treviso medievale - scarpamattei.gov.it · 18. casa del sole (via della roggia) 19. vicolo dossi...
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1. Corso del Popolo
TREVISO
medievale:
L’ACQUA
E LA
PIETRA
TOUR-
SCOPERTA
- 3 ore -
2. Loggia dei cavalieri
3. Palazzo dei Trecento
4. Piazza dei Signori
5. Portico Soffioni
6. Monte di Pietà
7. Santa Lucia
8. San Vito
9. Palazzo del Podestà
10. Calmaggiore
11. Portico del decumano, fontana delle tette
12. Battistero
13. Duomo
14. Terme romane
15. Sottoportico dell’Episcopio
16. Casa dal Corno
17. Casa-Torre del Visdomino (Arturo Martini)
18. Casa del sole (Via della Roggia)
19. Vicolo Dossi
20. Vicolo Buranelli
21. Piazza Rinaldi, Osteria della Colonna,
22. Palazzo Rinaldi, Portico delle ruote
23. Ponte Campana o San Francesco
24. Chiesa di San Francesco
25. Via Pescheria, facciata del convento dei camaldolesi
26. Casa dei Carraresi, Contrà del Cavallino
27. Casa Brittoni
28. Loggia dei cavalieri
Mura di Treviso
Treviso fu municipio romano arroccato attorno alla parte più alta del
centro, nella quale ora si trovano Piazza S. Andrea, Piazza dei Signori
e Piazza Duomo entro il perimetro di acque costituite dai Cagnani. La
presenza delle mura risale all’epoca romana. Le vestigia attuali sono
costituite da una cinta di quasi quattro km, comprendenti soprattutto
manufatti medievali (Porta Altinia), quattrocenteschi (Scaligeri), e
cinquecenteschi; questi ultimi furono costruiti per difendere Treviso,
più importante baluardo di Venezia in terraferma, contro i legati di
Cambray. Nel 1508 Frà Giocondo da Verona prima e D’Alviano poi,
su commissione della Repubblica veneziana, ampliano e migliorano le
antiche fortificazioni dando loro l’aspetto attuale di terrapieno,
rivestito all’esterno da una spessa muraglia di mattoni. Le fortifica-
zioni assunsero così l'attuale aspetto di terrapieno, rivestite
esternamente dalle mura. Una volta completate le mura, iniziarono le
opere idrauliche con imponenti movimenti di terra: fu creato attorno a
Treviso non solo un perimetro d’acque, ma anche la possibilità di
allagare la pianura circostante, mettendo a disagio gli eventuali
assalitori. All’esterno, ieri come oggi, scorrono dei canali derivati dai
fiumi Sile e Cagnan fiancheggiati da curati giardini. Tra le opere
richieste e realizzate sui progetti di Fra Giocondo e D’Alviano sono da
comprendere l’abbattimento di tutte le case che in qualche modo
potessero ostacolare la vista di eventuali assalitori per un miglio
tutt’intorno alla città, non solo, ma tutti gli edifici civili e religiosi che,
all’interno delle mura, avessero potuto ostacolare i movimenti dei
mezzi militari. Come in altre città del Nord (Ferrara,…) le mura di
Treviso, completate poco dopo il 1510, si fregiano a due terzi
dell’altezza di un cordolo in pietra d’Istria. In prossimità dei principali
bastioni (Porta Altinia, bastioni di San Paolo, bastioni al Portello…)
possiamo notare ancora oggi incastonati nel paramento di mattoni,
eleganti bassorilievi raffiguranti il leone alato, simbolo del potere di
Venezia, alla quale nel XIV sec. Treviso si era sottomessa. Questo
imponente strumento di difesa, in un modo o nell’altro, assolse bene
allo scopo per cui era stato realizzato tanto che Treviso non fu più
soggetta ad attacchi. Nella seconda metà dell’ 800 si pensò di
trasformare le mura in barriera daziaria, cosicché ogni accesso alla
città, per terra o fiume, fosse controllato e soggetto ad imposta. Fino
agli inizi del ‘900 il collegamento tra il centro urbano e la periferia era
assicurato ancora dalle tre uniche porte: Porta San Tomaso in direzione
Nord, Porta Santi Quaranta in direzione Ovest e Porta Altinia in
direzione Sud.
Ponte de Pria
Loggia dei cavalieri Presso il punto nevralgico della città antica, il Quadruvium " o "Croce
di Via", luogo di intersezione degli assi ordinatoci della città romana e
medioevale del Cardo e del Decumano, sorge in felice posizione
urbanistica la Loggia dei Cavalieri. La singolare architettura di grande
semplicità e leggerezza, esemplare di quel romanico trevigiano che
pure risente dell'eleganza bizantina lagunare. Fu costruita sotto il
podestà Andrea da Perugia (1276-77) per servire come luogo per
convegni, conversazioni, per il gioco degli scacchi ed altri svaghi,
esclusivamente riservato a nobili e cavalieri. E una sorta di piazza
coperta, di forma quadrangolare, aperta su ognuno di tre lati da cinque
arcate su esili colonne quadrate in pietra con capitello liscio. La
copertura piramidale, quasi un enorme cappello, è molto sporgente su
modiglioni lignei sagomati ed ha una complessa struttura interna,
nascosta da un soffitto ligneo a travicelli che conduce i carichi
principalmente su un'alta colonna centrale. L'edificio, che gli antichi
documenti portano a vanto della città, era interamente rivestito da ricca
decorazione a fresco, che smaterializzava fantasticamente le superfici.
La prima decorazione fu rinnovata nel 1313 con ricchi ornati policromi
a fasce geometriche e vegetali stilizzate, e inoltre all'esterno con un
fregio continuo con una lunga teoria di cavalieri e all'interno scene
tratte dal francese "Roman de Troie".
Esigui resti di queste decorazioni, bisognosi di urgente
restauro, si scorgono specie nei sottarchi. Restaurato una
prima volta nel 1911, l'edificio ebbe demolito il lato
orientale dai bombardamenti del 1944, poi ricostruito col
materiale originale. Oggi ospita un vivace mercatino di
libri, piante, giocattoli, antichità.
Palazzo dei Trecento Piazza Indipendenza già detta delle Donne, con al centro la statua
dell'Indipendenza, la popolare "Teresona", di Luigi Borro (1871). Vi
domina severa la facciata orientale del Palazzo dei Trecento,
certamente il monumento più rappresentativo della città per il suo
rilievo urbanistico, per essere legato al periodo che più ha inciso sulla
storia e sul carattere della città, per la storia recente che lo ha visto
semidistrutto dalla guerra e con ferma volontà ricostruito, quasi
simbolo della rinascita della città. La sua costruzione risale agli anni
tra il primo e il secondo decennio del 1200 (i documenti parlano di una
"domus lapidea Comunis" nel 1207 e di una "domus nova" nel 1213),
quando il Comune di Treviso, dopo la Pace di Costanza (1183),
afferma la propria autonomia rispetto sia all'autorità imperiale che
vescovile, costituendo un governo sovrano e dandosi un proprio corpus
di statuti. Il nuovo edificio viene situato sul luogo, molto
probabilmente, del foro romano, presso un secondo "quadruvium"
anticamente formato dal Cardo e da un asse trasversale (quest'ultimo
oggi vie Municipio e XX Settembre), da cui il nome di "Carrubio" dato
alla piazza oggi dei Signori. Il palazzo è il primo di una serie di edifici
e spazi che nel corso del 1200 verrà a delineare attorno alla Piazza del
Carrubio il polo del potere civile, distinto da quello religioso,
localizzato attorno al Duomo. Esso ospita al piano superiore un unico
grandioso salone che serviva per le adunanze del Maggior Consiglio,
formato appunto, in alcuni periodi, da 300 consiglieri del Comune e
della Marca, scelti tra nobili e anziani del popolo. In esso erano esposti
quegli Statuti comunali di cui Treviso ha la fortuna di conservare, a
partire dal 1207, la raccolta quasi completa. I piani inferiori erano
occupati da uffici pubblici. Nel suo stile romanico severo e quasi
rustico, che trova stretti contatti con altri edifici pubblici dell'area
emiliano-lombarda, il palazzo si presenta come una enorme e
massiccia mole quadrilatera menata, dove la compattezza delle pareti
in laterizio è interrotta solo dalle eleganti trifore. Tuttavia, l'attuale
severità era in origine attenuata dalla vivace policromia degli ornati in
terracotta scolpita nelle armille delle trifore e di due fasce continue con
intrecci vegetali, animali favolosi, scene amorose dipinte sotto i
davanzali e sotto la cornice di gronda. Tracce superstiti della
decorazione pittorica duecentesca si scorgono ancora nei sottarchi del
portico verso Piazza del Monte. Nel sec. XVI fu aperta la loggia a
piano terreno e iniziò una serie di interventi e modifiche conseguenti a
destinazioni disparate, che nel corso dei secoli alterarono gravemente
le linee originali dell'edificio. Purtroppo durante il bombardamento del
7 Aprile 1944 fu colpito da una bomba che, esplosa al suo interno, lo
devastò demolendolo in parte e provocando l'impressionante
strapiombo delle murature restanti.
Salvato dalla totale demolizione, ordinata dalle autorità
militari tedesche, con il pretesto dello stacco di affreschi
falsamente dichiarati del Veronese, il palazzo fu
restaurato tra il 1946 e il 1952 con un'operazione
appositamente messa a punto (Ing. F. Forlati) che consentì
di riportare in poche ore perfettamente a piombo le
enormi masse murarie, strapiombati fino a 92 cm (vedere
lapidi testimoni sullo scalone e verso la Piazza del
Monte). Le parti crollate furono ricostruite in gran parte
col materiale originale. Lo scalone monumentale, rifatto
nel 1906 sulle tracce di quello originario, che però era a
due rampe con protiro sulla sommità, dà accesso al Salone
dei Trecento, uno dei più grandi (m 47 x 20) palazzi
pubblici medioevali. E coperto con monumentali capriate
di originalissima forma doppia, sostenute da modiglioni
sagomati e originariamente dipinti. La decorazione
romanica delle pareti, in parte conservata, è costituita da
fasce con scene amorose e di caccia tra le testate delle
capriate, da grandi animali esotici dipinti in riquadri tra le
trifore, da motivi nei sottarchi delle stesse. Nel ‘500 fu
realizzata la grande fascia con tutti gli stemmi dei podestà
veneziani (reintegrata da M. Botter), e la decorazione
sulla parete di fondo con finte architetture, figure religiose
ed allegoriche di stile veronesiano.
Piazza dei Signori Luogo di incontro e di "ciacole" per i trevigiani di tutte le età. Vetrina
dove la città ama mostrare se stessa, specchio fedele del suo carattere,
la piazza costituisce urbanisticamente, ma soprattutto idealmente, il
cuore della città e ne è il punto di maggiore rappresentatività anche
architettonica. Vi prospetta il Palazzo della Prefettura, in stile falso-
romanico, costruito tra il 1874 e il 1877 sul luogo del duecentesco
Palazzo Comunale; essendo questo malconcio e fortemente alterato,
invece di restaurarlo si preferì stupidamente abbatterlo, per ricostruire
una sorta di debole parodia (Arch. Olivi, su spunto di Camillo Boito).
Duecentesca, ma molto probabilmente su fondamenta più antiche, è la
Torre Civica, dalla caratteristica sagoma, modificata solo nel
coronamento, e che ospita il familiare "Campanon".
Portico dei Soffioni Attraverso il Sottoportico dei Soffioni, all'angolo tra i Palazzi della
Prefettura e dei Trecento, si passa nella caratteristica Piazzetta del
Monte di Pietà, fino al secolo scorso occupata dalle beccherie ed oggi,
nella stagione autunnale, dal vivace mercato dei funghi.
Vi prospetta, contigua a quella del Palazzo dei Trecento,
la facciata posteriore, con bifora e grandi trifore, del
Palazzo della Prefettura, che è l'unica parte superstite,
anche se molto restaurata, del duecentesco Palazzo
Comunale. Di fronte è l'ala settecentesca del Monte di
Pietà, che reca sulla facciata un proclama del 1795.
Monte di Pietà L'edificio di fondo, sovrapposto alla chiesa di S. Lucia e dal quale
emerge il campaniletto romanico di S. Vito, è la parte più antica del
Monte di Pietà. Vi sono infissi stemmi trecenteschi, un bel Cristo Ecce
Homo ad altorilievo e vi si notano i resti di un originale motivo
decorativo gotico ad affresco. Fondato nel 1496, fu uno dei primi ad
essere istituiti in Italia. Vi è assai raccomandata la visita (civico n. 2)
alla Cappella dei Rettori. È un piccolo ambiente del tardo 1500,
eccezionalmente ben conservato: nella parte alta delle pareti, tra ricche
cornici intagliate e dorate, sono sei storie e parabole allusive alla carità
(Agar e l'Angelo, il Convito del Ricco Epulone, Elia, il Buon
Samaritano, Mosé che fa scaturire l'acqua, il Figliol Prodigo), da
considerare il capolavoro del pittore fiammingo, naturalizzato
trevigiano, Ludovico Toeput detto il Pozzoserrato (1581 ca). Alcune di
queste scene sono interessanti per l'ambientazione in ville venete
cinquecentesche. Lo sciupato affresco della piccola abside è di L.
Fiumicelli. Bellissimi sono il soffitto a travicelli dipinti a intrecci e il
rivestimento delle pareti con cuoi di Cordova arabescati, impressi,
dipinti, dorati ed argentati su imitazione di modelli ispano-arabi.
Un altro minuscolo locale rivestito di legno è l'antico
forziere; interessanti anche antichi pesi e strumenti di
misura. Tra i dipinti spicca uno stupendo quanto
problematico Cristo sul sepolcro, del quale, a fronte di
una insostenibile attribuzione tradizionale a Giorgione, la
critica non è finora riuscita ad individuare concordemente
l'autore.
Santa Lucia Dalla piazzetta un sottoportico conduce alla Piazza S. Vito, che
purtroppo ha brutti edifici moderni, e all'ingresso della piccola Chiesa
di S. Lucia. Questa sorse nel 1389 per ricordare la definitiva dedizione
di Treviso a Venezia, (proclamata l'anno precedente nel giorno
dedicato alla Santa) e risultò dall'ampliamento della più antica cappella
di S. Maria delle Carceri, sul luogo delle carceri del Comune distrutte
da incendio nel 1354. È a tre navate uguali, con volte gotiche a
crociera su basse colonne; la struttura e la poca luce le conferiscono
una suggestione particolare, quasi di cripta. Alterata, fu rimessa in
pristino negli anni Venti (M. Botter). La prima cappella affrescata a
destra dell'ingresso è quella primitiva, addossata alle strutture
romaniche della parte absidale della millenaria chiesa di S. Vito.
L'affresco centrale, trasportato, raffigura la Madonna del Paveio
(farfalla), opera di Tomaso da Modena (1355 ca) già molto restaurata
in antico, del quale rimangono autografe due incantevoli Teste
d'Angelo. Sopra e attorno sono affrescate Storie della Passione, tra le
quali è notevole la Crocifissione, di scuola veronese della fine del
1300. Pure a Tomaso da Modena è stata recentemente attribuita una
delicata Madonna col Bambino nella campata contigua.
Altri affreschi della fine del ‘300 con Storie di Santi sono
su alcune crociere. Interessanti anche le sculture
quattrocentesche di arte locale, come la Balaustra in pietra
con busti di Santi attorno all'altare maggiore.
San Vito Una porticina comunica con la Chiesa di San Vito, immettendo proprio
nella parte più antica superstite: una piccola cappella absidata risalente
al sec. XI-XII, con importanti affreschi romanici (Cristo e Apostoli)
della prima metà del 1200, recentemente attribuiti al quasi sconosciuto
maestro Ognibene da Treviso. Sul pilastro a sinistra dell'altare mag-
giore è un tabernacolo in pietra del 1363, ricco bassorilievo gotico-
fiorito con busti di Santi e ritrattini dei donatori. La chiesa attuale, a tre
navate su colonne, fu ricostruita nel 1561, quando sopra di essa si
allargarono i locali del Monte di Pietà; a questa ricostruzione
appartiene l'alto e arioso portico verso la Piazza S. Vito.
Palazzo del Podestà Sul lato opposto al Palazzo dei Trecento è il Palazzo del Podestà,
originariamente del 1491, ma ampiamente modificato nel secolo
scorso in stile rinascimentale lombardesco. Conserva verso il
Calmaggiore la notevole facciata seicentesca, pur modificata a piano
terreno, di vigoroso disegno architettonico.
Dalla Piazza dei Signori si imbocca Via Barberia: strada pedonale,
sempre animata e vivace, con bei negozi, per il suo carattere può
ricordare una calle veneziana. Sul laterale Vicolo S. Gregorio si trova
la piccola Chiesa di S. Gregorio, di origine medievale (pala col Santo
titolare, di Palma il Giovane) e vi prospetta l'edificio principale del
complesso detto Palazzo dei Ricchi, in realtà costruito sulle case di
questi dalla nobile famiglia degli Azzoni Avogadro nella seconda metà
del 1400. La facciata che prospetta su Via San Gregorio è riccamente
decorata con stupendi motivi floreali. Simile, ma in tono minore, è
l’altra facciata che dà su Via Barberia. Si ritiene che Ca’ dei Ricchi sia
l'edificio di Treviso più finemente trattato di qualsiasi altro dell'epoca,
dove è fatto uso piuttosto abbondante della pietra d'Istria, e che più si
accosta ai tipi contemporanei del gotico veneziano". Questo edificio,
molto alterato, mostra chiaramente le caratteristiche del gotico
veneziano tardo. Altro edificio, restaurato, dello stesso complesso e
con analoghe caratteristiche stilistiche, prospetta su via Barberia: ha
trifora e bifore sopra un porticato ad archi ogivali, paramento a finta
tappezzeria e cornicione a formelle di terracotta.
Calmaggiore, Portico del decumano Attraverso il vicolo del Podestà, quasi completamente chiuso in alto da
antichi barbacani, si raggiunge il Calmaggiore (Callis maior) che, per
congiungerne i due principali poli, è storicamente la strada più
rappresentativa della città; lo è fin dall’epoca romana, quando essa
coincideva con il Cardo Maximus, al quale appartiene, molto
probabilmente, il tratto di strada romana ritrovato recentemente sotto
un edificio (Galleria della strada romana, visitabile a richiesta presso il
negozio di argenterie). La via è fiancheggiata da bei palazzetti con
ampi portici. Questi, accoglienti quasi come un interno domestico, da
sempre sono il luogo deputato della vita sociale dei trevigiani. Tra le
insegne e accanto alle vetrine di moderni ed eleganti negozi, ancora si
scorgono antiche immagini sacre; singolare è la grande varietà di
forme di colonne e pilastri. Le facciate presentano spesso parti
affrescate gotiche e rinascimentali, mentre altre hanno aspetto
ottocentesco. Verso il termine, sotto l'incombente e massiccia mole
incompiuta del Campanile del Duomo, il Calmaggiore si allarga in una
piazzetta, offrendo la suggestiva visione della fiancata nord della
Cattedrale, con la veduta di alcune tra le sue sette cupole, che con i
loro volumi color verde rame e le grandi lanterne costituiscono uno dei
tratti caratteristici del panorama urbano.
Battistero Il riflesso dello stile architettonico della perduta Cattedrale si può
scorgere nel contemporaneo Battistero di S. Giovanni (sec. XI-XII),
restituito Mi questo secolo all'aspetto primitivo. Costruito in rosso
mattone, poggia su di un basamento sicuramente romano, e certo
originariamente non sorse come battistero. La facciata, i fianchi e
l'abside (visibile dal Calmaggiore) sono percorsi con raffinato senso
plastico da lesene raccordate con leggerezza da coppie di archetti
poggianti al centro su mensoline scolpite. Ai lati del portale anteriore,
che conserva originali battenti lignei intagliati trecenteschi, sono infissi
due fregi lapidei romani a motivi vegetali (sec. III o IV). Il semplice
interno ad aula ha nel fondo un'abside fiancheggiata da due absidiole
minori, che recano preziosi affreschi duecenteschi: quella di destra una
Madonna col bambino e Santi di carattere romanico; quella di sinistra
una Madonna col Bambino benedicente tra l'Arcangelo Gabriele e S.
Prosdocimo, opera di carattere bizantino, bellissima per colore ed
elegante disegno. L'abside maggiore è chiusa da una balaustra
marmorea del 1400, con teste di Santi di forte espressività. All'esterno,
sul lato verso la Cattedrale, è una nicchia con cospicui resti di un
affresco tardogotico del 1400. Tra il Battistero e il Campanile è la
piccola facciata della Scuola del Santissimo, che mostra le pallide
tracce di un
Cristo risorto dipinto da Tiziano Vecellio nel 1517. Il
Campanile, dal largo basamento, pare opera del sec. XIII,
rimasta interrotta ben prima del raggiungimento
dell'altezza progettata. Alla base è murata una lapide
romana che, facendo riferimento ai Seviri e alla loro opera
di pavimentazione del Cardo, è documento base per la
romanità di Traviso.
Duomo Il Complesso del Duomo si stende sul lato est della piazza e
comprende il Battistero di S. Giovanni col retrostante campanile, la
Cattedrale dedicata a S. Pietro, il Vescovado e, dietro questi ultimi
edifici, le Canoniche. L'impianto degli attuali edifici risale al sec. XI-
XII, epoca in cui la Cattedrale fu ricostruita in splendide forme
romaniche. Purtroppo, solo una ricca iconografia ci testimonia come
queste forme fossero il prodotto della originalissima fusione di
elementi della cultura romanica padana (gallerie in facciata, portale a
strombo con protiro), con altri propri della tradizione bizantina
lagunare. A pianta basilicale a tre navate, con ricchi mosaici
pavimentali e parietali, era addossato alla facciata un ampio portico ed
era iniziata la ricostruzione delle tre cappelle absidali. Ridotto
malconcio e di aspetto composito, verso la metà del ‘700 si preferì
demolire e ricostruire il corpo della chiesa in stile neo-rinascimentale,
causando certo la più grave perdita per l'eredità storica e artistica della
città. La fiancata Nord della Cattedrale mostra i segni lasciati in questo
luogo da quasi tutte le epoche: un notevole bassorilievo romano con
figura di Baccante su di un contrafforte; le piccole finestre della cripta
e un tratto di parete con lesene ed archetti della primitiva Cattedrale
romanica; l'esterno, rivestito di candida pietra d'Istria, della Cappella
del Santissimo, di puro disegno rinascimentale. La Cattedrale prospetta
sulla piazza con l'enorme pronao esastilo, su ampia scalinata, innalzato
nel 1836 in rigide forme neoclassiche e decisamente troppo "fuori
scala" rispetto alla "misura d'uomo" che caratterizza la città. Ai lati
sono collocati i due leoni romanici in marmo rosso di Verona, già
sorreggenti il protiro dell'antica cattedrale. L'interno fu costruito a
partire dal 1760 su disegni di Giordano Riccati, che lo uniformò allo
stile rinascimentale delle mantenute cappelle absidali; ne risultò
un'architettura di stile neorinascimentale piuttosto rigida nella
concordanza esatta e ripetitivi delle membratura in pietra grigia, ma
tuttavia originale e luminosa, dotata di una monumentale grandiosità,
accentuata dalle 7 cupole di cui ben cinque allineate sull'asse della
navata centrale. Comunque questa Cattedrale non riesce certo a
togliere il rimpianto per quella romanica demolita. Molto numerose
sono le opere d'arte di rilievo. Nella navata sinistra: primo pilastro,
statua di S. Sebastiano, di Lorenzo Bregno (1515 ca); secondo altare,
grande Tabernacolo architettonico in marmi pregiati arricchito di
bronzi (sec. XVII); secondo pilastro, Madonna col Bambino, statua
della bottega del Sansovino (sec. XVI); terzo altare, S. Giustina, Santi
e donatore, pala di Francesco Bissolo (1530 ca). Nel vestibolo sinistro:
cornice in pietra scolpita (sec. XIV); grandi tele seicentesche
(Francesco Bassano, Antonio Zinchi); Monumento Sepolcrale del
Vescovo Nicolò Franco, fine ed elegante opera lombardesca (1501).
Sul fondo si apre la Cappella del Santissimo: fu eretta su iniziativa del
Vescovo Bernardo De Rossi tra il 1501 e il 1503, su disegni di
Antonio Maria da Milano, interamente rivestita di marmo greco e
corredata di sculture (Redentore, Angeli, Santi Pietro e Paolo) da
Giambattista e Lorenzo Bregno, mentre l'affresco nell'abside col
Redentore è di Pier Maria Pennacchi (15 11). Si tratta di un notevole
ambiente, dove il preciso disegno architettonico tracciato da pilastri e
cornici in pietra grigia e la preziosità del rivestimento e degli arredi
scultorei (notare il singolare altarino semicircolare secondante
l'abside), concorrono a formare un omogeneo insieme di perfetta
misura rinascimentale. La Cappella Maggiore fu la prima della
ristrutturazione rinascimentale, compiuta su disegno di Pietro
Lombardo nel 1488. Allo stesso artista, con la collaborazione dei figli
Tullio ed Antonio, si deve, sulla parete sinistra, il Monumento
Sepolcrale del Vescovo Zanetto (1486), di elegantissimo disegno
rinascimentale e fine esecuzione (grande aquila sul festone, racemi sul
sarcofago). Di fronte, Monumento a Papa Alessandro VIII, plateale
opera barocca di Giovanni Bonazza (1693). Ai lati dei due monumenti,
Storie della Chiesa Trevigiana, buoni affreschi ottocenteschi di gusto
romantico, di Ludovico Seltz (1888). Sull'altare maggiore Arca
attribuita a Tullio Lombardo (1506), coi pregevoli busti ad altorilievo
dei Martiri Teonisto, Tabra, Tabrata. Contigua è la Cappella
dell'Annunziata o Malchiostro, dal nome del canonico che la fece
erigere nel 1519 e poi decorare.
L'architettura, semplicissima, fu concepita in funzione
delle pitture, affidate ai due pittori più "moderni" e famosi
della Venezia di allora: gli affreschi a Giovanni Antonio
da Pordenone, e la pala d'altare a Tiziano Vecellio,
risultandone uno dei complessi artistici più importanti
dell'arte veneta. Gli affreschi del Pordenone (1520) sono:
sulla parete sinistra l'Adorazione dei Magi, con vigorosi
ritratti in abiti contemporanei, e, sopra, la Visitazione,
dipinta in una sola giornata; sul catino dell'abside,
Augusto e la Sibilla, mentre il potente Padre Eterno nella
cupola è purtroppo andato perduto nel 1944. Gli altri
Santi sono opera di collaboratori. Il Pordenone eseguì
queste opere con fare grandioso e spigliato, nel fresco
ricordo delle opere pittoriche di Michelangelo,
dimostrando un precoce manierismo; esse costituiscono
infatti il primo clamoroso contatto dell'arte veneta con la
grande arte romana del cinquecento. L'Annunciazione di
Tiziano, la cui data si colloca tra il 1521 e il 1523, è
un'opera dal colore splendente e di caldo tonalismo, come
è evidente negli straordinari abiti della Madonna, figura di
indicibile bellezza e soavità. D'effetto è lo squarcio
luminoso delle nubi, mentre curioso è il piccolo ritrattino,
quasi caricaturale, del committente sullo sfondo.
Completano l'ambiente transenne in pietra a traforo e
stalli con piccole tarsie lignee. Sulla parete sinistra del
vestibolo sono esposte importanti opere di artisti
trevigiani: La Madonna del Fiore (1487), capolavoro di
Gerolamo Aviano detto G. da Treviso il Vecchio,
l'Assunzione (1521) di Domenico Capriolo, S. Lorenzo e
Santi (1562) e Adorazione dei pastori (1557 ca) di Paris
Bordon, quest'ultima piacevolissima opera della maturità
del pittore. Sulla parete destra: Arca sepolcrale del
Vescovo Castellano Salomone (1322 ca), pregevole opera
veneziana con evidente influsso toscano (notevoli gli
angeli reggi cortina e la figura giacente). Presso le
sacrestie dei canonici: dipinti di Gerolamo Aviano, Paris
Bordon (Sacri Misteri), Francesco Dominici
(Processione). Ridiscesi nella navata destra, una scaletta
porta nella cripta. E' l'unica parte rimasta pressoché
intatta, e certo la più antica, della cattedrale romanica,
forse già compiuta nel 1040, ambiente di grande
suggestione, caratterizzato da fitte colonnine, alcune con
bei capitelli scolpiti di reimpiego (sec. VIII-IX). Sulle
volte a crociera e sulle pareti sono numerosi frammenti di
affreschi dei secoli XIII-XIV. Sul pavimento, parti di
mosaico romanico con animali mostruosi. Nell'abside è
collocata l'Arca (1403) del patrono della città, S. Liberale;
sotto di essa è un interessante pavimento eccezionalmente
conservato in piastrelle di maiolica con motivi vegetali e
frutta, forse di fabbrica locale del ‘500.
Terme romane Il complesso si andò qui formando fin dai primi tempi
dell'evangelizzazione (sec. III-IV), in una parte della città romana dove
pare accertata la presenza di edifici pubblici come il teatro, un tempio
e, forse, un edificio termale, di cui un'aula circolare con pavimento a
mosaico, recentemente scoperta, è da identificare come il primo
battistero paleocristiano. Passando sotto il grande volto del Vescovado
si può giungere a vedere il Mosaico paleocristiano (sec. IV), notevole
per finezza di disegno e bellezza dei colori, appartenente ad un'aula
circolare poliabsidata, forse sala termale poi usata come battistero,
come confermerebbe anche la traccia della vasca battesimale ritrovata
al centro; il Mosaico è diviso in tre fasce: quella interna ed esterna con
motivi marini, la mediana con un ricco viticcio entro cui sono
variopinti uccelli, amorini vendemmianti ed una testa forse di
Autunno.
Casa dal Corno Su un lato della piazza fa angolo la Casa dal Corno, tipico edificio
gotico-veneziano del sec. XV, con decorazioni a fresco e ricche cornici
in terracotta attorno alle finestre trilobate.
La piazza del Duomo è bellamente ornata da grandi magnolie.
Prospiciente la Cattedrale è l'antico ma più volte rimodernato
Vescovado (notevole il Salone con Parabole Evangeliche affrescate da
Benedetto Caliari (sec. XVI), è il Palazzo del Tribunale, edificio
ottocentesco di epoca austriaca, eretto sul luogo del medioevale
Fontego delle Biade, a sua volta sorto sulle rovine del Palazzo degli
Ezzelini, demolito nella rivolta popolare nel 1260.
Casa-Torre del Visdomino Pochi passi possono portare in Via Cornarotta dove, assieme ad altri
palazzetti del sec. XVI, è la Casa-torre romanica duecentesca detta
"del Visdomino", appartenuta nel 1600 allo storico e medico
Bartolomeo Burchelati e dove, al principio di questo secolo, modellò
le sue prime opere lo scultore Arturo Martini.
Casa del sole (Via della Roggia) Continuando la via Canova, dalla quale si vede l'articolato complesso
dei chiostri seicenteschi dell'ex Convento di Ognissanti, oggi Uffici
Finanziari, giunti al Ponte di S. Chiliano si svolta nella Via Roggia,
costeggiando l'omonimo canale. È una strada molto piacevole, con una
serie di antiche e belle case porticate, talune con affreschi, e, al di là
del canale, una folta vegetazione dalla quale emerge, con effetto
romantico, la facciata diroccata di un nobile edificio.
Vicolo Dotti
Il laterale vicolo Dotti offre lo scorcio di altre belle architetture
"minori" gotiche e rinascimentali.
Vicolo Buranelli Una delle zone più tipiche e conservate della città vecchia, una delle
più fotografate e dipinte. Il nome si vuole derivi dalle case dei
commercianti di pesce originari dell'isola di Burano. Il silenzioso
scorrere del Cagnan di mezzo (o dei Buranelli), il sottoportico
affiancato che ne riceve i mobili riflessi luminosi e sotto il quale si
aprono mescite di trevigianissime "ombre de vin", il sorgere e lo
specchiarsi nell'acqua delle semplici, armoniose facciate, talvolta
gentilmente affrescate e dotate di tipici "lamponi" (lavatoi) sospesi a
catenelle e spesso fioriti, la stessa dimensione letteralmente a misura
d'uomo degli spazi e degli edifici, tutti questi elementi fanno sì che in
questo luogo particolare si possa cogliere la quintessenza del carattere
e dello spirito della città, rimanendone conquistati. Nella piccola casa
oltre il canale abitò a lungo lo scrittore Giovanni Comisso (1895-
1969); Eugenio Montale vi ha dettato la lapide.
Piazza Rinaldi
Pochi passi portano nella Piazza Rinaldi, felice ambiente urbano,
aperta e luminosa come un campiello veneziano; prende il nome dalla
nobile famiglia cui appartenevano gli edifici che vi si affacciano, tra
cui un bel palazzetto rinascimentale del principio del Cinquecento con
quadrifora dagli eleganti capitelli. Ma l'edificio più singolare è
senz'altro l'Osteria della Colonna, quadrata costruzione coronata da
loggiato, che prende il nome da una colonna posta nel mezzo del
salone centrale: ambiente assai caratteristico, si vuole sia stata aperta
ininterrottamente come osteria e locanda a partire dal 1600, prestigioso
cenacolo d'artisti e letterati come Arturo Martini, Gino Rossi, Giovanni
Comisso, protagonisti di quel momento particolarmente vivace e
fecondo della cultura cittadina. In un angolo della piazza un edificio
della metà del 1400 presenta un portico con sovrapposta loggia a
singolari archi trilobi inflessi di forma slargata e depressa, che possono
richiamare addirittura modelli islamici. Sulle pareti del portico sono
sciupate ma interessanti scene ispirate ai "Trionfi" del Petrarca.
Ponte Campana o Ponte San Francesco
Dal Ponte della Campana si hanno ulteriori scorci sull'acqua e su altre
antiche case che vi si specchiano; il ponte collega la Piazza S.
Francesco, dove si innalza il Tempio di San Francesco, uno dei gioielli
architettonici della città e una delle chiese più amate dai Trevigiani,
con la zona della Pescheria. Curiosa la costruzione, ben documentata
dopo il recente restauro.
Osteria dei trionfi
Sotto il palazzetto all’angolo del ponte si percorre il portico ad ampi
archi ogivali che si affaccia sul Cagnan Grande proprio dove le acque
azionavano le due ruote di un vecchio mulino, ulteriore esempio della
straordinaria qualità urbana di Treviso. Nel portico sono visibili parti
di un originale fregio quattrocentesco affrescato con putti acrobati su
festoni.
San Francesco
La Chiesa di San Francesco a Treviso è un edificio realizzato tra il
1230 ed il 1270, non lontano dalle Mura, per volere di Papa Innocenzo
III grazie anche alle notevoli elargizioni Comunali oltre che a quelle
dell’aristocrazia trevigiana. L’epoca di realizzazione, di trapasso tra il
Romanico ed il Gotico, è ben visibile in alcuni elementi architettonici
presenti sull’edificio: elementi romanici (gli archi dei transetti, il
portone d’ingresso) si mescolano ad elementi gotici (gli archi delle
cappelle terminali, le finestre). Internamente la Chiesa di San
Francesco riflette lo stile austero delle altre chiese romanico-gotiche di
Treviso; il soffitto è in legno a cassettoni e la pavimentazione in cotto.
La struttura è in laterizio sia internamente che esternamente con pianta
a croce latina. La caduta di Venezia nel Maggio del 1797 segnò
l’entrata delle truppe francesi anche in Treviso. Questo evento segnò
da lì a poco il declino di molte chiese trevigiane: spesso furono
convertite ad usi militari, divenendo luoghi adibiti al ricovero dei
soldati o a magazzino e furono spogliate delle loro ricchezze (come
accadde al Duomo, alla Chiesa di Santa Caterina ed alla Chiesa di
Santa Margherita). Come non bastasse, nel 1806 si aggiunsero le
soppressioni napoleoniche. Stessa sorte subì il complesso di San
Francesco, perdendo quindi la sua funzione di culto: fu demolito il
convento che fu privato dei due chiostri e con i mattoni fu costruita
una casa a ridosso della facciata, fu rimosso il pavimento e lo spazio
interno della chiesa fu suddiviso in più piani per meglio essere
sfruttato come magazzino. Purtroppo i danneggiamenti alle strutture
della chiesa continuarono sia sotto la dominazione austriaca che con
l’unità d’Italia. Alla fine degli anni ’20, dopo una massiccia opera di
restauro, la destinazione d’uso della Chiesa tornò ad essere quella più
consona ad un tale edificio ed affidata ai frati minori
conventuali. Tra le opere di maggior prestigio è possibile
ammirare la Madonna e Santi di Tomaso da Modena
(1360), mentre i dipinti di Vivarini Alvise, Paris Bordone
e V. Carpaccio, presenti un tempo, furono portati altrove.
All’interno della Chiesa, sul lato Sud si trova la tomba di
Francesca Petrarca, figlia del Poeta, defunta a Treviso nel
1384. Da qualche anno il Chiostro della Chiesa di San
Francesco a Treviso è diventato sede permanente di
mostre d'arte.
Pescheria
La Pescheria è forse l'episodio urbanistico più singolare della città,
nella sua zona più popolarmente animata. È un ampio -"vuoto urbano"
formato dall'allargarsi del Cagnan Grande. La Pescheria di Treviso si
colloca in uno dei luoghi più caratteristici del centro storico, circondata
da edifici quali Ca’ dei Carraresi e Ca’ Brittoni da un lato e dall’altro
edifici che un tempo facevano parte del Convento delle Monache
Camaldolesi con le loro fantasiose e vivaci decorazioni affrescate che
vanno dal gotico al rinascimento, dal ‘400 al ‘500. A Treviso, fino dal
Medioevo esisteva l’attuale isola della Pescheria: vi erano solo 3
isolette naturali tra loro separate da vari rami del fiume Cagnan. Nel
1854 anni, sotto la dominazione austriaca, il sindaco di Treviso impose
il trasferimento del mercato del pesce, che si teneva oramai da secoli
nella Piazza Monte di Pietà, nell’isola della Pescheria. Quando il
mercato del pesce si svolgeva in Piazza Monte di Pietà, i relativi
magazzini erano collocati nel sottoportico dei Buranelli, così chiamato
in quanto chi vendeva il pesce spesso proveniva proprio da Burano,
isola della laguna di Venezia. Una volta che il mercato del pesce fu
allontanato da Piazza Monte di Pietà, in questa si svolse il mercato
delle erbe e poi quello dei funghi fino a qualche anno fa (ed ora
trasferito in Piazza S. Vito). Il progetto di costruzione della nuova
isola della Pescheria, quale luogo deputato alla vendita del pesce, fu
realizzato dall’ing. comunale Bomben. Nel 1855 l'isola della Pescheria
era costruita sotto una bella corona di ippocastani, i banchi del
quotidiano mercato del pesce, realizzando così un esemplare caso di
attrezzatura e arredo che fa propri e interpreta i caratteri salienti, legati
all'acqua e al verde, della "cultura urbana" particolare della città. Per la
sua realizzazione si rese necessario l'apporto di un certo quantitativo di
terra che unì le preesistenti isolette; la forma della Pescheria era quella
di un’ellisse perfettamente simmetrica, collegata alla “terra ferma” da
un unico ponte in ferro realizzato due anni dopo (1856), quello
attualmente visibile vicino al bar da Muscoli’s. Il progetto prevedeva
la realizzazione, al centro dell’isola, anche di un chiosco metallico, che
però non fu mai realizzato. Intorno al 1929 si era pensato di realizzare
nell’isola un magazzino frigorifero, idea che presto tramontò. Negli
anni 1950 fu proposto un nuovo progetto di riqualificazione. Anche la
Fondazione Cassamarca negli ultimi anni elaborò un suo progetto di
risistemazione della zona, progetto che non fu preso in considerazione
dal Comune che ne elaborò uno suo grazie alla collaborazione con
l’arch. T. Follina che riprese la pavimentazione originaria in trachite,
ritoccando qua e là la forma dell’isola nell’estremità a valle (le sponde
sono più sollevate, il tutto per richiama-
re l’idea di una nave); sostituì i vecchi ipocastani oramai
malati; fece sostituire i vecchi banchi del pesce
parzialmente in pietra da altri nuovi, in acciaio che
mantengono però la stessa posizione. Specie al mattino, il
pittoresco mercato del pesce sull'isola, le bancarelle della
frutta e verdura nella prospiciente via Pescheria, le
botteghe della vicina via Palestro, i numerosi locali
pubblici per il vino , rendono animatissima, popolare e
vivace questa zona compresa tra i Cagnani Grande e di
mezzo, vicina al cuore storico di Piazza dei Signori.
Casa dei Carraresi Bella facciata romanica della Casa dei Carraresi (dagli stemmi ivi
affrescati), notevole esempio di "casa-fondaco", assieme mercantile
(pianoterra) e residenziale, della prima metà del 1200. Ha pure una
facciata a portico sul retrostante Cagnan, verso la Pescheria. Ben
restaurata, è oggi sede della "Cassamarca" per mostre e convegni.
Nello stretto Vicolo Trevisi il ponte della Malvasia offre ulteriori
suggestivi scorci quasi veneziani sul Cagnan di mezzo, chiuso tra
antiche case, sotto le quali appare e scompare.
Casa Brittoni
Palazzo medievale situato nel centro storico di Treviso, in vicolo
Spineda. L'edificio fu acquistato nel 1396 da Giovanni Berton, gestore
dell’attigua Osteria alla Croce, e da allora ha seguito le vicende di
Casa dei Carraresi, dove l'osteria aveva sede. È oggi infatti di proprietà
della Fondazione Cassamarca ed è sede di importanti mostre e
convegni. Le molte decorazioni murali di Casa Brittoni sono
un'importante testimonianza dell'articolarsi nel tempo del gusto
decorativo delle abitazioni private trevigiane. Si conservano in
particolare un Sant'Antonio abate (1360), una Madonna con Bambino
(1420), un Incontro tra un poeta (forse) e un cavaliere con paesaggio
sullo sfondo, opera del 1500 circa, un'Assunzione della Vergine di fine
’700 e, soprattutto, un diffuso apparato decorativo con differenti
motivi a tappezzeria. L'ambiente al primo piano è caratterizzato invece
da una fase decorativa su temi mitologici e allegorici di periodo
quattrocentesco.