umorismo antico introduzione a xenia e apophoreta
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UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETAAuthor(s): ANTONIO BARBIERISource: Aevum, Anno 27, Fasc. 5 (SETTEMBRE - OTTOBRE 1953), pp. 385-399Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25820489 .
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ANTONIO BARBIERI
UMORISMO ANTICO
INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA
Da quando ho letto che l'Antichita non avrebbe avuto umoristi (1), ho cercato di chiedermi se fosse vero ed, eventualmente, perche. Ho gia avuto modo di trattare deirumorismo, ed in particolare nello studio sul
la vis di Terenzio (2), e di rispondermi? con altri, del resto (3) ?
che l'Antichita ebbe invece i suoi umoristi. Ma molte considerazioni mi
sembra dover aggiungere ora, che vedo tanti sguardi, ed acuti, di inda
gatori spesso felicissimi (4), volgersi al mondo di cui lo spagnolo di
Roma si fa interprete, e volentieri soffermarsi sul ?piccolo? di quel
grande mondo romano (e greco), che piu a noi parla un linguaggio nostrano (5). Mi pare di poter oggi chiarire che Y umorismo, presso gli Antichi, trovo le sue piu felici espressioni nelle eta piu borghesi. Inten
diamoci pero, su questo termine, che usurpo ad indicare non gia una
societa da ?borgo?, ma, anzi, come oggi e di moda, la vasta societa di
tipo moderno, metropolitano, dalla vita convulsa e mediocre.
Umorista e gia il vecchio Diogene, primigenia espressione di una
umanita pensosa e inquieta, ormai non piu paga del mito: ma Tumori
(1) ?I/antichita non ebbe, ne poteva avere, letteratura umoristica...? asserisce il Nen
cioni (vedi Pirandello, saggio sull'umorismo, in: Saggi, Milano, Mondad., 1939) e, col
Nencioni, G. Arcoleo, in L'umorismo nelVarte moderna (due conferenze al Circolo Fi
lol. di Napoli), Napoli, 1885.
(2) pagg. 285 sgg. e passim: A. Barbieri, La vis comica in Terenzio, Paideia,
Arona, 1951.
(3) Cfr. Fraccaroli, Per gli umoristi dellantichita, Verona, 1885; bonghi, in: ?La Coltura* 15 gennaio 1886, e Pirandello, op. cit.y pag. 26 sgg.
(4) Citero, fra i piu recenti, gli studi di U. E. Paoli, Uomini e cose del mondo an
ticot Le Monnier, 1947, specialmente per il capitolo // poeta di Roma vioente; L. Pepe, Marziale, Armanni, Napoli, 1950; 1'introduzione agli Epigrammi di Marziale, b. M. M.,
1952, a cura di A. Mortera.
(5) Vedi anche, per la riscoperta del mondo antico, oltre a Vita romana e ai felicis
simi commenti a Marziale, La donna greca nelV antichita, di U. E. Paoli, Le Monnier, 1953.
Aevum - Anno XXVII - 25
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smo di questo ?Socrate in delirio? (come lo definisce Platone), padre dei cosmopoliti d'ogni tempo, e nella sua vita soprattutto: vita da filo sofo nella crisi, appunto, di un mondo modernizzantesi per il rovinio di un passato epico, con queir aureo suo bagaglio di miti, idoli ed ideali, e per Taffacciarsi, fra le rovine, del volto nuovo della societa ellenistica.
Piu tipico rappresentante, per l'interesse letterario della espressione umoristica, sara invece, molto piu tardi, Luciano, quando suH'Ellenismo
Roma avra costruito il suo impero universale, e la nuova societa sara
tanto distante dalla polis, quanto le metropoli d* oggidi sono distanti dal
chiuso villaggio leopardiano.
Quando, fra questi estremi (la lingua e greca tanto per Tantico
Diogene come per il tardo Luciano)' indugiassimo a scoprire umorista
Terenzio in Roma, noteremmo d' interessante che la voce, pur latina es
sendo la lingua, romana non e ancora: perche per Roma siamo alia fa se deirellenismo d'importazione, in concorrenza, non solo per le lettere, ma per la concezione stessa della vita, con la mentalita di Catone, il
vecchio conservatore municipale, cosi vecchio di fronte all'anima di
Diogene, da sembrare anacronistico: e, in Roma, non lo e.
Ma Terenzio non ha sangue romano: e mediterraneo d'altre sponde. Perche un latino guardi con sufficienza sul mondo e negli uomini, vo
glio dire con queirinevitabile distacco, senza cui non trova espressione Tumorismo, bisogna attendere Tautore augusteo dei sermones, che in Roma gia respira Tana della metropoli e conosce nuovi eircoli, come
quello di Mecenate, eredi delle aperture del circolo degli Scipioni. Roma s' ingrandisce, Roma riceve dalla provincia prossima e dairul
timo lembo del suo impero i nuovi does, d'ogni lingua e d'ogni colore: nasce la cosmopoli, la nuova Alessandria, ed a misura che la citta si
fa grande e grandiosa e dinamica, la cittadinanza s'imborghesisce, gli ideali si appiattiscono, illanguidiscono, scompaiono: la vita dei piu ces sa d' essere un rito, alia grauitas d' arcaica memoria subentra un volto
dai mille toni di una societa senza fede, dagli uomini piccoli e somi
gliantisi, nel melanconico sorriso, che diremmo risultante delle piu di
sparate componenti, incapaci di prevalere, comprese fra due estremi: la
gioia di vivere e il dolore di vivere.
Analogamente alia societa ellenistica, questa di Roma non pud espri mere dal seno alcun ispirato canto di vate, perche non spuntano ali a
chi non vuol volare: non v'e posto per Icaro in questa vita che nella sua realta quotidiana, coi suoi problemi da risolvere, soffoca gli impeti lirici ?
quando mai timidamente insorgano ? e induce i piu riflessivi
alia filosofia. Etica, comunque, perche l'indagine ha per oggetto il vive re deir uomo.
Ed ecco Seneca. Ma non lungi da lui l'atmosfera trimalcionica di
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Petronio: il mondo pagano non e crollato ancora, e la religione di Cri sto deve attendere il suo trionfo. Societa saturnalesca senza piu fede in Saturno, in cui il senso umoristico scaturisce dalla coscienza vaga di un prepotente bisogno, la conciliazione di riso e pianto per Tuomo.
Ed ecco T osservazione della realta umana, meno impegnativa che in
Seneca, ma piu sapida che in Petronio, in chi meglio rappresenta ?
sapit hominem il suo verso ? un mondo cui manca la speranza dei so
gnatori e la fede dei credenti: onde un distico, che non appartiene ai
libri piu letti di Marziale epigrammista, costituisce per me il sigillo di una cosmopoli in malcelato delirio:
FLAGRA
Ludite lascioi, sed tantum ludite, seroi:
haec signata mihi quinque diebus erunt. (1)
? Spassatevela come volete, o servi, ma state al gioco: e per cinque
giorni che 'st'affare qui (la frusta I) riposera!?. Siamo nel clima anticatonico degli Xenia e degli Apophoreta: so
cieta nuova, in nuova crisi, che richiama quella annunciata da Diogene, il ?Socrate in delirio?. Senonche il risultato della crisi romana mi pare costituisca il vero epilogo della crisi greca: crolla, con l'Ellenismo, il
mondo dei miti, e ne conosciamo i riflessi politico-sociali... Nei rap
porti con la divinita la crisi tarda a risolversi e, latente, si trasferisce
da Atene ad Alessandria a Roma, da Socrate ad Epicuro a Lucrezio ...
a Seneca, per incontrare poi, finalmente, una positiva soluzione nel Cri
stianesimo. Ma sino a questo definitivo trionfo, ne sognatori, ne creden ti. E chi guarda agli uomini che vivono assieme questa ubriacante vita
della nuova cosmopoli e umorista, perche ne ritrae il vivere senza tra
dire commozione, nel distacco deir osservatore scettico, che annota
contemplando un mondo di ?pantins a ficelles? (2). Eppure Marziale sa
di parlare d*uomini, e non di marionette: sapit hominem il suo libro!
Che importa? Non vede forse Tautore i compagni di viaggio giuocare, come marionette, a far da servi e padroni, su questo carro che passa? E strano tutto cio? Direi di no, se pensiamo che la voce degli umoristi ? e rimaniamo pure a quelli dell'antichita ? e proprio quella che suo
na a noi piu umana, e percio piu cara, piu intendibile, come la voce
viva dei nostri simili. Gia Terenzio professava: homo sum: humani nil a
me alienum puto (3). E non parliamo della nostranita di Orazio, di Lu
(1) XIV, 79.
(2) Cfr. bergson, Le Rire, Parigi, 1900, pp. 161 sgg. e A. Barbieri, op. cit., 12 sgg.
(3) Heaut., 77.
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ciano e di quel Vecchione di Diogene, della cui lanterna s' e ricordato
il piu grande ? a mio avviso ?
degli umoristi contemporanei, l'umanis simo e tanto caramente borghese Panzini, per il quale la lettura e l'in
segnamento dei classici e una gita in bicicletta, la grammatica e un
buon bicchier di vino, erano egualmente materia di umanita, di lette ratura e di vita umanistica. E non aveva torto davvero, il nostro umori
sta, quando, proprio ne ?La lanterna di Diogene? (1), sentenziava che
?le opere dei grandi poeti sono chiuse sotto sigilli, ed ogni eta ne
comprende quel tanto che e a lei confacente?.
Ora, pare che la nostra eta comprenda in modo pariicolare gli umo
risti, di cui vado parlando, e, nella fattispecie, Marziale.
Eta come la nostra, oltre a tutto, per certe analogie gia intraviste
(e che meriterebbero piu profonda disamina) con le eta cosmopolitiche or ora sogguardate, sono portate, com'e naturale, a rifuggire di tanto
dair epos, di quanto invece si avvicinano alia storia. Ma non si vada
per questo a disturbare Erodoto o Livio, Tucidide o Tacito ...: la loro non e storia di eta ?borghesi?. La loro storia, piu o meno vicina al
Y epos, meno o piu scientifica, trova sempre alimento in ideali che ri
splendono, o sopravvivono, sia pure per desiderium, almeno in chi si
accinge alia grande opera. Pensiamo piuttosto alia materia prima della storia: alia cronaca, alia biografia aneddotica, a quelle osservazioni
spicciole che spesso rasentano il pettegolezzo, quando non vi entrino, per frugare e discoprire addirittura l'elemento scandalistico . ..
Non si pud negare che anche questo sia substrato di storia: ed e
confacente al gusto moderno la lettura di Suetonio e degli Scriptores Historiae Augustae, proprio in quanto, rimuovendo i tendaggi dei saloni
imperiali, si scopre uomo come noi anche l'impaludato sire, che non si
sopporta piu come idolo, in una societa disincantata. E d'altra parte naturale che, quanto piu si vogliano preparare le premesse ad una sto ria fedele, tanto piu si tenda air osservazione analitica anche delle pic cole cose e si faccia pure tesoro d' ogni elemento di cronaca, materia tutta destinata al successivo vaglio, che portera alia conoscenza esau
riente, e veramente storica, della realta. Orbene, nella letteratura e nel le arti, sia il verismo che Timpressionismo adempiono ad una funzione storica.
Quanto a Marziale, egli e piu verista di quanto non lo sia, ad esempio, il Verga: perche questi, in fondo, obbiettivo vuol essere senza riuscirvi, troppo aderendo il suo animo al mondo sociale che descrive e compian ge; mentre per quello T obbiettivita delle notazioni e la ragione stessa del suo umorismo. E dove Marziale e maggiormente obbiettivo, se non
(1) P. 25.
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negli Xenia e negli Apophoreta, in cui, quasi sempre dimentico del sale
dell' epigramma, non degli uomini direttamente parla, ma delle cose che
airuomo servono per la sua vita... ?minore? (ch'e poi quasi intera la
vita!), e che ce lo rivelano? Neppure piu il solito epigramma, con in
tento ?caricaturale? (1), serve allora alia tavolozza di Marziale, ma il
piu ingenuo distico, modesto nella sua concisione, piu adatto certo a
ritrarre tante piccole cose, che vogliono suggerirci T intera realta di un
mondo. Versi tali, insomma, da non stonare fra un quadro del Manet ed
uno del Cezanne, e degni di riscuotere, come questi, la prima entusia
stica approvazione che Emile Zola tributava agli impressionisti. Dal mondo piccolo degli uomini e delle cose conosciamo diretta
mente, provando la gioia tutta moderna d'una ricostruzione di prima mano, la realta storica d'un passato. Ha ben ragione il Paoli di notare
che ?dietro il groviglio? degli ?sgorbi? di Marziale, troviamo ?la rap
presentazione di un autentico mondo di uomini; e cosi vario, cosi com
plesso, cosi storicamente preciso, quale un poeta raramente e riuscito
ad illuminare col suo genio. Un mondo... che ci rende possibile oggi il miracolo di vivere coi Romani dell' eta flavia in continua comunione
con la loro vita esteriore?] Ecco, ha tanta ragione il Paoli, e l'am
miro per avere, come sempre (2), cosi bene colto il significato degli
epigrammi di Marziale, e per averne sottolineato, ne qui soltanto, Pin
teresse attuale. Non pero in sola comunione con la vita u esteriore ?
dei Romani ci mette Marziale, se, come in parte s' e gia visto e in parte si vedra, persino e proprio nei modesti distici degli Xenia e degli Apo
phoreta facilmente scorgiamo anche lo spirito della societa che li ha
prodotti: bastera, tra poco, che ci soffermiamo sui titoli di questo tredi
cesimo e di questo quattordicesimo libro di Marziale, per aver modo di
penetrare in un vasto mondo, tutto dello spirito. Del quale mondo, pur felice indagatore si mostra il Pepe, nel suo
recente studio (3), riuscendo a rendere vivo e nostrano il Romano di
Bilbilis, senza pero troppo preoccuparsi di scoprire il volto di quella so
cieta ? e quindi il valore storico di Marziale impressionista ? anche
al di la degli epigrammi senza titolo. E qui, di proposito pare, rimane
senz'altro il Mortera (4), che pur sente tanto vivo il suo Marziale, da
inviargli addirittura un' epistola (5): un* epistola gioiello, da cui traluce ? in tanta dottrina d'oraziano sapore
? tale buon gusto e si cordiale
(1) Cosi il Paoli, in: Uomini e cose.,, cit., p. 323.
(2) Cfr. nota n. 5, pag. 385.
(3) Op. cit.; cfr. nota n. 4, pag. 385.
(4) Op. cit., cfr. nota n. 4, pag. 385.
(5) Uepistola proemiale, che costituisce l'.introduz. air op. cit.
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e sincera simpatia, che il destinatario davvero non ripeterebbe, come
neirXI degli Apophoreia:
CHARTAE EPISTOLARES
seu leoiter noto, seu caw missa sodali omnes ista solet charta oocare suos.
Anche ai tempi di Marziale, evidentemente, come oggidi, dovette es
servi un'inflazione di ?Mio caro...?, ?Mio carissimo... ?, ?Vita mia...?, se, ? cosa che nota e riferisce anche l'lzaac (1)
? messo a confronto
l'epistolario di Cicerone e del suo tempo con quello di Plinio, trovia mo nel primo maggiore riservatezza, rispetto al tono cosi espansivo del
secondo. Ma l'odierna epistola del Mortera, priva peraltro dei fronzoli
convenzionali comuni alia nostra eta e a quella di Marziale, giungereb be tanto gradita all'antico poeta che ? c'e da giurarlo
? egli smette
rebbe persino il suo sorriso sornione e freddo di umorista, per lasciarci
intravvedere, sia pur furtiva, un' umana lacrima di commozione...
Non faremo, tuttavia, qui, una rassegna di lettori, commentatori e
traduttori di Marziale, neir intento di vedere chi, e sino a qual punto, abbia scoperto hel poeta V umorista (2), o vi abbia sufficientemente rile vato Finteresse storico (3): oggetto di studio e sempre, quasi esclusiva
mente, T epigrammista dei libri dall'I al XII comeche gli Xenia e gli Apo phoreta costituissero una raccolta di notiziole di tale levita, da non
meritare particolare indugio, se non agli effetti di una ricostruzione manua
listica della vita privata dei Romani (4). E ancora il Paoli, se mai, che ? senza intenti manualistici ? non rinuncia a tener d' occhio anche
questa produzione (5), per dirci deir assistenza del poeta a noiose let
(1) Nella nota relativa all'epigr. XI degli Apoph. (ediz. degli Epigrammes, tome II, 2me partie, Les Belles Lettres, 1933).
(2) Sara necessario citare almeno lo studio del Craig, Martial' s Witt and Humour, Filadelfia 1912, e, dei nostri, dopo il Marziale di C. Marchesi (Genove, 1914) e prima del citato studio del Pepe, per alcune interessanti osservazioni, l'introd. e il commento di
F. Della Corte a Gli Spettacoli di Marziale, Genova, 1947. (3) Notevoli, sotto questo aspetto, nonche la Storia dei costumi romani da Augusto
agli Antonini, del Friedlaender, 9a e 10a ed. (Wissowa), Lipsia, 1921, 4 voll., la prefa
zione, del medesimo Autore, all'ediz. di Marziale del 1886 e, soprattutto, di P. Oltramare, Les Epigrammes de Martial et le temoignage qu'elles apportent sur la societe romai
ne, Geneve, 1900; di O. Weinreich, Studien zu Martial. Liter ar-hist. und religionsge schichtL Untersuchungen, Stuttgart, 1928, e il successivo Fabel, Aretalogie, ecc. (1930
31); di A.M. Duff, Freedman in the early Roman Empire, Oxford, 1928; e di F. sauter, Das roemische Kaiserkult bei Martial und Statius, Stuttgart, 1939.
(4) Quale si pud avere, appunto, in manuali d'archeologia quali il Mommsen-Mar
quardt, il Darenberg-Saglio, il Cagnat-Chapot, il Rich-Cheruel, ecc.
(5) A p. 326, specialmente, di Uomini e cose ecc, cit.
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ture (1), per riconoscere a Marziale il merito di averci informato sui
particolari del vestire (2), il nome degli abiti (3), i tip! del vasellame (4), dei letti (5), delle lucerne e dei candelabri (6), il legno delle tavole (7), la varieta dei cibi (8) con predilezione, nei banchetti, per il tordo e la
lepre (9), Y assortimento dei vini romani (10). E, ancora, giustamente nota il Paoli, seguendo Marziale noi potremo conoscere i segreti della
dispensa (11), del giardino (12), del ?boudoir? (13)... Ma ben altre ilia zioni si giustificano a chi voglia vedere nei distici degli Xenia e degli Apophoreta il quadro impressionistico di una societa che, per tanti aspet ti, non e dissimile dalla nostra.
S'era parlato di Diogene. Mi viene in mente che Marziale non ve
deva troppo di buon occhio i cinici: e gli bastan due versi, per farci
sapere che Faugurio migliore, per una bisaccia, e quello di non capita re compagna d'uno dei tanti esistenzialisti della cosmopoli:
PERA
Ne mendica ferat barbati prandia nudi
dormiat et tetrico cum cane, pera rogat (14)
Ne ci attarderemo gran che a rilevare quanto gli accenni agli indu
menti, al vasellame, ai cibi, agli oggetti per ?toilette?, ecc, non solo
costituiscano una preziosissima miniera per il lessico latino della vita
spicciola, non solo ci informino deir esistenza e del particolare uso di un oggetto o dell'altro, ma proprio ci illuminano sullo ? snobismo ? im
perversante in Roma (fosse vivo Catone!), dove s'importano tessuti,
porcellane, tinture, profumi, animali, vettovaglie, perche la raffinatezza esterofila non sa esser paga dei prodotti indigeni: al che dice la sua
Marziale, ricordando, per esempio, che ai datteri, ai fichi, alle prugne d'oriente (15) il pur modesto podere nomentano sa ben opporre lazzeruoli e melagrane:... Quid tibi cum Libycisl (16). Intanto, per chi se ne in
teressi, amplissimo e il quadro deir economia del tempo e dei rapporti coi piu disparati mercati esteri, e, piu ancora, il bagaglio di ?curiosita?
che ci possono fare riflettere sul costume e sulla moralita d'allora. Le
donne usavano parrucche o ?crines supplementari importati dalla Ger
mania o, piu sovente, (e piu... comodamente) consistenti nelle chiome
(1) XIII, 14. - (2) XIV, 66; 134; 141; 149. ?
(3) XIV, 124-137; 139; 141; 143; 145; 153. -
(4) XIV, 93-118. ? (5) XIV, 85; 87. ?
(6) XIV, 39-44; 61-62. -
(7) XIV, 89-90. - (8) XIII, 5-14; 16-100; XIV, 71. -
(9) XIII, 92. - (10) XIII,
106-121; 123-125. - (11) XIII, 101-105; 122. -
(12) XIII, 127. ? (13) XIV, 24-26;
57-60; 66; 134; 149; 151. - (14) XIV, 81. Cfr. IV, 53. ?
(15) XIII, 27, 28, 29; 37; 85; 103. ?
(16) XIII, 42-43; Cfr. anche XIII, 45; 73.
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fatte tagliare alle prigioniere germaniche (1). I capelli posticci, poi, era
no tinti ? ce ne informa anche Plinio (2) ? con un sapo, ottenuto
mescolando grassi e ceneri, o spuma Batava (3) e fermati con pecti nes ed acus aureae (4)... Ma non intratteniamoci nel gabinetto fem
minile, dove troveremmo, con le deliciae Cosmi che si consigliano alle
giovani nuore (5), vari articoli d' igiene, di cui alcuni soltanto, come il
dentifricium (6), Y auriscalpium (7), il dentiscalpium (8), ritroveremmo,
accanto agli opobalsama (9), e ai ferramenta tonsoria (10), nel gabinetto virile. Ma gli uomini vediamoli, se possibile, gia sbarbati e azzimati, o
in toga, come vuole Domiziano (11), o in synthesis, come s'usa nei ban
chetti e, durante i Saturnali, anche per le strade (12), col piiieum in te
sta (13)..p. E noteremo il cavaliere, il cui cavalierato costa 400.000 sesterzi
(e l'anulare e spoglio, per questo, deiraureo ornamento) (14), e segui
remo, nauseati con Marziale, lo stuolo di quei piccoli borghesi ? i clien
tes ? che devono andare da un palazzo all'altro a dare il ?buongiorno? ai patroni (15), e scopriremo che il nuovo Iupiter, col suo bravo berretto
da liberto (16), se la spassa coi medesimi giochetti (Lui, Domiziano!), che
di nascosto divertono i fanciulli quando bigiano la scuola (17)!.. E si po
trebbe continuare: ma ce n' e abbastanza per capire la ricchezza di spun
ti offertici dal XIII e dal XIV di Marziale umorista. Umorista, si, perche anche quando sembri indulgere alle lusinghe verso il principe, egli non
pud fare a meno di dirci, sottovoce, che certe divinizzazioni lo fanno
ridere: e ne ride, infatti, come ride, deir epos e del mito allorche pre
(1) XIV, 26. Cfr. quanto dice a proposito FIzaac, alia nota relativa (op. cif., p. 297).
(2) XIV, 27 e VIII, 33, 20. Cfr. anche Plinio, N. H., XXVIII, 191, e la dotta nota di H. Frere, collaboratore dell'izaac nell'op. cit., a p. 222.
(3) Vedi nota precedente.
(4) XIV, 24-25. -
(5) XIV, 59. -
(6) XIV, 56. ? (7) XIV, 23. -
(8) XIV, 22.
(9) XIV, 59. ? (10) XIV, 36. -
(11) XIV, 124-125. - (12) XIV, 1; 142. Cfr. Rich
Cheruel, s. u. - (13) ibid. - (14) XIV, 122. Cfr. V, 19, 10 e VIII, 5, 2. -
(15) XIV, 125. Cfr. Ill, 46; IX, 100; XI, 24; XII, 18, 4-6; XII, 29.
- (16) XIV, 1.
(17) XIV, 19 (18): Alea parva nuces et non damnosa videtur; saepe tarn en pueris abstu/it ilia natis.
Cfr. anche V, 84, 1-2. Una riserva, pero, si pud fare sul significato del distico, se col
Gronov ammettiamo che Videtur potius turpe aliquid ac nefandum significari. (Dal commento dell'Izaac, op. cit.). Per altri giochi, come quelli dei tali eborei, delle tesse
rae, della turricula della tabula lusoria, dei calculi, vedi rispettivamente XIV, 14; 15;
16; 17, 18 (20). Quanto al iactus Veneris, cui si allude in XIV, 14: cum steterit nullus
vultu tibi talus eodem, era il tratto piu fortunato, che si otteneva quando i quattro dadi
eburnei (oblunghi e rotondi da due parti, si che potessero cadere su quattro facce nu
merate 1-6-3-4) cadevano ciascuno su di una faccia differente. II tratto piu sfortunato
(cam's) si aveva quando i quattro dadi cadevano sul medesimo numero. Cfr., anche per
gli altri giuochi, RlCH-CHERUEL, s. v.
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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 393
ferisce il gioco delle noci all'epopea e alia tragedia (1), come ride, piu direttamente, di dei e semidei, da Cibele a Prometeo, da Giove ad Apol lo, da Saturno a... Domiziano, neppure esitando a chiamare in causa, con voci e forme suadenti, alleati del povero uomo, animali come le oche, il gallo, lo storione, e facendo fare alia tigre la proskunesis di pramma tica, e suggerendo al pappagallo di confessare che tutte le altre parole, si, le impara dagli uomini, ma ?Caesar have? (diamine!) ci arriva da
solo a dirlo, da pappagallo che e:
PSITTACUS
Psiitacus a vobis aliorum nomina discam:
hoc didici per me dicere CAESAR HA VE. (2)
... E mentre la tigre e impegnata nella sua proskunesis e il pappagallo nel suo Caesar have, si diverta il popolo al teatro di Pompeo;
? ma
bada bene, vil cittadino, che il sole vi scotta, e il velarius ha ben altro
che da pensare a te... Non hai Y umbellal Prenditi 'sto cappellone, va
la. e facci una fischiatina:
CAUSEA
In Pompeiano tecum spectabo theatro:
Mandatus populo vela negare solet (3) ?
II valore degli Xenia e degli Apophoreta, come si vede, e tale da
far assurgere a storia la cronaca: certo non meno che negli epigrammi consacrati, noi sentiamo in questi distici che, attraverso la conoscenza
minuta di tante piccole cose di un mondo lontano, il passato rivive,
smagato e nostrano, per ammonirci che il tempo non ci inganni, crean
do gratuiti eroi, e che non ci illudan le maschere che dai Saturnali
l'uomo usurpa, infelice, per i sette giorni di sua vita (Ludite, lascivi, sed tanium ludite, servi...) (4):
? La vedi, uomo, questa gobba figuri na d'argilla?... E non ti riconosci? Cosi ti fece Prometeo, sbronzo nel suo Carnevale, divertendosi (proprio come ora fai tu) con saturnalesca
poltiglia:
SIGILLUM GIBBERI FICTILE
Ebrius haec fecit tern's, puto, monstra Prometheus:
Saturnalicio lusit et ipse luto (5)
(1) XIV, 1, 11-12. - (2) XIV, 73. Cfr., per la proskunesis, XIV, 107 c quanto dice
il Weinreich, Studien cit. p. 146. Perilresto: XIII, 25; 63-64; 74; 91; XIV, 80,164; 182, ccc.
(3) XIV, 29: interessante l'interpretazione di Heraeus, di cui l'lzaac, op. cit., p. 297.
Quanto al popolo a teatro, vedi anche il Tomentum circense (XIV, 160). (4) Cfr. nota 1, pag. 387. -
(5) XIV, 182.
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394 A. BARBIER1
A me pare che, chiudendo il libro di Marziale, si debba ripensare
poi in sintesi a quanto ci ha detto, al perche, al come, collegando le
impressioni dello spogliatoio, del triclinio, del giardino, perche tra le
vesti, tra le ghiottonerie, tra i fiori (1), ci si scopre il piu vero mondo, che investe la morale, lo spirito, la politica (2) ...
Ecco, io chiudo il libro e rivedo due titoli, Xenia ed Apophoreta: due voci greche. E perche proprio quelle? E mi chiedo, anche, se que sti trecentocinquanta distici, nel loro insieme, siano convenientemente
designati con quei due titoli... Ripensando alle quisquilie lette mi ritor nano alia mente e Diogene e Catone e le divagazioni da questi cosi
diversi vecchi gia suggeritemi, e non posso fare a meno di soffermarmi sul nome deiritalico, che mi assurge a simbolo d'una societa e d'una
forma mentis cosi diversa da quella di Marziale, cosi diversa dalla no
stral E constato, ancora, che quel religioso conservatore di una grandez za chiusa ed avara, dall* animo piu sensibile, se mai, air italum acetum che all'umorismo (3), e pur lontano, nella sua primitiva filosofia, dal
filosofico umorismo del moderno Marziale che non ama i filosofi, come
dalla filosofia profondamente umana e altrettanto moderna di Seneca, il
quale, con Marziale, rappresenta la crisi della societa di Petronio: una
crisi, direi, sotto alcuni aspetti paragonabile a quella che impegnera l'eta dei Poliziano, dei Botticelli, dei Medici, dei Savonarola.
E cosi che, di fronte agli Xenia e agli Apophoreta, ho pensato ad una societa anticatonica. Catone e Marziale mi appaiono come due estre mi: quegli stessi estremi che (meravigliosa chiave negletta!) costituisco no T ?a? e la ?z? dello studio del Paoli sul mondo romano (4).
Mondo anticatonico di una Roma disincantata ed umana, nel trava
glio sottaciuto di una societa ansiosa del nuovo nella pratica e nella teoria della vita, come quella che irride al mito e non possiede il Mes sia. L' ellenismo ha fatto strada, se si deve riconoscere che i toni d'ir riverenza beffarda verso la mitologia (5), cosi frequenti, come s'e visto, in Marziale, timidamente gia facevano capolino nel circolo degli Scipio ni, quando l'ellenizzante Terenzio non si peritava, a gioia e conforto
(1) XIII, 127; dove non vedrei, come in VI, 80, un esempio di blanditiae, ma piutto sto dell' ironia, come altrove:
Dat festinatas, Caesar, tibi bruma coronas:
quondam veris erat, nunc tua facta rosa est.
(2) Interessanti, appunto, sotto questo aspetto, gli studi del tipo di quelli dell' oltra mare, Cit.
(3) Cosa che non pare distinguere il Paoli, nel suo profilo di Catone, a p. 192 di Uomini e cose..., cit.
(4) Op. cit.
(5) Di ?irreverence narquoise* parla anche 1'Izaac, op. cit.t introd., p. XX. Cfr., piu sopra, note 1 e 2, pag. 393.
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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 395
dello pseudo-eunuco Cherea, di far calare Giove dall' Olimpo... clancu lum per impluvium fucum factum mulieri (1). Sdrbole! Addio divinita, in
questo modol Ma gia, se ci pensiamo, mentre la mitologia di Roma era
tutta protesa alia divinizzazione dell' uomo, l'EUade impostava la sua
mitologia sulla scorta di una istanza opposta: l'umanizzazione degli Dei la sintesi, col compimento del ciclo CIELO-TERRA-CIELO, con un Dio che s'incarna per divinizzare Tumanita, sarebbe stata la Buona Novella del Cristianesimo, per la pace deiruomo.
Roma nuova e anticatonica perche cosmopolis, anticatonica perche
hospitalis, anticatonica perche ludens, neirumorismo di chi non sa aver
fede, e non e pago. Xenia ed Apophoreta: i vocaboli greci gia sconfes sano Catone: non pud essere xenofoba la cosmopoli. E che significano questi vocaboli, se non doni ospitali, in modo speciale attinenti al co
stume saturnalesco? Catone, grave, non sorrideva: tutt'al piu, nello spi rito del fescennino, frusfava ridendo amaro. Era un caro miope della
vita, somigliante a Demea degli Adelphoe e a Menedemo, il punitor di se stesso: non concepiva, per esempio, che la vita, non dico fosse un
?Carnevale?, ma offrisse un ?Carnevale? con liceita di scherzi, in cui
Tuomo per qualche giorno mettesse in pensione la propria personality, cercandovi un rinvigorente antidoto alFintensamente scialba vita d'ogni giorno. Veleno, altro che farmaco! II mondo del vecchio conservatore era la vecchia Roma: non contaminazioni di lingua, non di religione, non di costumi, non di politica, non di sangue: era T anticosmopoli. Xeno fobo e rustego, era estraneo a un mondo nel quale, senza rinnegare la serieta della vita, s'aprano la mente ed il cuore ad umane evasioni; senza rinnegare la citta si sappia accogliere T extracittadino; senza rin
negare la famiglia s'aprano i battenti all' ospite, in atmosfera di comitas, di urbanitas, di humanitas : il mondo dell' ospitalita, che comporta gio vialita, generosita, affabilita, adattamento. E tutto cio e nella Roma (Jegli Xenia e degli Apophoreta.
Cosi vi troviamo, ospite contro Catone, il vocabolo greco, che al
lude, da xenos, allo straniero e all* ospite ad un tempo, ed alia familia rita deir atmosfera in cui air uno e all* altro si guarda, nel segno
? se non di una sacerta dell* uomo, cui Giove protegga
? di una subcoscien te fraternita, che accomuna gli uomini liberi e ? chissa mai . . . ? ?
gli schiavi.
Come gli Apophoreta (2), gli Xenia erano doni conviviali: oh, non
da sempre! Per trovare questa forma di cortese scambio nella vita pri vata di Roma, bisogna arrivare air impero: air eta, cioe, in cui il mutato
(1) Eun? 589.
(2) Cfr. Darenberg-Saglio, s. v. c interessante introd. dell'izaac, op. cit.
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396 A. BARBIERI
volto politico ha rotto a poco a poco la scorza di queirindividualismo primitivo innato airuomo, ancora riscontrabile nella repubblica di Cato ne e nella polis di Demostene
Ecco ora in Roma (non senza, peraltro, le deleterie conseguenze che s'accompagnano spesso anche alle ottime fra le cose umane) una
concezione piu ?moderna? del viver sociale, quale quella che, nel ri
spetto della dignita e dei diritti della persona umana, e ormai tesa a
considerare decadute certe ostinate barriere claudenti la famiglia, la cit
ta, la nazione. La famiglia, la citta, la nazione, sono viste in funzione
ecumenica, perche l^individuo s'e emancipato, abbattendo tanti ?credi?
stantii. L'individuo, forse, si conosce di piu e sa guardare ai suoi simili senza invidia e senza malocchio: percio apre piu facilmente i battenti di casa. Forse un substrato di buon umorismo permea la nuova societa.
Gli Xenia, prima, si conoscevano solo come doni ad inviati ufficiali,
quali gli ambasciatori, e come regali di commiato a funzionari d' una
provincia (1). Ai tempi di Marziale, invece, si facevano regali durante i
conviti privati: generalmente al principio del pranzo (gli Xenia, appunto) ed alia fine, perche dagli ospiti venissero portati via (Apophoreta) (2). Erano infatti gli Xenia, per lo piu
? come attestano i distici di Marzia
le ? generi commestibili, mentre gli Apophoreta consistevano nei piu svariati oggetti, modesti o di valore, di prima utilita o superflui, come un berretto, una cintura per signora, una stoffa pregiata, un dentifricio, un* anfora, un ventaglio, un aureo anello, un ... vaso da notte, una cop
pa di cristallo, un indumento intimo, un rossetto e persino, talvolta (che meraviglia, dopo tutto ? ), uno schiavo!
Gli Apophoreta, poi, a differenza degli Xenia, erano doni partico larmente legati a determinate circostanze, come nozze (3) e feste Satur nali (4), per quanto Marziale stesso e Petronio (5) e Svetonio (6) ci fac cian testimonianza dell'ormai diffusa moda di fare regali durante i banchetti.
Ora, Tabitudine di scambiarsi questi doni ospitali non ci deve far
pensare ad una societa semplicemente anfitrionica. Anzitutto, non erano
i soli ricconi a dar banchetti e doni (in lotteria o non), ma anche i po veri eran soliti fare questi presenti: ne solo da clienti a protettori, ma
anche da pari a pari (7). E, d'altra parte, che non si trattasse di moda
(1) Cfr. Dar.-Saglio, s. v.
(2) Cfr. Pauly, R. E., la ed., s. v.
(3) Scol. Gioven., VI, 203.
(4) XIV, 1, 6: praemia convivae dent sua quisque suo.
(5) Petr., Sat. 56.
(6) Svet. Vesp. 19; Cal. 55; Oct. 75. (7) Cfr. Izaac, introd. cit. Va poi notato che questi doni erano accoppiati: un rega
lo da ricco [e un regalo da povero; e in coppie, per lo piu, sono i distici di Marzial
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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 397
trimalcionica, legata csclusivamente ai banchetti dei gaudenti o dei paz zi tipo Caligola (1), e dimostrato dal fatto che gli Xenia, ad esempio, come giustamente nota Y Izaac (2), erano anche inviati a domicilio ad
amici di famiglia. Amici di famiglia, dunque: e non solo fra ricchi! Co me non pensare alle talvolta commoventi strenne che nella societa mo
derna ci andiamo scambiando a Natale, alia Befana, a Pasqua . . . ? Per non parlare dei frequenti incontri, accompagnati da simposii e da doni, che provochiamo in tanti altri momenti dell'anno, non ultimo il Carne
vale! E vien proprio fatto di pensare che anche l'uso dei ?cotillons?
nelle nostre feste da ballo ripeta la sua lontana origine dalla moda ro
mana delle lotterie con Apophoreta, abbinate ai festini!
Ecco, dunque, Roma minore nel suo Carnevale, nei suoi Saturnali:
Roma ludens.
I Saturnali (3), originariamente consistenti in una celebrazione reli
giosa della durata di un giorno, vengono progressivamente portati alia
durata di tre, cinque, sette giorni (4). Cio ha gia il suo significato: in un sol giorno, espletate le pratiche religiose, poco resta ai divertimen
ti . . . : e la societa sente il bisogno di diversivi. II carattere indigeno e
religioso della festa e attestato dal suo stesso nome: Saturno e dio di
un popolo agricultore per eccellenza. II dio della seminagione (satum, sew . . . ), il dio dei nascimenti, il dio della vita. Come Venus, insom
nia, come la Venus dell'inno lucreziano. E la festa di Saturno si cele
brava proprio nel periodo in cui i contadini hanno tempo, finalmente, di ?pensare? al campo, fra i tanti negotia. Tempo di pensare, si, perche non c'e abbondanza di otium per il contadino, come non c' e gran scel
ta. Vergilio insegna, se non ce lo insegnasse Fesperienza: ogni stagio ne, ogni parte di stagione, ogni ?luna?, offre il suo daffare, generico e
specifico. Ma a dicembre, nel cuor del dicembre, oh, finalmente il fatto
e fatto, e il da farsi non urge proprio. E allora? Allora e chiaro: sara
proprio il contadino quel tipo tanto prodigo da sciupare il suo tempo, da non monetizzarlo? Se il campo non si pud lavorare, perche la se
mente e gettata e si attende che spunti, una cosa c'e pur da fare: rac
comandarsi al dio che quella semente germini bene, che la nuova sta
gione sia propizia . . . non senza ringraziarlo (bisogna tenerli buoni que sti dei I) per Tassistenza gia prestata. Per chi vuole, ce n'e sempre!
(1) Cfr. nota 6, pag. 396.
(2) Op. cit., introd.
(3) Cfr. Macrobio, Sat. (passim) sull'origine e la primitiva durata dei Sat., nonche sul nome, il significato, il carattere.
(4) Oltre a Macrobio e ai comuni manuali d'antichita, gia cit., cfr. in Marziale, XIV, 79 e 142 (141) per la durata di cinque giorni, e XIV, 72 per la durata di setter dal 17 al 23 dicembre.
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398 A. BARBIERI
Ed ecco i Saturnalia Quando poi anche questo dovere e compiuto, e la
coscienza e a posto, allora si pud ben fare allegria, vien da se che si
brindi e si salti, per festeggiare il dio generoso! Edonistiche mascherate di spensierati gaudenti ?
Anticamente no certo, se, ancora ai tempi di Catone, passa il se
nates consultus de Bacchanalibus e si pud difendere (lo zelante e sem
pre il ?Vecchio?) la famosa lex Oppia, tanto fastidiosa alle donne d'a
vanguardia. Ma ai tempi di Marziale ? Persiste, forse, il carattere di fe
sta religiosa, anche se la societa, di rurale che era, s'e fatta metropoli tana; anche se la nuova mentalita non e piu indulgente col mito? Mi
pare di si, se non confondiamo ?religione? con ?fede?, se conveniamo
che il divertirsi delFuomo che pensa, di fronte alia spensieratezza in
fantile e primitiva, e atto di ossequio a una vita che si critica: religio ne e umorismo.
Saturno, come la Venere cantata da Lucrezio, e simbolo della vita, del ?ritorno? della vita, se non v' e soluzione di continuity nel susse
guirsi di stagione a stagione, di frutto a seme, di speranza a certezza.
E il culto di siffatta divinita e il culto del divenire, e Tansia di chi
?desidera?, nel rimpianto e nella speranza, nel bisogno dell'essere, che il transitorio abbia tregua, che la vita trionfi. V uomo, nei suoi limiti,
paventa la morte perche sente il richiamo dell* illimitato, del perenne, delPEterno. E, come pud, non trovando in se la capacita di perpetuare la vita, si finge un fantasma che alia vita presieda, che questa vita dia e incrementi, che la veda svolgersi, e che rimanga, garante del suo rin
novarsi, di fronte alia caducita che fa tremare. Saturno e questo dio, o
fantasma, che Roma ha inventato o creduto di inventare, nello sforzo di divinizzare il terreno: ora a questo simbolo piu non si crede, perche non soddisfa: ma il problema resta; anzi, sorge. E, senza fede, Tansia
religiosa e piu forte.
Grandi tenori deirumanita, deH'umanita romana, gia avevan cantato, nel carpe diem e nel poema della natura, diversamente, il cruccio del Tuomo. Ma Orazio e Lucrezio sono vati: e i vati precedono il gregge umano, con il loro canto illuminato, nella intuizione del vero. Marziale, ora, narra piu che non canti, perche non e piu questione di precedere, ma di constatare il processo: la societa di Lucrezio, come quella di
Orazio, poteva essere invitata a pensare, e Tinvito era un canto; quella di Marziale gia pensa, e trova in lui il suo interprete critico.
Come, dunque, Marziale vede il ?Carnevale? di Roma?
Come, appunto, esso e: una illusoria fuga dalle vicende quotidiane di una realta provvisoria. Ludite... serui: Haec signata mihi quinque diebus erunt: ? finiti i Saturnali, tu ritorni in quella specie di vita, di cui non ti contenti! Vien da sorridere, per quel che fai in questi giorni di
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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 399
festiva parentesi: vien da sorridere e da farsi serii nello stesso tempo, a guardarti. Ecco, quel che Orazio t'invito un giorno a fare, in uno dei
suoi scherzi, per bocca di un dio (1), tu ti provi a farlo per davvero:
Hinc dos, Vos hinc mutatis discedite partibus. ? E lo schiavo e il padrone
si scambiano la maschera... Marziale sorride, notando, e richiama il
sensibile concittadino a maggior coscienza delle cose umane. Questa e
la vera religione ?
par che dica il poeta ?: questa, e non quella del
mito; il culto di Saturno e forse l'unico che ti pud far pensare a modo.
Ma tu, non rifiutarti di pensare: se no mi fa ridere anche Saturno, co
me tutto il castello di Dei che hai ereditato da quei bamboccioni dei
tuoi avi, che sono rimasti ad Omero. E noi sentiamo, infatti, in codesto Marziale, Tumana saggezza di
Socrate sofista e il sorriso di Euripide drammaturgo. Vi sentiamo la
bonta di Orazio e la sofferenza di Lucrezio: senonche Marziale e il for tunato interprete di una societa entusiasta dei suoi libri, di cui non sa
fare a meno (2): societa nuova.
(1) Hor., Sat., I, I, 17-18.
(2) II De la Berge, nel suo Essai sur le Regne de Trajan, paris, 1877, ci lascia in proposito una preziosa pagina: ?prima di lasciare Roma, il proconsole dal dovere chia
?mato, per tre anni, nella lontana provincia, l'ufficiale che andava a chiudersi nel suo
?campo sulle rive del Danubio o fra le montagne della Scozia, non mancavano certo di
?portarsi via il piccolo volume e, lontano, quando lo riaprivano, appariva alia loro imma
?ginazione la citta abbandonata a malincuore, e si apriva al loro ricordo, animata e vitale
?nei suoi aspetti pittoreschi, coi suoi palazzi, i suoi templi, le sue vie immense, la popo ?lazione cosmopolita e indaffarata, e I'insieme confuso delle abitudini quotidiane e dei
chiassosi divertimenti?.
E che il libro di Marziale incontrasse molto il favore del pubblico cosmopolita, fa fede il poeta stesso, che con certa qual fierezza si proclama toto notus in orbe (1,1,2); Cfr. anche II, 6, 5-8; II, 91, 4; III, 95; V, 13; VI, 82; X, 9, ecc.
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