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Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale Dipartimento di Scienze Sociali, Umane e della Salute Corso di Studi in Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate AA 2015/16 LM67 Laurea Magistrale Corso di Attività Motoria Preventiva Dispensa AA 2015/16 Titolare: Antonio Borgogni Cotitolare: Filomena D’Aliesio

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Università degli Studi di

Cassino e del Lazio Meridionale

Dipartimento di Scienze Sociali, Umane e della Salute

Corso di Studi in

Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate

AA 2015/16 LM-­67

Laurea Magistrale

Corso di

Attività Motoria Preventiva

Dispensa AA 2015/16

Titolare: Antonio Borgogni Co-­titolare: Filomena D’Aliesio

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Indice

1) Introduzione e programma p. 3 Articolo 23 h 1/2 p. 6 Carta di Toronto per l'Attività Fisica p. 8 2) Parte teorica. P. 14 2.1) Le patologie e le raccomandazioni OMS p. 14 Le malattie croniche non trasmissibili p. 14 Attività fisica, livelli raccomandati per fasce d’età p. 19 2.2) Autori, documenti, approcci p. 21 Il libro bianco sullo sport p. 21 Desmond Morris p. 25 Bruner e Vygotskij p.27 Carl Rogers p.29 La didattica sostenibile p.33 Ken Hardman p.40 Jean Le Boulch p.44 Albert Bandura p.48 Prochaska e Di Clemente p.52 3) Piano di attività p.58

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1) Introduzione e programma

Definizione del corso Riferimenti culturali, sociali e tecnici dell’educazione al movimento e allo sport finalizzata alla adozione e promozione di stili di vita attivi ed alla prevenzione delle patologie croniche non trasmissibili. Socializzazione attraverso l’attività motoria e sportiva nell’età evolutiva e adulta. Progettazione di piani di attività motoria e sportiva nell’età evolutiva e adulta in diverse tipologie di strutture ed ambienti organizzati e non organizzati.

Obiettivi

Contribuire a disegnare il profilo del laureato come progettista in grado di organizzare e gestire un piano o un progetto di attività preventiva comprendendo i contesti e le variabili inter-­disciplinari inserite in un curricolo longitudinale.

Laureato triennale: si occupa del soggetto nell’ora di attività.

Laureato magistrale:

si occupa del soggetto sempre promuovendo stili di vita attivi nella

quotidianità

Programma

Il corso sarà diviso in due parti, due laboratori e un seminario:

1. nella prima verranno esplicitate, a. le premesse, l’epistemologia, gli aspetti professionalizzanti, le caratteristiche, i riferimenti nazionali e internazionali, le patologie metaboliche, cenni epidemiologici e statistici, azioni in corso a livello internazionale e nazionale

b. con uno studio interdisciplinare focalizzato sulle variabili psicologiche, sociali e ambientali, le teorie e gli approcci applicativi connessi alla motivazione alla pratica delle attività motorie e al cambiamento (rif. Bandura, Bruner, Prochaska e Di Clemente, Le Boulch, Critical Pedagogy e Problematicismo pedagogico, Hardman, la didattica sostenibile, le competenze…).

2. nella seconda verrà affrontata la variabile relativa all’ambiente fisico attraverso la trattazione del tema “Città Attive”.

Nel Laboratorio sui casi verranno discussi casi di singoli o gruppi target di attività motoria preventiva (casi, progetti e reti direttamente implicate nella promozione di stili di vita attivi e nella prevenzione di patologie croniche non trasmissibili).

Nel Laboratorio sulla Città Attiva verrà effettuata un’osservazione nello spazio pubblico finalizzata all’approfondimento delle caratteristiche ambientali che promuovono o rendono difficile l’attività fisica.

Nel Seminario finale gli studenti ammessi sulla base della frequenza alle lezioni esporranno piani e progetti di attività motoria.

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Il seminario è aperto a tutti, potranno tuttavia presentare il loro lavoro solo coloro che avranno raggiunto il 75% delle ore di presenza contate sulle ore precedenti il seminario finale.

Testi consigliati

1) Dispensa fornita dal docente 2) Prati & Pietrantoni (2012). Attivi e sedentari. Il Mulino: Bologna. Durante lo svolgimento del corso verranno fornite indicazioni bibliografiche di approfondimento degli autori e degli argomenti trattati.

Modalità di valutazione

Esame orale che comprende due parti: la presentazione orale da parte dello studente di un piano o progetto di attività con il supporto del file Power Point scaricabile dalla pagina docente;; la discussione di alcune domande relative ai contenuti della dispensa, anch'essa scaricabile dalla pagina docente e del libro Attivi e sedentari. Si vedano le specifiche contenute nella pagina personale del docente.

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Scelta del campo d’azione

Tra le varie definizioni di attività preventiva e, in alcuni casi, compensativa, è stata compiuta una scelta che parte da una riflessione epistemologica.

Epistemologia della disciplina

HEPA LEPA A livello internazionale le attività motorie e fisiche inseribili tra quelle preventive vengono chiamate Health Enhancing Physical Activities;; è interessante notare come il verbo to enhance non abbia una corrispondente esatta traduzione in italiano: la traduzione dovrebbe essere composta dal senso dei verbi aumentare, accrescere, migliorare, potenziare, incrementare. Non è solo un’attività motoria e fisica che incrementa la salute ma la potenzia, ne allarga i confini. Il gioco di parole (HEPA LEPA) che dà il titolo al paragrafo vuole ribadire questo concetto allargandolo ulteriormente: guardando sia gli aspetti connessi con la salute sia quelli connessi con lo stato psicologico e il benessere sociale, sono a proporre la dicitura Life Enhancing Physical Activity ovvero un’attività motoria e fisica che incrementi la qualità della vita in generale e che colga e valorizzi gli aspetti vantaggiosi connessi con l’essere attivi. Una ulteriore annotazione concerne la semplice traduzione del termine Physic con “Fisica”, che pare insufficiente e limitativa in una cultura corporea che assume le valenze complesse del corpo e che non lo determina come oggetto ma come soggetto. Il termine Attività Motoria ci pare maggiormente comprensivo della fenomenologia delle possibilità di espressione del corpo e meno riduttivo sul piano concettuale. Nell’attività motoria preventiva diviene prioritario l’apprendimento di comportamenti (stili di vita, posture, atteggiamenti, gesti, disponibilità, competenze, prestazioni relative) piuttosto che l’apprendimento di abilità (movimenti, prestazioni assolute). L’attività motoria è preventiva nel momento in cui si pone come obiettivo la continuità della pratica del soggetto ottenibile attraverso un intervento, didattico e organizzativo, attento agli atteggiamenti e alle disponibilità che conducono ad una modifica o ad una stabilizzazione dei comportamenti tesi verso stili di vita attivi. In una strutturazione comportamentistica semplice (Stimolo-­Risposta) sarebbe sufficiente dire al soggetto che l’attività “fa bene” (S) per stimolare l’azione motoria (R), ma non è così, in mezzo c’è la motivazione (spesso secondaria) ovvero c’è bisogno di un’azione (educativa) sull’atteggiamento che contribuisce al cambiamento, rafforzamento, stabilizzazione di comportamenti che conducono a stili di vita attivi/preventivi. L’approccio del corso si basa, in sintesi, su tre aspetti professionalizzanti (ovvero principî della disciplina e competenze che si intende implementare nello studente). Il progettista di piani di attività motoria preventiva, oltre ad avere le competenze tecniche specifiche relative alle attività da proporre deve:

• conoscere le principali malattie croniche non trasmissibili e l’azione preventiva dell’attività motoria sulle stesse

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-­ essere in grado di rilevare i livelli motivazionali dei soggetti e dei gruppi con cui opera e adottare strategie didattiche e organizzative adeguate alla situazione;;

-­ conoscere, nella prospettiva di una educazione a stili di vita attivi, gli aspetti ambientali (infrastrutturali e socio familiari) che incidono sulla stessa.

Le ragioni di questa scelta di ordine culturale risiedono nella necessità di conoscere l’oggetto e i soggetti della professione, nella pregnanza dell’attualità professionale in relazione ai dati epidemiologici e sulla sedentarietà (Censis, Istat), nell’ampiezza dei riferimenti culturali;;, nell’integrazione con Pedagogia delle età della vita, nella sempre maggiore incidenza dei contesti ambientali sulla pratica motoria. In merito a quest’ultimo punto si sottolinea il particolare approccio integrato che presta attenzione alle determinanti ambientali della pratica dell’attività motoria preventiva. Se gli stili di vita sono legati, come sosteniamo, ai gesti della vita quotidiana, allora il laureato magistrale deve essere consapevole, nella strutturazione di un piano di attività, degli elementi dell’ambiente fisico determinanti nella pratica: marciapiedi, spazi verdi, piste ciclabili divengono elementi di studio su cui esplicitare parte del proprio sapere. L’agire didattico e organizzativo deve pertanto tenere presenti le differenze tra alcune coppie concettuali, tra cui: motivazione demotivazione significatività meccanicità gesto movimento prassie esercizi facilitazione impedimento accessibilità camminabilità inaccessibilità ciclabilità sostenibilità insostenibilità ed alcune parole chiave, tra cui ambiente, comportamento, cambiamento, intenzionalità. Altre Facoltà la intendono come compendio delle attività utili a prevenire o compensare alterazioni morfologiche (turbe psicomotorie, para e dis-­morfismi, posturali), attraverso attività psicomotorie e chinesiterapiche, e nell’accezione delle precauzioni da mettere in atto nella pratica sportiva o delle attività sportive preventive o terapeutiche.

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‘23 and 1/2 h’ goes viral: top 10 learnings about making a health message that people give

British Journal of Sports Medicine bjsm.bmj.com Br J Sports Med 2012;;46:461-­462 doi:10.1136/bjsports-­2012-­091113 Michael F Evans In my day job as a Family Physician, I often wonder, ‘Is this bacterial or viral?’ In my other job, where I try to innovate on how to engage patients in more meaningful ways, my question is slightly different: ‘How can we make this viral instead of bacterial?’ A Healthy Virus ‘23 ó hours: what is the single most important thing you can do for your health?’1 (referred to as ‘23.5’ below and figure 1) is a video I posted on YouTube in December 2011. My objective in making the video was twofold: 1) to experiment in creating a new way of engaging patients about their health and 2) to answer what is the most important thing we can do for our health? I am a family doctor, not a sports medicine expert, so I was intrigued that my answer is exercise. I was intrigued as activity is something I ask my patients about but it is not something I have systematically assessed and counselled upon in my practice in the same way as other clinical problems such as blood pressure or cholesterol. Like any good virus, my primary objective was spread. At the time of writing (22 February 2012) 23.5 has had 2 million people sit down and view it, has averaged about 25 000 views a day, generated over 1000 comments and has been ‘liked’ by over 16 000 people (and ‘disliked’ by 190). It has already been translated by the ‘community’ into Spanish and …

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2) Parte teorica

2.1) Le patologie e le raccomandazioni OMS

Le malattie croniche non trasmissibili: la sfida del secolo1 All’inizio di questo secolo è apparso chiaro a chi si occupa di salute a livello planetario, l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS)1, che poche situazioni patologiche concentrano il maggior carico di malattia e determinano la maggior parte della mortalità in Europa. Oggigiorno si usa sempre più spesso misurare il carico di malattia su una società attraverso il DALY, che dall’inglese sta per “anni di vita corretti per disabilità”. Originariamente sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a metà degli anni novanta, il DALY si usa per fare a):confronti fra diverse popolazioni in uno stesso momento ma anche b): nella stessa popolazione in momenti diversi e al passare degli anni. Come dice l’OMS, il DALY può essere pensato come un anno perso di vita “sana”. Per esempio, se l’aspettativa di vita di un uomo in Italia oggi è di 78 anni, per un soggetto che muore a 60 anni in seguito alle conseguenze di un infarto, calcoliamo che abbia perso già 18 anni (78-­60) e in più alcuni altri anni, per esempio 3, legati alla disabilità che è seguita all’infarto: il DALY sarebbe quindi 21 (18+3). La somma dei DALY di tutta la popolazione, chiamato “carico di malattia”, può essere quindi pensato come una misura del divario tra l'attuale stato di salute e una situazione ideale in cui l'intera popolazione vive fino all’età avanzata, senza malattia e disabilità. Un’altra maniera di apprezzare la gravità delle malattie è la mortalità. E’ intuitivo che se una certa malattia è responsabile del 5% dei decessi nel nostro Paese, significa che costituisce la causa di morte principale di 25.000 italiani ogni anno (25.000 è il 5% di 500.000,che è grossolanamente il numero di morti all’anno). Per esempio, le malattie cardio-­vascolari sono la causa del 23% del carico globale di malattia e del 52% dei decessi. Conoscendo le definizioni e guardando queste cifre rimangono pochi dubbi sul fatto che le malattie cardio-­vascolari siano il problema principale di salute del nostro continente. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS, o World Health Organization, WHO in inglese) è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite per la salute, fondata il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra. L’OMS si occupa di salute a livello planetario. L'obiettivo dell'OMS è il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del livello più alto possibile di salute, definita come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità.

1 Tratto da http.//malpighi.altervista.org/agarulli/downloads/lezione%201-­%20MCNT.doc (7/01/11)

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ll peso delle MCNT e dei loro determinanti La tabella sotto, pubblicata dall’OMS nel 2005, riassume la situazione dell’Europa dal punto di vista del carico di malattia e della mortalità per singolo gruppo di cause. Tabella 1 La prima importante constatazione è che il 75% del carico di malattie e l’86% della mortalità è provocato dalle malattie croniche non trasmissibili. I costi sono elevatissimi: 70-­80% del budget totale che i Paesi europei spendono per la salute, con aggravi difficilmente quantificabili anche per le tasche delle singole famiglie che impiegano importanti risorse per la cura e le attenzioni ai loro malati. In particolare, oltre il 60% del carico di malattia e di morti è provocato assieme alle malattie cardio-­vascolari, dai tumori, dal diabete e poche altre condizioni. I determinanti principali di tali condizioni sono prevalentemente: l’ipertensione, il fumo di sigaretta, il consumo di alcol, l’ipercolesterolemia, il sovrappeso, lo scarso consumo di frutta e verdura e l’inattività fisica. Nella tabella successiva, del Ministero della Salute, sono riportati anche il peso di ciascuno di questi fattori di rischio sul carico di malattia e sulla mortalità.

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Tabella 2

Fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali E’ importante ricordare che l’attività fisica procura benefici effetti, ben evidenziati scientificamente, sui seguenti fattori di rischio : ipertensione, ipercolesterolemia soprappeso/obesità

Le previsioni per l’andamento delle MCNT I dati sull’andamento delle MCNT, già molto allarmanti, sono destinati a peggiorare per diverse ragioni, fra le quali, per esempio, la tendenza all’aumento dell’inattività fisica, l’aumento epidemico di sovrappeso e obesità e l’aumento dell’aspettativa di vita: vivendo di più aumenta la probabilità di sviluppare tumori e malattie cardiovascolari. Per il primo aspetto, recentemente un’indagine chiamata “OKkio alla Salute”, sulle abitudini alimentari e sull’attività fisica dei bambini delle scuole primarie, ha pesato e misurato 45.590 alunni delle scuole terze primarie elementari in 18 regioni italiane. E’ emerso che il 12,3% dei bambini è obeso, mentre il 23,6% è in sovrappeso: più di 1 bambino su 3, quindi, ha un peso superiore a quello che dovrebbe avere per la sua età;; ciò fa temere proporzioni del problema assai preoccupanti quando, fra 10 anni, questi bambini diventeranno adulti. Fra questi bimbi solo 1 su 10 fa attività fisica in modo adeguato per la sua età e il 23% sembra che non consumi quotidianamente frutta e verdura. Non più di qualche anno fa quindi ci si è resi conto in maniera evidente che la maggior parte dei problemi che minano la durata e la qualità della vita in Europa (e non solo) sono determinati da “fattori di rischio” prevenibili, sostanzialmente attraverso la modifica dei nostri stili di vita. Lo schema dell’OMS, tabella 3, rende questa idea molto chiara.

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Tabella 3

Questi fattori di rischio:

- interagiscono fra di loro per provocare una o l’altra delle MCNT e ognuna di queste malattie :

- vede diversamente associati nella sua eziologia diversi fattori di rischio. L’OMS fa notare che questi fattori di rischio (il sovrappeso e il fumo, per esempio) tendono ad essere associati ed a esercitare la loro azione nefasta sulle classi socio-­economiche più svantaggiate. Inoltre le MCNT tendono ad associarsi nelle persone, soprattutto con il crescere dell’età. Per esempio, almeno il 35% degli uomini oltre 60 anni ha 2 o più MCNT. Piuttosto che di farmaci che rivoluzionino la prognosi delle MCNT, abbiamo bisogno di cambiare il modo in cui viviamo e, come abbiamo visto, cominciando in giovane età visto che i fattori di rischio si manifestano in proporzioni impressionanti anche in età pre-­adolescenziale, ma anche molto prima, in età infantile e durante la gravidanza. Per esempio, una delle misure più efficaci di prevenire il sovrappeso e l’obesità è l’allattamento al seno esclusivo del bambino fino ai 6 mesi. Come vincere la sfida contro le MCNT: il ruolo dei governi e dei singoli La sfida del secolo non è facile. Per vincerla cambiando i nostri stili di vita dobbiamo modificare i nostri rapporti con l’ambiente, acquisendo e facendo acquisire a tutti opportunità reali di modificare i fattori di rischio per le MCNT. In questo consiste la sfida: a livello governativo ma anche a livello individuale. I governi hanno cominciato e continueranno a modificare leggi e norme per favorire stili di vita più adeguati, che hanno mostrato negli anni passati risultati molto incoraggianti, ma è anche necessario un cambiamento più profondo per combattere le MCNT. Secondo l’Organizzazione per lo Sviluppo della Cooperazione Economica (OECD), che riunisce una cinquantina fra i Paesi più ricchi del mondo, in media tali Paesi spendono il 3% del loro budget per programmi nazionali di prevenzione e promozione della salute, quota sproporzionata al peso che fattori influenzabili da queste attività hanno sul carico di

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malattie degli stessi Paesi, fra il 60 e l’80%. I servizi sanitari dei nostri Paesi sono ancora prevalentemente orientati alla cura e non alla prevenzione o promozione. E’ necessario arrivare a mettere in atto strategie integrate, intersettoriali e multifattoriali, che agiscano a livello di popolazione ma anche del singolo, promuovendo la salute di tutti e prevenendo i fattori di rischio dei singoli individui attraverso programmi di prevenzione specifici. La promozione della salute, cioè il processo che mette nelle condizioni le persone di migliorare il controllo sui fattori che determinano la loro salute e quindi di migliorare la salute stessa, gioca un ruolo vitale nel controllo delle MCNT.

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Attività fisica, ecco i livelli raccomandati per le fasce di età2 Le caratteristiche delle raccomandazioni L'OMS ha pubblicato le Global recommendations on physical activity for health. Questo documento indica i livelli di attività fisica raccomandati per la salute nelle fasce d'età 5-­17 anni, 18-­64 anni e over65. Le raccomandazioni sono orientate alla prevenzione primaria delle malattie cardiorespiratorie, metaboliche, muscolo-­scheletriche, tumorali e dei disturbi depressivi. Le raccomandazioni si rivolgono principalmente ai decisori e vogliono essere uno strumento di orientamento per le politiche nazionali di sanità pubblica. I livelli di attività fisica raccomandati dall'OMS sono formulati sulla base dei seguenti parametri: -­ Tipo (quale attività fisica). E' la modalità di partecipazione all'attività fisica. Il tipo di attività fisica può assumere molte forme: aerobica, di forza, di flessibilità e di equilibrio corporeo. -­ Durata (per quanto tempo). Il periodo di tempo in cui l'attività o l'esercizio viene eseguito. La durata è generalmente espressa in minuti. -­ Frequenza (quante volte). Il numero di volte che l'esercizio o l'attività è svolto. La frequenza è generalmente espressa in sessioni, momenti o incontri a settimana. -­ Intensità (quanta fatica). L'intensità si riferisce alla velocità con cui l'attività è eseguita o all'entità dello sforzo richiesto per svolgere l'attività o l'esercizio. -­ Volume (quanta attività fisica in totale). La pratica di esercizio aerobico può essere caratterizzata da un'interazione di attività di diversa intensità, frequenza e durata. Il prodotto di queste caratteristiche può essere pensato come il volume. -­ Attività fisica di moderata intensità. Su una scala assoluta, l'intensità moderata si riferisce all'attività che viene eseguita da 3,0 a 5,9 volte l'intensità di uno stato di riposo. Su una scala riferita alla capacità funzionale di un individuo, l'attività fisica di moderata intensità è di solito riferita alla pratica di 5 o 6 volte su una scala da 0 a 10. -­ Attività fisica di vigorosa intensità. Su una scala assoluta, l'intensità vigorosa si riferisce all'attività che viene eseguita da 6.0 o più volte l'intensità di uno stato di riposo per gli adulti e da 7.0 o più volte per bambini e giovani. Su una scala riferita alla capacità funzionale di un individuo, l'attività fisica di vigorosa intensità è di solito riferita alla pratica di 7 o 8 su una scala da 0-­10. -­ Attività fisica aerobica. L'attività aerobica, chiamata anche attività di resistenza, migliora le funzioni cardiorespiratorie. Esempi di attività fisica aerobica sono: camminare a ritmo sostenuto, correre, andare in bicicletta, saltare la corda, nuotare. Le raccomandazioni per fascia d’età I livelli di attività fisica raccomandati per i bambini e i ragazzi di età compresa fra i 5 e i 17 anni 1. Bambini e ragazzi di età compresa fra i 5 e i 17 anni dovrebbero compiere giornalmente almeno 60 minuti di attività fisica di intensità variabile fra moderata e vigorosa. 2. Lo svolgimento di attività fisica superiore ai 60 minuti fornisce ulteriori benefici per la salute. 3. La maggior parte dell'attività fisica quotidiana dovrebbe essere aerobica. Attività di intensità vigorosa, che comprendano quelle che rafforzano muscoli e ossa, dovrebbero essere previste, almeno tre volte la settimana.

2 Tratto il 07/01/2011 da http://www.dors.it/vs.php?idcm=3336, Marina Penasso, Alessandra Suglia - DoRS

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4. Le attività da proporre a bambini e ragazzi dovrebbero supportare il naturale sviluppo fisico, essere divertenti e svolte in condizioni di sicurezza. I livelli di attività fisica raccomandati per gli adulti di età compresa fra i 18 e i 64 anni 1. Gli adulti di età compresa fra i 18 e i 64 anni dovrebbero fare almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica aerobica di moderata intensità attraverso o fare almeno 75 minuti a settimana di attività fisica aerobica vigorosa o una combinazione equivalente di attività fisica moderata e vigorosa. 2. L'attività aerobica dovrebbe essere eseguita in sessioni della durata di almeno 10 minuti. 3. Per avere ulteriori benefici per la salute gli adulti dovrebbero aumentare la loro attività fisica aerobica di intensità moderata a 300 minuti per settimana, o impegnarsi in 150 minuti per settimana di attività fisica aerobica di intensità vigorosa. 4.Le attività di rafforzamento muscolare dovrebbero essere fatte due o più giorni alla settimana includendo il maggior numero di gruppi di muscoli. I livelli di attività fisica raccomandati per gli adulti over65 anni 1. Gli adulti over65 anni dovrebbero fare almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica aerobica di moderata intensità o fare almeno 75 minuti di attività fisica aerobica con intensità vigorosa ogni settimana o una combinazione equivalente di attività con intensità moderata e vigorosa. 2. L'attività aerobica dovrebbe essere pratica in sessioni della durata di almeno 10 minuti. 3. Per avere ulteriori benefici per la salute gli over65 anni dovrebbero aumentare la loro attività fisica aerobica di intensità moderata a 300 minuti per settimana, o impegnarsi in 150 minuti di attività fisica aerobica di intensità vigorosa ogni settimana, o una combinazione equivalente di attività fisica di intensità moderata e vigorosa. 4. Gli adulti di questa fascia di età, con una mobilità scarsa, dovrebbero svolgere attività fisica per tre o più giorni alla settimana al fine di migliorare l'equilibrio e prevenire le cadute. 5. Le attività di rafforzamento muscolare dovrebbero essere fatte due o più giorni alla settimana includendo il maggior numero di gruppi di muscoli. 6. Quando gli adulti di questa fascia di età non possono seguire totalmente il livello previsto raccomandato di attività fisica, a causa delle loro condizioni di salute, essi dovrebbero adottare uno stile di vita attivo adeguato alle loro capacità e condizioni. In appendice alla pubblicazione dell'OMS si possono consultare esempi di messaggi, formulati ad hoc da alcuni Enti internazionali, per la promozione dell'attività fisica nelle diverse fasce d'età.

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2.2) Autori, documenti, approcci

Il libro bianco sullo sport

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE Bruxelles, 11.07.2007

(estratto) 1. INTRODUZIONE "Lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata." – Pierre de Coubertin (1) Lo sport (2 importante, leggere nota) è un fenomeno sociale ed economico d’importanza crescente che contribuisce in modo significativo agli obiettivi strategici di solidarietà e prosperità perseguiti dall’Unione europea. L’ideale olimpico dello sviluppo dello sport per promuovere la pace e la comprensione fra le nazioni e le culture e l’istruzione dei giovani è nato in Europa ed è stato promosso dal Comitato olimpico internazionale e dai comitati olimpici europei. Lo sport ha una forte attrattiva per i cittadini europei, la maggioranza dei quali pratica con regolarità un’attività sportiva. Esso è anche fonte di valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e la correttezza e contribuisce così allo sviluppo e alla realizzazione personali. Lo sport inoltre promuove il contributo attivo dei cittadini dell’UE alla società, aiutando in tal modo a rafforzare la cittadinanza attiva. La Commissione riconosce il ruolo essenziale dello sport nella società europea, particolarmente in questa fase in cui deve avvicinarsi maggiormente ai cittadini e affrontare i problemi che li interessano da vicino. Anche lo sport però si trova ad affrontare le nuove minacce e sfide emerse nella società europea, come la pressione commerciale, lo sfruttamento dei giovani giocatori, il doping, il razzismo, la violenza, la corruzione e il riciclaggio del denaro. L’iniziativa qui presentata segna la prima volta in cui la Commissione si occupa in modo così ampio delle questioni legate allo sport. Il suo obiettivo complessivo è dare un orientamento strategico sul ruolo dello sport in Europa, incoraggiare il dibattito su alcuni problemi specifici, migliorare la visibilità dello sport nel processo decisionale europeo e sensibilizzare il pubblico in merito alle esigenze e alle specificità del settore. L’iniziativa intende anche occuparsi di questioni importanti come l’applicazione del diritto dell’UE allo sport, e cerca di definire ulteriori azioni riguardanti lo sport a livello europeo. Questo Libro bianco non parte da zero. Lo sport è soggetto all’applicazione dell’acquis comunitario, e le politiche europee realizzate in diversi settori hanno già un impatto considerevole e crescente sullo sport. Il ruolo importante dello sport nella società europea e la sua natura specifica sono stati riconosciuti nel dicembre 2000 dalla dichiarazione del Consiglio europeo sulle caratteristiche specifiche dello sport e la sua funzione sociale in Europa, di cui si dovrebbe tener conto nell’attuazione delle politiche comuni (“dichiarazione di Nizza”). Essa precisa che le organizzazioni sportive e gli Stati membri hanno una responsabilità di primo piano nel gestire le questioni relative allo sport, con un ruolo centrale per le federazioni sportive, e chiarisce che le organizzazioni sportive devono onorare il proprio compito di organizzare e promuovere i loro sport “nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie”. Allo stesso tempo, essa riconosce che, “Nell’azione che esplica in applicazione delle differenti disposizioni del trattato, la Comunità deve tener conto, anche se non dispone di competenze dirette in questo settore, delle funzioni sociali, educative e culturali dello sport, che ne costituiscono la specificità, al fine di rispettare e di promuovere l’etica e la

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solidarietà necessarie a preservarne il ruolo sociale”. Le istituzioni europee hanno riconosciuto la specificità del ruolo svolto dallo sport nella società europea, mediante strutture gestite dal volontariato, in termini di salute, istruzione, integrazione sociale e cultura. Il Parlamento europeo ha seguito con vivo interesse le diverse sfide che lo sport europeo si trova ad affrontare, e si è occupato regolarmente di questioni sportive nel corso degli ultimi anni. Durante la preparazione di questo Libro bianco, la Commissione ha tenuto numerose consultazioni con le parti interessate del settore dello sport sulle questioni d’interesse comune, e ha avviato una consultazione on-­line. Queste iniziative hanno mostrato come vi siano considerevoli aspettative riguardo al ruolo dello sport in Europa e all’azione dell’UE in questo settore. Il Libro bianco si concentra sul ruolo sociale dello sport, sulla sua dimensione economica e la sua organizzazione in Europa, nonché sul seguito che sarà dato all’iniziativa. Le proposte concrete per l’azione ulteriore dell’UE sono raccolte in un piano d’azione intitolato a Pierre de Coubertin, in cui si espongono le attività che saranno realizzate o sostenute dalla Commissione. Un documento di lavoro dei servizi della Commissione illustra poi i precedenti e il contesto delle proposte, con allegati sullo sport e le norme dell’UE in materia di concorrenza, sullo sport e le libertà del mercato interno, e sulle consultazioni con le parti interessate. 2. IL RUOLO SOCIALE DELLO SPORT Lo sport è una sfera dell’attività umana che interessa in modo particolare i cittadini dell’Unione europea e ha un potenziale enorme di riunire e raggiungere tutti, indipendentemente dall’età o dall’origine sociale. Secondo un sondaggio Eurobarometro (3) del novembre 20043, il 60% circa dei cittadini europei partecipa in modo regolare ad attività sportive, in modo autonomo o inquadrato in una delle 700 000 società sportive esistenti, le quali a propria volta fanno capo a tutta una serie di associazioni e federazioni. La maggior parte delle attività sportive si svolge in strutture amatoriali. Lo sport professionistico ha un’importanza crescente e contribuisce anch’esso al ruolo sociale dello sport. Oltre a migliorare la salute dei cittadini europei, lo sport ha una dimensione educativa e svolge un ruolo sociale, culturale e ricreativo, e il suo ruolo sociale può anche rafforzare le relazioni esterne dell’Unione. 2.1 Migliorare la salute pubblica attraverso l’attività fisica La mancanza d’attività fisica aumenta la frequenza dei casi di sovrappeso e obesità e di una serie di disturbi cronici come le malattie cardiovascolari e il diabete, che riducono la qualità della vita, mettono a rischio la vita delle persone e rappresentano un onere per i bilanci sanitari e per l’economia. Il Libro bianco della Commissione “Una strategia europea per i problemi di salute legati all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità” (4) sottolinea l’importanza di adottare misure preventive e dinamiche per arrestare il calo dell’attività fisica, e le azioni relative all’attività fisica suggerite nei due Libri bianchi si integreranno a vicenda. Come strumento finalizzato all’attività fisica a vantaggio della salute, il movimento sportivo ha più influenza di qualsiasi altro: lo sport infatti attira l’attenzione della gente e ha un’immagine positiva. L’indubbia capacità del movimento sportivo di favorire l’attività fisica a vantaggio della salute però rimane spesso sottoutilizzata, e necessita di essere sviluppata.

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L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda un minimo di 30 minuti di attività fisica moderata (che include ma non si limita allo sport) al giorno per gli adulti e di 60 minuti per i bambini. Le autorità pubbliche e le organizzazioni private degli Stati membri dovrebbero tutte contribuire al raggiungimento di quest’obiettivo, ma gli studi più recenti mostrano in genere l’assenza di progressi degni di nota. Ecco di seguito alcune proposte contenute nel piano d’azione De Coubertin: 1) La Commissione propone di elaborare insieme agli Stati membri nuovi orientamenti sull’attività fisica prima della fine del 2008. Essa raccomanda di rafforzare la cooperazione a livello ministeriale tra i settori della salute, dell’istruzione e dello sport negli Stati membri, per definire ed attuare strategie coerenti volte a ridurre il sovrappeso, l’obesità e gli altri rischi per la salute. In questo contesto, la Commissione incoraggia gli Stati membri ad esaminare come promuovere il concetto di vita attiva tramite i sistemi nazionali d’istruzione e formazione, compresa la formazione degli insegnanti. Per l’Italia possiamo qui citare, ad esempio, il progetto “Guadagnare salute” del MIUR.3 Le organizzazioni sportive sono incoraggiate, in ragione del loro potenziale per quanto riguarda l’attività fisica a vantaggio della salute, a intraprendere attività a tal fine. La Commissione faciliterà lo scambio di informazioni e buone pratiche, in particolare relativamente ai giovani, rivolgendo un’attenzione particolare al livello di base. 2) La Commissione sosterrà una rete europea di Attività fisica a vantaggio della salute (attività cosiddetta AFVS o HEPA: Health-­Enhancing Physical Activity) e, se del caso, reti più piccole e mirate che si occuperanno degli aspetti specifici dell’argomento. 3) La Commissione farà dell’attività fisica a vantaggio della salute un punto di riferimento delle sue attività relative allo sport e cercherà di tenere meglio conto di questa priorità negli strumenti finanziari pertinenti, che includono: • il Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (aspetti della salute connessi con lo stile di vita);; • il programma di sanità pubblica 2007-­2013;; • i programmi Gioventù e Cittadinanza (cooperazione tra organizzazioni sportive, scuole, società civile, genitori e altri soggetti a livello locale);; • il programma di apprendimento permanente (formazione degli insegnanti e cooperazione tra scuole). 1 Pierre de Coubertin (1863-­1937), pedagogo e storico francese, fondatore dei Giochi olimpici moderni. 2 Per chiarezza e semplicità, questo Libro bianco utilizza la definizione di “sport” stabilita dal Consiglio d’Europa: “qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata o meno, abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, lo sviluppo delle relazioni sociali o il conseguimento di risultati nel corso di competizioni a tutti i livelli”. 3 Speciale Eurobarometro (2004): I cittadini dell’Unione europea e lo sport. 4 COM(2007)279 def. del 30.5.2007.

3 http://www.ministerosalute.it/stiliVita/stiliVita.jsp

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Desmond Morris (La Repubblica 10-­04-­08)

Perché l' uomo potrebbe essere immortale

SE L' IMMORTALITÀ È ALLA PORTATA DELL' UOMO QUALCHE anno fa ho tenuto la mano che porse a Vincent van Gogh i colori da lui usati per creare i suoi più grandi capolavori. Mi trovavo alla festa per il centoventunesimo compleanno di Madame Jeanne Calment, ufficialmente la persona più longeva che sia mai esistita. Da adolescente lavorava nel laboratorio di suo padre ad Arles, nel sud della Francia. Vincent entrò nella bottega per acquistare dei colori, e lei non fu molto contenta di aiutarlo, mi ha detto, perché era "brutto come il peccato, aveva un carattere terribile e odorava di alcol". Eppure, da brava figlia, prese il suo denaro e gli consegnò i colori con cui avrebbe creato i Girasoli e molte delle sue opere più famose. Mi trovavo al suo compleanno perché volevo cercare di capire come un essere umano potesse vivere così a lungo. Lei mi rispose che era tutto merito della sua calma. "È per questo che mi chiamano Calment", disse con una risatina, mentre un lampo le attraversava gli occhi, ormai quasi privi della vista. Ma sotto c'era dell'altro, e dal medico della donna venni a sapere che -­ sorprendentemente -­ questa non era stata malata nemmeno un giorno in tutta la sua vita. Chissà che sistema immunitario aveva! L'aveva protetta da ogni virus. Se solo la scienza medica avesse potuto estrarne l'essenza, e iniettarla a tutti. Oltre ad essere geneticamente privilegiata grazie a questo straordinario meccanismo di difesa, la donna aveva inoltre mantenuto, per indole, un atteggiamento positivo nei confronti della vita e un irreprimibile senso dell'umorismo. In particolare, la divertiva il fatto di aver inciso il suo primo disco -­ un funk-­rap intitolato Mistress of Time -­ all'età di 120 anni. Vale la pena domandarsi, in questi tempi di salutismo e diete scrupolosamente bilanciate, di regimi di fitness e ginnastica, quale fosse lo stile di vita adottato dalla fantastica Madame Calment. La risposta è sorprendente: la signora era una buongustaia che amava l'alcol, le sigarette, la cioccolata e i dolci. Oltre ad essere golosa, amava il vino rosso di modesta qualità, il fegato d'oca e un sostanzioso stufato tipico delle sue parti. Quando compì i 117 anni i dottori le suggerirono di non bere più porto, e provarono a farle smettere di fumare. In qualche modo lei però riuscì a ingannarli, e l'anno successivo fu colta da un fotografo mentre si godeva una sigaretta. Feci presente al suo medico che iniziare ad interferire con i suoi piccoli piaceri, che ovviamente le erano stati d'aiuto, era una cattiveria. Lui rispose che non intendeva dissuaderla da bere, ma solo di convincerla -­ adesso che era diventata un "tesoro nazionale", a bere del vino rosso che fosse più costoso e pregiato. Jeanne Calment morì un anno dopo (aveva forse risentito della mancanza di quel vino rustico che per tanti anni aveva bevuto), e benché non la incontrai più dopo quella prima volta, penso spesso a lei. Soprattutto adesso che sono entrato in quella fase della vita che il mio amico e quasi coetaneo Sir David Attenborough chiama scherzando "i tempi supplementari". Non è che io pensi con terrore alla morte. Semplicemente, mentre le devastazioni dell'invecchiamento si fanno più difficili da ignorare, mi domando quale sia il modo migliore per adattarsi a tale realtà. Un quarto di secolo scrissi un libro sull'invecchiamento, e adesso che ho ottanta anni rimpiango di averlo fatto, perché con il passare del tempo ho imparato a conoscere sin troppo bene il declino fisico del corpo umano. Al pari degli altri animali, il nostro decadimento appare inevitabile. Invecchiando, la funzionalità del rinnovamento cellulare diminuisce e i nostri corpi si fanno più deboli -­ sino a quando alla fine accade qualcosa a cui non possiamo opporre sufficiente resistenza, e moriamo. La morte non ha nulla di misterioso, è semplicemente un modo per far sì che ciascuna specie si mantenga geneticamente flessibile. Ciascuno di noi è il temporaneo depositario di geni immortali: noi ci esauriamo, ma loro perdurano -­ attraverso i nostri figli. In questo modo

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ogni generazione assiste ad un rimescolarsi di geni da cui emergono continuamente nuove combinazioni, e questo rende la nostra specie capace di adattarsi a condizioni mutevoli. Quel che è peggio è che il processo di logoramento non è uguale per tutti. In alcuni, il cervello è il primo a partire. Quando incontrai Iris Murdoch per l'ultima volta, il suo corpo appariva in forma, ma lei non aveva idea di dove si trovasse o di che anno fosse. Per altri il declino inizia dal corpo, mentre il cervello resta vigile, e si risente amaramente del fatto di non riuscire più ad ordinare alle gambe di correre o saltare. Io appartengo a questa seconda categoria. Il mio fisico inizia a perdere colpi, ma continuo a lavorare sino alle tre o alle quattro del mattino. Ma se la società cambiasse il proprio atteggiamento nei confronti dell'invecchiamento, gli individui dovrebbero fare altrettanto. L'esempio di Madame Calment ci indica alcuni importanti insegnamenti: il primo, e più importante, deriva dal fatto che senza preoccuparsi della propria salute lei abbia vissuto più a lungo di chiunque altro. Sino a quando i medici l'avvicinarono, negli ultimi anni, non credo si sia mai interessata della propria salute. Mangiava cibi sostanziosi che le piacevano, beveva del vino economico che le piaceva, fumava sigarette forti che le piacevano e -­ come diceva lei -­ manteneva la calma. Se si fosse preoccupata della propria salute e avesse fatto qualcosa per migliorarla, l'ansia causata dal fomentare il timore di possibili malori avrebbe ridotto l'efficacia del suo sistema immunitario, e forse avrebbe risentito degli acciacchi che affliggono così tante persone. Un altro punto importante è che non si sottoponeva ad alcuna attività fisica estrema, ma ne coltivava diverse di tipo moderato. A cento anni ancora andava in bici. Conducendo una ricerca sulle abitudini di coloro che hanno raggiunto e superato i cento anni ho scoperto che tutto ciò vale per la maggior parte di loro: quasi tutti seguono regolarmente una qualche attività fisica moderata che li mantiene attivi. Pedalare, camminare e fare del giardinaggio sono tra le più diffuse -­ e fatte non per tenersi in forma, ma per proprio piacere. E, al pari di Madame Calment, quasi tutti conservavano ironia, senso dell'umorismo e buonumore. Sorprende il fatto che Jeanne Calment non fosse la sola, tra queste persone longeve, a nutrire un amore per le sigarette. E' forse terribilmente ingiusto, ma pare che esista un gene che protegge alcuni individui dai danni che derivano dall'avere i polmoni pieni di fumo. Inoltre, le persone longeve da me studiate amano mangiare e bere. Pare dunque che per assicurarsi una vita insolitamente longeva sia necessario mangiare e bere ciò che si ama, mantenersi il più possibile attivi, provare un vivace interesse verso il mondo che ci circonda, evitare l'introspezione e -­ soprattutto -­ non sprecare tempo a preoccuparsi della propria salute. Coloro che seguono le diete del momento, i pigri, chi è patologicamente annoiato e i maniaci della salute sembrano tutti destinati a morire prima. E in base all'osservazione degli individui che hanno superato il secolo di vita, appare consigliabile evitare i regimi salutistici. Spesso osservo il volto degli individui che praticano jogging, per vedere se sono tristi o infelici. I corridori felici -­ quelli che procedono a velocità moderata e si godono il piacere di stare all'aria aperta e lontani dalla scrivania -­ sono sulla giusta via. Si tengono in movimento, senza ansia. Farebbero meglio (almeno per le loro ginocchia) a dedicarsi a lunghe passeggiate, ma intanto rientrano nella categoria di persone "regolarmente attive" che sembra conciliarsi con una vita più lunga. Invece, quei corridori che ti passano accanto con il volto straziato, ripetendo a se stessi "devo stare in forma, devo stare in forma", probabilmente riducono le loro probabilità di una vita longeva. I pigri si trovano all'estremo opposto. Il segreto sta nella moderazione. Un'altra fonte di ansia, nociva alla salute, è quella provata da coloro che seguono le diete del momento. Per quanto riguarda l'atteggiamento dell'uomo nei confronti del cibo, esistono tre verità: la prima riconosce che ci siamo evoluti in quanto onnivori, riuscendo là dove altri avevano fallito perché consumiamo un'ampia varietà di cibi. Uno dei motivi per cui oggi viviamo più a lungo è che gli scaffali dei supermercati offrono una sorprendente varietà di cibi provenienti da tutto il mondo. La seconda verità, che rende ogni dieta superflua, è che più si mangia più si

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ingrassa, e meno mangia più si dimagrisice -­ fine della storia. Ma che si mangi di più per ingrassare o di meno per dimagrire, è comunque importante consumare una gamma di cibi il più possibile varia. L'ultima verità sul cibo è che bisognerebbe godersi ciò che si mangia, e rilassarsi mentre lo si consuma. Velocità e ansia rovinano la digestione. Si direbbe che mangiare, bere ed essere felice garantiscano delle buone possibilità condurre una vita non piacevole -­ ma anche lunga. Un giorno potrebbe esistere un modo addirittura migliore per aumentare le nostre probabilità di vittoria contro la Vecchia Signora con la Falce. Malgrado il vecchio motto sulla morte e le tasse, la morte di inevitabile non ha nulla. Se potessimo trovare il modo di interferire geneticamente con l'imperativo biologico che ingiunge al nostro meccanismo di rinnovamento cellulare di diventare progressivamente meno efficace potremmo, in teoria, vivere per sempre -­ a patto di non farci investire da un autobus. Tale scoperta creerebbe un'esplosione demografica tale da far apparire insulso in confronto il problema del riscaldamento globale. Saremmo obbligati a rilasciare dei permessi per procreare, in modo da permettere nuove nascite solo dopo che si è verificato un incidente fatale. E' improbabile che nell'immediato futuro la manipolazione genetica abbia raggiunto livelli tali da permetterci di raggirare la morte -­ e di certo non accadrà nel corso della mia esistenza. Quel che voglio dire non è che dovrebbe succedere, ma che potrebbe. I progressi della medicina sono talmente rapidi che ciò che oggi pùo sembrarci fantascienza nel giro di qualche decennio potrebbe diventare un fatto acquisito. Benché sia impossibile prevedere in quale modo un scoperta futura potrà ripercuotersi sulle persone che nascono oggi, possiamo supporre che in un futuro non troppo lontano persone come Madame Calment saranno molto più comuni. Due anni fa, sotto l'abbagliante sole del deserto della Namibia, notai improvvisamente di essere l'unica persona a non indossare gli occhiali da sole. L'età aveva oscurato le lenti dei miei occhi, e tornato a casa mi sottoposi ad un intervento per sostituire le lenti vecchie e offuscate con altre, artificiali. Adesso ho di nuovo gli occhi di un giovanotto, e il mondo è tornato bello e luminoso. Tornato per una visita di controllo, ho chiesto al chirurgo che mi aveva dato gli occhi nuovi se magari non fosse in grado di trapiantare tutto il corpo. Se solo il mio cervello potesse essere inserito nel cranio di un giovane morto per trauma cranico ma sano sotto ogni altro punto di vista, potrei ricominciare da capo e godermi un altro po' di vita su questo nostro piccolo, affascinante pianeta. Il chirurgo ha sorriso: "Non ancora". Già, non ancora. Ma un giorno, forse. (Traduzione di Marzia Porta) Copyright Daily Mail

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Bruner e Vygotskij Jerome S. Bruner (New York, 1 ottobre 1915) è uno psicologo statunitense che ha contribuito allo sviluppo della psicologia cognitiva nel campo della psicologia dell'educazione. In estrema sintesi, possiamo affermare che il lavoro di Bruner ha grande rilevanza nelle attuali scienze dell’educazione per alcuni concetti e idee chiave: -­ il tema della distinzione tra i due tipi di pensiero, paradigmatico e narrativo;; il primo, logico-­scientifico, “persegue l’ideale di un sistema descrittivo ed esplicativo formale e matematico. Ricorre alla categorizzazione e concettualizzazione […] si occupa delle cause di ordine generale e del modo di individuarle e si serve delle procedure atte ad assicurare la verificabilità referenziale e a saggiare la verità empirica”4. L’altro modo di pensare, quello narrativo, produce racconti, quadri credibili sia pure non necessariamente veri, “si occupa delle intenzioni e delle azioni proprie dell’uomo nonché delle vicissitudini e dei risultati che ne contrassegnano il corso”5.

-­ l’apprendimento è una scoperta attiva e creatrice che produce stili e modalità di pensiero. L’uomo cresce e si evolve, interiorizzando i propri modi di agire, di vedere il mondo e di simbolizzare: queste tre modalità e forme in cui gli individui si rappresentano le esperienze, sono la base delle tre fasi attraverso cui passa lo sviluppo cognitivo. 1. fase esecutiva: (o operativa, basata sull’azione) prevale la rappresentazione motoria dell’esperienza ed è importante l’azione conoscitiva sugli oggetti. In questa fase vengono utilizzate le mani come strumento dell’intelligenza. Dopo un continuo ed attivo esercizio delle strategie cognitive il bambino riesce ad incorporare un’azione in nuove configurazioni più complesse (per esempio usare simultaneamente le mani). 2. fase iconica (basata sulle immagini): si caratterizza per il superamento della manualità a favore della modalità visiva. Il bambino conosce il mondo per mezzo della vista, organizzando e valutando l’ambiente attraverso le caratteristiche più superficiali degli oggetti, come il colore, la forma e le dimensioni. Ciò nonostante, l’incapacità di penetrare nei caratteri più significativi e profondi delle realtà, limita ancora il bambino all’apparenza delle cose. 3. fase della rappresentazione simbolica (basata sul linguaggio): l’astrazione diventa la caratteristica saliente del ragionamento infantile, non appare pertanto più necessario che il bambino operi nel “qui ed ora” per entrare in relazione con l’ambiente. La capacità di mettere a confronto due o più oggetti per ricavarne differenze e somiglianze basate sulle caratteristiche più profonde, realizza finalmente quel connubio tra pensiero e linguaggio che ha tanta importanza nello spingere l’essere umano verso un approccio più creativo alla realtà. Il linguaggio è, per Bruner, uno dei più potenti strumenti offerti al bambino per evolvere verso un’interiorizzazione delle esperienze.

Questi stadi non sono esattamente delineati, i modi di rappresentazione, infatti, sfumano uno nell’altro. Per Bruner, colui che apprende è in grado di farlo nel momento in cui la didattica, e, aggiungeremmo, in parte espandendo l’interpretazione bruneriana, l’ambiente, sono appropriatamente organizzati.

4 Bruner, J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari, 2005 (prima edizione 1988), (Actual Mind, Possibile Worlds, Harvard University Press, Cambridge (Mass.)-­London 1986;; p. 17 5 Ivi, p. 18

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Questo ultimo passaggio logico ci consente di connetterci con il concetto-­chiave da utilizzare per le finalità del corso e che, non unico, lega Bruner a Vygotskij: il concetto di scaffolding. Bruner si chiede, anche analizzando il lavoro di Vygotskij, come si possa risolvere un’apparente contraddizione: come può il bambino, che inizialmente reagisce in maniera inconscia e irriflessa, arrivare ad apprendere un compito per il quale è all’inizio incompetente? Come pertanto, essendo l’apprendimento connotato socialmente dalla presenza di un ambiente e figure adulte (o più esperte) facilitanti, può avvenire il “prestito di coscienza” dall’adulto al bambino? Costruendo un’impalcatura (in inglese scaffolding) a sostegno della crescita dell’educando6 Scaffolding indica le strategie di sostegno all’apprendimento che consentono di svolgere un compito nonostante non si abbiano ancora le competenze per farlo in autonomia grazie all'aiuto di un esperto, di un adulto o di un pari più preparato che fornisce indicazioni e suggerimenti, nell'attesa che si riesca a maturare una piena autonomia nello svolgimento del compito. Lo scaffolding si connette con la teoria della zona di sviluppo prossimale di Vygotskij, in quanto l’impalcatura deve adeguarsi continuamente alla stessa riducendosi via via che il bambino dimostrerà di saper eseguire il compito, fino a scomparire. Un esempio classico di scaffolding è l'aiuto offerto dall'adulto al bambino che sta imparando ad andare in bicicletta, a nuotare o, ancor prima, a camminare.

Per connetterci con il rapporto persona-­ambiente, centrale nella nostra trattazione, ricordiamo come le tre competenze (camminare, nuotare, andare in bicicletta) appena citate vengono primariamente perseguite attraverso una modifica delle condizioni ambientali: ponendosi alla giusta distanza, inserendo oggetti nel tragitto, riempiendo affettivamente lo spazio, modificando il mezzo con altri supporti che consentono equilibrio.

Vygotskij è stato uno psicologo sovietico, padre della scuola storico-­culturale, morì nel 1934 a soli 38 anni lasciando una ricchissima e in parte sconosciuta produzione scoperta in occidente solo a partire dagli anni ’80. Vygotskij, per coloro che si occupano di educazione in senso lato, ha contribuito a chiarire alcuni dei processi fondamentali che intercorrono nelle relazioni tra linguaggio, pensiero e socializzazione. L’apprendimento, soprattutto quello concettuale, è un processo collaborativo, ovverosia sociale, tra adulto (o più competente) e bambino, avviene attraverso un dialogo continuo che contiene vari accomodamenti. Il tema, trattato da Vygotskij, che risulta più interessante ai fini della trattazione relativa al corso è quello della zona di sviluppo prossimale ovvero “la distanza tra il livello evolutivo reale, determinato in termini di autonoma capacità di soluzione dei problemi, e il livello di sviluppo potenziale, determinato in termini di capacità di soluzione di problemi sotto la guida di un adulto o in collaborazione con coetanei più capaci. […] L’apprendimento umano presuppone una specifica natura sociale ed un processo atto a consentire ai bambini di far propria la vita intellettuale di coloro che li circondano. […] L’idea di una zona di sviluppo prossimale ci consente di proporre una nuova formula, ossia che l’unico ‘apprendimento positivo’ è quello che anticipa lo sviluppo”7 Proprio in relazione alla modalità di copertura di questo spazio potenziale anticipatore Bruner propone il concetto di scaffolding.

6 Ivi, p. 91, 162 7 Vygotskij, L. S., Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche , 9a ed. Roma-­Bari, Laterza ( prima edizione 1990), 2001;; pp. 140-­141

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Carl Rogers Carl Rogers (1902-­1987) è stato uno psicologo statunitense, fondatore della terapia non direttiva e noto in tutto il mondo per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all'interno della corrente umanistica. I tre leaders storici della Psicologia Umanistica (nata nel 1962 in California) con applicazioni ed estensioni ai problemi dell’educazione e dell’istruzione sono stati: A. Maslow, C. Rogers, A. Combs In tutto il mondo va diffondendosi rapidamente la conoscenza e l’interesse per la psicologia umanistica (terza forza tra psicologia dinamica, ovvero la psicanalisi, e il comportamentismo) e in particolare per la psicologia di Carl Rogers (l’approccio centrato sulla persona). I motivi di questo successo vanno innanzitutto ricercati nel fatto che l’approccio umanistico e l’approccio centrato sulla persona non pretendono di imporre grandi sistemi teorici né miti salvazionistici, ma semplicemente di proporre la crescita e la maturazione del singolo e dei gruppi attraverso una modificazione salutare e costruttiva e profonda dei rapporti interpersonali, basata sulla partecipazione affettiva (empatia), sull’abbandono dei ruoli stereotipati e sulla responsabilizzazione di ciascuno. La psicologia umanistica si è affermata in America dopo la psicoanalisi ed il comportamentismo;; si prefigge di cambiare la società attraverso la valorizzazione e il rispetto delle persone e la forza dei fatti e dei risultati.8 Il movimento umanistico che sta, indubbiamente, trasformando non solo il mondo della psicoterapia, ma anche quello dell’educazione, del lavoro, dello sport, dell’assistenza medica e sociale, si sviluppa dal basso come un processo autogestito che anziché ricorrere a maestri o “esperti” unisce gli sforzi di coloro che cercano di portare nei vari ambiti dei vivere umano e, soprattutto nella scuola, un modello centrato sull’uomo, mirato a comprenderne sempre meglio la natura e a creare le condizioni che promuovono lo sviluppo e la salute fisica e mentale. L’educazione umanistica si impegna a comprendere, tramite la concretezza dei fatti e dei vissuti delle persone, i profondi mutamenti del nostro tempo per rispondere concretamente e fattivamente ai bisogni e alle aspettative della società contemporanea. L’approccio sottolinea la responsabilità dei singoli e della collettività nel comprendere, rispettare e facilitare i processi di sviluppo e maturazione delle persone. Ha fiducia nella capacità di ogni persona di auto-­gestire il suo processo di attualizzazione e ricerca e convalida continuamente, attraverso la verifica, le condizioni relazionali che facilitano il cammino verso l’autorealizzazione. L’assunto di base è che le persone non si limitano a reagire all’ambiente;; esse sono attive, creative e dinamiche;; e rispondono in modo “intenzionale” e significativo ai condizionamenti genetici, biologici, psicologici e sociologici. Oggi l’“Approccio Centrato sulla Persona” ha esteso le sue radici in tutti i settori della ricerca e dell’azione sociale: medicina, antropologia, psicologia, sociologia, politica, educazione ecc., dimostrando una tale vitalità da resistere e rafforzarsi anche a dispetto di quanti la denigrano e contrastano. L’approccio umanistico non si basa su dati sperimentali, come i resoconti del comportamento dei ratti nella gabbia (Skinner);; si basa invece su osservazioni, impressioni, dati scientifici, tecniche ed ipotesi. 8 Forcillo, S., http://www.aspu.it/pagine/terzaforza/ins-­oggi.htm, cfr. (testo liberamente adattato allo scopo del corso)

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Essere oggi insegnanti efficaci Rogers, che svolse anche la funzione di docente di scuola media superiore e di docente universitario, analizzando la sua personale esperienza di insegnamento, centra l’educazione su questi fattori: l’impegno personale e la capacità di iniziativa e autovalutazione dello studente, la congruenza dell’insegnante come persona genuina e reale, il rispetto per gli alunni, la sua capacità di empatia e di facilitazione del processo di maturazione dei suoi studenti, la significatività esistenzialmente verificabile dei contenuti proposti, la soluzione democratica e collaborativa dei problemi. La condizione educativa ideale è allora quella in cui rispetto, empatia e congruenza facilitano il conseguimento di quel livello di autoconsapevolezza che permette all’alunno di cogliere dall’interno il suo processo formativo e di sintonizzarsi su di esso per tendere in modo efficace verso l’autorealizzazione. Al docente spetta il non facile compito di “entrare” nel privato mondo percettivo dell’altro e di starci comodo;; di essere sensibile, attimo per attimo, ai cambiamenti di percezione, sentimenti e significati che fluiscono dall’altro;; dalla rabbia alla tenerezza, dalla confusione all’insight. Rogers così esprime i caratteri fondamentali della sua pedagogia9:

• Gli esseri umani sono dotati di una naturale tendenza a conoscere, a capire e ad apprendere (motivazione cognitiva).

• L’apprendimento è veramente significativo quando il “contenuto” è vissuto dallo studente come rilevante per la soddisfazione dei suoi bisogni e la realizzazione delle sue finalità personali.

• L’apprendimento che implica un cambiamento nella percezione di sé e nei propri atteggiamenti è avvertito come una minaccia e tende a suscitare resistenze.

• Quando le minacce dall’esterno sono ridotte al minimo, l’apprendimento avviene più facilmente ed efficacemente.

• L’apprendimento significativo nasce dall’esperienza e dal fare: quando lo studente è parte attiva del processo di insegnamento-­apprendimento.

• L’apprendimento auto-­promosso ed auto-­gestito, quello che coinvolge il sentimento oltre che l’intelletto, è il più duraturo e pervasivo.

• L’autovalutazione e l’autocritica facilitano molto di più lo sviluppo dell’autonomia dell’autofiducia e della creatività che non la valutazione esterna.

• L’apprendimento più utile nel contesto socio-­culturale attuale è quello che riguarda il processo stesso dell’apprendere: l’essere costantemente aperti all’esperienza e integrare il processo del cambiamento.

Sul piano didattico tali principi trovano applicazione in questa sequenza operativa: • Presentazione e conoscenza reciproca delle persone e analisi dei bisogni-­aspettative.

• Presentazione delle tematiche e delle metodologie e verifica della loro rispondenza ai bisogni-­aspettative.

• Definizione di un preciso “contratto di studio-­lavoro”. • Attività di ricerca e studio: esecuzione assistita del contratto prescelto e concordato. • Verifica esterna (risultati raggiunti) ed interna (apprezzamento dell’esperienza fatta).

L’insegnante discute con ogni alunno o programma e definisce il contratto di lavoro, fornisce il materiale e le informazioni di cui dispone, resta a disposizione per ogni richiesta

9 Rogers, C., Libertà nell’apprendimento, Giunti-­Barbera, Firenze 1973;; cfr

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di supporto e collaborazione;; infine verifica e valuta con gli alunni l’esito dei vari contratti, ripropone nuovi cicli di apprendimento. Lo studente è al corrente delle motivazioni che sono alla base del programma e dei metodi di lavoro, sceglie il proprio modo con il quale vuole apprendere, valuta da solo il percorso di studio e si impegna nei contralto di lavoro e nella verifica dei risultati concretamente raggiunti. Pedagogia e didattica rogersiane affermano il primato dell’apprendimento sull’insegnamento, dell’interiore sull’esteriore, dell’autonomia sull’eteronomia. L’educazione centrata sulla persona, ovvero sul discente richiede che qualsiasi metodo di lavoro e di valutazione sia esente da “minacciosità” e rinunci all’uso coercitivo del potere proprio del ruolo docente, senza per questo sfociare nel permissivismo. Tuttavia, Rogers è fermamente convinto che tale rivoluzionaria concezione non può restare ancorata ad un’opzione basata solo sulla personale convinzione ma che, invece, debba passare al vaglio della riflessione epistemologica e della verifica sperimentale. Infatti, Rogers afferma che la Filosofia pedagogica non ha senso se non accetta la validazione-­invalidazione della ricerca scientifica. La teoria ha valore di verità solo se si assoggetta al test rigoroso della ricerca empirica e fenomenologica. Per Rogers, quindi, l’educazione e lo sviluppo sono un affare strettamente personale, un’esperienza profondamente diversa da persona a persona. Per questo motivo Rogers parla di “Persona-­insegnante” e sintetizza anche i “requisiti” che deve avere un insegnante che desideri utilizzare l’approccio umanistico applicato all’istruzione. Il primo requisito: È una profonda fiducia negli organismi umani, fiducia, cioè, nella capacità dell’individuo umano di sviluppare le sue potenzialità e permettergli di scegliere il suo modo di apprendere. Il secondo requisito: È la sincerità dell’insegnante, la sua lealtà, la sua assenza di maschera. Egli può essere arrabbiato, ma può anche essere sensibile e comprensivo. Cosicché egli è una “PERSONA”, per i suoi studenti. Il terzo requisito: È la stima e rispetto per gli studenti, per i loro sentimenti e le loro opinioni. Il quarto requisito: È la capacità di comprendere le reazioni degli studenti “dal di dentro”, una “consapevolezza empatica” di come appare allo studente il processo educativo. In altre parole, Rogers sostiene che secondo questi requisiti gli studenti diventano capaci di educarsi senza l’aiuto degli insegnanti, cosicché il docente diventa giusto un “Facilitatore” dell’apprendimento. Lo scopo principale dell’approccio rogersiano è, quindi, quello di creare delle condizioni che permettano alla “Forza di base” insita in ogni individuo di agire, in modo che la persona possa crescere verso la propria autorealizzazione. Si tratta, quindi, di un’acquisizione progressiva verso una catarsi emozionale come fase iniziale, di una più efficace e qualificante comprensione del sé e della propria situazione, che permetta di raggiungere e giungere a delle scelte e a delle decisioni positive per il proprio vivere, maturare ed efficacemente interagire. Pertanto, Rogers chiede ad ogni Persona che sia concretamente impegnata nelle relazioni umane, in primis al docente, il possesso di tre fondamentali ed imprescindibili requisiti: 1. L’accettazione dell’altro in quanto Persona. 2. La congruenza ovvero l’assenza di maschere. 3. L’empatia, la capacità di cogliere e sentire le emozioni vissute e percepite dall’altro e saper fargli capire che lo si percepisce e gli si è vicino.

Nell’«Approccio Centrato sulla Persona» ci si fida della tendenza costruttiva dell’essere umano verso uno sviluppo più stabile e completo.

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Tre brevi e rilevanti approfondimenti in relazione allo scopo del corso di Attività motoria preventiva riguardano i temi della significatività dell’apprendimento, della congruenza e della relazione d’aiuto:

-­ l’apprendimento significativo vede coinvolta l’intera persona, con il suo intelletto e i suoi sentimenti, parte dall’individuo ed è caratterizzato da un “senso di scoperta in cui si prova questo tipo di sensazione: ‘oh, questo è proprio quello che da tanto tempo stavo cercando di scoprire!’ […] L’apprendimento significativo produce una differenza pervasiva nella conoscenza, negli atteggiamenti e nel comportamento dell’individuo. Infine si tratta di qualcosa che lo studente [qualsiasi persona in situazione di apprendimento o di cambiamento, n.d.a.] vuole apprendere perché ha un significato per lui, per la sua vita, per il suo modo di essere”10.

Il corso affronta in vari altri momenti e autori il tema del cambiamento, degli atteggiamenti e dei comportamenti (Le Boulch, Bandura, Prochaska) e della necessità di apprendimenti significativi (Hardman, Didattica sostenibile). -­ Ancor più della coerenza tra dire e fare, la congruenza può essere rappresentata come la coerenza tra essere e fare.

-­ La relazione d’aiuto, che Rogers sviluppa soprattutto in termini di relazione terapeuta-­paziente, assume una particolare rilevanza nella didattica del movimento: è quella situazione nella quale il docente chiede ad un allievo più competente di mettere a disposizione le proprie capacità per aiutare un altro allievo;; altra situazione, riscontrabile ad esempio nei gruppi di cammino, è quella in cui l’operatore chiede ad un partecipante di aiutarlo nella motivazione all’attività di un altro soggetto.

10 Kirschenbaum, H., Land Henderson, V., Dialoghi di Carl Rogers, La Meridiana, Molfetta (BA), 2008;; (Carl Rogers dialogues, Howard Kirschenbaum and the Estate of Carl Rogers, 1989);; p. 184

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LA DIDATTICA SOSTENIBILE

1sostenibilità 2 didattica 3 storia della didattica sostenibile 4 Accezione ambientale e comunicazione 1 Sostenibilità Il termine sostenibilità si è affermato a partire dalla fine degli anni '80 in relazione all'ambiente. In particolare la sua apparizione nel contesto politico internazionale avvenne all'interno del Rapporto Brundtland nel 1987 (WCED,1987)11. Quel Rapporto rappresentò un elemento di rottura e distacco con i concetti ambientali espressi in passato e contribuì a far divenire la questione ambientale tema politico prioritario e trasversale a tutti i settori. "Per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che risponda alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze" (Brundtland, World Commission on Environment and Development, 1987). "Per sviluppo sostenibile si intende un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi alla base"(World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, 1991). Sino a quel momento il concetto di ambiente era quasi esclusivamente correlato alla capacità del nostro pianeta di produrre materie prime utili per lo sviluppo umano. Di conseguenza la tutela ambientale era percepita necessaria solo se garantiva lo sfruttamento industriale (giacimenti, foreste, riserve d'acqua) o dove un deterioramento dello stato naturale poteva trasformarsi in una perdita economica (aree turistiche). L'avvento del concetto di "Sviluppo sostenibile" iniziò a mettere in discussione la visione antropocentrica dei modelli di sviluppo tradizionali allargando l'interesse agli altri esseri viventi e soprattutto alle generazioni future, riconoscendo per questi il diritto a poter accedere alle risorse offerte dalla natura, almeno nel medesimo modo a cui noi vi accediamo oggi. L'apparente priorità che nella parte iniziale di questa trattazione viene data agli aspetti ambientali della sostenibilità deriva dal fatto che tale presa di coscienza dei pericoli di autodistruzione derivanti dal modello di sviluppo in atto sia avvenuta proprio a partire dalla rottura emersa da quel contesto. Nonostante protocolli, piani d'azione e accordi, tale consapevolezza è tuttavia ancora oggi labile, scarsamente diffusa territorialmente e concentrata nelle fasce di popolazione medio-­alte sia dal punto di vista economico che del grado di istruzione. La priorità è pertanto solo apparente in quanto gli aspetti sociali ed economici dello sviluppo sostenibile sono altrettanto importanti. La sostenibilità sociale è infatti la precondizione e il supporto per la sostenibilità ambientale. La sostenibilità economica è a sua volta essenziale per permettere il conseguimento delle prime. Si può quindi asserire che il concetto di sviluppo sostenibile presenti tre dimensioni di pari importanza: ambientale, sociale ed economica.

11 World Commission on Environment and Development, 1987

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In assenza di una adeguata distribuzione di risorse, infatti, non si può sviluppare quel reticolo sociale e culturale che consente di porre adeguata attenzione alle tematiche ambientali. Sviluppo sostenibile signica che povertà, iniquità sociale e degrado ambiente sono piaghe da combattere contestualmente. "Sviluppo" diviene quindi il termine con cui si indica l'insieme dei processi che possono garantire una amministrazione delle risorse tale da superare la povertà e affermare l'equità sociale, non certo l'aumento del PIL o la massificazione degli utili. "Sostenibile" assume il significato di duraturo, diventa termine di garanzia per le generazioni future e per le altre forme di vita.12 Un importante momento di svolta rispetto all'affermazione di queste tematiche è stata la Conferenza su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro (Earth Summit), organizzata nel 1992 dalle Nazioni Unite. Nel corso di quella conferenza venne prodotto lo strumento base per la definizione degli obiettivi di lungo termine e per la definizione delle azioni concrete per realizzarli: Agenda 21. Il significato di Agenda 21 è "agenda per il 21° secolo", ovvero l'elenco delle cose da fare, degli appuntamenti, che permetteranno di convertire i modelli di sviluppo verso i principi della sostenibilità. E' da quel momento, poi ripetuto e assunto, nella filosofia e negli impegni, da varie organizzazioni sopranazionali, governi, enti locali che il termine sostenibilità entra nella terminologia corrente. Per quanto riguarda le scienze educative, la rottura nell'epistemologia della conoscenza avvenuta con l'affermarsi delle teorie della complessità13 ha prodotto una rivisitazione, attualizzazione, quando non una de-­sostanziazione di molti modelli educativi, teorie di riferimento e visioni delle modalità di apprendimento. Come vedremo nei capitoli successivi, tale rottura ha iniziato a comportare solo ora, con consistenti ritardi, la ridefinizione delle metodologie e delle didattiche anche nel campo dell'educazione corporea, motoria e sportiva. Per chi si occupa professionalmente del corpo la prima connessione riguarda il passaggio tra ambiente esterno, naturale o urbano, e ambiente interno, intendendolo nei vari significati di cui è portatore: fisiologici, psicologici, antropologici, sociologici. 2 didattica La didattica rappresenta l'esplicitazione applicativa della sequenza Filosofia dell'educazione-­Pedagogia-­Metodologia-­Metodo-­Didattica. Ogni azione didattica comporta scelte significative nei confronti dei vissuti delle persone cui è rivolta. L'educatore corporeo, motorio e sportivo vive la particolare situazione di incidere sempre sul vissuto corporeo delle persone: la sua azione conferma o nega competenze, sicurezze, saperi, modalità di relazione con l'altro e di inclusione sociale. Nessuna azione didattica è neutra: che il docente lo voglia o meno, che le scelte siano o meno intenzionali, ogni decisione, anche la più piccola, si inscrive nella sequenza descritta. Nel particolare ambito dell’attività preventiva la didattica si esplicita in vari ambiti e situazioni a seconda delle età della vita prese in considerazione. 12 cfr. Borgogni, A., Geri, M., Lenzerini, F., L'ambiente è sportivo, Meridiana, Molfetta 2004 13 La produzione e le ricerche in merito risultano di grande ampiezza e apparente disomogeneità. Per una prospettiva ampia si vedano in particolare i testi di Bateson, G., Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976 e Mente e natura, Adelphi, Milano 1984.

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Affermando che SEMPRE una didattica debba essere sostenibile e come tale concetto si leghi in modo sostanziale con le teorie e gli approcci che parlano di responsabilizzazione e di consapevolizzazione dei processi di apprendimento, sosteniamo che la didattica sostenibile si pone al centro degli approcci centrati sulla prevenzione in quanto impostata per far proseguire l’attività al di là dell’azione didattica in essere in quel momento 3 Storia della didattica sostenibile 3.1 Il corpo cibernetico In Pratiques psychomotrices14 Jean Le Camus ha utilizzato l'aggettivo "subtil" per definire l'aspetto della corporeità che, a suo avviso, gli psicomotricisti francesi hanno privilegiato dall'inizio di questo secolo. "Subtil" in francese significa "sottile, fine" ma anche, in senso figurato, "sottile, acuto;; ingegnoso;; scaltro". Il libro disegna un affresco inedito delle correnti di pensiero e delle pratiche a partire dalla prima apparizione del termine "psicomotorio", intorno al 1870, fino al 1982. Una lucida e completa analisi storica e scientifica divide questo periodo in tre fasi identificate da tre diverse definizioni di corpo: abile (adroit), cosciente, portatore di significati (signifiant);; le fasi sono anche contraddistinte da diversi concetti organizzatori: il parallelismo, l'impressionismo e l'espressionismo. Le Camus intende per "organizzatore" ciò che unifica il sistema dei saperi, delle norme e delle pratiche, ciò che spiega gli effetti di superficie rappresentati dalle dottrine e dai metodi degli psicomotricisti. Il concetto organizzatore è la mentalità di quella determinata fase. La prima fase descritta da Le Camus riguarda il periodo che prende i decenni a cavallo tra il XIX e il XX secolo: il corpo è definito abile adroit mentre il concetto organizzatore è il parallelismo. La seconda fase descritta da Le Camus (dal 1945 al 1973) corrisponde alla definizione e all'approfondimento del concetto di psicomotricità. Il concetto organizzatore di questa fase è l'impressionismo: il corpo subtil appare ora in grado di accogliere, ordinare e conservare l'informazione originata dal suo funzionamento e dall'ambiente (fisico e umano) nel quale si inserisce. Il corpo risulta permeabile alle impressioni, recettore, organizzatore e memorizzatore di messaggi provenienti da se stesso e dal mondo circostante. Questo corpo cosciente, risulta tuttavia ancora sottomesso alle influenze dell'ambiente e, in fin dei conti, muto. Si potrebbe dire che comprende ma non parla. E' proprio su questa mancanza che, secondo Le Camus, si concentra la rivoluzione culturale del '68: al primo posto tra le rivendicazioni appare infatti la volontà di "dare la parola" al corpo, di ascoltare e di tenere conto di ciò che ha da dire costringendo la religione, la politica, la pedagogia, la filosofia a confrontarsi con esso e a far posto alla sua promozione. Nella terza fase (1974-­80) Le Camus individua come nuovo concetto organizzatore l'espressionismo. Il corpo "subtil" diviene capace di emettere informazioni, è portatore di significati (signifiant) parla, "per mezzo di segnali che precedono, accompagnano o sostituiscono la parola e che testimoniano l'inserimento dell'individuo in una specie e in

14 Le Camus, J., Pratiques Psychomotrices, Mardaga, Bruxelles 1984.

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una cultura;; attraverso sintomi che testimoniano del suo inserimento in una storia singolare (individuale, unica). Il filo rosso che unisce queste fasi è quello della logica cibernetica, il corpo inteso come inserito in un ambiente inondato di informazioni nei confronti delle quali può prendere posizione, con le quali può interloquire perché dotato di spessore informazionale, di coscienza, di significati propri che è in grado di comunicare. 3.2 La metodologia delle situazioni Le ricerche e le pratiche svolte negli ultimi anni insieme con Massimo Davi, sintetizzate in una proposta che abbiamo definito metodologia delle situazioni,15 hanno tentato di dare una continuità alle ricerche di Le Camus, attualizzandole, definendole in relazione alla situazione italiana e, al tempo stesso, cogliendo gli aspetti educativi delle ricerche sulle emozioni. Proseguendo il filo rosso di Le Camus, e aggiungendo la quarta fase alla sua analisi, affermo che il concetto organizzatore degli anni '80 e di parte degli anni '90 di ricerche nel campo della corporeità possa essere rappresentato dalla comunicazione vista come momento unificante degli approcci più avanzati. Con riferimento agli studi neurofisiologici pubblicati negli anni ’90 che rivendicano il ruolo delle emozioni nei processi di apprendimento evidenziando come una situazione educativa emotivamente connotata modifichi le mappe neurali, accanto al concetto organizzatore "comunicazione" possiamo vedere il corpo come emozionale nel senso di un corpo cosciente, portatore di significati e in grado di mantenere connessioni con gli altri e con il proprio mondo emotivo-­affettivo. 3.3 Il corpo ecologico. Verso una didattica sostenibile Dalla fine degli anni '90, come abbiamo visto nel paragrafo 1.1, si afferma il concetto di sostenibilità. E' possibile, in tempi diversi a seconda delle scienze, verificare la sua comparsa fino alla diffusione attuale. In alcuni casi, vedi le scienze correlabili alle teorie della complessità e in alcuni autori difficilmente categorizzabili, si trovano gli elementi prodromici che hanno portato alla sua invenzione;; in altri casi, in alcune scienze umane tra cui quelle educative, hanno consentito sviluppi, approfondimenti o sintesi di studi precedenti iniziando solo adesso a contaminare le scienze motorie. E' possibile in questa quinta fase iniziare a delineare forme di equilibrio tra le tendenze opposte, tra l'attenzione esclusiva al corpo termodinamico pensato per produrre movimenti e prestazioni e il corpo comunicativo, pensato come continuamente in relazione. Propongo pertanto la sostenibilità come concetto organizzatore mentre il corpo può essere definito ecologico. Intendo sottolineare che ogni espressione del corpo può essere inclusa nella prospettiva descritta. La prospettiva funzionale è più attenta alle modalità tecniche di produzione dei gesti e alle prestazioni raggiunte mentre il senso comunicativo degli stessi rimane sullo sfondo. La prospettiva tesa all'ecologia del corpo si pone in continuità con la logica cibernetica aperta alla comunicazione e guarda intenzionalmente sia verso l'ambiente esterno (concentrandosi in particolare sulla relazione con gli altri, ad esempio con colui con cui si palleggia o si gareggia o verso l’ambiente fisico) che verso l'ambiente interno (concentrando l'attenzione sulla propriocezione e sulle dinamiche psicologiche). E' rilevante il fatto che mentre la seconda prospettiva include la prima, non sia vero l'opposto.

15 Borgogni, A., Davi. M., Percorsi sghembi, Società Stampa Sportiva, Roma 1997

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Noi sosteniamo che una didattica sostenibile che fa riferimento all'essere insegnante di tutti, all'obliquità metodologica, alla metodologia delle situazioni, che abbia una forte connotazione pedagogica rivolta al possibile, che si rifaccia alla filosofia dello sportpertutti, allo sport a misura di ognuno, abbia le caratteristiche per rendere sostenibile la pratica per quattro ragioni: -­ non compromette fisicamente le possibilità di pratica future;; -­ facilita la contestualizzazione della pratica sportiva attraverso una riflessione sulla stessa che consenta di evidenziarne gli aspetti etici;; -­ permette un rapporto equilibrato con il proprio corpo che farà sì che, terminata l'esperienza in una specifica disciplina, divenga facile il passaggio ad altre esperienze;; -­ mantiene la motivazione alla pratica proponendosi con attività non escludenti. Il percorso proposto non è neutrale: prende dichiaratamente posizione e vuole affermare, attraverso gli sfondi irrinunciabili "comunicazione", "corpo emozionale", "situazione", la necessità di progettare l'educazione corporea, motoria e sportiva assumendosi come insegnanti di tutti, nessuno escluso, proponendo pratiche non escludenti attente alla soggettualizzazione dei percorsi e dei tempi di apprendimento. Per riassumere e definire: la didattica sostenibile fa riferimento al concetto di sostenibilità ambientale rivolgendosi in modo equanime al nostro ambiente interno (il corpo propriocettivo e “psicologico”) e all’ambiente esterno (sociale, fisico). Si basa sui seguenti approcci:

• la metodologia delle situazioni, ovvero la padronanza da parte dell’insegnante di essere regista e di adguare continuamente il proprio operato alla evoluzione del momento didattico non legandosi a rigidi schemi di programmazione;;

• la didattica del difficile;; ovvero la capacità di offrire sitruazioni di apprendimento in cui ognuno può esercitarsi al proprio livello di difficoltà;;

• l'obliquità, ovvero la situazione di apprendimento in cui un obiettivo viene reso accessibile a tutti;;

• l'apprendere per emozioni, ovvero valorizzare gli aspetti affettivo-­emotivi così presenti nella didattica che concerne il corpo.

A livello individuale: si pone, come principale obiettivo, di consentire al singolo di continuare a praticare l'attività sportiva (non costringe a pratiche lesive a livello psicologico o anatomo-­fisiologico) A livello di gruppo: tende a consentire al maggior numero possibile di soggetti di proseguire, in quella o in altre discipline, la pratica sportiva (non esclude ma accoglie, non umilia ma consapevolizza sulle competenze e sui limiti, orienta). 4 Accezione ambientale e comunicazione Il privilegio assegnato agli aspetti comunicativi del corpo e del gesto è ben evidenziato nei paragrafi precedenti. Può essere utile far rilevare qui che tali aspetti non si riferiscono all'ambito comunemente inteso come motorio ma si sviluppano nei vari ambienti in cui il corpo può apprendere. In particolare è significativo sottolineare la connessione con gli aspetti relativi all'ambiente esterno, in particolare quello urbano, di più difficile comprensione.

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L’approccio propone la lettura della sostenibilità della città anche nella chiave del corpo. Il corpo viene proposto come analizzatore della qualità della vita in città, come referente primario del benessere secondo un' equazione non certo esclusiva che vede rispettati i diritti di vivibilità se rispettati i diritti del corpo. Ma di quale corpo stiamo parlando ? Sto parlando del corpo del gesto quotidiano che si coordina per salire gradini o marciapiedi, che gioca, che va in bicicletta, sui pattini, che siede, che stringe relazioni, mani, che pratica sport, che si muove espandendosi nella strada riappropriandosi di spazi un tempo utilizzabili. Di contro la città riserva strade sempre più impossibili, in cui l' unico corpo possibile è quello racchiuso nell' automobile, che non parlano più del corpo perché non contengono più segnali che ad esso fanno riferimento: basti pensare alla cura dei fiori, ai vasi sui marciapiedi, ai mestieri dal forte contenuto gestuale. Il corpo è ridotto in spazi minimali definiti, di protezione rispetto alle necessità di usare l' automobile. La città diviene così pericolosa, gli spazi vicini a casa impraticabili, quelli lontani irraggiungibili, il corpo si ripiega allora su se stesso spinto anche con grande forza da imponenti pubblicità che ci avvertono su come si possa "giocare a tennis in autobus" (con i sempre più virtuali e complicati video games) o "passeggiare in camera da letto" insinuando la virtualità nei nostri modi di fare ed allontanando proprio il fare dai nostri modi di vivere. Dalla negazione della strada (dove giocano a pallone i ragazzini ? dove si gioca a "mondo" o "campana" o dove a "nascondino"?) all'abbondanza di proposte in cui il corpo sembra essere l' attore principale (palestre, corsi, campi, piscine) risultando invece nuovamente definito e costretto nello spazio e nel tempo in luoghi circoscritti, "riserve" in cui il corpo deve esprimersi al massimo livello di prestazione nel tempo concessogli. Un corpo che risponde ad una visione eminentemente fisica dello stare bene comandata dai media, e quindi dal nostro immaginario, che deve compensarne la tendenziale inutilità per il resto della giornata. Qualcuno ricordava anni or sono come non si salgano più le scale ma in compenso si utilizzino i gradini (step) per fare ginnastica. La perdita di competenze generali e corporeo-­motorie in particolare è evidente: le capacità di orientamento svaniscono non esercitandosi;; gli ormai poveri "riti di iniziazione" che la nostra società riserva ai ragazzi, quale la conquista della bicicletta e poi del motorino, divengono pericolosi perché è assente una lettura in situazione della città, quella città in tasca teorizzata dai pedagogisti degli anni '80;; le capacità funzionali, non esercitate, calano vistosamente a causa della mancata pratica di attività aerobiche quali il camminare o l'uso della bicicletta;; le capacità coordinative, non esercitate nel gioco sotto casa o nel campetto di vicinato, vengono via via a ridursi penosamente (evidenza empirica ne sia il rilievo continuo in questo senso da parte dei docenti di educazione fisica che hanno visto all'opera diverse generazioni di studenti). Eppure i marciapiedi, come afferma il prof. Kimmo Suomi16, sono ancora il principale e più usato impianto sportivo delle nostre città. In pratica, pensando agli spazi urbani, intendiamo contrapporre ad un'accezione del movimento e del gesto puramente sportiva, quella ambientale17. Se privilegiamo l'accezione sportiva (quella più conosciuta, usuale, "codificata", che ci fa dire, ad es: è un bravo schiacciatore …) avremo, come misura della riuscita, il miglioramento della prestazione che deriva da un ampliamento delle abilità, delle conoscenze e delle competenze sportive;; se privilegiamo l'accezione ambientale (in senso 16 Citazione tratta dalla relazione tenuta al convegno "Le città dei bambini", Roma 26/03/07. 17 Traggo tale espressione dal collega e amico Giulio Bizzaglia

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lato, l'ambiente come lo spazio nel quale viviamo, in cui la pratica motorio-­sportiva può anche prescindere dai luoghi dedicati allo sport, dagli spazi codificati;; in questa visione il corpo è sempre in azione) la misura della riuscita è data dall'ampliamento del patrimonio sportivo-­espressivo del soggetto, dalla sua aumentata capacità di fruizione del corpo che è abile, sapiente, in relazione (interna ed esterna). L'accezione ambientale comporta una serie di ridefinizioni niente affatto scontate (a partire dal necessario ripensamento degli impianti sportivi). Siamo probabilmente di fronte ad un cambio di paradigma, alla necessità di entrare in una logica "altra" da quella della palestra, dell'educazione Fisica, della Ginnastica (dello Sport?). La medesima intelligenza si esprime in palestra, facendo ginnastica artistica, e nel parco. Così come da anni diciamo che il salto di 80 cm. di Lucia ha la stessa dignità del salto di 2.10 mt.di Mario, adesso possiamo affermare che ha la stessa dignità la prestazione che si esprime in un salto della cavallina nel corso di una competizione e l'arrampicata del bambino sulla rete di una struttura di gioco posto in un parco pubblico. Da questa "svolta ambientale" derivano una serie di considerazioni, che definiscono anche linee operative. Dal punto di vista didattico e organizzativo assumere la sostenibilità come criterio significa per uno scienziato del movimento e per un educatore corporeo, motorio o sportivo:

• Espandere la propria attenzione professionale agli spazi non convenzionali. Deve essere prestato un forte interesse verso gli ambienti della pratica essendo propositivi rispetto alle riqualificazioni urbane tese a rendere fruibili gli spazi in cui svolgerla. In questa direzione di senso i marciapiedi hanno la stessa dignità dei palazzetti dello sport;;

• Attuare una didattica scolastica centrata sulla significatività dell’esperienza e sulla promozione di stili di vita attivi e sani

• Intercettare i ragazzi nei loro spazi di aggregazione coinvolgendoli a partire dai loro spazi di ritrovo e coinvolgerli nella progettazione degli stessi;;

• Curare l'accoglienza e la qualità dell' aggregazione delle proprie società • Creare le condizioni per far partecipare i ragazzi alle decisioni delle società

Affermiamo, in conclusione, che non si possa apprendere un'abitudine motoria, un nuovo comportamento, un nuovo stile di vita attivo se non lasciandosi penetrare da nuovi nuclei di significato. Tale affermazione evidenzia la necessità di aprire il campo ad una didattica centrata sulla motivazione, che si relazioni con i significati emozionali dell'apprendimento, che ponga pertanto l'educatore nella necessità di padronanze situazionali basata sulla capacità di osservazione e di lettura dei contesti ambientali, sociali e personali cui dovrà relazionarsi per consentire a ciascuno di apprendere.

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Ken Hardman Educazione Fisica come esperienza significativa

Ken Hardman è Professore all’University of Worcester in Gran Bretagna e referente UNESCO per il monitoraggio dell’Educazione Fisica a livello mondiale. Le note che seguono costituiscono la rivisitazione sintetica, finalizzata alle tematiche del corso di AMP, della key note speech tenuta da Hardman al Congresso Mondiale FIEP tenutosi in Finlandia (Vierumäki) nel 2008. Il titolo dello speech era “Situation and sustainability of PE in schools: a global perspective” e faceva riferimento particolare all’ultimo report di monitoraggio sulla situazione dell’EF pubblicato nel 2008. Hardman dichiara che il suo scopo principale è di promuovere riflessione e di suggerire alcune direzioni per sostenere un futuro più sicuro per la Educazione Fisica nelle scuole come impresa migliorativa dello stile di vita (lifestyle-­enhancing enterprise). Hardman fa riferimento alla Risoluzione del parlamento europeo del novembre 2007 sul ruolo dello sport nell’educazione (2007/2086NI) nella cui premessa si dice che “l’EF è l’unica materia che tende a preparare i ragazzi a stili di vita sani, allo sviluppo fisico e mentale e dei valori sociali” oltre ad essere, insieme con lo sport, “tra i più importanti strumenti di integrazione sociale”. Allo stesso tempo la premessa riconosce il “calo delle ore di EF nell’ultimo decennio”. Pur ribadendo come le situazioni locali siano differenziate, sia dal punto di vista ufficiale che nella pratica (si pensi in Italia alla differenza tra ore curricolari ed effettive nella Scuola Primaria), a livello mondiale Hardman evidenzia un calo (tra 2000 e 2007) da 116 a 100 minuti nella Scuola Primaria, da 143 a 102 nella Scuola Secondaria dei minuti di EF per settimana. In Europa gli stessi dati evidenziano un calo da 121 a 109 nella Primaria e da 117 a 101 nella Secondaria. La tendenza principale pare essere l’annullamento della materia nella Secondaria, in particolare nelle ultime classi (oltre i 16 anni). I curricoli, i programmi, le pratiche, nonostante alcune sperimentazioni e innovazioni di rilievo, vedono una continua predisposizione verso lo sport competitivo e le attività connesse con la performance. Hardman sottolinea come questo orientamento si opponga al trend della società fuori dalla scuola e sollevi problemi e domande rispetto al significato e alla rilevanza per i giovani così come alla qualità dei programmi. Un’analisi più approfondita dei curricoli a livello mondiale rileva come il tempo dedicato alle esperienze di sport competitivo sia dominante soprattutto grazie alla proposta dei giochi sportivi, dell’atletica e della ginnastica. Insieme, questi tre ambiti di attività, coprono il 77% nella Primaria e il 79% nella Secondaria, del tempo dedicato all’EF (i giochi sportivi dominano con il 41/43% rispettivamente). Hardman sottolinea come nell’ultimo report appaia un dato nuovo: i ragazzi non comprendono più il significato dell’EF come materia scolastica: i contenuti tradizionali dell’EF hanno, infatti, sempre meno rilevanza rispetto al contesto dei loro stili di vita. In particolare le esperienze indesiderate di coinvolgimento nello sport competitivo rappresentano “qualcosa che ti fa davvero passare la voglia” (turn-­off). Vari commenti contenuti nel report sottolineano l’incapacità dei docenti di offrire esperienze significative. Cresce così la discrepanza tra ciò che la scuola offre e ciò che i ragazzi cercano riguardo alle attività sportive. Qual è pertanto la direzione per assicurare un futuro sostenibile all’EF? Il report evidenzia varie aree di preoccupazione:

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-­ mancanza di tempi adeguati -­ mancanza di strutture e materiali -­ scarsa quantità e qualità dei docenti -­ scarsa consistenza e qualità dei programmi e delle didattiche -­ presenza di ostacoli alle pari opportunità -­ mancato raggiungimento degli standard di benessere dei giovani e alta percentuale di drop-­out dalle attività scolastiche e ed extrascolastiche esacerbata dalla mancanza di coordinamento delle azioni.

Hardman riconosce quanto la risoluzione del Parlamento europeo rappresenti un significativo passo avanti nelle politiche riguardanti l’EF. La risoluzione indica che l’EF propende ad offrire un significativo contributo nei confronti di un’amplissima gamma di fattori: rispetto per il corpo, sviluppo integrato di corpo e mente, sviluppo psico-­sociale (autostima e fiducia in sé), socializzazione e competenze sociali (rispetto, tolleranza, capacità di cooperare), sviluppo estetico, spirituale e morale (fair play, costruzione del carattere), panacea per i problemi di obesità e connessi con la sedentarietà, sviluppo di stili di vita attivi. Tutte queste affermazioni sono ampiamente accettate “nell’ortodossia riguardante i ragionamenti sull’EF” ma non scientificamente provate. Hardman si pone, a questo punto, due domande fondamentali:

-­ può l’EF essere ritenuta responsabile del raggiungimento di questi obiettivi dichiarati in sua vece?

-­ Come può l’EF portare a termine tutto ciò che è dichiarato in suo nome? Connesse a queste due domande ve ne sono altre: -­ come è possibile ridurre l’obesità con due mezze ore effettive di lezione

settimanale? -­ come si possono sviluppare abilità motorie in 36 ore annue?

Forse è il caso di cambiare mentalità e, come risultato, far vincere, promuovere i corpi! Mentre l’importanza dell’attività fisica per le persone di tutte le età è ben documentata scientificamente, l’acquisizione di tutte le competenze indicate da parte dell’EF non è stata ancora approfondita né compresa nella comunità dei docenti. L’attenzione rivolta ai crescenti livelli di obesità connessi con la sedentarietà parrebbe offrire buoni presagi per l’EF ma questo fatto può rappresentare una “mezza fortuna” perché fa probabilmente correre il rischio, se la materia venisse ridotta alla soluzione dei problemi di obesità, di dimenticare tutti gli altri obiettivi e benefici che l’EF può perseguire. Oltre a ciò, rispetto a questo specifico obiettivo, è necessario un lavoro che comprenda il coinvolgimento della famiglia e molti altri aspetti mediatici e sociali. Se l’EF vuole avere un impatto nello sviluppo dei livelli di attività fisica per promuovere salute allora alcune pratiche correnti devono essere abbandonate perché non funzionano, non sono adeguate a molti ragazzi. Se i docenti vogliono affrontare seriamente il tema dell’EF per la promozione della salute, allora l’alfabetizzazione motoria e l’alimentazione dovranno risultare centrali nell’insegnamento e dovranno lavorare a stretto contatto con le famiglie e con le comunità scolastiche, sanitarie, sportive in senso lato. Hardman afferma come la materia vada ripensata e ridefinita concettualmente: -­ la diffusa pratica di promuovere esperienze dirette alla competizione e al risultato rappresenta una ristretta e ingiustificabile concezione del ruolo dell’EF;; in questo

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contesto non sorprende che l’interesse degli studenti declini col passare degli anni scolastici e i giovani divengano meno attivi negli ultimi anni scolastici;; per molti ragazzi queste attività non rappresentano esperienze significative perché limitative e lontane rispetto alle tendenze extrascolastiche.

-­ Se l’EF vuole avere un ruolo nella promozione di stili di vita attivi deve andare oltre l’interpretazione di se stessa come basata sul criterio della performance;; il suo attuale quadro di riferimento va ampliato.

-­ Il mantenimento dell’EF nel suo vecchio stato non è il modo di agire;; è tempo di muoversi verso il 21° secolo!

-­ Se i ragazzi devono spostarsi “dalla play station verso i play grounds”, qualsiasi riconcettualizzazione della EF che vada verso la creazione di persone fisicamente educate o fisicamente alfabetizzate deve essere accompagnata dall’innalzamento della qualità della formazione dei docenti.

Hardman ricorda come recenti sviluppi pedagogici e didattici consentano di andare in questa direzione. In particolare l’EF deve essere ri-­orientata assegnando maggiori responsabilità agli studenti consentendo loro di gestire parte della capacità di gestione dei docenti per favorire il loro sviluppo. Qui Hardaman si rifà al tema delle “Pratiche riflessive” (Reflective practices) il cui sviluppo si connette con la Critical Pedagogy. Afferma che praticanti riflessivi si trasformeranno in studenti riflessivi.

Il circolo riflessivo (da Gibbs, 1998) La riconcettualizzazione deve essere trattata in un contesto di “life-­long participation“ all’attività fisica e deve comprendere strategie inter-­relate che provvedano esperienze significative e che attraggano i giovani verso la gioia e il piacere dell’attività fisica così promuovendo una filosofia di vita attiva che abbia come obiettivo la pertinenza e la comprensione progettuale delle attività. Oltre a ciò, Hardman afferma che si debbano abbandonare le facili retoriche di chi intende “incontrare i bisogni di tutti i bambini” per tendere al bisogno di acquisire conoscenze e comportamenti che assicurino che l’attività fisica divenga parte della vita quotidiana. Per sviluppare congiuntamente le politiche di sanità pubblica e l’EF servono politiche integrate che approfondiscano la ricerca scientifica e che allo stesso tempo valorizzino le sfere di attività, come l’EF, che, nell’ottica della riconcettualizzazione di cui abbiamo parlato, tendono alla promozione della salute.

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Il ruolo della scuola deve estendersi verso l’incoraggiare i giovani ad una permanente partecipazione all’attività fisica. Hardman ricorda infine come non sia l’attività ma le ragioni per prendervi parte che sostengono la partecipazione in una logica della “pura gioia di svolgere attività”. Proprio con la conclusione di Hardman si connette buona parte del corso di Attività Motoria Preventiva teso, soprattutto, a far riflettere e a dare strumenti relativi alla comprensione delle ragioni e delle motivazioni che costituiscono il rafforzamento della pratica.

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Le Boulch La Psicocinetica

Gli appunti che seguono sono liberamente tratti dall’analisi del testo “Verso una scienza del movimento umano” di Le Boulch. La lettura che viene qui fornita tende a cogliere gli aspetti connessi con lo scopo del corso, ovvero, l’esplicitazione degli argomenti e degli ambiti che motivano verso l’attività motoria preventiva. Le Boulch, educatore fisico e medico, morto nel 2001, è considerato, insieme con Vayer, Lapierre, Aucoutourier, tra i principali esponenti della psicomotricità francese. In particolare sviluppò, grazie alle conoscenze mediche e a quelle educative, un approccio applicativo, la psicocinetica, particolarmente fondato sul piano scientifico e adatto ai contesti educativi che riguardano anche gli adolescenti. a) Rapporto tra persona e ambiente, gesti e movimenti Le Boulch, nella distinzione tra corpo proprio e corpo oggetto, ricorda come “nel campo del movimento umano e della sua interpretazione la spiegazione secondo un modello fisiologico non potrà acquistare il suo valore” se non rispetto all’organismo “situato”. In altri termini la fisiologia deve essere ricollocata nella dialettica dell’organismo e del suo ambiente. Lo studio psicologico, precisando le relazioni significative del soggetto con la sua situazione esteriore dovrà far leva soprattutto sulla conoscenza del comportamento” 18 Citando la differenza tra mostrare e afferrare Le Boulch ricorda come non la si possa spiegare semplicemente in termini fisiologici;; afferrando(lo), infatti, mi limito a reagire in rapporto all’oggetto, mentre mostrando(lo) agisco esprimendone i significati. Potremmo rapportare questo esempio, introducendo il tema della differenza tra gesto e movimento, al raffronto tra la richiesta di “elevare le spalle in modo ritmico” e “fare spallucce”. In termini bio-­meccanici e fisiologici ci troveremo di fronte alla stessa descrizione mentre totalmente diverso è l’ambito dei significati: movimento esercitativo l’uno, gesto denso di significati l’altro. L’attività educativa, di qualsiasi tipo, si occupa di gesti e tiene presenti i significati ad essi connessi. L’attività addestrativa fa riferimento ai movimenti. Solo l’attività educativamente connotata, pertanto, può trasformarsi in stili di vita attivi. E’ pertanto necessario indagare la relazione tra fatti da spiegare, gesti e movimenti e la totalità della condotta. Quest’ultima è orientata ed ha un significato, è intenzionale e si esprime in un ambiente che consente di annettere significati e la interpreta. Le Boulch cita Koffka che distingue ambiente geografico, analizzabile obiettivamente e ambiente di comportamento, che rappresenta l’insieme delle realtà vissute dall’organismo in situazione;; esiste una “solidarietà d’intenzione tra persona e ambiente […] che si esprime nella nozione di campo psicologico”19. Altra citazione riguarda Lewin che inserisce persona e ambiente nello stesso campo. b) Atteggiamento 18 Le Boulch, J., Verso una scienza del movimento umano, Armando Armando, Roma 1975 (Vers une science du mouvement humain. Introduction à la psichocinétique, ESF, Paris, 1971);; p. 42 19 Ivi, p. 44

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Il concetto di atteggiamento e quello, ad esso connesso, di disponibilità è cruciale nello sviluppo del corso di Attività motoria preventiva. In senso generale “atteggiamento” indica una maniera di tenere il corpo ma gli stati espressivi “traspaiono sotto gli atteggiamenti corporei. Nonostante sia primariamente una reazione corporea, una maniera di essere del corpo in presenza del mondo e di altri (ovvero dell’ambiente, nda), l’atteggiamento rinvia di fatto a ciò che esso esprime, ovvero ad una certa maniera del soggetto sul piano emozionale o affettivo.”20 L’atteggiamento esprime pertanto un certo modo di reazione del soggetto in relazione con l’ambiente fisico, sociale, emotivo, culturale. Questa è la ragione per cui nel corso ci occupiamo, tra le variabili che motivano verso l’attività preventiva, ovvero psicologiche, sociali e ambientali, anche delle caratteristiche dell’ambiente fisico inteso come struttura urbanistica facilitante l’attività. In questo senso, l’attenzione alle caratteristiche fisiche risulta fondamentale pensando alla differenza tra un soggetto che può, uscendo dalla propria abitazione, trovare immediatamente vicini ambienti e strutture dove poter ad esempio camminare in un sistema urbano di facilitazione verso l’uso e l’espressione del corpo (marciapiedi, ciclabili, percorsi pedonali sicuri, intersezioni e punti di conflitto protetti) e chi, invece, non abbia alcuna facilitazione di questo genere in prossimità e debba recarsi in auto o con altro mezzo a praticare attività. La fisiologia tende a descrivere l’atteggiamento come sinonimo “sia di posizione, dislocazione anatomica delle parti del corpo, sia di postura, che descrive le posizioni relative alle diverse parti del corpo animato mediante la muscolatura scheletrica, la cui attività si oppone alla pesantezza”21. Le Boulch, non ritenendosi soddisfatto da questa descrizione meccanica dichiara che vede “nell’atteggiamento, così come nella postura, la manifestazione significativa di un comportamento. Essi rappresentano pertanto un accomodamento e come tale devono essere ricondotti all’organismo totale, ai suoi bisogni, alle sue motivazioni. In particolare, se la regolazione dell’atteggiamento obbedisce a condizioni periferiche (equilibri articolari, rapporti locali di tensioni muscolari), le influenze centrali sotto la dipendenza delle reazioni emotive o delle variazioni dell’attenzione sono almeno altrettanto importanti”22. L’atteggiamento corporeo, pertanto “è una manifestazione esteriormente osservabile che in assenza di uno spostamento o di un movimento tradisce le disposizioni o le intenzioni di un soggetto verso il suo ambiente (fisico e sociale) ed esprime un certo livello di vigilanza favorevole ad una eventuale azione”23 L’atteggiamento rappresenta una forma di accomodamento motorio in cui l’aspetto espressivo è dominante. Potremmo aggiungere che gli aspetti comunicativi del corpo, sia quelli che si esprimono al suo interno, sia quelli, più facilmente osservabili, che si esprimono nell’ambiente, si evidenziano nell’atteggiamento. Le Boulch fa ovviamente riferimento a Wallon che, superando analisi parcellizzanti e anatomizzanti il movimento, ha mostrato come l’accomodamento motorio abbia due polarità, l’una, cinetica, rivolta al mondo esterno, verso gli oggetti e gli altri, l’altra, tonica, regolante in permanenza la tensione muscolare al di fuori di ogni movimento. c) Motivazione e prassie 20 Ivi, p. 46 21 Ivi, p. 72 22 Ibidem 23 Ivi, p. 73

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Le Boulch, rimandando ad approfondimenti relativi alla motivazione creata da bisogni, tendenze ed istinti, scrive che la motivazione “corrisponde alla fase iniziale della condotta o alla fase dell’attivazione”24 In questo ambito Le Boulch introduce il concetto di ”prassia”, ovvero non “movimenti qualsiasi, ma sistemi di movimenti coordinati in funzione di un risultato o di una intenzione”25. Le prassie sono movimenti o sistemi/catene di movimenti, significativi e importanti, ovverosia gesti, anche relazionati con la vita quotidiana. L’esempio può esserci dato dall’anziano: lavorare sulle condizioni che portano l’anziano all’autonomia nei gesti quotidiani significa lavorare su prassie quali: pettinarsi, vestirsi, sollevarsi dal divano, lavarsi. L’accomodamento ad una situazione può non essere né immediato né automatico. Si impone la formazione di un nuovo schema di risposta e di una nuova struttura funzionale: tale processo è costituito dall’apprendimento. Le prassie vengono acquisite tramite esperienza o educazione;; spesso hanno una valenza antropologica e culturale e vengono trasmesse di generazione in generazione costituendo quelle “tecniche del corpo” descritte da M. Mauss. Le Boulch distingue tre tipi di prassie: a scopo transitivo (implicano un azione diretta sull’oggetto), a carattere simbolico (connesse con il desiderio di comunicare, mimica, gesti quotidiani, quelle che Goffman “chiama glosse del corpo”) e a scopo estetico (in cui vi è una formalizzazione della funzione comunicativa come nella danza o nelle ginnastiche)26. Il riferimento a Goffman non è casuale, tra le funzioni simboliche connesse alle glosse del corpo vi è anche il camminare, base dell’attività preventiva da svolgere con alcune categorie di persone. Per definire il tipo di questa funzione prassica, non esattamente inserita nella catalogazione le boulchiana, prenderemo a prestito la funzione strumentale, una delle caratterizzazioni delle attività sportive definite da Heinemann e Puig (le altre sono espressiva, competitiva, spettacolare). Potremmo spingerci oltre affermando che, nell’ottica dell’AMP dovremmo far divenire “prassie” l’intera gamma di comportamenti che perseguono stili di vita attivi. d) Disponibilità L’ultimo punto riguarda il concetto di “disponibilità” che, nella nostra interpretazione, crea un ponte sia con la zona di apprendimento prossimale di Vygotskij sia con le ricerche di Bandura sulla self-­efficacy e di Prochaska sugli stadi del cambiamento. Si tratta di un “livello preferenziale della vigilanza per la presa di coscienza […].Le possibilità di coscienza sono ottimali per un livello medio di attività della zona reticolare e basse o inesistenti per gli stati estremi di attivazione e disattivazione. […] E’ uno stato altamente favorevole alle acquisizioni di ogni ordine e alla creazione”. Non entriamo qui intenzionalmente in merito alle questioni di ordine neurologico (si veda per queste ultime i capitoli specifici del testo di Le Boulch e il testo Percorsi sghembi27), basti solo ricordare come mentre “il livello emozionale e la motivazione incentrata sull’oggetto sono determinanti nell’apprendimento per prove ed errori, così i troppo alti 24 Ivi, p. 63 25 Ivi, p. 66 26 Ivi, cfr. p. 137 27 Borgogni, A., Davi, M., Percorsi sghembi, Società Stampa Sportiva, Roma 1997.

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livelli di motivazione immediata sono in contrasto con un apprendimento più raffinato diventando più ‘corticalizzato’”28. L’intervento della neo-­corteccia nell’apprendimento motorio collegato con le necessità dell’ambiente fisico e sociale implica una certa “presa di distanza dall’immediatamente utile e perciò alle motivazioni primarie che giocano in quel momento. Questo allargamento dell’orizzonte temporale condiziona l’efficacia dell’azione educativa avente uno scopo formativo, che si differenzia al contempo dalla attività prammatica immediata (professionale o sportiva) e dall’attività semplicemente incentrata sul piacere”29 Le Boulch, senza citarla, centra, a nostro parere, il tema centrale dell’attività motoria preventiva come è stata intesa nel programma del corso. La prospettiva indicata (corticalizzazione, presa di distanza, attenzione alla motivazione secondaria) risulta particolarmente impegnativa per l’operatore che dovrà far cogliere i benefici a lungo termine dell’attività indipendentemente dagli effetti immediati della stessa. Tale approccio presuppone una strategia didattica di lunga durata capace di far cogliere il piacere e la positività dell’attività in un arco temporale consistente.

28 Le Boulch, op. cit., p 237 29 Ibidem

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Bandura Albert Bandura (1925) è uno psicologo canadese famoso per il suo lavoro sulla teoria dell'apprendimento sociale e per gli sviluppi recenti della teoria sociale cognitiva, è stato un autore fondamentale nel passaggio dall'approccio comportamentista verso la definizione del cognitivismo. La sua teoria dell’apprendimento sociale risulta una delle più rilevanti per la sua estesa analisi dei fattori individuali e contestuali che determinano il funzionamento della personalità. Tale teoria si costruisce intorno a due principi chiave: il primo riguarda le linee concettuali e gli assunti alla base della condotta individuale, il secondo riguarda la tipologia di variabili finalizzate alla costruzione di un modello teorico sui processi sottostanti alla condotta. Bandura evidenziò come l'apprendimento non implicasse esclusivamente il contatto diretto con gli oggetti, ma che avvenisse anche attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso l'osservazione di altre persone. Bandura ha adoperato il termine modellamento (modeling) per identificare un processo di apprendimento che si attiva quando il comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello. Viene identificata come caratteristica fondamentale dell'apprendimento osservativo (o apprendimento vicario) l'identificazione che si instaura tra modello e modellato. Più essa sarà elevata, più l'apprendimento avrà effetto sulla condotta del modellato. Esemplificativi risultano in questo senso gli studi condotti sull'imitazione di condotte aggressive da parte di bambini che osservavano un modello. Noto, a questo proposito, l'esperimento della bambola Bobo (1961) in cui fu evidenziato come bambini esposti a modelli di aggressività nei confronti della bambola manifestassero comportamenti aggressivi in misura significativamente maggiore rispetto ai gruppi di controllo. Si comprende bene a partire da questi primi dati quanto il lavoro di Bandura possa essere significativo per l’educatore nel campo delle scienze motorie: l’apprendimento per osservazione/imitazione ed esposizione a modelli risulta infatti fondamentale nell’apprendimento motorio e centrale, secondo H. Gardner30, nello sviluppo dell’intelligenza cinestesico-­corporea. Nello sviluppo di questa teoria verso la teoria sociale cognitiva sottolineiamo la comparsa di alcuni temi che risultano fondamentali nella nostra trattazione: a) l’autoefficacia percepita (self-­efficacy) e l’aspettativa di risultato (outcome expectancy), b) l’agenticità umana, c) la rilevanza degli aspetti ambientali, d) la condotta, in particolare quella proattiva. A) La teoria sociale cognitiva sostiene che due cognizioni di base sono vitali rispetto alla possibilità di predire un cambio di comportamento: la prima è l’aspettativa di risultato ovvero il fatto che e come una persona ritenga che un determinato comportamento possa condurre a certi risultati (ad esempio “Se farò attività perderò peso);; la seconda è la percezione di autoefficacia ovvero la convinzione di essere in grado di mettere in atto con

30 Gardner, H., Formae mentis, Feltrinelli, Milano 1987;; (Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences. New York: Basic Books 1983)

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successo un comportamento per produrre un risultato (ad esempio “Sono in grado di fare attività fino al punto di perdere peso”)31 B e C) Bandura si distacca sempre di più dagli approcci comportamentisti per definire e costruire un approccio orientato ai processi cognitivi allo studio dell'adattamento dell'individuo nell'ambiente. Bandura sintetizza la capacità umana di operare attivamente in un contesto nel costrutto dell'agenticità umana (human agency), punto cardine dell'intera teoria social cognitiva, che può essere definito come la capacità di agire attivamente e trasformativamente nel contesto in cui si è inseriti. Tale funzione umana, che riguarda sia i singoli individui sia i gruppi, operativamente si traduce nella facoltà di generare azioni mirate a determinati scopi. Nella valutazione del ruolo dell'intenzionalità Bandura distingue la condotta mirata al raggiungimento di un risultato, dagli effetti che l'esecuzione di tale corso d'azione produce. L'agenticità è intesa come una funzione riguardante gli atti compiuti intenzionalmente, indipendentemente dal loro esito. Punto di partenza nello studio di questa facoltà è la convinzione di poter esercitare attivamente una influenza sugli eventi. Questo orientamento proattivo è inserito da Bandura in un approccio multi-­dominio relativo alle determinanti della condotta. Tale approccio riconosce che la maggior parte del comportamento umano sia determinato da molti fattori interagenti tra loro. Bandura identifica tre classi di cause che influenzano la condotta:

1. I fattori personali interni, costituiti da elementi cognitivi, affettivi e biologici;; 2. Il comportamento messo in atto in un dato contesto;; 3. gli eventi ambientali che circoscrivono l'individuo e la condotta.

L'agenticità umana opera all'interno di una struttura causale interdipendente che coinvolge questi tre nuclei d'influenza in una relazione reciproca e triadica. Il peso dell'influenza dei fattori presi in considerazione varia a seconda delle attività, delle circostanze, e del tempo necessario ad un elemento per sviluppare i suoi effetti. Un valore centrale nel determinare i cambiamenti e gli sviluppi delle condotte delle persone è attribuito da Bandura ai sistemi sociali. L'autore riconosce che l'agenticità opera entro una rete di influenze sociali e strutturali. Nelle transazioni tra questi domini le persone risultano sia produttori sia prodotti dei sistemi sociali che regolano la loro condotta. Le strutture sociali, il cui scopo è organizzare e regolare l'attività degli individui e dei gruppi, sono esse stesse una creazione delle persone che le costituiscono. Tali luoghi, a loro volta, impongono vincoli e forniscono risorse per lo sviluppo delle persone e dei gruppi che ne fanno parte. Le strutture sociali e organizzative forniscono una serie di pratiche sociali condivise, mentre all'interno di tali regole rimane molta variabilità personale per quanto riguarda la loro applicazione. Bandura evidenzia come le persone con un elevato grado di agenticità sappiano trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalle strutture sociali, e costruire modi per aggirare i vincoli istituzionali della stessa struttura. Al

31 Sparling, P. B. et al., Promoting physical activity: the new imperative for public health, Health Education Research, Vol. 15 no. 3 2000, cfr. page 369 (la traduzione è dello scrivente)

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contrario le persone inefficaci sono meno capaci di sfruttare le risorse offerte dal sistema, e più soggette a scoraggiamenti in caso di problemi imposti da esso. Nello sviluppo di tale ottica multi-­dominio, gli effetti che la condotta produce sia sull'individuo che sull'ambiente, sono analizzati in termini probabilistici, piuttosto che deterministici. Il concetto di probabilismo viene sottolineato con molta enfasi da Bandura a proposito del ruolo che gli accadimenti causali hanno nel corso dello sviluppo individuale. Si ricerca in sintesi un approccio interazionista allo studio delle condotte degli individui. Nelle caratteristiche intrinseche all'interazionismo definite dal reciproco determinismo triadico, l'azione si configura sia come stimolo che come risposta rispetto alla personalità e all'ambiente.32 Ai fini della nostra trattazione si notino qui le assonanze con altri autori, in particolare Bruner e Vygotskij. Le azioni delle persone, ed i loro effetti, danno forma alle competenze, ai sentimenti, alle credenze sul sé. La circolarità del modello P (persona) C (comportamento) A (ambiente), è incentrata sulla definizione di due tipi di esiti del comportamento: i risultati esterni, e le reazioni di autovalutazione. Tali conseguenze possono risultare complementari o contrapposte, con esiti assolutamente diversi in termini di raggiungimento degli scopi prefissati. D) Condotta proattiva e convinzioni di efficacia Bandura identifica nel senso di efficacia l'elemento chiave per l'analisi dell'agenticità umana. Le credenze delle persone riguardanti la loro efficacia nel gestire gli eventi, influenzano le scelte, le aspirazioni, i livelli di sforzo, di perseveranza, la resilienza, la vulnerabilità allo stress ed in generale la qualità della prestazione. L'efficacia personale è intesa come una capacità generativa in cui le sottoabilità cognitive, sociali, emozionali e comportamentali sono coordinate e organizzate in maniera efficiente per assolvere a scopi specifici. Le convinzioni di efficacia esercitano la propria funzione agentica in modo diverso a seconda del dominio d'azione e del contesto analizzato. Le convinzioni riguardo la propria efficacia personale costituiscono uno degli aspetti principali della conoscenza di sé. Bandura identifica quattro fonti di informazioni principali per la costruzione dell'efficacia: 1. Le esperienze comportamentali dirette di gestione efficace, che hanno la funzione di indicatori di capacità.

2. Le esperienze vicarie e di modellamento (cardine della teoria dell'apprendimento sociale), che alterano le convinzioni di efficacia attraverso la trasmissione di competenze e il confronto con le prestazioni ottenute dalle altre persone.

3. La persuasione verbale ed altri tipi di influenza sociale, che infondono e costituiscono la possibilità di possedere competenze da sperimentare.

4. Gli stati fisiologici ed affettivi, in base ai quali le persone giudicano la loro forza, vulnerabilità, reattività al disfunzionamento.

Ogni mezzo di influenza, sia esso sociale, cognitivo o affettivo, a seconda della sua natura, può operare attraverso una o più di questi canali di informazione e costruzione dell'efficacia. Benché ci siano alcuni processi cognitivi alla base dell'elaborazione aggregativa dei giudizi di efficacia a partire dalle sue fonti, la formazione di un'idea di sé tiene conto delle possibili valutazioni altrui, ed può risultare potenzialmente pericolosa per

32 Wikipedia, “Teoria dell’apprendimento sociale” “Teoria sociale cognitiva”, cfr

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l'autostima, ed instaurare dinamiche distorcenti a scopo difensivo. Oltre all'effetto di distorsione dei giudizi legato agli stati emotivi le persone mostrano capacità cognitive di integrare informazioni multidimensionali limitate. La capacità di selezionare, ponderare, e integrare le informazioni di efficacia rilevanti, migliora con lo sviluppo delle abilità autoregolatorie. In questo senso la verifica delle proprie capacità autovalutative richiede non solo la conoscenza delle proprie capacità, ma anche la comprensione dei tipi di abilità richiesti per la specifica prestazione.33 La proattività può essere definita come la capacità di intraprendere iniziative assumendosi la responsabilità delle proprie scelte o, nel caso di comportamenti di reazione, come la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile non lasciandosi condizionare dalle proprie impulsive remore psicologiche e dalle circostanze ambientali esterne. Nel caso delle attività preventive può essere considerata la capacità di analizzare la propria situazione e di attivare autonomamente strategie di azione. Bandura, infine, individua cinque capacità personali, processi cognitivi alla base dei comportamenti in relazione all’ambiente:

• la capacità di simbolizzazione, che corrisponde alla capacità delle persone di rappresentare simbolicamente la conoscenza. Il linguaggio rappresenta l'esempio più evidente della capacità cognitiva di ragionare usando simboli astratti.

• la capacità vicaria, ovvero la capacità di acquisire conoscenze, abilità o competenze mediante l'osservazione o il modellamento di altre persone.

• la capacità di previsione, ovvero la capacità di anticipare gli eventi futuri, estremamente rilevante sia a livello emotivo che motivazionale, in termini, per esempio, di timore degli eventi che hanno da venire.

• la capacità di autoregolazione, che corrisponde alla capacità di stabilire obiettivi e di valutare le proprie azioni facendo riferimento a standard interni di prestazione.

• la capacità di autoriflessione, che corrisponde alla capacità di riflettere in modo consapevole su noi stessi.

Queste capacità, pur essendo funzionalmente distinte, operano abitualmente in sinergia. Le persone regolano la propria vita emotiva e sociale grazie al sistema interagente di processi autoreferenziali che derivano dalle capacità di base. Stabilire obiettivi, monitorare il comportamento in funzione di standard personali, prevedere gli esiti delle azioni in relazione al contesto entro il quale si agisce, valutare e riflettere sulle capacità di affrontare le sfide future, e capitalizzare dall'esperienza propria ed altrui, consentono alle persone di esercitare quell'autoinfluenza alla base dei processi di causazione reciproca e rendono possibile l'agenticità umana.34

33 Ibidem, cfr. 34 Ibidem, cfr.

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Prochaska e Di Clemente James O. Prochaska è direttore del Cancer Prevention Research Center e Professore di Psicologia clinica e della salute all’Università di Rhode Island. Carlo Di Clemente è Professore e direttore del dipartimento di psicologia all’Università del Maryland, Baltimora Presentiamo qui una breve panoramica del modello transteorico di Prochaska e DiClemente, che costituisce uno dei fondamenti su cui viene costruita la valutazione della motivazione al cambiamento. Oltre al modello degli stadi del cambiamento vengono esposti i concetti relativi ai processi ed i livelli del cambiamento, nonché alcuni riferimenti ad altri importanti concetti (autoefficacia, bilancia decisionale) relativi ai processi di cambiamento nelle dipendenze da sostanze.35 Le basi del modello transteorico vengono poste nel 1977 quando, nel corso di una analisi comparativa tra i diversi sistemi di psicoterapia esistenti, James Prochaska elaborò un modello integrato che permetteva di esaminare quali processi di cambiamento venivano utilizzati dalle varie scuole. Vennero individuati 10 processi indipendenti di cambiamento e il modello mostrò subito un buon potere esplicativo;; negli anni seguenti fu applicato da Prochaska e da Carlo DiClemente negli studi sul cambiamento intenzionale nei comportamenti di dipendenza (Prochaska e DiClemente, 1982). L’elaborazione di questo modello è fondamentalmente derivata dalla necessità di disporre di una teoria "generale" del cambiamento che fosse in grado di comprendere sia il cambiamento spontaneo sia quello conseguente ad una terapia. Nel caso del corso di Attività Motoria Preventiva possiamo parlare direttamente di terapia solo in alcuni casi (obesità), più spesso di supporto alla stessa nel caso di patologie sensibili (altre patologie metaboliche), in tutti gli altri casi di costruzione delle condizioni, appunto, preventive di motivazione a stili di vita attivi. Nella formulazione degli autori un modello transteorico deve fondarsi su alcuni presupposti generali:

• Deve essere applicabile a tutte le diverse modalità di cambiamento delle persone: dalle terapie brevi ai tradizionali interventi su pazienti ospedalizzati, dalle tecniche di auto-­aiuto alle lunghe terapie individuali.

• Deve considerare il fatto che esistono comportamenti (ad es. il fumo) in cui le persone cambiano da sole, senza l’aiuto di alcun programma formalizzato di trattamento.

• Deve essere applicabile ad una vasta gamma di comportamenti di dipendenza. Esistono punti in comune nelle strategie di cambiamento applicate in compor-­tamenti diversi quali l’abuso di droghe, quello di alcol, la compulsività nel gioco di azzardo, la bulimia.

• Deve aiutare ad integrare le diverse forma di trattamento disponibili nei vari ambiti di cura delle dipendenze.

• Deve occuparsi dell’intero corso del processo di cambiamento, dall’acquisizione della consapevolezza dell’esistenza di un problema fino al momento in cui il problema è risolto. Poiché il cambiamento è un processo dinamico e aperto, un

37 Spiller, V., Scaglia, M., Ceva, S., Il modello transteorico. Una modalità eclettica di terapia in Bollettino per le farmacodipendenze e l'alcoolismo, ANNO XXI 1998, no. 2;; cfr.

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modello generale del cambiamento deve essere abbastanza elastico da poter comprendere le nuove scoperte ed includere nuove variabili significative.

Da questa prima descrizione si capisce bene come il modello possa risultare applicabile anche in comportamenti “dipendenti” quali la sedentarietà. Per queste ragioni il modello di Prochaska e DiClemente è stato costruito su tre dimensioni fondamentali: gli stadi del cambiamento, i processi che vengono messi in atto ed i livelli coinvolti dal problema (DiClemente 1994). Gli stadi del cambiamento Figura 1 36

Gli stadi del cambiamento riflettono l’aspetto temporale e motivazionale del cambiamento. Il cambiamento non è un fenomeno del tipo "tutto o niente" ma un processo graduale che attraversa specifici stadi, seguendo un percorso ciclico e progressivo (Figura 1). Nell’approccio transteorico, gli stadi del cambiamento rappresentano sia un periodo di tempo sia un insieme di compiti indispensabili per il passaggio alla fase successiva. Il tempo di permanenza individuale in ciascun stadio è molto variabile, ma i compiti da eseguire per passare allo stadio successivo sono grosso modo gli stessi. Ad esempio, per passare dallo stadio della Precontemplazione a quello della Contemplazione, il paziente deve diventare consapevole del problema, affrontare quegli aspetti difensivi e abitudinari che ne rendono difficile il controllo, e iniziare a considerarne alcuni aspetti negativi (DiClemente e Hughes 1990). Poiché ogni stadio richiede l’adempimento di determinati compiti, ne consegue che particolari processi di cambiamento assumano importanza diversa all’interno di ciascuna fase del cambiamento. E’ evidente, ad esempio, che i processi di contro-­condizionamento e di controllo dello stimolo, fortemente legati alle capacità di mantenere l’astinenza, siano assolutamente impropri per un individuo che si trovi nelle fasi di Precontemplazione o Contemplazione;; nonostante ciò in alcuni ambiti clinici e "terapeutici" questa strategia viene proposta. L’uso appropriato di specifici processi di cambiamento rappresenta il presupposto fondamentale dell’approccio transteorico. 36 Spiller, V., op. cit., cfr.

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Nella fase di Precontemplazione, gli individui usano i processi del cambiamento (vedi di seguito) in maniera molto minore rispetto a chi si trova nelle fasi successive. I precontemplatori elaborano un minor numero di informazioni riguardo il loro problema, impiegano meno tempo ed energia nella propria rivalutazione di sé, sperimentano un minor numero di reazioni affettive verso gli aspetti negativi del loro problema, sono meno aperti verso le persone che più gli sono vicine, e fanno poco per risolvere il loro problema. Nella terapia, sono quei clienti che probabilmente "resisteranno" di più agli sforzi del terapeuta di aiutarli a cambiare. Importanti eventi personali o forti pressioni esterne possono rendere problematica questa situazione spingendo l’individuo nel cammino verso lo stadio successivo. E’ facile qui riscontrare assonanze con l’individuo sedentario. I soggetti nella fase di Contemplazione sono più disponibili agli interventi rivolti alla presa di coscienza del problema, come ad esempio osservazioni, confronto e interpretazioni;; sono più consapevoli di sé stessi e del problema e disponibili a rivalutarsi sia da un punto di vista affettivo che cognitivo. La rivalutazione di sé comprende la definizione di quali valori il cliente vorrebbe realizzare e per cui è disposto a lavorare. E’ anche necessario determinare quali valori il cliente è disponibile ad abbandonare: quanto più l’origine del problema è vicina ad aspetti importanti della personalità del cliente, tanto più il processo di rivalutazione di sé richiederà cambiamenti nella consapevolezza di sé. Questi processi raggiungono la massima efficacia nello stadio di Determinazione, in cui l’insopportabile tensione fra lo stato presente del paziente ed i suoi valori personali spinge alla necessità urgente di intraprendere un cambiamento. Vedremo poi gli elementi di connessione con Bandura e Rogers mentre qui è significativo sottolineare come questi stadi assomiglino ai concetti di atteggiamento e disponibilità visti in Le Boulch. Nella fase di Azione, è importante che il soggetto parta dall’idea di una liberazione personale, che creda di avere l’autonomia di cambiare la propria vita. Deve anche accettare, inoltre, che la coercizione fa parte della vita nella stessa misura dell’autonomia. Il pericolo, in questa fase, è che il cliente subisca una ricaduta e, attribuendone la causa ad una mancanza di forza di volontà, per vergogna o senso di colpa rinunci a tentare ancora. Un altro rischio è che attribuisca il successo interamente al terapeuta o ad un altro tipo di supporto "esterno", con il rischio di diventare dipendente in maniera eccessiva da questa relazione. La fase di Azione è particolarmente faticosa, e spesso crea senso di coercizione, colpa, fallimento e di limitazione alla libertà personale. E’ una fase in cui il cliente ha un bisogno particolare di sostegno e conforto, e dove affronta il rischio del rifiuto. La fase di Mantenimento, per avere successo, richiede che abbiano avuto luogo tutti i processi precedenti, tuttavia richiede anche una valutazione esplicita di quelle condizioni sotto le quali una persona rischia di venire spinta verso la ricaduta. I clienti hanno bisogno di conoscere le possibili alternative di comportamento di fronte alle situazioni che inducono al comportamento problematico senza ricadere in strategie difensive destinate all’insuccesso o in modelli di risposta patologici. E’ molto importante la sensazione di stare diventando quel tipo di persona che si vorrebbe essere: l’applicazione del contro-­condizionamento e del controllo dello stimolo è più efficacie se si basa sulla convinzione che mantenere il cambiamento significa consolidare una immagine di sé valutata positivamente dall’individuo e da almeno un’altra persona significativa.

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I processi di cambiamento Un processo di cambiamento è un tipo di attività intrapresa o vissuta da una persona quando cambia modo di pensare, di sentire o di comportarsi riguardo ad un problema particolare. Sebbene le attività possibili siano infinite, sono stati identificati dieci principali processi indipendenti. Possiamo analizzare le tecniche impiegate nella psicoterapia in funzione di quali tipi di processi intendono promuovere o scoraggiare. Cinque processi riguardano un’area prevalentemente cognitivo-­esperienziale e sono:

• Aumento della consapevolezza. Quasi tutti gli interventi terapeutici riconoscono l’importanza di un aumento della consapevolezza e di una maggiore elaborazione delle informazioni, ma differiscono nella determinazione di ciò di cui il paziente deve diventare consapevole per intraprendere il cambiamento. Il paziente diventa più curioso, aperto e disponibile ad ascoltare. Il terapeuta può fornire informazioni, considerazioni, confronti ed interpretazioni e suggerire letture su argomenti significativi.

Rispetto al corso di AMP è agevole qui il collegamento con la Didattica sostenibile e Le Boulch. • Rivalutazione di sé. E’ una riorganizzazione dell’immagine di sé a livello cognitivo ed affettivo in relazione agli aspetti sentiti come problematici. Viene principalmente utilizzata dalla terapia razionale-­emotiva e quella della Gestalt, con esperienze emozionali correttive, analisi dei valori e l’utilizzo di situazioni immaginarie.

• Attivazione emozionale e drammatizzazione. Prevede la sperimentazione e l’espressione di sentimenti di fronte ad eventi emotivamente carichi. E’ utilizzata dallo psicodramma, in cui il paziente interagisce con altri o con il terapeuta di fronte al gruppo. Le tecniche di arte-­terapia, musico-­terapia, e i role-­play, così come romanzi, film o spettacoli televisivi possono contribuire alla attivazione emozionale.

Rispetto al corso di AMP è qui facile connettersi con il metodo dell’apprendere per emozioni trattato nella Didattica sostenibile • Rivalutazione dell'ambiente. E' il processo attraverso il quale il paziente coglie i

significati del suo comportamento all'interno del suo sistema personale, familiare e sociale. Gli interventi relazionali intervengono in questa direzione.

• Liberazione sociale. Migliora le opportunità individuali aumentando le risorse ambientali e sociali del paziente (scuola, lavoro, gruppo dei pari, tempo libero, ecc.). Il terapeuta può intervenire per facilitare i contatti con gruppi di sostegno, di auto-­aiuto, o con organizzazione per la difesa dei diritti di particolari categorie (sieropositivi, omosessuali).

Altri cinque processi si riferiscono prevalentemente ad aspetti comportamentali e sono: • Liberazione personale. È la scelta ed il proponimento di attuare strategie di cambiamento. Il paziente investe energie, sforzo e denaro per far sì che la terapia proceda. Il terapeuta può aumentare il ventaglio delle possibilità, stabilire delle regole sotto forma di un contratto esplicito o insegnare abilità particolari per migliorare l’impegno del paziente. La liberazione personale si fonda sulla scelta personale, l'impegno e una adeguata fiducia nelle proprie capacità di cambiamento (autoefficacia) e spinge il paziente a prendersi la responsabilità e il controllo della propria esistenza. Il concetto di liberazione personale si fonda, in parte, sul senso di autoefficacia di Bandura (1977, 1982), e cioè la credenza che i propri sforzi giochino un ruolo critico nel riuscire in situazioni difficili. La liberazione personale,

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tuttavia, non può avere semplicemente una base cognitiva o affettiva: i clienti dovrebbero essere sufficientemente efficaci a livello comportamentale da modificare lo stimolo condizionato che li può spingere alla ricaduta. Il terapeuta può avere funzioni di consulente, per aiutare il cliente nei suoi sforzi di modificare il comportamento o l’ambiente in una direzione più libera e salutare, o può provvedere ad una fase di training per aumentare la possibilità che il cliente abbia successo in processi come il controllo dello stimolo, la gestione del rinforzo e il contro-­condizionamento.

• Contro-­condizionamento. Si occupa del cambiamento della risposta di fronte a stimoli particolari e prevede l'apprendimento di comportamenti alternativi. La desensibilizzazione sistematica e l’addestramento alla assertività sono due procedure comuni per realizzare il contro-­condizionamento.

• Controllo dello stimolo. Prevede l’intervento sullo stimolo che attiva il comportamento problematico, ristrutturando l’ambiente in modo che la probabilità che si presenti sia notevolmente ridotta. Gli interventi più comuni, ad esempio, sono quelli di rimuovere dall’ambiente in cui vive il cliente cibo, alcol, sigarette o altri stimoli simili che possono costituire una tentazione, incoraggiare nuove attività che prevengano, ad esempio, che il cliente scivoli nella depressione.

• Gestione delle ricompense. Prevede un sistema di ricompense gestito dal cliente o da altre persone a lui vicine. Vengono impiegati rinforzi espliciti ed impliciti, auto-­ricompense e contratti per gestire i "premi".

• Relazioni di aiuto. sono caratterizzate, secondo la definizione di Rogers (1957, 1959), da empatia, apertura, attenzione, fiducia e sincerità. Praticamente in tutti i differenti approcci, queste qualità costituiscono l’atmosfera generale, il contesto emotivo della relazione terapeutica capace di facilitare il cambiamento.

Si ricordi qui la parte specifica sulla Relazione d’aiuto nella trattazione di Rogers.

I processi sono comuni a tutte le situazioni in cui è necessario un cambiamento, ma assumono rilevanza diversa all’interno di ciascuna area problematica. Le persone normalmente usano tutti i dieci processi quando intraprendono un cambiamento, mentre la maggior parte delle psicoterapie ne prevedono teoricamente solo due o tre. Seguendo le indicazioni dell’approccio transteorico diviene dunque importante che l’équipe terapeutica abbia la stessa "complessità" del cliente e sia in grado di gestire ognuno di questi processi con le tecniche appropriate. L’integrazione tra stadi e processi del cambiamento fornisce una interessante "guida" per la terapia: una volta individuato lo stadio in cui si trova il cliente, il terapeuta potrà adottare una appropriata strategia applicando il processo adeguato per far sì che proceda verso la fase successiva. La terapia procede più rapidamente quando il cliente ed il terapeuta sono focalizzati sullo stesso stadio e privilegiano gli stessi processi. Se il terapeuta applica strategie relative ad uno stadio diverso rispetto a quello in cui si trova il cliente, è molto probabile che si verifichino dei comportamenti di resistenza. I livelli di cambiamento I livelli di cambiamento rappresentano una organizzazione gerarchica di cinque aree distinte ma interrelate di problemi psicologici di cui si occupano gli interventi terapeutici. I livelli sono:

• Sintomatico/situazionale • Cognitivo/Disadattivo

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• Interpersonale • Familiare/sistemico • Intrapsichico

Storicamente, le diverse scuole di psicoterapia si sono focalizzate solo su alcuni di questi livelli: i comportamentisti sul livello sintomatico/situazionale, i cognitivisti sulle cognizioni disadattive, i terapeuti della famiglia sui conflitti famigliari/sistemici e gli analisti sui conflitti intrapsichici. Solitamente l’intervento si attua, in primo luogo, al livello sintomatico/situazionale, in quanto il cambiamento si manifesta più rapidamente a questo livello. Spesso inoltre il sintomo rappresenta la causa diretta per cui l’individuo entra il terapia. Quanto più approfondiamo l’analisi all’interno della gerarchia, tanto più ci allontaniamo dalla consapevolezza di ciò che ha determinato il problema, e il problema mostra sempre più chiaramente le sue connessione al senso del sé. Per quanto riguarda la dipendenza (e non solo per essa), questi livelli non sono mai indipendenti l’uno dall’altro: cambiamenti ad un livello inducono cambiamenti anche negli altri. Secondo un approccio transteorico, l’équipe terapeutica deve essere preparata ad intervenire su tutti e cinque i livelli, anche se preferibilmente si inizierà da quello più vicino alla "superficie". Esso suggerisce in definitiva una forma integrata di psicoterapia che applica in maniera differenziale i processi di cambiamento in ciascuno dei quattro stadi a seconda del livello del problema sul quale è necessario intervenire. L’integrazione di stadi, livelli e processi di cambiamento fornisce un modello di intervento gerarchico e sistematico molto ricco in implicazioni terapeutiche. Oltre ai processi, l’approccio transteorico riconosce l’importanza di alcuni fattori generali che possono servire come indicatore per prevedere il movimento da uno stadio del cambiamento a quello successivo. Tra questi, per la trattazione di AMP prendiamo in esame il, già descritto in Bandura, livello di autoefficacia.. Per autoefficacia, lo si ricorda, si intende la fiducia di un individuo nella propria capacità di attuare un comportamento prestabilito. Si tratta di un insieme di valutazioni del soggetto rispetto alla propria possibilità di raggiungere un obiettivo specifico in un tempo determinato. Nel campo delle dipendenze il concetto di autoefficacia ha avuto notevole sviluppo e in una serie di ricerche sul fumo ne è stata verificata sperimentalmente l’utilità come variabile predittiva ed esplicativa del cambiamento. Essa rappresenta il livello di fiducia di un individuo nelle proprie capacità di resistere alla tentazione di usare determinate sostanze nelle diverse situazioni critiche che potrebbero condurre ad una ricaduta. È stato osservato che l’autoefficacia cambia significativamente attraverso gli stadi: aumenta dalla Precontemplazione alla Contemplazione, all’Azione, al Mantenimento e si stabilizza dopo un tempo relativamente lungo di astinenza (circa 18 mesi). 37

37 Spiller, V., op. cit., cfr

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3) Piano di attività

Gli studenti troveranno, di seguito, l’articolo scientifico “Piano di vita attivo tra percezione e cambiamento”, scritto dalla Dott.ssa Stefania Manzo.

Piano di Vita Attivo tra percezione e cambiamento

(Stefania Manzo) Premesse e introduzione. Il concetto di salute per molti anni è stato definito in diversi modi e correlato al tema della

malattia;; negli ultimi decenni viene riconosciuta valida la definizione dichiarata dall’OMS

(Organizzazione Mondiale della Sanità), secondo cui salute è uno “stato completo di

benessere fisico, psichico e sociale, non la semplice assenza di malattia”38.

Nella percezione popolare l’essere in salute era visto come il non essere malati e

probabilmente in alcuni contesti è tutt’ora così. La definizione dell’OMS chiarisce la

questione ed estende il concetto al diritto: essere in salute è un diritto e come tale gli Stati

e le altre Istituzioni devono farsi carico della tutela della salute realizzando opportune

strategie di azione volte a limitare, a modificare o ad eliminare tutti quegli aspetti che

agiscono negativamente sulla salute della collettività.

L’OMS, interviene con due importanti azioni riconosciute come cruciali nella storia del

secolo scorso in questo ambito di applicazione: la codifica delle “Promozione della salute”

(1986) e la “Strategia della Salute per tutti” (1984, 1991, 1998): azioni rivolte alla

prevenzione.

Il concetto di salute ha così visto inglobare nel suo significato altri determinati: oltre quelli

biologici (genetica, sesso ed età) anche quelli relativi all’ ambiente socio-­economico:

reddito, istruzione, occupazione, ecc;; all’ ambiente fisico: aria, acqua, condizioni di lavoro;;

all’accesso ai servizi: sanità, scuola, servizi sociali, ecc, ed infine agli SV: alimentazione,

fumo e uso di droghe, alcool, attività sessuale e Attività Fisica (AF).

Si determina così anche una inversione degli studi che fino a quel momento erano

orientati a correlare la presenza o meno di malattia senza tener conto delle implicazioni

comportamentali e sociali che un individuo vive;; ora invece, di deve tener conto dei

principali determinanti e correlarli con le maggiori malattie del secolo (cardiovascolari,

varie forme di cancro, il diabete di tipo 2, ipertensione, obesità). Le evidenze scientifiche

mostrano che i determinanti della salute costituiscono fattori di rischio nell’insorgenza delle

38 OMS

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stesse malattie e che modificare gli Stile di Vita (SV) potenzialmente dannosi per la salute

è possibile grazie ad azioni mirate e specifiche di prevenzione.

Se si tengono in considerazione i cambiamenti soci-­demografici a cui si è fatto riferimento,

è inevitabile anche far riferimento ad altri tipologie di cambiamento che hanno

caratterizzato il XX secolo. Soprattutto oltre la metà del secolo scorso, si è modificato

l’assetto relativo ai tipi di malattie diffuse. Tra tutte hanno prevalso, e tuttora prevalgono le

malattie croniche dette anche non trasmissibili.

Le malattie non trasmissibili rappresentano una grossa porzione delle malattie cause di

morte negli ultimi 15 anni: le malattie cardiovascolari rappresentano il 30% del totale

mondiale delle morti;; il cancro il 13%, le malattie respiratorie croniche il 7%, mentre il

diabete il 2% 2005 39

In Italia le malattie non trasmissibili rappresentano l’80% delle cause di morte;; le malattie

del sistema circolatorio il 43%, i tumori il 29%40.

Poiché i fattori di rischio sono prevedibili, appare evidente che debbano esistere politiche

ed interventi efficaci che possono agire su di essi e ridurne gli effetti nocivi.

Stabilita la relazione tra SV e salute, e stabilito che agire sugli SV generalmente detti,

significa ridurre eventuali effetti negativi sulla salute stessa, appare altresì evidente che è

necessario soffermarsi a riflettere sulle singole componenti che costituiscono lo SV.

In particolare, le nostre riflessioni si soffermeranno sull’AF.

L’AF è tra i determinanti sociali della salute maggiormente popolari negli ultimi anni;; ciò

probabilmente dovuto a diversi aspetti socio-­culturale (i media, la spettacolarizzazione del

corpo, la diffusione di pratiche sportive) che sono parte del mondo occidentale attuale e

soprattutto grazie ai numerosi studi che si sono moltiplicati negli ultimi anni per provare

l’efficacia e la relazione positiva tra AF e salute41.

Oggi giorno non basta più dire che qualcosa fa bene, ma deve essere scientificamente

provata, e spesso, neanche questo basta;; comunque in un documento redatto da il CDC

(Center for Disease Control Prevention), NHI (National Institute of Health) e da PCPFS

(President’s Council on Physical Fitness and Sports), denominato “Physical Activity and

Health”, compaiono i principali studi sugli effetti dell’AF e le principali malattie croniche a

39 Horton R, The neglected epidemic of chronic disease. www.thelancet.com, pubblicata online 5 ottobre 2005 40 ISTAT, Cause di Morte 2002 41 Sparling PB, Owen N, Lambert EV, Haskell WL, Promoting physical activity: the new imperative for public health. Health Education Research 2000; 15: 367-76

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partire dagli anni 70 fino agli anni 90. In essi si emerge sempre più l’ipotesi che non è

necessario uno sforzo vigoroso per promuovere la salute, ma che qualsiasi aumento di

attività può determinare benefici, e poiché l’AF è definita42 (anche se non esiste una

definizione a livello internazionale standardizzata) come “qualsiasi movimento del corpo

associato a contrazione muscolare che aumenta la spesa energetica a prescindere dal

livello di intensità” e che comprende quindi le attività nel tempo libero, le attività svolte sul

posto di lavoro o in casa, le attività connesse con il trasporto. Si può quindi affermare che

qualsiasi azione del quotidiano che determina movimento del proprio corpo è

potenzialmente correlato con il vivere in salute. Per offrire ulteriori chiarimenti a questa

lettura è utile precisare anche la definizione di “stile di vita attivo” cioè un comportamento

che dia la preferenza, nell’espletamento delle attività quotidiane, all’uso dei propri muscoli

piuttosto che all’uso delle macchine, quindi per esempio, scegliere di salire le scale

piuttosto che prendere l’ascensore o andare a piedi o in bici piuttosto che prendere la

macchina, oppure attraverso qualsiasi combinazione di movimento diversa giorno per

giorno: 30 minuti di attività moderata al giorno, che corrisponde a 30 minuti di camminata

veloce o a passo svelto;; 15 minuti di corsa;; 45 minuti di pallavolo;; ecc43.

Sia i dati provenienti dalle indagini nazionali ed internazionali, ma soprattutto la nostra, ha

determinato delle riflessioni e delle domande, per quale motivo, nonostante i presupposti

scientifici, l’AF, non viene svolta? Per molti studiosi, seguire le indicazioni delle diverse

linee guida di turno, implica un cambiamento nel comportamento44 , e tale cambiamento

non è praticabile se non si è supportanti.

Molte teorie sul cambiamento sono state studiate anche in funzione all’attività fisica45;; tra

questa anche il modello trans-­teorico, sugli stadi del cambiamento degli studiosi

Prochaska e Di Clemente, i cui successivi approfondimenti hanno dato vita ad uno

strumento standardizzato, il questionario sull’ AF e i modelli del cambiamento46. Da qui,

numerosi studi hanno valutato l’efficacia della relazione di programmi di AF al fine di

indurre cambiamenti nello SV o più semplicemente per favorire il passaggio da uno SV

non attivo (sedentario) ad uno SV attivo, utilizzando appunto i modelli per la valutazione al

cambiamento.

42 Casperson CJ, Powell KE, Christenson GM, Physical activity, exercise and fitness: definition and distinctions for health-related research. Public Health Rep 100: 126-30; EU Physical Activity Guidelines, 2008 43 Physical Activity and Health, CDCP, NCCDPHP, PCPFS 44 Casperson CJ, Powell KE, Christenson GM Physical activity, exercise and physical fitness: definition and distinctions for healt.related research. Public Health Rep 100: 126-30 45 Sparling PB, Owen N, Lambert EV, Haskell WL, Promoting Physical Activity: the new imperative for public health. Health Education Research 2000; 367-376 46 Ivi pag 16

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Ma anche altri teorici sono stati presi in considerazione: Skinner47, rispetto al tipo di

rinforzo che deve essere offerto a chi produce un cambiamento rispetto al proprio stato;;

Bandura48, rispetto al determinismo reciproco tra ambiente e comportamento che si

influenzano reciprocamente. Ingenerale tra i modelli più applicati, quello di Prochaska e Di

clemente è tra i più diffusi per l’AF.

Il modello adattato prevede diverse fasi, la pre-­contemplazione (non pratica AF, né gli

interessa);; contemplazione (non pratica ma vorrebbe cominciare);; preparazione (pratica

AF irregolare);; azione (è attivi da poco);; mantenimento (pratica AF regolarmente)49.

Può bastare essere motivati al cambiamento? Può bastare, essere nelle condizioni di

esser pro-­attivi rispetto a ciò che vuole perseguire? Forse sì, forse no. In particolari

ambienti ed aree come può essere la promozione dell’AF, spesso è necessario fare di più.

Le persone comuni, il popolo, non hanno consapevolezza rispetto agli strumenti ed a i

mezzi per perseguire dati obiettivi, poiché non hanno neanche le conoscenze idonee per

poter solo pensare ad un cambiamento, allora è necessario che siano supportati, non

riescono nel perseguimento degli obietti.

In questi come in altri studi si è messo in evidenza che in persone che conducono uno SV

sedentario, il solo essere sollecitati e stimolati, induce un sostanziale cambiamento nella

scelta di praticare AF50. Un concetto ancora più profondo è il sostegno o come viene

definito da Bruner lo “scaffolding”, cioè le strategie di sostegno all’apprendimento che

consentono di svolgere una azione pur non avendo completamente le competenze e

soprattutto l’autonomia per farlo, ma che, grazie al sostegno di un esperto e attraverso una

serie di suggerimenti, indicazioni, tali azioni possano essere svolte;; nonché creare i

presupposti affinché il sostegno venga man mano allentato fino al completo “smontaggio”

dello stesso. Ciò è quello che potrebbe accadere anche per quanto riguarda l’approccio

all’AF di un soggetto sedentario e che non ha dimestichezza con tale pratica.

Questo è ciò che è stato tentato di realizzare nella sottomissione del PVA nello studio

denominato “Piano di Vita attivo tra percezione e cambiamento”.

47 Skinner B. Science and Human Behavior. The free press. New York 1953 48 Bandura A.. Self efficacy: toward a unifying theory of behavior change. Psycological Rewied 1977; 84: 191-215 49 Morgante S. Attività fisica: prevenzione delle malattie croniche; Dialogo sui farmaci 5/2007 50 Albright CL., Pruitt L., Castro C., Gonzalez A, Woo S, King AC. Modifying physical activity in a multiethnic sample of low-income women: one-year results from the IMPACT (Increasing Motivation for Physical ACTivity) project, Annals of behavioral medicine : a publication of the Society of Behavioral Medicine. 2005, 30(3):191-200

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In diversi studi51 emerge la difficoltà che si ha nell’ottenere dati relativi alla quota di attività

fisica, all’intensità e alle durata;; o meglio, alla difficoltà che si ha di ottenere queste

informazioni rispetto alla quota di movimento quotidiano e quanto questo abbia effetti su

sullo SV;; infatti i parametri relativi a tipo, intensità e durata possono essere verificati

soprattutto in test da campo e quindi quando l’attività è richiesta, mentre, visto quanto

detto che non importa come, ma quanta attività viene fatta nella giornata, emerge un

problema. In letteratura sono diversi gli strumenti standardizzati che nel tempo sono stati

ideati a tale scopo, tra tutti ne ricordiamo tre, l’IPAQ International Physical Activity

Questionnaire52, che permette di individuare i MET53 spesi per l’attività di cammino,

vigorosa e moderata degli ultimi 7 giorni e il Compendio di AF54 55che è uno schema di

codici per ciascun tipo di azione potenzialmente svolgibile nella quotidianità a cui è

associato un valore di MET. Negli ultimi anni si è anche diffuso l’uso del contapassi o

pedometro, come strumento di misura dell’attività fisica. Diversi studi ne mostrano

l’efficacia non solo come strumento di misura ma anche come incentivo all’incremento

dell’attività;; tanto che si è giunti a classificare un soggetto in base al numero di passi svolti

durante la giornata56 (a tal fine questo metodo è stato utilizzato nel quarto studio);; inoltre,

camminando con il contapassi si incrementa l’AF57.

Ma quanta AF si deve “somministrare” per stare bene: diversi sono gli studi che

evidenzino la dose-­risposta, ovvero tra la somministrazione di AF e l’effettiva pratica e l’AF

in funzione alla percezione di salute. In una revisione58 emerge che per soggetti in cui si

prevedevano 4 o più contatti tra chi somministrava e chi riceveva, si portava ad un

incremento significativo della probabilità di successo (fare attività);; in un altro studio, in

soggetti che regolarmente svolgevano AF moderata inferiore ai 20 minuti o superiore ai 90

erano associati a 14 o più giorni di malattia59.

51 Phisical Activity and Health, CDCP, NCCDPHP, PCPFS 52 IPAQ:12- Country Reliability and Validity Med. Sci. Sport Exerc, Vol 35, N.8 pp 1381-1395, 2003 53 MET, Equivalente Metabolico: quantità di energia richiesta in condizioni di riposo, a sedere, espressa come volume di ossigeno consumato nell’unità di tempo (ml/min)= 1 MET=3,5 ml O2/kg p.c./min 54 Ainsworth B., Haskell W.L., Leon A. S. et al. Compendium of Physical Activities: Energy costs of human movements, Medicine and Science in Sport and Exercise. 1993, 25 (1): 71-80 55 Ainsworth B., Haskell W.L.,Whitt MC.. Compendium of Physical Activities: an up date of activity codes and MET intensities, Medicine and Science in Sports and Exercise. 2000, 32: 498-516 56 Tudor Locke C, Bassett DR Jr. How many steps are enough? Preliminary indices for public health. Sport med 2004; 34(1): 1-8 57 De Cocker KA, De Bourdeaudhuij IM, Cardon GM. The effect of pedometer use in combination with cognitive and behavioral support material sto promote physical activity, Patient Educ Couns PMID: 18036764, Nov 2007 58 Hillsdon M et al. Intervention for promoting physical activity. Cochrane Database of Systematic Reviews, 2005 Issue 1 59 Brown DW, et al. Association between Physical Activity Dose and Health_Related Quality of life. Med. Sci. sports exerc 2004; 36: 890-896

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Lo studio Lo studio Piano di Vita Attivo tra percezione e cambiamento, che ha visto la stesura di un piano individualizzato di SVA per ciascun soggetto del gruppo campione, prende origine

dai dati raccolti ed elaborati dal questionario dello studio “Analisi di genere e SV tra

passato e presente”. Nell’occasione della somministrazione del questionario si è

provveduto a spiegare ai rispondenti che ci sarebbe stata una seconda fase dello studio e

chi avesse voluto prendervi parte, avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione ad essere

ricontattato tramite i recapiti che avrebbe fornito. In 120 hanno firmato l’autorizzazione e da quel momento in poi si è dato inizio allo studio

4.

5.2 Obiettivo Verificare se un programma suggerito e controllato definito PVA contribuisca a modificare

lo SV di un soggetto che, in base ai risultati del questionario utilizzato nello studio “Analisi

di genere e SV tra passato e presente”, non risultava seguire uno SVA o non era

classificabile;; o quanto meno a suscitare consapevolezza del proprio stato.

5.3 Mezzi e metodi A seguito della somministrazione del questionario e a seguito dell’analisi dei dati è stato

individuato un sotto campione (da questo momento chiamato campione) emerso grazie

all’applicazione dell’algoritmo dell’ IPAQ. Il campione è costituito da un gruppo di persone

il cui proprio MET è emerso come basso e da un gruppo di persone a cui l’algoritmo

dell’IPAQ non è stato possibile applicare a causa delle proprietà specifiche del

questionario. Il campione sottoposto al PVA è di 5 soggetti;; qui si presentano i dati relativi

a 4.

I tempi e le procedura dello studio sono riassunte in Tab 1. Lo studio è iniziato alla metà di

ottobre e terminato alla fine di dicembre 2008. In generale è possibile identificare 6 periodi:

ü 5 incontri in cui il campione ha incontrato il gruppo di ricerca per scambiarsi

materiale e considerazioni;;

ü 1 settimana di osservazione definita PRE, poiché è avvenuta prima della

sottomissione del Piano di Vita Attiva, ed in cui il campione ha completato le

richieste del gruppo di ricerca (check list alimentare, compendio, indossare il

contapassi, ecc)

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ü Un periodo di elaborazione dei dati raccolti durante la settimana PRE e

l’elaborazione del PVA da parte del gruppo di ricerca;;

ü 3 settimane si sottomissione del PVA;;

ü 2 interviste, una durante la sottomissione del PVA ed una al termine;;

ü 2 settimane di monitoraggio in cui il campione ha condotto la propria vita quotidiana

senza dover seguire le indicazioni del piano.

Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati per l’indagine, ne sono stati utilizzati diversi a

seconda del momento dello studio;; ciascuno di essi aveva uno specifico obiettivo.

Di seguito i dettagli:

Cartellina: consegnata ad ogni soggetto inviato a prendere parte all’indagine il cui

contenuto era: consenso informato, foglio informativi su sedentarietà-­attività fisica, fumo,

alcool del Ministero della Salute, l’SF36 da compilare al momento e le schede da

compilare durante la prima settimana di osservazione.

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Tab 1: tempi e procedure dello studio

Contapassi: modello Globus Steppy cardio della Globus Italia;; la motivazione principale

per cui si è scelto di utilizzare questo strumento è stata la semplicità di utilizzo, di

reperibilità e di efficacia. l’obiettivo principale da perseguire attraverso il contapassi era

rendere consapevoli i soggetti rispetto alla quota di movimento quotidiana attraverso la

camminata.

(Validazione dello strumento: ciascun soggetto indossava 2 contapassi ed è stato invitato

a settarli su di sé attraverso una serie di prove-­percorso. Ogni percorso prevedeva 100

passi effettuati in piano, in salita, in discesa, per le scale in salita e in discesa, infine

attraverso un percorso misto. L’obiettivo era verificare la corretta funzionalità dei due

contapassi rispetto al conteggio effettuato verbalmente dal ricercatore e individuare

particolari differenze tra i due contapassi. Come è possibile notare in tabella 2, non sono

emerse particolari differenze tra i due strumenti, ed entrambi non si sono rivelati essere

precisi al 100%, ma con un margine di minimo errore)

Scheda: ciascuna scheda comprendeva una check-­list alimentare in cui indicare gli

alimenti assunti nei 5 pasti principali (colazione, metà mattina, pranzo, metà pomeriggio,

cena);; lo spazio per indicare il numero di passi quotidiano, una selezione di attività

I incontro Presentazione progetto, firma consenso

informato, settaggio contapassi, compilazione SF36, scheda star bene, consegna materiale (contapassi, check- list alimentare, rilevazione

attività quotidiane, diario di bordo)

I settimana di osservazione (PRE) Attenta e puntuale analisi della vita

quotidiana attraverso la compilazione delle schede e rilevazione n. passi

II-III-IV osservazione (PVA1, PVA2, PVA3)

I soggetti devono seguire il PVA e completare le schede

II settimana di monitoraggio

(MON2)Compilazione schede VIVENDO LA LORO QUOTIDIANITA

I settimana di monitoraggio (MON1) Compilazione schede VIVENDO LA LORO

QUOTIDIANITA

II Incontro Ritiro schede

III Incontro Consegna PVA e

nuove schede

IV Incontro Ritiro schede e consegna di nuove per 1°

settimana di monitoraggio, somministrazione SF36, scheda star bene, IPAQ, domanda

relative allo SV, rilevazione pliche

V Incontro Ritiro tutto materiale compreso diario di

bordo

Tempo analisi

Elaborazione dei PVA

I Intervista

II Intervista

Borgogni AM Preventiva 2011/12

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(rilevate da Ainsworth B., Haskell W.L.,Whitt MC., Compendium of Physical Activities: an

up date of activity codes and MET intensities, Medicine and Science in Sports and

Exercise. 2000, 32: 498-­516) tra cui indicare quelle svolte durante il giorno ed il tempo

trascorso a farle;; e delle domande relative alle scelte attive effettuate durante la giornata

(scale o ascensore, camminato o seduto, ecc).

Le attività selezionate dal compendio sono state organizzate in base ad aree tematiche;; in

particolare sono state invidiate attività sportive (n.=32);; attività domestiche (n.=17);; attività

del tempo libero (n.=19);; attività relative al cammino e al trasporto (n.= 20);; attività

lavorative (n.= 21);; attività relative alla cura di sé e personali (n.= 6).

Relativamente alla check list alimentare, non assumendo in questo caso specifico il ruolo

di esperti della nutrizione e non essendo nelle condizioni (visto che non sono state mai

chieste le relative quantità per gli alimenti assunti), nella stesura del PVA sono stati forniti

consigli alimentari volti a rendere consapevolezza nel soggetto su quanto anche

l’alimentazioni sia correlata con gli obiettivi dello studio.

Diario di bordo: da compilare per tutti e 60 i giorni tenendo in considerazione 5 aree

tematiche, movimento, salute, alimentazione, fumo, alcool.

Tab 2: Validazione Contapassi Modello Globus e Luce

id

GLOBUS

100 passi piano

100 passi salita

100 passi discesa

100 scale salita

100 scale discesa

100 percorso misto

veloce lento veloce lento veloce lento veloce lento veloce lento 1 108 103 103 105 111 112 98 103 95 104 103 2 99 107 99 81 100 105 100 108 109 104 101 3 100 160 106 109 103 94 106 106 94 114 104 4 102 109 97 104 98 101 97 100 78 100 99 LUCE

100 passi piano

100 passi salita

100 passi discesa

100 scale salita

100 scale discesa

100 percorso misto

id veloce lento veloce lento veloce lento veloce lento veloce lento 1 105 104 98 99 109 113 98 102 93 95 105 2 101 125 100 93 101 107 107 109 110 102 101 3 104 136 107 104 102 96 106 108 104 110 108 4 113 109 103 107 100 106 97 101 100 104 103

A seguito della prima settimana di osservazioni sono state raccolte classificate ed

analizzate le informazioni fornite dalle schede, ed è stato possibile stilare un programma

individualizzato definito “PVA”.

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Facendo riferimento allo studio “How many Steps/Day are enough?: Preliminary

Pedometer Indices for Public Health”Tudor – Locke Catrine, Bassett David R Jr, 2004,

ciascun soggetto è stato classificato come poco attivo, parzialmente attivo o attivo;; inoltre

ciascun piano prevedeva una serie di consigli “attivi” per il conseguimento di mini-­obiettivi

da perseguire nelle settimane successive.

PVA -­ Piano di Vita attivo: al partecipante è stato richiesto di seguire il piano per 21 giorni.

Il metodo con cui si è elaborato il PVA, non si è basato solo sulla lettura dei dati e

sull’incremento di valori numerici, al contrario si è cercato di dare importanza all’aspetto

motivazionale con il quale il soggetto avrebbe dovuto confrontarsi alla lettura delle

indicazioni fornite nel PVA. Per intenderci si è cercato di offrire la possibilità al soggetto di

perseguire gli obiettivi confrontandosi con le proprie possibilità costruendo intorno ad esso

una “impalcatura di sostegno”, che potesse permettergli di rendersi partecipe delle proprie

scelte, consapevole degli obiettivi da raggiungere e che si rendesse parte integrante del

suo cambiamento in modo cosciente.

Contestualmente dovevano essere compilate le schede.

Infine i soggetti sono stati monitorati per altre 2 settimane non consecutive.

Interviste: sono state realizzate due interviste approfondite;; una durante i 21 giorni di PVA

ed una a distanza;; le domande erano relative alle sensazioni generali circa lo SV, al PVA

imposto, e all’eventuale riflessioni su qualche cambiamento di atteggiamento percepito a

seguito del PVA. (appendice A)

Sms: grazie all’utilizzo di un software on-­line per l’invio programmato (totalconnect), a

partire dal primo giorno e con cadenza quotidiana, sono stati inoltrati, ai soggetti, degli

sms aventi come oggetto riflessioni sullo SV, sulle abitudini quotidiane, sulle scelte attive.

(appendice B)

5.4 Risultati I primi risultati sono relativi all’identificazione del gruppo campione.

Dei 511 soggetti che hanno risposto al questionario 120 hanno. In tabella 3 è

rappresentata la distribuzione nei profili IPAQ.

Tab 3: Distribuzione del campione nei profili IPAQ MET F % Basso 18.0 15.0 Medio 37 30.8 Alto 40 33.3 25 20.8 TOT 120 100

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L’interesse si è concentrato sui 25 IPAQ non applicato ed i 18 MET basso;; di questi 43

soggetti per circa 23 non erano corretti i dati forniti o hanno dichiarato di non essere più

interessati;; la restante parte è stata convocata per un primo incontro informativo, al

termine solo 5 persone hanno preso parte allo studio. Lo studio è partito alla metà di

ottobre e si è concluso oltre la metà di dicembre per un totale di 60 giorni. Il periodo dello

studio è stato diviso in 6 settimane (PRE;; PVA1, PVA2, PVA3;;MON1 e MON2).

Il presente lavoro riguarda i risultati del soggetto n. 2.

Soggetto 2 Il soggetto 2 è una femmina di 27 anni fumatrice, che sin dal primo contatto telefonico non

ha esitato a dichiarare la sua sedentarietà e la sua poca motivazione ad essere attiva. È

stata tra le prime a firmare il consenso informato e a rendersi disponibile qualsiasi cosa le

fosse stata proposta affinché il suo stato di inattività potesse cambiare. Il suo profilo IPAQ

è stato MET basso.

Nella I settimana di osservazione (7 gg) (PRE), è emerso che:

- il range di passi per giorno è compreso tra i 5250 ed gli 11000 ed una media di

5855;;

- che ciascuno dei due pasti principali (pranzo e cena) è formati sempre da un primo

e da un secondo piatto e che assume in modo particolare salumi e carboidrati ;;

- il numero di sigarette fumate in media al giorno corrisponde a 6.6;;

- non è auto munita, ma prevalentemente si è sposta con i mezzi a motore e ha

dichiarato di aver fatto una qualche forma di attività almeno in due giorni.

- Il valore di MET settimanale è pari a 5522 con una media quotidiana pari a 788

MET giornalieri (valori di riferimento Compendium Ainsworth, 2000).

A questo punto la sua settimana è stata analizzata ed è stato stilato il PVA. Il soggetto 2

era tenuto, come da accordi a seguire i consigli e i micro-­obiettivi prefissati per i successivi

21 giorni, sottoporsi alle due interviste previste (peri-­trattamento e post-­trattamento),

nonché a ricevere gli sms, continuando a completare la scheda ed il diario di bordo.

Nell’incontro previsto per la spiegazione del PVA il soggetto ha mostrato di essere

d’accordo con la lettura e l’interpretazione dei dati offerti dalla prima settima di

osservazione e si è mostrato particolarmente pronto ad intraprendere il processo di

indagine, riconoscendo il proprio stato.

Il PVA è stato spiegato nel dettaglio partendo dall’analisi della situazione di partenza e

declinando quali sarebbero stati i micro-­ obiettivi da perseguire. (Tabella 6 e 7)

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Tab 6: Soggetto 2, PVA

Micro obiettivi Indicazioni del PVA

Incrementare il numero di passi totale

Incremento dal 30 al 40% durante i

20 gg (con un incremento medio

settimanale da 1700 a 2300

passi/settimanali)

Raggiungere 10000 passi al giorno Raggiungere 10000 passi al giorno in

almeno 7 giorni su 20

Incrementare gli spostamenti a piedi (o bici)

Per gli spostamenti inferiori ai 2 Km,

andare sempre a piedi (o bici), per

tutti i 20 gg

Incrementare l’attività motoria o sportiva

Fare attività almeno 2 volte la

settimana, per esempio passeggiare

con frequenza di passo moderato* o

correre a moderata velocità, o

pedalare per almeno 30 minuti

Incrementare la scelte delle scale Scegliere le scale sempre per tutti i

20 gg

Incrementare il momenti di movimento

ü Durante i momento di studio,

passeggiare nella stanza;;

ü quando parli al telefono

cercare di stare in piedi o in

movimento**;;

ü incrementare le attività

casalinghe***.

Diminuire il numero di sigarette Ridurre di 2 sigarette il numero

quotidiano

* il concetto di moderata intensità è stato più volte spiegato nei vari incontri;;

** è emerso che passava molto tempo al telefono seduta;;

*** è emerso che le attività casalinghe erano particolarmente ridotte;;

Tab 7: Soggetto 1, Consigli alimentari

Colazione Utilizzare latte, succo di frutta, thè, cereali e marmellata

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Pasti aggiuntivi Un frutto tutti i giorni

Pranzo Un primo ed un contorno

Pasto aggiuntivo Yogurt o frutta o thè e biscotti

Cena Limitare i salumi, aggiungere pesce o uova

Acqua Aumentare la quantità

La Figura 4 rappresenta i MET relativi al soggetto 2 nelle diverse settimane di

osservazione.

Emerge una variazione dei valori di MET tra le diverse settimane e appare evidente la

notevole differenza tra le prime 4 settimane (PRE, PVA1, 2, 3) e le ultime due, quelle

relative al monitoraggio (MON1, 2). Per quanto riguarda le variazioni tra il periodo PRE e

le 3 settimane di PVA è altresì possibile notare delle variazioni in positivo. Il soggetto pare

aver seguito in modo conforme le indicazioni del PVA, tentando di perseguire gli obiettivi

del piano stesso. L’aspetto interessante che riscontriamo nei grafici è la gradualità delle

variazioni e ciò permette di confermare le nostre percezioni poiché anche le indicazioni, i

micro-­obiettivi, definiti nel piano stabilivano una gradualità in rispetto alle reali possibilità

del soggetto da un punto di vista motivazionale e di tangibilità.

Figura 4: Soggetto 2, MET nei diversi periodi

Figura 5: Soggetto 2, MET per ciascun gruppo di attività nei diversi periodi

Soggetto 2: METs nei diversi periodi

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000LUN

MAR

MER

GIOVEN

SAB

DOM

PrePva1Pva2Pva3Mon1Mon2

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La Figura 5 rappresenta i MET per ciascun gruppo di attività nei diversi periodi del

soggetto 2. Osservando la Figura si nota come i MET spesi nelle varie settimane sono

medio bassi e aumentano, seppur di poco nelle varie settimane. Allo stesso tempo i grafici

mettono in evidenza il peso di ciascun gruppo di attività durante la giornata e nella

settimana. Si nota che nella settimana del PRE, i MET principali spesi provengono da

attività del tempo libero. Ciò ci potrebbe sembrare interessante, poiché si potrebbe

pensare che il soggetto abbia trascorso tempo all’aria aperta o abbia fatto passeggiate

quindi una serie di attività che comunemente vengono associate al tempo libero;; ma non è

così, andando a leggere il cartaceo ci si è resi conto che le principali attività segnalate,

all’interno del gruppo attività tempo libero, risultano essere categorie come: guardare la

televisione in silenzio, inattività-­lettura, inattività parlando al telefono, attività che

lievemente diminuiscono nella prima settimana di PVA, ma che poi tornano delle

successiva, per quasi scomparire nei monitoraggi. Cosa accade nelle settimane relative ai

monitoraggi è offerto dall’attenta lettura della Figura: emerge un cambiamento nella

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

Soggetto 2, MET/attività periodo PRE

Cura e personaliLavorativeCammino/trasportoTempo liberoDomesticheSportive

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

Soggetto 2, MET/attività periodo PVA1

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

Soggeto 2, MET/attività periodo PVA2

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

Soggetto 2, MET/attività periodo PVA3

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

Soggetto 2, MET/attività periodo MON1

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

LUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

Soggetto 2, METsattività periodo MON2

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quotidianità . Il soggetto trascorre il suo tempo a svolgere attività lavorative che

evidentemente hanno un peso MET elevato e si sostituiscono completamente alle attività

del tempo libero. Non è detto che ciò sia un cambiamento dovuto al piano, ma ha

permesso al soggetto di incrementare la propria quota di MET.

Figura 6 Soggetto 2, numero passi nei diversi periodi

Nella Figura 6 è rappresentato il numero di passi nei diversi periodi del soggetto 2.

Dall’analisi dei passi della settimana PRE, il soggetto è stato definito come poco attivo e

l’obiettivo rispetto all’incremento previsto dal PVA era di raggiungere i 10000 passi in

almeno 7 giorni su 20 o di avere un incremento medio dai 1700 ai 2300 passi durante i 20

giorni.

La linea rossa rappresenta il valore dei 10000 passi, valore che è stato preso come

obiettivo di riferimento.

Dalla Figura è possibile notare che il soggetto in 6 giorni raggiunge o supera i 10000

passi, e che i valori delle settimane di PVA, risultano essere in gran parte dei giorni

superiori alla settimana PRE.

Durante i 21 giorni di PVA il soggetto è stato contattato telefonicamente per chiedere

come stava proseguendo la sua nuova “vita attivo” ma soprattutto il soggetto è stato

sostenuto da un punto di vista motivazionale rispetto alla consapevolezza delle azione che

SOGGETTO 2: N.PASSI NEI DIVERSI PERIODI

02000400060008000100001200014000160001800020000

LUN

MAR

MER

GIOVEN

SAB

DOM

PREPVA1PVA2PVA3MON1MON2

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stava realizzando, attraverso il sistema di sms quotidiano. Il sistema di sms si è rivelato

essere molto apprezzato (informazione ottenuta attraverso l’intervista) poiché non solo

offriva riflessioni relativamente ai contenuti , ma apportava nuove conoscenze. Il sistema è

stato valutato positivamente e su una scala di valori da 1 a 5, (1 poco efficace – 5

decisamente efficace), in cui il soggetto ha attribuito il massimo punteggio definendo gli

sms come ciò che “…mi dava motivazione, mi rendeva felice e più motivata, anzi quando

ero demotivata, l’sms mi motivava…”.

Il soggetto è stato sottoposto ad una intervista “peri-­trattamento” ed a una intervista “post-­

trattamento”, in cui sono state poste una serie di domande volte ad ottenere informazioni

sul livello di consapevolezza di partecipazione al protocollo, sul livello di percezione del

proprio comportamento rispetto al protocollo stesso.

Nella prima intervista e per quanto riguarda informazioni generali, il soggetto ha

confermato di ritenersi una persona poco attiva, relativamente informata sul concetto di

SVA e decisamente pigra;; con poca determinazione, particolarmente accompagnata da

sensazioni di stanchezza, senza la reale volontà di smettere di fumare;; la principale

motivazione per cui si sposta e sceglie prevalentemente i mezzi a motore è la pigrizia, la

fretta e l’incapacità di essere puntuale;; relativamente alle informazioni specifiche sul PVA,

ha riconosciuto di non essere particolarmente rispettosa di tutte le indicazioni del piano,

ma per la tendenza a cedere alla pigrizia l’alibi per non aver raggiunto i 10000 passi al

giorno è stato a ciò attribuito;; relativamente alla spiegazione dei motivi per cui non

intraprende una attività sportiva, definisce la sua posizione come “uno sforzo che non mi

va di fare”.

Come da protocollo, a seguito delle tre settimane di PVA, il soggetto si è attenuto a

rispettare i tempi del monitoraggio e a sottoporsi all’ultima intervista, dalla quale è emerso

che non si ritiene una persona completamente attiva ma allo stesso tempo poco di più

rispetto a prima PVA;; che forse non sarà in grado di mantenere lo scarso miglioramento

ottenuto;; che la pigrizia è la principale causa per cui ciò accadrà. Il soggetto è stato

comunque molto determinata nel portare avanti con successo il protocollo e ciò che per

esso era previsto (PVA e compilazione schede);; non crede che sia cambiata ma allo

stesso tempo ha acquisito consigli a sufficienza per poter provare a continuare da sola a

migliorare lo SV;; le sensazioni in generale dopo aver portato avanti il PVA sono positive

rispetto al movimento e alla consapevolezza dell’importanza del suo ruolo (soprattutto

relativamente all’esperienza del cammino).

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Relativamente all’uso del contapassi e al feedback rispetto al numero dei passi la

percezione è stata positiva “guardare il contapassi e vedere il numero di passi mi motivava

a camminare di più”.

Alla domanda se il PVA fosse stato un peso o una guida, la risposta è stata, “entrambi,

anche se mi è servito molto per provare a spronarmi”.

Discussione e limiti della ricerca

Lo studio presenta diversi limiti. Durante la preparazione dei materiali il gruppo di ricerca si

è reso conto che le richieste nei confronti del gruppo di ricerca erano notevolmente

impegnative (compilare le schede quotidianamente e indossare il contapassi), e che ciò

avrebbe comportato problemi nella raccolta dei dati. Allo stesso tempo, sono state

applicati e testati diversi strumenti e procedure.

La forza dello studio, che ci ha rasserenato sull’aver perseguito gli obiettivi, sono stati le

interviste e il sistema controllato di invio degli sms.

Per quanto riguarda gli sms, non solo il contenuto dei testi, ma soprattutto il supporto che

l’invio dei messaggi ha offerto ad ogni componente del gruppo campione;; infatti ha

permesso loro di percepire la costante presenza del gruppo di ricerca.

Allo stesso tempo se ci fossimo limitati alla mera lettura dei dati quantitativi, avremmo

perso molti dettagli, molte sfumature che sono emerse dalle interviste.

Ciascun soggetto ha dichiarato di aver raggiunto una maggiore consapevolezza rispetto al

proprio stato e sull’importanza del condurre una stile di vita attivo.

Rispetto al caso presentato, si può affermare che lo stato di consapevolezza è stato

raggiunto, e le evidenze le offrono le interviste ma anche i personali contatti avvenuti con il

gruppo di ricerca;; ma ancora il processo di cambiamento del proprio comportamento era

solo ad una fase iniziale.

In conclusione lo studio ha mostrato che quando si vuole approfondire il punto di vista

delle persone soprattutto su temi delicati come “la conduzione della propria vita” non è

possibile prendere per attendibili i soli dati numerici;;

Ha altresì mostrato quanto i sostegni, personale (gruppo di ricerca) o artificiale (sms),

sono fondamentali per il coinvolgimento delle persone.

Ha mostrato che pur agendo attraverso strategie pianificate e mirate non bastano quando

ancora le persone non hanno scelto di intraprendere un percorso perché l’obiettivo deve

essere l’incremento della capacità dell’individuo di operare scelte autonome e non il

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semplice facilitare l’adesione a modelli d comportamento. L’obiettivo dovrebbe essere

infatti l’incremento della capacità dell’individuo di operare scelte autonome e non il

facilitare l’adesione a modelli di comportamento.

Bibliografia:

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