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Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 329 del 19.7.2000 Pubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo Via Campo di Carne, 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. 06.91.01.90.05 Fax 06.91.01.16.02 http://www .vivaitorsanlorenzo.it e-mail: [email protected] Anno 4 - numero 8-9 Dicembre 2002 - Diffusione gratuita Direttore Editoriale: Mario Margheriti Direttore Responsabile: Giancarla Massi Comitato di Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti, Silvia Margheriti, Liana Margheriti Redazione: Via Campo di Carne 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. 06.91.01.90.05 Fax 06.91.01.16.02 e-mail: tslinfor [email protected] Sommario VIVAISMO La scelta dell’albero nella moderna progettazione e gestione degli spazi verdi urbani 4 La Dahlia imperialis L. 13 Fiori, colori e bacche d’inverno a Torsanlorenzo 18 VERDE PUBBLICO Orto Botanico di Brooklyn 20 Villa Torlonia 24 PAESAGGISMO La riserva naturale del lago di Vico 23 NEWS Corsi, Conferenze, In Libreria 30 torsanlorenzo Informa Realizzazione: Consorzio Verde Torsanlorenzo Antonella Capo Stampa: CSR S.r.l. Via di Pietralata, 157 - Roma Informa

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Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 329 del 19.7.2000Pubblicazione mensile del Consorzio Verde TorsanlorenzoVia Campo di Carne, 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. 06.91.01.90.05Fax 06.91.01.16.02http://www.vivaitorsanlorenzo.ite-mail: [email protected]

Anno 4 - numero 8-9Dicembre 2002 - Diffusione gratuita

Direttore Editoriale: Mario MargheritiDirettore Responsabile: Giancarla MassiComitato di Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti,

Silvia Margheriti, Liana Margheriti

Redazione: Via Campo di Carne 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. 06.91.01.90.05Fax 06.91.01.16.02e-mail: [email protected]

SommarioVIVAISMOLa scelta dell’albero nella moderna progettazione egestione degli spazi verdi urbani 4

La Dahlia imperialis L. 13

Fiori, colori e bacche d’inverno a Torsanlorenzo 18

VERDE PUBBLICOOrto Botanico di Brooklyn 20

Villa Torlonia 24

PAESAGGISMOLa riserva naturale del lago di Vico 23

NEWSCorsi, Conferenze, In Libreria 30

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Realizzazione: Consorzio Verde TorsanlorenzoAntonella Capo

Stampa: CSR S.r.l.Via di Pietralata, 157 - Roma

Informa

Agli amici e lettori diTorsanlorenzo Informa, con tuttale redazione, auguriamo Buone Feste

Mario Margheriti

4 torsanlorenzoInforma

L’arboricoltura rappresenta uno dei settori cardine nellaprogettazione e gestione delle diverse tipologie di“verde” urbano ed extraurbano. L’albero rappresenta l’e-lemento vivo del progetto degli spazi aperti e la sua natu-ra poliennale impone nella gestione la necessità di rappor-tarsi con una dinamica di forme, attività e funzioni.

Una delle principali linee guida dell’arboricoltura orna-mentale, e nel contempo uno dei presupposti per lariqualificazione del “verde” esistente, è senz’altro lascelta della pianta giusta per il posto giusto.Per diversi modelli produttivi basati sull’impiego dellecolture arboree, da quello frutticolo a quello olivicolo oviticolo, la qualità del materiale vivaistico rappresentauna imprescindibile condizione per massimizzare la qua-lità delle produzioni e la redditività degli impianti.Ugualmente in arboricoltura ornamentale, per quantoparametro di valutazione dell’albero sia la sua funzione

estetica o correttiva dell’ambiente, piuttosto che il rendi-mento, la qualità dei prodotti vivaistici condiziona inmaniera determinante riuscita dell’impianto, velocità delraggiungimento del risultato estetico, esigenze di manu-tenzione e longevità.La riqualificazione del “verde” urbano deve passarenecessariamente attraverso la produzione di materialevegetale non solo di definita rispondenza genetica e sani-taria, ma anche dotato di precise qualità agronomiche.Nella valutazione di un prodotto vivaistico assumonoimportanza quei parametri relativi alla conformazionedell’apparato radicale (densità radicale, assenza di radicideviate e contorte) e della chioma (adeguato rapportoaltezza/diametro del fusto, rastrematura del tronco, pro-filo e forma della chioma) che possono non risultaredeterminanti per la sopravvivenza dell’albero, ma senz’al-tro esserlo per la ripresa della crescita successiva allamessa a dimora e per la velocità di raggiungimento delrisultato complessivo finale. Una delle problematicherelative alle produzioni vivaistiche è la scelta fra piantedi piccola dimensione o di esemplari. L’esperienza, conil supporto dalla ricerca, ha dimostrato che piante di cali-bro inferiore sono in grado di superare l’accrescimentodi piante messe a dimora con maggior calibro anche in

La Scelta dell’Albero nella ModernaProgettazione e Gestione degli Spazi

Verdi UrbaniRita BiasiDocente di Arboricoltura OrnamentaleSofia Varoli PiazzaDocente di Parchi e GiardiniUniversità della Tuscia - Viterbo

Eucalyptus camaldulensis

Albizia julibrissin

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soli pochi anni. Pertanto, se si esclude l’indubbio van-taggio di un “pronto effetto”, andrebbe opportunamentevalutata la convenienza all’utilizzo di alberi di maggioredimensione rispetto a quelli più piccoli, tenendo contoinoltre che le capacità di adattamento a nuovi ambienti siriducono con il progredire dell’età dell’albero.Il vivaio di piante ornamentali offre un’ampia gamma dispecie arboree e nell’ambito della medesima specie indi-vidui con sviluppo e forme naturali o artificiali quantomai eterogenee.La scelta della specie dovrebbe basarsi su valutazioni

multiple: caratteristiche estetiche rispondenti al progettodello spazio urbano, caratteristiche di accrescimento,longevità e non ultima la disponibilità commerciale.L’albero ornamentale è un organismo polifunzionale acui è richiesta tanto una funzione estetico-ornamentale,quanto igienico-funzionale (barriere visive, fonoassor-benti, frangivento), climatica (controllo della temperatu-ra e della qualità dell’aria), sociale e culturale. Le pianteornamentali sono sempre selezionate per particolaricaratteristiche strutturali o fenologiche. Gli alberi sonoinnanzitutto strutture, forme, caratteristiche frequente-mente manipolate dal miglioramento genetico.Limitandosi alla variabilità delle forme naturali, speciecon habitus di sviluppo diverso possono coesistere in unmedesimo ambiente e forme caratterizzate da un fortecontrollo apicale, come ad esempio le forme piramidalie colonnari tipiche delle conifere e del Populus nigra,Cupressus sempervirens, Carpinus betulus, Quercusrobur e delle cv “fastigiate” trovano impiego al fiancodi forme più espanse ed arrotondate tipiche ad esempiodell’Aesculus hippocastanum, Celtis australis, Populusalba, Paulownia tomentosa e Pinus pinea. Nei parchi egiardini, in situazioni molto particolari oppure negli

arboreti, si propongono anche forme altamente deco-rative, tanto più attraenti quanto più inconsuete per unadefinita specie, come la forma pendula, naturale o tecni-ca, di cedri (Cedrus atlantica ‘Glauca Pendula’), faggi(Fagus sylvatica ‘Pendula’), e gelsi (Morus alba‘Pendula’) oppure contorta come in Corylus avellana‘Contorta’, Salix matsudana ‘Tortuosa’, Cryptomeriajaponica ‘Spiralis’ o, infine, prostrata tipica dei ginepri(Juniperus communis e J. horizontalis). Va consideratoche l’albero va scelto sulla base della forma in età matu-ra in quanto le altre fasi del ciclo vitale come la fase gio-vanile o la senescenza possono presentare tipologiediverse che arrivano anche a stravolgere l’immaginetipica dell’albero, dove la struttura degli organi predomi-nanti, tronco ebranche, diventapredominantesulla chioma, co-me spesso si os-serva negli albe-ri monumentali.Uno degli aspet-ti più critici nellascelta della spe-cie è la previsio-ne della dimen-sione finale del-l’albero. Adalberi di primagrandezza a cuiva attribuito unparticolare va-lore formale eche trovano im-

Abies concolor ‘Argentea’ Cedrus atlantica ‘Glauca Pendula’ Picea pungens ‘Hoopsii’

Prunus virginiana ‘Schubert’

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piego anche come esemplari isolati (generi Acer,Aesculus, Betula, Carpinus, Ceratonia, Fagus,Fraxinus, Gingko, Liquidambar, Morus, Platanus,Quercus, Salix, Sophora, Tilia, Zelkova) possono essereassociate, anche temporaneamente, specie di seconda oterza grandezza (Albizia julibrissin, Lagestroemia indi-ca, Malus da fiore, Olea, Prunus, Sorbus). Per quantol’ambiente urbano determini nel complesso un potenzia-le di sviluppo dell’albero minore rispetto a quello mani-festabile in ambiente naturale, uno dei principali proble-mi di gestione degli alberi è legato al disadattamentodimensionale. La scelta di sesti inadeguati, la vicinanzaa manufatti o fabbricati continuano nelle città adimporre abbattimenti di esemplari anche ‘monumentali’. Molte delle funzioni degli alberi ornamentali dipendonodalle caratteristiche morfologiche e dall’attività fisiolo-gica delle foglie, organi che interfacciano l’albero conl’atmosfera. Una moltitudine di varietà di specie sem-preverdi e caducifoglie permette di scegliere fra indivi-dui interessanti per il fogliame ornamentale. Fra le spe-cie più usate e abusate per le caratteristiche ornamentalidelle foglie nei parchi e giardini urbani predominano conuna certa monotonia le varietà con fogliame rosso (Acer

platanoides ‘Crimson King’, Prunus cerasifera ‘Nigra’o ‘Pissardii’, Fagus sylvatica ‘Atropurpurea’), più rara-mente quelle con fogliame variegato (Ilex aquifolium‘Silver Queen’, Ligustrum lucidum), glauco (Cedrusatlantica ‘Glauca’) o oro (Cedrus deodara ‘Aurea’,Catalpa bignoniodes ‘Aurea’, Acer negundo‘Auratum’). Poco spazio viene invece riservato ad aceri(Acer rubrum), Cercidiphyllum japonicum, ciliegi(Prunus avium), liquidambar (Liquidambar styraciflua)e alberi del tulipano (Liriodendron tulipifera) in grado dioffrire accese colorazioni autunnali.Forma, dimensione, densità, colore, epoca di comparsa epersistenza delle foglie sull’albero sono caratteri cherappresentano non solo elementi decorativi, ma anchefunzionali. Dalle caratteristiche strutturali (ampiezza dellembo fogliare, numerosità delle foglie, tomentosità oscabrosità della superficie) e quindi dalle capacità diintercettazione di energia radiante, polveri, onde sonore,correnti d’aria, dipende una maggiore o minore attitudi-ne alla costituzione di barriere anti inquinamento,fonoassorbenti, ombreggianti o semplicemente visive.Dagli scambi gassosi delle foglie deriva la capacitàdegli alberi ornamentali di abbassare di diversi gradi la

Magnolia grandiflora‘Galissonnière’Pinus pinea

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temperatura dell’aria, tanto più efficacemente quanto piùelevata si mantiene la loro traspirazione o di assorbireinquinanti gassosi durante la funzione di assimilazionedella CO2. Mentre nel primo caso si tratta di una capa-cità alquanto aspecifica propria di tutte le chiome carat-terizzate da un’ampia superficie traspirante come neitigli (Tilia spp.), catalpe (Catalpa bignonioides), ailanti(Ailanthus altissima) e robinie (Robinia pseudoacacia),nel secondo caso la capacità di migliorare sensibilmentela qualità dell’aria, mantenendo nel contempo anche unabuona resistenza agli agenti inquinanti, è risultata tipicadi alcune specie, così che è risultata sempre più limitatala scelta degli alberi ornamentali in città verso ginki(Ginkgo biloba), bagolari (Celtis australis), betulle(Betula spp.), ontani (Alnus cordata), platani (Platanusspp.), robinie (Robinia pseudoacacia), sofore (Sophorajaponica), per citare solo alcune specie con spiccata resi-stenza ai principali agenti inquinanti.Le fasi del ciclo riproduttivo degli alberi, fioritura e frut-tificazione, presentano in città la duplice valenza di ele-mento estetico per eccellenza e di problema non sem-pre opportunamente gestito.L’epoca interessante di fioritura, anche in relazione allacomparsa più o meno contemporanea delle foglie, lavistosità del fiore hanno decretato il successo e l’ampiadiffusione di specie nell’ambito del genere Prunus,Malus e Pyrus. Nelle diverse aree verdi cittadine accan-to ai mirabolani (Prunus cerasifera) si sono impostinumerosi altri pruni ornamentali (Prunus nume, Prunus‘Kanzan’, Prunus serrulata), cercis (Cercis siliqua-strum) ma anche magnolie (Magnolia grandiflora e M.campbellii), ippocastani (Aesculus hippocastanum e A. xcarnea), albizzie (Albizia julibrissin) e olenadri (Neriumoleander). Molte fioriture, spesso anche non appariscen-ti, rappresentano in città un vero problema emergente.Sempre più si sente la necessità di monitorare costante-mente la fioritura di Cupressaceae, Betulaceae eFagaceae per le caratteristiche fortemente allergenichedel loro polline, imponendo la necessità di individuareforme a ridotto impatto sull’ambiente. Anche i frutti degli alberi in città possono rappresentareun importante elemento estetico quando vistosi e persi-stenti ornano la chioma dall’estate all’inverno. Ma piùspesso la gestione dei frutti rappresenta più che un van-taggio un problema, per vari aspetti: molte delle speciepresenti in città hanno frutti tossici (Ilex aquifolium,Taxus baccata) o maleodoranti (Ginko biloba) e nellearee pavimentate la cascola che fisiologicamente si veri-fica alla maturazione nei fruttiferi maggiormente impie-gati (Pyrus calleryana, Prunus spp., Olea europaea, adesempio), o in altre specie comunque largamente diffuse(Ligustrum lucidum) impone ripetuti interventi di rimo-zione dei residui vegetali pena uno sgradevole imbratta-mento delle superfici intercettanti.

Molte sono le specie che presentano caratteri interessan-ti dal punto di vista funzionale, della conformazione edella fenologia, ma, se si osserva la tipologia del popo-lamento arboreo nel verde cittadino, emerge l’estremabanalizzazione e semplificazione delle essenze impiega-te. Il mantenimento della biodiversità è stato sacrificatoalle esigenze di manutenzione del verde che hannoimposto semplificazione e uniformità degli interventi.L’inserimento degli alberi e della vegetazione negli spaziurbani ha una sua storia che corrisponde a precise tipo-logie e consuetudini di cui va tenuto conto nel progettodi natura architettonico-paesaggistico. Il Servizio Giardini del Comune di Roma aveva prodot-to in passato una serie di censimenti (1898 - 1955 - 1971- 1998) delle alberature presenti nelle vie e nelle piazzeurbane compreso l’anno di piantagione delle varie speciee la lunghezza dell’alberata.Fondamentale per conoscere l’evoluzione del patrimo-nio arboreo cittadino è risultato lo studio che ha portatoalla realizzazione di una carta della vegetazione di Roma(Fabio Attorre et al., 1999). È stata confrontata la situa-

Tamarix gallica

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zione di oggi con quella di allora, sia in funzione del-l’andamento fisiologico dei singoli alberi ancora in vita,sia in funzione di eventuali sostituzioni e del rapporto tranuove alberature e spazi urbani.Se per esempio si analizzano i dati del censimento effet-tuato nel 1956, ci si rende conto del cospicuo patrimonioche la città di Roma possedeva nel rapporto tra piccoli egrandi alberi, tra specie spolianti e specie sempreverdi;si potrebbero fare interessanti considerazioni, che appar-tengono a diverse aree disciplinari, professionali e tecni-che, relative alla scelta delle specie in funzione dellospazio cittadino nel quale erano state proposte e pianta-te. A metà del Novecento Roma possedeva circa 400.000alberi e 800.000 piante arbustive nei parchi e nelle viealberate. Tra gli alberi di grande sviluppo il più diffusoera il platano (Platanus spp.), seguivano il pino domesti-co (Pinus pinea), il leccio (Quercus ilex), la quercia(Quercus spp.), il cipresso (Cupressus spp.), l’eucalipto(Eucalyptus spp.), l’olmo (Ulmus spp.), l’albero diGiuda (Cercis siliquastrum), l’ippocastano (Aesculushippocastanum), l’abete (Abies spp. e Picea spp.), la gle-ditschia (Gleiditsia), la robinia (Robinia pseudoacacia),il tiglio (Tilia spp.), la melia (Melia azedarach), il fras-sino (Fraxinus spp.), la sofora (Sophora japonica), ilcedro (Cedrus spp.), il bagolaro (Celtis australis). Innumero minore, sempre nella categoria dei grandi albe-ri, erano presenti la catalpa (Catalpa bignonioides), l’a-cero (Acer spp.), l’ailanto (Ailanthus altissima), l’arau-caria (Araucaria spp.), il gelso (Morus spp.), il Ginkgobiloba, la paulownia (Paulownia spp.), la sequoia(Sequoia sempervirens).Negli elenchi si trovano segnalati i pioppi (Populusspp.), varietà di robinie (R. pseudoacacia ‘Bessoniana’ e‘Umbraculifera’, R. monophylla, R. semperflorens).

Tra le specie a minore sviluppo esistevano in gran nume-ro gli allori (Laurus nobilis), quindi gli oleandri (Neriumoleander), i ligustri (Ligustrum spp.), gli ibischi(Hibiscus spp.), le tamerici (Tamarix spp.), ed in minorquantità i pruni (Prunus spp.) e i ciliegi da fiore (Prunusavium), quindi i diospiri (Diospyros kaki), le tuie (Thujaspp.), i tassi (Taxus baccata), i melograni (Punica gra-natum) e gli agrumi (Citrus spp.).Ancora venivano menzionate le acacie di Costantinopoli(Albizia julibrissin) e l’acero negundo (Acer negundo).Numerose erano a Roma in quell’epoca le palme; le piùcomuni erano le Phoenix, le Chamaerops, le Brahea (oErythea), le Jubaea, le Washingtonia.Tra le piante arbustive le più rappresentate erano gli allo-ri (L. nobilis), gli oleandri (N. oleander), i pittospori(Pittosporum spp.), le spiree (Spiraea spp.), gli evonimi(Euonymus spp.), il bosso (Buxus sempervirens), il mirto(Myrtus communis) ed il viburno (Viburnum spp.).Per quanto approssimativo questo rapido spaccato sullaconsistenza e sulla varietà degli alberi presenti a Roma,mezzo secolo fa, ci fornisce alcune indicazioni sull’uti-lizzazione dei grandi alberi, e sull’uso minore degli albe-ri di seconda e terza grandezza. L’elenco forniva ancheinformazioni sui grandi patriarchi ultracentenari. Le scelte e le decisioni che si prendevano allora, che èstoria ancora recente e dunque più facilmente documen-tata, sarebbero da analizzare e da confrontare con lemoderne conoscenze nel campo dell’arboricoltura orna-mentale.Valutare le modalità di inserimento e di nuova progetta-zione delle specie arboree negli spazi urbani, comportauna competenza e un controllo, più rigoroso rispetto allepiantagioni nei parchi e nei giardini, sui tempi di cresci-ta dell’albero, compreso l’apparato radicale, l’ampiezza

Cercis siliquastrum Populus nigra ‘Italica’ Prunus avium

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e l’impostazione della chioma. È opportuno mantenerele giuste distanze tra impianti di alberi di prima grandez-za ed inserire piccoli alberi di riempimento, tra uno spa-zio e l’altro, in attesa che le chiome dei primi si svilup-pino nei modi e nei tempi adeguati alla loro natura.L’integrata gestione dell’albero rappresenta un impre-scindibile presupposto per un verde di qualità, per unacorretta progettazione, gestione e manutenzione del“verde” urbano. Lo sviluppo armonico di un albero, diun’alberata, di un gruppo, dipende dalla relazionesuolo-pianta-atmosfera e una corretta gestione dell’al-bero viene ad identificarsi nel mantenimento dell’alberoin buona salute e in equilibrio con l’ambiente. Un orga-nismo in equilibrio con l’ambiente edafico e climaticorisulta meno predisposto all’azione di agenti di stressbiotico o abiotico, che ne compromettono dapprima lefunzioni e poi la stessa longevità. Non va in fine trascu-rato che lo sviluppo della pianta cambia con il tempo ela cura dell’albero dovrebbe assecondarlo con un pro-cesso a lungo termine e a basso impatto.

L’albero, indipendentemente dalla sua collocazione inuna strada, in una piazza, in un parco, in un bosco, obbe-disce alle sue leggi biologiche, e la bellezza della suaforma vivente è insita nella struttura e nell’evoluzione

della specie. La corretta scelta della specie e la correttagestione dell’albero non dovrebbero infine prescinderedalla conoscenza della struttura dell’albero, delle suefunzioni e dalla consapevolezza che l’albero è un siste-ma integrato di organi e di funzioni. I criteri di sceltadegli alberi ornamentali ci inducono a considerare unalbero come un insieme disaggregato di diverse struttu-re, ma in realtà non c’è parte dell’albero che cresca e sisviluppi indipendentemente da altre, secondo precisirapporti di crescita correlativa il più delle volte di naturacompetitiva. Fra organi vegetativi e riproduttivi si stabi-lisce un equilibrio funzionale, così come si stabilisce unrapporto fra chioma e apparato radicale. Dalla natura ditali relazioni dipenderà anche la possibilità di un alberodi massimizzare le sue funzioni ornamentali-ambientali.

La riqualificazione del verde urbano rappresenta pertan-to un obiettivo ambizioso che potrà realizzarsi attraversoil connubio di esperienza e scienza nell’operato dei cura-tori, che dovrà essere orientato dalle indicazioni prove-nienti da una ricerca scientifica e da una formazionemirata.

Olea europaea Quercus suber

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CarpinusFam.: Corylaceae

* comprende 35-40 specie dialberi decidui, originari dell‛emi-sfero boreale;

* sono spontanei nella flora ita-liana solo il carpino bianco(Carpinus betulus) e la carpinella(Carpinus orientalis);

* è caratterizzato da cortecciagrigio chiara, liscia, con fustocostolato; fiori maschili portatiin corti amenti primaverili, fem-minili portati in amenti più lunghicui seguono grappoli di achenicircondati da un caratteristicoinvolucro foglioso trilobato;

* molto apprezzato per il porta-mento elegante e per la splendi-da colorazione autunnale;

* trova utilizzazione in esemplarisingoli o per formare siepi,richiede un sesto d‛impianto di4/6 m;

* tollera potature decise.

LiquidambarFam.: Hamamelidaceae

* comprende 4 specie di alberidecidui che vivono nei boschiumidi dell‛Asia, dell‛America set-tentrionale e del Messico;

* si coltiva in particolare per ilfogliame, simile a quello dell‛ace-ro, che presenta splendidi coloriautunnali, e per il portamentoeretto ma alquanto aperto;

* L. styraciflua, originariodell‛America orientale e delMessico, ha foglie palmate a 5-7lobi, lucide, che virano all‛arancio-ne, rosso e porpora verso la finedell‛estate e durante l‛autunno;

* eccellente albero da bosco, maè splendido anche come esempla-re isolato su un prato; ultima-mente è utilizzato anche nellealberature stradali;

* preferisce terreni acidi o neu-tri, umidi ma ben drenati; se alle-vato al sole mostra colori autun-nali più brillanti.

Carpinus betulus Liquidambar styraciflua

AesculusFam.: Hippocastanaceae

* comprende circa 15 specie dialberi e arbusti decidui, deiboschi di Europa sudorientale,Himalaya, Asia orientale e Nord-america;

* le grosse foglie palmate, diven-tano gialle o rosse in inverno;frutti tipici simili a castagne;

* apprezzato per l‛ampiezza dellachioma per l‛ombreggiamento,l‛abbondante fioritura nella sta-gione primaverile, oltre allacaratteristica colorazione au-tunnale delle foglie;

* utilizzato soprattutto in parchio grossi giardini, preferibilmentein esemplari isolati; molto utiliz-zato anche nelle alberature stra-dali (mantenere tra le piante unadistanza di almeno 8-10 m);

* ama terreni fertili e profondi,tollera quelli calcarei, ma è sen-sibile a suoli compatti e conristagni idrici.

Aesculus hippocastanum

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MorusFam.: Moraceae

* comprende una decina di speciedi arbusti e alberi decidui, origi-nari principalmente dei boschi diAfrica, Asia e America;

* le foglie di diverse specie sonoutilizzate per nutrire i bachi daseta; ciascun mazzetto di fiorifemminili dà origine ad un singo-lo frutto commestibile simile allampone;

* le specie più comuni sono il M.alba (gelso comune o gelso bian-co) e il M. nigra (gelso nero), icui frutti sono i migliori;

* è utilizzato generalmente comeesemplare singolo; il M. alba‘Pendula‛, dal caratteristico por-tamento ricadente, è particolar-mente adatto per piccoli giardini;

* cresce bene in terreni modera-tamente fertili e ben drenati; èbene proteggerlo dai venti fred-di e asciutti.

PlatanusFam.: Platanaceae

* comprende 6 specie di alberidecidui originari di diversi paesi;

* coltivato per il portamento impo-nente, le foglie ampie e la cortecciache si sfalda in modo caratteristico;

* in Italia il più diffuso è il platanocomune (P. x acerifolia), un ibridotra il platano orientale (P. orienta-le), spontaneo in Italia solo in SiciliaCalabria e Campania, e quello occi-dentale (P. occidentalis), introdottodal Nordamerica nel XVII secolo;

* utilizzato in parchi, giardini ein alberature stradali (piantaread un distanza di 8-10 m) poichèresiste bene alle condizioni dicittà tollerando lo smog e gliinterventi di potatura; nei pressidi edifici, le radici possono rovi-nare le tubazioni e altre strutturedi fondazione;

* tollera consistenti sbalzi di tem-peratura nei riguardi dei geliinvernali e dei caldi estivi.

RobiniaFam.: Papilionaceae

* comprende circa 20 specie dialberi e arbusti decidui, originaridei boschi degli Stati Uniti;

* coltivata come esemplari singo-li o in bordure arbusitve per ilfogliame pennato e per i racemipenduli di vistosi fiori papiliona-cei; il legno, duro e resistente, èimpiegato per paleria e per listeper pavimenti; inoltre è un otti-mo combustibile;

* la più diffusa è R. pseudoaca-cia; introdotta in Europa nel1601, in Italia si è naturalizzatadiventando specie invadente; perla rapida crescita, la capacità didiffondersi facilmente e di adat-tarsi anche a terreni difficili, eper il suo apparato radicaleforte, ha spesso trovato impiegoin campo forestale per il consoli-damenteo di scarpate franose eterreni sabbiosi.

Morus alba ‘Pendula‛ Platanus x acerifolia Robinia psedoacacia‘Umbraculifera‛

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SophoraFam.: Papilionaceae

* comprende circa 50 specie dierbacee perenni, alberi e arbustidecidui e sempreverdi, comuninelle regioni tropicali e tempera-te;

* coltivata per il fogliame ele-gante e per le infiorescenze difiori papilionacei, presenta unacaratteristica conformazionecascante, con rami particolar-mente contorti;

* Sophora japonica (sofora,robinia del Giappone) ha fioribianchi profumati; S. japonica‘Pendula‛ ha lunghi rami penduli efiorisce raramente;

* da utilizzare in bordure, comeesemplari singoli o in piccoligruppi;

* richiede temperature miti enon tollera il gelo invernale; peruna buona fioritura, richiedeestati lunghe e calde.

Sophora japonica ‘Pendula‛

TaxusFam.: Taxaceae

* comprende alberi o arbusti sempre-verdi dell‛emisfero settentrionale;

* in Italia l‛unica specie sponta-nea è Taxus baccata; altre spe-cie introdotte a scopo ornamen-tale sono il tasso del Pacifico (T.brevifolia), il tasso cinese (T.celebica) e il tasso giapponese(T. cuspidata);

* 15-20 m di altezza, ma può rag-giungere notevole dimensione deldiametro del tronco ed è moltolongevo (circa 2000 anni); il legno,forte, pesante ed elastico, èricercato per lavori di ebanisteria;

* in Italia non forma boschi purinè gruppi di grande estensione,ma si trova generalmente nellefaggete;

* è coltivato come ornamentalein giardini, parchi e cimiteri,come esemplari isolati, per siepio per arte topiaria.

* tollera l‛inquinamento.

Taxus baccata

TiliaFam.: Tiliaceae

* comprende numerose specie dialberi decidui che sono interfer-tili, per cui è facile trovare ibri-di naturali;

* in Italia si trovano almeno trespecie: il tiglio selvativo (T. cor-data), il tiglio nostrale (T.platyphyllos) e il tiglio interme-dio o tiglio comune (T. x euro-paea o T. x vulgaris);

* i piccoli fiori, profumatissimi,sono portati in cime ascellari conlunghi peduncoli che spuntano dacaratteristiche brattee che faci-litano poi, con l‛aiuto del vento, ladisseminazione dei frutti;

* trova utilizzazione come esem-plari singoli o in alberature stra-dali (mantenere una distanza trale piante di 8-10 m); il legno ètenero e si presta per lavori diintaglio;

* preferisce terreni alcalini o neutrima tollera anche quelli acidi; è sensi-bile a suoli compatti.

Tilia cordata

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“Cocoxochitl” in lingua atzeca significa “tubo da acqua”ma per le popolazioni del Messico, del Guatemala edella Colombia indicava genericamente proprio la Dalia,nelle sue specie botaniche tropicali caratterizzate dagigantismo.Gli atzechi usavano infatti i grossi fusti cavi delle pian-te come tubi per trasferire l’acqua dalle sorgenti o daifiumi fino ai campi od ai villaggi.

Nel mondo atzeco le dalie erano coltivate non per la bel-lezza dei fiori, ma sopratutto per l’alimentazione umanaed animale. Alle dalie si attribuivano anche proprietàterapeutiche per il trattamento delle disfunzioni delle vieurinarie come citato nel Manoscritto Badianus del 1582,che rappresenta il primo erbario atzeco.

Le Dahlia sono dunque originarie dell’AmericaCentrale. Prendono il loro nome da un botanico svedesedel 700, il Dr. Andrei Dahl (1751-1789), allievo diLinneo, che svolse la propria attività ad Abo ma colla-borò in Madrid con uno dei personaggi chiave per la dif-fusione in Europa di questa specie: l’abate Cavanilles.

Sebbene fossero state segnalate fin dal 1615 nelThesaurus di Francisco Hernandez, medico di Filippo II,furono introdotte per la prima volta in Europa nel 1789in Inghilterra e, l’anno seguente, in Spagna. I primi ten-tativi di adattamento in Europa furono fatti allo scopo diverificare se i tuberi della specie fossero stati utilizzabi-li a scopo alimentare come le patate. Tali tentativi falli-rono per il sapore disgustoso, la durezza e l’acidità deituberi dopo la cottura ma la bellezza dei fiori conferma-rono questa specie tanto che i sovrani di Spagna – che lacoltivarono nei giardini dell’Escorial – la consideravanocome esclusiva al loro piacere. Ai primi dell’800 la daliafu introdotta in Francia: non si sa bene se ciò fosse avve-nuto in modo rocambolesco (l’amante di una dama dicorte favorì il furto da parte dei giardinieri spagnoli), oper via ufficiale con l’invio di tuberi da parte del giàricordato abate Cavanilles al Prof. Theuin del Museo diStoria Naturale di Parigi. Sempre nell’800 si diffuse inaltri paesi europei.

In Germania fu introdotta dal Messico ad opera diAlexander Von Humboldt e dal Bomplant. Goethe nefece il suo fiore favorito. In Russia furono attentamentestudiate dal Prof.Giorgi da cui il nome “giorgine”, nomecon il quale sono ancora chiamate nel Nord Europa.

In Italia, le dalie furono segnalate fin dal 1798 a Parma,ma - nel 1810 - erano sicuramente presenti nel giardinoFreylin alla Bottigliera presso Marengo e nel 1817 nelGiardino di Boboli a Firenze.

Il genere Dalia comprende circa trenta specie ma nelRegistro Internazionale delle Dalie sono elencate più di20.000 cultivars. Ma solo poche sono le specie botanicheche restano e che rappresentano quelle autoctone origi-narie dell’America Centrale. Infatti, attraverso gli incro-ci interspecifici e le altre manipolazioni genetiche, le ori-gini di un numero notevole di cultivars oggi esistentirestano oscure. La Dahlia imperalis L. è una dalia gigante. Per questo èchiamata nei paesi anglosassoni “dalia tree”, ovvero“dalia albero”. Questa specie, insieme alla D. maxonii L.

La Dahlia imperialis L.

di Giovanni Mignoni

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ed alla D. arborea L. è esclusivamente una specie bota-nica che - per gli appassionati delle moderne varietà didalie - ma soltanto per loro – produce dei fiori insignifi-canti. Fu introdotta in Italia dal Messico dal Prof. MarioCalvino, padre del più famoso Italo e Direttore dellaStazione Sperimentale di Floricoltura “OrazioRaimondo” di Sanremo e citata per la prima volta nellaRelazione Tecnica relativa all’Anno 1932.

La Dahlia imperalis L. appartiene alle dalie tropicali edil suo areale ottimale è quello del limone.Meravigliosamente resistente al caldo, nei nostri climisettentrionali si adatta male per la sua sensibilità allebasse temperature. Infatti non resiste alle prime gelate.La parte aerea muore, e va asportata prontamente, ma iltubero sopravvive anche se mantenuto nel terreno ericaccerà tardivamente nella successiva primavera.

E’ una pianta perenne gigante che cresce – come giàriportato - fino a sei metri, ma alcuni autori citano altez-ze fino a dieci metri! I terreni però devono essere fertili,profondi, con pH neutro, freschi e ben drenati.Il portamento della pianta è eretto. I tronchi assomiglia-no a grossi bambù e possono raggiungere oltre i 7 cm didiametro. Malgrado le sue dimensioni, il fusto necessitadi un sostegno per mantenere la posizione eretta quandoraggiunge il massimo sviluppo in altezza. Se il fusto non

è sostenuto, si adagia sul terreno e numerosi ricacci sisviluppano dai nodi: ogni ricaccio, giunto a maturazione,porterà la propria infiorescenza. La cimatura precocedella pianta provoca una limitazione in altezza ed unaccestimento: ciò che evita, talvolta, il raggiungimentodi un eccessivo sviluppo dei fusti ed il mantenimentodella posizione eretta da parte degli stessi.

L’apparato radicale è rappresentato da un grosso tuberoche – in condizioni ecologiche ottimali - si moltiplicarapidamente.I tuberi possono essere facilmente asportati e trapiantati.Oltre che per tubero, la pianta può essere facilmentemoltiplicata per talea e per seme.

Le talee semi-erbacee od erbacee radicano più facilmen-te delle talee legnose ricavate dai grossi fusti: per questeultime si presenta anche il pericolo di attacchi da critto-game che provocano fenomeni difficilmente controllabi-li di marcescenza del legno con conseguente perditadelle talee stesse.

Nell’area romana, la Dahlia imperialis L. deve essereesposta a pieno sole. In queste condizioni ecologiche sisviluppa stupendamente dalla primavera all’estate rag-giungendo uno sviluppo di oltre sei metri di altezza,soprattutto se piantata a ridosso di un muro. Non deve

però superarlo poiché, in caso di gelate o di basse tem-perature, specie se accompagnate da venti del nord,immediatamente deperisce.Per limitare la sua altezzabasta però cimarla, una opiù volte, ciò che provo-cherà un’accestimento el’emissione di ricacci late-rali che porteranno ognunola propria pannocchia api-cale a maturità.Nel meridione italiano, cre-sce senza difficoltà oveprospera il limone. Ma,come cita il Prof. Schiva,Direttore della Sezione diMiglioramento Geneticodell’Istituto per la Flo-ricoltura di Sanremo, “laDahlia imperialis L. comespecie botanica è abba-stanza diffusa nei giardinitra Sanremo e Bordighera

dove in Dicembre la si può facilmente osservare svet-tante al di sopra delle cancellate”. Nei nostri climi fio-risce da Novembre a Febbraio producendo meravigliosepannocchie, di dimensioni di oltre un metro, formate dafiori di oltre 15 centimetri di diametro, la cui bellezza stanella semplicità dei fiori in rapporto a quelli delle culti-vars più moderne.I fiori variano dal bianco al rosa lilla, molto tenue.La durata della fioritura delle dalie arboree non è moltolunga ma è certamente di grande effetto “tanto da illu-minare con il loro splendore anche gli angoli più oscuridi un giardino invernale”.

BIBLIOGRAFIA

P. Damp (1987), Dahlias. Their Care and Cultivation.Cassell Illustrated Monographs - Cassell PublishersLimited, Londra.M. Calvino (1933). Relazione Tecnica relarivaall’Anno 1932”. Vol. XI. Stazione Sperimentale diFloricoltura “Orazio Raimondo”, Stabilimento tipo-litografico G. Pandolfi. Pag. 6-8.Dr.M. Hickman. Growing Dahlias Successfully.University of Alberta, Devonian Botanical Garden.T. Schiva (1997). Mario Calvino, un rivoluzionario frale piante. Flortecnica e Data e Fiori, Supplemento alperiodico Flortecnica n.12/97.L. Viegi, A.M. Rizzo, M.L. D’Eugenio (1992). Pianteornamentali ed infestanti, erbacee o arbustive, di origi-ne americana in Europa. Cap.VII: 1492–1993 –Animali e piante dall’America all’Europa. SAGEPEditrice, Genova – Ente Autonomo Fiere di Verona.

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Tanti fiori, colori e bacche d‛invernofotografati a Torsanlorenzo il 6 dicembre 2002,nel vivaio in piena area.

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Se volessimo far colpo sul lettore, potremmo dare avvioa questo breve profilo dell’Orto Botanico di Brooklyn,visitato nel corso dell’estate, con la notizia che esso risa-le a ... tremila anni fa! Questa è infatti la datazione deimassi dell’era glaciale rinvenuti nel terreno sul quale nel1910 è stato costruito l’orto botanico. I massi sonodiventati spettacolare sfondo del giardino roccioso, unodei primi giardini del genere in America. Il terreno, oltreche dei massi, era ingombro di detriti edilizi in unaBrooklyn in piena espansione, da pochi anni collegata aManhattan con il famoso, storico ponte.Non è, quello dei massi, l’unico legame con il territorioche l’orto botanico, uno dei più riusciti esempi di rinno-vamento ambientale, possa vantare. Uno dei giardini checompongono il suo variegato mosaico è il giardino dellepiante native, dove il “pitch pine” (Pinus rigida), laMagnolia virginiana, il podofillo (Podophyllum), la“scrub oak” (Quercus dumosa), il mirtillo (Vaccinium),la tuja (Thuja) e tante altre specie native della regione diNew York vengono studiate e protette. Tra queste, natu-ralmente, anche le cosiddette erbacce perchè, come scri-veva il filosofo e poeta Emerson nel 1850, “l’erbaccia èsolo una pianta di cui non sono ancora state scoperte levirtù”.

Il giardino delle erbe (vera da pozzo di origine italiana)

Orto Botanico di Brooklyn

Testo di Anna BujattiFoto di Katerina Ceman

Malva (Althea rosea) e cardo(Eryngium planum) nel giardino sce-spiriano

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Alle virtù riconosciute delle “piante minori” sono dedi-cati, all’Orto Botanico di Brooklyn, alcuni giardini spe-ciali, il giardino delle erbe, in cui le aiuole si intreccia-no, secondo un giardino inglese che risale alCinquecento, intorno a un pozzo la cui elegante veramarmorea ha origine italiana; il Giardino delle fra-granze, che educa ai sottili misteri e delizie dell’olfatto.Il Giardino delle rose, ricco di oltre milleduecento spe-cie, il Giardino dei ciliegi da fiore, lo Stagno delle nin-fee, il Giardino all’italiana delle azalee, i filari di “cra-bapple” (Pyrus spp. e Malus spp.) rallegrati d’estate dailoro frutticini rossi, offrono, stagione per stagione, spet-

tacolari macchie di colore e vibrazioni mutevoli diforme.Altri giardini, di concezione più elaborata, suggerisconomeditazioni filosofiche o poetiche. Il Giardino giappo-nese, ideato fin dal 1914 da un architetto giapponese, ètra i più raffinati fuori del Giappone.Il Giardino scespiriano, fitto di erbe e di fiori, ogniciuffo dei quali è accompagnato dalla citazione scespi-riana che lo riguarda, comprende oltre ottanta specie dipiante, che per la verità nell’opera di Shakespeare sonomolte di più, e costituisce un invito a rileggere i classicicon spirito botanico. Come non ricordare il “lapazio”

La serra storica (“The Palm House”) e lo stagno delle ninfee

Stagno delle ninfee (a destra Nymphaea ‘Mayla’ o ninfea “dell’acero”)

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manzoniano? Non sarebbe del resto questo un minormerito di un orto botanico che ha fatto dell’educazioneecologica uno dei suoi pilastri, abituando soprattutto gliabitanti dei quartieri cittadini a guardare alle piante comeai compagni indispensabili della vita, diremmo dellasopravvivenza quotidiana.

Il giardino scespiria-no, che comprendeoltre ottanta tra lemolto più numerosepiante citate nelleopere di Shakespeare.

Un angolo del giardino giapponese

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Estesa per circa 3200 ettari, la Riserva Naturale del Lagodi Vico si trova al centro del comprensorio vulcanico deiMonti Cimini, un complesso eruttivo composto da duedistinti apparati vulcanici, il Monte Cimino e Vico, cheraccoglie nel suo cratere le acque dell’omonimo lago.La Riserva Naturale si estende nel Comune di Caprarola(VT) e fa parte del più ampio sistema dei Parchi creatiper proteggere e conservare ecosistemi di importanzafondamentale e per mantenere quegli equilibri naturali,sociali e culturali necessari per la qualità della vita.Il territorio della Riserva è caratterizzato da un ambien-te boschivo di circa mille ettari che si sviluppa in modouniforme sui versanti della cinta craterica di MonteFogliano (965 slm) e di Monte Venere (838 slm) con cer-rete e faggete di alto fusto. Le piante plurisecolari ospi-tano nei loro anfratti le tane della martora, un mustelidearboricolo dalla folta pelliccia marrone con una vistosapettorina giallo zolfo che caccia nottetempo ghiri,moscardini e topi selvatici, non risparmiando nella sta-gione primaverile nidiacei e uova di uccelli silvani.Anche la volpe, la faina, la puzzola e forse il rarissimogatto selvatico, si nascondono e allevano la prole in tanescavate sotto le radici, nei grossi massi di origine vulcanica.È veramente suggestivo percorrere il sentiero natura chesi snoda immergendosi nel bosco passando attraversocastagneti da frutto per poi incontrare alberi di agrifoglioe cespugli di biancospino e pungitopo. Nel silenzio dellanatura, risuona il tamburellare di picchi rossi e verdi chemarcano il territorio e frugano sotto le cortecce allaricerca di larve ed insetti.E ancora il bosco d’alto fusto, dove conservato integral-mente, ospita uccelli rapaci come la poiana, lo sparviero

e il nibbio bruno,che costruiscono illoro nido sulle chio-me più alte. Ma sicuramente lapeculiarità dell’area protetta è il lago che occupa unasuperficie di 12 kmq, con una profondità massima di 50metri, e una vasta area paludosa in grado di ospitare, siaper lo svernamento che per la nidificazione, una granvarietà di uccelli acquatici. La vegetazione è costituitaprevalentemente dal giunco palustre e fragmiteto,inframmezzati si aprono estesi prati acquitrinosi idealiper la sosta di molti limicoli tra i quali i beccaccini, lepittime reali, le pantane e anatre di superficie e profon-dità. Dai punti di avvistamento situati in luoghi strategi-ci, è possibile osservare, studiare e fotografare molti diquesti uccelli senza arrecare nessun disturbo.Anche le acque del lago sono ricche di vita, il luccio, ilcoregone, la tinca e il persico reale sono le specie più fre-quenti che popolano questo specchio d’acqua, che godedi una buona integrità biologica grazie al controllo degliscarichi, all’uso dei fitofarmaci e all’interdizione deinatanti con motore a scoppio. Le zone agricole sonooccupate dalla ormai tradizionale coltivazione della noc-ciola, attività che ha notevolmente favorito lo sviluppoeconomico e sociale dei comuni che si affacciano sullaValle di Vico.La Riserva Naturaleè impegnata nellaconservazione etutela di questoingente patrimonionaturalistico, cultu-rale ed economicoattraverso una co-stante ed attentaazione di controllodel territorio, maanche di promozio-ne di attività didatti-che, di educazioneambientale e di ri-cerca scientifica.

La Riserva Naturaledel Lago di Vicoa cura del Comune di Caprarola

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Il parco pubblico di Villa Torlonia si trova ubicato lungola via Nomentana, al confine nord tra II e III Municipio,ed occupa una superficie totale di circa 132.000 mq.In seguito a turbolente vicende storiche (come l’occu-pazione da parte dell’esercito alleato nel 1946, durataben due anni) e dopo decenni di degrado e abbandono, èstata acquisita nel 1978 dal Comune di Roma, che hainiziato di recente un progetto di recupero articolato inuna serie di interventi di “restauro” e di manutenzioneprogrammata.

CENNI STORICIPer il suo processo di sviluppo dinamico e continuo, sep-pur ripetitivo, un giardino non si può mai considerareuguale a se stesso, poiché volumi, forme e colori cam-biano nell’anno e risentono degli influssi e delle trasfor-mazioni storiche, culturali nonché temporali e il parco diVilla Torlonia non si è sottratto a questa regola. La villa ha una prima fase di appartenenza alla famigliaPamphilj (dalla fine sec. XVII a metà del sec XVIII); lafamiglia Colonna viene poi in possesso della Villa tra il1760 ed il 1797 ma questo periodo non modificasostanzialmente l’assetto dell’area che mantiene il carat-tere tipico di una vigna. A questa primitiva funzione di vigna, come tenuta agri-cola dei Pamphilj, trasformata successivamente in unaresidenza confortevole, si sono succedute trasformazionioperate dai Torlonia (il 1797 è l’anno del contratto diacquisto di Giovanni Torlonia) che ne hanno modificato

le funzioni e il disegno architettonico. In effetti la tipologia rurale con presenza di edifici acarattere di svago era un modello molto diffuso sulla ViaNomentana , come in altre zone campestri a ridosso dellacinta muraria.Fin dal sec XVII Via Nomentana era fiancheggiata danumerose tenute con vitigni, canneti, frutteti, che nelcorso dei sec. XVII e XVIII si trasformarono in vere eproprie residenze fastose.Questa fase, che inizia con il periodo di GiovanniTorlonia, segna l’inizio della trasformazione della tenutada residenza a carattere rurale, a complessa e sontuosadimora articolata in vari corpi architettonici a temaimmersi nel verde.Il parco, ricco di scorci paesaggistici a “scene”, presentauna struttura planimetrica differenziata tra la zona diintervento del Valadier nei primissimi anni del 1800 anord della villa, con i suoi viali alberati rettilinei e sim-metrici di cui rimangono testimonianze vicino al Palazzoprincipale, e la zona sud progettata da Giuseppe Jappelli,noto paesaggista della prima metà del 1800, con viali adandamento libero e sinuoso tipico dell’impostazioneall’inglese.In effetti il sovrapporsi di stili e gusti nel corso degli anniha impresso all’intero complesso un diffuso gusto eclet-tico, evidente sia negli organismi architettonici sia nellastrutturazione attuale del parco, rendendo difficile l’i-dentificazione di un linguaggio unitario da adottare nellescelte progettuali.

Villa Torloniaa cura del Comune di RomaFoto di Luciano Rossetti

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PROGETTO SI SISTEMAZIONE, RESTAURO ED ADEGUA-MENTO FUNZIONALEIl progetto attuale si basa innanzitutto sull’analisi dellefonti bibliografiche a disposizione: si tratta perlopiù didescrizioni della villa riportate da storici esistenti all’e-poca, in particolare L. E. Audot e G. Checchetelli.E’ stato inoltre di fondamentale importanza lo studiodella cartografia storica con particolare riferimento adun rilievo topografico contenuto nel Fondo Torlonia del1915 c.a, che ha permesso di risalire in maniera precisaal periodo di transizione, tra il 1800 e lo stato attuale.Nel rilievo infatti, sono ancora visibili i percorsi delloJappelli ed una parte del viale alberato progettato dalValadier che veniva riportato già dal catasto gregorianodel 1818. Si è quindi proceduto alla comparazione tra ivari periodi, attestandosi particolarmente al rilievo del1915.Il progetto si concentra sul recupero degli elementi stori-co-naturalistici ancora visibili, prevedendo interventicompatibili con l’assetto attuale. Nel giardino sarà necessario reintegrare la vegetazioneesistente con specie esotiche sempreverdi, fioritureannuali, arbusti e rampicanti presenti nell’impianto deiprimi anni del 1900 e venuti a mancare nel corso deglianni, al fine di ricreare le sensazioni e le percezioni chetale vegetazione doveva suscitare nel visitatore deltempo.A tale scopo mirano anche gli altri interventi previsti cheriguardano in particolare:

* il ripristino del viale del Valadier con la riapertura inasse del percorso in prosecuzione del tratto esistente, sullato ovest del Palazzo principale. L’intervento intendericostituire il nuovo tratto di viale, ormai cancellato, dilarghezza minore rispetto all’originale, evitando cosìeccessive forzature sull’attuale morfologia del terreno;* il restauro del laghetto artificiale, risalente alla primametà del 1800, allo scopo di recuperare l’immagine ori-ginaria, attualmente non più percepibile per la folta ve-getazione che ne nasconde i margini ed il fondo. E’ pre-vista un’opera di bonifica ed il riassetto ex novo del si-stema idrico, con l’utilizzo di mezzi meccanici per ilriciclo e la depurazione delle acque;* il ripristino dei percorsi sinusoidali tipici del giardinoromantico, come risultano da un bozzetto del 1839 dellostesso Jappelli, ed ancora ben visibili nel rilievo del1915;* il riassetto della montagnola artificiale, risalente alperiodo di intervento dello Jappelli (intorno al 1839),che presenta forti segni di degrado, con smottamenti esuccessive cadute di essenze arboree. Sono previstiinterventi di ingegneria naturalistica che, oltre a consoli-dare terreni franosi vengono utilizzati per rinverdiresuperfici nude e pressochè sterili, per controllare la forzaerosiva dell’acqua, evitando di usare materiali come ilcemento e utilizzando materiali vivi che porteranno allaricostituzione dell’ecosistema intorno alla montagnola,ormai perso nel tempo;* il restauro della Tribuna con Fontana, menzionata nella

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Perizia Parisi come “una colossale giardiniera” compo-sta da lastre in peperino e decorata “...a stagione oppor-tuna di vasi contenenti piante di fiori più variopinti”.

SCELTA DEI MATERIALII percorsi esistenti sono attualmente in cattive condizionie sono previsti interventi di adeguamento strutturale efunzionale.E’ prevista la realizzazione di un sistema fognario checonvoglierà le acque meteoriche verso il collettoreesistente. Il deflusso delle acque sarà affidato al partico-lare profilo a schiena d’asino dei percorsi, che sarannocostituiti da uno strato di bonifica, uno strato di mate-riale drenante, uno strato di pozzolana stabilizzata e unafinitura di granello di fiume compattato. I materiali proposti tengono conto del risultato estetico,ponendo comunque grande attenzione alla praticità difruizione dei percorsi anche con mezzi come carrozzine,passeggini o simili.La definizione delle aiuole, in molti casi ormai obsoleta,sarà delineata da una scogliera (orlatura in tufo arro-tondato), che si presenterà bassa nelle zone piane emedia nei declivi, dove è forte il contenimento di terra,così come veniva realizzato nell’ottocento. Dove possi-bile si ricaveranno sedute all’interno delle scogliere piùalte.Le zone a prato resteranno invariate, si propone solo illoro rifacimento con specie più idonee ed eliminando leinfestanti.

ARREDIPer ricreare un’ambientazione la più vicina possibileall’originario, tutti i componenti di arredo saranno rea-lizzati in ferro battuto; alcuni sono stati disegnati apposi-tamente dall’arch. Massimo Carlieri, come ad esempio idue gazebo, le panchine in stile ed alcune recinzioni diprotezione.I lampioni saranno del tipo a lanterna, già utilizzati perla Casina delle Civette.I cestini dei rifiuti saranno del tipo “a mangiatoia”,ritenuti i più idonei stilisticamente.Si è pensato inoltre, come d’altronde già d’uso in alcuneparti della villa, di utilizzare alcuni elementi in marmo(parti di cornicione in travertino, lastroni, ecc., sparsinella villa stessa) per costituire la formazione di pan-chine composite da collocare opportunamente.

PROGRAMMA DI MANUTENZIONENell’attuale progetto si è data particolare importanza allaprogrammazione manutentiva. A tal proposito sono stateelaborate schede relative alle specie vegetali (che sonostate censite e numerate) presenti nella Villa, con dati dicarattere generale e specifico nonchè indicazioni sullecure e gli interventi adeguati e schede relative agli altrielementi strutturali e morfologici che compongono il“sistema parco” di Villa Torlonia.

* * * * * * * * * *

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RELAZIONE VEGETAZIONALELa progettazione dell’intervento di recupero vege-tazionale prende le mosse dal rilievo dello stato di fattodi tutta la vegetazione compresa nell’area d’intervento(circa 126.000 mq rispetto ai totali 132.000 mq).La fase del rilievo vegetazionale ha messo in lucel’evoluzione subita dall’impianto vegetale nel corso del-l’ultimo secolo rispetto all’assetto ricostruibile attraver-so la documentazione storica, evoluzione che ha rivelatoaspetti peculiari anche in conseguenza dell’uso impro-prio del periodo della seconda guerra mondiale (realiz-zazione degli orti di guerra), cui ha fatto seguito un veroe proprio degrado durante l’occupazione da parte delcomando delle truppe anglo-americane, con molti abbat-

timenti per esigenza di spazi di manovra dei mezzi e conla distruzione di gran parte dei residui allestimenti orna-mentali del Parco.In seguito all’acquisizione da parte del Comune di Romae all’apertura al pubblico nel 1978, gli interventi sulParco, ad esclusione dell’area circostante la Casina delleCivette, sono stati limitati alla bonifica iniziale e poi aduna gestione ordinaria per garantirne la fruizione pubbli-ca.

Allo stato attuale si possono indicare tre principalianomalie dello stato vegetale arboreo :- proliferazione di specie estranee;- predominio di specie;- fenomeni patologici.

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PROLIFERAZIONE DI SPECIE ESTRANEEIn diverse aree del Parco sono state rilevate aree di colo-nizzazione di Robinia pseudoacacia, Ailanthus altissimae Celtis australis che hanno assunto in alcuni casi carat-tere di “infestazione” sia perché non previsti dal pianovegetazionale sia per il particolare vigore che caratteriz-za queste specie che fa sì che ne risultino penalizzate lealtre, che vengano invase aree destinate a prato ed infineche vere e proprie alberature crescano a ridosso di muradi cinta o di altri manufatti.

PREDOMINIO DI SPECIEQuesto fenomeno è stato rilevato diffusamente nell’areadel Parco e consiste nell’acquisto di importanza dialcune specie, tra quelle previste nel progetto vege-tazionale, a danno di altre come conseguenza di un ca-rente intervento manutentivo.Il riferimento è fatto specificamente al Laurus nobilis,che nel corso degli anni ha perduto il carattere di speciedello strato arbustivo ed è andata assumendo portamen-to arboreo, finendo per caratterizzare interi settori delParco.

FENOMENI PATOLOGICISono state rilevate alcune alterazioni patologiche signi-ficative, seppure su una quantità limitata di soggettirispetto all’insieme della popolazione vegetale:- sull’intero “boschetto di castagni” (Castanea sativa)nell’area limitrofa alla Casina delle Civette ;- sul gruppo di palme (Phoenix canariensis) delle areecomprese tra l’ingresso di via Nomentana e il Palazzo;

- su soggetti di Quercus ilex in varie zone del parco.

All’individuazione dei soggetti interessati da questifenomeni seguirà un’indagine fitopatologica nonchésulla stabilità della pianta (VTA) per definire puntual-mente necessità e interventi.E’ doveroso aggiungere all’elenco delle anomalie ilfenomeno dell’erosione dei terreni, particolarmente si-gnificativo nell’area della collinetta artificiale, situata difronte alla Casina delle Civette, e del viale di palme difronte all’ingresso di via Nomentana.Per quanto riguarda invece lo strato vegetale erbaceo, ildegrado delle coperture è riconducibile all’eccesso dicompattamento per calpestio, derivante dalla carenza dipercorsi delimitati, che nel corso degli anni ha causato laproliferazione di numerosi sentieri spontanei.

L’INTERVENTOL’intervento di restauro vegetazionale del Parco prevedeprincipalmente 5 elementi:1. il ripristino, con reintroduzione o sostituzione diesemplari, di quegli elementi del progetto vegetale origi-nario considerati significativi non più pienamentericonoscibili allo stato attuale;2. ripristino di un asse prospettico ad est e ad ovest, conil Palazzo sullo sfondo, ricreando due viali di Quercusilex secondo la disposizione originaria del progetto diValadier;3. ripristino dei due cerchi di Phoenix canariensis nelleaiuole ai piedi della scalinata del Palazzo;

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4. ripristino del “boschetto di castagni”;5. reintroduzione di fioriture invernali di grande taglia(Camellia japonica) e di bulbose ed erbacee perenni.

Il secondo elemento che caratterizza il progetto consistein una serie di interventi di manutenzione conservativa estraordinaria:- potatura di riequilibrio delle essenze arboree;- potatura di contenimento e sagomatura delle essenzearbustive;- eliminazione di alberi da riformare e di ceppaie;- bonifica di aree degradate con eliminazione selettiva divegetazione arborea e/o arbustiva;- rigenerazione di tappeti erbosi.

La realizzazione ex novo di un impianto di irrigazionenelle porzioni ricoperte da prati, permetterà, infine, dimantenere anche nel periodo estivo una buona coperturavegetale e di evitare, insieme alla risistemazione dell’in-tera rete di percorsi, un eccessivo compattamento dei ter-reni.

Complemento indispensabile per il complesso di inter-venti di restauro fin qui descritti sul parco di VillaTorlonia, deve essere considerata la programmazione diun piano di manutenzione straordinaria e ordinaria nonsolo finalizzato al mantenimento di un elevato standardqualitativo relativamente alla fruizione, ma anche esoprattutto alla tutela e valorizzazione di un insiemeunico e pregevole di elementi storico-architettonici enaturalistici.