tesina footprints.rtfd

5
Anno accademico 2005 - 2006 Storia e analisi del repertorio II M° Roberto Ottaviano Footprints di Wayne Shorter Studente: Pierluigi Balducci 1. Cenni storici Footprints viene inciso per la prima volta nel 1966, nell'album 'Miles smiles', di M. Davis. Si tratta del nuovo storico quintetto di Miles dopo l'uscita di Coltrane, con Tony Williams, Ron Carter, Herbie Hancock e con Shorter che figura non solo in veste di sideman al fianco del leader ma anche di compositore: ben tre delle sei tracce dell'album sono infatti sue. Stando alla testimonianza di Herbie Hankock, Miles aveva grandissimo rispetto delle capacità compositive di Shorter, e non ne modificava più di tanto le parti o gli arrangiamenti. Lo stesso Davis sottolineava (cfr. intervista citata in Wikipedia) l'abilità di Shorter nel dosare sia rispetto delle 'regole' che e l'istinto a trasgredirle: la ' libertà' di Shorter stava, a quanto dice Davis, nel conoscere le regole per poi modificarle a suo gusto e per sua soddisfazione. Un anno dopo, nel 1967, è lo stesso Shorter a registrare il brano in un disco a suo nome: è l'altrettanto storico Adam's Apple con Wayne Shorter (tenor saxophone), Herbie Hancock (piano), Reggie Workman (bass) e Joe Chambers (drums). Un album ritenuto significativo di un equilibrio tra la fase 'modale' dei primi anni '60 e quella più avanguardistica di album come Supernova. Negli anni successivi, tanto Davis, quanto Shorter hanno fatto di questo brano un loro cavallo di battaglia, al punto che nel giro di pochi anni esso è divenuto a tutti gli effetti un classico del repertorio jazzistico, uno 'standard', anche grazie ad alcune sue caratteristiche che analizzeremo di seguito e che lo rendono un brano di grande impatto. 2. Uno sguardo d'insieme Footprints è un blues 'reinventato'. Il tempo di 6/4 è assolutamente inusuale, ma si tratta comunque, inequivocabilmente, di un blues in Do minore, di 12 misure: le prime quattro misure sono occupate dalla prima frase melodica sull'accordo di tonica (I); le successive quattro misure sono caratterizzate dalla risposta melodica, a cavallo tra IV (sottodominante) e I grado; una terza frase con carattere di conclusione o 'sintesi', anch'essa secondo lo schema tipico del canto blues, occupa le ultime quattro misure, armonicamente caratterizzate da una serie di dominanti secondarie che non 'risolvono' tonalmente (secondo la classica cadenza V - I) sul I grado, ma della cadenza hanno solo dei vaghi riecheggiamenti.

Upload: lucianobellico

Post on 23-Nov-2015

45 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

studio del brano footprints

TRANSCRIPT

  • Anno accademico 2005 - 2006Storia e analisi del repertorio IIM Roberto Ottaviano

    Footprintsdi Wayne Shorter

    Studente: Pierluigi Balducci

    1. Cenni storici

    Footprints viene inciso per la prima volta nel 1966, nell'album 'Miles smiles', di M. Davis. Si tratta del nuovo storico quintetto di Miles dopo l'uscita di Coltrane, con Tony Williams, Ron Carter, Herbie Hancock e con Shorter che figura non solo in veste di sideman al fianco del leader ma anche di compositore: ben tre delle sei tracce dell'album sono infatti sue. Stando alla testimonianza di Herbie Hankock, Miles aveva grandissimo rispetto delle capacit compositive di Shorter, e non ne modificava pi di tanto le parti o gli arrangiamenti. Lo stesso Davis sottolineava (cfr. intervista citata in Wikipedia) l'abilit di Shorter nel dosare sia rispetto delle 'regole' che e l'istinto a trasgredirle: la ' libert' di Shorter stava, a quanto dice Davis, nel conoscere le regole per poi modificarle a suo gusto e per sua soddisfazione. Un anno dopo, nel 1967, lo stesso Shorter a registrare il brano in un disco a suo nome: l'altrettanto storico Adam's Apple con Wayne Shorter (tenor saxophone), Herbie Hancock (piano), Reggie Workman (bass) e Joe Chambers (drums). Un album ritenuto significativo di un equilibrio tra la fase 'modale' dei primi anni '60 e quella pi avanguardistica di album come Supernova.Negli anni successivi, tanto Davis, quanto Shorter hanno fatto di questo brano un loro cavallo di battaglia, al punto che nel giro di pochi anni esso divenuto a tutti gli effetti un classico del repertorio jazzistico, uno 'standard', anche grazie ad alcune sue caratteristiche che analizzeremo di seguito e che lo rendono un brano di grande impatto.

    2. Uno sguardo d'insieme

    Footprints un blues 'reinventato'. Il tempo di 6/4 assolutamente inusuale, ma si tratta comunque, inequivocabilmente, di un blues in Do minore, di 12 misure: le prime quattro misure sono occupate dalla prima frase melodica sull'accordo di tonica (I); le successive quattro misure sono caratterizzate dalla risposta melodica, a cavallo tra IV (sottodominante) e I grado; una terza frase con carattere di conclusione o 'sintesi', anch'essa secondo lo schema tipico del canto blues, occupa le ultime quattro misure, armonicamente caratterizzate da una serie di dominanti secondarie che non 'risolvono' tonalmente (secondo la classica cadenza V - I) sul I grado, ma della cadenza hanno solo dei vaghi riecheggiamenti.

  • 3. Importanza tematica della linea di basso

    Gi al primo ascolto del brano ci si accorge dell'importanza 'tematica' della linea di basso, che apre il brano e resta costante non solo durante l'esecuzione dei temi, ma, in alcune versioni incise, tra cui quella citata di 'Miles Smiles' (1966), addirittura per tutta l'estensione degli assolo. Si tratta di una linea presumibilmente scritta dallo stesso Shorter e non elaborata da Ron Carter, dato che anche Reggie Workman la esegue pari pari nella successiva e citata incisione di Adam's Apple.La linea si mette in evidenza per una serie di motivi: mentre inizialmente scandisce le note cordali del Do minore, successivamente si articola, sul Fa min 11 delle misure 5 e 6, solo su intervalli di quarta giusta, partendo sempre dal Do come sua prima nota. L'effetto duplice: da un lato la presenza costante del Do grave in battere 'pedalizza' il basso e rende 'obliqua' l'armonia dell'intero brano; la presenza degli intervalli di quarta conferisce all'intero pezzo una grande modernit e lo inoltra sulla strada della 'modalit'. D'altro canto, se ricontrolliamo le note del riff di basso una per una nelle prime otto misure, sia sul Do minore che sul Fa minore, noteremo che sono alla fin fine quelle della pentatonica minore del Do, il che pu essere interpretato come un segnale di 'ancoraggio' alla tradizione.Nell'idea di Shorter il bassista viene meno alla linea di basso scritta soltanto sulle misure 9 e 10, in corrispondenza della successione F#min 11(b5) F13 / E7alt A7 alt , e per ribadire il carattere armonicamente pi 'mosso' delle suddette due battute spesso infittisce di eventi il proprio accompagnamento.

    4. La melodia

    a) Aspetti ritmici e sintattici

    Analizziamo la prima frase melodica (misure 1 e 2).Nella misura 1 la melodia quasi omoritmica rispetto alla linea di basso, con l'unica importantissima eccezione dell'accento dato sulla nota posta sul levare del 4 movimento, che tra l'altro la pi acuta di estensione. Questo espediente conferisce alla melodia la capacit di 'stagliarsi', di mettersi in evidenza, rispetto allo sfondo ritmico che probabilmente ha generato l'intero brano e su cui stata costruita la melodia stessa.Nella misura 2 il canto prende la direzione di una netta differenziazione dallo sfondo ritmico: troviamo infatti un'irregolare quintina su tre movimenti, in concomitanza - va detto - con un andamento discendente del profilo melodico che ancor pi contrasta con la linea di basso rapidamente 'ascendente'. Degna di nota anche la conclusione sul battere del 6 movimento, anch'essa contrastante con lo sfondo ritmico.

    Della seconda frase melodica (misure 5, 6 e 7) si pu dire sinteticamente che ricalca (secondo gli stilemi del blues) la metrica della prima frase, ma si articola, secondo il principio della ripetizione - accumulazione, su tre misure: la terza (misura 7), ha la stessa metrica della misura 6. La presenza di questa 'aggiunta' in misura 7, spezzando la simmetria fra seconda e prima frase, conferisce alla seconda un indispensabile pizzico di imprevedibilit, rispetto all'ovviet ritmica delle misure 5 e 6, che per l'ascoltatore si avviavano ad essere un calco delle misure 1 - 2.

    La terza frase ha lo stesso incipit dal punto di vista ritmico (misura 9 = misura 1 e misura 5), distendendosi per nella msiura 10 in note di ampia durata che valorizzano la tensione armonica degli accordi alterati.

  • b) Alternanza di messa a fuoco tra melodia in primo piano e bassline di fondo.

    La presenza delle note lunghe e tenute nelle ultime due misure (11 e 12), come l'assenza totale del canto nelle misure 3 - 4 - 8, permettono indiscutibilmente alla linea di basso (di cui abbiamo gi sottolineato l'importanza tematica) di venire nuovamente in primo piano, di tornare protagonista, come era avvenuto nelle misure di introduzione. E' come se la messa fuoco mettesse in risalto alternativamente il primo piano e lo sfondo, in un gioco appagante per l'orecchio dell'ascoltatore.

    c) Il vocabolario modale della melodia

    Le prime due frasi si muovono rispettivamente sul modo dorico di Do e sul modo dorico di Fa. Lo testimoniano senza dubbio la presenza del La naturale e del Si bemolle sul Do minore, e quella del Re naturale e del Mi bemolle sul Fa minore. La scelta di evitare accuratamente il vocabolario delle pentatoniche o della scala blues con il suo bagaglio di 'blue notes' l'elemento che pi 'camuffa', nasconde, reinventa il blues che alla base di Footprints. Insieme, ovviamente, alla scelta del 6/4 e del giro armonico 'straniante' del finale. L'uso del modo dorico su entrambi i gradi dell'armonia in piena sintonia con le scelte pi recenti del jazz modale (vedi So What, Impression ed altri brani celebri) ma anche - a pensarci bene - una riproposizione in chiave 'colta' della naturale 'modalit' del blues, che sin dalle origini ha portato in s elementi di tonalit e di modalit.

    d) Il blues dissimulato

    Una caratteristica della terza e ultima frase (misura 9, 10 e 11) invece quella di essere molto pi convenzionale, ma al contempo di essere armonizzata in modo ardito (si veda il A7alt che 'risolve' su Cmin11) proprio per 'camuffare' scelte melodiche tipicamente blues: mi riferisco alla presenza del SI naturale, del RE e del SOl in misura 9 (perfettamente armonizzabili col classico G7), e dell'altrettanto classico vocabolario della misura 10 (SI b- SOL - DO - SOL - SOLb - FA), che sono nella scala blues di Do e che avrebbero potuto convivere col classico F7: a mio avviso Shorter ha cambiato le carte in tavola armonicamente, ricorrendo a dei cambi accordali insoliti e poco ovvi, stranianti, per non rendere evidentemente riconoscibile come 'blues' una melodia che 'blues'. Insomma, l'espediente contrario rispetto a quello delle prime otto misure, quando aveva 'modalizzato' il canto per stemperare e diluire la riconoscibilit un'armonia spudoratamente 'blues' (I - IV - I).

    e) La seconda voce: alcune considerazioni

    Se si analizza la linea 'armonica' trascritta nello spartito allegato, che coincide con la parte di sax tenore di Shorter stesso nell'incisione di Miles del '66 (Davis esegue il canto) si possono dedurre altre considerazioni. Innanzitutto la seconda voce posta una quarta sotto, per tutta la durata del primo tema (al momento della seconda ripetizione del tema, in realt, Shorter esegue un'altra parte), e ci contribuisce a rafforzare il sapore ' quartale' che la linea di basso, in alcuni punti, conferisce al brano. E' da rilevare, inoltre, l'uso del MI naturale per armonizzare il LA del canto, sul C min11 eseguito dal pianista, nella misura 1 e 2. Ci avviene non solo per armonizzare il La posto in levare del 6 movimento (la durata cos breve che qui il Mi naturale potrebbe essere considerato una nota di approccio cromatico), bens anche nella misura 2 e nella 8, dove la durata e la collocazione di quel MI naturale (che stando alla logica avrebbe dovuto essere un Mi bemolle), non lasciano dubbi sull'intenzionalit della cosa. Shorter fa convivere la terza minore e la terza maggiore con

  • naturalezza, esattamente come avviene nella tradizione del blues, ma l'effetto armonico risultante del tutto moderno, e si risolve in una 'fluttuazione' rapida dalla sigla di Cmin11 a quella di un accordo di 7a con la 9a eccedente.

    5. L'armonia

    Delle scelte armoniche si ormai quasi detto tutto: il blues in Do minore, ma Shorter, rivitalizzando una caratteristica 'ancestrale' del blues, sceglie di lasciare il modo nell'ambiguit, sia grazie all'armonizzazione per quarte sia all'utilizzo non irrilevante della terza maggiore nella seconda voce. L'accordo della sottodominante, il Fmin11, quasi assimilato al Cmin precedente, grazie alla linea di basso che muove sempre dal Do. In ogni caso, lo schema I - IV -I del blues vivo e presente, indiscutibilmente. Due righe merita il giro armonico delle classiche misure 9 e 10, nelle quali il blues raggiunge solitamente il suo apice di tensione armonica. Shorter sceglie, come dicevo in precedenza, un giro armonico 'straniante' che mascheri le scelte melodiche, che nelle stesse misure sono molto convenzionali e facilmente identificabili come blues. Adotta in misura 10 un II - V con sostituzione di tritono (F13 #11 anzich B7 #9): rispetto a tale F13#11 le note del canto sono tensioni (11a aum. e 13a), e non note cordali. Nella misura 11, il precedente F13 risolve su un E7alt, rispetto al quale il Si bemolle al canto una 5a dim. A sua volta il E7 dominante rispetto ad un A7 alt, che risulta essere il pi sorprendente: non solo perch le note tematiche, appartenenti alla scala blues di Do, non suonano pi come tali; ma anche perch il A7alt, con la sua 9a ecc. al canto, conclude la sua corsa in modo solo vagamente - molto vagamente - cadenzale sul Do minore (accordo di tonica della tonalit). Se si prova a eseguire l'armonia svincolata dalla melodia - invito proprio ad eseguire gli accordi senza cantare il tema - l'arrivo del Do minore risulta del tutto inaspettato e quasi incongruo. E diventa lampante quanto a generare coesione e unit sia in quel frangente proprio la melodia cos blues (sol do sol solb fa), che da sola riesce a motivare l'ardito passaggio A7alt - Cmin11.

    6. Conclusioni

    Nel giudizio che Miles Davis dava del compositore Wayne Shorter (citato all'inizio), c' effettivamente molto di vero: in Footprints infatti Shorter dimostra una straordinaria capacit di miscelare conservazione e innovazione, recupero della tradizione e trasgressione delle regole.Del blues Footprints conserva la forma, il numero preciso di misure, la sintassi melodica a chiamata, risposta, sintesi; ancora, la scansione armonica che attribuisce quattro misure al I grado, due al IV, due al I, due ad un climax armonico, e le ultime due nuovamente al I. Ma il rovesciamento delle regole, l'infrazione, emergono nella scelta del tempo, nell'uso di un vocabolario modale (non pentatonico, non blues, ma modale) proprio l dove l'armonia del blues riconoscibile, nell'uso di una straniante catena di dominanti secondarie che non risolvono proprio l dove la melodia fortemente ancorata al blues. In tutto ci, la compresenza di maggiore e minore ottenuta con la seconda voce, e la strana modalit (il dorico), ci danno di Shorter l'idea di un innovatore 'moderato', che sembra capace di ardite trasgressioni le quali, a sorpresa, chiudendo il cerchio, nascondono in s il dna della pi antica tradizione: fanno cio rivivere in forma apparentemente avanguardistica, alcune delle caratteristiche della musica dei padri: pensiamo alla compresenza di maggiore e minore, e a quella di modalit e tonalit.