umorismo antico introduzione a xenia e apophoreta

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UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA Author(s): ANTONIO BARBIERI Source: Aevum, Anno 27, Fasc. 5 (SETTEMBRE - OTTOBRE 1953), pp. 385-399 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25820489 . Accessed: 15/06/2014 22:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.21 on Sun, 15 Jun 2014 22:04:11 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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Page 1: UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA

UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETAAuthor(s): ANTONIO BARBIERISource: Aevum, Anno 27, Fasc. 5 (SETTEMBRE - OTTOBRE 1953), pp. 385-399Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25820489 .

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Page 2: UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA

ANTONIO BARBIERI

UMORISMO ANTICO

INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA

Da quando ho letto che l'Antichita non avrebbe avuto umoristi (1), ho cercato di chiedermi se fosse vero ed, eventualmente, perche. Ho gia avuto modo di trattare deirumorismo, ed in particolare nello studio sul

la vis di Terenzio (2), e di rispondermi? con altri, del resto (3) ?

che l'Antichita ebbe invece i suoi umoristi. Ma molte considerazioni mi

sembra dover aggiungere ora, che vedo tanti sguardi, ed acuti, di inda

gatori spesso felicissimi (4), volgersi al mondo di cui lo spagnolo di

Roma si fa interprete, e volentieri soffermarsi sul ?piccolo? di quel

grande mondo romano (e greco), che piu a noi parla un linguaggio nostrano (5). Mi pare di poter oggi chiarire che Y umorismo, presso gli Antichi, trovo le sue piu felici espressioni nelle eta piu borghesi. Inten

diamoci pero, su questo termine, che usurpo ad indicare non gia una

societa da ?borgo?, ma, anzi, come oggi e di moda, la vasta societa di

tipo moderno, metropolitano, dalla vita convulsa e mediocre.

Umorista e gia il vecchio Diogene, primigenia espressione di una

umanita pensosa e inquieta, ormai non piu paga del mito: ma Tumori

(1) ?I/antichita non ebbe, ne poteva avere, letteratura umoristica...? asserisce il Nen

cioni (vedi Pirandello, saggio sull'umorismo, in: Saggi, Milano, Mondad., 1939) e, col

Nencioni, G. Arcoleo, in L'umorismo nelVarte moderna (due conferenze al Circolo Fi

lol. di Napoli), Napoli, 1885.

(2) pagg. 285 sgg. e passim: A. Barbieri, La vis comica in Terenzio, Paideia,

Arona, 1951.

(3) Cfr. Fraccaroli, Per gli umoristi dellantichita, Verona, 1885; bonghi, in: ?La Coltura* 15 gennaio 1886, e Pirandello, op. cit.y pag. 26 sgg.

(4) Citero, fra i piu recenti, gli studi di U. E. Paoli, Uomini e cose del mondo an

ticot Le Monnier, 1947, specialmente per il capitolo // poeta di Roma vioente; L. Pepe, Marziale, Armanni, Napoli, 1950; 1'introduzione agli Epigrammi di Marziale, b. M. M.,

1952, a cura di A. Mortera.

(5) Vedi anche, per la riscoperta del mondo antico, oltre a Vita romana e ai felicis

simi commenti a Marziale, La donna greca nelV antichita, di U. E. Paoli, Le Monnier, 1953.

Aevum - Anno XXVII - 25

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386 A. BARBIERI

smo di questo ?Socrate in delirio? (come lo definisce Platone), padre dei cosmopoliti d'ogni tempo, e nella sua vita soprattutto: vita da filo sofo nella crisi, appunto, di un mondo modernizzantesi per il rovinio di un passato epico, con queir aureo suo bagaglio di miti, idoli ed ideali, e per Taffacciarsi, fra le rovine, del volto nuovo della societa ellenistica.

Piu tipico rappresentante, per l'interesse letterario della espressione umoristica, sara invece, molto piu tardi, Luciano, quando suH'Ellenismo

Roma avra costruito il suo impero universale, e la nuova societa sara

tanto distante dalla polis, quanto le metropoli d* oggidi sono distanti dal

chiuso villaggio leopardiano.

Quando, fra questi estremi (la lingua e greca tanto per Tantico

Diogene come per il tardo Luciano)' indugiassimo a scoprire umorista

Terenzio in Roma, noteremmo d' interessante che la voce, pur latina es

sendo la lingua, romana non e ancora: perche per Roma siamo alia fa se deirellenismo d'importazione, in concorrenza, non solo per le lettere, ma per la concezione stessa della vita, con la mentalita di Catone, il

vecchio conservatore municipale, cosi vecchio di fronte all'anima di

Diogene, da sembrare anacronistico: e, in Roma, non lo e.

Ma Terenzio non ha sangue romano: e mediterraneo d'altre sponde. Perche un latino guardi con sufficienza sul mondo e negli uomini, vo

glio dire con queirinevitabile distacco, senza cui non trova espressione Tumorismo, bisogna attendere Tautore augusteo dei sermones, che in Roma gia respira Tana della metropoli e conosce nuovi eircoli, come

quello di Mecenate, eredi delle aperture del circolo degli Scipioni. Roma s' ingrandisce, Roma riceve dalla provincia prossima e dairul

timo lembo del suo impero i nuovi does, d'ogni lingua e d'ogni colore: nasce la cosmopoli, la nuova Alessandria, ed a misura che la citta si

fa grande e grandiosa e dinamica, la cittadinanza s'imborghesisce, gli ideali si appiattiscono, illanguidiscono, scompaiono: la vita dei piu ces sa d' essere un rito, alia grauitas d' arcaica memoria subentra un volto

dai mille toni di una societa senza fede, dagli uomini piccoli e somi

gliantisi, nel melanconico sorriso, che diremmo risultante delle piu di

sparate componenti, incapaci di prevalere, comprese fra due estremi: la

gioia di vivere e il dolore di vivere.

Analogamente alia societa ellenistica, questa di Roma non pud espri mere dal seno alcun ispirato canto di vate, perche non spuntano ali a

chi non vuol volare: non v'e posto per Icaro in questa vita che nella sua realta quotidiana, coi suoi problemi da risolvere, soffoca gli impeti lirici ?

quando mai timidamente insorgano ? e induce i piu riflessivi

alia filosofia. Etica, comunque, perche l'indagine ha per oggetto il vive re deir uomo.

Ed ecco Seneca. Ma non lungi da lui l'atmosfera trimalcionica di

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 387

Petronio: il mondo pagano non e crollato ancora, e la religione di Cri sto deve attendere il suo trionfo. Societa saturnalesca senza piu fede in Saturno, in cui il senso umoristico scaturisce dalla coscienza vaga di un prepotente bisogno, la conciliazione di riso e pianto per Tuomo.

Ed ecco T osservazione della realta umana, meno impegnativa che in

Seneca, ma piu sapida che in Petronio, in chi meglio rappresenta ?

sapit hominem il suo verso ? un mondo cui manca la speranza dei so

gnatori e la fede dei credenti: onde un distico, che non appartiene ai

libri piu letti di Marziale epigrammista, costituisce per me il sigillo di una cosmopoli in malcelato delirio:

FLAGRA

Ludite lascioi, sed tantum ludite, seroi:

haec signata mihi quinque diebus erunt. (1)

? Spassatevela come volete, o servi, ma state al gioco: e per cinque

giorni che 'st'affare qui (la frusta I) riposera!?. Siamo nel clima anticatonico degli Xenia e degli Apophoreta: so

cieta nuova, in nuova crisi, che richiama quella annunciata da Diogene, il ?Socrate in delirio?. Senonche il risultato della crisi romana mi pare costituisca il vero epilogo della crisi greca: crolla, con l'Ellenismo, il

mondo dei miti, e ne conosciamo i riflessi politico-sociali... Nei rap

porti con la divinita la crisi tarda a risolversi e, latente, si trasferisce

da Atene ad Alessandria a Roma, da Socrate ad Epicuro a Lucrezio ...

a Seneca, per incontrare poi, finalmente, una positiva soluzione nel Cri

stianesimo. Ma sino a questo definitivo trionfo, ne sognatori, ne creden ti. E chi guarda agli uomini che vivono assieme questa ubriacante vita

della nuova cosmopoli e umorista, perche ne ritrae il vivere senza tra

dire commozione, nel distacco deir osservatore scettico, che annota

contemplando un mondo di ?pantins a ficelles? (2). Eppure Marziale sa

di parlare d*uomini, e non di marionette: sapit hominem il suo libro!

Che importa? Non vede forse Tautore i compagni di viaggio giuocare, come marionette, a far da servi e padroni, su questo carro che passa? E strano tutto cio? Direi di no, se pensiamo che la voce degli umoristi ? e rimaniamo pure a quelli dell'antichita ? e proprio quella che suo

na a noi piu umana, e percio piu cara, piu intendibile, come la voce

viva dei nostri simili. Gia Terenzio professava: homo sum: humani nil a

me alienum puto (3). E non parliamo della nostranita di Orazio, di Lu

(1) XIV, 79.

(2) Cfr. bergson, Le Rire, Parigi, 1900, pp. 161 sgg. e A. Barbieri, op. cit., 12 sgg.

(3) Heaut., 77.

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388 A. BARBIERI

ciano e di quel Vecchione di Diogene, della cui lanterna s' e ricordato

il piu grande ? a mio avviso ?

degli umoristi contemporanei, l'umanis simo e tanto caramente borghese Panzini, per il quale la lettura e l'in

segnamento dei classici e una gita in bicicletta, la grammatica e un

buon bicchier di vino, erano egualmente materia di umanita, di lette ratura e di vita umanistica. E non aveva torto davvero, il nostro umori

sta, quando, proprio ne ?La lanterna di Diogene? (1), sentenziava che

?le opere dei grandi poeti sono chiuse sotto sigilli, ed ogni eta ne

comprende quel tanto che e a lei confacente?.

Ora, pare che la nostra eta comprenda in modo pariicolare gli umo

risti, di cui vado parlando, e, nella fattispecie, Marziale.

Eta come la nostra, oltre a tutto, per certe analogie gia intraviste

(e che meriterebbero piu profonda disamina) con le eta cosmopolitiche or ora sogguardate, sono portate, com'e naturale, a rifuggire di tanto

dair epos, di quanto invece si avvicinano alia storia. Ma non si vada

per questo a disturbare Erodoto o Livio, Tucidide o Tacito ...: la loro non e storia di eta ?borghesi?. La loro storia, piu o meno vicina al

Y epos, meno o piu scientifica, trova sempre alimento in ideali che ri

splendono, o sopravvivono, sia pure per desiderium, almeno in chi si

accinge alia grande opera. Pensiamo piuttosto alia materia prima della storia: alia cronaca, alia biografia aneddotica, a quelle osservazioni

spicciole che spesso rasentano il pettegolezzo, quando non vi entrino, per frugare e discoprire addirittura l'elemento scandalistico . ..

Non si pud negare che anche questo sia substrato di storia: ed e

confacente al gusto moderno la lettura di Suetonio e degli Scriptores Historiae Augustae, proprio in quanto, rimuovendo i tendaggi dei saloni

imperiali, si scopre uomo come noi anche l'impaludato sire, che non si

sopporta piu come idolo, in una societa disincantata. E d'altra parte naturale che, quanto piu si vogliano preparare le premesse ad una sto ria fedele, tanto piu si tenda air osservazione analitica anche delle pic cole cose e si faccia pure tesoro d' ogni elemento di cronaca, materia tutta destinata al successivo vaglio, che portera alia conoscenza esau

riente, e veramente storica, della realta. Orbene, nella letteratura e nel le arti, sia il verismo che Timpressionismo adempiono ad una funzione storica.

Quanto a Marziale, egli e piu verista di quanto non lo sia, ad esempio, il Verga: perche questi, in fondo, obbiettivo vuol essere senza riuscirvi, troppo aderendo il suo animo al mondo sociale che descrive e compian ge; mentre per quello T obbiettivita delle notazioni e la ragione stessa del suo umorismo. E dove Marziale e maggiormente obbiettivo, se non

(1) P. 25.

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 389

negli Xenia e negli Apophoreta, in cui, quasi sempre dimentico del sale

dell' epigramma, non degli uomini direttamente parla, ma delle cose che

airuomo servono per la sua vita... ?minore? (ch'e poi quasi intera la

vita!), e che ce lo rivelano? Neppure piu il solito epigramma, con in

tento ?caricaturale? (1), serve allora alia tavolozza di Marziale, ma il

piu ingenuo distico, modesto nella sua concisione, piu adatto certo a

ritrarre tante piccole cose, che vogliono suggerirci T intera realta di un

mondo. Versi tali, insomma, da non stonare fra un quadro del Manet ed

uno del Cezanne, e degni di riscuotere, come questi, la prima entusia

stica approvazione che Emile Zola tributava agli impressionisti. Dal mondo piccolo degli uomini e delle cose conosciamo diretta

mente, provando la gioia tutta moderna d'una ricostruzione di prima mano, la realta storica d'un passato. Ha ben ragione il Paoli di notare

che ?dietro il groviglio? degli ?sgorbi? di Marziale, troviamo ?la rap

presentazione di un autentico mondo di uomini; e cosi vario, cosi com

plesso, cosi storicamente preciso, quale un poeta raramente e riuscito

ad illuminare col suo genio. Un mondo... che ci rende possibile oggi il miracolo di vivere coi Romani dell' eta flavia in continua comunione

con la loro vita esteriore?] Ecco, ha tanta ragione il Paoli, e l'am

miro per avere, come sempre (2), cosi bene colto il significato degli

epigrammi di Marziale, e per averne sottolineato, ne qui soltanto, Pin

teresse attuale. Non pero in sola comunione con la vita u esteriore ?

dei Romani ci mette Marziale, se, come in parte s' e gia visto e in parte si vedra, persino e proprio nei modesti distici degli Xenia e degli Apo

phoreta facilmente scorgiamo anche lo spirito della societa che li ha

prodotti: bastera, tra poco, che ci soffermiamo sui titoli di questo tredi

cesimo e di questo quattordicesimo libro di Marziale, per aver modo di

penetrare in un vasto mondo, tutto dello spirito. Del quale mondo, pur felice indagatore si mostra il Pepe, nel suo

recente studio (3), riuscendo a rendere vivo e nostrano il Romano di

Bilbilis, senza pero troppo preoccuparsi di scoprire il volto di quella so

cieta ? e quindi il valore storico di Marziale impressionista ? anche

al di la degli epigrammi senza titolo. E qui, di proposito pare, rimane

senz'altro il Mortera (4), che pur sente tanto vivo il suo Marziale, da

inviargli addirittura un' epistola (5): un* epistola gioiello, da cui traluce ? in tanta dottrina d'oraziano sapore

? tale buon gusto e si cordiale

(1) Cosi il Paoli, in: Uomini e cose.,, cit., p. 323.

(2) Cfr. nota n. 5, pag. 385.

(3) Op. cit.; cfr. nota n. 4, pag. 385.

(4) Op. cit., cfr. nota n. 4, pag. 385.

(5) Uepistola proemiale, che costituisce l'.introduz. air op. cit.

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390 A. BARBIERI

e sincera simpatia, che il destinatario davvero non ripeterebbe, come

neirXI degli Apophoreia:

CHARTAE EPISTOLARES

seu leoiter noto, seu caw missa sodali omnes ista solet charta oocare suos.

Anche ai tempi di Marziale, evidentemente, come oggidi, dovette es

servi un'inflazione di ?Mio caro...?, ?Mio carissimo... ?, ?Vita mia...?, se, ? cosa che nota e riferisce anche l'lzaac (1)

? messo a confronto

l'epistolario di Cicerone e del suo tempo con quello di Plinio, trovia mo nel primo maggiore riservatezza, rispetto al tono cosi espansivo del

secondo. Ma l'odierna epistola del Mortera, priva peraltro dei fronzoli

convenzionali comuni alia nostra eta e a quella di Marziale, giungereb be tanto gradita all'antico poeta che ? c'e da giurarlo

? egli smette

rebbe persino il suo sorriso sornione e freddo di umorista, per lasciarci

intravvedere, sia pur furtiva, un' umana lacrima di commozione...

Non faremo, tuttavia, qui, una rassegna di lettori, commentatori e

traduttori di Marziale, neir intento di vedere chi, e sino a qual punto, abbia scoperto hel poeta V umorista (2), o vi abbia sufficientemente rile vato Finteresse storico (3): oggetto di studio e sempre, quasi esclusiva

mente, T epigrammista dei libri dall'I al XII comeche gli Xenia e gli Apo phoreta costituissero una raccolta di notiziole di tale levita, da non

meritare particolare indugio, se non agli effetti di una ricostruzione manua

listica della vita privata dei Romani (4). E ancora il Paoli, se mai, che ? senza intenti manualistici ? non rinuncia a tener d' occhio anche

questa produzione (5), per dirci deir assistenza del poeta a noiose let

(1) Nella nota relativa all'epigr. XI degli Apoph. (ediz. degli Epigrammes, tome II, 2me partie, Les Belles Lettres, 1933).

(2) Sara necessario citare almeno lo studio del Craig, Martial' s Witt and Humour, Filadelfia 1912, e, dei nostri, dopo il Marziale di C. Marchesi (Genove, 1914) e prima del citato studio del Pepe, per alcune interessanti osservazioni, l'introd. e il commento di

F. Della Corte a Gli Spettacoli di Marziale, Genova, 1947. (3) Notevoli, sotto questo aspetto, nonche la Storia dei costumi romani da Augusto

agli Antonini, del Friedlaender, 9a e 10a ed. (Wissowa), Lipsia, 1921, 4 voll., la prefa

zione, del medesimo Autore, all'ediz. di Marziale del 1886 e, soprattutto, di P. Oltramare, Les Epigrammes de Martial et le temoignage qu'elles apportent sur la societe romai

ne, Geneve, 1900; di O. Weinreich, Studien zu Martial. Liter ar-hist. und religionsge schichtL Untersuchungen, Stuttgart, 1928, e il successivo Fabel, Aretalogie, ecc. (1930

31); di A.M. Duff, Freedman in the early Roman Empire, Oxford, 1928; e di F. sauter, Das roemische Kaiserkult bei Martial und Statius, Stuttgart, 1939.

(4) Quale si pud avere, appunto, in manuali d'archeologia quali il Mommsen-Mar

quardt, il Darenberg-Saglio, il Cagnat-Chapot, il Rich-Cheruel, ecc.

(5) A p. 326, specialmente, di Uomini e cose ecc, cit.

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 391

ture (1), per riconoscere a Marziale il merito di averci informato sui

particolari del vestire (2), il nome degli abiti (3), i tip! del vasellame (4), dei letti (5), delle lucerne e dei candelabri (6), il legno delle tavole (7), la varieta dei cibi (8) con predilezione, nei banchetti, per il tordo e la

lepre (9), Y assortimento dei vini romani (10). E, ancora, giustamente nota il Paoli, seguendo Marziale noi potremo conoscere i segreti della

dispensa (11), del giardino (12), del ?boudoir? (13)... Ma ben altre ilia zioni si giustificano a chi voglia vedere nei distici degli Xenia e degli Apophoreta il quadro impressionistico di una societa che, per tanti aspet ti, non e dissimile dalla nostra.

S'era parlato di Diogene. Mi viene in mente che Marziale non ve

deva troppo di buon occhio i cinici: e gli bastan due versi, per farci

sapere che Faugurio migliore, per una bisaccia, e quello di non capita re compagna d'uno dei tanti esistenzialisti della cosmopoli:

PERA

Ne mendica ferat barbati prandia nudi

dormiat et tetrico cum cane, pera rogat (14)

Ne ci attarderemo gran che a rilevare quanto gli accenni agli indu

menti, al vasellame, ai cibi, agli oggetti per ?toilette?, ecc, non solo

costituiscano una preziosissima miniera per il lessico latino della vita

spicciola, non solo ci informino deir esistenza e del particolare uso di un oggetto o dell'altro, ma proprio ci illuminano sullo ? snobismo ? im

perversante in Roma (fosse vivo Catone!), dove s'importano tessuti,

porcellane, tinture, profumi, animali, vettovaglie, perche la raffinatezza esterofila non sa esser paga dei prodotti indigeni: al che dice la sua

Marziale, ricordando, per esempio, che ai datteri, ai fichi, alle prugne d'oriente (15) il pur modesto podere nomentano sa ben opporre lazzeruoli e melagrane:... Quid tibi cum Libycisl (16). Intanto, per chi se ne in

teressi, amplissimo e il quadro deir economia del tempo e dei rapporti coi piu disparati mercati esteri, e, piu ancora, il bagaglio di ?curiosita?

che ci possono fare riflettere sul costume e sulla moralita d'allora. Le

donne usavano parrucche o ?crines supplementari importati dalla Ger

mania o, piu sovente, (e piu... comodamente) consistenti nelle chiome

(1) XIII, 14. - (2) XIV, 66; 134; 141; 149. ?

(3) XIV, 124-137; 139; 141; 143; 145; 153. -

(4) XIV, 93-118. ? (5) XIV, 85; 87. ?

(6) XIV, 39-44; 61-62. -

(7) XIV, 89-90. - (8) XIII, 5-14; 16-100; XIV, 71. -

(9) XIII, 92. - (10) XIII,

106-121; 123-125. - (11) XIII, 101-105; 122. -

(12) XIII, 127. ? (13) XIV, 24-26;

57-60; 66; 134; 149; 151. - (14) XIV, 81. Cfr. IV, 53. ?

(15) XIII, 27, 28, 29; 37; 85; 103. ?

(16) XIII, 42-43; Cfr. anche XIII, 45; 73.

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Page 9: UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA

392 A. BARBIERI

fatte tagliare alle prigioniere germaniche (1). I capelli posticci, poi, era

no tinti ? ce ne informa anche Plinio (2) ? con un sapo, ottenuto

mescolando grassi e ceneri, o spuma Batava (3) e fermati con pecti nes ed acus aureae (4)... Ma non intratteniamoci nel gabinetto fem

minile, dove troveremmo, con le deliciae Cosmi che si consigliano alle

giovani nuore (5), vari articoli d' igiene, di cui alcuni soltanto, come il

dentifricium (6), Y auriscalpium (7), il dentiscalpium (8), ritroveremmo,

accanto agli opobalsama (9), e ai ferramenta tonsoria (10), nel gabinetto virile. Ma gli uomini vediamoli, se possibile, gia sbarbati e azzimati, o

in toga, come vuole Domiziano (11), o in synthesis, come s'usa nei ban

chetti e, durante i Saturnali, anche per le strade (12), col piiieum in te

sta (13)..p. E noteremo il cavaliere, il cui cavalierato costa 400.000 sesterzi

(e l'anulare e spoglio, per questo, deiraureo ornamento) (14), e segui

remo, nauseati con Marziale, lo stuolo di quei piccoli borghesi ? i clien

tes ? che devono andare da un palazzo all'altro a dare il ?buongiorno? ai patroni (15), e scopriremo che il nuovo Iupiter, col suo bravo berretto

da liberto (16), se la spassa coi medesimi giochetti (Lui, Domiziano!), che

di nascosto divertono i fanciulli quando bigiano la scuola (17)!.. E si po

trebbe continuare: ma ce n' e abbastanza per capire la ricchezza di spun

ti offertici dal XIII e dal XIV di Marziale umorista. Umorista, si, perche anche quando sembri indulgere alle lusinghe verso il principe, egli non

pud fare a meno di dirci, sottovoce, che certe divinizzazioni lo fanno

ridere: e ne ride, infatti, come ride, deir epos e del mito allorche pre

(1) XIV, 26. Cfr. quanto dice a proposito FIzaac, alia nota relativa (op. cif., p. 297).

(2) XIV, 27 e VIII, 33, 20. Cfr. anche Plinio, N. H., XXVIII, 191, e la dotta nota di H. Frere, collaboratore dell'izaac nell'op. cit., a p. 222.

(3) Vedi nota precedente.

(4) XIV, 24-25. -

(5) XIV, 59. -

(6) XIV, 56. ? (7) XIV, 23. -

(8) XIV, 22.

(9) XIV, 59. ? (10) XIV, 36. -

(11) XIV, 124-125. - (12) XIV, 1; 142. Cfr. Rich

Cheruel, s. u. - (13) ibid. - (14) XIV, 122. Cfr. V, 19, 10 e VIII, 5, 2. -

(15) XIV, 125. Cfr. Ill, 46; IX, 100; XI, 24; XII, 18, 4-6; XII, 29.

- (16) XIV, 1.

(17) XIV, 19 (18): Alea parva nuces et non damnosa videtur; saepe tarn en pueris abstu/it ilia natis.

Cfr. anche V, 84, 1-2. Una riserva, pero, si pud fare sul significato del distico, se col

Gronov ammettiamo che Videtur potius turpe aliquid ac nefandum significari. (Dal commento dell'Izaac, op. cit.). Per altri giochi, come quelli dei tali eborei, delle tesse

rae, della turricula della tabula lusoria, dei calculi, vedi rispettivamente XIV, 14; 15;

16; 17, 18 (20). Quanto al iactus Veneris, cui si allude in XIV, 14: cum steterit nullus

vultu tibi talus eodem, era il tratto piu fortunato, che si otteneva quando i quattro dadi

eburnei (oblunghi e rotondi da due parti, si che potessero cadere su quattro facce nu

merate 1-6-3-4) cadevano ciascuno su di una faccia differente. II tratto piu sfortunato

(cam's) si aveva quando i quattro dadi cadevano sul medesimo numero. Cfr., anche per

gli altri giuochi, RlCH-CHERUEL, s. v.

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 393

ferisce il gioco delle noci all'epopea e alia tragedia (1), come ride, piu direttamente, di dei e semidei, da Cibele a Prometeo, da Giove ad Apol lo, da Saturno a... Domiziano, neppure esitando a chiamare in causa, con voci e forme suadenti, alleati del povero uomo, animali come le oche, il gallo, lo storione, e facendo fare alia tigre la proskunesis di pramma tica, e suggerendo al pappagallo di confessare che tutte le altre parole, si, le impara dagli uomini, ma ?Caesar have? (diamine!) ci arriva da

solo a dirlo, da pappagallo che e:

PSITTACUS

Psiitacus a vobis aliorum nomina discam:

hoc didici per me dicere CAESAR HA VE. (2)

... E mentre la tigre e impegnata nella sua proskunesis e il pappagallo nel suo Caesar have, si diverta il popolo al teatro di Pompeo;

? ma

bada bene, vil cittadino, che il sole vi scotta, e il velarius ha ben altro

che da pensare a te... Non hai Y umbellal Prenditi 'sto cappellone, va

la. e facci una fischiatina:

CAUSEA

In Pompeiano tecum spectabo theatro:

Mandatus populo vela negare solet (3) ?

II valore degli Xenia e degli Apophoreta, come si vede, e tale da

far assurgere a storia la cronaca: certo non meno che negli epigrammi consacrati, noi sentiamo in questi distici che, attraverso la conoscenza

minuta di tante piccole cose di un mondo lontano, il passato rivive,

smagato e nostrano, per ammonirci che il tempo non ci inganni, crean

do gratuiti eroi, e che non ci illudan le maschere che dai Saturnali

l'uomo usurpa, infelice, per i sette giorni di sua vita (Ludite, lascivi, sed tanium ludite, servi...) (4):

? La vedi, uomo, questa gobba figuri na d'argilla?... E non ti riconosci? Cosi ti fece Prometeo, sbronzo nel suo Carnevale, divertendosi (proprio come ora fai tu) con saturnalesca

poltiglia:

SIGILLUM GIBBERI FICTILE

Ebrius haec fecit tern's, puto, monstra Prometheus:

Saturnalicio lusit et ipse luto (5)

(1) XIV, 1, 11-12. - (2) XIV, 73. Cfr., per la proskunesis, XIV, 107 c quanto dice

il Weinreich, Studien cit. p. 146. Perilresto: XIII, 25; 63-64; 74; 91; XIV, 80,164; 182, ccc.

(3) XIV, 29: interessante l'interpretazione di Heraeus, di cui l'lzaac, op. cit., p. 297.

Quanto al popolo a teatro, vedi anche il Tomentum circense (XIV, 160). (4) Cfr. nota 1, pag. 387. -

(5) XIV, 182.

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394 A. BARBIER1

A me pare che, chiudendo il libro di Marziale, si debba ripensare

poi in sintesi a quanto ci ha detto, al perche, al come, collegando le

impressioni dello spogliatoio, del triclinio, del giardino, perche tra le

vesti, tra le ghiottonerie, tra i fiori (1), ci si scopre il piu vero mondo, che investe la morale, lo spirito, la politica (2) ...

Ecco, io chiudo il libro e rivedo due titoli, Xenia ed Apophoreta: due voci greche. E perche proprio quelle? E mi chiedo, anche, se que sti trecentocinquanta distici, nel loro insieme, siano convenientemente

designati con quei due titoli... Ripensando alle quisquilie lette mi ritor nano alia mente e Diogene e Catone e le divagazioni da questi cosi

diversi vecchi gia suggeritemi, e non posso fare a meno di soffermarmi sul nome deiritalico, che mi assurge a simbolo d'una societa e d'una

forma mentis cosi diversa da quella di Marziale, cosi diversa dalla no

stral E constato, ancora, che quel religioso conservatore di una grandez za chiusa ed avara, dall* animo piu sensibile, se mai, air italum acetum che all'umorismo (3), e pur lontano, nella sua primitiva filosofia, dal

filosofico umorismo del moderno Marziale che non ama i filosofi, come

dalla filosofia profondamente umana e altrettanto moderna di Seneca, il

quale, con Marziale, rappresenta la crisi della societa di Petronio: una

crisi, direi, sotto alcuni aspetti paragonabile a quella che impegnera l'eta dei Poliziano, dei Botticelli, dei Medici, dei Savonarola.

E cosi che, di fronte agli Xenia e agli Apophoreta, ho pensato ad una societa anticatonica. Catone e Marziale mi appaiono come due estre mi: quegli stessi estremi che (meravigliosa chiave negletta!) costituisco no T ?a? e la ?z? dello studio del Paoli sul mondo romano (4).

Mondo anticatonico di una Roma disincantata ed umana, nel trava

glio sottaciuto di una societa ansiosa del nuovo nella pratica e nella teoria della vita, come quella che irride al mito e non possiede il Mes sia. L' ellenismo ha fatto strada, se si deve riconoscere che i toni d'ir riverenza beffarda verso la mitologia (5), cosi frequenti, come s'e visto, in Marziale, timidamente gia facevano capolino nel circolo degli Scipio ni, quando l'ellenizzante Terenzio non si peritava, a gioia e conforto

(1) XIII, 127; dove non vedrei, come in VI, 80, un esempio di blanditiae, ma piutto sto dell' ironia, come altrove:

Dat festinatas, Caesar, tibi bruma coronas:

quondam veris erat, nunc tua facta rosa est.

(2) Interessanti, appunto, sotto questo aspetto, gli studi del tipo di quelli dell' oltra mare, Cit.

(3) Cosa che non pare distinguere il Paoli, nel suo profilo di Catone, a p. 192 di Uomini e cose..., cit.

(4) Op. cit.

(5) Di ?irreverence narquoise* parla anche 1'Izaac, op. cit.t introd., p. XX. Cfr., piu sopra, note 1 e 2, pag. 393.

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 395

dello pseudo-eunuco Cherea, di far calare Giove dall' Olimpo... clancu lum per impluvium fucum factum mulieri (1). Sdrbole! Addio divinita, in

questo modol Ma gia, se ci pensiamo, mentre la mitologia di Roma era

tutta protesa alia divinizzazione dell' uomo, l'EUade impostava la sua

mitologia sulla scorta di una istanza opposta: l'umanizzazione degli Dei la sintesi, col compimento del ciclo CIELO-TERRA-CIELO, con un Dio che s'incarna per divinizzare Tumanita, sarebbe stata la Buona Novella del Cristianesimo, per la pace deiruomo.

Roma nuova e anticatonica perche cosmopolis, anticatonica perche

hospitalis, anticatonica perche ludens, neirumorismo di chi non sa aver

fede, e non e pago. Xenia ed Apophoreta: i vocaboli greci gia sconfes sano Catone: non pud essere xenofoba la cosmopoli. E che significano questi vocaboli, se non doni ospitali, in modo speciale attinenti al co

stume saturnalesco? Catone, grave, non sorrideva: tutt'al piu, nello spi rito del fescennino, frusfava ridendo amaro. Era un caro miope della

vita, somigliante a Demea degli Adelphoe e a Menedemo, il punitor di se stesso: non concepiva, per esempio, che la vita, non dico fosse un

?Carnevale?, ma offrisse un ?Carnevale? con liceita di scherzi, in cui

Tuomo per qualche giorno mettesse in pensione la propria personality, cercandovi un rinvigorente antidoto alFintensamente scialba vita d'ogni giorno. Veleno, altro che farmaco! II mondo del vecchio conservatore era la vecchia Roma: non contaminazioni di lingua, non di religione, non di costumi, non di politica, non di sangue: era T anticosmopoli. Xeno fobo e rustego, era estraneo a un mondo nel quale, senza rinnegare la serieta della vita, s'aprano la mente ed il cuore ad umane evasioni; senza rinnegare la citta si sappia accogliere T extracittadino; senza rin

negare la famiglia s'aprano i battenti all' ospite, in atmosfera di comitas, di urbanitas, di humanitas : il mondo dell' ospitalita, che comporta gio vialita, generosita, affabilita, adattamento. E tutto cio e nella Roma (Jegli Xenia e degli Apophoreta.

Cosi vi troviamo, ospite contro Catone, il vocabolo greco, che al

lude, da xenos, allo straniero e all* ospite ad un tempo, ed alia familia rita deir atmosfera in cui air uno e all* altro si guarda, nel segno

? se non di una sacerta dell* uomo, cui Giove protegga

? di una subcoscien te fraternita, che accomuna gli uomini liberi e ? chissa mai . . . ? ?

gli schiavi.

Come gli Apophoreta (2), gli Xenia erano doni conviviali: oh, non

da sempre! Per trovare questa forma di cortese scambio nella vita pri vata di Roma, bisogna arrivare air impero: air eta, cioe, in cui il mutato

(1) Eun? 589.

(2) Cfr. Darenberg-Saglio, s. v. c interessante introd. dell'izaac, op. cit.

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Page 13: UMORISMO ANTICO INTRODUZIONE A XENIA E APOPHORETA

396 A. BARBIERI

volto politico ha rotto a poco a poco la scorza di queirindividualismo primitivo innato airuomo, ancora riscontrabile nella repubblica di Cato ne e nella polis di Demostene

Ecco ora in Roma (non senza, peraltro, le deleterie conseguenze che s'accompagnano spesso anche alle ottime fra le cose umane) una

concezione piu ?moderna? del viver sociale, quale quella che, nel ri

spetto della dignita e dei diritti della persona umana, e ormai tesa a

considerare decadute certe ostinate barriere claudenti la famiglia, la cit

ta, la nazione. La famiglia, la citta, la nazione, sono viste in funzione

ecumenica, perche l^individuo s'e emancipato, abbattendo tanti ?credi?

stantii. L'individuo, forse, si conosce di piu e sa guardare ai suoi simili senza invidia e senza malocchio: percio apre piu facilmente i battenti di casa. Forse un substrato di buon umorismo permea la nuova societa.

Gli Xenia, prima, si conoscevano solo come doni ad inviati ufficiali,

quali gli ambasciatori, e come regali di commiato a funzionari d' una

provincia (1). Ai tempi di Marziale, invece, si facevano regali durante i

conviti privati: generalmente al principio del pranzo (gli Xenia, appunto) ed alia fine, perche dagli ospiti venissero portati via (Apophoreta) (2). Erano infatti gli Xenia, per lo piu

? come attestano i distici di Marzia

le ? generi commestibili, mentre gli Apophoreta consistevano nei piu svariati oggetti, modesti o di valore, di prima utilita o superflui, come un berretto, una cintura per signora, una stoffa pregiata, un dentifricio, un* anfora, un ventaglio, un aureo anello, un ... vaso da notte, una cop

pa di cristallo, un indumento intimo, un rossetto e persino, talvolta (che meraviglia, dopo tutto ? ), uno schiavo!

Gli Apophoreta, poi, a differenza degli Xenia, erano doni partico larmente legati a determinate circostanze, come nozze (3) e feste Satur nali (4), per quanto Marziale stesso e Petronio (5) e Svetonio (6) ci fac cian testimonianza dell'ormai diffusa moda di fare regali durante i banchetti.

Ora, Tabitudine di scambiarsi questi doni ospitali non ci deve far

pensare ad una societa semplicemente anfitrionica. Anzitutto, non erano

i soli ricconi a dar banchetti e doni (in lotteria o non), ma anche i po veri eran soliti fare questi presenti: ne solo da clienti a protettori, ma

anche da pari a pari (7). E, d'altra parte, che non si trattasse di moda

(1) Cfr. Dar.-Saglio, s. v.

(2) Cfr. Pauly, R. E., la ed., s. v.

(3) Scol. Gioven., VI, 203.

(4) XIV, 1, 6: praemia convivae dent sua quisque suo.

(5) Petr., Sat. 56.

(6) Svet. Vesp. 19; Cal. 55; Oct. 75. (7) Cfr. Izaac, introd. cit. Va poi notato che questi doni erano accoppiati: un rega

lo da ricco [e un regalo da povero; e in coppie, per lo piu, sono i distici di Marzial

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 397

trimalcionica, legata csclusivamente ai banchetti dei gaudenti o dei paz zi tipo Caligola (1), e dimostrato dal fatto che gli Xenia, ad esempio, come giustamente nota Y Izaac (2), erano anche inviati a domicilio ad

amici di famiglia. Amici di famiglia, dunque: e non solo fra ricchi! Co me non pensare alle talvolta commoventi strenne che nella societa mo

derna ci andiamo scambiando a Natale, alia Befana, a Pasqua . . . ? Per non parlare dei frequenti incontri, accompagnati da simposii e da doni, che provochiamo in tanti altri momenti dell'anno, non ultimo il Carne

vale! E vien proprio fatto di pensare che anche l'uso dei ?cotillons?

nelle nostre feste da ballo ripeta la sua lontana origine dalla moda ro

mana delle lotterie con Apophoreta, abbinate ai festini!

Ecco, dunque, Roma minore nel suo Carnevale, nei suoi Saturnali:

Roma ludens.

I Saturnali (3), originariamente consistenti in una celebrazione reli

giosa della durata di un giorno, vengono progressivamente portati alia

durata di tre, cinque, sette giorni (4). Cio ha gia il suo significato: in un sol giorno, espletate le pratiche religiose, poco resta ai divertimen

ti . . . : e la societa sente il bisogno di diversivi. II carattere indigeno e

religioso della festa e attestato dal suo stesso nome: Saturno e dio di

un popolo agricultore per eccellenza. II dio della seminagione (satum, sew . . . ), il dio dei nascimenti, il dio della vita. Come Venus, insom

nia, come la Venus dell'inno lucreziano. E la festa di Saturno si cele

brava proprio nel periodo in cui i contadini hanno tempo, finalmente, di ?pensare? al campo, fra i tanti negotia. Tempo di pensare, si, perche non c'e abbondanza di otium per il contadino, come non c' e gran scel

ta. Vergilio insegna, se non ce lo insegnasse Fesperienza: ogni stagio ne, ogni parte di stagione, ogni ?luna?, offre il suo daffare, generico e

specifico. Ma a dicembre, nel cuor del dicembre, oh, finalmente il fatto

e fatto, e il da farsi non urge proprio. E allora? Allora e chiaro: sara

proprio il contadino quel tipo tanto prodigo da sciupare il suo tempo, da non monetizzarlo? Se il campo non si pud lavorare, perche la se

mente e gettata e si attende che spunti, una cosa c'e pur da fare: rac

comandarsi al dio che quella semente germini bene, che la nuova sta

gione sia propizia . . . non senza ringraziarlo (bisogna tenerli buoni que sti dei I) per Tassistenza gia prestata. Per chi vuole, ce n'e sempre!

(1) Cfr. nota 6, pag. 396.

(2) Op. cit., introd.

(3) Cfr. Macrobio, Sat. (passim) sull'origine e la primitiva durata dei Sat., nonche sul nome, il significato, il carattere.

(4) Oltre a Macrobio e ai comuni manuali d'antichita, gia cit., cfr. in Marziale, XIV, 79 e 142 (141) per la durata di cinque giorni, e XIV, 72 per la durata di setter dal 17 al 23 dicembre.

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398 A. BARBIERI

Ed ecco i Saturnalia Quando poi anche questo dovere e compiuto, e la

coscienza e a posto, allora si pud ben fare allegria, vien da se che si

brindi e si salti, per festeggiare il dio generoso! Edonistiche mascherate di spensierati gaudenti ?

Anticamente no certo, se, ancora ai tempi di Catone, passa il se

nates consultus de Bacchanalibus e si pud difendere (lo zelante e sem

pre il ?Vecchio?) la famosa lex Oppia, tanto fastidiosa alle donne d'a

vanguardia. Ma ai tempi di Marziale ? Persiste, forse, il carattere di fe

sta religiosa, anche se la societa, di rurale che era, s'e fatta metropoli tana; anche se la nuova mentalita non e piu indulgente col mito? Mi

pare di si, se non confondiamo ?religione? con ?fede?, se conveniamo

che il divertirsi delFuomo che pensa, di fronte alia spensieratezza in

fantile e primitiva, e atto di ossequio a una vita che si critica: religio ne e umorismo.

Saturno, come la Venere cantata da Lucrezio, e simbolo della vita, del ?ritorno? della vita, se non v' e soluzione di continuity nel susse

guirsi di stagione a stagione, di frutto a seme, di speranza a certezza.

E il culto di siffatta divinita e il culto del divenire, e Tansia di chi

?desidera?, nel rimpianto e nella speranza, nel bisogno dell'essere, che il transitorio abbia tregua, che la vita trionfi. V uomo, nei suoi limiti,

paventa la morte perche sente il richiamo dell* illimitato, del perenne, delPEterno. E, come pud, non trovando in se la capacita di perpetuare la vita, si finge un fantasma che alia vita presieda, che questa vita dia e incrementi, che la veda svolgersi, e che rimanga, garante del suo rin

novarsi, di fronte alia caducita che fa tremare. Saturno e questo dio, o

fantasma, che Roma ha inventato o creduto di inventare, nello sforzo di divinizzare il terreno: ora a questo simbolo piu non si crede, perche non soddisfa: ma il problema resta; anzi, sorge. E, senza fede, Tansia

religiosa e piu forte.

Grandi tenori deirumanita, deH'umanita romana, gia avevan cantato, nel carpe diem e nel poema della natura, diversamente, il cruccio del Tuomo. Ma Orazio e Lucrezio sono vati: e i vati precedono il gregge umano, con il loro canto illuminato, nella intuizione del vero. Marziale, ora, narra piu che non canti, perche non e piu questione di precedere, ma di constatare il processo: la societa di Lucrezio, come quella di

Orazio, poteva essere invitata a pensare, e Tinvito era un canto; quella di Marziale gia pensa, e trova in lui il suo interprete critico.

Come, dunque, Marziale vede il ?Carnevale? di Roma?

Come, appunto, esso e: una illusoria fuga dalle vicende quotidiane di una realta provvisoria. Ludite... serui: Haec signata mihi quinque diebus erunt: ? finiti i Saturnali, tu ritorni in quella specie di vita, di cui non ti contenti! Vien da sorridere, per quel che fai in questi giorni di

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UMORISMO ANTICO. INTRODUZIONE A ?XENIA? E ?APOPHORETA? 399

festiva parentesi: vien da sorridere e da farsi serii nello stesso tempo, a guardarti. Ecco, quel che Orazio t'invito un giorno a fare, in uno dei

suoi scherzi, per bocca di un dio (1), tu ti provi a farlo per davvero:

Hinc dos, Vos hinc mutatis discedite partibus. ? E lo schiavo e il padrone

si scambiano la maschera... Marziale sorride, notando, e richiama il

sensibile concittadino a maggior coscienza delle cose umane. Questa e

la vera religione ?

par che dica il poeta ?: questa, e non quella del

mito; il culto di Saturno e forse l'unico che ti pud far pensare a modo.

Ma tu, non rifiutarti di pensare: se no mi fa ridere anche Saturno, co

me tutto il castello di Dei che hai ereditato da quei bamboccioni dei

tuoi avi, che sono rimasti ad Omero. E noi sentiamo, infatti, in codesto Marziale, Tumana saggezza di

Socrate sofista e il sorriso di Euripide drammaturgo. Vi sentiamo la

bonta di Orazio e la sofferenza di Lucrezio: senonche Marziale e il for tunato interprete di una societa entusiasta dei suoi libri, di cui non sa

fare a meno (2): societa nuova.

(1) Hor., Sat., I, I, 17-18.

(2) II De la Berge, nel suo Essai sur le Regne de Trajan, paris, 1877, ci lascia in proposito una preziosa pagina: ?prima di lasciare Roma, il proconsole dal dovere chia

?mato, per tre anni, nella lontana provincia, l'ufficiale che andava a chiudersi nel suo

?campo sulle rive del Danubio o fra le montagne della Scozia, non mancavano certo di

?portarsi via il piccolo volume e, lontano, quando lo riaprivano, appariva alia loro imma

?ginazione la citta abbandonata a malincuore, e si apriva al loro ricordo, animata e vitale

?nei suoi aspetti pittoreschi, coi suoi palazzi, i suoi templi, le sue vie immense, la popo ?lazione cosmopolita e indaffarata, e I'insieme confuso delle abitudini quotidiane e dei

chiassosi divertimenti?.

E che il libro di Marziale incontrasse molto il favore del pubblico cosmopolita, fa fede il poeta stesso, che con certa qual fierezza si proclama toto notus in orbe (1,1,2); Cfr. anche II, 6, 5-8; II, 91, 4; III, 95; V, 13; VI, 82; X, 9, ecc.

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