the mente dicembre 2012
DESCRIPTION
Giornale dell'ITC Romagnosi PiacenzaTRANSCRIPT
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Primo premio al nostro book fotografico
sul festival del diritto!
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The Mente
Ho conosciuto Melisa durante un‟ora di supplenza
in una classe non mia. Di lei mi avevano subito col-
pito il viso bellissimo e la faticosa semplicità con
cui ogni dieci minuti si alzava dalla sedia a rotelle
per rimanere un po‟ in piedi, aiutata da un‟amica
esperta e premurosa.
Mi ha raccontato la sua storia ed ha accettato di
scriverla per tutti voi.
Grazie, bella, forte e coraggiosa Melisa! Dal presi-
de in giù siamo tutti con te. Sappi che puoi contare
su di noi.
- - - - - - - - - - - - - -
Sono nata con una gamba più corta dell'altra. La
gamba sinistra. Nessuno lo aveva notato subito... lo
notarono dopo due settimane dalla nascita e mi
portarono da un medico in Bosnia, il paese nel quale
sono nata, chiedendo se il problema si poteva risol-
vere, ma il medico consigliò di aspettare qualche
anno. Crescendo, la differenza era sempre più
grande fino ad arrivare a circa 8 cm. Allora il me-
dico decise di operarmi. Avevo 7 anni, dovevo ini-
ziare la prima elementare e invece di andare a
scuola sono andata a fare l'intervento di allunga-
mento.
Che però non riuscì.
Il medico disse che si sarebbe potuto riprovare
quando avessi avuto 14/15 anni, che a quell‟ età le
ossa avrebbero finito la loro crescita.
Quell‟anno io venni con i miei genitori ad abitare
qui in Italia. E fino a 4 mesi fa per 14 anni ho por-
tato le scarpe ortopediche con il rialzo di 7.5cm. Continua >>
Si avvicina il Natale e sotto l‟albero non
può, di certo, mancare il nostro mitico “The
Mente”.
Come ogni nuovo anno scolastico troviamo
volti nuovi nella redazione...andiamo subito a
svelare i nomi dei ragazzi che hanno parte-
cipato alla realizzazione di questo primo nu-
mero!
La nostra Redazione Professore Referente: Paola Cordani
Caporedattore e Grafica: Damiano Borella
Redattori: Maylen Andrango, Rebecca Bettera, Barbara Bonini, Francesca Carini, Simone De Lorenzi, Kanchan
Devi, Susanna Dosi, Sofia Escobar, Sara Esselkaoui, Andrea Gazzola, Francesco Giovinazzo, Valenti-
na Gutierrez, Elaina Isufi, Jasmine Kita, Giulia Luberti, Niki Mougoyannis, Marina Nikolic, Rodica
Oprea, Irene Patelli, Giulia Perretta, Antonia Petrosino, Marco Popolla, Elisa Ricci, Alessia Romagno-
li, Cristina Sartori, Matteo Scotti, Laura Strozzi, Viola Sturaro, Kisla Suku, Damiano Tagliaferri,
Luca Tinelli, Mauro Tirelli, Matilde Valenti, Alessia Chiricò.
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The Mente
Nell'estate del 2010 tornando nel mio paese per
le vacanze, i miei genitori mi portarono dal medico
che mi aveva operata per chiedere se si poteva
fare qualcosa, visto che avevo 14 anni. Il medico
rispose, che siccome aveva lavorato anche in Ita-
lia conosceva un medico molto bravo, che faceva
gli allungamenti e me lo consigliò.
Tornata in Italia raccontai questa cosa alla Stefy,
la mamma di una mia amica italiana, la quale ades-
so per me è come una "seconda mamma". Lei prese
subito un appuntamento col medico che ci era sta-
to indicato. Una settimana dopo io la mamma e
Stefy andammo a Lecco, dove lavora quel medico.
Lui mi visitò e disse che il mio problema si poteva
risolvere, e che avrei potuto camminare con scar-
pe normali. Mi vennero le lacrime agli occhi, per-
ché nessuno mi aveva mai detto che avrei potuto
camminare come tutti gli altri.
L‟intervento fu fissato vari mesi dopo, l‟8 agosto.
Io ero felice come non lo ero mai stata, perché
finalmente sarei più stata presa in giro per come
camminavo o per le scarpe che portavo.
Vedo tanta gente che è triste per motivi banali: a
me l'unica cosa che importa, e che voglio con tut-
to il cuore è poter camminare come tutti gli altri.
Non cerco nulla di impossibile, voglio solo non di-
pendere più da altre persone.
L'intervento consiste nel fissarmi sulla gamba una
specie di "gabbia di ferro" che si chiama Fissato-
re Esterno di Ilizarov, che il medico di Lecco ha
portato in Italia dalla Russia 20 anni fa. Il fissa-
tore viene introdotto nell'osso, passando attra-
verso la cute e i muscoli. E‟ costituito da una
struttura esterna circolare e da fili di metallo e
viti che passano attraverso l'osso. E con una sem-
plice rotazione di dadi (tramite chiavi da meccani-
co) l'osso si può allungare.
Il 5 Agosto sono stata ricoverata nell'ospedale di
Lecco, e l'8 mi hanno operato.
Dopo l'intervento quando mi sono svegliata, il do-
lore che provavo era inspiegabile, e mi sono quasi
disperata quando ho visto che il fissatore lo han-
no messo anche sul piede perché non riuscivo a
portarlo a 90°, perché camminando per molti anni
sulle "dita dei piedi", il piede era rimasto in quella
posizione. Mi dispiaceva anche perché non sarei
riuscita ad andare a scuola e
avrei perso un altro anno scolastico.
Ma il medico mi disse che a scuola ci
potevo andare lo stesso.
Dopo un mese e mezzo dall'intervento iniziò la
scuola, e io andai prima a chiedere alla vicepresi-
de se potevo andare in questo stato. Lei mi disse
di sì e mi chiese se avevo bisogno di un prof di so-
stegno, ma le risposi di no perché avrei avuto un‟
amica che mi avrebbe aiutato.
A scuola facevo molta fatica perché stando in
classe 5/6 ore sulla sedia a rotelle e dovendomi
alzare e sedere ogni 10 minuti per la circolazione
del sangue e per i dolori, mi stancavo molto. Dopo
un mese di scuola mi ero ripresa per bene;avevo
iniziato a sedermi su una sedia normale, appog-
giando la gamba per terra, e così potevo finalmen-
te avere un banco sul quale poter scrivere. Ma una
domenica a casa, andando in bagno mi sono scivo-
late le stampelle, sono caduta sulla gamba col fis-
satore e una vite rientrata dentro ha rotto l‟osso.
Allora l'ambulanza mi ha portata a Lecco e l'indo-
mani ho subito un altro intervento, nel quale mi
hanno sistemato la frattura aggiungendo delle viti
e hanno tolto il fissatore dal piede che è tornato
a 90°.
Dopo 6 giorni sono tornata a scuola. Ho parecchi
dolori e purtroppo devo di nuovo stare seduta sul-
la sedia a rotelle, e di nuovo alzarmi e sedermi o-
gni 10 minuti come i primi giorni di scuola.
Adesso ho un altro problema col ginocchio: la tibia
è salita sul femore, e non riesco né a piegare, né a
stendere il ginocchio. Quindi devo spesso rimane-
re assente da scuola per i dolori, e mi dispiace
molto .
Ho avuto giorni nei quali volevo arrendermi, per-
ché mi pareva di non riuscire ad andare a scuola in
questo stato. Però ho trovato la forza di andare
avanti, grazie ai miei genitori, a Stefy, all'amica
che mi aiuta a scuola ...
Non li ringrazierò mai abbastanza.
Melisa, IG
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The Mente
Il fenomeno della droga è una questione che ha rag-
giunto dimensioni catastrofiche. Non è più solo un
semplice allarme, ma un problema legato ai metodi
poco efficaci che si usano per combatterlo. Infatti
si è creato intorno alla parola “droga” un universo di
falsa lotta. Si pensa solo alla cura, e quasi mai alla
prevenzione e ad una educazione prima che succeda
il peggio. Ad aggravare la situazione c‟è chi inventa
di continuo nuove sostanze sempre più pericolose.
Certo, per chi ci lavora è un vero e proprio Business!
Noi ragazzi siamo i soggetti a rischio, sempre più in
balia degli eventi e di tutto ciò che ci circonda, a
volte incapaci di reagire o altre di alzare la testa dall‟oblio.
Abbiamo provato a chiedere ad alcuni ragazzi che frequentano discoteche, scuole, giardini pubblici,
se fanno uso di droga e perché. Solo due hanno deciso di rispondere perché conoscenti.
Il primo è uno studente di 20 anni. Ha iniziato a 16 anni in compagnia di amici, con qualche canna,
così per gioco. Poi, curioso di vedere gli effetti ha provato altre sostanze ed è rimasto “fregato”.
Si è reso conto che non lo fa più per provare ma è diventata un‟abitudine ed il corpo ne ha continua-
mente bisogno, in dosi sempre maggiori. Quando gli chiediamo se non è preoccupato dei danni che si
sta provocando, ci risponde che non gli interessa, che vive giorno per giorno, senza preoccuparsi del
futuro. Don‟t worry be happy.. La seconda è una studentessa di 17 anni. Quando ha iniziato ne aveva solo 15, era al mare in compa-
gnia di un ragazzo che le piaceva tanto, e ha cominciato per farsi notare da lui e sembrare più
grande. Da allora fuma regolarmente con gli amici. Oggi non è più come prima, lei lo fa perché gli
piace , la fa evadere dalla realtà. Quando le chiediamo se non ha paura che un giorno questo le si
ritorca contro, lei risponde: “Certo che no! Il mio motto è meglio una vita breve, ma intensa, che una lunga ma vuota!!!”. La luce malsana e ingannevole del tunnel della droga distorce la reatà e fa vivere in un mondo di pu-
re illusioni. Troppo spesso si parla di droga, ma mancano i fatti; è ora di svegliarsi e iniziare la lotta
vera, senza mai dimenticare che, per rimediare ad un danno, occorre sempre più tempo e fatica di
quanto ne serva per generarlo.
Barbara Bonini e Antonia Petrosino, VA
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The Mente
Se anche voi siete stanchi della monotona e noiosa estate a Piacenza e avete voglia di fare espe-
rienze nuove, io una possibile soluzione l'ho trovata!
Lo scorso 10 novembre ho partecipato ad una conferenza con un famoso giornalista: Enzo Nucci,
che nel 2006 è stato nominato corrispondente della Rai per l'Africa sub sahariana. In questa veste
ha aperto la sede a Nairobi da dove si sposta per seguire le vicende che si svolgono all'interno del
continente. Il giornalista ci ha mostrato un reportage girato durante l'estate per farci rendere
conto della situazione di estrema povertà, ma ha tenuto a precisare che l'Africa non è solo questo,
come noi occidentali siamo soliti pensare: è un continente
giovane con un miliardo di abitanti. Più del 78% di essi ha
meno di trent'anni. E‟ formata da cinquantaquattro Stati
di cui almeno ventisette sono economie in crescita.
Ci ha inoltre chiarito le idee su due fenomeni purtroppo già
noti e molto comuni: i ragazzi di strada e i bambini soldato.
Quello dei ragazzi di strada è un movimento che nasce ne-
gli anni Ottanta, questi ragazzi vanno dai tre o quattro an-
ni fino alla tarda adolescenza. Solitamente essi vivono tut-
ti insieme in comunità per sentirsi più protetti come in una
grande famiglia, tanto che tra di loro si creano fortissimi
legami, Nucci afferma che solo a Nairobi sono decine di
migliaia e li definisce “i ragazzi che vivono di nulla e di tut-
to”.
Per quanto riguarda poi il diffusissimo fenomeno dei bambini soldato, ci ha spiegato perché la scel-
ta ricade proprio sui bambini: sono i migliori combattenti e soprattutto non hanno la percezione
della paura, fanno la guerra come se stessero giocando e non si rendono conto del pericolo. Vende-
re un bambino all'esercito può darti un guadagno che può arrivare ai 1200 dollari, una cifra impen-
sabile in quei Paesi, ma il vero problema è che per le famiglie avere un figlio nell'esercito è motivo
d'orgoglio e di prestigio.
Se come me siete interessati a questi argomenti e non vi accontentate di sapere tutto questo solo
in teoria, c'è la possibilità di fare viaggi in A-
frica, ovviamente con un'adeguata preparazio-
ne, per scoprire la realtà e la vita dei missio-
nari e della popolazione locale. L'unica contro-
indicazione è che bisogna aver compiuto di-
ciotto anni per partecipare a qualsiasi tipo di
viaggio quindi, come nel mio caso, toccherà a-
spettare e per il momento continuare ad infor-
marmi e tenermi aggiornata su queste associa-
zioni che sono numerose anche nel territorio
piacentino.
Matilde Valenti, IIIcoC
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C'era una scritta su un muro,in una via nei pressi
di piazza san Giovanni verso sera: «Oggi abbiamo
vissuto».Credo che rappresenti bene lo stato d'a-
nimo di molti di noi sul pullman di ritorno a Piacen-
za la notte del 15 ottobre.
Ma andiamo con ordine: partiti alle 5, siamo arri-
vati a Roma verso le 13. In ogni autogrill che ab-
biamo passato tanti,tantissimi pullman di Indigna-
ti da ogni parte d'Italia,senza parlare dell'auto-
strada appena fuori città,dove insieme a noi c'e-
rano solo pullman e i primi blindati della polizia.
Scesi dal pullman, la folle era
davvero immensa e l'adrenalina
ha cominciato a farsi sentire.
Ci siamo uniti agli altri e abbia-
mo raggiunto la metro,su cui
sono partiti immancabilmente i
primi cori e forse da quanto
eravamo ammassati,abbiamo
cominciato a renderci davvero
conto di quanti eravamo.
Dopo una ventina di minuti sia-
mo arrivati al raggruppamento
e ci siamo uniti allo spezzone dei Notav e il corteo
è partito subito con quasi un'ora di anticipo;per la
prima mezz'ora si è svolto tutto normalmente co-
me una tranquilla sfilata,dopo di che sono iniziate
le prime azioni autonome o di gruppi molto ri-
stretti e si sono viste le prime auto,vetrine e te-
lecamere distrutte e incendiate. Della polizia ne-
anche l'ombra.
Da parte ai Fori occupati,prima di arrivare al Co-
losseo i black block si sono disposti in cordoni e la
polizia nel frattempo si è schierata inspiegabil-
mente in fondo al corteo. Siamo rimasti tra gli
''incappucciati'' per un po' dopo, di che siamo a-
vanzati nello spezzone degli studenti medi dove la
situazione era un po' meno tesa. Non sapendo co-
sa stava succedendo dietro, ci siamo seduti per
terra e nemmeno 10 minuti dopo,da dietro, è par-
tita la prima carica della polizia. Spaesati e disor-
ganizzati abbiamo cominciato a correre tra ur-
la,fumogeni,anziani e genitori con i bambini in
spalla, cercando di guidare quanta più gente pos-
sibile nelle vie laterali. Da questo momento in a-
vanti è stato il caos più totale:tra cari-
che,fumogeni e bombe carta il corteo si è diretto
quasi di corsa verso piazza
san Giovanni dove è arriva-
to in meno di 15 minuti.
Quando la reazione delle
forze dell‟ordine, spropor-
zionata, selvaggia e ingiu-
stificabile, ha coinvolto la
massa dei manifestanti,
piazza San Giovanni si è
trasformata in uno scena-
rio di resistenza di massa
alle forze dell'ordine. Chi
associa quelle tre ore di Resistenza a “una mino-
ranza di black block” o non ha gli strumenti per
comprendere, o mente sapendo di mentire. Al
gruppo di anarchici è stato palesemente lasciato
fare tutto ciò che voleva per tutta la durata del
corteo,dopo di che la polizia si è sfogata su chiun-
que fosse rimasto chiuso in quella piazza.
In piazza il 15 c'erano degli esaltati violenti e i
oro caschi erano anche blu, perché lanciare una
camionetta blindata su di una folla non significa
reprimere i violenti, ma colpire tutti indistinta-
mente. Continua >>
Prima testimonianza di Elisa Ricci, III coC
The Mente
7
Io che ho visto gli scontri davanti a me a non più
di qualche metro,questo lo so per certo,ma chi
quel giorno non era lì ha potuto vedere solo le so-
lite 4 foto di quei ragazzi intorno all'autoblindo
in fiamme.
Piazza San Giovanni, però, è molto più ampia e di
certo queste persone non hanno potuto vedere il
padre con la sua bambina in braccio e le lacrime
agli occhi perché non sapeva come portarla in sal-
vo,o cosa significa scappare dalla 7° carica con la
gola e la faccia in fiamme per i lacrimogeni con la
sola colpa di trovarsi in una piazza blindata senza
avere la possibilità di uscire.
La violenza a casa nostra,che orrore!Siamo in Eu-
ropa,dove non si spara e non si spaccano le vetri-
ne, dove la polizia è corretta e giusta e dove la
politica conserva una certa dignità;e così ci illu-
diamo,non ci vogliamo rendere conto che l'Italia è
un paese allo sbando.
Un paese dove se sei un mafioso puoi tranquilla-
mente fare il ministro, dove è accettabile racco-
mandare spudoratamente tuo figlio o regalare a
tua moglie uno stipendio aggiuntivo da 10mila eu-
ro.
Un paese in cui puoi distruggere l'istruzione pub-
blica, la cultura e il welfare,ma guai a tirare un
sasso alla vetrina di una banca! perché sei incaz-
zato,perché non hai un futuro,perché nello stesso
momento migliaia di persone stanno perdendo il
posto di lavoro,mentre i militari italiani in Afgha-
nistan distruggono più di qualunque cosiddetto
“black bloc” e noi li accogliamo da eroi. Bertold
Brecht disse "Tutti vedono la violenza del fiume
in piena,nessuno vede la violenza degli argini che
lo costringono."
I veri violenti sono seduti
nel palazzo. L'Italia è un
paese malato dove non esistono leggi
per chi governa.
Alemanno ha definito tutti noi che eravamo in
piazza San Giovanni ''animali'',lui che da giovane
è stato arrestato per aver lanciato una molotov
contro l'ambasciata dell'Unione Sovietica a Ro-
ma,
La verità è che il 15 ottobre abbiamo visto tan-
tissime persone e tantissimi giovani consapevoli
per la prima volta della necessità della lotta. C'e-
ra gioia nell'essere tanti, ma c'erano anche la
rabbia e la convinzione che questo corteo dovesse
essere diverso dagli altri. Questa manifestazione
non è stata convocata da nessun partito,è stata
semplicemente il frutto di migliaia,decine di mi-
gliaia di iniziative dal basso;nessuno dei media si
è chiesto cosa sarebbe successo se il corteo fos-
se proseguito tranquillamente e si fosse concluso
in piazza San Giovanni con una probabile acampa-
da di migliaia di tende. Quasi sicuramente a Loro
è andata nel migliore dei modi, ma quello che è
successo,data l'esasperazione a cui siamo arriva-
ti,era nell'aria da tempo ed era inevitabile.
Resta il fatto che,violenze o no,la manifestazione
è riuscita,perché per le strade di Roma c'erano
quasi mezzo milione di persone.
Dal 15 rimane la gioia di essere stati veramente
"insieme" e di aver vissuto davvero. Magari non è
comprensibile ai più, ma queste poche ore di resi-
stenza ci hanno ridato speranza. Un segno che
forse qualcosa è ancora possibile,che qualcosa si
sta muovendo e che finalmente qualcuno si sta
svegliando.
The Mente
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Il 15 ottobre, 700 città del mondo sono state paralizzate
dall‟indignazione, declinatasi con forme, pratiche e parole
d‟ordine diverse, ma unificate da un sentimento globale di
rifiuto a questa crisi creata da lorsignori.
In Italia la giornata del 15 ci consegna una realtà che men-
tre scriviamo viene descritta fotogramma per fotogramma
dai tg e dai siti informativi, come il giorno in cui un manipolo
di teppisti si é impossessato di una giusta causa ed ha rovi-
nato tutto. La realtà ancora una volta è un' altra e va ben al
di là di queste considerazioni, per quanto abbia una serie di
sfaccettature su cui sarà necessario interrogarsi in profon-
dità. Ciò che è certo è che tutte le ragioni e le motivazioni di
una piazza di trecento mila indignati sono state annullate,
dimenticate, vanificate.
Bisogna stavolta essere onesti e dire che al 15 ottobre 2011
si è arrivati in una situazione assurda: gli organizzatori dei
comizi finali in piazza San Giovanni avevano desistito da tem-
po a sfilare verso i palazzi del potere romano, forse l'unica
opzione incisiva in una giornata del genere, nonché un utile
strumento per far sì che la situazione restasse all‟interno di
argini controllabili o comunque finalizzati a un obiettivo.
Ad essere sinceri, se c'era un paese che doveva trasforma-
re l'indignazione in incazzatura di massa, quello era proprio
l'Italia, un paese in cui un‟intera generazione ha conosciuto
come unica risposta ad anni di mobilitazioni le spallucce del
governo. Un paese in cui un ministro (Brunetta), riesce a dire
che “i precari sono la parte peggiore dell‟Italia”, in cui i go-
verni sopravvivono con la compravendita di voti.
Quindi spiace la rinuncia degli organizzatori a puntare dritta
verso i palazzi del potere, perché questo ha lasciato di fatto
mano libera alla spontaneità, che non essendo indirizzata, ha
causato, dall'inizio, passo per passo, l'attacco a tutto ciò che
è considerato simbolo del sistema di iniquità. Una rabbia ed
una violenza fuori dal contesto, senza un obbiettivo se non
quello di creare scompiglio, di distruggere. Una rabbia con-
tro le forze dell‟ordine, che molti non capiscono non essere i
nostri “ nemici”. I nostri ”nemici” sono ben più in alto, loro
non sono nelle piazze e non cercano di fermarci, anzi, non a-
spettano altro che noi commettiamo errori del genere, con-
troproducenti per noi stessi che in questo modo ci allonta-
niamo sempre di più dall‟opinione pubblica, vanificando tutti i
nostri sforzi.
Dobbiamo acquisire una coscienza e una consapevolezza dalle
quali siamo ancora ben lontani a giudicare dagli eventi di
quella giornata.
Seconda testimonianza di Giulia Luberti, IIIcoC
The Mente
9
La Giornata mondiale della gioventù, detta anche più sempli-
cemente GMG, è un incontro internazionale di spiritualità e
cultura, sostenuto dalla Chiesa cattolica su iniziativa del Pa-
pa. Giovanni Paolo II diede inizio a questi incontri nel 1985
a Roma e da allora il Pontefice, solitamente ogni due anni,
sceglie una specifica città del mondo dove poi verrà cele-
brato questo evento.
La ventiseiesima Giornata della Gioventù è stata celebrata a
Madrid il 21 agosto 2011. Cabra, Cordoba, Barcellona oltre
alla stessa Madrid sono state le quattro tappe toccate in
dodici, lunghi, caldi e meravigliosi giorni. C‟ero anch‟io! A Ca-
bra, noi ragazzi della diocesi di Piacenza, siamo stati ospitati in famiglia. Per quattro giorni ci hanno
accolti nelle loro case trattandoci come figli, tanto che alla partenza per Cordoba molti di noi non so-
no riusciti a trattenere le lacrime.
Cordoba e Barcellona possono essere considerate come
“città-sosta”, visto che il nostro soggiorno lì è durato
solo un giorno e sono servite per spezzare il lungo viag-
gio, rendendolo meno pesante. Il culmine è stato rag-
giunto a Madrid: un numero straordinario di ragazzi af-
fluiti da parti diverse del mondo e riuniti in una sola
città che sembrava non riuscisse a ospitarli tutti. I gio-
vani hanno mostrato la loro saldezza nella spiritualità
partecipando a diversi momenti di catechesi in cui si
affrontavano le tematiche scelte per la GMG.
Posso confermare che quest‟evento suscita fortissime
emozioni. Ho avuto la possibilità di fare nuove amicizie
sia con italiani sia con gente di altre nazioni.
Ma la cosa che più mi è rimasta impressa è stato il fatto che ogni volta che passava un gruppo di ita-
liani, pur non conoscendoci, sembrava di incontrare degli amici di vecchia data: abbracci, risate, can-
zoncine; insomma eravamo davvero uniti. È difficile spiegare quali emozioni e sentimenti ho provato
perché sono stati così tanti che per capire bisognerebbe provare. Sotto certi aspetti è stata
un‟esperienza certamente faticosa, ma ne è valsa la pena. In quei dodici giorni ho capito cosa possia-
mo essere noi ragazzi: il futuro, la “gioventù del Papa”. Ragazzi uniti nella stessa fede che desiderano
mostrarsi al mondo come dei fratelli. E adesso l‟unica cosa che mi resta da fare è aspettare il 2013 e
imparare un po‟ di brasiliano perché la prossima giornata mondiale della gioventù si terrà a Rio De Ja-
neiro.
Laura Strozzi IIIPB
The Mente
10
Il “The Mente” per la sua prima uscita annuale ha chiesto
all‟Assessore al futuro Giovanni Castagnetti di concedergli
un‟intervista.
Durante la chiacchierata, durata un paio d‟ore, abbiamo scoperto
che Castagnetti non è un assessore come gli altri: ha dimostrato di
essere in grado di capire le problematiche dei giovani, di avvicinarsi
al loro mondo e d‟interagire con loro.
E poi un assessore che rifiuta di candidarsi come sindaco, quindi di
rinunciare alle sue aspirazioni, per anteporre il bene della collettivi-
tà è uno che almeno un po‟ la sa. Perciò vale la pena di ascoltarlo e di
leggere l‟intervista che gli abbiamo fatto.
E poi dove altro lo si trova un assessore che rifiuta la televisione?
Che cosa significa essere assessore al futuro?
La definizione è stata data per caratterizzare tre diverse deleghe: la prima riguarda l‟infanzia, la
seconda riguarda scuola e informazione, la terza le politiche giovanili.
Mi spiego meglio. Riguardo al primo punto si tratta di asili nido e strutture simili che attuano un
percorso formativo già dall‟infanzia. Per la scuola, in particolare elementare e media, ci si occupa
dell‟aspetto riorganizzativo come ad esempio il servizio di trasporto scolastico o il sostegno a ra-
gazzi con handicap in modo che nessuno studente si senta escluso nel raggiungimento del suo po-
tenziale massimo.
Riguardo le politiche giovanili, l‟argomento si sviluppa in tre diversi ambiti che sono i centri di ag-
gregazione, come Spazio4, la creatività e il lavoro.
Che cosa pensi dell’organizzazione delle scuole?
(Sospira) Se non si punta sulla formazione è un disastro. A ciascuno dev’essere data la possibilità
di esprimere il massimo delle proprie potenzialità. Se però si riducono gli insegnanti e continuano i
tagli alla scuola il modello si rompe.
Prendiamo il caso di Piacenza. L‟Amministrazione si è resa conto che la città non è tutta uguale e
perciò bisogna tutelare i diversi ambienti.
Tagliando le risorse si ha una ricaduta negativa sul territorio, quindi ci dev‟essere una maggiore e-
quità nei tagli per non distruggere determinati ambiti.
La scuola ha un ruolo fondamentale e sono preoccupato per quello che sta capitando.
Se tu fossi il ministro dell’istruzione da dove inizieresti con la riforma scolastica?
Innanzitutto bisognerebbe capire come vengono divisi i soldi tra i diversi ministeri. Una cosa che
non mi va giù ad esempio sono i 12 miliardi e mezzo che il nostro Governo vuole spendere per acqui-
stare i cacciabombardieri F35 anche perché non vedo così tanti nemici dell‟Italia pronti a invadere
il patrio suolo!
INTERVISTA ALL’ASSESSORE CASTAGNETTI: PER I GIOVANI CENTRI DI AGGREGAZIONE, CREATIVITA’ E LAVORO
Politica
11
Qual è la tua opinione in merito alle raccomandazioni?
Purtroppo è un meccanismo che si è innescato, ha preso piede ed è sempre più evidente. Il messag-
gio che si deve portare avanti è che bisogna cambiare impostazione e anche la scuola ha un ruolo
fondamentale essendo modello virtuoso che trasmette questo messaggio.
Un raccomandato scavalca gli altri che magari sono più motivati, ma che restano indietro perché
non hanno la raccomandazione del sindaco o dell‟assessore. Io ho sempre cercato di dare il massimo
che potevo offrendo le stesse possibilità a tutti.
A volte mi hanno chiesto un “aiuto” per un lavoro, ma l‟unica cosa che ho fatto è stata quella di te-
nere le orecchie aperte e se venivo a sapere che in un certo posto si cercava una persona allora lo
dicevo all‟interessato, ma niente di più. Mettere insieme domanda e offerta, questa è l‟unica proce-
dura che attuo.
E‟ difficile far passare questo messaggio soprattutto perché questo è un imprinting che ormai c‟è.
In che modo Piacenza valorizza il merito dei giovani?
Attraverso le politiche giovanili si sta attuando un sostegno alle università, infatti a Piacenza risie-
dono più di mille ricercatori che godono di un sostegno economico. Poi ci sono forme più o meno evi-
denti del sostegno che la città dà.
Per esempio abbiamo creato dei corsi post diploma di Istituto Tecnico, con capofila il Marconi, che
prevedono l‟insegnamento e l‟approfondimento di argomenti come la logistica o il trasporto; questo
grazie a interventi da parte dei privati che finanziano queste attività.
Su Facebook c’è scritto che non hai la televi-
sione è vero?
Certo. Ho deciso di liberarmene quando mi sono
reso conto che ha il potere di rincretinirti. A-
desso leggo molti giornali.
Se ti chiedessero di candidarti sindaco accet-
teresti?
C‟è stato un movimento politico, Sinistra Ecologi-
a e Libertà, che mi aveva contattato chiedendo-
mi se potevo rappresentarli alle primarie.
Questo, ovviamente, mi ha riempito di soddisfazione. Penso di aver fatto un discreto lavoro nel
corso del mio mandato come assessore, ma non penso di avere le competenze giuste per ricoprire
un ruolo simile.
Avrebbe significato anteporre le mie ambizioni rispetto a quello che potevo fare davvero per la
cittadinanza.
Rebecca Bettera, VPB
INTERVISTA ALL’ASSESSORE CASTAGNETTI: PER I GIOVANI CENTRI DI AGGREGAZIONE, CREATIVITA’ E LAVORO
Politica
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Politica
Recentemente la nostra redazione ha avuto il piacere di poter ascoltare le parole dell‟assessore Ca-
stagnetti che ci hanno colpito particolarmente. Ci è parso un uomo che crede in quello che fa e ciò è
un valore raro tra le persone di oggi, soprattutto nel mondo politico che ci circonda. Sentire parlare
una persona così in un mondo di corruzione e di errori grossolani un po‟ ci conforta.
Ci ha colpito molto la sua voglia di mettersi in gioco per noi giovani, cosa che, al giorno d‟oggi ,è molto
di moda dire ma che pochi, poi, fanno. Notevoli le opere del suo assessorato. Come non ricordare
“Tendenze d‟inverno” che ha fatto il pienone al Fillmore; l‟evento Waiting for The Jingle e le 15 se-
rate di concerti a Spazio 4. Tuttavia, riferendosi allo Spazio 4, non si può fare a meno di notare la
concezione negativa che i più hanno di
questo centro di aggregazione polifun-
zionale. Molto probabilmente sbaglian-
dosi. Non sono messe in discussione le
buone intenzioni dell‟assessore, ma ciò
che più balza all‟occhio dei giovani, è
che lo spazio 4 sia in realtà un luogo di
aggregazione di uno specifico modo di
pensare.
Nonostante ciò noi appoggiamo questo
progetto di cui la nostra città aveva
bisogno e tutto il merito va senza dub-
bio all‟assessore. Perché pensiamo che
ognuno può e deve avere le sue opinio-
ni, ma devono essere valorizzate da
fatti e da esperienze. Quindi prima di parlare, magari, bisognerebbe frequentarlo questo Spazio 4.
Continuando l‟intervista abbiamo toccato tanti temi importanti come le raccomandazioni, la parteci-
pazione dei giovani alla politica, il futuro di noi giovani, gli aiuti che il comune fornisce ai giovani im-
prenditori e poi inevitabilmente siamo arrivati a parlare dei tagli e del governo Monti. Abbiamo toc-
cato soprattutto il mondo, a noi più o meno caro, della scuola: l‟assessore non era contrario ai tagli in
questo ambito, ma non concordava sulla maniera in cui sono stati fatti.
Difatti la sua posizione, condivisa anche da noi, è che quella riforma doveva essere fatta più accura-
tamente e non doveva essere una riforma generale.
La riforma cioè doveva essere molto più specifica, prendendo caso per caso e non doveva riguardare
tutta l‟Italia allo stesso modo. Ovviamente scuola per scuola sarebbe impossibile, ma applicarla a li-
vello regionale sarebbe stato molto meglio.
Si è arrivati a parlare quindi del federalismo tanto caro alla Lega, e vedere come l‟assessore fosse
favorevole ci ha fatto molto pensare.
Continua >>
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Politica
Ci ha fatto vedere la sua posizione super partes nelle decisioni più im-
portanti
da prendere. Cosa che abbiamo molto apprezzato.
Riguardo al governo Monti ha sintetizzato la posizione di quasi tutto il
mondo politico.
Ha espresso fiducia nei confronti dell‟esecutivo giudicandolo necessa-
rio. Ma perché per fare queste riforme impopolari non è stato formato
un governo politico, ma se ne è preferitouno tecnico? Abbiamo chiesto il
suo parere e lui ci ha risposto che senza la fiducia del parlamento il go-
verno tecnico non sarebbe nemmeno partito. Verissimo, ma l‟opinione di
tanti, e soprattutto l‟opinione dei giovani, è che la politica usa come scu-
do il professor Monti per fare queste manovre impopolari che lei non
sarebbe in grado di fare vuoi per incompetenza ,vuoi per paura di non
avere i voti durante le prossime elezioni.
E‟ stato un dibattito molto interessante con una persona che ha dimo-
strato di essere molto più che adeguata al ruolo che ricopre. Quando
abbiamo chiesto se lui se la sentisse di fare il sindaco, la sua risposta
negativa ci ha sorpresi. Spogliandosi delle proprie bandiere c‟è da dire
che un uomo così merita molto di più. La cosa più bella è stato il suo inci-
tamento a noi giovani: <<Partecipate!>>. Sì, voi ci direte: <<Quanti lo dico-
no!!!!>> e noi siamo d‟accordo con voi ma l‟assessor Castagnetti lo dice e
lo fa! Garantito redazione The Mente!
Simone De Lorenzi, VPA
In esclusiva...solo per
i ragazzi dell’Istituto
Romagnosi...IL
GRANDE BIDELLO
NON
PERDETEVELO!!
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Politica
Intervista sulla politica ad un ex del Romagnosi I nostri padri con coraggio hanno lottato per costruire il futuro, loro e nostro. Lo vogliamo fare anche
noi. Ora il problema è la crisi, non solo economica, ma anche delle coscienze e dei valori.
Spesso noi giovani non capiamo il presente e fatichiamo a immaginare il futuro. Il coraggio dei nostri
padri è in noi, però oggi viviamo situazioni difficili in contesti sempre più pericolosi. Ragazzini che vo-
gliono comportarsi da “grandi”, che non si accontentano più delle
piccole cose che una volta erano considerate importanti ed es-
senziali per crescere con i giusti ritmi. Giovani ingovernabili: ma
dove sono i genitori, e le istituzioni? Giovani sempre più soli, tra-
volti da una crisi dei rapporti personali, senza più guida ed esem-
pi. Mancano modelli, punti di riferimento. Noi non ci sentiamo di
approvare certi comportamenti di nostri coetanei che per conqui-
stare un senso di appartenenza ubbidiscono alla logica del branco;
per scaricare la rabbia diventano bulli; per avere sicurezze si
dannno alcool, o si rifugiano nel mondo virtuale di internet. Noi
siamo veramente convinte che per costruire la nostra vita servono valori, la fiducia, ma soprattutto la
speranza. Il problema è solo uno: i giovani si allontanano dalla vita della società, dall‟attualità, dalla po-
litica. Sì, perché la politica è vista come qualcosa di troppo lontano da noi, dai problemi reali della so-
cietà. Ma la politica, soprattutto in momenti come questi, non deve rappresentare un tabù specie tra
noi giovani. A tal proposito abbiamo avuto modo di incontrare un ex studente del Romagnosi che da
circa un anno ha deciso di fare politica, Luca Albieri, e abbiamo deciso di porgli qualche domanda.
Da quando ti interessi di politica? – fin dalle scuole medie, iniziai a costruirmi un‟idea politica, idea
che nessuno mi ha imposto, ma è stato frutto di un semplice interesse personale verso la vita sociale
della nostra Italia.
Cosa consigli ad un giovane che vuole entrare in politica? – beh, penso che se un giovane ha princìpi
in cui crede e per i quali ha voglia di impegnarsi, perché non provare? Solo i giovani possono essere
portatori di idee innovative importanti. La politica deve essere vista come un servizio al Paese e al cit-
tadino, ripartendo da idee nobili, recuperando alcuni valori oggi trascurati e pensando alle generazioni
future.
Noi giovani rappresentiamo l‟Italia del domani nella quale saremo i protagonisti, ma non possiamo esi-
merci fin da ora dall‟impegno sociale e politico, costruendo pazientemente giorno per giorno l‟avvenire.
La politica ha bisogno di riscoprire la lungimiranza e la coerenza, con il contributo dei giovani pensanti,
coraggiosi e moderati: questi sono i fondamentali per una nuova gestione della “cosa pubblica”. Di
fronte al dilagare della disaffezione verso la classe dirigente ripenso alle parole di un padre della Pa-
tria, Giorgio La Pira: <<Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa 'brutta'! No: l'impegno politico -cioè l'impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall'economico- è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità.>> Con la situazione politica attuale queste idee sem-
brano impossibili da realizzare, ma abbiate fiducia e non temete: siamo italiani, ce la faremo!!!
Barbara Bonini e Antonia Petrosino, VA
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Politica
Ci saremmo caso mai aspettati il contrario e cioè che Massimo Castelli, sindaco di Cerignale, protago-
nista della nostra intervista, si togliesse la giacca e per parlare con noi indossasse una tenuta più in-
formale. Invece Castelli rinuncia al pile in favore di una sobria giacca. Per farci capire che la politica
è una cosa seria. Cerignale, un paesino di 170 abitanti circa compreso tra Val Trebbia e Val D'Aveto.
<<Anche l'ufficialità vuole la sua parte: la giacca è un segno di rispetto nei confronti vostri e soprat-
tutto di chi mi ha eletto>>. Queste sono state le prime parole del sindaco al suo arrivo nella biblioteca
del nostro Istituto.
Nonostante questa formalità, Massimo ha instaurato con noi redattori un ottimo rapporto, anche
quando le domande erano un tantino "pungenti".
Numerose sono state le iniziative da lui intraprese durante il suo mandato: in primis, per quanto ri-
guarda il sociale, ha istituito il giornale per amico. Quest'idea è nata in risposta al problema degli an-
ziani soli (numerosi nel paesino di montagna). Si tratta dell'abbonamento, gratuito per gli utenti, al
quotidiano piacentino Libertà, che, oltre ad essere un mezzo per coinvolgere gli anziani che vivono
soli, è un metodo di assistenza: <<Il postino diventa una sorta di assistente sociale>>.
La vita a Cerignale, un paesino di 170 abitanti circa compreso tra Val Trebbia e Val D'Aveto, è molto
diversa da quella in città, ma soprattutto è dsifferente lo spirito delle persone, <<Un concetto molto
importante, prettamente montano, è quello della riconoscenza per chi ha costruito e chi è venuto pri-
ma di te>>.
Passiamo al punto centrale, al motivo che ci ha spinto ad invitare il sig. Castelli presso la nostra scuo-
la: <<In qualità di sindaco, percepisco una indennità di circa 400 € mensili (comprensivi delle spese di
servizio) per il mio impegno personale per la collettività. Questa quota la devolvo per l'acquisto del
carburante da parte dei carabinieri e in quegli ambiti in cui credo che i tagli siano sbagliati>>.Questa
sua iniziativa ci lascia di stucco: quando mai si è sentito di un politico che, invece di arraffare, devol-
ve anche quanto gli spetta?
Dopo qualche chiarimento sulla vita del paese, che evidenzia la passione con cui Castelli svolge il suo
lavoro e l‟amore profondissimo che nutre per Cerignale, gli chiediamo a bruciapelo: "I giovani, in politi-
ca, sono meglio dei vecchi?" Il sindaco risponde così: <<É necessario l'impegno in politica. C'è il rischio
di criticare, ma non assumersi l'impegno. I giovani sono più poliedrici degli anziani, ma spesso sono po-
co concreti>>.
E quando gli chiediamo se ha fiducia nel governo Monti, <<É un fallimento gravissimo della politica.-
risponde- Io personalmente a Monti avrei affidato una manovra tampone all'economia, una riforma
elettorale e subito dopo le elezioni. É il cittadino che deve scegliere i propri rappresentanti!>>.
Grazie, sindaco, per la lezione di trasparenza e di
entusiasmo che ci ha impartito. E grazie anche per
una metafora che ha coniato lì per lì e che non di-
menticheremo: <<La politica è come un tavolo da gio-
co, ma a questo tavolo ci sono molti bari. Non è sba-
gliato il gioco, bensì barare durante il gioco>>.
Damiano Borella, IVpa
Incontro con Massimo Castelli, sindaco
di Cerignale e presidente della Comunità montana
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Ogni due anni nel mese di ottobre molti studenti si trovano a votare due rappresentanti,spesso senza
sapere chi sono e cosa andranno a fare, cerchiamo quindi di fare un po‟ di luce su questa enigmatica
Consulta, che poi tanto enigmatica non è.
La Consulta Provinciale degli Studenti,formata da Presidente,Vicepresidente,Segretario e dagli altri
membri della Giunta,è un organismo istituzionale di rappresentanza studentesca e dispone di fonti
proprie,che non devono essere inferiori al 7% dei fondi provinciali destinati alle scuole per le attività
degli studenti. Il suo compito principale è quello di garantire il più ampio confronto tra gli istituti tra-
mite la realizzazione di progetti che ne coinvolgano il più ampio numero possibile, di accordi con enti
locali e di attività anche a carattere internazionale. Un'opportunità delle Consulte studentesche pro-
vinciali è la possibilità di suddividersi in commissioni autonome, ognuna delle quali con un compito pre-
ciso da portare avanti. Le principali commissioni istituite nelle diverse Consulte nello scorso anno sco-
lastico sono:
› Commissione "Riforma della scuola"
› Commissione "Legalità, Diritti umani e Volontariato"
› Commissione "Edilizia scolastica"
› Commissione "Sportello informativo"
› Commissione "Orientamento"
› Commissione "Scuola e sport"
› Commissione "Scuola, musica e arte"
› Commissione "Internet"
› Commissione "Scuola, Cinema e Teatro"
Per ora siamo in fase di progettazione. Vi terrò informati. Promesso.
Elisa Ricci IIICoC, rappresentante del Romagnosi alla Consulta
MARCO POPOLLA: REDATTORE DEL THE MENTE E
RAPPRESENTANTE AL CONSIGLIO D’ISTITUTO Salve a tutti! Sono Marco Popolla, uno dei due rappresentanti degli alunni del
Romagnosi nel Consiglio d‟Istituto.
Poiché gran parte degli studenti dopo le votazioni per i rappresentanti non
sanno più niente degli eletti e non sanno a chi rivolgersi se hanno problemi o
lamentele, ho deciso di farmi sentire attraverso il nostro magnifico giornali-
no.
Da quando sono rappresentante, non ci sono state assemblee per discutere
dei problemi scolastici con il preside e gli altri membri del Consiglio.
Chiunque abbia osservazioni o proposte può contattarmi in VPA.
Arrivederci alla prossima assemblea!
Marco Popolla, VPA
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Il consumo di alcool è molto frequente tra i giovani. La legge
dice che non si può somministrarlo ai minori di 16 anni, però
esso circola insieme al fumo anche fra ragazzi decisamente
più giovani.
La prima esperienza di consumo avviene nella pubertà( 8-14
anni) e difficilmente i giovani pensano che bere possa causare
malattie. Fra i giovani va di moda bere vino e sempre più la
birra. Dalle superiori si provano i superalcolici: ne fanno uso il
30% dei maschi delle prime classi e la percentuale sale al
50% fra gli alunni delle ultime classi. I giovani si avvicinano all'alcool prevalentemente perché gli at-
tribuiscono valenze di tipo simbolico, per far parte della "cultura dello sballo" . Ciò vale anche per il
fumo: si usano le "Malboro" per sentirsi superiori.
Nelle civiltà più antiche si credeva che l'acqua fosse nociva e questa credenza durò fino al XIX seco-
lo; pertanto si usava bere il tè ad Oriente ed il vino ad Occidente. Per quasi 10000 anni nell'Occiden-
te la birra ed il vino sono state le principali bevande "dissetanti".
In tutte le guerre l'uomo ha usato l'alcool come "stampella" per sopportare la sofferenza, il disagio,
la paura, il dolore della morte. Un colonnello della Grande guerra affermò che l'alcool era la "benzina"
dei soldati. L'alcool è la sostanza psicotropa più diffusa nel mondo ed è la terza causa di morte dopo
le malattie cardiovascolari e il cancro. Quindi ragazzi, se ci tenete alla vostra salute e al vostro por-
tafoglio, cercate di smettere di bere alcolici.
Sara Esselkaoui, IIB
EXIT: Le stragi del sabato sera messe in
scena.
La sera dell‟ 1 dicembre, presso il Teatro Municipale è stato messo in scena uno spettacolo ideato da
Achille Crosignani dal titolo "Exit". Sul palco si sono esibiti ragazzi del Gioia e del Marconi ed in un pa-
io di ore sono riusciti a mostrare cosa può succedere bevendo un bicchiere di troppo e mettendosi alla
guida. Il tutto è stato enfatizzato da una simulazione di soccorso della protagonista eseguita da veri
volontari che erano seduti tra il pubblico e che sono corsi sul palco a soccorrerla. Alla fine di questo
emozionante spettacolo, alcuni agenti della Polizia Municipale hanno cercato di sottolineare l'impor-
tanza del messaggio che questo spettacolo voleva trasmettere e soprattutto il fatto che tutto questo
è nato dai ragazzi stessi, ossia la parte maggiormente colpita da questo straziante fenomeno delle
stragi del sabato sera.
Andrea Gazzola, 4B & Niki Mougoyannis, 3B
The Mente
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Così il nostro POF alla voce educazione alla salute:
Educazione alla salute e all’ambiente
L‟ educazione alla salute e all‟ambiente viene realizzata dai docenti di scienze
integrate e geografia in orario curricolare nelle rispettive classi.
E‟ previsto inoltre l‟intervento di esperti appartenenti ad associazioni culturali.
Tale attività si propone come obiettivi:
- Promuovere fattori di protezione e ridurre fattori di rischio
- Approfondire alcune parti del programma di scienze e geografia per dotare gli alunni di conoscenze
ed abilità critiche
- Essere in grado di acquisire stili di vita corretti
- Fornire un‟informazione aggiornata ed approfondita sui temi del rapporto uomo–ambiente
- Attuare un percorso didattico a tema per promuovere soggetti attivi nella scuola
Nell‟ambito dell‟educazione alla salute, in tutte le classi seconde viene realizzato il progetto di edu-
cazione alimentare (che prevede l’approfondimento del programma di biologia) al fine di dotare gli
alunni di conoscenze ed abilità critiche per realizzare, con un‟alimentazione equilibrata e consapevole,
efficienza fisica, equilibrio psichico e integrazione sociale.
Noi della redazione ci siamo chiesti a riguardo, se quanto scritto fosse veramente messo in pratica e
cosa pensasse di ciò un esperto qual è il Dottor Alberto Genziani e siamo andati ad intervistarlo nel
suo studio Zefiro all‟AUSL.
In questa sede egli ci ha illustrato l‟importanza per noi giovani dei fattori di rischio e dei fattori di
protezione, spiegandoci che il disagio giovanile viene visto non come un qualcosa che l‟individuo ha, ma
come il risultato di un complesso intreccio di fattori di rischio e fattori di protezione operanti nel
corso dello sviluppo. I fattori di rischio aumentano la probabilità di esiti negativi, invece i fattori di
protezione riducono gli esiti negativi e rendono il soggetto meno vulnerabile alle fonti di stress. Le
due tipologie che possono influire sullo sviluppo non sono semplicemente una l‟opposto dell‟altra: infat-
ti un fattore di rischio in età adolescenziale non lo è in età adulta.
I fattori di protezione più spesso rilevati dalla letteratura evolutiva si collocano in diversi livelli
dell‟esperienza personale e sono classificabili nei seguenti tre gruppi:
1. Le caratteristiche individuali della persona, quali le abilità cognitive e sociocognitive, temperamen-
tali e affettive;
2. La qualità delle interazione tra persona e ambiente;
3. La qualità del contesto sociale.
I fattori di protezione definiti genericamente protettivi e legati a life skills quali le abilità sociali e
le abilità decisionali, agiscono a vari livelli, ad esempio: la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari,
l‟individuo e la comunità.
The Mente
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Questi sono solo alcuni esempi che Genziani ci ha portato e
che la nostra
scuola dovrebbe insegnarci per formarci da un punto di vista sociale.
Infatti anche l‟OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sostiene che il
ruolo della scuola non è solo quello di una formazione puramente professio-
nale.
Agli inizi degli anni ‟90, l‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), defi-
nisce le Life Skills come “Abilità che consentono di trattare efficacemente con le richieste e le sfide della vita quotidiana”, possono quindi essere con-
siderate come quelle “abilità di vita” e “per la vita” che si pongono alla radice di ogni processo adatti-
vo “umano”. Non è forse questo, non è
forse la capacità di adattarsi alla vita
quotidiana uno degli insegnamenti che ci
dovrebbe fornire la scuola?
Le life skills definiscono le dieci capaci- t à
più importanti per l‟educazione. Com-
prendono la capacità di:
◊ Prendere decisioni;
◊ Risolvere i problemi;
◊ Pensiero creativo;
◊ Senso critico;
◊ Sapersi esprimere;
◊ Relazioni interpersonali;
◊ Riconoscimento di sé;
◊ Empatia;
◊ Gestione delle emozioni;
◊ Gestione dello stress.
Appare sempre più evidente che, in ragione dei grandi cambiamenti socio culturali e degli stili di vita
che si sono verificati in diverse parti del mondo, molti bambini, ragazzi e giovani non siano più suffi-
cientemente equipaggiati delle abilità necessarie per far fronte alle crescenti richieste e allo stress
che si trovano ad affrontare. Sembra che venga a mancare loro il supporto richiesto per acquisire e
rinforzare le “life skills”. E‟ come se i meccanismi tradizionali per trasmettere queste abilità non fos-
sero più adeguati a causa dei nuovi fattori che condizionano lo sviluppo dei minori e dei giovani.
Dovrebbero, secondo noi, essere la scuola in primis e la famiglia, insieme magari, a fornirci gli stru-
menti giusti per la nostra formazione.
Simone de Lorenzi, Matteo Scotti & Marco Popolla, VPA
The Mente
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Speciale Festival del Diritto
Tra miele e spaghetti sulla via della legalità di Rebecca Bettera
Combattere la mafia: una sfida che sembra impossibile, ma che tanto impossibile non è. Il messaggio arriva forte e chiaro
dall‟attrice Tiziana di Masi che, nell‟ambito della quarta edizione del Festival del Diritto, ha portato sul palco del Teatro
dei Filodrammatici il suo grido di lotta.
“Mafie in pentola. Libera terra, il sapore di una sfida”, questo il nome dello spettacolo che sulla via della gastronomia ha
percorso i passi che sono stati fatti in questi anni nella lotta contro la mafia. Spesso si pensa che per combattere la Ca-
morra, la „Ndrangheta, la Santa Corona Unita o comunque la si voglia chiamare siano necessarie azioni straordinarie e
spesso si dimentica che invece sono proprio i piccoli passi a portare davvero lontano. Quindi ci ha pensato Tiziana a ricor-
darcelo con il suo straordinario spettacolo che ha incantato la gran folla accorsa a teatro. Con il suo splendido sorriso ci
ha accompagnati attraverso un viaggio tra Sicilia, Puglia, Calabria, Campania e Piemonte alla scoperta dei buoni frutti che
si possono far crescere sui terreni confiscati ai mafiosi. Tutte queste terre che per troppo tempo hanno subito violenze
e soprusi, grazie alla legge 109/96, approvata dopo che “Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie” raccolse un
milione di firme per farla approvare, hanno avuto la possibilità di riscattarsi e ora da quel male nasce del bene sotto for-
ma di mieli, conserve, peperoncini, taralli, vino, legumi, mozzarella e pasta. Lo spettacolo inizia con una parodia sulle sagre
paesane, che tutti noi conosciamo bene, con una satira pungente che ha lo scopo di aprire gli occhi a tutti i presenti, il
tutto accompagnato da taralli e altre squisitezze. E ci riesce, perché l‟illegalità rischiamo di mangiarla anche in un piatto
di pasta se non prestiamo attenzione ai frutti della terra che consumiamo. In questo ci aiuta proprio Libera e con i suoi
prodotti: <<Possiamo comporre un pasto completo dagli antipasti al digestivo. – dice Tiziana – E‟ un sacco di roba, ma so-
prattutto un sacco di roba buona>>. Così giunge il momento di assaporare la prima portata: spaghetti e pasta di grano si-
neto. Tiziana ci racconta la loro storia, di come all‟inizio nessuno volesse coltivare i terreni confiscati perché: <<Esporsi è
pericoloso>> dicevano e nessuno se la sentiva di far crescere quel grano. Finché la Guardia Forestale non preparò il terre-
no e il giorno della semina erano tantissimi, studenti, poliziotti e magistrati, pronti a rimboccarsi le maniche per spargere
nella terra quei semi della pace. Ma ancora più numerosi erano al momento della prima trebbiatura e dopo aver trovato la
mietitrebbia, nonostante le difficoltà che opponevano i corleonesi, questa “per caso” si rompe. Ma nessuno si arrende, i
carabinieri portano la mietitrebbia nel campo e la fanno lavorare, così il raccolto è salvo.
E infine arriviamo al dolce: il “padanissimo” torrone di Cascina Caccia, in ricordo del procuratore della Repubblica di Tori-
no, Bruno Caccia, assassinato dai mandanti di Domenico Belfiore, boss calabrese della ‟Ndrangheta. Forse adesso vi do-
manderete che cosa c‟entri il Piemonte con il sud e la mafia. Bene, è arrivato il momento di sfatare un mito: la mafia non è
solo “cosa” della Sicilia o della Calabria, ma anche del nord Italia, dove ci sono i principali traffici di droga e riciclagg io di
denaro sporco. E anche lungo le rive del Po si combatte questa lotta, a pochi chilometri da Chivasso dove abitava Belfiore;
con il miele, appunto, di Cascina Caccia.
Queste sono solo due delle tante storie che Tiziana ha raccontato, ma sono tutte accomunate da uno stesso messaggio: il
vero modo per indebolire i mafiosi è sottrarre loro le ricchezze che possiedono e su quei terreni coltivare prodotti sani e
buoni come quelli che Tiziana ha fatto degustare ad alcuni del pubblico durante lo spettacolo. Ma forse vi starete chie-
dendo come pasta e legumi possano combattere la mafia; si tratta solo di cibo, giusto? Eppure il consumo critico è una
delle tante fondamenta su cui poggia questa difficile battaglia e consumando il buon cibo biologico dei terreni confiscati
possiamo dare un grande contributo. Grazie al lavoro di Tiziana Di Masi abbiamo scoperto alcune perle enogastronomiche
che arrivano proprio da questi terreni come il vino “I cento passi” o la mozzarel-
la di Don Peppe Diana <<la mozzarella più buona del mondo>>, il piccantissimo pe-
peroncino calabrese e il dolce miele di Cascina Caccia, ma soprattutto abbiamo
ricordato ancora una volta le storie dei tanti eroi che hanno compiuto il sacrifi-
cio più grande.
Tiziana ci ha aiutato a percorrere un cammino della memoria: infatti tutte le
cooperative che operano sui terreni confiscati e i prodotti coltivati portano i
nomi di chi è stato ucciso dalla mafia. <<L‟obiettivo del mio spettacolo è far capi-
re a tutti quanto sia importante sostenere questo lavoro – afferma Di Masi -.
Voglio che il messaggio arrivi a tutti, ai più grandi come ai più piccoli e spero di
esserci riuscita>>. Adesso il nostro compito è portare avanti questa battaglia
perché: <<La mafia è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine>> diceva Falcone. E noi
dobbiamo crederci, certo nessuno dice che è facile, ma non possiamo più permetterci di fare gli struzzi. Ricordiamoci che
dopo un lungo inverno arriva sempre una primavera.
The Mente
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LO SPORT COME STILE DI VITA di Damiano Borella
<<Non ci posso credere!>>. Questo è stato il mio primo pensiero. Sembrava un incubo: i progetti e le attese di
un'intera settimana andate in fumo.
Questo è ormai il terzo Festival del diritto a cui partecipo, ma mai ero euforico come quest'anno. Il tema centrale
"UMANITÀ E TECNICA" mi attirava particolarmente e non appena ho sfogliato il depliant che riportava i vari eventi, la
mia attenzione si è soffermata sull'incontro intitolato "TUTTI CAMPIONI?" al quale sarebbe dovuto partecipare anche
il ex-campione olimpico degli anelli, Yuri Chechi. Uso il condizionale proprio perché il "Signore degli anelli" purtroppo non
era presente. Ecco spiegata la mia delusione.
Alle ore 16.00 di venerdì 23 settembre, mi sono trovato puntuale nella piazza di Guardamiglio, il mio paese, con un amico,
anch'egli interessato all'incontro sopra citato. Non stavamo più nella pelle
tanto era forte l'attesa, quando, chiavi in mano, siamo partiti per la Fondazio-
ne di Piacenza e Vigevano dove era previsto l‟evento.
Giunti in sala, non vedendolo, pensai: <<Sarà in ritardo. Fra poco arriverà>>.
Purtroppo non fu così, <<Sfortunatamente Yuri Chechi non potrà essere pre-
sente all'incontro poiché,per quanto strano possa sembrare, è stato colpito
dalla varicella. Proveremo a contattarlo telefonicamente...>>. Queste furono le
prime parole di Paolo Gentilotti, il giornalista sportivo coordinatore dell'incon-
tro.
Ammetto di essere stato molto deluso e di aver avuto anche l'intenzione di
abbandonare la sala. Non ho ancora trovato un buon motivo per cui non l'ho
fatto, comunque sono sicuro di aver compiuto la scelta giusta. Siamo riusciti a
contattare telefonicamente Yuri Chechi, il quale ci ha porto i suoi saluti, ha
ammesso il suo dispiacere per la mancata presenza al Festival ed ha aggiunto che sarà lieto in futuro di venire a Piacenza
se ci sarà un‟ altra occasione come questa.
Nonostante il dispiacere per l'assenza dell'ex-campione olimpico, sono rimasto affascinato dalle parole e dalle lezioni di
vita del direttore del Laboratorio antidoping della Federazione medico sportiva italiana, Francesco Botrè. Riconoscevo
nelle parole di Botrè, gli insegnamenti che mi ha dato e continua a dare mio padre.
Il discorso affrontato durante l'incontro va oltre il semplice, se così sì può definire, problema del doping. Molti erano gli
spunti su cui riflettere e da mettere a frutto nella vita di tutti i giorni: alla base dell'uso di doping (come qualsiasi altro
tipo di droga) vi è una sorta di insoddisfazione personale. Si cerca una scorciatoia per arrivare prima, giungere al proprio
obiettivo con il minor dispendio di energia e fatica, ma la vita non ci insegna questo.
Pensiamo per esempio ad Adamo ed Eva: avevano tutto quello che desideravano, un intero mondo a loro disposizione e in-
vece...proprio da quell'albero dovevano raccogliere la mela?! E questo per il semplice fatto che qualcuno, il serpente in
questo caso, li ha tentati, ponendoli di fronte alla scelta di raggiungere la vetta (diventare come Dio) o rimanere dei co-
muni mortali.
Ecco da questo semplice esempio possiamo vedere come è facile arrivare al proprio obiettivo barando, violando le regole.
Lo stesso vale per le attività e discipline sportive, che sono quelle che dovrebbero dare l'esempio, proprio per il grande
seguito di pubblico ad ogni manifestazione.
Dove è finito l'orgoglio? E la soddisfazione per qualcosa realizzata con le proprie mani, con impegno e fatica? Sembra
proprio che non contino più nulla le vittorie personali, ma la responsabilità è solo nostra e in fin dei conti le scorciatoie
non portano lontano.
Un pensiero di Paulo Coelho mi pare una conclusione adeguata: è un invito a perseverare nell‟impegno. Non dobbiamo sco-
raggiarci al primo ostacolo, ma provando e riprovando possiamo superare ogni difficoltà.
<<Esistono le sconfitte. Ma nessuno può sfuggirvi. Perciò' è meglio perdere alcuni combattimenti
nella lotta per i propri sogni, piuttosto che essere sconfitto
senza neppure conoscere il motivo per cui si sta lottando.>>
The Mente
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"La narrativa applicata, tra demistificazione biblica, fai-da-te filosofico e ironia.
L‟azione scenica di cinque personaggi che discutono sull‟importanza della narrativa
in contrapposizione all‟efficacia solo apparente dei manuali tecnico-scientifici."
Questo era scritto sul volantino descrittivo dello spettacolo “Il Bullone A1”, messo
in scena dal laboratorio teatrale della mia scuola, il “Romagnosi”.
“Chissà cosa mi tocca andare a vedere”- pensai.
In realtà, dietro tutti questi paroloni, si nascondeva uno spettacolo ben fatto, un‟
ottima interpretazione e un‟ eccellente regia.
Tutto inizia con un tipico dialogo mattutino tra un uomo e una donna, svoltosi (ma
questo si capirà solo alla fine) a bordo di una navicella spaziale.
Parlando del più e del meno, l'uomo si accorge che l'amico Cain non si è ancora pre-
sentato, e mentre ne chiede il motivo all'amica arriva la voce rassicurante dello
stesso Cain
che si trovava in bagno; i due allora vanno avanti a parlare tranquillamente, ma il
tempo passa e Cain non esce!
A quel punto l'uomo chiede rassicurazioni sulle condizioni di salute dell'amico, che con voce molto meno tranquilla af-
ferma di avere un "piccolo" problema con lo scarico. Da qui
parte un dialogo surreale su come aggiustare il wc, e solo alla fine si scopre che per farlo è necessario uscire dall'a-
stronave; tutta colpa di un piccolissimo pezzo: il bullone A1.
A questo punto allo spettatore sorge spontanea una domanda: perché i tre giovani si trovano su un‟ astronave ad anni
luce di distanza dalla Terra?
E' presto detto: cambia l'ambientazione e cambiano i personaggi in scena; ci si trova su un Pianeta che appare inizial-
mente sconosciuto, dove due donne sono finite per sbaglio in seguito
ad una tempesta elettromagnetica che ha influenzato il loro teletrasporto.
Il Pianeta si presenta desolato, senza alcuna forma di vita, ma i rilevatori segnalano la presenza di ossigeno, idrogeno,
ozono…
Dopo un breve scambio di opinioni, arrivano all'ovvia conclusione: quella è la Terra!
Le due restano impietrite, cristallizzate in un efficace tableau vivent e parte un video, attraverso il quale due giovani
scienziati vogliono documentare le loro imprese, il progetto "Bellerofonte", che consiste nella realizzazione di un po-
tentissimo ordigno nucleare in grado di esplodere nel futuro. Una bomba nucleare ad orologeria, per così dire.
Lo scopo è quello di venderlo ad organizzazioni terroristiche ricavandone soldi a palate; perché questo è il progresso.
A quanto pare, il progetto è andato a buon fine, e lo spettacolo termina con le parole rivolte al pubblico da una delle
due donne: la tecnica non illuminata dall‟etica non porta ad alcun progresso, anzi aumenta il rischio che l‟uomo, novello
semidio, spinto dall‟avidità metta in pericolo la sopravvivenza stessa della specie e del pianeta.
Certo il messaggio non è nuovo, ma pare necessario ribadirlo perché intorno a noi non si notano segnali di speranza. An-
zi, a ben guardare, l‟unico motivo di speranza è rappresentato dalla provenienza del messaggio stesso: sono i giovani,
cioè, attori e autori del Bullone A1, che ci ricordano che la responsabilità umana è l‟imprescindibile fulcro attorno a cui
ruotano la scienza e la tecnica.
Bravi gli attori, che venivano, oltre che dal Romagnosi, anche dal Gioia e dal Respighi ( a proposito, chi l‟ha detto che
fra le varie scuole ci sono ruggine e competitività?); bravi gli autori, sconosciuti ventenni di belle speranze e brava la
regista che ha saputo coordinare il tutto con maestria, confezionando uno spettacolo che non si dimentica tanto facil-
mente.
Il Bullone A1 di Matteo Scotti
The Mente
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The Mente
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La pizza ha origini antichissime risalenti a tre-
mila anni fa e le testimonianze affermano che
il luogo di nascita della “pizza”è il bacino Me-
diterraneo; tuttavia, i piatti cucinati in Egitto
e in Grecia non erano vere e proprie pizze
bensì schiacciatine e focacce; la vera pizza
con pomodoro e mozzarella come la intendiamo
noi oggi è nata a Napoli intorno al 1730 nella
versione Marinara (pomodoro, aglio e origano).
Infatti, a Napoli iniziano a diffondersi le bot-
teghe specializzate nella preparazione di tale
piatto che diventa così una pietanza consuma-
ta da tutte le classi sociali.
Verso la fine del 1800 compare la famosa piz-
za Margherita che ha preso il nome nel 1889
dalla regina Margherita. Infatti, si racconta
che il miglior pizzaiolo dell‟epoca; Raffaele E-
sposito, realizzò per i sovrani d‟Italia Re Um-
berto I e la regina Margherita, tre pizze: alla
mastunicola (strutto, formaggio, basilico), alla
marinara (pomodoro, aglio, olio, origano) e con
pomodoro e mozzarella (pomodoro, olio, moz-
zarella, basilico).
La sovrana apprezzò così tanto quest‟ultima da
voler premiare l‟artefice attribuendo il suo
nome alla creazione culinaria e da allora ecco
la “Pizza Margherita”. Fino al 1900 la pizza e
le pizzerie rimangono un fenomeno prettamen-
te napoletano, poi dopo la seconda guerra
mondiale e grazie all‟emigrazione, la pizza ini-
zia a far capolino anche fra i paesi del Nord
Italia e all‟estero diventando così un fenome-
no mondiale.
Gli ingredienti per la pasta della pizza variano
a seconda di dove è preparata e per che occa-
sione; se è una pizza preparata dalle imprese
con il fine di essere venduta la ricetta mirerà
a durare nel tempo senza il rischio di seccarsi:
farina, acqua, sale, olio e strutto; se invece si
prepara la pizza in casa in previsione di una
cena fra amici, si punterà a impressionarli con
una ricetta che lascia la pasta morbida e gu-
stosa: farina, acqua, olio d‟oliva, sale e latte. I
condimenti variano secondo il gusto personale
delle persone; la pizza si può condire con sva-
riati ingredienti, dai più classici come pomodo-
ro e mozzarella a quelli più elaborati come sal-
siccia, wurstel e patatine fritte, a quelli più
gustosi e piccanti. La pizza, insomma, è un ali-
mento che, proprio grazie a questa sua varia-
bilità, soddisfa i gusti di tutti.
Il modo migliore per cuocere la pizza è utiliz-
zare il forno a legna perché una volta inserita
nella camera di cottura, grazie all‟effetto di
fenomeni fisici essa raggiunge i suoi valori ot-
timali, il tutto spartito in tre modi: per con-
tatto, per corrente d'aria calda, per riverbe-
ro.
Il primo perché la pasta assorbe il calore del
suolo del forno per conduzione; il secondo
perché a contatto con l'aria calda assorbe ca-
lore per convenzione e il terzo per irraggia-
mento (o riverbero) cioè per effetto del calo-
re emanato dalla fiamma (chi l‟avrebbe mai
detto che gli studi della conduzione del calore
sarebbero serviti anche per capire come mai
la pizza nel forno a legna cuoce così bene?) Il
risultato della pizza perfetta si presenta
quindi in questo modo: il pomodoro avrà perso
solo l'acqua in eccesso restando denso e con-
sistente, la mozzarella si disidrata appena e si
fonde al punto giusto, l'olio non supera i 70°C
oltre i quali comincerebbe a friggere renden-
dosi dannoso per il fegato e il basilico non si
brucia sviluppando il massimo del suo aroma e
continuando ad essere riconoscibile nel colore
e nella forma.
The Mente
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Per questo motivo per i pizzaioli napoletani è as-
solutamente inconcepibile il fatto di cucinare la
pizza in un forno che non sia a legna perché, così
facendo, il risultato finale non sarebbe neanche
lontanamente paragonabile dal capolavoro deriva-
to dalla cottura nel forno a legna.
Studi recenti riguardanti il consumo della pizza
nel mondo hanno potuto affermare che la classi-
fica è guidata dagli Stati Uniti e dall‟Italia, ma
un notevole incremento nel consumo di questo
alimento si è potuto notare nei Paesi dell‟Est co-
me Ucraina, Romania, Cina e India.
La pizza è un alimento ormai largamente consu-
mato in tutto il
mondo e grazie al
fenomeno della glo-
balizzazione la si
può mangiare ovun-
que, ma, ovviamen-
te, non sarà mai
buona quanto in Italia; per questo dobbiamo sen-
tirci orgogliosi di essere gli inventori di una pie-
tanza così famosa e apprezzata in tutto il mondo.
Irene Patelli, IIIPB
The Mente
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Integrazione Quando ero piccola (ma anche adesso),
qualcuno mi chiedeva sempre se preferissi
l'Italia o la Serbia, il mio Paese d'origine.
Io non rispondevo, ma riflettevo sulla do-
manda. Se avessi dovuto scegliere fra qui e
lì, cosa avrei scelto? La Serbia è la mia pa-
tria, casa mia è lì, i miei parenti sono lì. In
Italia, però ho molti amici e mi sento al mio
posto.
Quando penso al mio futuro me lo immagino
un po' in Italia e un po' in Serbia, ed è per
questo che mi sento integrata.
Marina Nikolic’
Mi sento integrata.
Perché ormai la mia famiglia ,
i miei amici sono qui e se dovessi scegliere
tra stare qui in Italia o tornare in India, credo che sia
ovvio che sceglierei l'Italia,
perché non penso che riuscirei più ad abituarmi agli usi
e ai costumi del mio paese d‟origine.
Dell'Italia mi piacciono la neve, l'uguaglianza tra uomo
e donna, la pizza. Mi piacciono anche i bei paesaggi che
amo fotografare.
Kancha Devi
Io mi sento… abbastanza integrata. Beh… io sono nata qui, quindi è stato più facile per me che per molti altri che invece hanno dovuto imparare la lingua. Infatti può capitare che i nuovi arrivati vengano presi in giro dai compagni in quanto nuovi, ma questo è più presente nelle scuole medie e elementari e quasi mai in quelle superiori. Nel mio
caso all'inizio non è stato molto facile andare d'accordo con i compagni a causa delle continue offese, ma poi sono riuscita a farmi degli amici che hanno voluto accettarmi come amica guardando il mio carattere e non il mio aspetto fisico. Arrivando alle superiori le offese sono finite del tutto e così ho saputo integrarmi meglio perché finalmente
ho conosciuto gente che mi accetta per come sono.
Jasmine Kita
UOMO DI COLORE
Quando hai caldo sei rosso;
quando hai freddo sei blu;
quando sei spaventato sei bianco;
quando stai male sei giallo;
quando sei imbarazzato sei rosa;
quando ti manca il respiro sei viola.
Quando ho caldo sono nero:
quando ho freddo sono nero;
quando sono spaventato sono nero;
quando sto male sono nero;
quando sono imbarazzato sono nero;
quando mi manca il respiro sono nero.
Allora, perché mi chiami uomo di colore?
Belen Apolo
27
Integrazione
Per rimanere in tema con l‟integrazione ci siamo
chieste: e noi? Come vediamo gli stranieri che ar-
rivano in Italia e, nel nostro piccolo, nella nostra
classe? Per questo motivo abbiamo deciso di fare
un sondaggio nelle classi dove da poco è arrivato
uno studente straniero. Le domande erano poche
ma dirette; alcuni risultati erano prevedibili, altri
ci hanno un po‟ stupito. La pri-
ma domanda che abbiamo po-
sto è stata “eri contento alla
notizia del suo arrivo?” la
maggioranza, con il 46% ha
barrato la casella INDIFFE-
RENTE, il 40% SI e il 13,5%
NO.
Sono stati molto apprezzati i
risultati delle risposte alla
domanda che chiedeva “In ba-
se a cosa lo giudichi?” infatti, da quanto emerso,
nessuno giudica dal paese di provenienza o
dall‟abbigliamento; il 25% dal primo impatto e la
stragrande maggioranza, con il 75%, dichiara di
non poter giudicare una persona senza prima a-
verla conosciuta. Quasi l‟80% afferma di non ave-
re problemi con la diversa lingua, solo il 7% lo ri-
tiene un problema mentre il 10% si affida alla ca-
pacità potersi capire senza necessariamente par-
lare. Siamo state molto contente di vedere che
alla domanda ”Se la ragazza nuova fosse stata i-
taliana l‟avresti accolta diversamente?” il 54% ha
risposto “no, una persona è una persona sia essa
italiana o straniera”, il 15% avrebbe reagito di-
versamente e il 30% afferma che la sua reazione
è dovuta principalmente al problema della lingua.
Una domanda che ha diviso a metà gli studenti
sottoposti al sondaggio è stata “Hai mai provato a
metterti nei panni di uno studente straniero?” il
54%, infatti, ha risposto SI mentre il 46% NO.
L‟ultima domanda del questionario era a risposta
aperta: “Scrivi una qualsiasi considerazione sull‟
argomento”. Una buona parte delle risposte
(35%) erano “Utile”, “Interessante” o “Buona ini-
ziativa”. Una sola, delle ventisei risposte, era
“Argomento brutto, dispiacere!” e due persone
hanno scritto di dover insegnare l‟italiano prima
di inserire stranieri in classe. Moltissimi erano
contenti per la nuova arrivata, per la nuova amici-
zia o l‟esperienza. Una ri-
sposta in particolare ha at-
tirato la nostra attenzione:
“Anche noi un giorno po-
tremmo trasferirci in un al-
tro Stato, e quindi bisogne-
rebbe rispettare le persone
provengono da un Paese di-
verso dal nostro.”
Tra chi sta leggendo, molti
saranno sicuramente stra-
nieri, alcuni venuti in Italia in età scolare e capi-
ranno il senso di questa frase, perché chi vive in
Italia da sempre non può capire cosa si prova a
stare tra persone che non si capiscono. Speriamo
che tutti i ragazzi abbiano risposto onestamente,
anche perché il sondaggio era assolutamente ano-
nimo, e se lo hanno fatto ne siamo molto felici
perché la maggior parte ha dimostrato di non a-
vere pregiudizi nei confronti di questi ragazzi e
crediamo che sia una cosa molto positiva per tut-
ti, sia per noi che per loro, perché, in questo mo-
do non si creano attriti fra le persone e si riesce
a convivere meglio.
Esorteremmo tutti quelli che leggono a lasciare
da parte le differenze sociali, culturali ed esteti-
che e divertirsi insieme, perché non è importante
sapere dove, come e quando è nata la persona che
si ha davanti, ma il suo modo di prendere la vita e
le differenze non fanno altro che dare valore
all‟essere se stessi.
Irene Patelli, IIIPB, & Marina Nikolic’ IIB
28
Integrazione
La presenza regolare dei cittadini stranieri in Ita-
lia si aggira attorno ai 5 milioni: crescenti la pre-
senza di famiglie (2 milioni quelle con almeno un
membro straniero), il numero dei minori
(993.238), l’incidenza sulla popolazione residente
(7,5%) e quella sulla forza lavoro (oltre il 10%), il
numero degli occupati (oltre 2 milioni) e quello dei
titolari d‟impresa (228.540). A questo numero bi-
sogna poi aggiungere il numeroso esercito dei clan-
destini cioè di quelli che lo Stato non è stato in
grado di individuare e di conseguenza regolarizza-
re. Esercito che trova rifugio e sussistenza nel
lavoro sommerso e nella delinquenza comune.
L‟immigrazione infatti porta con sé diversi e gravi
problemi perché, se è vero che gli immigrati ven-
gono a colmare l‟assenza di personale in certe at-
tività a cui non sono più dediti gli italiani, è altret-
tanto vero che comporta problemi sociali di note-
vole portata.
Tante sono le conseguenze lamentate: più disoccu-
pazione, più criminalità, più spesa pubblica, meno
conservazione delle tradizioni e usanze locali e più
compagni scolastici stranieri. In questa realtà è
fondamentale la tanto sospirata integrazione ov-
vero la civile, felice e tranquilla convivenza tra
genti diverse. Accettare di integrarsi è una scel-
ta. Ma come favorire l‟integrazione? Ed è accetta-
ta da ambo le parti? Nella scuola prevale lo spirito
di tolleranza. La scuola, in particolare il nostro I-
stituto, è un esempio perfetto di luogo pubblico in
cui ragazzi e ragazze di ogni provenienza riescono
a stare bene insieme. Tanti sono i paesi di prove-
nienza, tante sono le lingue e tanti sono gli immi-
grati che frequentano la nostra scuola. Ogni ra-
gazzo ha una storia da raccontare e, credo, un
compagno a cui raccontarla. Non solo i ragazzi pe-
rò hanno qualcosa di interessante da dire in meri-
to: anche chi si occupa di loro, come la professo-
ressa Agosti, insegnante di lettere e storia e re-
ferente della commissione d‟accoglienza nel nostro
Istituto.
In rappresentanza degli studenti immigrati ab-
biamo intervistato Edlira Korri, una ragazza alba-
nese arrivata in Italia il 29 agosto di questo anno,
ma già con idee molto chiare.
Cominciamo con la prof.ssa Agosti Da quanti anni e a quanti ragazzi insegna? Insegno al Romagnosi da 25 anni, ma sono laureata
dal 1977 e insegno in 4 classi.
Cosa significa essere il referente della commis-sione d’accoglienza? Coordino un gruppo di docenti, sette in tutto, di
varie materie che si occupano dell‟inserimento nel
nostro Istituto di stranieri neo-arrivati, ma anche
di una serie di iniziative che riguardano ragazzi
stranieri di recente immigrazione.
Quali sono i criteri che usate per valutare un ragazzo neo-arrivato che vuole frequentare la nostra scuola? La commissione opera seguendo il protocollo
d‟accoglienza presente nel POF (Piano di Offerta
Formativa) del nostro Istituto. Quando arriva un
alunno straniero neo-arrivato, anche durante
l‟anno scolastico, vengo avvisata e riunisco la com-
missione d‟accoglienza. Si parte da un colloquio,
che non è un esame. Se il ragazzo non sa la lingua
contattiamo un alunno della nostra scuola che si
presti a fare da interprete. Questo colloquio mira
a capire innanzitutto se il ragazzo è consapevole
dell‟indirizzo di studi proposto nel nostro Istituto,
poi valutiamo gli anni e le materie di studio pre-
gressi. Viene verificata a grandi linee la prepara-
zione in matematica e nelle lingue straniere e sulla
base di questo la commissione d‟accoglienza deci-
de la classe in cui verrà messo il ragazzo. Tutti gli
alunni che hanno svolto otto anni di studi vanno
direttamente in prima. Il problema sorge per chi
ha più di otto anni di studi. Per esperienza so che
difficilmente arrivano alunni che nel loro paese
hanno fatto lo stesso percorso di studio, quindi
generalmente vengono inseriti nella classe terza
perché da qui inizia un corso di studi specifico.
29
Integrazione
Che facilitazioni ha un alunno straniero che è in Italia da meno di tre anni e che viene a scuola qui? Il Consiglio della classe in cui viene posto deve
predisporre un piano educativo
personalizzato che consente all‟alunno di inserirsi
gradualmente e di mettersi alla pari della classe e
di recuperare eventuali carenze. Questo piano
transitorio vale per il primo e il secondo anno di
ingresso. Lo scoglio più grosso che i ragazzi stra-
nieri hanno è imparare la lingua di studio. Per que-
sto viene messo a disposizione per loro un corso
di alfabetizzazione di italiano L2 (seconda lingua)
durante l‟orario scolastico ed eventualmente la
scuola attiva dei corsi di sostegno disciplinari.
Il suo impegno sociale verso i ragazzi stranieri prosegue anche fuori dalla scuola? No, perché il lavoro di insegnante è un lavoro a
tempo pieno. Inoltre ho una famiglia e partecipo
alle attività dell‟Associazione culturale degli Ami-
ci del Romagnosi.
Secondo lei un immigrato appena arrivato in I-talia ammesso alla classe terza è più preparato di uno studente bocciato in seconda? Perché? Non posso rispondere “sì” o “no”. La domanda è
complessa. Se un alunno viene bocciato in seconda
è perché i suoi insegnanti ritengono che non abbia
le competenze necessarie per arrivare in terza.
Un alunno straniero viene inserito in terza perché
la commissione d‟accoglienza ritiene che abbia i
requisiti necessari per andare in terza. La doman-
da non può avere una risposta secca.
Ha notato differenze tra le varie etnie di pro-venienza? Gli alunni dell‟est Europa generalmente parlano
bene l‟inglese, mentre i ragazzi sud-americani so-
no scarsamente preparati su questa lingua. La
preparazione dei ragazzi però dipende più dal tipo
di scuola, ad esempio se privata o pubblica, che
hanno frequentato che dal
paese di provenienza. E comunque
se uno è stato un bravo alunno nel suo
paese tende a esselo anche nella nuova
realtà scolastica.
Intervista ad Edlira
Perché sei venuta in Italia? Per studiare e lavorare. In Albania se finisci la
scuola non trovi lavoro mentre in Italia spero che
sia più semplice.
Quali sono le principali differenze tra le scuole albanesi e quelle italiane? In Italia i professori spiegano mentre in Albania
sono gli alunni che devono spiegare la lezione.
Dato che sei in Italia da poco sei trattata con più riguardo: hai agevolazioni, corsi di italiano e un programma differenziato. Piacere o imba-razzo? Per me non è un imbarazzo, ma neanche un piace-
re.
Quali sono i tuoi progetti? Prevedi un ritorno in Albania o vedi la tua patria come un’esperienza passata? Prevedo di stare in Italia per lavorare, ma ritor-
nerei in Albania durante le vacanze.
Quali difficoltà hai trovato nell'integrarti con i giovani italiani? Non ho trovato problemi d‟integrazione, solo la
lingua è un pò difficile.
Se tu ne avessi il potere, cosa cambieresti del tuo paese? Tutto. Non mi piace la mentalità che c‟è là: le per-
sone sono molto chiuse, in particolare nei villaggi.
Anche dalle parole delle nostre intervistate e-
merge la complessità del problema le cui soluzioni
non sono certamente semplici, ma ognuno può da-
re il suo contributo.
Francesca Carini, IIIA
Edlira
Prof.Agosti
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Viviamo in una società piena di persone "diverse" per la lin-
gua che parlano o la religione che professano. Facciamo par-
te di una società multietnica.
L‟obiettivo che ogni stato dovrebbe auspicare di raggiungere
oggi è quello di favorire l'integrazione tra le persone, ma
purtroppo ci troviamo su tre strade nettamente divise: da
una parte ci sono gli italiani che hanno "timore" degli stranie-
ri o comunque che cercano di non dar loro troppa confidenza;
dall'altra ci sono gli stranieri che non vogliono
"occidentalizzarsi" perché vogliono mantenere i loro usi, i loro costumi e la loro cultura e infine l'ul-
tima parte è occupata da noi giovani di seconda generazione, perfettamente integrati nella società,
che non sanno da che parte schierarsi.
Essendo noi nati qui o residenti in questo paese da tanti anni, abbiamo acquisito gli usi e i costumi
della società in cui viviamo, ma i nostri compaesani preferirebbero che mantenessimo la cultura del
nostro paese d'origine e quindi cercano in qualche modo di allontanarci dalla realtà italiana.
Raffaele Oriani ha scritto un articolo su "Io Donna" dove racconta i punti di vista di alcune ragazze
musulmane che pur portando il velo si sentono emancipate ed integrate. Una delle ragazze intervi-
state afferma che il velo per lei non è un peso, ma una responsabilità che la riguarda. Questo può te-
stimoniare il fatto che il velo in alcuni casi è una scelta; ma per alcune non lo è affatto, è un obbligo.
Io, pur essendo musulmana, rimango dell'idea che l'abito non fa il monaco; una persona buona che non
pecca gravemente è migliore rispetto ad un'altra che nonostante indossi un velo commette falli peg-
giori.
Mi trovo bene in questo paese, ma l'unico errore che alcune persone commettono involontariamente
è quando affermano "siamo tutti uguali". Io penso che non sia per niente vero, anzi siamo tutti diver-
si e questa cosa va puntualizzata perché la diversità, secondo me, deve essere valorizzata.
Noi giovani soprattutto dobbiamo farci riconoscere per quello che siamo senza rinnegare le nostre
origini. E' bello essere figli di due culture diverse ed è anche bello confrontarle, trovando i punti in
comune.
Fatimata Bance, IIIcoC
Integrazione
Un film: Miracolo a Le Havre. Stanchi di pulp e di trash? Volete, già che è Natale, assistere ad un film col sor-
riso sulle labbra? Un film a lieto fine dove tutti, ma proprio tutti sono buoni?
“Miracolo a Le Havre” del rinomato regista scandinavo Aki Kaurismaki è quello
che fa per voi. E‟ una specie di fiaba ambientata in uno dei quartieri più poveri di
Le Havre; basti sapere che il protagonista è di mestiere un lustrascarpe. Proprio
qui verrà accolto e protetto un ragazzino di colore. Un clandestino. E tutti si
danno gran daffare per aiutarlo a realizzare il suo sogno. Da qui scaturiranno mi-
racoli veri e propri. Come dire: la tua felicità la troverai solo se ti impegnerai
per la felicità altrui.
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Troppe persone si lamentano di come va il mondo. Che sia un periodo di crisi è indiscutibile: chi più
chi meno, tutti lo viviamo in prima persona.
Evitiamo di entrare in discussioni politiche su chi sia meglio o peggio, chi ha fatto sprofondare il no-
stro Paese: bisogna cominciare a guardare cosa possiamo fare nel nostro piccolo. È necessario che
tutti comincino a muoversi, ad essere attivi già nelle piccole realtà, per riuscire un giorno, magari,
ad arrivare a smuovere concretamente il mondo.
C‟è un esempio che ci tocca da vicino. Quest‟anno alle elezioni dei rappresentanti d‟ Istituto molti
studenti della nostra scuola hanno lasciato la scheda bianca; alcuni hanno anche aggiunto una dicitura
molto significativa e cioè che non si sentivano rappresentati da nessuno di coloro che si erano candi-
dati. Ecco, questo dovrebbe far riflettere tutti, ma soprattutto dovrebbe far sperare ognuno di noi
che chi ha scritto ciò, senza naturalmente giudicare la scelta, perché ognuno è libero di esprimere la
propria opinione, l‟anno prossimo presenterà una propria lista per poter migliorare la realtà in cui si
trova.
Già da oggi noi ci stiamo giocando il nostro futuro, già da oggi dobbiamo farci sentire e se c’è qual-
cosa che non va, che non ci piace, non basta lamentarci; le lamentele spesso non portano da nessuna
parte: è necessario agire. La scuola stessa ci dà la possibilità di farlo: perché rinunciare alla possibi-
lità di migliorare qualcosa che secondo noi non va bene?
Se credete che queste siano cose di poco conto, allora proviamo a prendere spunto da giovani non
lontani da noi. Ragazzi che invece di lamentarsi perché non trovavano lavoro, si sono rimboccati le
maniche e hanno deciso di essere padroni del proprio futuro e provandoci sono riusciti, con un po‟ di
fortuna e creatività, a rendere reale ciò che era semplicemente un‟idea.
«Esperienza e conoscenza, due parole fondamentali per la creatività. La creatività ha sempre i piedi
nella storia perché nasce dalla messa in discussione di un presente che non piace, che non funziona».
Dalle parole di Enzo Mari , uno dei maggiori designer italiani, comincia il nostro breve itinerario per
scoprire i nomi di coloro che si sono messi in discussione.
Marco De Rossi ha 21 anni e per imparare ad usare Photoshop all‟età di 14 ha cominciato a chiedere
lezioni su internet offrendo, in cambio, lezioni per imparare ad usare Linux. Ha così ideato Oilpro-
ject che è una scuola virtuale gratuita che conta a oggi oltre 10 mila iscritti.
Prendiamo anche l‟esempio di Niccolò Ferragamo, 20 anni. A lui l‟idea è venuta organizzando una par-
tita di calcetto con gli amici: gli mancava il quinto uomo per giocare e ha pensato che sarebbe stato
utile avere sul telefono un‟applicazione per trovare a pochi metri una risposta a tutto ciò che si cer-
ca. Questa applicazione da lui inventata si chiama Kiwi (www.kiwi.it). Grazie alla geolocalizzazione
mette in contatto gli utenti di Kiwi che si trovano in luoghi vicini. L‟applicazione ha lo scopo di aggre-
gare virtualmente le persone per favorire incontri reali. Grazie a questa idea, Niccolò ha ricevuto
150 mila euro di finanziamento.
Questi sono solo due esempi dei numerosi giovani che con la loro creatività si sono messi in gioco.
Provare non costa nulla, bisogna solo prendere coraggio e cercare di migliorare il proprio futuro.
Alessia Romagnoli, VPA
The Mente
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Ho tante meraviglie per la testa che sono ideali per il mio benessere. Il primo è quello più assurdo :
stare sulla luna e guardare la terra, toccare le stelle senza bruciarmi. Oppure mi divertirei davvero
tanto se avessi un obiettivo 300 zoom, con cui poter fotografare le espressioni delle persone.
Ma in questo momento sceglierei di trovarmi su una collina verde, piena di fiori, vicino alla mia mi-
gliore amica o anche da sola a guardare il sole che se ne va, salutare le ultime scintille del giorno,
ridere e stare in silenzio.
Il mio benessere è stare nel bosco , sdraiata per terra ad ascoltare il silenzio, il mormorio delle fo-
glie, i canti dei uccelli, la saggezza degli alberi. Stare in silenzio e lasciar vagare la fantasia. Il mio
vero benessere sarebbe però là , dove tutto è iniziato: vicino alla stufa della nonna ad ascoltare le
storie che ci raccontava il nonno da piccoli, noi che eravamo in sei, con gli occhi spalancati rivolti
verso di lui alla ricerca di quel mondo che lui creava con le parole. Stare lì, ascoltare le sue storie
all‟infinito, anche se a volte inventate, e la radio che faceva da sfondo.
Il bello era che a Natale tutta la famiglia si radunava insieme vicino alla stufa nella casa piccola e
calda dei nonni. I volti erano tutti così sorridenti che si sentiva la dolcezza del Natale. Fuori nevi-
cava: ricordo ancora la neve alta un metro e i meno venticinque gradi.
Questi eventi non si dimenticano, e sono proprio in quelli che trovo il mio benessere, il silenzio, la
tranquillità, la felicità che mi fa volare. Queste sono briciole del passato che ormai si sciolgono. Ci
vogliono altri star bene, come per esempio stare davanti a un cielo infinito, buio, nero e vedere una
stella cadente, esprimere un desiderio e poi realizzare che niente desideri al mondo più che un sor-
riso.
Rodica Oprea, IIICoC
Il mio sogno è privo di odio e di rancore ed è composto di dolci parole;
non c‟è traccia di malinconia, ma è colmo di gioia e tanta allegria;
non fa spazio ai bugiardi e agli imbroglioni, ma bensì ai giusti e ai buoni;
non galleggia nel lusso o nel denaro, ma ospita ogni mio amore più caro.
Kisla Suku, IIICo C
The Mente
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La marcia per la pace Perugia - Assisi nasce nel 1961 da un‟idea del filosofo della non violenza
Aldo Capitini, che in seguito fondò il Movimento Nonviolento. Divenne il simbolo dell‟opposizione
contro tutte le guerre.
Anche quest‟anno sono stati migliaia i giovani, e non solo, che in segno di protesta e indignazione
si sono messi in marcia dai Giardini dei Frontoni di Perugia sino alla Rocca Maggiore di Assisi,
sperando con il loro gesto di dare un nuovo impulso alla battaglia per i diritti umani.
Così il 25 settembre la Perugia – Assisi, nell‟anno del suo cinquantesimo compleanno, si è snodata
lungo un percorso di ben 24 Km attraverso il territorio umbro, sotto la bandiera della pace e in
memoria del tema della prima marcia: la pace e la fratellanza tra i popoli. Ma tra tutti, il tema
più sentito è stato sicuramente quello contro l‟acquisto degli F35, cacciabombardieri che il no-
stro paese vorrebbe acquistare in un futuro
non tanto lontano.
Una giornata intensa, un percorso accompa-
gnato da un caldo sole, ma la voglia di fare
qualcosa di concreto era più forte.
Spesso sentiamo dire che i giovani non hanno
voglia di fare niente, che sono dei bamboccioni
e queste parole fanno male. La marcia è la di-
mostrazione concreta che invece sono tanti i
ragazzi che hanno deciso di impegnarsi per
portare avanti ideali solidi e costruire un futu-
ro migliore.
Le parole di Capitini: <<La marcia crea onde che vanno lontano>>, sono state lo sprone che ci fa-
ceva continuare nonostante la fatica e per quel giorno eravamo tutti uguali, nessuna differenza,
eravamo tutti fratelli. E comunque la parte “faticosa” della marcia non era percorrere quei 24
Km, bensì fare in modo che il messaggio di pace di quel 25 settembre non rimanesse qualcosa di
astratto.
La difficoltà maggiore è continuare a impegnarsi, giorno dopo giorno, continuare a propagare il
messaggio di pace di quelle onde.
Perché è bello marciare insieme per uno stesso ideale, ma l‟impegno non può essere solo una vol-
ta l‟anno, deve continuare anche per gli altri 364 giorni: sono i piccoli passi che possono portarci
lontano.
Rebecca Bettera, VPA
The Mente
34
Cosa vi viene in mente se vi dico la parola Pul-
cheria? Probabilmente niente, o probabilmente
poco.
Pulcheria è una manifestazione che si tiene a
Piacenza da ben tre anni e che attira, oltre ad
un pubblico sempre numeroso, anche personaggi
di spicco, soprattutto
donne. Gli argomenti
dei dibattiti, infatti,
sono per lo più a stampo
rosa: nelle edizioni pre-
cedenti si è parlato di
“Parole, storie e sguar-
di di donne” mentre
quest‟anno il tema por-
tante è stato “Nel tem-
po delle donne”.
Ma facciamo un passo
indietro: chi era Pul-
cheria? No, non è un
nome inventato, anzi,
questa qua non era mica una tipa qualunque! Si
tratta infatti di un‟imperatrice bizantina, ricor-
data specialmente per la sua vigorosa personali-
tà ed il suo contrastato modo di governare. In
arte, questa donna è raffigurata come impera-
trice con corona e giglio come attributi.
Dall‟otto al trenta ottobre 2011, ogni sabato se-
ra presso la sala conferenze di Palazzo Gotico
alcune tra le più importanti esponenti del gentil
sesso, tra cui Ada Celico, Dacia Maraini, Cristi-
na Dalai e Giorgia Bronzini si sono succedute
per parlare dell‟essere donne oggi attraverso le
loro esperienze.
Sabato quindici ottobre è toccato a Carla Si-
gnoris, attrice, comica, conduttrice televisiva e
scrittrice, moglie del comico Maurizio Crozza.
Nata a Genova , iniziò gli studi universitari fre-
quentando la facoltà di Architettura e contem-
poraneamente si iscrisse
alla scuola di recitazione
del Teatro Stabile di Ge-
nova, non tanto per diven-
tare quella che è oggi, ma
per combattere la timi-
dezza ed essere più sicu-
ra di sé stessa.
A Pulcheria ha presenta-
to il suo nuovo libro
“Meglio vedove che mal
accompagnate”, un esila-
rante romanzo con prota-
goniste cinque donne di-
verse, con cinque storie
sentimentali fallimentari e cinque compagni sba-
gliati di cui sbarazzarsi al più presto.
Uno scritto leggero, realistico, a volte un po‟ so-
pra le righe ma riguardante temi ed avvenimenti
ricorrenti nelle coppie sposate da molti anni.
Ora che il Natale si avvicina, se siete in crisi e
non riuscite a trovare il regalo giusto per la vo-
stra mamma, tenete questo libro in considera-
zione...non sarà un regalone, ma le risate sono
assicurate!
Viola Sturaro, V Co. A
The Mente
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Tutti sappiamo come il Natale viene trascorso qui in Italia… ma ci siamo mai
chiesti come viene celebrato in tutto il resto del mondo? Non sarebbe una
brutta idea imparare a conoscere come sono soliti festeggiare questo giorno
dell‟anno altri Paesi.
In Messico la tradizione vuole che i giorni prima del Natale vengano rappre-
sentati con “las posadas”. Durante questo periodo un corteo di persone se-
guono Giuseppe e Maria, interpretati da due bambini o da statue portate da
quest‟ ultimi, che domandano “posada”, cioè ospitalità alle case preseleziona-
te per questa occasione. Dopo aver pregato tutti insieme, la famiglia ospitan-
te offre dolci e bevande, però durante il cammino, prima di raggiungere la
loro dimora, verranno rifiutati da altre case.
In Polonia i bambini spiano ansiosamente il cielo per scorgere la prima stella e solo allora potranno
sedersi a tavola e iniziare i festeggiamenti. Prima di cominciare a mangiare, ad ogni persona, viene
offerta una fetta di pane azzimo, chiamato "opplatek", raffigurante le immagini di Maria,Giuseppe e
di Gesù Bambino. La tavola é sempre giocondamente apparecchiata. Sotto la tovaglia c'é sempre uno
strato di paglia per ricordare a tutti che Gesù é nato in una stalla.
In Francia i bambini mettono sul focolare scarpe perché Gesù Bambino vi deponga i doni e appenda
dolci e frutti all‟ albero di Natale. Gli adulti, invece, si scambiano i regali a Capodanno. Terminato il
cenone della vigilia, la tavola si lascia apparecchiata per l‟arrivo di Maria. Il dolce tipico è una torta
che richiama la forma del ceppo che viene acceso per riscaldare Gesù.
In Germania la preparazione dura i 24 giorni che precedono il Natale, l'Avvento che significa
"venuta", la venuta in terra di Gesù. I bambini ricevono il calendario dell'Avvento, con 24 finestrelle:
ne aprono una ogni sera, scoprendo le figure nascoste In alcune famiglie si costruisce una grande co-
rona di rami di abete intrecciati, che regge quattro candele. Ogni domenica di Avvento se ne accende
una, finché il giorno della nascita di Gesù le quattro candele brilleranno tutte insieme.
Negli Stati Uniti d'America le tradizioni per festeggiare il Natale variano da zona a zona per via del-
la sua natura multi-culturale. Il tradizionale albero di New York del Rockfeller Center, è il simbolo
del Natale americano. Santa Claus, il Babbo Natale con le sembianze che conosciamo noi, è nato pro-
prio negli Stati Uniti nel 1860. Le case americane sono addobbate con agrifoglio, vischio, rami di al-
beri e anche con festoni di popcorn e caramelle.
In Gran Bretagna i bambini appendono una calza che nella notte Father Christmas riempirà di merita-
ti regali e i piccoli, per ringraziarlo, prima di andare a dormire gli lasciano un bicchiere di latte e un
dolce (mince pie). Anche la renna Rudolph viene ricompensata con una carota. In Inghilterra interi
gruppi di famiglie passano di casa in casa cantando canzoni di Natale, ricevendo in cambio dolci e be-
vande.
Il Natale è per tutti un periodo di festa e di gioia, un periodo in cui si ha la possibilità di stare tutti
insieme e sentire il calore della famiglia. E‟ serenità, tranquillità, è sentirsi accettati, capiti e amati.
Dobbiamo anche pensare, però, alle persone meno fortunate che non hanno le possibilità di festeg-
giarlo perché vivono in condizioni disagiate o in particolari situazioni sia economiche che famigliari.E‟
chiaro che il Natale è davvero Natale solo se lo è PER TUTTI.
Irene Patelli, Giulia Perretta & Laura Strozzi, IIIPB
The Mente
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Tutti siamo stati o siamo ancora studenti e bene o male almeno una volta
nella vita ci capita di andare in biblioteca, in alcuni casi per ripararci dal
freddo, in altri invece per studiare.
Io vado spesso in biblioteca anzi posso dire che gli ultimi mesi prima di di-
plomarmi sono vissuto lì e ho avuto modo di esplorarne in profondità ogni
angolino.
Ed ecco che in una di queste esplorazioni ho trovato un segnalibro, ovvero
un tesoro.
Al volo, senza prestare molta attenzione l‟ho inserito tra le mie cose e non a caso nel libro di Eco-
nomia Aziendale, che forse era la materia che temevo di più in vista degli esami.
Il giorno dopo, prima di iniziare la riclassificazione dello stato patrimoniale , è saltato fuori il fa-
moso segnalibro: una faccina sorridente in alto, un arcobaleno in basso e al centro la scritta
“bastano 2 ore del tuo tempo alla settimana” firmato A.V.O (Associazione Volontari Ospedalieri),
che userò come fonte d‟ispirazione per la mia tesina sulle Non Profit Organisations (ONG).
E‟ un‟associazione di volontari che dedicano parte del loro tempo al servizio gratuito dei mala-
ti ospedalizzati e degli ospiti nelle case di riposo.
Ho preso sul serio il messaggio riportato sul segnalibro e subito sono andato ad informarmi dopodi-
ché ho partecipato al corso di formazione per volontari ospedalieri e visto che l‟età lo permetteva
ho iniziato a far parte anche dell‟ AVO GIOVANI.
Il volontariato come ho già detto è a titolo gratuito, ma sono riuscito ad avere dei crediti (bastano
20 ore di attività nell’associazione per ottenerli) ,ma soprattutto ho capito che nella nostra Vita è
indispensabile e credo che sia giusto chiamarlo dovere morale; e poi da giovane prestando questo
tipo di servizio i vantaggi aumentano ancora di più.
Personalmente sento di essermi arricchito dentro e ho imparato ad essere più flessibile con chi ho
davanti. Ritornando ai banchi di scuola mi viene in mente una delle tracce della prova d‟Italiano e
per precisione della tipologia D “Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti” è questa la profezia
del visionario artista Andy Warhol pittore ed esponente della pop art americana.
Mi sento di contraddire il suo detto affermando che con AVO sono famoso invece per almeno 2 ore
alla settimana per piccole cose, sapendo di aver regalato un sorriso e di conseguenza aver ricevuto
lo stesso. Così torno contento a casa nutrendomi di quell‟ attimo di gioia fino al prossimo incontro
con un altro paziente.
E per quanto riguarda le (ONG) con particolare attenzione all‟AVO mi viene naturale citare una fra-
se del grande Luigi Pintor che riassume l‟opera di ciascun volontario AVO e non solo: “Non c‟è in
un‟intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa
rialzarsi”
A tutti voi in bocca al lupo per l‟anno nuovo e un caloroso benvenuto in anticipo al nuovo corso di
formazione per volontari ospedalieri che inizierà il 21 febbraio 2012.
Info: www.avopiacenza.it, www.federavo.it, www.avogiovani.it
N.B. In ospedale c‟è sempre chi ti aspetta e si ricorda di te. Regala un sorriso!
Buon Natale!!!
Con affetto Nicolae
The Mente
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Nel nostro corso di studio, il progetto E.r.i.c.a, è presente una materia di cui non si parla spesso e
che molti sottovalutano. Stiamo parlando di Storia dell‟Arte, insegnata dal docente Dario Baia, che
da subito è riuscito a farci amare la materia e a rendere estremamente piacevoli ed interessanti
le ore di lezione con lui. Abbiamo quindi deciso di fargli alcune domande per toglierci qualche curio-
sità!
1) Come ci si sente ad essere l’unico prof di Storia dell’Arte
dell’Istituto?
Non ci si sente in nessun modo particolare. Storia dell‟arte non è una ma-
teria presente in tutti gli Istituti, le ore non sono tante, per cui non penso
ci debbano essere tanti professori.
2) Secondo lei, la sua materia dovrebbe trovare più spazio?
Sì, decisamente sì. La mia è una materia umanistica, per cui entra a far
parte del bagaglio culturale di una persona, aiuta la sua formazione. Purtroppo negli ultimi anni le
materie umanistiche sono letteralmente cadute in disarmo. E poi, se ci fossero più ore entrerei di
ruolo!
3) Oltre alla sua professione di architetto, come mai ha deciso di intraprendere la carriera
scolastica?
Per passione. Il rapporto con gli studenti è l‟unica cosa che vale ancora la pena nel mondo della
scuola.
4) Lei ha un rapporto scherzoso e confidenziale con gli alunni. Le è mai capitato di avere
problemi in classe? Hai mai ricevuto critiche per il suo modo di porsi agli alunni?
Sì, mi è capitato di ricevere delle critiche. E‟ ovvio che i problemi ci possono essere, così come le
critiche o magari le voci, ma chissenefrega. Poi tendenzialmente io sono uno che sta dalla parte de-
gli alunni, quindi…
5) Una cosa che le piace della scuola e una che invece detesta.
Mi piace il caffè delle macchinette! No, seriamente, della scuola mi piace un po‟ tutto, anche per-
ché mi diverto come un matto. Mi piace credere di fare qualcosa di utile e se possibile lasciare un
piccolo segno nella formazione di una persona.
Non mi piace, invece, la maleducazione che a volte c‟è negli alunni ed eventualmente anche nei colle-
ghi.
Detesto il caffè delle macchinette!
Viola Sturaro & Cristina Sartori, V Co. A
The Mente
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In questi ultimi anni padre Luigi era alla guida del centro educativo “El Cenaculo” in
Ecuador. Una scuola speciale per aiutare i bambini in difficoltà dando loro la possibili-
tà di studiare e ricevere un‟educazione.
La guida del centro è stata affidata ad un altro padre Somasco mentre padre Luigi è
stato inviato in Colombia, a Tunja, dove continuerà la sua opera di aiutare chi più ha
bisogno.
Il centro di accoglienza Hogar S. Jeronimo di Tunja accoglie 30 bambini, con situazio-
ni familiari disastrose, che vengono seguiti in attività pomeridiane post-scolastiche,
allontanandoli dalla strada.
I vari progetti del centro includono ampliamento della struttura, attrezzature scola-
stiche e laboratori di cucito per coinvolgere le madri affinché imparino un lavoro e
possano seguire più da vicino i propri figli.
Questo progetto ha permesso ai bambini di trovare nel centro un luogo sicuro dove
studiare e contemporaneamente stare con le loro mamme, che a loro volta hanno avu-
to la possibilità di lavorare grazie alla donazione di diverse macchine da cucire.
La nuova “missione” è la costruzione di un secondo piano del centro educativo, creando
una stanza abbastanza grande per dare maggiore spazio e possibilità ad altre madri di
lavorare e naturalmente aiutarne anche i figli. Un luogo dove sia possibile riallacciare i
rapporti madre-figlio che rischiano di essere spezzati dalle condizioni economico-
sociali di queste famiglie.
Questa iniziativa richiede l‟aiuto di tutti quanti noi. Ogni anno il Romagnosi ha contri-
buito ad aiutare Padre Luigi nella sua missione e spero che quest‟anno non sia da meno.
Per questo vi aspetto sabato 17 dicembre, durante l‟intervallo, alla ormai famosa e
meravigliosa “RICREAZIONE DELLE TORTE”!!!
Ricchi premi ai primi 3 classificati secondo l’insindacabile
giudizio di:
Barbara Garlaschelli;
Girolamo Lacquaniti;
Maurizio Matrone;
Rosella Tiadina
The Mente
39
CONCORSO LETTERARIO (PAGINE
DI VITA)
Scrivi un testo che parli di te
(lunghezza massima: 2 cartelle
dattiloscritte)
Mettine 5 copie anonime
all’interno di una busta ripor-
tante nome, cognome e classe
Consegna il plico a Damiano Bo-
rella in 4 PA entro e non oltre
il 28/02/2012
Ricchi premi ai primi 3 classificati secondo l’insindacabile
giudizio di:
Barbara Garlaschelli;
Girolamo Lacquaniti;
Maurizio Matrone;
Rosella Tiadina
CONCORSO FOTOGRAFICO
Il soggetto è libero (possono essere
presentate al massimo 2 foto
per persona e dovranno avere
un titolo)
Mettine una copia anonima stam-
pata su carta 20x30 all’interno
di una busta riportante nome,
cognome e classe 3 - Conse-
gna il plico a Damiano Borel-
la in 4 PA entro e non oltre il
28/02/2012
Ricchi premi ai primi 3 classificati
secondo l’insindacabile giudizio di:
Gianni Cravedi;
Mauro Ferrari;
Carlo Pagani;
Paolo Terzago
Attenzione...quest’anno nuovo bando di
concorso..non solo letterario e fotografi-
co, bensì di fantasia! Va bene qualsiasi e-
laborato inerente il tema
dell’INTEGRAZIONE!!!
The Mente
40
-parte 1-
nazione: USA 2011.
regia: Bill Condon.
cast: Kristen Stewart (Bella), Robert Pattinson (Edward), Taylor Lautner (Jacob), Ashley Green
(Alice), Jackson Rathbone (Jasper), Nikki Reed (Rosalie), Kellan Lutz (Emmet), Peter Facinelli
(Carlisle), Elizabeth Reaser (Esme), Billy Burke (Charlie).
genere: Fantasy, sentimentale.
ambientazione: Presente.
trama: Finalmente, l'attesissimo e ultimo capitolo, della saga ''Twilight'', Breaking Dawn, è arrivato
sul grande schermo, questa volta diviso in due parti; la prima parte è uscita lo scorso 16 novembre
2011, per la seconda parte è previsto ancora un anno e mezzo di attesa.
In questo primo episodio accadono tante cose.
Bella e Edward, finalmente si sposano; dopo il matrimonio partono per la luna di miele sull'isola Esme
(bellissima isola tropicale regalata agli sposi da Carlisle) vicino a Rio de Janeiro, dove finalmente i du-
e protagonisti, daranno sfogo alle loro passioni. Durante questo viaggio, Bella scoprirà di essere incin-
ta. La gravidanza andrà avanti molto velocemente, mettendo a rischio la vita di Bella, perché il feto
che porta in grembo è metà umano e metà vampiro. Bella, Edward e le persone care, dovranno affron-
tare un periodo molto difficile. La nascita di una bambina, Reenesme, porterà sviluppi sconvolgenti e
imprevedibili per Jacob, che scoprirà di avere un imprinting con la nuova arrivata nella famiglia Cul-
len.
-Breaking Dawn nominato al Razzie Awards-
Il film ha sicuramente conquistato tantissimi fans, ma non tutti sono d‟accordo, soprattutto fra le
persone che hanno letto i libri. In nessun film, è possibile raccontare e trasmet-
tere tutte le emozioni presenti in un libro; ma è anche vero che non si possono
tralasciare momenti importanti (come l'organizzazione del matrimonio tra E-
dward e Bella), così come aggiungere parti che a qualsiasi persona rimarranno in
mente (come la lotta tra i licantropi di La Push e la famiglia Cullen); non ci sono
solamente questi piccoli dettagli che hanno sconvolto i fans, ma anche tanti altri
punti, come ad esempio la lentezza del film, la scarsa bravura degli attori ad in-
terpretare la propria parte e il trucco non adeguato . Per questi e altri motivi,
Breaking Dawn è stato nominato al Razzie Awards, per il peggior film visto nel 2011. Per chi non lo
sapesse, i Razzie Awards, sono una specie di ''contro Oscar'', kermesse che premia i film più brutti
dell'anno, e pare proprio che Breaking Dawn stia volando verso il podio di questa competizione, a cui
certamente nessun film vorrebbe partecipare.
Se si dà una piccola occhiata indietro, possiamo ricordare che anche il film Eclipse, si era aggiudicato
tante nomination, l'anno scorso.
A pochi giorni dall'uscita, tuttavia, la prima parte di Breaking Dawn, ha già guadagnato 72 milioni di
dollari, sicuramente per diversi motivi: uno potrebbe essere che i lettori della saga di ''Twilight''
volevano scoprire come avrebbero presovita sullo schermo i personaggi del libro; l'altro è, e ne sono
certo, che tantissime ragazzine urlanti e scatenate vanno a vedere il film solo per Taylor Lautner,
Jacob Black, disinteressandosi di tutto il resto.
Francesco Giovinazzo
The Mente
41
Chi vuoi eliminare?
Inizierà tra pochi giorni la 12° edizione del "Grande Bidello". Il programma
andrà in onda sulle reti Mediaset il lunedì sera e si punta a battere il re-
cord di ascolti dell'anno scorso di ben 7 milioni di telespettatori, di cui la
metà drogati. Le regole del gioco rimangono le stesse delle scorse edizioni:
i concorrenti dovranno resistere per 100 giorni nella casa del grande bidel-
lo litigando, urlando, insultando, ruttando, piangendo e scopando...la sporci-
zia per terra il meglio possibile. Il montepremi, grazie al nuovo sponsor,
la"Profumeria Bottazzi", è arrivato alla super-cifra di centomila...Lire. Vi
lascio con un'intervista ad uno dei candidati finali alla vittoria e con una frase di un poeta dell'Otto-
cento, che aveva già capito tutto: “Chi può fa il bidello, chi non può insegna".
INTERVISTA ALL’ONNIPRESENTE PIETRO
Nome e cognome: Pietro Papadia di Lecce
Età:50
Situazione sentimentale: Single.
Perché vuoi partecipare al Grande bidello?
Perché voglio vincere il montepremi e comprarmi la
squadra di calcio di Lecce
Quali sono i tuoi pregi? Mah...Non so...altruista, so-
cievole, collaborativo.
Il tuo tallone d'Achille: Non sopporto le sgridate
Quali soddisfazioni ti dà il tuo lavoro? Mi piace stare con voi ragazzi giovani.
Dai un consiglio agli studenti del Romagnosi.
Che studiassero di più per non andare a scuola a settembre invece di fare vacanza!
Mauro Tirelli, IIA
The Mente
42
Sapete chi era Albert Einstein?
Certo, tutti noi sappiamo chi era il padre della rela-
tività.
Ma sapete chi era Mileva Marić?
Scommetto che sono pochi quelli che conoscono il
nome di questa donna.
La storia è fatta così: ci sono i volti noti, che tutti
conoscono, e poi ci sono persone che sono rimaste
nell‟ombra, magari anche per loro scelta.
Mileva Marić è una di queste.
Nata a Titel (Serbia) nel 1825 da una famiglia be-
nestante, a quindici anni era già un genio in matema-
tica. Incoraggiata dal padre, andò a studiare al Poli-
tecnico di Zurigo perché a Novi Sad l‟università era esclusivamente maschile.
Qui incontrò per la prima volta Albert Einstein. Era l‟unica donna del corso.
A causa di una deformazione all‟anca zoppicava, era brutta e aveva tre anni più di lui, ma era ter-
ribilmente intelligente. Cominciarono a collaborare.
Prima del matrimonio Mileva diede alla luce in segreto una bambina: Lieserl (o forse Liza?), che
dette in adozione ad un‟amica nella sua città di provenienza, Novi Sad. Che ne è stato? Perché
Einstein non volle nemmeno vedere la bambina? Forse perché la madre del genio era contraria al
matrimonio con una donna non ebrea? O perché Einstein voleva un maschio?
Comunque sia, nessuno nominò più Lieserl.
Nel 1903 Einstein e Mileva si sposarono ed ebbero due figli, Hans Albert e Eduard.
Durante questi anni Mileva e Einstein lavorarono insieme. Che l‟aiuto di Mileva sia stato importan-
te per la teoria della relatività e molti altri progetti di Einstein non c‟è dubbio, ma quanto ha dav-
vero contribuito?
Nel 1916 il loro matrimonio entrò in crisi a causa del tradimento di Einstein. Nel 1919 divorziaro-
no. Nel 1921 Einstein vinse il Nobel e donò tutti i soldi a Mileva e ai figli. Dopodiché si disinteres-
sò di loro.
Il mondo di Mileva, però, non iniziava e non finiva con Einstein.
Lei conosceva un altro grande genio rimasto nell‟ombra della storia: Nikola Tesla, l‟ideatore del
WI-FI e della corrente elettrica alternata, con il quale collaborò qualche tempo.
Mileva morì a Novi Sad nel 1948. Lei stessa non volle riconoscimenti per i suoi lavori.
Oggi noi conosciamo tante persone importanti, come Einstein, Edison o Marconi, ma ignoriamo
quelli che hanno fatto molto senza chiedere niente, proprio come Mileva e Tesla, che morirono
dimenticati.
Marina Nikolić
The Mente
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Vi consiglio un libro:”VORREI CHE LA VITA FOSSE FATTA DI TE” di Valentina Barbieri
Il libro ''Vorrei che la vita fosse fatta di te'' , scritto dalla nostra coetanea Valentina Barbieri, di
soli 14 anni, che oggi frequenta il primo anno al Liceo classico Gioia, racconta in 146 pagine la storia
di una ragazzina tredicenne, Elisa, circondata da amici e conoscenti che hanno già trovato l'amore.
Tutti, tranne lei.
Si pone così delle domande, su come potrebbe essere questo sentimento mai provato verso una per-
sona che non sia qualcuno della sua famiglia. Si accorgerà poi di avere ''l'amore della sua vita'' pro-
prio davanti agli occhi.
INTERVISTA A VALENTINA BARBIERI
Ho avuto l'immenso piacere di intervistare la mia carissi-
ma amica, nonché scrittrice, Valentina Barbieri.
COME TI E' VENUTA L'ISPIRAZIONE?
Ho scritto un libro di poesie a 10 anni e ho continuato a
scrivere finchè un giorno mi sono detta: <<Dai, Vale, pro-
va a scrivere un romanzo>> E così ho fatto!
E' AUTOBIOGRAFICO IL TESTO
(OVVERO, SI BASA SULLA TUA STORIA)?
"Vorrei che la vita fosse fatta di te" è una storia inventata anche se comunque alcune scene, alcune
emozioni le ho vissute in prima persona.
IN QUALE PERSONAGGIO T'IMMEDESIMI?
Mi immedesimo in quello della protagonista, Elisa, forse un po' ingenua e con tanta voglia d'affetto.
OLTRE A ''VORREI CHE LA VITA FOSSE FATTA DI TE'', HAI PUBBLICATO ALTRO?
A 10 anni ho pubblicato una raccolta di poesie dal titolo "Magica Passione".
HAI PROGETTI FUTURI?
Ora frequento il liceo classico M.Gioia; vorrei proseguire questo percor-
so fatto di scrittura, studio e lettura e magari un giorno poter frequen-
tare l'università e laurearmi. Per quanto riguarda la pubblicazione di li-
bri, prima di Natale uscirà un'altra raccolta di poesie dal titolo "Spiragli
di emozioni, intrecci di respiri" e tra qualche mese uscirà anche un nuovo
romanzo, "In Bilico".
COME MAI HAI SCELTO DI DIVENTARE SCRITTRICE?
Scrivere è un bisogno quotidiano, è un piacere che mi prendo tutte le se-
re, a volte uno sfogo, a volte una gioia. E' una passione che coltivo da
quando sono piccola. Non ho scelto di diventare scrittrice, anche perché
non mi ritengo tale. Semplicemente io scrivo perché mi piace un sacco,
indipendentemente dal giudizio del lettore, anche se a volte è quello più
interessante.
Francesco Giovinazzo
The Mente
44
Persone Le persone parlano, parlano....
non sanno comprendere,
non sanno spiegare,
non sanno essere persone.
Ci incontreremo Qualcuno sale le scale,
mi avvicino alla porta;
non sei tu papà.
"Ci incontreremo fra qualche
autunno" mi dicesti; ma
molti autunni sono passati,
e adesso è ormai inverno.
C'è freddo e nuvoloso,
come quando te ne
andasti via.
Mi chiedo se sei morto,
se provi freddo;
se ti manco...
Non lo saprò mai.
So solo che tra
qualche autunno ci incontreremo,
papà.
Sara Esselkaoui , IIB
Gatto
Cammina senza rumore,
muove lentamente la coda,
ancheggia felino, drizza le orecchie
al minimo fruscio di vento.
Notte
La sciarpa copre il volto alla ragazza
che sulle strade grigie di città,
cammina avvolta dalle scure ombre
che la notte getta sulla via.
Autunno
La foglia non più verde
scende lentamente a terra
e si posa sul marciapiede.
Il vento la rialza, la sposta,
la porta via. Povera foglia,
non ha pace nemmeno da morta.
Marina Nikolić
The Mente
45
♪ Chi se ne frega della musica – Caparezza
♪ Benvenuto – Laura Pausini
♪ All of the lights – Kanye West
♪ Beautiful People – Chris Brown
♪ Behind the Mask – Michael Jackson
♪ Best Thing I Never Had – Beyoncé
♪ Blow – Ke$ha
♪ Danza Kuduro – Don Omar ft Lucenzo
♪ Dirty Dancer – Enrique Iglesias ft Usher & Lil Wayne
♪ Domenica da coma – J-Ax
♪ E.T. - Katy Perry ft Kanye West
♪ Every Teardrop Is a Waterfall – Coldplay
♪ Give me everything – Pitbull ft Ne-yo, Afrojack & Nayer
♪ How to love – Lil Wayne
♪ I love my bike – J-Ax
♪ Il più grande spettacolo dopo il Big Bang – Jovanotti
♪ Just can't get enough – Black Eyed Peas
♪ Get back (ASAP) – Alexandra Stan
♪ King del rap – Marracash
♪ La differenza tra me e te – Tiziano Ferro
♪ Moves like Jagger – Maroon 5
♪ Price Tag – Jessie J
♪ Le leggende non muoiono mai – Don Joe & Dj Shablo ft Fabri Fibra, Jake La Furia, Noyz Narcos,
Marracash, Guè Pequeno, J-Ax e Francesco Sarcina
♪ Smile – Avril Lavigne
♪ Super Bass – Nicki Minaj
♪ Stand – Lenny Kravitz
♪ Party Rock Anthem – LMFAO
♪ Without you – David Guetta ft Usher
♪ Tonight (I'm Loving You) – Enrique Iglesias ft Ludacris & Dj Frank E
♪ Run the wold (Girls) – Beyoncé
♪ Rolling in the Deep – Adele
♪ Someone like you – Adele
♪ Roll up – Wiz Khalifa
♪ Le donne – Fabri Fibra
♪ Tranne te – Fabri Fibra
Jasmine Kita
The Mente
46
● Alunna: “Ma forse muore prima uno che fuma passivo di uno
che muore attivo”
● Prof: “Ci sono tanti tipi di fondi: tipo i fondi fondi e così via”.
● Alunna: “E‟ intelligente come una cappa di fumo!”
● Prof: “Facciamo sette, otto argomenti dieci”.
● Prof: “Sappiate che i concorsi pubblici sono tutte baggianate…
Della serie “Quanti peli aveva sul sedere Napoleone?”… E poi
devi sapere tutte le leggi, perché se non le sai, sei un imbecille”.
● Alunna (in un momento d‟ira): “Io spero che sia facile, lo spero
per la sua incolumità, della sua famiglia, della sua casa, dei suoi
figli, della sua eredità e dei suoi avi!”.
● Prof: “Ad esempio Roma, che vi piaccia o meno… come dicono i
francesi: l‟è béla!”. (Ma quello non è dialetto piacentino?).
● Prof: “So che questa fotocopia ve l‟ho già data l‟anno scorso,
ma ve la ridò così sono sicura che ce l‟avete… e poi due gusti is megl che one!”.
● Alunna: “Castellano o Catalàn…” dopo quest‟affermazione la Prof risponde: “No, non iniziamo col dire delle stupidaggini
(il termine era un altro, ma abbiamo deciso di modificarlo per renderlo “pubblicabile”)… Castigliano o Catalano è come
dire Italiano o Napoletano! Non è la stessa cosa!”.
●Alunna: “Eh ma può anche darmi del salve!”.
● Alunna: “8+6-1 = 2”.
● Prof: “C‟è qualcuno che continua a ridere… ma che cìmotivo c‟è di ridere? Ridete pure”.
● Alunna: “Com‟è andato il consiglio, prof? Ci dica! Ci illumini di immenso!”.
● Alunna: “Che poi non è che sia una gran carta igienica di quelle che costa molto… raspa anche!”.
● Prof: “Scrivete: progresso economico e sviluppo sociale nel mondo… nelle aree geografiche del mondo… nel nord del
mondo”.
● Prof: “E.U. cosa vuol dire?” Alunna: “E sarà Unione Europea” Prof: “E.U. Unione Europea? Eunion Uropea?”.
● Prof: “Ma avrete studiato qualche poesia a memoria, o no?” Alunna: “Eh si, quella di Natale…”.
● Prof: “Quando sento questa poesia mi viene da piangere…” Alunna (sottovoce): “Prof, ha una soglia del dolore pari a du-
e…”.
● Prof: “Se vado in un paese straniero, e non so la lingua, ma voglio un caffè, mi esprimerò a gesti… Sembrerò un sordo-
muto celebroleso, ma voglio un caffè!”.
● Prof: “Mi guarda con quella “cara de mosquita muer-
ta” (faccia d‟angelo)” e l‟altra prof aggiunge: “Si, con
quella “cara de mosquita muerta” che poi te la gnao
(con gesto annesso)”.
● Prof: “C‟è chi ha la testa di qua, la mano di là… e
dorme”.
● Alunna scrive alla lavagna: “Il Mazinianesimo” e la
prof commenta: “Si però Mazzini con due zi…”.
● Alunna: “Quella con i capelli biondi lunghi…” Prof:
“Ma è un uomo o una donna?”.
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● Prof: “Il Ministro della Pubblica Distruzione”.
● Alunna: “Ho mangiato una patatina che sembrava di leccare uno scoglio…”
● Prof: “Finitela di parlare che mi inverso… Perché siete voi, proprio voi, questa classe”.
● Prof: “Non si sa cosa fa, comunque fa”.
● Prof: “ Fa un‟indagine su mille famiglie… prende famiglie di mille famiglie” (???)
● Prof: “Il primo Reich fu con gli otto…” Alunna: “Gli ottomani!” (Erano
gli ottoni… ma è lo stesso, sempre di otto si tratta).
● Prof: “In questo caso dovete scrivere: acquisto di banconote e
travellers‟ cheque in franchi svizzeri” Alunna: “Si e poi carne da macina-
to, 1kg di pere, finocchi al burro e poi mi farò un‟insulina!”.
● Prof: “Ecco, adesso inizio a che sto cavolo di Kalimpong è un paese!”.
● Prof: “Ma siete sicure che fossi io e non un mio sosia?” Alunna
(sottovoce): “No guardi, brutto come lei non c’è nessuno…”.
● Alunna (in un momento d‟ira): “Ma io le caverei gli occhi e li darei a
Santa Lucia!”
● Prof: “Quando c‟è il saldo liquido drizzate le orecchie…” Alunna: “C‟è
da bere per tutti!!!”.
● Prof: “E‟ ancora assente… e siamo a 17, anzi no, a 18!” Alunna: “A 20
vince un cheeseburger gratis…”.
● Prof: “Nell‟altra classe hanno preso dei bei voti… 7… 7.5…” Alunna: “Beh non è che 7 e 7.5 siano dei gran bei voti…” e la
prof risponde: “Eh beh ma cosa devo mettere? 10… 11… 60… 90…… 200??”.
● Prof: “Il pronome ITS ha la s finale, e tu non l‟hai messa… L‟hai dimenticata nella biro?!”.
● Prof: “Come si chiama lo scaricatore di porto?” Alunna: “Franco! Franco Porto…”.
● Prof: “Ci siete? Bene ci sono anch‟io!”.
● Prof: “Al Nord non si può perché c‟è Kyoto che sgionfa”.
..però Mazzini con due zi" " la o, ma voglio un caffé!oglio un caffé,ine e della sua casa, dei suoi figli, della sua eredità e
● Prof: “C‟è da vedere Kyoto, oltre Kyoto e compagnia cantante…”.
● Prof (di inglese): “Ci tenevo ad avvisarvi che giovedì c‟è la verifica” Alunna: “Di cosa?” Prof: “Di turco!”.
● Alunna: “Era biondo, occhi azzurri, con la barba… pieno di barba… barba dapperttutto… Era un Barbapapà!”.
● Alunna S.: “ha sei Porsche solo per lei!” Alunna C.: “Ma ne ha una sola!” Alunna S.: “Eh beh io non ho nemmeno quella!”.
● Prof: “Gli abitanti sentendo parlare della bellezza di Lucia, si aspettavano sta gnocca… e invece…”.
● Alunna: “L‟innominato è un uomo sulla sessantina, con le rughe, i capelli bianchi……… calvo…”.
● Alunna: “Ma perché ricicliamo l‟umido? Non è che ci fanno altra roba da mangiare eh???” (………………)
● Prof (dopo che la classe ha sbagliato più volte la pronuncia di una parola): “Governmente! Government! Government! Tra
un po‟ gomito!”.
● Alunna: “Ma come si legge?” Prof: “Si legge AI, come quando ti fai male… AHI con l‟acca!”.
● Prof: “Andiamo a uno sprofondo rosso…”.
● Prof: “Ammortamenti e accantonamenti……… Oibò!”.
● Alunna: “Io all‟esame cosa porto?” Prof: “Le paste!”.
● Alunna (dopo che la prof. aveva posto un indovinello su una vasca da bagno e non è riuscita a trovare la soluzione…) :
“Pensa te… ci sono dei bambini che muoiono di fame e noi qui a pensare alla vasca… e chi non ha la vasca? E chi non ha il
tappo con la catenella? E chi si fa la doccia? E chi non si lava?”.
● Alunna: “E mi si è chiusa la porta nella mano…”
● Prof: “I paesi industrializzati sono anche i paesi emergenti… e cioè…
ehm… i paesi emergenti”.
● Prof: “Ma dopo… poi… nel momento in cui…”
● Prof: “Cercherò di essere più… (pausa di 2 minuti)… cercherò di essere
meno…”
● Prof (spiegando l‟opera “La pietà”): “Qualcuno ha tirato una martellata
sul ginocchio di Maria, che tra l‟altro ha bestemmiato”.
● Prof: “Devo portsrvi del materiale…” Alunna: “Prof, non ha un‟e-mail per
mandarcelo?” Prof: “E no, io uso ancora il piccione…”.
● Prof: “Questi sono dei puttini… Dei figli di puttini…”.
Sartori Cristina, V Co.A
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