesca (sia della pesca di mestiere, dilettantistica che della pesca

sportiva);

- la programmazione delle singole attività ed il coinvolgimento delle Associazioni piscatorie ed

ambientaliste;

- le prescrizioni per la tutela e la salvaguardia delle caratteristiche fisico-chimiche delle acque,

dell’ambiente naturale e degli ecosistemi fluviali;

- l’adozione di interventi mirati alla tutela e allo sviluppo della fauna ittica;

- la prevenzione e repressione di illeciti in materia ittica.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Nell’attuazione del presente programma si sono individuati alcuni fattori limitanti che possono essere così

riassunti:

- l’inquinamento diffuso delle acque e il conseguente squilibrio degli ecosistemi fluviali, sia per cause

interne al bacino idrografico della provincia di Ravenna (scarichi industriali, civili ed agricoli) che per fattori

inquinanti provenienti da zone a monte del territorio provinciale;

- il consolidamento della presenza di specie alloctone di carassio (carassius carassius) e siluro (silurus

glanis), con conseguenti ripercussioni negative sugli equilibri biologici degli ecosistemi ittici.

Nel corso degli anni si è notata una rarefazione nelle presenze di alcune specie autoctone quali la tinca (tinca

tinca) e il luccio (esox lucius);

- l’impiego dei Canali di bonifica ad un uso quasi esclusivo per azioni di scolo e/o irrigazione relegando in

sub-ordine la gestione nel suo complesso dei corsi d’acqua con effetti negativi sull’equilibrio della fauna ittica

autoctona.

Il dossier WWF 2008 “Acque in Italia” riporta le razze dei pesci d’acqua dolce più a rischio nei fiumi italiani, da

questo dossier emerge che delle 50 specie di pesci che vivono nelle nostre acque dolci l’unica fuori pericolo è il

cavedano, un pesce molto resistente agli inquinanti e capace di sopravvivere persino in acque cosiddette

eutrofiche a causa di scarichi industriali. Le cause di questa situazione sono riconducibili in gran parte alla

gestione inefficiente della rete idrografica superficiale ed alle distruzioni degli habitat naturali tramite

canalizzazioni, dighe, traverse, escavazioni in alveo, inquinamento delle acque, introduzione di specie aliene.

La situazione di rischio ambientale sopra descritta, per molte razze di pesci è presente anche nel fiume Savio

ed è legata a molte delle iniziative a forte impatto ambientale già citate.

Il manufatto esistente in calcestruzzo è stato realizzato per controllare il flusso del fiume Ronco modifica in

modo significativo l’habitat naturale della ittiofauna.

Questa briglia costituisce un passaggio a senso unico per la ittiofauna che una volta scesa a valle della stessa,

non può più ritornare a monte trovandosi obbligata a continuare il proprio percorso in una sola direzione.

Lo sbarramento artificiale di San Bartolo è costituito da un manufatto che regola il flusso delle acque,

impedendo l'erosione dei letti fluviali e proteggendo gli insediamenti civili ed industriali da rischi legati al regime

di piena. Tuttavia quest’opera costruita per regolare il deflusso delle acque, ostacola la libera circolazione della

fauna ittica e interrompe i flussi energetici all’interno dell’ecosistema fluviale.

Esso costituisce pertanto un vero e proprio ostacolo artificiale che, interrompendo la continuità longitudinale,

fisica e biologica, dei corsi d’acqua, pone un limite invalicabile alle migrazioni trofiche e riproduttive di buona

parte delle specie ittiche.

Il progetto dell’impianto di San Bartolo deve quindi confrontarsi con una situazione compromessa da questo

punto di vista.

La Regione Emilia-Romagna ha già finanziato negli anni scorsi la realizzazione di alcune scale di risalita ed, in

alcuni casi, è già stata dimostrata la loro efficacia nel permettere il passaggio della fauna ittica. Informazioni

importanti relative alle diverse tipologie ed alla realizzazione di rampe per la risalita dei pesci, possono essere

rinvenute in "Progettazione di passaggi artificiali per la risalita dei pesci nei fiumi", pubblicato dalla Regione

Emilia-Romagna e dalla Provincia di Modena nel 1984, e nel "Manuale tecnico d'ingegneria naturalistica",

pubblicato dalla Regione Emilia-Romagna e Regione Veneto nel 1993.

Il costo d’opere idrauliche che rendono possibile il passaggio dei pesci, da porsi in atto su strutture in cemento

già edificate, é tale da rendere spesso difficile le possibilità d'intervento nel breve periodo.

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La progettazione dei passaggi artificiali per l’ittiofauna è complessa e variabile in funzione della tipologia del

manufatto che interrompe il corso d’acqua, dei materiali utilizzati, del regime idrologico ed idraulico e di una

molteplicità di variabili biologiche che caratterizzano gli ambienti acquatici ad acque correnti.

A tutto ciò si deve aggiungere che, a fronte di un’ampia esperienza maturata nel settore dell’idraulica, non sono

altrettanto diffuse ed applicate le conoscenze nel campo dell’ingegneria naturalistica. Non esistono facili

soluzioni tecniche già determinate e sperimentate, anche se cominciano ad essere disponibili un numero

crescente di studi e di realizzazioni su questo tema. Ogni situazione richiede soluzioni diverse, anche

completamente nuove rispetto a precedenti esperienze. Per questo motivo le scale di risalita per la fauna

acquatica, si sono dimostrate valide solamente se progettate da esperti del settore con criteri biologici validi, e

se s’inseriscono in modo appropriato nell'ambiente naturale.

In linea generale s'intende in ogni caso sottolineare che ogni manufatto, costruito nell’alveo di un corso d’acqua,

deve prevedere un passaggio artificiale, le cui caratteristiche devono essere coerenti con le esigenze della

fauna ittica presente, come stabilito anche dalla DGR 3939/1994.

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4.6. PAESAGGIO

Il territorio circostante la briglia selettiva di San Bartolo si trova in una zona di relativa rilevanza paesaggistica.

Il principale elemento di pregio è costituito dall’alveo del fiume Ronco, il cui corso lineare struttura il territorio

agricolo circostante sino all’ingresso nella città di Ravenna dove confluisce nei fiumi Uniti. Il sito in esame, pur

beneficiando di un così importante elemento caratterizzante, appare penalizzato dalla presenza su entrambe le

sponde di infrastrutture viabilistiche che costeggiano a breve distanza le sponde del Ronco. Inoltre, la

particolare accessibilità che consegue la presenza di tali direttrici di raccordo tra Ravenna e il suo territorio ha

fatto si che lungo la via Ravegnana e la via Argine Destro si sono sviluppati nel tempo insediamenti sparsi ed

eterogenei per destinazione e tipologie edilizie.

La difficoltà a instaurare significativi rapporti di fruizione è causata dalla cesura costituita dal tracciato della

SS67. Questa importante infrastruttura costituisce una vera e propria barriera artificiale continua che si frappone

fra gli insediamenti e la risorsa naturale del Ronco, compromettendo la possibilità di una piena fruizione

paesaggistica del corso d’acqua.

Prima di entrare in Ravenna su entrambe le sponde non sono presenti centri urbani di rilievo e la trama

territoriale è caratterizzata dalla compresenza di aree coltivate e case coloniche sparse. Allontanandosi dal sito

il contesto assume caratteristiche di naturalità particolarmente rilevanti e le variazioni altimetriche proprie

dell’ambito collinare sub-appenninico conferiscono al territorio le caratteristiche morfologiche e ambientali di

spiccato interesse.

Non sono rilevabili, in un intorno significativo dell’area di intervento, emergenze naturali o landmark di origine

antropica in grado di stabilire relazioni paesaggistiche significative con l’area di progetto. Al contrario è proprio

la stessa chiusa esistente che con i propri manufatti fuori terra definisce un punto di riferimento e di scansione

del corso rettilineo del fiume Ronco.

Infine, gli strumenti urbanistici vigenti non segnalano, in prossimità all’area di intervento, la presenza di aree di

accertata consistenza archeologica.

La presenza e l’azione dei corsi d’acqua ha infatti storicamente limitato la stabilizzazione di insediamenti

antropici, rendendo maggiormente suscettibili di eventuali rinvenimenti le aree ubicate in contesti agricoli esterni

all’ambito fluviale oggetto dell’intervento.

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RUMORE E VIBRAZIONI

Lo stato di fatto ante operam non rileva elementi di rilievo in termini d’inquinamento acustico e di vibrazioni.

L’ambito d’intervento è caratterizzato nelle immediate vicinanze dell’impianto dal naturale rumore del corso

d’acqua, non sono presenti ricettori significativi.

Come precedentemente riportato nel quadro programmatico il PRG vigente classifica l’ambito in classe IV,

ovvero aree di intensa attività umana (aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di

popolazione, elevata presenza di attività commerciali ed uffici, presenza di attività artigianali, aree in prossimità

di strade di grande comunicazione, di linee ferroviarie, di aeroporti e porti, aree con limitata presenza di piccole

industrie).

SI SOTTOLINEA CHE DAL PUNTO DI VISTA NATURALISTICO E FAUNISTICO L’INSERIMENTO DELLA

CENTRALE IDROELETTRICA ALL’INTERNO DELL’OPERA DI CHIUSA ESISTENTE, NON COMPORTA IN ALCUN

MODO UN PEGGIORAMENTO DELLA SITUAZIONE ATTUALE DAL PUNTO DI VISTA DEL RUMORE E DELLE

VIBRAZIONI

- La modifica d’alcune componenti micro ambientali dovute all’inserimento dell’impianto di produzione di

energia elettrica non hanno incidenza negativa sull’ambiente circostante.

- Le opere di progetto non hanno un impatto significativo sull’habitat circostante data la limitata ampiezza

planimetrica ed altimetrica dell’impianto soprattutto in relazione a quanto già esistente.

UNO DEI PROBLEMI PIÙ VOLTE SOLLEVATO IN FASE DI ANALISI, RIGUARDA LA RUMOROSITÀ

DELL’IMPIANTO DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA MEDIANTE IMPIANTO IDROELETTRICO A

TURBINA. SI SOTTOLINEA CHE L’IMPIANTO COSTITUITO DA UNA COPPIA DI TURBINE SEMI-KAPLAN AD

IMMERSIONE TOTALE HA UNA RUMOROSITÀ DI FUNZIONAMENTO ASSOLUTAMENTE TRASCURABILE

RISPETTO AL RUMORE DI FONDO DOVUTO ALLA CADUTA D’ACQUA DALLA BRIGLIA DI SALTO.

LA POSIZIONE DELLE TURBINE, LA LORO MESSA IN OPERA IN IMMERSIONE, IL LIMITATO SALTO DI QUOTA

IMPOSTO ALLE PORTATE, CONGIUNTAMENTE ALLA POSIZIONE OROGRAFICA DEL SITO, PERMETTONO DI

ESCLUDERE IN OGNI MODO IMPATTI INDOTTI DALLA PRESENZA DELL’IMPIANTO SUI POTENZIALI

RICETTORI.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Schema di posa tipo

tubine Kaplan ad immersione

Come evidente dalle tavole di progetto, la collocazione, lo schema di posa ed il posizionamento in rapporto al

piano stradale ed ai possibili ricettori, mette in evidenza la posizione assolutamente schermata, protetta e

conclusa dei gruppi turbina.

Per quanto non disponibili dati di catalogo delle macchine, dato che non esiste una vera e propria produzione in

serie standardizzata dei gruppi turbina, dalle esperienze pregresse è possibile affermare, come più volte

specificato, che gli impatti in termini di rumore e vibrazione risultano essere del tutto trascurabili.

Tutte le parti in movimento sono dotate di sistemi di rotazione a cuscinetti (sistemi a basso attrito) e presentano

accorgimenti volti alla minimizzazione delle vibrazioni e della rumorosità, effetti evidenti della perdita di energia

per attrito.

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4. IMPATTI AMBIENTALI POTENZIALI E MISURE

DI MITIGAZIONE

Di seguito viene fornita una descrizione, per ogni componente ambientale individuata, dei principali impatti

potenziali di segno negativo e positivo che possono essere determinati durante le fasi di realizzazione e

esercizio.

Individuati i livelli di impatto ambientale prodotti dall’opera sulle diverse componenti ambientali è stata indicata

una serie di misure migliorative da attuare sia nella fase di realizzazione che in quella di funzionamento.

È stata infine effettuata una valutazione dei possibili impatti in fase di dismissione dell’impianto.

4.1. SUOLO E SOTTOSUOLO

4.1.1. FASE DI CANTIERE

Come illustrato nella documentazione fotografica allegata e come meglio descritto nel quadro ambientale,

l’opera da realizzare attraversa prevalentemente superfici a prato erboso e cespuglietti o formazioni arbustive.

Durante la fase dei lavori, si verificherà una breve e transitoria alterazione della morfologia superficiale e della

destinazione d’uso dei suoli a causa dell’allestimento dell’area di cantiere e della creazione di aree adibite a

deposito temporaneo di materiali e scarti.

Al fine di minimizzare l’interferenza con l’ambiente circostante, le aree di deposito verranno limitate in numero e

circoscritte entro l’area di cantiere. I cumuli provvisori di terreno saranno sistemati ad un’altezza idonea a

produrre un impatto visivo minimo.

I rifiuti e gli scarti accumulati verranno conferiti ad un impianto di smaltimento per il trattamento previsto a norma

di legge.

I manufatti e gli edifici da realizzare hanno caratteristiche dimensionali che non pregiudicano in modo

apprezzabile l’uso del suolo nell’area d’intervento. In particolare, si evidenzia che l’opera di captazione sfrutterà

la briglia esistente, utilizzando un manufatto scatolare.

La vasca di carico è parzialmente seminterrata, realizzata con riporti di terreno derivanti dagli scavi, mentre il

locale quadri della centrale sarà in parte interrato e in parte fuori terra, con un’altezza complessiva di circa 4 m e

una quota del solaio di copertura allineata al piano di campagna medio circostante.

Le possibili interferenze sulle componenti suolo e sottosuolo riguardano principalmente l’esecuzione di scavi e

la movimentazione di materiale litoide per la realizzazione della fondazione dell’edificio della centrale.

In particolare, trattandosi di un impianto estremamente compatto, è stato possibile adattare i volumi al terreno

esistente, sfruttando i dislivelli attuali. L’interramento di gran parte delle opere d’altro canto comporta un

incremento dei lavori di movimento terra che, proprio per la compattezza dell’impianto, sono concentrati in

un’unica area di lavoro.

Di conseguenza, saranno realizzati scavi e sbancamenti sul versante modesti al fine di non modificare, da un

punto di vista gravitativo, lo stato di coazione del versante e l’assetto idrogeologico. Per ulteriori

approfondimenti sulla compatibilità dell’opera con lo stato di dissesto dell’area si rimanda ai relativi elaborati del

progetto definitivo.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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- LA MOVIMENTAZIONE DETERMINERÀ UN IMPATTO LOCALE MINIMO SU SUOLO E SOTTOSUOLO. AL

TERMINE DEI LAVORI, LE CONDIZIONI ORIGINALI DEL TERRENO CIRCOSTANTE L’OPERA

VERRANNO RIPRISTINATE.

- VERRANNO QUINDI ESEGUITE SIA LA RICOSTITUZIONE DELLO STRATO DI SUOLO SUPERFICIALE,

SIA LA RISEMINA E LA PIANTUMAZIONE DELLA VEGETAZIONE AUTOCTONA NELLE AREE DI SCAVO.

- IL BILANCIO COMPLESSIVO DEI MOVIMENTI DI TERRA PREVEDE CHE NON VENGA EFFETTUATA

NESSUNA ASPORTAZIONE DI MATERIALE DI SCAVO AL DI FUORI DALL’AREA OGGETTO

D’INTERVENTO MA SOLO UNA SUA MOVIMENTAZIONE ALL’INTERNO DELL’AREA.

Per quanto concerne la morfologia dell’alveo del Ronco, questa appare nello stato di fatto già pesantemente

modificate e regimata dall’uomo (briglie esistenti e sbarramenti trasversali presenti lungo il corso del fiume).

La realizzazione delle opere in oggetto non comporta modifiche sostanziali dell’assetto del corso d’acqua.

In particolare gli scavi necessari per la predisposizione dei sistemi di adduzione e restituzione potranno essere

interrati subito dopo la posa delle tubazioni.

Si ritiene pertanto che l’impatto negativo sulle componenti sia basso durante la fase di cantiere.

Progetto dell’impianto – viale di accesso in fase di cantiere ed esercizio

Si sottolinea che durante le fasi di accantieramento delle opere, verrà predisposto il sentiero di accesso all’area

di cantiere e le aree di lavoro.

Tale corsello, per la cui realizzazione non sono necessarie ingenti opere di sbancamento, sarà poi, una volta

terminati i lavori, rifinito, “pavimentato” con uno strato di misto stabilizzato granulare e verrà utilizzato quale

direttrice utile al raggiungimento dell’area d’impianto con mezzi di manutenzione e controllo.

Come evidente, il viale di accesso, come pure le aree di cantiere, si adattano alla morfologia pre-esistente

dell’alveo fluviale tentando di limitare al minimo possibile gli impatti sull’ambiente circostante.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Tracciato indicativo del corsello di accesso alla centrale

Aree di cantiere – perimetro lordo delle arre di intervento

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4.1.2. FASE DI FUNZIONAMENTO

Per quanto riguarda le opere, la soluzione progettuale adottata prevede la realizzazione di manufatti

seminterrati.

LE SCELTE IMPIANTISTICHE ADOTTATE E LA POSSIBILITÀ DI RIDURRE AL MINIMO GLI INGOMBRI, HANNO

DETERMINATO L’INTERRAMENTO DI GRAN PARTE DELLE OPERE COSTITUENTI L’IMPIANTO

IDROELETTRICO

gruppo turbine

gruppo cabine

I movimenti terra eseguiti in fase di cantiere non determineranno alcuna alterazione durevole della stabilità del

suolo, mentre la realizzazione del complesso delle opere migliorerà la stabilità stessa.

In relazione al suolo è stata valutato il rischio di perturbazione del regime di trasporto solido ad opera

dell’innalzarsi del pelo d’acqua di monte.

Tale eventualità è in realtà da escludersi, poiché il trasporto solido avviene prevalentemente in corrispondenza

di eventi di piena, ovvero quando lo sbarramento a geometria variabile è completamente abbassato,

mantenendo l’attuale assetto dell’alveo e, quindi, anche gli attuali livelli idraulici.

In condizioni idrologiche normali, l’apertura periodica dello sghiaiatore garantisce il mantenimento del trasporto

solido, evitando tra l’altro l’inghiaiamento a monte dell’opera.

PER QUANTO RIGUARDA LA STABILITÀ DELLE SPONDE, NON È PREVISTO ALCUN SOVRALZO DEL PELO

D’ACQUA IN CONDIZIONI DI NORMALE ESERCIZIO RISPETTO ALL’ATTUALE LIVELLO MASSIMO DI RITENUTA

DELLA CHIUSA. NON SONO PERTANTO PREVISTI EVENTUALI FENOMENI EROSIVI DELLE SPONDE.

l’alveo fluviale non viene sostanzialmente modificato

l’impianto si inserisce in una campata “vuota” di un ponte-briglia/traversa fluviale già esistente

Il cantiere interessa un’area già accessibile dalla viabilità ordinaria, pertanto non sono previste modifiche

all’attuale rete infrastrutturale, risultando via Ravegnana e via Argine Destro Ronco pienamente adeguate alle

esigenze di cantierizzazione previste.

Complessivamente si ritiene pertanto che l’impatto negativo sulle componenti sia basso durante la fase di

funzionamento.

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4.2. ATMOSFERA

4.2.1. FASE DI CANTIERE

Le lavorazioni di cantiere ed il trasporto di materiali inducono condizioni potenziali di inquinamento atmosferico

a causa della dispersione di polveri nelle aree circostanti.

Le sorgenti tipiche di emissione sono:

- le piste di cantiere;

- le aree di deposito;

- le aree di movimentazione dei materiali;

- il sollevamento ad opera del vento.

Un’ulteriore fonte emissiva, qualora non adeguatamente controllata, può derivare dal trasporto dei materiali

sulla viabilità pubblica, sia a causa della dispersione del carico sia del rilascio dei mezzi di trasporto non

sufficientemente puliti (pneumatici, cassoni, etc.).

SI RITIENE CHE IL POTENZIALE DISAGIO IN TERMINI D’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E DI AUMENTO DEL

PARTICOLATO PRESENTE POSSA ESSERE LIMITATO ALLE AREE IMMEDIATAMENTE ADIACENTI AL

CANTIERE.

Per minimizzare gli impatti negativi verranno attuate idonee misure di mitigazione, tra cui:

- effettuare regolari annaffiature del cantiere, in particolare nei periodi di massima ventosità e di minime

precipitazioni;

- localizzare le aree di deposito di materiali sciolti lontano da piste di transito veicoli e dalla viabilità

pubblica;

- recintare le aree di cantiere con reti antipolvere, in particolare in prossimità di aree di deposito;

- inumidire i carichi in uscita dei materiali polverulenti o con basso contenuto di umidità;

- utilizzare mezzi destinati al trasporto dei materiali di approvvigionamento e di risulta dotati di idonei teli

di copertura;

- realizzare dispositivi per la pulizia delle ruote all'ingresso e all’uscita dai cantieri;

- rispettare una velocità ridotta sulla viabilità di servizio al fine di contenere il sollevamento delle polveri.

Il rispetto di tali misure evita l’insorgere di effetti indesiderati che possano alterare gli indicatori di qualità dell’aria

durante la fase di cantiere.

IL FLUSSO DI AUTOMEZZI RISULTERÀ PERALTRO MITIGATO DAL FATTO CHE, COME PRECEDENTEMENTE

ILLUSTRATO, PARTE DEL MATERIALE DI RISULTA DEGLI SCAVI SARÀ UTILIZZATO IN LOCO E

L’APPROVVIGIONAMENTO DEL CANTIERE RIGUARDERÀ PRINCIPALMENTE LA FORNITURA DEL

CALCESTRUZZO.

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PIÙ PRECISAMENTE SI PREVEDE LA MOVIMENTAZIONE DI CIRCA 4.000 M3 DI MATERIALE PROVENIENTE

DAGLI SCAVI CHE IN PARTE SARÀ RIUTILIZZATO IN CANTIERE (CIRCA 1.000 M3).

CONSIDERANDO CHE UN AUTOMEZZO POSSA TRASPORTARE CIRCA 10 M3 DI MATERIALE, SI STIMA LA

CIRCOLAZIONE DI CIRCA 400 AUTOMEZZI CHE SI IMMETTERANNO NELLA RETE VIARIA PRINCIPALE IN UN

ARCO TEMPORALE DI CIRCA UN MESE, OVVERO QUELLO NECESSARIO PER LE OPERAZIONI DI SCAVO.

L’INCREMENTO DEL TRANSITO DI MEZZI SARÀ SCARSAMENTE PERCEPIBILE RISPETTO ALLA

CIRCOLAZIONE VIARIA COMPLESSIVA DELLA ZONA.

Per quanto riguarda i getti di calcestruzzo si prevedono circa 1.200 m3 di calcestruzzo per la realizzazione delle

opere. Considerando che una betoniera di medie dimensioni trasporta 8-10 m3 di calcestruzzo, e tenuto conto

del fatto che sono previste più fasi di getto, si stima il transito di circa 120 betoniere nell’arco di circa 2 mesi (60

gg lavorativi per attività che comportano getti di calcestruzzo).

Le alterazioni a carico della componente atmosferica scompaiono comunque al termine dei lavori. L’impatto

negativo sull’atmosfera imputabile alla dispersione delle polveri è quindi ritenuto basso durante la fase di

realizzazione.

PER QUANTO RIGUARDA LA GESTIONE DEL TRAFFICO IN ENTRATA ED IN USCITA DAL CANTIERE SARÀ

NECESSARIO ORGANIZZARE CON ORDINE L’ACCESSO E L’USCITA DALLE AREE DI CANTIERE.

PIÙ PRECISAMENTE, SARÀ NECESSARIO PORRE L’OBBLIGO DI ACCESSO PER I SOLI MEZZI

PROVENIENTI DA RAVENNA E LA SVOLTA IN USCITA NELLA MEDESIMA DIREZIONE, EVITANDO IN OGNI

MODO DI METTERE A REPENTAGLIO LA SICUREZZA STRADALE SULLA S.S.67 – VIA RAVEGNANA CON

MANOVRE PERICOLOSE E ASSOLUTAMENTE DA EVITARE.

PER PERIODI LIMITATI DI TEMPO, IN CORRISPONDENZA A FASI LAVORATIVE PARTICOLARMENTE

CONCITATE, POTRÀ ESSERE TROVATO UN ACCORDO PER LA MESSA IN OPERA DI UNA POSTAZIONE

SEMAFORICA TEMPORANEA MOBILE, UTILE ALL’INGRESSO ED ALL’USCITA IN SICUREZZA DEI MEZZI.

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Ingresso cantiere - Uscita cantiere

Piazzola di sosta (temporanea)

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4.2.2. FASE DI FUNZIONAMENTO

Durante la fase di funzionamento degli impianti non è prevista alcuna emissione di polveri o particolati.

Infatti, come già illustrato, l’impatto sulla viabilità sarà circoscritto alla sola fase di cantiere.

L’IMPIANTO INFATTI SARÀ DEL TIPO NON PRESIDIATO, PERTANTO DURANTE IL NORMALE

FUNZIONAMENTO DELL’IMPIANTO NON SI AVRANNO AGGRAVI SULLA CIRCOLAZIONE VIABIL ISTICA.

Ai fini del presente studio appare d’altronde determinante considerare gli effetti sull’atmosfera indotti dalla

produzione di energia idroelettrica, in sostituzione alle fonti non rinnovabili.

L’utilizzazione di una fonte di energia rinnovabile e non inquinante quale quella idroelettrica corrisponde, come

impatto positivo, alla riduzione dell’inquinamento atmosferico causato dalle emissioni degli impianti di

produzione elettrica da combustibili fossili dislocati sul territorio provinciale.

IN TERMINI QUANTITATIVI L’ESERCIZIO DELL’IMPIANTO IN PROGETTO DETERMINERÀ UN RISPARMIO DI

COMBUSTIBILE IN TERMINI DI TONNELLATE DI PETROLIO EQUIVALENTE PARI A 187 T.P.E. A CUI

CORRISPONDE UNA MINORE EMISSIONE IN ATMOSFERA DI CIRCA 504 TONNELLATE ANNUE DI ANIDRIDE

CARBONICA.

L'energia elettrica prodotta dagli impianti idroelettrici di piccola potenza contribuisce in maniera significativa alla

tutela dell'ambiente, in quanto tale energia sostituisce in generale quella prodotta a mezzo di altre fonti più

inquinanti e di maggiore impatto negativo sull'ecosistema, soprattutto in relazione alle emissioni di gas serra.

Nondimeno, le piccole dimensioni dell’impianto determinano minori impatti sull’ecosistema acquatico.

Complessivamente l’impatto positivo sull’atmosfera durante la fase di funzionamento dell’impianto è quindi

ritenuto quindi alto, per gli aspetti legati al risparmio di fonti non rinnovabili e alle ridotte emissioni atmosferiche

inquinanti.

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4.3. RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI

4.3.1. FASE DI CANTIERE

L’impatto delle emissioni elettromagnetiche in fase di cantiere è nullo e pertanto trascurabile.

4.3.2. FASE DI FUNZIONAMENTO

L’opera in oggetto presenta le due sorgenti di campi elettromagnetici non ionizzanti.

- La prima è collegata alla bassa tensione presente nell’alternatore e nei quadri di bassa

tensione.

- La seconda è dovuta alla presenza di media tensione nel trasformatore e nella sezione di

collegamento alla rete Enel, rappresentata dall’elettrodotto privato in MT di

attraversamento del fiume Ronco.

La prima sorgente presenta livelli di emissioni non apprezzabili.

La seconda sorgente, come messo in evidenza dalla relazione per la realizzazione dell’elettrodotto privato,

(redazione a cura del Dott. Ing. Gianluca Fabbri), produce per il tratto aereo in canale chiuso una fascia di

rispetto di un metro.

Tale fascia di rispetto è fra l’altro perfettamente compatibile con la conformazione della chiusa che è dotata di

un passaggio pedonale di attraversamento nella sola zona a valle e che pertanto configura una naturale

protezione dall’inquinamento elettromagnetico prodotto dall’impianto.

L’impatto negativo delle emissioni elettromagnetiche è pertanto considerato basso in fase di funzionamento.

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Posizionamento dell’elettrodotto privato

Camminamento pedonale – Lato valle –nord

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4.4. ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE

4.4.1. FASE DI CANTIERE

Gli impatti potenziali determinati dalle attività di cantiere sulle acque superficiali sono riconducibili principalmente

all’aumento della torbidità causato dalla movimentazione del fondo durante la realizzazione dell’opera di

captazione in corrispondenza della briglia esistente.

Si rileva peraltro che per ovvie esigenze di cantierizzazione lavori verranno prevalentemente effettuati durante il

periodo estivo quando le portate defluenti sono di norma molto basse.

Questa modalità operativa ottimale consente una sostanziale riduzione dei fenomeni di intorbidimento generati.

Non sono previsti eventuali scarichi di acque reflue e accumulo di rifiuti o sostanze pericolose in vicinanze dalla

riva in modo da evitare qualsiasi tipo di sversamento accidentale.

Sono comunque previste idonee misure di mitigazione e di contenimento dei rischi quali:

- L’ACCUMULO DELLE ACQUE DI LAVORAZIONE IN APPOSITE VASCHE DI DECANTAZIONE E SUCCESSIVO CONFERIMENTO ALL’IMPIANTO DI DEPURAZIONE;

- LA PULIZIA A FINE GIORNATA DELLE AREE DI CANTIERE, DEI PIAZZALI ED AREE DI LAVORAZIONE, RACCOLTA DI EVENTUALI REFLUI DI RISULTA.

Per tale motivo, gli effetti attesi sono di bassa entità e durata nonché limitati all’intorno dell’area interessata dai

lavori.

4.4.2. FASE DI FUNZIONAMENTO

Per quanto riguarda la fase di funzionamento, la captazione idrica a scopo idroelettrico non comporta nessuna

riduzione delle portate in alveo.

INFATTI, TRATTANDOSI DI UN IMPIANTO IDROELETTRICO REALIZZATO NEL CORPO DI UNA TRAVERSA

FLUVIALE NON ESISTONO TRATTI DI CORSO D’ACQUA CON RIDUZIONE DI PORTATA ED È QUINDI SEMPRE

GARANTITA LA CONTINUITÀ IDRAULICA DEL FIUME.

Il DMV di un corso d’acqua è formato da una componente idrologica, stimata in base alle peculiarità del regime

idrologico, e da eventuali fattori correttivi che tengono conto delle caratteristiche morfologiche dell’alveo del

corso d’acqua, della naturalità e dei pregi naturalistici, della destinazione funzionale e degli obiettivi di qualità

definiti dalla Regione nell’ambito del Piano di tutela delle acque.

Il regime idrologico del fiume non subirà alterazioni in quanto la nuova centrale rilascerà le portate derivate

immediatamente a valle della traversa esistente, lasciando inalterata la situazione attuale.

Come meglio indicato nel quadro progettuale l’impianto non determinerà alcun innalzamento del pelo d’acqua di

monte rispetto all’attuale massimo livello di ritenuta.

Il grado di apertura della briglia sarà definito automaticamente in funzione della portata in arrivo e mantenendo

inalterato il livello di monte al valore impostato.

In questo modo non si avranno variazioni nel livello idraulico di monte e l’apertura della briglia sarà sempre tale

da impedire che la portata derivata istantaneamente sia diversa da quella disponibile alla chiusa, escludendo

quindi che l’impianto possa determinare turbative del regime idrologico del Ronco.

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In condizioni eccezionali, quali fuori servizio non programmati dell’impianto o in presenza di portate in arrivo

eccedenti la massima portata derivabile dall’impianto, subentrerà automaticamente l’attuale sistema di

regolazione della chiusa.

RIGUARDO ALLA QUALITÀ DELLE ACQUE NON SI PREVEDE ALCUNA MODIFICA DELLA SITUAZIONE

ATTUALE: L’ACQUA TURBINATA MANTIENE LE MEDESIME CARATTERISTICHE QUALITATIVE E

QUANTITATIVE DI QUELLA DI MONTE.

Sulla base di tali considerazioni, si ritiene che l’impatto negativo potenziale sulle acque superficiali sia basso

durante la fase di funzionamento.

La realizzazione del nuovo impianto contribuisce inoltre alla manutenzione del bacino fluviale, attraverso la

rimozione dei rifiuti trasportati dalla corrente e il monitoraggio dei parametri idrologici.

Il manufatto di presa previsto dal progetto verrà dotato di apposito sistema di pulizia a funzionamento

meccanico in grado di intercettare e rimuovere corpi solidi dalla corrente, evitando che il materiale rimosso entri

nelle turbine danneggiando le apparecchiature o riducendo l’efficienza dell’impianto.

La messa in funzione di un simile meccanismo consente di rimuovere periodicamente notevoli quantità di rifiuti

solidi (sacchetti di plastica, bottiglie, lattine, etc.) agendo positivamente sulla pulizia dell'alveo.

In fase di funzionamento si riscontra pertanto un impatto secondario positivo sulla manutenzione delle acque del

fiume Ronco.

Sgrigliatore

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4.5. VEGETAZIONE E FAUNA

4.5.1. FASE DI CANTIERE

In fase di cantiere i lavori in alveo saranno eseguiti cercando di ridurre gli spianamenti e l’alterazione degli

habitat, che può ridurre la diversificazione ambientale con un conseguente deterioramento dell’ecosistema

fluviale.

Sicuramente, la cantierizzazione delle opere in alveo fluviale comporterà la necessità di operare una, seppur

localizzata, azione di disboscamento ed eliminazione delle essenze vegetazionali presenti sugli argini.

Si sottolinea che le opere previste, sono concentrate su di una sola sponda fluviale, che la superficie interessata

è limitata ed interessa aree già antropizzate ed occupate da opere civili.

L’adeguamento della traversa esistente e la realizzazione dell’opera di presa causeranno un temporaneo

impatto negativo a carico dell’ittiofauna, dovuto alla presenza dei mezzi di cantiere, alla movimentazione di

materiale litoide in alveo, al conseguente intorbidimento delle acque, alla produzione di rumore e vibrazioni.

I lavori potrebbero, infatti, compromettere siti idonei alla riproduzione ed alla crescita dei primi stadi di sviluppo

delle specie ittiche, l’insorgenza di elementi di ostacolo al passaggio dei pesci (arginelli, deviazioni temporanee)

oltre ad una pur limitata sottrazione fisica di habitat.

Tutte le opere accessorie (percorsi di accesso, guadi etc.) saranno realizzate, interferendo meno possibile con

l’ambiente, limitando l’ingresso nell’alveo dei mezzi meccanici ed individuando percorsi preferenziali al fine di

localizzare gli impatti su superfici ben localizzate.

Relativamente alla vegetazione esistente potranno verificarsi impatti ambientali contenuti e limitatamente a certi

tratti (posizione del fabbricato della centrale, cantiere e viabilità).

AL TERMINE DEI LAVORI SI PREVEDE COMUNQUE DI RIPRISTINARE, DOVE NECESSARIO, L’HABITAT

PREESISTENTE UTILIZZANDO LE SPECIE TIPICHE DELLA ZONA.

SULLA BASE DI TALI ANALISI SI RITIENE CHE L’IMPATTO NEGATIVO POTENZIALE SU VEGETAZIONE E

FAUNA SIA MEDIO DURANTE LA FASE DI CANTIERE.

4.5.2. FASE DI FUNZIONAMENTO

Per quanto concerne gli aspetti vegetazionali, il progetto prevede un layout d’impianto estremamente compatto

e ciò consente di gravare su eventuali piante ed arbusti esistenti solo con una modesta occupazione di suolo.

Si prevede pertanto la pulizia dagli arbusti infestanti e l’asportazione delle alberature per la modesta area

occupata dalle nuove opere, prevedendo comunque interventi di piantumazione e riordino vegetazionale a fine

lavori.

SULLA BASE DI TALI CONSIDERAZIONI, SI RITIENE PERTANTO CHE L’IMPATTO NEGATIVO POTENZIALE

SU VEGETAZIONE SIA BASSO DURANTE LA FASE DI FUNZIONAMENTO.

Per quanto riguarda invece l’impatto sulla fauna, ed in particolare per la ittiofauna, è possibile affermare che la

collocazione della scala di risalita pesci all’interno della traversa fluviale, in adiacenza della nuova centrale

idroelettrica, consente il ripristino del continuum fluviale e la diffusione delle specie ittiche proprie del Ronco

lungo tutta l’asta fluviale senza interruzioni e sbarramenti, come oggi al contrario accade.

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scala di risalita pesci – esempio

La regione Emilia Romagna ha indicato nel suo documento “Tutela degli ambienti acquatici e della fauna ittica” p.198 e

p199 la scala pesci come strumento essenziale per la tutela e riqualificazione degli ambienti acquatici e la protezione delle

specie ittiche nei fiumi ravennati.

La regione Emilia Romagna ha realizzato alcune scale pesci in Romagna mostrate nelle immagini precedenti.

LA CREAZIONE DELLA SCALA RISALITA PESCI, STRUTTURA GRADONATA ATTA A CONSENTIRE IL

PASSAGGIO DEI PESCI DA VALLE A MONTE DELLA BRIGLIA E DELL’IMPIANTO, CONSENTE DI RIPRISTINARE

UNA CONTINUITÀ CHE ERA ANDATA PARZIALMENTE PERDUTA CON L’INSERIMENTO DELLA CHIUSA

LUNGO IL CORSO DEL FIUME.

LA CREAZIONE DELLA RAMPA CONSENTIRÀ ALLE SPECIE ITTICHE AUTOCTONE UNA MAGGIORE

DIFFUSIONE E POSSIBILITÀ DI COLONIZZAZIONE.

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PAESAGGIO

4.5.3. FASE DI CANTIERE

La soluzione progettuale adottata prevede la realizzazione di manufatti seminterrati e le scelte impiantistiche

consentono di ridurre al minimo gli ingombri delle aree adibite a cantiere.

In particolare, trattandosi di un impianto estremamente compatto, sarà possibile sfruttare i dislivelli esistenti per

localizzare i materiali di scavo e reinterro successivamente lavorati nelle varie fasi si esecuzione delle opere.

Ciò consentirà di ridurre al minimo le interferenze con le qualità paesaggistiche dell’ambito d’intervento.

PER TALE MOTIVO GLI EFFETTI ATTESI SUL PAESAGGIO SONO DI BASSA ENTITÀ E DURATA NONCHÉ

LIMITATI ALL’INTORNO DELL’AREA INTERESSATA DAI LAVORI.

4.5.4. FASE DI FUNZIONAMENTO

Gli impatti sulla componente paesaggistica sono stati analizzati considerando come fattori:

- l’alterazione del quadro paesaggistico complessivo;

- la perdita di paesaggi fruibili ed apprezzabili sul piano estetico.

Il principale impatto visivo sarà determinato dalla presenza della centrale, che si inserisce in un contesto già

infrastrutturato ed antropizzato connotato dalla presenza della chiusa di sbarramento.

Allo scopo di mitigarne l’effetto indotto sono previste le opere di ripristino che assicurano il corretto inserimento

paesaggistico delle strutture di progetto e contribuiscono alla riqualificazione ambientale del sito.

LA CENTRALE IDROELETTRICA SARÀ PERALTRO SEMINTERRATA, SCHERMATA CON RIPORTI DI TERRENO

DI SCAVO PER RIDURRE IL DISTURBO VISIVO E SARÀ CARATTERIZZATA DA MATERIALI E CROMIE PROPRIE

DELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE.

Per quanto riguarda la vasca di carico e la presa sono interrate e quindi non producono nessun impatto

apprezzabile.

Inoltre, verrà effettuata una piantumazione con essenze autoctone sia per ridurre l’eventuale impatto visivo che

per ripristinare le eventuali essenze abbattute durante l’esecuzione delle opere.

La collocazione dell’edificio della centrale è stata studiata in modo da interferire in misura minima con il contesto

naturale circostante. In particolare l’ubicazione delle nuove opere risulta poco percepibile da valle in quanto il

fabbricato della sala macchine sarà al di sotto dell’attuale piano di campagna.

La sala quadri risulterà anch’essa poco percepibile trattandosi di un edificio di modeste dimensioni. Come detto

la scelta di un layout d’impianto semplificato e la cura di un inserimento paesaggistico rispettoso delle opere

esistenti consente di utilizzare le opportunità date dal territorio circostante riducendo le interferenze ambientali.

L’impatto potenziale è quindi stimato basso nella fase di funzionamento.

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4.6. RUMORE E VIBRAZIONI

4.6.1. FASE DI CANTIERE

Durante lo svolgimento dei lavori, le sorgenti sonore sono rappresentate dagli automezzi e dalle normali attività

di cantiere.

Le misure di mitigazione previste riguardano:

- l’utilizzo di macchine, attrezzature, impianti silenziati e conformi alle normative;

- la localizzazione delle aree di stoccaggio provvisorio in posizione meno sensibile rispetto ai ricettori

eventualmente presenti;

- l’utilizzo di barriere acustiche mobili in prossimità delle lavorazioni più rumorose a protezione delle aree

di cantiere;

- l’approvvigionamento dei materiali in cantiere in fasce orarie di minima interazione con il traffico locale.

Considerata la distanza fra tali emissioni e gli insediamenti più vicini, si ritiene che l’impatto acustico

durante la fase di realizzazione dell’intervento sia basso.

4.6.2. FASE DI FUNZIONAMENTO

Durante la fase di funzionamento, le uniche sorgenti sonore sono rappresentate dalla turbina e dal generatore

elettrico.

TALI RUMORI, COME PREMESSO PIÙ VOLTE IN FASE DI ANALISI, SONO PRODOTTI ALL’INTERNO

DELL’EDIFICIO DELLA CENTRALE, IL CUI INVOLUCRO SARÀ CONCEPITO IN MODO DA SCHERMARLI

ADEGUATAMENTE E PERTANTO NON SARANNO APPREZZABILI DALL’ESTERNO.

Per quanto riguarda il generatore, esso è chiuso e blindato e non emette rumori apprezzabili dall’esterno. Il

funzionamento delle apparecchiature non produce vibrazioni.

Si ritiene che l’impatto acustico durante fase di funzionamento l’impatto sia trascurabile.

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4.7. SCENARIO DI DISMISSIONE

Il progetto preliminare è stato concepito in modo da garantire un contenuto tecnologico di lunga durata

(minimo 20-25 anni).

SI EVIDENZIA INOLTRE CHE, IN RELAZIONE ALLA CONVENIENZA ECONOMICA E ALL’ANDAMENTO DEL

MERCATO DELL’ENERGIA, L’IMPIANTO IDROELETTRICO POTRÀ, ANZICHÉ ESSERE DISMESSO, ESSERE

RINNOVATO E MANTENUTO IN FUNZIONE O ANCHE EVENTUALMENTE POTENZIATO.

Nel caso in cui si optasse per la dimissione dovranno essere previste specifiche misure di recupero ambientale

delle aree interessate dall’impianto.

A tale proposito si ricorda che ai sensi dell’articolo 12, comma 4 del D.lgs. 387/2003 e s.m.i., il rilascio

dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve

contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della

dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e

recupero ambientale

Le misure di reinserimento ambientale in seguito alla dismissione delle opere dovranno porre particolare

attenzione ai seguenti aspetti:

- dismissione dell’opera di presa con demolizione delle parti visibili fuori terra e recupero dello stato dei

luoghi antecedente alla realizzazione dell’intervento, con piantumazione di essenze arboreo-arbustive igrofile

autoctone nelle aree riparie adiacenti;

- demolizione delle parti fuori terra dei locali adiacenti all’edificio della centrale (cabina di trasformazione,

sala quadri), con recupero dello stato dei luoghi antecedente alla realizzazione dell’intervento (vedasi punto

precedente);

- la condotta di adduzione interrata, una volta dismessa l’opera di presa, potrà essere mantenuta;

- la traversa di derivazione in alveo sarà mantenuta, essendo questa già esistente e svolgendo anche

una positiva funzione idraulica; si avrà inoltre cura di garantire la continuità dei collegamenti ecologici e

funzionali del corso d’acqua (con particolare attenzione al mantenimento del nuovo passaggio per pesci).

La tempistica stimata per tali operazioni di dismissione è relativamente contenuta rispetto alla durata fase di

esercizio prevista e l’impatto ambientale della loro cantierizzazione appare trascurabile.

Nota Per quanto percorribile, la messa in pristino dei luoghi in seguito alla dismissione dell’impianto appare

un’eventualità d’importanza secondaria o trascurabile in rapporto alla pianificazione di una serie d’interventi di

manutenzione, ammodernamento e rinnovamento di una centrale esistente.

L’esperienza condotta sulle centrali idroelettriche esistenti sul territorio nazionale ed in funzione da anni hanno

dimostrato come sia possibile mantenere in esercizio un impianto, con buoni rendimenti ed economie, anche a

distanza di anni dalla prima messa in funzione.

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5. CONCLUSIONI

5.1. COMPATIBILITÀ NORMATIVA

L’impianto in oggetto è destinato alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile la cui valorizzazione

rientra nelle priorità stabilite dall’Unione Europea nell’ambito degli impegni da essa e dai suoi Stati Membri

assunti con l’adesione al protocollo di Kyoto.

A questo specifico scopo è stata emanata la direttiva 2001/77/CE sulla “promozione dell'energia elettrica

prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”, recepita dall’Italia con D.lgs. n. 387

del 29 dicembre 2003 che ribadisce che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili

sono di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

Con l’approvazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovab ili il

Parlamento Europeo ha posto l'obiettivo globale del 20% (17% per l’Italia) del consumo interno lordo di energia

nel 2020 da fonti rinnovabili che ad oggi, con la maturità tecnologica raggiunta dalle diverse fonti, è raggiungibile

mediante l’utilizzazione del potenziale idroelettrico residuo dell’Unione.

Sempre in questo ambito strategico di settore si inquadra anche la normativa italiana sui Certificati Verdi –

istituiti, nell’ambito degli obblighi previsti dal cosiddetto Decreto Bersani (D.lgs. n. 79 del 16 marzo 1999), dal

Decreto 11 novembre 1999 dell’allora Ministero dell’Industria, oggi sostituito dal Decreto 18 dicembre 2008 del

Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del

Mare – cioè un sistema di certificazione di produzione da fonti rinnovabili cui hanno diritto per i primi 15 anni di

esercizio gli impianti e che ne costituisce un incentivo alla realizzazione, grazie alla commercializzazione di tali

Certificati Verdi nell’ambito del mercato elettrico.

Su scala vasta e a livello globale la previsione di un impianto di produzione di energia idroelettrica come

propone il progetto in esame è pertanto pienamente conforme alle linee guide in materia di approvvigionamento

energetico nazionale.

A livello regionale e locale, gli strumenti urbanistici vigenti esaminati non presentano vincoli realizzativi

inderogabili, e la realizzazione della centrale idroelettrica proposta risulta pertanto attuabile a condizione di

soddisfare i necessari adempimenti in termini di verifiche di compatibilità di settore, con particolare riferimento al

tema della sicurezza idraulica. Il presente SIA fornisce gli elementi essenziali necessari a tali valutazioni con il

fine di agevolare le tappe dell’iter autorizzativo.

Attualmente il proponente sta attivando, con la presentazione del progetto definitivo e dello studio di impatto

ambientale, la richiesta per l’ottenimento di tutti i pareri, richieste di autorizzazione, nulla osta necessari. È

volontà del medesimo procedere all’espletamento dell’iter autorizzativo secondo i dettami del D.lgs. 387/2003

ed in particolare dell’articolo 12 ottenendo l’autorizzazione unica.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Al fine comunque di ottenere tale autorizzazione unica sarà necessario, da parte dell’ente competente alla

gestione della pratica autorizzativa delegato dalla Regione, raccogliere i seguenti pareri e autorizzazioni:

- Comune di Ravenna: permesso di costruire; deroga al vincolo idrogeologico;

- AUSL: parere per la realizzazione di un impianto non presidiato;

- ARPAT: parere;

- Sovrintendenza ai beni ambientali: parere ai sensi del D.Lgs.42/2004.

- Provincia di Ravenna: concessione delle acque ai sensi del RD 1175/33; deroga al vincolo idraulico ai

sensi del RD 523/1904; autorizzazione ai lavori in alveo;

- Autorità di Bacino: parere per quanto attiene il rispetto del DMV; autorizzazione alla derivazione di

acque pubbliche per una durata minima di 25 anni (R.D. 1285/1920, R.D. 1175/1933)

- Demanio pubblico dello Stato per le opere idrauliche di II categoria: autorizzazione all’occupazione di

aree demaniali interessate dalla realizzazione dell’impianto.

- Enel: autorizzazione all’allacciamento alla rete.

5.2. COMPATIBILITÀ AMBIENTALE

Come si evince dall’analisi puntuali degli impatti, la tipologia compatta adottata per la struttura di San Bartolo è

tale da contenere gli impatti abitualmente associati alla realizzazione di centrali idroelettriche convenzionali.

Sono peraltro noti i vantaggi ambientali e strategici delle reti di produzione e distribuzione capillare sul territorio

rispetto alle reti di distribuzione centralizzate che si avvalgono di poche grandi centrali. Infatti:

- la generazione diffusa sul territorio permette di contenere il dimensionamento della rete;

- la decentralizzazione caratteristica di un sistema di generazione distribuita permette di ridurre le perdite

di carico dovute al trasporto dell'energia nella rete.

- l'installazione di numerosi impianti di dimensioni medio-piccole permette di valorizzare le potenzialità

dei diversi siti e consente l’impiego ottimale della fonte energetica idraulica per la produzione di energia

elettrica.

In questo nuovo modello di generazione energetica diffusa sul territorio si inseriscono a pieno titolo gli

impianti idroelettrici compatti ad acqua fluente come quello in esame.

Il progetto si colloca in un contesto locale ambientalmente pregiato, pur gravato da forti pressioni antropiche.

Non sono state rilevate particolari criticità né relative alla fase di cantiere, né alla dismissione dell’impianto.

Le misure di mitigazione e compensazione necessarie coincidono sostanzialmente con le consuete regole di

progettazione e esecuzione a regola d’arte.

La scelta della localizzazione dell’impianto sfrutta una configurazione ambientale ante operam ottimale al fine

del contenimento degli impatti di progetto.

OGGI IL SITO È CARATTERIZZATO DA UNA ELEVATA PRESSIONE ANTROPICA E DA SPECIFICHE

INFRASTRUTTURE (LA CHIUSA E LE DIRETTRICI VIABILISTICHE ESISTENTI) CHE ATTRAVERSO LE AZIONI DI

PROGETTO VENGONO RIQUALIFICATI E VALORIZZATI IN UN DISEGNO ORGANICO E STRATEGICO PER

L’IMPIEGO DELLE ENERGIE RINNOVABILI.

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STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE – IMPIANTO IDROELETTRICO SAN BARTOLO

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Le diverse componenti ambientali non subiranno impatti significativi. Come si evince chiaramente dal quadro

sinottico di caratterizzazione degli impatti, non si registrano impatti alti su nessuna delle componenti ambientali

indagate né in fase di realizzazione dell’opera né in fase di esercizio della centrale.

Il bilancio complessivo mostra pertanto come in fase di cantiere gli impatti negativi possano essere

adeguatamente mitigati attuando le necessarie misure di sicurezza (fig. 32), mentre per quanto concerne la fase

di esercizio il bilancio generale – ovvero effettuando la sommatoria degli impatti positivi e negativi previsti –

risulta essere addirittura in attivo (fig. 33).

Questo risultato è sostanzialmente riconducibile, oltre che agli impatti positivi caratteristici dell’impiego

di risorse rinnovabili per la produzione di energia, al fatto che il progetto sfrutta una briglia esistente e

s’inserisce in un contesto già pesantemente antropizzato.

La riqualificazione e l’ammodernamento dei manufatti esistenti comporta infatti ulteriori benefici

ambientali (realizzazione della griglia di pulizia dell’alveo) che costituiscono di fatto delle misure

compensative intrinseche al progetto e che ne bilanciano ampiamente le ricadute negative previste.