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VIVAISMO Arbutus unedo: il corbezzolo 3 torsanlorenzo Informa Informa Pubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo Sommario PAESAGGISMO L’isola di Pantelleria vista da un architetto paesaggista 18 VERDE PUBBLICO La Real tenuta ‘La Favorita’ 21 Villa Sciarra il restauro vegetazionale seconda fase dei lavori 26 NEWS Corsi, libri, mostre 31 Foto di copertina: vedute dell’azienda Geo Piante Export - Gruppo Vivai Torsanlorenzo Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 15/2003 del 01.09.2003 Pubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo Via Campo di Carne, 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. +39.06.91.01.90.05 Fax +39.06.91.01.16.02 http://www .vivaitorsanlorenzo.it e-mail: [email protected] Anno 6 - numero 11 Novembre 2004 - Diffusione gratuita Direttore Editoriale: Mario Margheriti Direttore Responsabile: Giancarla Massi Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti, Silvia Margheriti, Liana Margheriti Via Campo di Carne 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. +39.06.91.01.90.05 Fax +39.06.91.01.16.02 e-mail: tslinfor [email protected] Realizzazione: Consorzio Verde Torsanlorenzo Sara Campegiani Stampa: CSR S.r.l. Via di Pietralata 157, 00158 - Roma CONVEGNI Escursione-dibattito dell’Accademia dei Georgofili sulle attività florovivaistiche nell’Agropontino 7 RIQUALIFICAZIONE BOTANICA Per il nuovo aspetto del litorale di Roma 28 CONFERENZE La natura modello di riferimento per parchi e giardini 12

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VIVAISMOArbutus unedo: il corbezzolo 3

torsanlorenzoInformaInformaPubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo Sommario

PAESAGGISMOL’isola di Pantelleria vista da un architetto paesaggista 18

VERDE PUBBLICOLa Real tenuta ‘La Favorita’ 21

Villa Sciarra il restauro vegetazionaleseconda fase dei lavori 26

NEWSCorsi, libri, mostre 31

Foto di copertina: vedute dell’azienda Geo Piante Export - GruppoVivai Torsanlorenzo

Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 15/2003 del 01.09.2003Pubblicazione mensile del Consorzio Verde TorsanlorenzoVia Campo di Carne, 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. +39.06.91.01.90.05Fax +39.06.91.01.16.02http://www.vivaitorsanlorenzo.ite-mail: [email protected]

Anno 6 - numero 11Novembre 2004 - Diffusione gratuita

Direttore Editoriale: Mario MargheritiDirettore Responsabile: Giancarla Massi

Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti,Silvia Margheriti, Liana Margheriti

Via Campo di Carne 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. +39.06.91.01.90.05Fax +39.06.91.01.16.02e-mail: [email protected]

Realizzazione: Consorzio Verde TorsanlorenzoSara Campegiani

Stampa: CSR S.r.l.Via di Pietralata 157, 00158 - Roma

CONVEGNIEscursione-dibattito dell’Accademia dei Georgofilisulle attività florovivaistiche nell’Agropontino 7

RIQUALIFICAZIONE BOTANICAPer il nuovo aspetto del litorale di Roma 28

CONFERENZELa natura modello di riferimento per parchi e giardini 12

Arbutus unedo: il corbezzolodi Roberta Malossi

Il termine generico Arbutus ha un’antichissima deriva-zione di origine celtiche ar = aspro, butus = cespuglio,mentre quello specifico unedo deriva dal latino unus =uno, edo = mangio ‘ne mangio uno solo’, gli fu assegna-to da Plinio il Vecchio facendo una chiara allusione allascarsa gustosità dei suoi frutti.I romani gli attribuivano poteri magici. Virgilio, nell’Eneide, afferma che sulle tombe i parentidel defunto erano soliti depositare rami di corbezzolo.Si dice che porta fortuna tenere appeso in casa un ramo-scello di Corbezzolo con tre frutti.Il significato di questa pianta è “la stima” e la biancacampanula ha evocato nel linguaggio dei fiori il simbo-lo dell’ospitalità.

Molte sono le sue caratteristiche, oltre ad essere una bel-lissima pianta ornamentale adatta per la costituzione disiepi, è una specie utile per la fauna selvatica, utile pergli insetti impollinatori ed inoltre produttrice di frutticommestibili e di ricette officinali.ma andiamo per ordine…

Caratteristiche botaniche

Arbutus unedo è il suo nome scientifico, ma volgarmen-te è da tutti conosciuto con il nome di corbezzolo o connomi dialettali come lellarone, ciliegia marina o alba-stro.Fa parte della famiglia delle Ericaceae che si caratteriz-za per la presenza di piante Dicotiledoni, erbaceae, arbu-stive o arboree, con foglie persistenti, verticillate fioricampanulati, penduli, bianchi o rossi, in racemi, pannoc-chie od ombrelle; ne fanno parte l’erica e i rododendri.Comprende 20 specie d’alberelli e arbusti rustici, sem-preverdi.Il corbezzolo è una pianta dalle dimensioni variabili, dapiccolo arbusto ad albero, con chioma densa, tondeg-giante, irregolare, di colore verde carico, con il troncocorto, eretto, sinuoso e densamente ramificato, presentauna scorza sottile e può raggiungere un’altezza che variada 1 a 8 metri.I rami più giovani sono giallastri e pelosi, mentre gli altrirami e il fusto sono ricoperti con una corteccia di uncolore bruno - rossiccio, rugosa e fessurata, che si sfaldain sottili placche allungate. Le foglie, alterne, brevemente picciolate, glabre, hannola lamina obovato - lanceolata, lucide e di colore verdescuro sulla superficie superiore, opache e verdi più chia-re con nervature bianche prominenti, nella superficie

inferiore.Il margine è seghettato con piccoli denti acuti, la consi-stenza è coriacea.I fiori, ermafroditi e attinomorfi, sono presenti da ottobrea marzo nella parte terminale dei rami, sono riuniti inpiccoli racemi penduli di colore bianco crema o rosato.Ogni fiore (da 5 a 35) è formato da una corolla orciola-ta, cioè ristretta all’orlo e rigonfia nel mezzo come unotre, che termina con cinque piccoli denti volti verso l’e-sterno.Nell’autunno dell’anno seguente danno origine ai frutti,bacche rotonde, del diametro di circa 2cm., carnose, conla superficie granulosa - turbercolata, di un bel rosso -arancio, contengono nel loro interno numerosi piccolisemi, a maturità quando diventano di colore rosso scurohanno il sapore dolciastro. La particolarità di questa piante sta nel fatto che nellastessa pianta si trovano frutti maturi e fiori contempora-neamente.

Habitat

Originari del bacino del Mediterraneo e della costaatlantica fino all’Irlanda.

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Particolare dei frutti e dei fiori

In macchie o leccete, su terreno siliceo, è una specieautoctona ubiquitaria su tutto il territorio regionale da 0a 800 metri. Il corbezzolo predilige i terreni leggermente acidi e tol-lera male, invece, i terreni calcarei. Ama il pieno sole, ilclima temperato e le stazioni riparate dai venti freddi.E’ una specie tipica del sud è presente in tutto il bacinodel Mediterraneo, ma gravita soprattutto nel settore occi-

dentale.Si trova abbondante nel sottobosco di pinete litoranee eleccete; insieme con altri arbusti quali il lentisco(Pistacia lentiscus), il leccio (Quercus ilex), la Phillirea(Phillyrea angustifolia), l’erica arborea e il mirto(Myrtus communis), la tipica macchia mediterranea.La sua diffusione è stata agevolata anche dall’uomo chespesso la coltiva sia per i suoi frutti eduli di sapore par-ticolare, sia perché è un arbusto sempreverde, tra gli ele-menti più decorativi della macchia mediterranea. E’ facile trovarlo nelle macchie e nei boschi delle zonecostiere dove talvolta forma dei veri e propri boschetti,si rinviene anche nell’interno sempre però a bassa quotae in ambienti molto soleggiati. Bellissimi esemplari di questa pianta si trovano inPuglia, nel bosco Luca Giovanni di Sorrano in provinciadi Lecce e nel Bosco del Compare a nord di Brindisi.A Ponza, esistono piante solamente coltivate, mentrenella vicina Zannone i corbezzoli costituiscono unodegli elementi più decorativi della macchia naturale,presentando un insieme armonioso di colori brillanti(verde, bianco e rosso) dovuto alla contemporanea pre-senza delle foglie, dei fiori e dei frutti, caratteristicacomune a molte specie tipiche dei paesi caldi.È una pianta xerofila, capace di sopportare condizioni disiccità prolungata mantenendo l’equilibrio idrico fraassunzione e dispersione d’acqua grazie ad una partico-lare adattabilità fisiologica e morfologica.Nei boschi distrutti da un incendio, grazie alla sua capa-cità di emettere rapidamente vigorosi polloni dopo ilpassaggio del fuoco, il corbezzolo è una delle prime spe-cie legnose che riprende a vegetare, per questa caratteri-stica ha una certa importanza forestale. Trova impiego nei rimboschimenti per scopi ambientali,

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Arbutus unedo a cespuglio Arbutus unedo in contenitore

Esemplare di Arbutus unedo

Arbutus unedo ad alberetto

protettivi ed antierosivi.Adatto per parchi e giardini o a gruppi associati ad altrepiante ornamentali.

Tecniche colturali

La tecnica varia in funzione del contesto in cui le pianti-ne devono essere inserite: se l’area d’impianto è giainvestita da altre specie botaniche è opportuno ripulire ilterreno, quindi scavare una buca di dimensioni variabiliin proporzione alla grandezza dell’apparato radicaledella pianta o del pane di terra che lo avvolge.E’ necessario per porre a dimora correttamente le pianteche il colletto rimanga a livello della superficie del ter-reno inoltre è sempre utile prevedere una concimazionedi fondo meglio se organica a base di letame.Effettuare l’impianto preferibilmente nei mesi autunnalio primaverili quando le condizioni climatiche non sononé troppo rigide né caratterizzate da caldo eccessivo.Le piante, preferibilmente giovani, sia provengano daseme (riprodotta in marzo) che da talea semilegnosa (inluglio su terriccio fogliaceo sabbioso che deve esseremantenuto costantemente umido), a radice nuda o conpane di terra che siano, devono essere sane, ovvero esen-

ti da virus o da altre malattie fungine o provocate dainsetti: cosa molto importante ai fini di un buon attecchi-mento.Se successivamente all’impianto seguono giorni siccito-si è necessario irrigare le piantine. Quando possibile,sarebbe opportuno anche distribuire del concime.Occorre controllare lo sviluppo d’erbe infestanti in pros-simità delle piantine.Per avere una buona siepe, che svolga in modo ottimotutte le sue funzioni, è necessario effettuare periodica-mente delle potature per evitare un eccessivo inselvati-chimento delle piante. In questo modo, effettuando deipiccoli interventi, si riescono a mantenere in salute lepiante e si riesce ad ottenere tutta una serie di prodottisecondari che il corbezzolo può offrire.Nelle regioni troppo fredde inizialmente va protetto daigeli invernali.

Utilità nel biologico

Non è stata riscontrata la presenza abituale d’insettientomofagi (denominazione degli insetti predatori oparassiti d’altri insetti) utili sull’arbusto, è comunqueimportante nel ripristino della biodiversità, ossia nelladifferenziazione biologica tra gli individui di una stessaspecie, in relazione alle condizioni ambientali, perché èla specie nutrice della larva del lepidottero Chrexesjasius osservato nelle Pianelle di Martina Franca.Questa specie, data l’epoca di fioritura tipicamente esti-vo - autunnale, può invece risultare utile per incrementa-re la presenza di pronubi, necessari in questo periodo pergarantire l’impollinazione di piante ortive tardive quali ilpomodoro, il peperone, la melanzana, le zucchine, colti-vate sia in pieno campo che in ambiente protetto. Tra i più efficienti insetti pronubi ci sono gli apidi (fami-glia d’imenotteri aculeati, con livree di colori vari e contegumenti più o meno villosi; possono essere solitari osociali; le società sono costituite dai maschi alati (fuchi),dalle femmine feconde alate (operaie).Gli adulti si nutrono di nettare, mentre le larve sononutrite con nettare e con polline, mescolati ad una quan-tità più o meno grande di saliva, e anche con la pappareale, sostanza ricca di vitamina B, secreta da alcuneghiandole delle api operaie.La produzione di frutti minori, rende comunque il cor-bezzolo una specie interessante.

Raccolta e uso alimentare

La parte utilizzabile a scopo alimentare è esclusivamen-te rappresentata dai frutti, detti volgarmente albatre,albetrelle o corbezzole o anche cerase marine, sono rac-colti ben maturi in autunno quando risaltano per il lorocaratteristico colore rosso.

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Tronco di un esemplare di Arbutus unedo

Hanno il sapore dolce piuttosto gradevole e possono esse-re mangiati semplicemente crudi o anche cosparsi di zuc-chero con l’aggiunta di un vino liquoroso. Con tali frutti si possono fare ottime marmellate, bibitefermentate molto dissetanti, una buonissima acquavite eperfino un tipo d’aceto. In Algeria e in Corsica, dai fruttise ne ricava il vino detto “di corbezzolo”Se i frutti sono mangiati crudi in grandissima quantità pos-sono produrre un senso d’ubriachezza e di vertigine.Dai fiori del corbezzolo le api ricavano un miele moltosaporito, dal sapore leggermente amaro.Nella medicina popolare il decotto fatto con le foglie èconsiderato antireumatico e buon astringente intestinale,effetto astringente ha anche la conserva preparata con ifrutti.Le foglie hanno proprietà medicinali astringenti intestina-li e antidiarroiche, contengono un principio attivo, l’arbu-toside, che conferisce loro proprietà diuretiche e disinfet-tanti del tratto uro-genitale, in antichità erano usate comealimento per le pecore e i bovini.La corteccia contiene tannini utilizzati industrialmente,per la produzione di coloranti e per la concia delle pelli.Il suo legno rossastro si presta bene per piccoli lavori arti-gianali e dà un eccellente carbone, con il tronco si faceva-no i pali per le piante o veniva usato come legna da arde-re.Probabilmente sarebbe possibile selezionare qualità confrutti più saporiti, com’è stato fatto per il colore dei fiori;ne esiste, infatti, una varietà rubbia decisamente con fiorirosei ed anche frutti più colorati.

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Vedute di Arbutus unedo in contenitore

Particolare dei fiori di Arbutus unedo

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L’Accademia dei Georgofili ha voluto effettuare, dal 13al 15 ottobre di quest’anno, una escursione-dibattitonell’Agropontino con lo scopo di approfondire le cono-scenze sulle attività florovivaistiche in atto. Le visite inloco e il contatto diretto con gli operatori dell’agricoltu-ra è una delle molteplici attività che l’Accademia svolgefin dalla sua fondazione che risale al 4 giugno 1753 conlo scopo di contribuire al progresso delle scienze e delleloro applicazioni all’agricoltura in senso lato, alla tute-la dell’ambiente, del territorio agricolo e allo sviluppodel mondo rurale. L’Accademia consegue tali intenti:promuovendo studi, ricerche, esperimenti, discussioni;organizzando letture, convegni, tavole rotonde, giornatedi studio, corsi di perfezionamento, ecc.; promuovendol’istituzione di osservatori, laboratori, centri, commis-sioni di studio, anche come strutture dell’Accademiastessa; pubblicando gli Atti accademici, studi, inchieste,monografie, periodici e raccolte di opere; collegandosinello svolgimento del proprio lavoro, con gli istituti affininazionali, internazionali ed esteri; amministrando fon-dazioni e contributi per il conferimento di premi a lavo-ri di carattere scientifico, per l’attuazione di determina-ti studi o per attività benemerite per il progresso scien-tifico e lo sviluppo; raccogliendo nei propri archivi enella biblioteca documenti e pubblicazioni da tenere adisposizione del pubblico. Così recitano i primi due arti-coli del suo statuto ed in questa direzione opera da più didue secoli e mezzo.

La scelta di una escursione in questa realtà è stata detta-ta, oltre che dall’antico legame dell’Accademia col terri-torio il cui risanamento idraulico è stato possibile graziealla legge sulla bonifica integrale ispirata proprio dall’al-lora Presidente dei Georgofili prof. Arrigo Serpieri dal1926 al 1944, dal ruolo eminente assunto dalle aziendeflorovivaistiche dell’Agropontino.

Gli Accademici ed i loro ospiti hanno iniziato l’escursio-ne il 13 ottobre con la visita ai Vivai del Circeo di pro-prietà di una famiglia storica del vivaismo italiano, gliAnsaloni, ed in particolare da Arturo che comincia l’at-tività in Agropontino con una produzione vivaistica tra-dizionale al quale succede Edo che, con spirito pionieri-stico e grande lungimiranza, nel 1958 comincia la colti-vazione in contenitore e si può considerare senza dubbio

l’iniziatore nel nostro Paese di questa tecnologia che fasua a seguito di un viaggio negli USA. Il vivaio diventaesclusivamente di piante ornamentali con un ampioassortimento di specie anche abbastanza inusuali affida-te ora a Francesco che continua l’opera del padre e delnonno. Edo e Francesco hanno accolto i partecipanti congrande entusiasmo preparando anche una breve rassegnadella storia dell’azienda ed hanno dialogato in manieraaperta e appassionata con i partecipanti che hannoespresso tutto il loro apprezzamento. Nella serata dellostesso giorno Piergiulio Subiaco illustra, con dovizia diriferimenti geologici e storici, la bonifica integraledell’Agropontino e ne mette in luce i differenti risvoltifino alle tecniche attuali di gestione.

La giornata successiva è stata particolarmente intensa edè cominciata con la visita alle due aziende della LazzeriFlorplant, specializzate nella produzione di giovanipiante da fiore, alle quali si affiancano l’azienda-madredi Merano destinata quasi esclusivamente alle attività dicoordinamento strategico e di ricerca e sviluppo e un’a-zienda localizzata in Brasile dedicata alla coltivazione di

Escursione-dibattitodell’Accademia dei Georgofili

sulle attività florovivaistiche nell’Agropontinodi Giovanni Serra

Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna, Pisa

Parte delle serre dei Vivai Torsanlorenzo

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piante madri le cui talee vengono spedite in tutto ilmondo. L’organizzazione aziendale e la cura che vieneposta nella gestione del materiale di propagazione, inparticolare per quel che riguarda gli standard di produ-zione e la prevenzione sanitaria, hanno suscitato l’ap-prezzamento unanime dei partecipanti all’escursione.Partecipanti che hanno visto pienamente soddisfatte lenumerose domande rivolte ai tecnici che hanno avuto lacortesia di guidare la visita alle due aziende illustrando-ne le caratteristiche e sottolineando l’attenzione cheviene rivolta ai clienti attraverso una serie di serviziaggiuntivi. Carlo Lazzeri, floricoltore illuminato scom-parso prematuramente, che cominciò questa avventuranell’Agropontino sarebbe stato certamente molto soddi-sfatto di quanto i suoi figli hanno realizzato e realizze-ranno ancora. La seconda parte della mattinata è statadedicata all’azienda dei Fratelli Rossi, specializzatanella produzione di fiori recisi di rosa. La competenza ela cortesia di Giorgio Rossi è stata molto apprezzataanche per la disponibilità con cui ha risposto ai numero-si quesiti – di carattere colturale, tecnologico e commer-ciale – che gli sono stati rivolti. Si tratta, fra tutte leaziende visitate, di quella che si trova maggiormenteesposta alle pressioni competitive che vengono soprat-tutto dai Paesi emergenti alle quali reagisce con un tur-nover varietale rapido e con tecnologie produttive ecommerciali efficaci ed efficienti.Nel pomeriggio, il gruppo è stato ospite dell’Altiflor cheha entusiasmato i visitatori sia per le molteplici e funzio-

nali soluzioni impiantistiche adottate che per la qualitàdi un’ampia e diversificata articolazione produttiva dipiante fiorite in contenitore. La guida di Luca e AndreaAltieri, estremamente cortese e competente, ha consenti-to di apprezzare un’azienda in costante crescita che gra-zie alla grande flessibilità produttiva e commerciale ècapace di reagire ed adeguarsi pressoché in tempo realead un mercato sempre più esigente ed in continua evolu-zione. L’azienda appare reggersi su due pilastri, uno rap-presentato dalle solide radici friulane che conferisconotenacia e determinazione ed uno moderno di tagliomanageriale, che si fondono per dare a questa aziendauna solidità ed una vitalità fuori dal comune. Questaimpressione è stata confermata da quanto emerso nellaserata conviviale, che ha chiuso la giornata, in cui l’ar-guzia e l’umanità di Odorico Altieri hanno suscitato unainusitata e profonda emozione nell’uditorio che ha ascol-tato con grande partecipazione la ricostruzione, senzaretorica, della vita di questa famiglia. Le parole di grati-tudine e di devozione espressi da Odorico Altieri neiconfronti della moglie, la stima manifestata nei confron-ti di Luca e Andrea che va oltre il naturale amor filiale,hanno fatto riflettere e commuovere tutti facendo passa-re in secondo piano le innegabili benemerenze imprendi-toriali, oscurate dalla manifestazione di valori familiaricosì elevati. Le parole di Odorico, che ringraziamoanche per aver superato il naturale pudore a parlare inpubblico di sentimenti così intimi, è stata una grandelezione di umanità non facile da dimenticare.

Cupressus sempervirens Vivai Torsanlorenzo. Vedute di piante in contenitore

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I Vivai Torsanlorenzo hanno ospitato l’ultima giornatadi questa escursione ed hanno assicurato una conclusio-ne esaltante con la visita aziendale, il dibattito ed unacolazione deliziosa. Mario Margheriti, il prototipo del-l’imprenditore, ha illustrato con passione e dovizia diparticolari la nascita e la crescita del Gruppo che a lui facapo e che, in un lasso di tempo molto breve, ha rag-giunto dimensioni davvero straordinarie. Il Gruppo, accanto all’attività imprenditoriale, ha svi-luppato anche una serie di iniziative meritorie come l’e-dizione di questa rivista, ‘Torsanlorenzo Informa’, che èben più di un semplice House Organ; il ‘PremioInternazionale Vivai Torsalorenzo’, destinato a progetti

paesaggistici e di recupero ambientale; il ‘PremioPrestigio’, destinato a personalità che si siano distinteper la loro attività nel settore del verde; iniziative di for-mazione e divulgazione destinate in particolare a perso-ne a diversa abilità. Ma torniamo alla visita. I numerosissimi e diversificatiesemplari allevati in contenitore, molti dei quali didimensioni inusitate, hanno suscitato un grande stuporee tanta ammirazione da parte di tutti. Tutta l’organizzazione e la struttura aziendale, assoluta-mente moderna e funzionale, è stata illustrata con gran-de disponibilità e passione da parte di Mario Margheritiche alle notazioni di carattere biologico ed ecologico

Prof. Giovanni Serra Prof. Edo Ansaloni, Prof. Angelo Garibaldi, Prof. FrancoScaramuzzi

Luca Altieri, Prof. Angelo Garibaldi, Prof. Franco Scaramuzzi, Prof. Franco Tognazzi, Prof. Giovanni Serra

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non mancava di accoppiare quelle paesaggistiche e com-merciali con una capacità di analisi e di sintesi di raraefficacia espositiva. I numerosi quesiti postigli hannotrovato sempre risposte puntuali ed esaurienti che hannoreso la visita, seppure limitata rispetto alle dimensioniaziendali, veramente interessante e piacevole. La conse-gna a ciascun partecipante del catalogo 2005 - un tratta-to corposo che non trova eguali non solo per la quantitàdi piante esposte ma anche per la precisione dellanomenclatura, la puntualità delle descrizioni e le nume-rosissime e pregevoli illustrazioni che impreziosiscono ilcatalogo stesso – ha completato la visita.Nel bellissimo salone dell’azienda ha avuto quindi inizioil dibattito che è stato aperto dal Presidentedell’Accademia che ha riassunto brevemente questegiornate ricordando quanto visto e ascoltato ed espri-mendo vivissimo compiacimento per queste stupefacen-ti realizzazioni. Nel congratularsi con tutti i protagonisti,

ha consegnato a ciascun imprenditore la medaglia com-memorativa coniata per il 250° anno di attivitàdell’Accademia, ed ha espresso particolare gratitudinenei confronti di Mario Margheriti e di tutto lo ‘staff’ pre-sente: le figlie-collaboratrici Silvia, Elisabetta e Liana;l’insostituibile Giancarla Massi e la cortese SilvanaScaldaferri. Un ringraziamento molto caloroso ha rivol-to a Luca Altieri che ha svolto un ruolo essenziale nel-l’organizzazione e nello svolgimento di questa iniziativaed al quale ha consegnato la medaglia commemorativa.Ha preso quindi la parola Mario Margheriti che, con lasimpatica comunicativa che lo contraddistingue, ha riba-dito tutta la sua apertura e disponibilità verso ogni formadi promozione e di collaborazione ed in conclusione havoluto invitare tutti i partecipanti ad essere presenti allacerimonia di premiazione del prossimo “PremioInternazionale Vivai Torsanlorenzo”.Il Presidente ha ceduto quindi la parola a FrancoTognoni che ha ricostruito le motivazioni di questaescursione-dibattito ed ha aperto i lavori concedendo laparola a Giovanni Serra che ha fatto un breve excursusnella situazione del florovivaismo italiano sottolinean-do, in particolare, il ruolo ed il peso di queste cinqueaziende sia in termine di valore delle produzioni che dioccupazione diretta. E’ stata quindi la volta di Angelo Garibaldi che si ècompiaciuto per lo stato sanitario delle coltivazioni edha assicurato la massima disponibilità per risolvereeventuali problemi che dovessero insorgere come quel-lo dell’aggiornamento dei vincoli di quarantena chesarà oggetto di un imminente incontro all’Accademia.Dopo un’ampia e interessante discussione sull’espe-rienza vissuta in questi giorni, i lavori si sono conclusialla tavola imbandita da Mario Margheriti che è statamolto apprezzata e onorata da tutti. Questa in Agropontino è stata un’esperienza eccezionale

Alcuni membri dell’Accademia dei Georgofili

Prof. Franco Scaramuzzi, Prof. Giovanni Serra, Prof. SergioOrsi

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e questi imprenditori meritano un grande plauso e lamassima gratitudine da parte di tutti quelli che hanno acuore le sorti dell’agricoltura italiana, di quella vera,professionale. Quel che fa ben sperare per il futuro è chein tutte queste aziende è già presente e attiva una nuovagenerazione che garantisce delle loro sorti a venire: Lucae Andrea Altieri; Francesco Ansaloni; Andrea, Peter eValentino Lazzeri; Silvia, Elisabetta e Liana Margheriti;Giorgio Rossi sono già ‘in pista’ e corrono per prosegui-re l’opera dei loro genitori. L’Accademia continuerà erafforzerà la sua opera di sensibilizzazione a favore di unsegmento produttivo che rappresenta, oltre che una real-

tà imprenditoriale che deve inorgoglire tutto il nostroPaese per il prestigio di cui gode anche fuori dai confininazionali, in termini di occasioni qualificate di occupa-zione e soprattutto per il ruolo che ricopre nell’abbelli-mento dei luoghi in cui si vive e si lavora. Sviluppare ilflorovivaismo significa rafforzare e valorizzare le con-clamate bellezze della nostra Italia ed, in definitiva,migliorare la qualità della vita. Che questa attività abbiatrovato, e troverà ancora, nell’Agropontino uno sviluppodi questa portata è merito di quanti hanno conquistatoqueste terre con enormi sacrifici e di quanti ne hannoproseguito l’opera con lo stesso piglio.

Dott. Miro Mati, Giovanni Livolti, Mario Margheriti, Dott.Matteo Ansanelli segr. Naz.le AGIA

Mario Margheriti, Prof. Angelo Garibaldi, Prof. Franco Scaramuzzi, Prof. Franco Tognazzi, Prof. Giovanni Serra

Vivai Torsanlorenzo. Ingresso sala convegni

La natura è il primo modello dell’arte del paesaggio, deiparchi e dei giardini.La natura si propone come archétipo di bellezza proprioperché libera e spontanea – scriveva Rosario Assunto. Intutta la storia del giardino questa bellezza e libertà rico-nosciuta si trova soprattutto negli scritti dei poeti, deifilosofi, degli artisti.Plinio nella famosa lettera all’amico Domizio Apollinare,dal suo possedimento in Toscana nell’alta Valle delTevere, descrive in modo dettagliato il suo giardino.“ Tutto è circondato da un muro, rivestito e nascosto dauna siepe di bosso tagliata. Oltre il muro c’è un pratoche per la sua naturale bellezza è degno d’ammirazionequanto il giardino abbellito dall’arte. Più in là ci sono icampi, altri prati e piantagioni d’alberi: il paesaggiodella campagna e dei boschi.”Il giardino romano aveva già raggiunto un modello com-piuto e articolato tra zone formali e zone informali: vici-no alla casa l’impianto è sposato all’architettura, anchela siepe di bosso è trattata come un rivestimento sagoma-to del muro, ma la natura libera è visivamente vicina edegna di profonda ammirazione.Le fonti, le grotte, le rocce hanno costituito, a volteancor più delle piante, il riferimento costante alla natura-

lità degli elementi del paesaggio come modello per l’ar-te dei giardini.Giorgio Vasari nell’introduzione alle Tre Arti delDisegno cioè Architettura Pittura e Scultura, trattandodi come si costruiscono le fontane rustiche, spiegava:“ Se ne fa ancora d’un altra specie di grotte, più rustica-mente composte, contraffacendo le fonti alla salvatica inquesta maniera. Pigliansi sassi spugnosi, e, commessiche sono insieme, si fa nascervi erbe sopra, le quali, conordine che paia disordine e salvatico, si rendon moltonaturali, e più vere.”L’ordine che sembra disordine - siamo nella secondametà del Cinquecento - per rendere più naturale e piùvera l’imitazione della natura è una costante dell’arte delgiardino che sconvolge le categorie di classificazioneprese a prestito dalle altre arti e dalla storia dell’architet-tura.Ed è sterile anche il dibattito che contrappone l’arte allanatura nella creazione di un giardino.“ E’ umanizzazione della natura o ritorno alla ricchezzadel disordine? “ si domanda Rudolf Borchardt nel suobellissimo Il giardiniere appassionato.Il giardino è il luogo della relazione tra l’umano e lanatura.

La natura modello di riferimento per parchi e giardini

Spunti per la conferenza che si terrà a dicembre 2004 per il “Garden Club - Giardino Romano”di Sofia Varoli Piazza, docente di paesaggistica dell’Università della Tuscia - Viterbo

Fontana del Diluvio del giardino di Villa Lante a Bagnaia: la grotta naturale-artificiale da cui riparte il percorso dell’acqua provenien-te dal Barco

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Anche nel momento storico del più rigoroso modelloarchitettonico del giardino classico, con le geometrie disiepi sempreverdi come proiezione a volte della stessafacciata del palazzo, nel rapporto con le logge e con l’in-terno delle stanze, i giardini si dilatano nel barco-parco,la zona adibita alla caccia a portata di mano, dove trova-vano spazio di libertà le emozioni profonde legate allanatura.Cardinali e pontefici del resto si dedicavano alla caccia,nelle numerose tenute intorno a Roma, non solo persvago ma anche per fare esercizio fisico al fine di con-servarsi in buona salute come consigliavano i medici.La natura dei siti incolti e rupestri del Lazio, dove accan-to ai vecchi alberi, ai massi e alle grotte scorreva un tor-rente incassato e si registrava l’antica presenza dell’uo-mo nei borghi lontani e nelle rovine di un passato idea-lizzato, diventerà intorno alla metà del seicento, model-lo per quella “particolare poesia della natura” che sarà aRoma la pittura di paesaggio, del “paesaggio classico,ideale”, da cui trasse ispirazione il carattere pittorescodell’arte dei giardini.

I giardini e i parchi intanto si andavano inselvatichendoperché era finita la stagione dei cardinali e dei signoriche li avevano creati con grande profusione d’intelligen-za, d’arte e di denaro, crescevano le siepi diventando avolte vere muraglie di sempreverdi, s’infittivano iboschetti, si perdevano anche le preziose raccolte di sta-tue e di piante che erano state il vanto dei loro collezio-nisti.A Boboli verso la metà del XVIII secolo, il disegno delgiardino formale si andava sfrangiando tanto che CharlesDe Brosses visitandolo poteva dichiarare”…sono soltan-to monti, valli, boschi, colli, prati e foreste, sparsi sen-z’ordine, senza disegno, né regola, e ciò dà loro un’aria

campestre che innamora.”La rivoluzione del giardino-paesaggio inglese avevacontagiato le menti più illuminate.Nel suo viaggio in Italia anche Goethe fermandosi adAriccia nel febbraio del 1787 era rimasto colpito dal bel-lissimo bosco-parco, adiacente al palazzo dei Chigi, cheregistrava in alcuni disegni e nelle sue osservazioni:”...albe-ri e cespugli, erbacce e tralci crescono come vogliono, sifanno secchi, cadono, marciscono. E tutto va bene, etutto anzi va per il meglio.”Nella seconda metà del Settecento infatti il principeSigismondo Chigi, erudito intellettuale, amico dell’Alfierie del Monti, ordinava non solo che non si tagliassero piùgli alberi del parco a qualunque specie appartenessero,ma anche che quelli che cadevano per vecchiaia o per leavverse condizioni del tempo fossero lasciati a terra.Per questo motivo il luogo diventato ancor più selvaggioveniva frequentato da artisti e da pittori di paesaggio aiquali il principe consentiva facilmente il permesso d’in-gresso.“Il più bel bosco del mondo è quello di Ariccia: grandiblocchi nerastri di roccia nuda spuntano in mezzo a unbellissimo verde ed ai pittoreschi disegni del fogliame” -scriveva Stendhal il 28 agosto del 1827 - e con lui gliartisti che per tre secoli avevano intrapreso il “ Viaggioin Italia “ consideravano la tappa ai Colli Albani unrituale dove poter cogliere l’essenza stessa del paesaggioitaliano qui legato al mito del Nemus aricinum, consa-crato a Diana e cantato dagli scrittori latini.Il parco Chigi di Ariccia merita una particolare conside-razione proprio perché è un raro esempio di natura e sto-ria stratificata e idealizzata, di difficile gestione, sulquale si è innestato il gusto eclettico del giardino otto-novecentesco e la sua voglia di catturare altre nature conl’introduzione di piante esotiche che rimandano agli

Le bacche della Rosa canina in inverno Gli amenti in fiore del nocciolo a Gennaio

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ambienti di altri paesi. I nostri giardini sono diventati piccoli in ogni senso ed èdifficile trasferire in essi quella magia del luogo abitatodagli dei che avevano altri parchi ed altri giardini.Il richiamo alle divinità pagane veniva proprio dal selva-tico dei luoghi boscosi dove la loro presenza era segna-lata da immagini scultoree e più tardi da tempietti e rovi-ne della classicità che comunque stava scomparendo. Ancora più difficile è trasferire nei parchi pubblici queicaratteri di un’arte italiana del giardino che incantava ivisitatori dei primi decenni del Novecento e che ancorasi salva in tanti giardini tenuti in vita dalla passione edalla cura dei loro proprietari: quell’armonia tra essen-zialità dell’impianto, comunione con la natura e bellezzadel paesaggio.L’arte del giardino italiano è racchiusa in questa capaci-tà di trasferire lo spirito del luogo in forme architettoni-che, simboliche-scultoree e naturalistiche.Sono state le forme della natura i primi modelli di evo-luzione della mente umana, a questi archètipi delle origi-ni è indissolubilmente legata la nostra storia; dall’osser-vazione dei tronchi delle foreste alle colonne dei tempi,dalle ramificazioni portanti la struttura flessibile dellechiome degli alberi alle moderne strutture in cemento ein acciaio, tutto ci insegna che i modelli delle formenaturali sono inesauribili stimoli di ricerca di nuoveforme.Sono innumerevoli i messaggi carichi di significati chegli ambiti naturali ci possono suggerire. Questo ricco

repertorio di immagini, di singoli elementi, di accosta-menti di forme, di superfici e di colori riemerge volta pervolta nel processo compositivo e viene via via rielabora-to e interpretato nell’atto progettuale.La natura con i suoi molteplici esempi ci può aiutare aritrovare l’anima dei luoghi. Abbiamo ancora molto da imparare e da sperimentaresulle piante, sulle loro forme, le più vicine alle confor-mazioni naturali anche se allevate in vivaio, sui tempi dicolorazione delle gemme, delle foglie, dei fiori, dei frut-ti, delle cortecce, sui loro tempi di crescita nelle differen-ti situazioni climatiche e di suoli.I modelli naturali ci hanno insegnato a contenere le pota-ture, a dare spazio alle chiome dei grandi alberi, a cerca-re nei vivai esemplari allevati secondo la loro crescitafisiologica.Un bell’albero che cresce sano rimanda più di ogni altroorganismo vegetale, anche se si trova negli spazi urbani,all’ambiente naturale da cui proviene il suo genere. Ed è anche questo riferimento geografico motivo diriflessione per i significati simbolici che implica il pro-cesso progettuale e la composizione con le altre piante.Dalla natura abbiamo imparato a considerare l’effettoestetico dei tralci arcuati e morbidi delle rose antiche, labellezza delle bacche e i colori delle foglie e dei fusti,non solo del fiore. Ancora ci ha insegnato la natura a rispettare ai piedidegli alberi spoglianti il tappeto colorato delle foglieautunnali e i petali caduti delle camelie che sembrano

Una grande roverella isolata in un giardino a San Martino al Cimino presso Viterbo nel mese di dicembre

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continuare la loro fioritura a terra. Il sottobosco dei luoghi ombrosi non solo ci suggerisce,per gli angoli affini di un giardino ai piedi degli alberi edei grandi arbusti, specie nostrane come Phyllitis scolo-pedrium, Lamium maculatum, Vinca minor, Ruscushypoglossum, Cyclamen hederifolium che fiorisce inautunno e C. repandum per la primavera, ma anche altrevarietà ornamentali che possono corrispondere all’effet-to desiderato.Modello ideale, estetico e simbolico della natura è ilbosco nella molteplicità delle sue forme dal piccolo algrande, dal particolare all’insieme, dalle radure alle zoneumide, dai margini dei sentieri agli anfratti più nascosti.Scrive negli ultimi anni dell’Ottocento Gertrude Jekyll :“ Come è infinitamente bello il bosco in inverno!…Uncaldo tappeto di felci di un tenue color ruggine ricopreil terreno…” E prosegue con la descrizione del suo vialedi noccioli bordato ai lati da una collezione di ellebori: “così per tutto febbraio e marzo vi è un piccolo ma per-fetto giardino composto da un unico tipo di pianta nelsuo pieno splendore di fioritura e fogliame.”I limiti, i margini, i bordi sono elementi presenti nel pae-saggio naturale e coltivato, ricchi di suggerimenti pro-gettuali che possiamo ricreare nel paesaggio costruitodei parchi e dei giardini.

Così l’immagine della macchia mediterranea a formearrotondate costituisce un esempio ampiamente utilizza-to per siepi, bordure, scarpate e terrazzamenti nei parchi.Di facile manutenzione, ha solo bisogno di leggere pota-ture per mantenere in forma i singoli cespugli dove fosserichiesto in genere nei piccoli spazi, alterna coloriture eprofumi in ogni stagione, purchè sia corretto l’impiantoed il ritmo della composizione.I modelli che cerchiamo oggi nella natura per trasferirlirielaborati, in modo più o meno manifesto, dalla scienzae dall’arte nel progetto del giardino e del parco, sembra-no corrispondere ad un bisogno inderogabile di autenti-cità e di libertà, ma anche di flessibilità di fronte allemolteplici richieste del pubblico. Il mondo delle piante dai significati reconditi agli usi tra-dizionali e innovativi fino alle ultime realizzazioni del-l’arte con la natura e nella natura, è un campo immensodi ricerca e di nuove suggestioni che, dal giardiniere alpaesaggista, dal botanico all’artista, possiamo esprimerenelle forme più autentiche e più attuali nei giardini e neiparchi di ogni dimensione, pubblici e privati, a qualun-que età della storia essi appartengano.

Arte Sella, la Cattedrale Vegetale di Carpini di Giuliano Mauri: “ Creazione della natura che ha dialogato con l’uomo.”

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L’isola di Pantelleria vista da un architetto paesaggista

di Alberto Zaccagni, Architetto Paesaggista

Nel profondo sud dell’Europa, nel cuore delMediterraneo, si trova un’isola vulcanica dai coloriaccesi e dai profumi decisi. Pantelleria, situata nelmezzo del canale di Sicilia, può essere considerata anel-lo di giunzione tra i continenti africano ed europeo.Inoltre essendo a cavallo del mediterraneo d’oriente ed’occidente racchiude ed emana sapori e forme di mille-narie culture.La natura dell’uomo, plasmando questa meravigliosaisola, ha fatto di questo brandello di terra un capolavorovivente.Progettando un giardino a Pantelleria dobbiamo perciòtener conto che dovrà essere inserito in un paesaggioforte e carico di segni dai quali non possiamo prescinde-re, se non vogliamo incorrere in una palese stonatura.La selvaggia macchia mediterranea, composta soprattut-to da arbusti sempreverdi, piante queste ricche di resineed essenze primarie, dovrà avere un ruolo privilegiato epreminente. L’attenzione al paesaggio primigenio e cir-costante è una regola costante per un buon risultato.

Tra queste essenze spiccano per tonalità di colore, pro-fumo, portamento e resistenza il Rosmarinus erecto e R.officinalis ‘Prostratus’, il mirto, il timo, la lavanda e ilcaprifoglio e più in alto verso la montagna le due varie-tà di Erica.Tutte piante queste che troviamo ottime per seguiremuretti e tracciar camminamenti.

Più verso il mare Senecio e Cineraria sopperiscono imeno resistenti alla salsedine. Arbusti più alti da scher-mo e da barriera: la Phillyrrea, il lentisco (lento mameraviglioso plasmato sulle pietre nere), l’olivastro, laginestra, il leccio....

E queste sono le macchie di verde e di colore che grada-tamente introducono e ci accompagnano a zone più par-ticolari e sofisticate e nascoste dei giardini a Pantelleria,dove il piacere del committente e la conoscenza del pae-saggista devono amalgamarsi per creare spazi e luoghidi piacevole estasi e fruizione dove i sensi stimolati daprofumi, forme, e colori siano appagati.

In questa cornice di macchia e di arbusti ben collauda-ti, dobbiamo così scegliere essenze che possano soppor-tare la scarsa piovosità dell’isola, i forti venti che spira-no soprattutto in primavera e la salsedine del mare.Ottimo risultato lo hanno dato piante come Dracaena,Yucca, Dasylirion che, grazie al loro portamento dallasimmetria raggiata e simile tra loro, possono integrarsil’un l’altra creando un gradevole effetto ottico e sceni-co. Generose e scenografiche in grandi gruppi, le aloenelle numerose varietà, le agavi e furcree. Particolaredi non poca importanza la loro bassissima richiesta dimanutenzione.Tra le fioriture le bougainvillea in tutte le tonalitàdal rosso al fucsia fino all’arancio, arrivando al bianco

Lago Specchio di Venere o Vasca delle rondini

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dalla fioritura tardiva, dipingono sull’isola ininterrottezone di colore da maggio a novembre. E poi Solanum eBignonia, Ipomoea e Passiflora nelle infinite varietà. Tra i cespugli, gli Hibiscus rosa-sinensis in tutte le tona-lità trovano ampio spazio anche se spesso nelle annatecalde e secche danno il meglio di loro in settembre, delu-dendo i veloci villeggianti d’agosto. Si perché purtroppo la quasi totalità dei nostri giardinipanteschi devono dare il meglio di loro in questo mesedi ferie che notoriamente non è certo il più spettacolareper le fioriture, erbacee e dei bulbi. Fortunatamente in agosto, nelle caldissime serate, inten-si effluvi emanano i gelsomini, frangipane e Cestrumnocturnum.

Data inoltre la particolare architettura dei “dam- musi”, le tipiche abitazioni in pietra di Pantelleria, lascelta delle piante deve essere tale da esaltarli. La palma dattilifera sull’aia è ormai un simbolo, el’ombra proiettata dalle sue foglie sulla facciata deldammuso il suo orgoglio.Sono ricercate e gradite vicino alle piscine, piccole oasidi Phoenix canariensis, che regalano sollievo e ombra epiacevole frinire di foglie. Avendo accennato allePhoenix, trovano ampia possibilità di crescita moltiesemplari appartenenti alla grande famiglia delle

Palmaceae, tanto da poter creare collezioni ricche e gra-devoli.Tra le piccolette ma bellissime e rustiche Cycas, Zamiae Phoenix roebelenii alle più sofisticate e bisognose siprotezioni e angoli speciali Archontophoenix, Kentia,Raphis, alle grandi Washingtonia, Butia e Arecastrumromanzoffianum.Un capitolo a parte, sempre parlando di palme, lo dob-biamo alla Chamaerops humilis unica palma endemicadelle nostre isole, bellissima e resistentissima può indi-stintamente essere collocata nella macchia, come trovia-mo spontanea nel parco dello Zingaro (prov. Trapani),che come esemplare singolo, che come elemento didecorazione a gruppi.Tra le alberature prediligiamo il carrubo, pianta indigenamediterranea carica di fascino e dalle foglie lucide.Ombra e soddisfazione la donano però anche la Meliaazedarach e varietà di Ficus quali il F. elastica, F. nitida‘Retusa’, F. religiosa, F. magnolioides. Raro ma grazio-so lo Schinus terebinthifolius, ultimamente molto pre-sente e proposto dai vivai invece il suo parente Schinusmolle, detto pure “falso pepe”.

Ma nell’isola, oltre le piante, è la pietra che è presente inognidove, unica materia prima abbondante ed originaria.Di pietra oltre le abitazioni, sono i camminamenti i muri,

Campo di papaveri

Terrazzamenti Un giardino dell’isola

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le recinzioni, i recipienti per l’acqua, le “pile” di variefogge e dimensioni, fino ad arrivare a veri e propriattrezzi in pietra: cardini per portoni, ganci, anelli, pila-stri tutti elementi che arredano e arricchiscono i nostrigiardini. Ed è la curva l’espressione naturale che rac-chiude ogni forma vivente qui nell’isola, come a volerassecondare, deviare e mai contrastare le grandi forze ilvento, il mare e il sole: curve sono le volte dei dammu-si, curva è la conca della vigna, curva la schiena deibraccianti, tonde le pile per raccogliere le acque, l’isolastessa dalla forma ovale non offre ostacolo né al caldoScirocco né all’impetuoso Maestrale. Massima espres-sione di questa forma è il giardino arabo, conchigliasegreta in pietra dagli alti muri a secco che racchiude iltesoro più prezioso: aranci, limoni, mandarini, cedri,pompelmi, unica riserva un tempo di fresche vitamine,come su un vascello antico per difesa dallo scorbuto,protetti e cullati nella ciclopica costruzione a cielo aper-to che poco ha da invidiare ai nuraghi sardi o alle torrisaracene. Oggi ci dona spettacolo inaspettato, profumodi zagare, acceso color di frutti, e grande abbondanza diverde, rami e bocci.

Tutto è volto a modellarsi attorno alla natura che parti-colarmente in quest’isola si manifesta con estrema forza.Il vento impetuoso a primavera ha fatto sì che il contadi-no-giardiniere piegasse a terra rami di ulivi e viti, fino acercar riparo nelle minime asperità, tra le rughe naturalidel terreno; lo spettacolo di tali piante sagomate a terranon può che rimaner impresso negli occhi e nel cuore.Quanta cura, dedizione ed attenzione per portar a talmodello una pianta che altrimenti sarebbe alta e fiera maahimè senza speranza di avere legati fiori e frutti alcuni!Tappeti prostrati e ricadenti di ulivi, vigneti che sorgonoda conche interrate, filari di capperi su terreni minuzio-samente ricamati da aratri e sminuzzati da anni ed annidi lavoro, fino a lassù, fino a sotto la Montagna alta,dove già impossibile ti sembra la salita.

Nel giardino tutto è vita e morte, tutto è colore e muta-mento tutto è mistero e conoscenza. Il giardino, per defi-nizione luogo chiuso di delizie e piaceri, racchiude unmicrocosmo.E l’isola, essendo “chiusa” e confinata dall’intenso marcobalto, ben si presta all’immagine di giardino totale.Esserne dentro e viverci è il sogno di ogni giardiniere!

Dammuso Phoenix canariensis

Cuddiole

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La Real Tenuta ‘La Favorita’di Ornella Amara, Architetto. Municipio di Palermo - Servizio Ambiente e Tutela del Territorio

Nel 1799, con una nave al comando dell’ammiraglioOrazio Nelson, giunge a Palermo Ferdinando IV diBorbone, in fuga da Napoli e dai francesi. Stabilita laresidenza reale in città, il sovrano decide di acquistareuna porzione di territorio nella quale impiantare unparco di circa 400 ettari, esteso dai Colli al Pantano diMondello, a cui dà il nome di Favorita, in ricordo dellaomonima reggia di Portici a Napoli. La porzione di ter-ritorio nella quale egli crea il parco faceva parte di unsistema detto Piana dei Colli, il cui assetto riflette etestimonia il fecondo processo di relazione città-campa-gna esistente nel ‘700 nelle ville suburbane, nelle qualisi coniugavano esigenze di svago e necessità di sviluppodelle tecniche agricole, sotto l’impulso delle correnticulturali dell’Illuminismo e della sperimentazione agra-ria ed in continuità con le modalità di uso del territorioereditatate dagli arabi.La struttura della Favorita è caratterizzata da due vialiparalleli, il viale di Diana, dea della caccia, e quello diPomona, dea dei frutti - elementi che costituiscono unaprecisa dichiarazione di intenti sul carattere del parco - edal viale d’Ercole, che interseca gli altri due. Lungo lefalde di Monte Pellegrino si snodava un accidentato per-corso di caccia, interrotto dalla presenza di vari edifici,destinati a scuderie, depositi d’armi ed al riposo. Granparte della superficie era destinata a vivai e campi speri-mentali, dei quali si riconoscono ancora gli impianti diirrigazione, abbandonati molto precocemente, e pianta-gioni produttive, con vigneti, oliveti, agrumeti, fruttetied orti, secondo l’ideale illuministico che vuole il bellosempre associato all’utile. E’ del resto proprio fraSettecento e Ottocento che i giardini di Palermo testimo-niano ideali e cultura legati al permanere della scienzatradizionale, ma coerenti con i “lumi” delle nuove scien-ze (Mauro e Sessa, 1990). La coltivazione razionale di tanti prodotti faceva dellaFavorita una vera azienda agricola, i cui prodotti veniva-no immessi sul mercato locale, come testimoniano gliavvisi d’asta dell’Amministrazione della Real Casa e deiReali Siti dell’epoca, riportati sul Giornale Officiale diSicilia, organo di stampa del Governo borbonico(Manfrè, 1979). Il Parco della Favorita esprime aspetti divegetazione antropica di tipo artificiale (colture, impian-to ornamentale, rimboschimenti), spontaneo (sinantropi-co) e naturale nel senso più comune del termine. Esso,sin dal suo nascere, è stato sottoposto a notevoli inter-venti, con l’impianto di specie ornamentali, boschetti econ la creazione di piantagioni per la coltivazione dellepiù varie essenze, alcune delle quali - soprattutto gliagrumi - occupano ancora oggi vaste superfici. Dallostudio cartografico della copertura vegetale del Parco

(Buffa, Venturella e Raimondo, 1986) emerge che alprimo aspetto si riferiscono tipi di copertura derivati dal-l’azione diretta dell’uomo, agli altri sono annessi aspettidi vegetazione spontanea che, per la loro origine, rientra-no negli aggruppamenti sinantropici ed aspetti naturaliin senso più proprio; per semplicità di trattazione questiultimi due aspetti vengono qui indicati come naturali insenso lato. Dietro la Casina e nello spazio antistante, aidue lati del grande viale di accesso, vennero impiantatigiardini di gusto formale, mentre alle spalle della costru-zione fu realizzato uno dei primi esempi di giardinoinformale italiano, il “frammento di giardino a paesag-gio”. L’insieme dei giardini della Casina Cinese rappre-senta ancora oggi la parte ornamentale storica in sensostretto del parco. A questa si aggiungono elementi mino-ri variamente distribuiti, sempre di interesse storico,costituiti essenzialmente da quinte di cipressi(Cupressus sempervirens), come nel caso del “teatro diverdura” che segna l’incontro fra il viale di Pomona e ilprolungamento del Viale di Diana in prossimità del can-cello in direzione di Mondello, o delle alberature delcosiddetto “piazzale dei matrimoni”, rappresentate daFicus microcarpa. Questi inserti ornamentali segnanofortemente alcuni “punti” dell’impianto, rafforzandone

Esemplari storici di Cupressus sempervirens nel Parco

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ulteriormente il carattere di riferimento per l’interastruttura. Altre specie ornamentali sono variamentedistribuite all’interno del parco, ma sono perlopiù diimpianto recente e rivestono modesti motivi di interesse.I giardini e le alberature monumentali comprendonodunque le porzioni di verde ornamentale in senso strettodel Parco: i giardini della Casina Cinese, le quinte arbo-ree del “teatro di verdura” e della statua d’Ercole, i grup-pi e filari di cipressi posti ai quattro angoli del “Bosco diNiscemi” e al termine del viale d’Ercole; in senso latocomprendono inoltre le alberature monumentali deiviali, rappresentate soprattutto da imponenti esemplaridi leccio, oggi soggetti ad attacchi entomatici cui ènecessario porre rimedio per evitare la perdita di un rile-vante e difficilmente sostituibile patrimonio.A questi si aggiungono per brevi tratti Platanus hybrida,Celtis australis, Ailanthus altissima (frutto della diffu-sione all’interno del Parco di una specie eliofila che rap-presenta una vera minaccia per le formazioni di macchia,causata dalla forte propensione alla diffusione occupan-do spazi e inserendosi nel tessuto delle alberature) e piùraramente olmi. Su uno dei viali minori e meno frequen-tati del Parco si ritrova un bellissimo esemplare di rove-rella (Quercus pubescens).I giardini ornamentali sono caratterizzati da una forteimpronta esotica, tropicale e sub-tropicale, definita dapiante che hanno ampia diffusione nei giardini storicipalermitani: numerose palme (Livistona chinensis,Washingtonia filifera, Phoenix canariensis, ecc.), Ficusdi diverse specie (Ficus magnolioides, F. microcarpa),cedri (Cedrus deodara), nonché alcuni notevoli esem-plari di Dracaena draco, Yucca elephantipes, ecc. Per lasuddivisione dei giardini della Casina Cinese finalizzataal rilievo floristico è stato ritenuto utile riferirsi all’origi-naria organizzazione del Parco, così come viene descrit-ta nella cartografia storica di Francesco Guttoso (1856).In questo documento i giardini vengono suddivisi in treparti: la “Prateria di decorazione della Casina”, il“Frammento di giardino a paesaggio” e il “Bosco di

decorazione al Cafeaos”. Per i fini della presente indagi-ne è stato ritenuto utile distinguere la “Prateria di deco-razione” dai giardini a parterre situati sul lato nord dellaCasina. L’articolazione seguita è pertanto la seguente I“Giardini a parterre” posti sul lato settentrionale dellacasina ed oggi rappresentati da un parterre de broderiecostituito dalla specie Duranta repens; Il “Frammento digiardino a paesaggio” ed il “Bosco di decorazione allaCoffee House”, che rappresentano aspetti ormai residua-li della originaria sistemazione informale del giardino,basata sulla valorizzazione della morfologia dell’area,dove emerge un potente banco di calcarenite, e dove,attraverso successive sistemazioni è oggi insediata laCittà dei Ragazzi. La “Prateria di decorazione della Casina” si estende frala Casina cinese e l’odierna Piazza Niscemi, ai due latidell’ampio viale di accesso oggi asfaltato, ed è caratte-rizzata dalle eleganti prospettive ottenute con un usosapiente dei coni ottici divergenti dall’ingresso verso laCasina; il giardino, ottenuto attraverso uno scavo nelcontesto del banco di calcarenite affiorante, presenta unsofisticato disegno tridimensionale delle aiuole, sfalsatesu più piani, e collegate da piccole rampe inclinate inpietra.I “Giardini a parterre”, nella parte retrostante dellaCasina, sono rappresentati da un classico parterre de bro-derie oggi costituiti da siepi di Duranta repens.Sul lato orientale del parterre si trova un bell’esempio diberceau in ferro su cui si arrampica la bignioniaceaDistictis buccinatoria. Il frammento di giardino a pae-saggio fa parte della sistemazione paesaggistica di V.Marvuglia ispirata alla “nuova” moda dei giardini all’in-glese. Si tratta di una parte molto trasformata del giardi-no, in cui permangono come segni forti gli elementidella morfologia del terreno (il brusco salto di quotarispetto al parterre, le rocce affioranti, le cavità artificia-li) che certamente ne orientarono la sistemazione.Numerosi elementi, come il boschetto di conifere, sonofrutto di inserimenti relativamente recenti, probabilmen-te risalenti agli anni ’50, all’epoca della prima sistema-zione della “Città dei ragazzi”.A questa parte del giardino è stata associata nella presen-te analisi la parte posta a prosecuzione dell’attuale cana-le artificiale della “Città dei ragazzi”, che non viene defi-nita nella pianta di Guttoso, e che era contigua a un’areadi frassineto. Il boschetto di decorazione della Coffeehouse è oggi rappresentato da una formazione mista dileccio e di altri arbusti sclerofilli termofili tipici della“macchia mediterranea”. Nel contesto di questa formazione, che circonda i restidella Coffee house, sono ancora riconoscibili frammen-ti di siepi in bosso. Profondi processi di trasformazionehanno continuamente modificato, il paesaggio periur-bano della Conca d’oro. Dalla macchia foresta - medi-terranea che circondava i primi insediamenti, ai sistemiLa Casina Cinese

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dell’arboricoltura “asciutta” ed irrigua che, si sono alter-nati sul suo territorio con una peculiarità tale da far sìche lo stesso fosse definito “di antico e mitico predomi-nio dell’albero”.La città ha sempre mantenuto con i suoi dintorni un rap-porto reciprocamente vantaggioso in termini culturalieconomici ed ambientali. Un rapporto, inoltre, fortemen-te integrato tra le diverse funzioni, dato che la distinzio-ne tra spazi e valori naturali, agricoli ed ornamentali nonè stata mai segnata in maniera netta ed anzi, nelle pagi-ne degli storici, dei cronisti, dei letterati, il suo territorioappare insieme “fruttifero e dilettevole”.Questa duplice valenza caratterizza in effetti la Favoritacon una evidenza tale, rispetto agli altri parchi urbaniindicati dal PRG, che la rende esemplare dei caratteri delnuovo sistema del verde urbano, per il mantenersi in essadi valori naturali, agricoli e ornamentali che la rendononon solo una preziosa e residua testimonianza della sto-ria, ma anche straordinaria occasione per il futuro. Nella macchia-foresta mediterranea, oltre che nei panta-ni di Mondello, re Ferdinando svolgeva la sua attivitàvenatoria; nei siti di campagna tolti di mano ai notabilipalermitani si realizzarono oliveti, mandorleti e acque-dotti che rendevano irrigui i terreni e si edificavano stal-le, cantine, trappeti per le olive e per il sommacco. Tale è fortunatamente rimasto: una curiosa commistionedi interessi più o meno legittimi, di convenienze gestio-nali e di disattenzione pubblica che ha mantenuto, sep-pure soggetti a progressivo degrado, valori e funzioni giàdefiniti dalla storia ma oggi pienamente attuali rispetto amolte delle funzioni che il parco è chiamato a svolgere.Il suo valore ambientale è codificato dal coincidere, purnella variazione di alcuni confini, con la zona B dellaRiserva Naturale Orientata Monte Pellegrino istituitadalla Regione Sicilia. Funzioni ambientali di altra natu-ra (microclimatica, disinquinante, di regolazione idrica,ecc..) sono connesse alla sua tipologia di grande areaverde periurbana, importante nodo di quella rete ecolo-gica che con il contiguo Monte Pellegrino (le cui paretirocciose determinano un aumento della temperaturamedia che si traduce in uno straordinario anticipo di

maturazione dei frutti e degli ortaggi che possono esserequindi prodotti con un ridotto o nullo uso di fitofarma-ci), va connessa attraverso il sistema dei parchi e delverde urbano alle aree “naturali” che delimitano laConca d’oro in modo da rappresentare, fondamentale,uno strumento per la tutela della biodiversità e delle fun-zioni ecologiche ad essa conseguenti nell’intero territo-rio palermitano. Ragioni diverse, inoltre hanno frenato l’adozione di tec-niche innovative, consentendo il persistere di sistemiottocenteschi e la sopravvivenza, seppure parziale, ditecnologie, elementi paesaggistici, genotipi scomparsinel resto del territorio palermitano dove la persistenzadel paesaggio tradizionale nasconde, in effetti, la diffu-sione di alcune innovazioni.Un’agricoltura, quindi, multifunzionale da valorizzareattraverso l’adozione delle tecniche dell’agricoltura bio-logica con positivi riflessi ambientali e produttivi perl’incremento qualitativo delle produzioni e, attraverso leincentivazioni previste dal regolamento della riserva, ilrecupero del paesaggio tradizionale, l’attivazione diazioni scientifiche, culturali e didattiche (conservazionedel germoplasma, “museo vivente” dell’agrumicolturadella Conca d’oro”, recupero del sistema irriguo tradi-zionale, trasmissione delle tecniche agronomiche tradi-zionali, ecc.). Inoltre, nei mandarineti ma soprattutto neifrutteti, sono presenti numerose varietà di alberi da frut-to appartenenti al germoplasma storico della Concad’Oro sparite nel resto della Piana; l’indagine ha accer-tato la presenza di numerose varietà di susino, albicocco,gelso, nespolo del Giappone, il quale si rinviene regolar-mente sparso negli agrumeti e nei frutteti della Favorita.Oggi la porzione di Real Tenuta della Favorita sottotutela della Riserva è di circa 270 ettari, di cui 80 ospi-tano vegetazione naturale di grande pregio e valorenaturalistico (quali gli antichi Boschi Niscemi, Diana eErcole), e dei quali 40 ettari sono a coltivo di mandari-no, 4 ospitano i giardini della Palazzina Cinese e diVilla Niscemi, ed il resto vede l’insediamento di forma-zioni artificiali a conifere miste ad eucalipto e di forma-zioni a steppa-gariga. Gli habitat della riserva (e della

Area delle ‘Pipiniere’ Bosco di Niscemi

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preriserva rappresentata dalla Real Tenuta dellaFavorita) sono riferibili alle diverse formazioni vegeta-zionali che delimitano contorni caratteristici del pae-saggio ma che formano vere e proprie aree di delimita-zione delle specie animali, fungine e vegetali. Gli habitat principali sono:I) Rhamno-Quercetum ilicis. Questa formazione è unadelle due che ospita comunità a più alta naturalità; corri-sponde alle zone meno disturbate e presenta aspettimolto naturali e suggestivi; queste zone, fra l’altro le piùricche di fauna terrestre rappresentativa, sono distinte indue facies: la facies di Bosco termomediterraneo presen-te in tutto l’anfiteatro di croce di S. Pantaleo e la faciesa Macchia mediterranea alta di leccio e frassino presen-te a ridosso del Cimitero dei Rotoli, del Primo Pizzo,della Roccia dello schiavo e della Costa Landolina.II) Lomelosio-Centaurietum ucriae. Questa formazionerappresenta l’aspetto più alto di conservazione sia per lespecie vegetali che animali. Tale formazione, come laprecedente è destinata a protezione integrale nel Piano diRiserva; essa presenta due aspetti che vengono a confi-gurarsi in funzione della diversa esposizione alla radia-zione solare. Tale habitat rappresenta il luogo elettivo dinidificazione e riproduzione per gli uccelli più significa-tivi della Riserva. Da un punto di vista botanico laRiserva è una delle ultime zone dove si può ammirare lavegetazione delle rupi costiere nella sua intera comples-sità. Trovano qui rifugio la Palma Nana, il CavoloRupestre, la Violacciocca, la Stellina di Sicilia, ilFiordaliso, i Settembrini e l’Erba Perla nonché 15 speciedi orchidea. Lungo i detriti di falda vi sono rigogliosiinsediamenti di Macchia e Bosco Mediterraneo conesemplari notevoli arborei quali il leccio, il frassino, lafillirea; la Riserva ha un elevatissima biodiversità vege-tazionale annoverando al suo interno più di 750 specie(15% della flora nazionale). La comunità micologica èuna delle più ricche d’Italia, con diverse migliaia di spe-cie, ospitando funghi di grande interesse scientifico,come la coppa di venere; tantissime le specie eduli dalcomune prataiolo agli squisiti Funghi di Ferla ed alcunespecie pregiate di Boleti. Va infine ricordato che ai sensidell’attuale normativa in tema di aree protette il PianoRegolatore Generale non vige sulla Real Tenuta della

Favorita, in quanto il Comune ha l’obbligo di redigereun Piano Particolareggiato Esecutivo (denominato Pianodi Utilizzazione) strettamente correlato al regolamentodi Modalità d’uso della Riserva, in cui debbono esserepreviste ed individuate tutte le infrastrutture ed i serviziper rendere l’area fruibile in maniera ecosostenibile.

Immaginiamo, infine l’immagine definitiva del parcodopo la realizzazione del Progetto:si entrarà nel parco trovando agli ingressi un controlloe/o pagando un ticket, dopo avere posteggiato il propriomezzo nelle aree a parcheggio limitrofe. All’ingresso si troveranno dei totem con cartografico edei punti di informazione con personale incaricato difornire informazioni e offrire le varie alternative e pro-poste per visitare e fruire il parco, indicazione dei per-corsi e prenotazione di visite guidate sugli itineraritematici, anche in lingue diverse dall’italiano. Si potràinoltre prenotare il bus-navetta o la bicicletta elettrica oil cavallo, a seconda della modalità di visita al parcoprescelta. Dislocate lungo i percorsi e all’interno delparco tuttele piccole costruzioni già esistenti, opportu-namente restaurate, saranno adibite a punti di informa-zione e distribuzione di materiale divulgativo sul parco,

Vegetazione alle pendici del Monte Fico d’Indieti in FavoritaTorriglione borbonico

Planimetria storica del parco (1856)

Planimetria del progetto del piano di zona

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piccoli punti di ristoro, “merchandising” di prodottiD.O.C. e D.O.P. recanti il marchio “Parco della RealFavorita di Palermo “, servizi igienici, locali-magazzinoper attrezzature a servizio del parco. Gli edifici più gran-di potranno ospitare al loro interno biblioteche di consul-tazione, sale multimediali, sale di proiezione e di esposi-zione con allestimenti fissi e/o temporanei. Gli edificidelle scuderie borboniche, adibiti a Museo dell’agricoltu-ra condurranno il visitatore attraverso la conoscenza,esplicitata dagli strumenti contadini, del sapere agricolosiciliano dell’Ottocento, mentre all’esterno delle scuderie,farà bella mostra di sè il Museo dell’agricoltura vivente,attraverso la riproposizione e la messa a dimora di quelleessenze vegetali esistenti nel parco al tempo della suacostituzione e modificatesi nel tempo. Tale cornice verràcorredata dalla presenza dei due torriglioni borbonici,antiche torri di avvistamento che, riportate all’anticosplendore, ospiteranno piccole mostre temporanee a temao uffici afferenti all’area. Procedendo lungo la “Valle delPorco”, avendo scelto di visitare il percorso archeo-spe-leologico, si arriverà alle Case di Vannucci, sede delMuseo della fauna e dell’avifauna, dove verranno ospitatitutti gli esemplari un tempo presenti nel parco, presentatiin foto, in disegni, con alcuni uccelli impagliati. Correda tale museo una sala di lettura ed una biblioteca disettore fornita di punto internet e saletta multimediale.Essendo in zona non potremo non visitare i graffiti dellaGrotta di Niscemi, importantissima testimonianza, a siste-ma con le grotte dell’Addaura, del nostro Paleolitico.Un’altra alternativa di visita, meglio se accompagnati daguida specializzata, è il percorso naturalistico, che ci faràconoscere luoghi suggestivi come il Bosco di Niscemi, o,procedendo sul tracciato pedemontano, gli endemismitipici della nostra Macchia Mediterranea. Oppure ancorail percorso lungo le aree agricole, rese ovviamente fruibi-li e visitabili, che testimoniano alle scolaresche e ai turistile caratteristiche e le tecniche di coltivazionedell’Ottocento siciliano, di cui il parco, creato in pienasperimentazione agraria, custodisce diverse testimonian-ze. Si potrà a questo punto visitare i campi di sperimenta-zione agraria e le Pipiniere, comprendere il sistema di irri-gazione “a caduta” borbonico, percorrendo l’antica “Viad’acqua” ed osservando le antiche canalizzazioni storicherestaurate nelle parti mancanti. Questo percorso lungo laVia d’acqua reca però un nome affascinante: Viale diPomona. Come tutti i parchi settecenteschi che si rispetti-no, infatti, anche il parco della Favorita aveva le sue sta-tue-divinità, poste a suggellare i luoghi e a conferire lorosacralità. Alla fine del Viale, stava infatti la statua delladea della frutta, Pomona, (oggi un calco che ne riproduceperfettamente le fattezze fa bella mostra di sè, mentre l’o-riginale è custodito presso il Museo Archeologico Salinas.Questa statua, che è in effetti una Menade, ha una interes-sante storia di ritrovamenti e di camuffamenti cinquecen-teschi che vale la pena di conoscere e raccontare). A metàdel Viale di Pomona, si incrocerà il Viale d’Ercole, che

adesso possiamo finalmente apprezzare percorrendolo nelgiusto senso di marcia, asse scenografico che ha, alla fine,uno slargo con una bella fontana ornata da una colonnadorica sulla quale sta il secondo nume tutelare, copia delpiù famoso Ercole Farnese e contornata da un viale dicipressi tagliati con l’Ars Topiaria. Un tempo questoluogo era abitato da prostitute e spacciatori, oggi con ilcontrollo e la pedonalizzazione, questo annoso problemaha finalmente trovato una soluzione. Una puntata alVivaio del parco, specializzato nella coltura di essenzedella nostra fascia climatica e della macchia mediterranea,ci consentirà, da un lato di visitare lo spazio museale alle-stito nell’antico caseggiato e nei suoi sotterranei, dall’al-tro ci consentirà, perchè no, di portare con noi come sou-venir del parco una piantina tipica di lentisco o di cercis,da acquistare nel punto shopping del vivaio del parco!Sazi di cultura vogliamo riposarci? Si potrà scegliere unatra le aree attrezzate ed ombreggiate presenti dentro ilparco ed utilizzare le panche ed i rustici tavolini che lecorredano! Vogliamo un prato nel quale giocare con inostri figli o rotolare nell’erba, o ancora leggere un buonlibro, pensando che anche Palermo ha il suo Central Park?Un enorme prato rustico situato al centro del parco, a mar-gine del Bosco di Niscemi potrà accoglierci. Preferiamofare jogging o sport all’aria aperta? Utilizzeremo i traccia-ti appositamente studiati per questa esigenza, mentre sesiamo appassionati di calcio, il Campo Malvagno, oppor-tunamente messo a norma e corredato di tutte le attrezza-ture necessarie potrà ospitarci. Ed infine la sera, in quellenotti d’estate, che da noi sono proprio magiche, possiamoadesso portare i nostri amici che vengono a visitarePalermo, o andare noi stessi a bere un drink, o prendere ungelato, o semplicemente passeggiare nella quiete notturna,rischiarata da un impianto luminoso a basso impatto tra iviali del parco (realizzato fruendo di un finanziamento di3.500.000 di Euro del Patto Territoriale di Palermo), oandare a trovare Diana o Pomona o Ercole, che sotto laluce della luna hanno un fascino speciale!

Servizio Ambiente e Tutela del TerritorioGruppo Parchi e Riserve - sito del comue di Palermotel.: 0916127511e-mail: [email protected]

Fontana d’Ercole

Villa Sciarra il restauro vegetazionaleseconda fase dei lavori

Villa Sciarra:un tuffo nella storia del verdeA Roma il verde pubblico continua ad arricchirsi di giar-dini d’epoca. Il merito è del recupero ambientale avvia-to in numerose Ville Storiche appartenute a nobili fami-glie e ora di proprietà comunale, presenti molto spessonel cuore della città. Tra queste, il recente restauro delparco di Villa Sciarra, situato a ridosso di Trasteverelungo le mura Gianicolensi, punto di congiunzione conMonteverde Vecchio, ha restituito ai cittadini un impor-tante spazio all’aria aperta, riprodotto secondo i disegnioriginali del settecento e delle successive modifichenovecentesche. Già nel 2000, nella parte alta di VillaSciarra, erano stati conclusi importanti lavori di riasset-to della vegetazione secondo un accurato studio di docu-menti d’archivio. Il secondo intervento, avviato a marzodel 2004 e conclusosi da poco, ha proseguito questaopera di ricostruzione degli antichi viali e delle anticheaiuole grazie all’utilizzo di foto aeree. Un lavoro accura-to di risistemazione della vegetazione volto a valorizza-re le caratteristiche di pregio presenti nella Villa, come lagrande varietà di specie vegetali esotiche provenientidall’America e dall’Asia (circa 120), o la sagomaturadelle siepi realizzata secondo le regole dell’Ars Topiariache tende alla raffigurazione di oggetti e animali. Daoggi, questi tesori del verde, possono essere ammirati datutti attraverso i nuovi percorsi e le nuove panchine che,insieme ai lavori per la canalizzazione delle acque e alripristino delle fontane, hanno restituito alla città un pre-zioso scorcio della Roma tardo barocca, interessanteanche per il suo patrimonio di biodiversità.Per questo, un particolare ringraziamento va allaSovraintendenza Comunale per la collaborazione, e alleBanche Cotesoriere del Comune di Roma per la sponso-rizzazione dell’intervento.

Dario Esposito Assessore all’Ambiente del Comune di Roma

Villa Sciarra - Il Piazzale antistante ilCasino e l’esedra dei Dodici Mesi

La villa costituisce un singolare esempio di trasforma-zione di una raffinata dimora, appartenuta all’abbaziadei SS. Clemente e Pancrazio e passata ai Mignanelli epoi ai Barberini, che la unificano con la villa di monsi-gnor Innocenzo Malvasia, qualificandola come espres-sione di una famiglia aristocratica di primo piano dellaRoma barocca, all’insegna di un armonico inserimentonello straordinario contesto naturale. La residenza divie-ne sempre più qualificata, sotto il possesso di un prota-gonista della cultura settecentesca romana, il cardinale

Pietro Ottoboni, che ne accentua il carattere “arcadico”.I combattimento legati alla fine della secondaRepubblica Romana, nel 1849, danneggiano pesante-mente il complesso, sia per quanto riguarda le architettu-re che per i giardini. La villa diviene protagonista di turbinose vicende conMaffeo II Barberini Colonna di Sciarra (1850-1925),quando raggiunge la sua massima estensione, compren-dente dal 1885 anche la Villa Spada, viene totalmenterinnovata e subito dopo quasi completamente lottizzata,nell’ambito della costruzione di un nuovo quartiere convillini esteso dalla Porta S.Pancrazio fino alla Piazza S.Cosimato. Con l’acquisto della parte residua ad opera diGeorge W. Wurts nel 1902 la villa viene nuovamente tra-sformata, secondo un gusto neobarocco, d’improntaamericana; nel giardino vengono collocate numerosesculture in arenaria provenienti dal Castello Visconti aBrignano nel territorio della Gera d’Adda, tra le provin-ce di Bergamo, Cremona e Milano, decorato daGiovanni Ruggeri. Henrietta Tower Wurts, dopo lamorte del marito, dona la villa allo Stato italiano: nel1930 il complesso è consegnato al Comune di Roma edaperto al pubblico e nel 1931 l’edificio principale è affi-dato all’Istituto di Studi Germanici. Sulla sommità del-l’altura, in prossimità del Casino Nobile secentesco, ilgiardino è costituito da veri e propri episodi di armonio-so equilibrio tra un insediamento settecentesco, la tra-sformazione ottocentesca di gusto paesistico e le innova-zioni americane commissionate dai Wurts, eseguite suprogetto di Giulio De Angelis. Il piazzale antistante ilCasino, infatti, che nel Settecento confinava con ilGiardino Segreto posto su di un lato del Casino, presen-ta un assetto caratterizzato da vialetti curvilinei che tro-vano nelle fontane, delle Sfingi e dei putti con stemmaVisconti, e nei due gruppi scultorei principali, raffigu-ranti Apollo e Dafne e Pan e Siringa, oltre che negli altriarredi minori, efficaci valorizzazioni dei punti di vistaprincipali, sia dal Casino sia per il visitatore che giungeseguendo Via Adolfo Leducq, strada rettilinea settecen-tesca proveniente da un ingresso in prossimità delleMura Gianicolensi, oppure dagli altri percorsi novecen-teschi. I pregiati gruppi arborei accompagnano i percor-si stessi, secondo l’assetto paesistico che crea una mol-teplicità delle visuali anche in uno spazio ristretto e pia-neggiante, come il piazzale stesso, animato con paridignità dalle sculture e dalle piante. Il progetto di restauro si è basato tra l’altro sulle fotogra-fie aeree dell’Aerofototeca; in particolare, quella del1911, che documenta parzialmente l’assetto compiutodal Wurts, quelle del 1934, 1944, 1960 (quest’ultimaattestante i diversi dettagli non riportati nelle planimetrie

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catastali), 1963 e degli anni Sessanta hanno consentito diindividuare con precisione la configurazione della siste-mazione del piazzale, che nel tempo si era resa menoleggibile, anche per l’inadeguata manutenzione dei vialie dei manti erbosi. Il restauro ha così consentito di ren-dere pienamente leggibile la più importante sistemazio-ne realizzata nel secondo decennio del Novecento, primadel degrado successivo. Ancora più singolare e raffinataè la scelta operata da George W. Wurts e dal De Angelisper il vicino complesso dell’esedra dei dodici Mesi, unospazio verde caratterizzato da una successione di scultu-re tardosecentesche in arenaria raffiguranti i dodici mesidell’anno, disposti con un’articolazione ad emiciclo,segnato da un motivo a raggiera, arricchito da vasched’acqua e da piante di Taxus Baccata potate secondo raf-finate e complesse figure geometriche, raffigurantianche uccelli, espressione di una sapiente ars topiaria,documentata nelle rare fotografie della villa, tra cui quel-le di Maria Donati, del 1930. In questo angolo del parcotrova quindi compiuta espressione l’ispirazione neorina-scimentale e neobarocca che caratterizza tutto il giardi-no americano, introdotto dal Wurts ispirandosi alla vici-na Villa Farnese Savorelli, anch’essa di proprietà dell’a-mericana Clara Jessup Heyland. L’effetto complessivodei due episodi del giardino denuncia lo stile eclettico, incui coesistono armonicamente soluzioni paesistiche e digiardino regolare, ancora ben conservate, a maggior glo-ria del carattere di palinsesto che qualifica Roma comecittà internazionale.

Dott.ssa Carla Benocci

InterventiGli interventi realizzati fanno parte di un ampio lavorofinalizzato al recupero vegetazionale di tutta la Villa eseguono quelli effettuati nel 2000 che interessarono laparte alta del parco compresa tra Viale Leducq, VialeWern e il primo ingresso di Via Calandrelli. In questa seconda fase si è proceduto al riassetto dell’a-rea antistante il Casino principale sede dell’Istituto diStudi Germanici; la superficie, di circa 9000 mq., pre-sentava una situazione di grave degrado non essendo piùleggibile il disegno delle aiuole e dei vialetti, conseguen-temente anche le pregiate essenze arboree risultavanoinserite in un contesto di disordine generale. Grazie alla collaborazione della SovraintendenzaComunale sono state reperite foto aeree della zona chehanno reso possibile la ricostruzione dell’assetto realiz-zato nel secondo decennio del Novecento dall’alloraproprietario George W. Wurts. Il disegno dei viali,seguendo un andamento curvilineo con slarghi in corri-spondenza delle fontane, permette visioni prospettichedei gruppi scultorei inseriti nella vegetazione. I percorsisono stati evidenziati sui due lati da scoglierine basse inscapoli di tufo giallo, mentre la pavimentazione è costi-

tuita da un sottofondo di pozzolana stabilizzata, uno stra-to di misto granulare stabilizzato e una finitura in granel-lo di fiume rullato e compattato.Per quanto riguarda la vegetazione sono state eliminatele essenze non pertinenti all’impianto originario(Cupressus arizonica, Picea abies) ed abbattuto un Cedrodeodora perché gravemente malato e pericoloso per lapubblica incolumità. Utilizzando l’antica tecnicadell’Ars Topiaria si sono ridisegnate le piante di Bosso eTaxus Baccata modellandole in forme geometriche ezoomorfe, soprattutto immagini di pavoni, a ricordo diquando questi animali circolavano liberi nel parco.Questo tipo di intervento è evidente nell’aiuola dei“Dodici Mesi” dove si è proceduto ad un restauro filolo-gico ridimensionando, mediante potature, la siepe semi-circolare presente alle spalle delle statue e ripristinandoil parterre a forma di ventaglio costituito da siepi bassedi Bosso perimetrali e fioriture stagionali; tutte le aiuolesono state dotate di un impianto di irrigazione automatico.Per le tre fontane presenti nell’area (delle Sfingi, deiPutti e della Tartaruga) sono stati predisposti sia l’im-pianto di adduzione dell’acqua, sia quello di sopravanzocollegato al collettore principale di Viale Leducq da unanuova canalizzazione. Inoltre è stato riposizionato loschienale di una delle due panchine lapidee collocate nelpiazzale di fronte all’edificio principale, il manufatto erada tempo ricoverato presso il magazzino dellaSovraintendenza.In un prossimo futuro l’Amministrazione ha intenzionedi completare il lavoro di riqualificazione di VillaSciarra con interventi che interesseranno il versante suVia Dandolo attualmente in stato di abbandono. L’areaverrà bonificata ed i pendii consolidati, si prevede anchela realizzazione di due aree per cani nelle aiuole esternesul Viale delle Mura Gianicolensi. La villa sarà cosìriportata agli antichi splendori e costituirà un magnificoesempio di recupero ambientale di giardini storici.

Arch. M. Carlieri e Arch. M. Calabresi

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Planimetria dei nuovi interventi a Villa Sciarra

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Per il nuovo aspetto del litorale di Romaa cura della redazione

foto dello Studio “Vegetazione e Paesaggio”. Molte idee sono state presentate al Concorso Interna-zionale di Architettura “Lungomare di Ostia”, banditodal XIII Municipio in collaborazione con la RegioneLazio e la facoltà di Architettura della Sapienza, con lafinalità di presentare dei progetti per la riqualificazionedi Ostia Lido. Più di cento progetti sono arrivati da tuttaEuropa e 274 mila euro è stata la somma destinata ai vin-citori. Dopo 80 anni dalla prima realizzazione dellastruttura del lungomare di Ostia si avverte oggi la neces-sità di modificare il litorale in diversi aspetti, sia dalpunto di vista architettonico e strutturale che naturalisti-co per la costituzione di un nuovo pontile, aree di sosta,un centro attrezzato e spiagge più vivibili.Dal 1995 ad oggi alcuni esempi di riqualificazione sonostati realizzati negli stabilimenti del litorale di Ostia iproprietari di: “La Playa”, ”La Rotonda”, “Le DuneVillage”, “Oasi”, “Salus”, e “Venezia”, hanno sentito lanecessità di rendere accoglienti le loro spiagge, le operesono state progettate e realizzate dai paesaggistiEdoardo Galli e Maurizio Ciarrapica dello Studio“Vegetazione e Paesaggio” in collaborazione con ilConsorzio Verde Mare.Attraverso la costruzione di giardini sulla sabbia per lariqualificazione del lido di Roma, i progettisti hanno stu-diato degli interventi per suscitare sentimenti sempliciquali la bellezza, il fascino e la sensazione di benessere;hanno pensato di riconnotare ogni ambito adottando unsistema di ripartizione delle aree attraverso l’utilizzo didune in sabbia concimata opportunatamante piantumate,con le quali si è cercato di raggiungere l’obiettivo dicreare spazi intimizzati con forme curve e sinuose, ingrado, grazie all’azione frangivento delle dune stesse, direndere ricettivi ed utilizzabili ogni angolo dell’areariqualificata. Lo studio botanico ha selezionato unavegetazione in larga parte autoctona, cioè propria del-l’ambiente mediterraneo, che ha quindi minori esigenze

di manutenzione, ed una cosiddetta antropica, che èestranea al luogo come origine, ma non come adatta-mento, così da realizzare una complessità vegetazionaleecologicamente in equilibrio, dove le diverse essenze,superato il periodo di attecchimento e acclimatamento,possono crescere senza o con limitati interventi umani.Sul piano arbustivo le essenze impiegate principalmentesono state di Westringia fruticosa, pianta di origineaustraliana, ma di grande capacità di adattamento alnostro clima, L’Atriplex, il Tamarix gallica, la Medicagoarborea e il Limonastrum, mentre, come elementi isola-ti per valorizzare gli spazi più ampi e maggiormentefrequentati, sono state utilizzate le Trithrinax e leChamaerops humilis. In tale modo si è ottenuta una ricu-citura visiva oltre che ecologica con l’ambiente retrodu-nale, le cui emergenze botaniche sono ancora presentiseppure in maniera fortemente frammentata (le pianteutilizzate sono di provenienza dei Vivai Torsanlorenzo).Un’ulteriore programma di riassetto del Lungomare diPonente a Ostia Lido, in fase di realizzazione, su proget-to architettonico di Augusto Garzya, si compone di unasuccessione di spazi, per un totale di 1300 m2 di super-ficie, posti parallelamente al mare suddivisi per diverse

“Salus”

“Dune Village”

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funzioni: viabilità veicolare, pista ciclabile, e percorsopedonale. In corrispondenza del percorso pedonaleposto a separazione da quello ciclabile si pone un orga-nismo verde di dimensioni in sezione variabili da cm300 a cm 70, configurato come una curva continua. A separazione tra la pista ciclabile e la viabilità veicola-re si frappone un filtro di verde dalla profondità di cm70, in cui verranno poste piante con lo scopo di intimiz-zare l’ambito ciclabile da quello automobilistico.

In assenza o quasi per quest’area di un modello pae-saggistico del verde cui rifarsi, soprattutto in questasituazione, in cui l’elemento antropico occupa in manie-ra violenta spazi che dovrebbero essere investiti da ele-menti vegetali, si è cercato di studiare delle soluzioni perun ambiente urbano, soggetto a continua e disorganicatrasformazione.La selezione della miscela vegetale è stata indicata, per-ciò, dalla norma che regola le distribuzioni delle massevegetali sul territorio circostante, misto tra naturale edantropizzato, ottimizzando inoltre il rapporto tra le spe-cie spoglianti e le sempreverdi. La composizione vege-

tale prevede essenze arbustive dominanti indispensabi-li per l’edificazione paesaggistica, l’attrazione culturale ela durata nel tempo e l’adozione di un sottopiano domi-nato di essenze arbustive di diversa grandezza, forma equalità cromatiche, in modo da garantire una percezioneottimale del tessuto vegetale durante i diversi viraggistagionali.

Tipologia di intervento

Vista la morfologia del progetto architettonico che, finoall’incrocio con Piazza Scipione l’Africano mira a crea-re una passeggiata che si sviluppa attraverso l’alternan-za di elementi curvi, sotto forma di aiuole, che in manie-ra regolare penetrano nella sede percorso pedonale, l’in-tervento a verde si vuole caratterizzare con l’introduzio-ne di elementi dunali protettivi rispetto alla pista ciclabi-le, ai parcheggi ed al traffico cittadino. Queste dune permettono di ospitare una sequenza dipiani vegetazionali arbustivi (dalla Westringia frutico-sa alla Gazania nivea al Delosperma cooperi) che siconfigurano anche in base alla maggiore capacità ditolleranza agli agenti marini.

“La Playa”

“Oasi”

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PIANO VEGETALE DA IMPIEGARE PIANO ARBUSTIVO SOTTO DOMINANTE PIANO TAPPEZZANTE A PRATO

Westringia fruticosa, Limoniastrum spp.,Atriplex spp.,Obione portulacoides,Cineraria marittima,Ammophila arenaria,Rosmarinus officinalis,Rosmarinus prostrato,Medicago arborea;

Helichrysum spp.,Hebe speciosa,Carpobrothus edulis, Gazania nivea,Delosperma cooperi,Santolina spp.,Anthemis marittima,Cineraria marittima;

Medicago erbacea,Portulacaria spp.,Festuca arundinacea.

Essenze vegetali da impiegare nel progetto di riassetto del Lungomare di Ponente a Ostia Lido

L’importanza di questa tipologia di intervento risiedesoprattutto nella ritrovata importanza dell’elementodella vista del mare, una prerogativa oggi in parte nega-ta dall’assetto confuso dell’area in esame.In corrispondenza degli ambiti più riparati la presenzaraggruppata di esemplari di Medicago arborea, hanno lafunzione di spezzare con la loro presenza verticale l’o-mogeneità della visione orizzontale del lungo mare.In tutte le aiuole vengono inoltre inclusi nel tappetoerboso dei “segni di sabbia”; ovvero delle icone sabbio-se ornamentali che hanno il fine principale di sottolinea-re il movimento del terreno, e nello stesso tempo diinterrompere con studiati gesti grafici l’omogeneità dellatappezzatura a prato. A protezione della pista ciclabile verranno adottate pian-tumazioni alternate (Atriplex e Limoniastrum) poste supiccole creste dunali di quote non superiori ai 50 cm chepermettono di visualizzare la continuità dell’organismoprogettuale e nello stesso tempo spezzare attraverso ilmovimento la rigida geometria del Lungomare di OstiaPonente.La stessa tipologia di intervento viene inoltre impiegatanel tratto successivo quello che Piazza Scipionel’Africano arriva alla Piazza dei Ravennati (area Pontile).

Un altro elemento dunale importante è, infine, quellopresente sul piano della spiaggia in corrispondenza delmuro terra pieno di contenimento del piano stradale, ele-mento che assolve la funzione di elemento di ricuciturae di raccordo con la quota della passeggiata e che si pre-senta con un trattamento vegetazionale in cui prevalgo-no elementi di Ammophila arenaria e di Carpobrotusedulis.Il risultato di tali interventi, peraltro compatibili con leattività proprie di queste strutture, quali il ristoro, losvago e il gioco, risulta sorprendente, soprattutto inmerito all’aumento della frequenza dei visitatori avvenu-ta negli ultimi cinque anni, segno evidente del successodella strada intrapresa, dove il connubio imprenditorialocale e riqualificazione ambientale ha saputo produrrerisultati di grande valenza sociale.Il XIII Municipio ha dimostrato una grande attenzioneper gli aspetti vegetazionali e ha indetto un nuovo con-corso per il lungomare di Levante, mostrando di avercompreso l’importanza di una nuova politica tendente aprivilegiare il binomio ambiente e risorse disponibili,come unico e reale cardine di un processo qualitativo disviluppo economico, attraverso un turismo nuovo emaggiormente responsabile.

“La Rotonda”“La Rotonda”