verità e giustizia

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22 novembre 2012 La newsletter di liberainformazione n.98 verità e giustizia LAZIO SOTTO SCACCO

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Supplemento di approfondimento di liberainformazione.org

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Page 1: Verità e giustizia

22 novembre 2012

La newsletter di liberainformazione

n.98

veritàegiustizia

LAZIOSOT TOSCACCO

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2 verità e giustizia - 22 novembre 2012

di Santo Della Volpe

>>editoriale

In un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, fanno notizia gli esercizi com-merciali che chiudono, e non

sono pochi. Fanno meno scalpore i negozi, ristoranti,supermercati, bar che ri-sorgono o vengono aperti in barba alla crisi. Cambiano proprietà antichi marchi, insegne storiche e più recen-ti: e cambiano,spesso, le facce di chi li gestisce. Valigette di soldi in mano, sono arri-vati nel Lazio e in alcuni capoluoghi importanti, a partire da Latina, ma arrivando sino a Roma, personaggi insospettabili, prestanomi incensu-rati a nome di clan della camorra. Persino intorno a Montecitorio ci sono ristoranti e pizzerie che hanno cambiato proprietà e padroni nel giro di pochi mesi: questo si sapeva, da tempo, almeno da quando è esploso il caso del Cafè de Paris di Via Veneto. Quel che non si sapeva è che anche altre province considerate fuori da questi giri di usura e infiltrazioni commerciali mafiose, sono ora nel pieno del ciclo di compravendita della

criminalità organizzata. Sta accaden-do anche in provincia di Viterbo, ad esempio, dove alcuni segnalatori so-ciali (associazioni e uomini del com-mercio) hanno visto crescere l’arrivo di personaggi strani, dal casertano e dalla Calabria, per investire, compra-re, in una parola riciclare denaro.E le istituzioni? La prefettura? Per ora non ci sono reazioni di preoccu-pazione, almeno da Viterbo, ma i ri-schi restano; anche perché il credito è chiuso, la criminalità organizzata ha i forzieri ancora pieni, i conti economi-ci delle mafie sono ancora in attivo, a scapito della economia pulita.Anche per questo siamo tornati nel Sud del Lazio: perché tra Latina ed il confine con la Campania purtroppo la penetrazione è diventata minaccia consolidata, con precisi rapporti ed una presenza nella politica, sia re-gionale che locale. Perché tutti sanno che è nel sud del Lazio che il Pdl si affermò nelle ultime elezioni regiona-li grazie ad una capillare raccolta di voti; ed è proprio nel Sud del Lazio, tra Anagni e Roma che la stessa giun-ta regionale Polverini è naufragata,

Mafie nel Lazio: non solo al Sud

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tra ammanchi, spese incontrollate dei soldi pubblici e ruberie cu cui in-daga la magistratura. Quel che pochi sanno è che in quelle zone, tra Fondi, Latina e la costa di Sabaudia, ormai è diventato difficile fare informazione libera, denunciare i guasti ed i comportamenti scandalosi della politica locale che governa quel-le zone e di alcuni potentati econo-mici che si muovono tra commercio all’ingrosso, agricoltura, edilizia ed appalti pubblici. Difficile denunciare, difficile scrivere liberamente se non si vuole andare incontro a minacce, avvertimenti, chiusura dei giornali e delle radio pri-vate. Anche per questo Libera Informazio-ne torna a Sud del Lazio, zona crucia-le per il resto d’Italia,perché terra di confine, terra di presidio e contrasto democratico alle penetrazioni ma-fiose, come dimostrano le vicende, presenti e passate, di Borgo Sabotino; terre ed edifici confiscati alle mafie ed assegnate a Libera, dove i crimi-nali non si rassegnano e cercano pe-riodicamente di colpire con attentati

distruttivi gli edifici loro confiscati, per cercare di intimidire e ricacciare indietro la cultura della legalità,vista dalle mafie come loro primo nemico. Anche qui è importante non solo la reazione democratica delle associa-zioni e di Libera; ci vuole l’impegno delle istituzioni e degli enti locali per fare di quel pre-sidio antimafia una vero punto di espansione dell’educazione e della legalità, guardando al futuro.Partire da Borgo Sabotino e dal Sud del Lazio per riprendere il cammino della legalità verso il Sud dell’Italia: per impedire che le mafie salgano ver-so nord al ritmo veloce dei soldi e dei traffici illeciti. E per ribaltare la logica di chi ritiene che “pecunia non olet”, cioè i soldi non hanno odore e che quindi vanno sempre bene, purchè non si sappia da dove vengono. Vogliamo che si sappia,invece, da dove arrivano e vogliamo che quei soldi riciclati non servano per inqui-nare le attività pulite, ma vengano scoperti, confiscati e ridati alla collet-tività.

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Oltre 46 clan operano nel La-zio, oltre seimila operazioni finanziarie sospette. Que-sti alcuni dei dati emersi

dal rapporto di Libera presentato un mese fa durante l’iniziativa “Liberi da mafie e corruzione” che si è tenu-ta a Roma, insieme ad una vasta rete di associazioni per chiedere in vista delle elezioni regionali di mettere al centro dell’agenda politica la lotta contro i clan, la corruzione e la mala gestione dell’amministrazione pubbli-ca. Più attenzione al sociale e risposta immediata contro le infiltrazioni ma-fiose nella regione. Secondo l’analisi prodotta da Libera le attività dei clan vanno dal riciclaggio al traffico di stu-pefacenti, dall’usura al mercato della prostituzione e del lavoro nero, fino al controllo della grande distribuzio-

ne e degli esercizi commerciali. Nella capitale come nel resto della regione. Questo territorio, come confermano le analisi del Servizio centrale anti-droga, è uno degli snodi nevralgici per il commercio di stupefacenti in Italia. Nel 2011, infatti, sono state 2.862 le operazioni antidroga nel Lazio, se-conda solo alla Lombardia, con un incremento pari al 20,86% rispetto al 2010, per un totale di kg 7.945 di dro-ga sequestrata (+307,18% in un anno). Numeri che non da soli raccontano dell’avanzata costante dei boss nella regione. A questi si associano, infat-ti, in maniera preoccupante i delitti contro la Pubblica amministrazione: il peculato (65 reati contro pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio), la corruzione (171) e la con-cussione (53). E’ terra di traffici ille-

citi e di una macchina amministrativa permeabile ma anche di riciclaggio il Lazio: il Caffe’ de Paris, il teatro Ghio-ne, il ristorante la Rampa, e l’Antico Caffé Chigi sono la dimostrazione di questa presenza di capitali illeciti che è arrivata a toccare i luoghi più impor-tanti e prestigiosi della città. Nel Lazio sono complessivamente 599 i beni confiscati alle mafie, di cui 470 im-mobili e 129 aziende. Soprattutto que-sto dato assume un peso importante visto che le aziende sottratte ai boss rappresentano l’8% del totale nazio-nale segno che il Lazio è terra di inve-stimenti e riciclaggio. Emblematico il numero di segnalazioni di operazioni sospette pervenute dagli intermediari finanziari che nel 2011 è aumentato in valore assoluto rispetto all’anno pre-cedente: sono state trasmesse 6.350

>> focus

Dalla Capitale al litorale laziale i boss contaminano economia, riciclando denaro sporco, gestiscono il traffico di droga e usura. Ma la società civile “ fa rete” per dare una risposta organizzata all’avanzare dei clan

Le mani delle mafie sul Laziodi redazione

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segnalazioni di SoS pari a 13,13% del totale nazionale, seconda regione in Italia dopo la Lombardia con un aumento dell’15, 5% rispetto al 2010 (erano 5495). Sempre secondo ultimo rapporto del Uif della Banca d’Italia nel paragrafo che mostra gli importi di flussi scambiati con i paesi e territo-ri a fiscalità privilegiata (così detti pa-radisi fiscali) il Lazio con il 10,5% del totale nazionale è la seconda regione d’Italia per valori in milioni di euro di bonifici in uscita. Si conferma nel 2011 la grande espansione del traffico degli stupefacenti, controllato dalla criminalità organizzata sia italiana che straniera . Una aggressione che riguarda anche il territorio, come de-nuncia Legambiente che spiega come nel Lazio si verifichino circa sette reati al giorno per un totale di 2463 le infra-

zioni accertate con 1992 persone de-nunciate o arrestate e 597 sequestri ef-fettuati. Una presenza, quella dei boss nella regione, confermata da nume-rosi documenti istituzionali. Secon-do la relazione del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, presentata da-vanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, la ‘ndrangheta nella città opera in: “investimenti immobiliari, alberghiero, ristorazione, commercio di autoveicoli e di preziosi, traffico di sostanze stupefacenti, gioco d’az-zardo. Sono presenti nella Capitale personaggi riconducibili alle famiglie mafiose calabresi Piromalli, Molè e Alvaro, che reinvestono copiosi capi-tali di provenienza illecita in attività commerciali, sbaragliando la normale concorrenza con conseguente alte-razione degli equilibri del mercato”.

“Alcuni rappresentanti degli Alvaro-Palamara - prosegue Pecoraro - hanno reinvestito ingenti capitali verosimil-mente provenienti da traffici di droga attuati sull’asse Germania-Italia, per conto della cosca di appartenenza, comprando esercizi di ristorazione nella zona di Roma centro, a prezzi di acquisto nettamente inferiori al valo-re reale di mercato”. Non solo ‘ndran-gheta ma - come confermato anche dal dossier di Libera – anche Cosa no-stra: dagli Stassi, contigui alla famiglia trapanese degli Accardo, con interessi in numerosi esercizi di ristorazione al gruppo Triassi, collegato alla nota fa-miglia Cuntrera-Caruana, e Picarella (cosca agrigentina di Porto Empedo-cle) interessati all’affidamento e alla gestione dei lotti di spiaggia libera del litorale di Ostia, e al narcotraffico, sino alle famiglie gelesi dei Rinzivillo ed Emanuello, interessate all’acquisi-zione di subappalti e fornitura di ma-nodopera per i lavori della centrale di Torrevaldaliga Nord. Non solo affari, appalti e corruzione. Roma secondo la relazione presentata da Sos Impresa al “No usura Day” è ancora la città in cui è più diffuso il fenomeno dell’usu-ra. Un’usura sempre più di mafie, ge-stita dai boss. Secondo le stime di Sos impresa su rielaborazione di dati Istat sono 28.000 i commercianti coinvolti nel Lazio, fra indebitamento e pres-sione di usurai. “Siamo arrivati ad un punto di non ritorno - ha commentato Gabriella Stramaccioni, coordinatrice nazionale di Libera durante l’inizia-tiva dell’ottobre scorso “Contro ma-fie e corruzione” - bisogna cambiare pagina, fare in modo che a diventare normale non sia la corruzione, l’ille-galità diffusa, le furberie, ma l’onestà, la trasparenza, il rispetto a delle leggi. Il territorio, la cultura, l’ambiente, la scuola rappresentano un bene comu-ne per la comunità. E’ ora che le forze politiche non facciano solo annunci di trasparenza e chiarezza ma scelte nette e categoriche. Con associazioni, comitati, studenti, cittadini che quo-tidianamente operano sul territorio - conclude Stramaccioni - “insieme” vogliamo ribadire la necessità di an-dare al voto subito ma soprattutto metteremo in campo idee e proposte per “ridare” credibilità alla politica per una Regione Lazio più pulita”. (Clicca qui per leggere le 15 proposte )

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Nel Lazio sono 599 i beni confiscati alle mafie di cui 470 immobili e 129 aziende

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E ra l’autunno del 2009 quan-do il consiglio dei Ministri, nonostante una relazione del prefetto e il parere positivo

del ministero dell’Interno, guidato da Roberto Maroni, decise di non scio-gliere per mafia il comune di Fondi, in provincia di Latina, che presentava infiltrazioni mafiose nell’amministra-zione pubblica. Titoli di giornali, con-vegni, denunce, inchieste giornalisti-che. Ma dopo “il caso Fondi” c’è stato solo il silenzio. E oggi la situazione nel sud Pontino è peggiorata. Nella clas-se politica che fu al centro di questo caso “c’è una sostanziale continuità” con l’ambiente precedente. E in tutto il litorale continuano gli omicidi, i traffici, si diffondono omertà e pau-ra. Una fotografia della situazione nel sud pontino con il referente di Libera, Fabrizio Marras, impegnato in questi anni a organizzare società civile, in-coraggiare cittadini a prendere con-sapevolezza, animare la formazione dei giovani nelle scuole, denunciare quel che accade nelle città di Anzio, Nettuno e nel litorale laziale.

Marras qual è la situazione nel basso Lazio dopo il “caso Fondi”? Dopo il caso Fondi l’attenzione me-diatica e della politica nazionale su queste aree è sostanzialmente ces-sata. Ma non quella delle mafie che hanno continuato ad operare, orga-nizzando il consenso e inquinando amministrazioni pubbliche. In una sostanziale linea di continuità con il sistema precedente. Ci sono sta-te numerose operazioni delle forze dell’ordine e della magistratura ma quel che emerge con chiarezza è che per i boss della camorra il bas-so Lazio, ormai, è come una seconda casa. Talvolta gestiscono reti usura-ie o impongono il racket in Campa-nia, comodamente da qui. Gli ultimi omicidi di Terracina e Nettuno sono indicativi di questa sostanziale linea di continuità territoriale e criminale fra Lazio e Campania. E qui, nel si-lenzio generale, la camorra (ma non solo la camorra) è diventata la “nor-malità”. La gente sa chi sono, dove vivono i boss ma non si reagisce con forza. Anzi, le denunce per usura ad Aprilia, per fare un esempio, sono di-minuite seguendo un trend naziona-le. Con il risultato che le reti usuraie

si sono allargate dalle zone tradizio-nali sino a lambire i castelli romani, sin ora considerata una “zona vergi-ne” sotto il profilo delle infiltrazioni mafiose.

Non solo camorra in queste aree? No, infatti. Registriamo con preoc-cupazione anche la presenza co-stante di famiglie della ‘ndrangheta. Il tipo di infiltrazione differisce da quello messo in atto dalla camorra. Non si regolano (ancora) i conti con le armi, non c’è uso plateale dell’in-timidazione e della violenza ma è al-trettanto pervasiva la loro presenza. Spesso la percepiamo attraverso la pubblica amministrazione, attraver-so questo livello di infiltrazione ope-rano, condizionano e controllano il

territorio senza dare nell’occhio ma con altrettanta efficacia. Questo in particolare nella provincia di Latina, nei borghi.

Durante un incontro pubblico su mafie nel Lazio hai dichiara-to “Un politico mi ha detto “Oggi chiunque abbia tanti soldi può comprarsi una fetta anche del mio partito”… Si è andata così ed è la testimonianza che in questa fase neppure la politica, consapevole, è in grado di vigilare, di reagire. Una parte dei politici, inoltre, è compli-ce, per convenienza o viltà. Se som-miamo questi due aspetti siamo di fronte ad una emergenza politica non secondaria, dopo il caso Fondi, di cui però non si sta occupando più

Marras, Libera: “Continuano omicidi, racket e controllo del territorio. Anche la ‘ndrangheta fa la sua parte, spesso attraverso l’infiltrazione delle amministrazioni pubbliche”

Lazio, la “seconda casa” dei boss della camorra

di redazione

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nessuno. Non i mezzi di comunica-zione, non la politica nazionale. E anzi resiste e continua a fare presa il fronte negazionista, trasversale po-liticamente, per cui dopo un omici-dio, dopo una operazione delle forze dell’ordine, ci si affretta a dire “qui le mafie non ci sono”.

Perché accade questo? Al netto della parte di politica connivente, per tutti gli altri si mette in moto anche un atteggiamento già visto in altre regioni per cui riconoscere la presenza dei clan nella regione cor-risponde a “parlarne male”. Questo può incidere negativamente sull’im-magine del territorio, per le zone che vivono di turismo si teme un calo degli arrivi, per le aree di cemen-tificazione selvaggia, un calo nella richiesta di case (penso da Aprilia). Il fattore nascosto ma preoccupante di tutto questo è che molto spesso a fare pressione sulla politica sono proprio alcuni imprenditori e com-mercianti che operano in questi set-tori e che sono a loro volta contigui a interessi mafiosi.

Su questo territorio però ci sono anche segnali di riscatto come Borgo Sabotino, il bene confi-scato per abusivismo edilizio di matrice mafiosa. Gli attentati continuano ma anche le attività antimafia. Come procede? Si trat-ta di una sfida molto complessa ma avvincente e al momento posso dire che si lavorando meglio che in pas-sato. Superando le difficoltà iniziali si sta procedendo a fare rete sul ter-ritorio, a coinvolgere la cittadinan-za a prendersi cura di un bene che quest’estate ha ospitato eventi di portata nazionale per l’associazioni-smo antimafia ma che non era anco-ra sentito un bene della collettività. Gli ultimi attacchi sono un messag-gio alle associazioni che operano su questo territorio ma non ci fermano. Anzi. In queste settimane si stanno programmando con le realtà del bor-go attività di dopo scuola per bambi-ni o di ricreazione per anziani. Sono ancora progetti in cantiere, vedremo come andranno avanti. In un paese in cui mancano questi luoghi d’ag-gregazione questo bene può diven-tare “un bene comune” .

La sfida più grande di questo periodo per il coordinamento di Libera nel Lazio è cer-tamente far rinascere il bene confiscato a Borgo Sabotino.

Ma potremmo dire che ogni giorno è una sfida per questa rete antimafia che si sta costruendo da anni nella regione. A raccontarcelo Ferdinando Secchi, referente di Libera su Roma e impegnato attiva-mente nel settore formazione della sede nazionale dell’associazione. «Costruire giorno per giorno un percorso di coerenza, credibilità e concretezza – di-chiara Secchi – non è cosa facile. Tutt’altro. Da quando abbiamo cominciato ad oggi regi-striamo una crescita continua, un aumento del numero dei volontari, delle associazioni che decidono di fare percorsi insieme a noi. E pro-prio un “Noi” quello che stiamo organizzan-do con pazienza ed attenzione. Con scrupolo». Ferdinando Secchi racconta il passaggio dal pe-riodo negazionista (le mafie non ci sono…) alla presa di coscienza che oggi «è presente nei giovani soprattutto» e la crescita di una rete che si è rapidamente diffusa a livello territoriale e infine anche nella capitale, la metropoli «dove è più difficile incontrarsi, conoscersi, che non nel piccolo paesino di provincia dove in poco tempo sono nati presidi di Libera, coordinamenti e hanno aderito numerose scuole attive nei percorsi di legalità». Eppure anche nella capitale negli ultimi anni qualcosa è cambiato. «Oggi a Roma c’è una bella realtà in continua crescita: presidi suddivisi per municipi, scuole che sono già da anni punti di riferimento per l’attività antimafia, spesso nazionale, e singoli cittadini che in un periodo di crisi economica ancor più sentono di voler dare il proprio contributo per cambiare questo stato di cose in cui mafie e corruzione sottraggono ricchezze, risorse, che invece potrebbero andare a sostenere le attività sociali, il welfare per le famiglie». Non solo informazione, formazione e aggregazione sociale. Ma anche assistenza, accompagnamento, di vittime di reati di stampo mafioso. «Con lo sportello Sos giustizia, ad esempio, grazie all’attività messa in campo con Libera nazionale, stiamo ascoltando numerosi casi di persone in difficoltà, spesso vitti-me di usura che non sanno come uscirne». Libera li ascolta, li accompagna e li aiuta nella denuncia. Passi fondamentali per poter ricominciare a vi-vere, a far vivere le proprie attività commerciali o imprenditoriali gravati da debiti a tassi usurai. Per tenersi informati sulle attività di Libera nel Lazio clicca qui.

La scheda/Antimafia nel Lazio

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Sapete che se apriste una srl con capitale sociale pari a 10.000€ sareste in grado di ricevere l’approvazione del

Governo per l’esplorazione petroli-fera? E’ quello che è successo alla fortunata società San Leon, con sede in un inanimato appartamen-to di uno scalcinato palazzo che si trova a Monteroni, paese della pro-vincia di Lecce dalla cattiva fama, purtroppo. La notizia è uscita nel 2010 in seguito ad un’interrogazio-ne parlamentare promossa da Ga-briele Cimadoro, IdV. La San Leon già nel 2008 presentò al Ministero dello sviluppo economi-co tre domande di ricerca in mare di idrocarburi al largo della Sicilia, in prossimità della Riserva marina

delle isole Egadi per un’area totale di circa 1000Kmq. Sebbene le aree su cui insiste la richiesta di perfora-zione abbiano un’economia basata su pesca e turismo, il CIRM, Com-missione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e il Comitato tec-nico per gli idrocarburi e le geome-trie hanno dato parere favorevole al progetto. “Dati gli elevati rischi con-nessi agli impianti off-shore, di cui si ha un tragico monito negli avve-nimenti nel golfo del Messico – dice Cimadoro - appare agli interroganti irrisorio un capitale sociale di ap-pena 10.000€ da parte della società concessionaria (…) risultando una società inattiva”. Obiezione legitti-ma. Ciononostante la San Leon ha all’attivo 5 permessi in Italia di cui

due on shore nella Pianura Padana e tre off shore al largo della Sicilia, appunto. Appare, poi, singolare che questa piccola e povera società ab-bia avuto successo su un’area forte-mente appetibile da altri petrolieri tra cui due importanti aziende sta-tunitensi. Ma ad oggi il problema è ancora in piedi e il 17 ottobre 2012 l’On. Ci-madoro torna a ricordare che la Commissione ambiente del Parla-mento europeo ha approvato una norma per la quale: “Le compagnie petrolifere devono essere ritenute responsabili dei costi e di tutti gli eventuali danni ambientali ed avere i mezzi per pagarli, altrimenti non potranno ricevere le licenze per tri-vellare nelle acque europee”.

In uno studio condotto nel 2010 dai ricercatori presso il Dipartimento di

Scienze Matematiche della California State University at Northridge,

Los Angeles vengono denunciati i gravi effetti tossici dell’idrogeno

solforato. Come coniugare sviluppo, salute e legalità?

Italia: paradisodei petrolieridi Chiara Madaro

>> ambiente e legalità/II

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Un’inquietudine del tutto giustifica-ta soprattutto se si pensa alle con-cessioni in sanatoria che il Ministro per lo sviluppo economico ha recen-temente autorizzato rispetto a tri-vellazioni che nei nostri mari avran-no luogo a meno di 5 miglia dalla costa permettendo sia la creazione di un rischio ambientale da parte di soggetti che non hanno i requisiti per trivellare sia una chiara infra-zione delle disposizioni europee. “Ma i petrolieri – si ricorda in Parla-mento – (…)hanno già fatto sapere di essere pronti a estrarre tutto il nostro oro nero, investendo nell’ar-co dei prossimi quattro anni 12 miliardi di euro per nuovi impianti produttivi in tutta Italia. Un fatto preoccupante se si pensa che il settore pubblico/privato ha visto emergere numerosi casi di in-quinamento delle aste da parte dei soggetti non aventi diritto, sia dal punto di vista patrimoniale, sia dal punto di vista tecnico, attraverso (…) un’alterazione se non la stessa partecipazione diretta delle cosche alle gare di concessione pubbli-che”. D’altra parte anche secondo

uno studio della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, le compagnie petrolifere non si fanno scrupolo di giocare con i delicati equilibri internazionali per ottene-re condizioni commerciali più van-taggiose da parte dei governi ospiti. reoccupante perché da nord a sud le richieste di prospezione e trivella-zione per gas e petrolio aumentano senza pari negli ultimi anni. Al 2012 in Italia sono presenti 91 permessi in terraferma e 24 off shore. Il primato spetta all’Emilia Romagna con ben 39 permessi tutti on shore. Preoccupante perché, sen-za ombra di dubbio, queste attività comportano perdite di materiale petrolchimico in ogni parte della ‘filiera’: dalla raccolta alla raffina-zione al trasporto. Preoccupante perché queste perdite hanno effetti deleteri sulla salute dei viventi e da questi danni non si torna indietro. Lo dimostra uno studio condotto nel 2010 dai ricercatori Maria Rita D’Orsogna, e Thomas Chou presso il Dipartimento di Scienze Matemati-che della California State University at Northridge, Los Angeles. La ricer-

ca ricorda che in un Rapporto uffi-ciale delle Nazioni Unite viene forte-mente raccomandato di evitare ogni tipo di contatto con H2S, idrogeno solforato, a causa dei gravi effetti tossici che derivano dall’esposizio-ne a questa sostanza. L’idrogeno solforato è, infatti, una componente degli idrocarburi pa-ragonabile al cianuro ed esposizioni ad alte dosi di questa componente possono provocare anche morte istantanea. Ma anche a basse dosi non fa sconti. In particolare i risul-tati della ricerca evidenziano che fra gli effetti non letali, i danni sono di natura neurologica e polmonare. Fra i danni di natura polmonare i sintomi ricorrenti sono edema pol-monare, rigurgiti di sangue, tosse, dolori al petto, difficoltà di respira-zione. Ma ancor più preoccupanti sono i disturbi neurologici: declino intellettuale, mancanza di concen-trazione, difetti della memoria e dell’apprendimento, elevati livelli di irritabilità, stati di depressione, confusione, perdita di appetito, mal di testa, scarsa memoria, svenimen-to, ansia, affaticamento.

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Fatti ricordati al Governo in occa-sione di un’interrogazione al Sena-to presentata nel novembre 2011 dall’On. Poli Bortone che rammen-ta: ”In particolare è stato dimostra-to che in condizioni di stress recede il livello di altruismo e di coopera-zione tra gli individui e si registra un incremento delle condotte ag-gressive”. Sintomi di disturbi irre-versibili che entrano come un dato di fatto nella nostra società. Negli Stati Uniti la ricerca indaga da tempo sui costi sociali di nuo-ve generazioni nate con capacità intellettive limitate. Si tratta di realtà dilaganti e che interessano soprattutto le giovani generazioni nate e cresciute nell’era del petro-lio, una sostanza che già ci sta pre-sentando il conto. Proviamo anche noi nel nostro piccolo a pensare a quanti insegnanti di sostegno cir-colano nelle scuole oggi e quanti 15-20 anni fa. Molti di più. E sono anche pochi rispetto alle effettive esigenze. Casualità? La scienza non crede al caso. Secondo D’Orsogna e Chou la possibilità di contami-nazione non è una possibilità ma

una certezza. “La presenza di zolfo – di cui il petrolio adriatico è ricco (ndr) – rende il greggio fortemente corrosivo e tende a danneggiare gli oleodotti” e quindi “tutte le opera-zioni di trattamento dei prodotti petroliferi, a qualsiasi livello, hanno la possibilità di emettere quantità più o meno abbondanti di idrogeno solforato sia sotto forma di disastri accidentali, sia sottoforma di conti-nuo rilascio all’ambiente durante le fasi di estrazione, stoccaggio, lavo-razione e trasporto del petrolio”. Questo studio dipinge un quadro completo di ciò che effettivamente succede al di là delle assicurazioni che arrivano dalle compagnie petro-lifere: dalla raccolta degli idrocar-buri con l’inquinamento della falda acquifera da cui ci approvvigionia-mo per bere, lavarci e cucinare, alla necessaria lavorazione sul posto con la costruzione di grandi struttu-re dove il processo di bruciamento per l’idro-desulfurizzazione è visi-bile all’esterno sotto forma di fiam-ma perenne, al trasporto attraverso navi che usano un combustibile più economico di quello dei mezzi di lo-

comozione di massa ma più inqui-nante ai frequenti casi di blowout, cioè di esplosione dei pozzi. Tutto questo rende atmosfera, ac-que e terreno dei luoghi in cui si raccoglie petrolio ben 300 volte più contaminate delle normali città. Come è successo a Trecate, in pro-vincia di Novara, nel 1994 quando il cattivo funzionamento delle val-vole di sicurezza di un impianto pe-trolchimico provocò un’esplosione contaminando un’area pari a 100Km quadrati. Ad oggi la zona non è coltivabile e chi vive nei paesi circostanti è espo-sto a livelli di H2N superiori alla norma. Nella sola Lombardia oggi si registrano ben 17 pozzi attivi, 14 concessioni in avvio e 11 richieste in esame. Si sa che il nostro petrolio sia di scarsa qualità in quanto non si trova allo stato puro ma contiene forti concentrazioni di zolfo e al-tri minerali e quindi il processo di estrazione e raffinazione è estrema-mente costoso. Tuttavia negli ultimi anni le richieste di raccolta di pe-trolio e gas aumentano in maniera esponenziale su tutto il territorio

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italiano. Perché? Il nostro paese rappresenta il paradiso per i petrolieri: un para-diso fiscale. Lo dice un Dossier del Wwf che dice: “(…)estrarre idrocar-buri nel nostro Paese è vantaggioso solo perché esistono meccanismi che riducono a nulla il rischio d’im-presa, mettendo però ad alto rischio l’ambiente. Ad esempio, le prime 20 mila tonnellate di petrolio pro-dotte annualmente in terraferma, come le prime 50 mila tonnellate di petrolio estratte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas in terra e i primi 80 milioni di metri cubi in mare sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato. Ma non è finita qui. Le aliquote (royalties) sul pro-dotto estratto sono di gran lunga le più basse al mondo e sulle 59 socie-tà operanti in Italia nel 2010 solo 5 le pagavano (ENI, Shell, Edison, Gas Plus Italiana ed ENI/Mediterranea idrocarburi)”. E dire che per convin-cere le popolazioni locali della con-venienza di ospitare una centrale, le compagnie non parlano d’altro che di royalty. Difficile non pensare ad un inganno a favore di pochi. Un in-

ganno ben esposto in Senato da Poli Bortone che, in relazione ad una se-rie di richieste off shore in un’area protetta al largo della costa pugliese dice: ”Sul suo sito ufficiale la Nor-thern Petroleum afferma di avere come missione quella di acquisire siti esplorativi e produttivi a basso costo d’ingresso, allo scopo di au-mentarne il valore per i propri azio-nisti”. E parla anche del tentativo di raggirare l’art. 6, comma 2, della legge n. 9 del 1991 secondo la quale non è possibile concedere prospe-zioni su superfici estese oltre i 750 Km quadrati. Un tentativo riuscito dato che il Ministero ha rilasciato una serie di permessi ricadenti nella stessa area per una superficie totale di oltre 6.000 Km quadrati. Lo rileva il TAR di Bari a proposito della Northern Petroleum che “ha illegittimamente scorporato il pro-getto in più lotti su aree di mare (…) adiacenti, così impedendo la dove-rosa valutazione unitaria di impatto ambientale. (…)l’obiettivo della nor-mativa – afferma l’On. Poli Bortone - non può essere aggirato e dichiara l’illegittimità dei provvedimenti di

VIA lì dove prevedono il rilascio di più permessi di ricerca alla medesi-ma società per ambiti marini adia-centi, a fronte del divieto, stabilito (…) dalla legge”. Non può essere possibile tacere nemmeno il fatto che nei fondali dell’Adriatico meridionale giaccio-no circa 20 mila bombe chimiche. Si tratta in maggioranza di bombe all’iprite affondate nel 1943 insieme alla nave statunitense ‘John Harvey’ ma non mancano ordigni riconduci-bili alla guerra dei Balcani. Per non parlare delle navi - 25 registrate dai Lloyd’s di Londra, 40 secondo varie Procure. Navi affondate su cui grava il sospetto del traffico di rifiuti peri-colosi. L’uso degli air gun provoche-rebbe un disastro. Intanto il 9 novembre 2012 a Trieste è stata convocata una conferenza internazionale delle regioni adriati-che allo scopo di valutare le poten-zialità di valorizzazione energetica del mare ed eventualmente pianifi-carne l’attuazione operativa. Gli esiti dell’appuntamento costrin-geranno il Governo a rivedere i per-messi già rilasciati e la normativa.

ambiente e legalità/II <<

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12 verità e giustizia - 22 novembre 2012

Da sfogliare, leggere, pub-blicare e conservare. E’ “La Domenica Settima-nale” il nuovo proget-

to editoriale diretto da Arnaldo Capezzuto, giornalista campano, minacciato dai clan e autore del libro a più mani “Il Casalese” sul-la vicenda giudiziaria e politica di Nicola Cosentino. Per anni Capezzuto ha seguito la cronaca nera e storie di crimina-lità per i quotidiani Napolipiù e Il Napoli gruppo Epolis. Ha colla-borato con varie testate, tra cui il mensile L’Espresso Napoletano. Oggi sceglie l’on line www.lado-menicasettimanale.it mettendo in rete questa testata con il progetto “I Siciliani Giovani”, gloriosa te-stata di Pippo Fava, nata in versio-ne “giovani” e organizzata da Ric-cardo Orioles. Da giornalista che ha vissuto da vicino l’arroganza dei clan fa par-te di Ossigeno per l’informazio-ne, l’osservatorio nazionale che si occupa dei cronisti minacciati e delle notizie oscurate diretto da Alberto Spampinato. In questi anni ha ricevuto diversi riconoscimenti dal premio Paolo Giuntella - associazione Articolo 21 al premio europeo Journalist Award per alcune inchieste-de-nunce sull’attacco della camorra ai campi rom di Ponticelli. Ha partecipato ai documentari “Cronisti di strada”, “Il business dei baby neomelodici”.

Il periodico Domenica Settimana-le da sfogliare on line sul portale, ospita inchieste, reportage, crona-ca, storie, interviste, e approfondi-menti culturali. Nella migliore tradizione dei gior-nali “dal basso” non risponde ad altri che ai propri lettori. L’editore è infatti un’associazione (“Tutti-GiùXTerra” ). Sul portale il racconto della Na-poli sotto De Magistris, della crisi economica in una regione già in crisi da decenni sotto il profilo oc-cupazionale, storie di criminalità comune e organizzata. Nato dalla voglia di un gruppo di giornalisti di fare un giornale li-bero, “senza padroni e senza pa-drini”, la Domenica Settimanale a poco meno di un anno dalla sua nascita è già un punto di riferi-mento per l’informazione libera in Campania. Con uno spirito libero molto si-mile a quello di “Napoli Monitor” il mensile di cronache, disegni, reportage che racconta la storia delle persone, attraverso imma-gini e parole, guardando la dove gli altri non vedono. Un progetto ben radicato nel territorio, ha la redazione nei quartieri spagnoli a Napoli ed è animato, fra gli altri, da Luca Rossomando. Anche “Na-poli Monitor” come “La Domenica Settimanale” fa rete con i “Siciliani Giovani” e sono fra le testate che Libera Informazione monitora sul territorio nazionale.

>> antimafia online

La Domenica è … Settimanale

di redazione

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13verità e giustizia - 22 novembre 2012

Fra gli strumenti che colpiscono la libertà di stampa, insieme con le intimidazioni ai cronisti, c’è l’uso strumentale della legge sulla diffamazione, con esose richieste di risarcimento danni in sede civile, senza alcun rischio per il querelante.Un’arma in grado di annientare iniziative editoriali, scoraggiare e intimidire singoli giornalisti, impedire di far luce su oscure vicende di illegalità e di potere.

Per non lasciare soli i cronisti minacciati che siano in grado di dimostrare la loro buona fede e la loro correttezza, Federazione Nazionale della Stampa, Associazione Stampa Romana, Ordine Nazionale e regionale dei giornalisti, Unione Cronisti Italiani, Libera, Fondazione Libera Informazione, Articolo 21, Osservatorio Ossigeno, Open Society Foundations hanno deciso di costituire uno sportello che si avvale della consulenza di studi legali da tempo impegnati in questa battaglia per la libertà di informazione.Per usufruire di consulenza e

di assistenza legale giornalisti e giornaliste possono:

Inviare una e-mail all’indirizzo:

sportelloantiquerele. [email protected] inserendo in oggetto la specificazione “sportello antiquerele"

Telefonare al numero :06/67664896-97

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14 verità e giustizia - 22 novembre 2012

Le mafie, ad oggi, si avvalgo-no di una rete capillare di relazioni a livello interna-zionale che hanno ingene-

rato un sistema criminale globale. Alla luce di ciò, diviene necessaria e improcrastinabile l'attivazione di un coordinamento tra le moltepli-ci Istituzioni nazionali che, a vario titolo, sono impegnate nel contra-sto alle mafie, cosicché si possa fronteggiare a dovere un fenomeno di tale portata e complessità. Con l'istituzione della Commissione Europea Antimafia, si è avviato un percorso sovra-nazionale che va proprio in questa direzione. Se l'Italia può ritenersi all'avan-guardia nell'azione svolta in questo ambito, nonostante i non pochi de-ficit, è grazie, in particolar modo, al lavoro iniziato e sviluppato nel corleonese, e che oggi fa di questo territorio, da sempre connotatosi per l'alta densità mafiosa, un mo-dello per ciò che concerne il riuti-lizzo dei beni confiscati alla mafia

Sabato 24 novembre, nel Comu-ne di Corleone (PA), si terrà il ter-zo incontro del ciclo itinerante di conferenze “Nei luoghi della lega-lità ritrovata: percorsi virtuosi e criticità della lotta alla mafia sul territorio”, un progetto di Germana Altese e Giuseppe Crapisi, in col-laborazione con Il Paese delle idee coop.soc., l'ass. New Corleone e le amministrazioni comunali inte-ressate. A Corleone si dibatterà sul tema “Verso un’antimafia globale”. La conferenza mira a delineare una mappatura della criminalità orga-nizzata mondiale, degli strumenti di contrasto attualmente operanti, e delle misure ancora inattuate e auspicabili. Parteciperanno il Sin-daco, Lea Savona, l'On. Rita Borsel-lino, componente della Commis-sione Europea Antimafia, Gabriele Paci, Magistrato della Dda di Calta-nissetta e Giuseppe Carlo Marino, Storico. Partner locali dell’iniziati-va: l’associazione Camera del Lavo-ro di Corleone, Corleone Dialogos, il Laboratorio della Legalità, la co-operativa Lavoro e non solo.

Una giornata di incontri e dibattiti con politici,

studenti, giornalisti nella città simbolo del

riscatto dalla mafia, in Sicilia. Fra gli altri,

Rita Borsellino, il magistrato Gabriele Paci

e lo storico Giuseppe Carlo Marino.

La Commissione europea antimafiaa Corleone

Programma

di redazione

10,00 VISITA LABORATORIO DELLA LEGALITA’

11,00 INIZIO CONFERENZA “VERSO UN’ANTIMAFIA GLO-BALE”c/o Casa Caponnetto, Via F. Crispi, sede della Coop. Lavoro e non solo.

Saluti:

Lea Savona Sindaco di Corleone

Calogero ParisiPresidente Cooperativa Lavoro e non solo

Francesca BenignoPresidente Ass. New Corleone

Relatori:

Rita BorsellinoComponente Commissione Europea Antimafia

Gabriele PaciMagistrato DDA Caltanissetta

Giuseppe Carlo MarinoStorico

Interventi programmati:

Cosimo Lo SciutoPresidente “Corleone Dialogos”

Maria Elena LatinoLibera Bisacquino

Dino Paternostro - Segretario della Camera del Lavoro di Corleone

Agli studenti e ai partecipanti interessati sarà rilasciato un at-testato

>> internazionale

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15verità e giustizia - 22 novembre 2012

Spesso ad originare le leggen-de sono gli stessi meccanismi che ci allontanano dalla pos-sibilità di sapere la verità: se

ad essere in gioco sono pagine fon-damentali della nostra storia recen-te l’esito è drammaticamente letale. Ecco allora il merito indubbio di un libro: quello di non accontentarsi delle versioni u�ciali accreditate e poi cristallizzate nell’icona mediati-ca di personaggi, la cui rappresenta-zione �nisce con il cozzare violente-mente con la realtà. «Prima di iniziare questo lavoro e ora che sono alla �ne, la mia convin-zione non vacilla: il Capitano Ultimo è, sulla terra, l’uomo più distante da Cosa nostra che ci possa essere. E ri-mango abbastanza convinto che mai avrebbe fatto coscientemente qual-cosa sapendo di favorire la ma�a. Ciò dimostra anche perché questo non sia in alcun modo un libro con-tro Ultimo, ma solamente su Ulti-mo, quello vero, quello che non ha il volto bellissimo di Raoul Bova, piut-tosto sull’uomo rasato a zero, che veste pantaloni militari, sneakers e sciarpa elastica che si tira su all’oc-correnza, celando quel volto scono-sciuto..». Questo è il senso della nuova produ-zione letteraria di Benny Calasanzio, freelance e scrittore. Un libro che ha provocato polemiche e reazioni, spesso feroci e sempre censurabili per la violenza espressa, da parte dei sostenitori di Ultimo, al secolo Ser-gio De Caprio. Al termine di un’arti-colata analisi delle gesta dell’u�cia-le dei carabinieri passato alla storia per aver catturato il corleonese Totò Riina, il capo dei capi, pur ricono-scendo l’indubbio valore dei risul-tati investigativi raggiunti, l’autore mette in rilievo soprattutto gli errori commessi in situazioni altrettanto

cruciali. E quindi nel libro si parla del pro-cesso a carico di De Caprio e del suo superiore, Mario Mori, per favo-reggiamento aggravato dovuto alla mancata perquisizione del covo di via Bernini. Una storia ancora tutta da decifrare, dove le esigenze investigative comu-nicate dai carabinieri alla procura di Palermo, nella quale si era insediato da poche ore Gian Carlo Caselli, in realtà si riveleranno essere la scusa per evitare la perquisizione del luo-go dove Riina viveva indisturbato con la famiglia. Il giudizio di Calasanzio va ben ol-tre l’esito processuale della vicenda, chiusasi poi senza danni per tutti gli u�ciali del Ros coinvolti: «Nessuno sa e potrà mai sapere quanto mate-riale sia andato perduto per sempre a causa di questa scelta scellerata. Forse si sarebbero scoperte tante ve-rità che, grazie alla decisione di De Caprio, rimarranno seppellite per sempre». E dopo aver trattato le connessioni di questa vicenda con quelle relati-ve alla trattativa tra Stato e ma�a, compreso il mancato arresto dell’al-tro boss Bernardo Provenzano, c’è spazio anche per raccontare degli errori che Ultimo avrebbe commes-so in un’altra zona calda della Sicilia, quella del messinese, errori prece-denti l’omicidio del giornalista Bep-pe Alfano. Un omicidio che si sarebbe potuto evitare, secondo la �glia Sonia, pre-sidente della commissione antima-�a voluta dal Parlamento Europeo, se i carabinieri di Ultimo avessero dato seguito alla scoperta che nel territorio di Barcellona viveva la sua latitanza Nitto Santapaola, altro boss di primo calibro. Una scoperta che venne anticipata

Capitano ultimodi Lorenzo Frigerio

recensione <<

Benny Calasanzio

CAPITANO ULTIMO

Aliberti Editore, Roma 2012

pp. 219 € 14,00

LIBRI

alle autorità giudiziarie da Alfano e che fu forse all’origine dell’uccisione del coraggioso giornalista. Nel libro si danno atto anche delle numerose battaglie giudiziarie che vedono coinvolto Ultimo e la tutela del suo buon nome, con controparti in causa alcuni politici e magistrati, ma non sembrano essere queste le pagine più interessanti. Sono piuttosto alcune delle conclu-sioni cui giunge Calasanzio che ci sembra meritino di essere eviden-ziate: «La grandezza di una persona sta nell’ammettere il proprio errore: più questo è grave più valorosa sarà la sua ammissione. Per questo non perdo le speranze. Forse, per fugare ogni dubbio di trat-tativa e vendita di latitanti, sarebbe bastata una sola cosa: una sterile, semplice verità». Facciamo nostro pertanto l’auguro �nale dell’autore: speriamo che arri-vi presto il giorno in cui la verità non sia più qualcosa da cui guardarsi con sospetto, ma piuttosto la porta aperta su un domani migliore per il Paese.

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16 verità e giustizia - 22 novembre 2012

a cura di Norma Ferrara

Nicola Cosentino, deputato Pdl, già sottosegretario all’Econo-mia con delega al Cipe nel governo Berlusconi ed ex coordina-tore del Pdl in Campania è stato rinviato a giudizio. La decisio-ne è stata presa dopo una breve camera di consiglio dal giudice per l’udienza preliminare Eduardo De Gregorio che ha fissato la prima udienza per il 23 gennaio prossimo davanti alla prima sezione del Tribunale Collegio.

Campania

Un’ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta della Dda, nei confronti di tre presunti affiliati alla cosca Mammoliti-Rugolo della ‘ndrangheta porta in carcere per estorsione aggravata, intestazione fit-tizia di beni, furto, danneggiamento e incendio il gruppo criminale ha la sua base operativa a Castellace di Oppido Mamertina

Calabria

Mafia trapanese, una doppia confi-sca da 45 milioni i destinatari sono Mariano Saracino e Giuseppe Pi-sciotta, tutti e due castellammaresi e quasi settantenni, ma in auge da quasi 50 anni. L’operazione portata avanti dalla Dia e dalla procura di Trapani, pm Andrea Tarondo.

Sicilia

>> dai territori

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17verità e giustizia - 22 novembre 2012

“La clientela, ecco la for-ma originaria della ma-fia. I gruppi di clienti hanno il loro protettore

nel paese o nella città, difendono la sua persona e il suo patrimo-nio, fanno le sue vendette, sono docile strumento dei suoi capric-ci e delle sue ambizioni; ma nello stesso tempo commettono delitti per conto loro, con la quasi cer-tezza dell’impunità. Il partito è il ri-fugio, la causa e l’effetto dei delitti più gravi. (…)

Ogni deputato, salvo qualche ec-cezione, ha le sue debolezze, i suoi obblighi da soddisfare verso gli elettori, i suoi parenti da mette-re a posto e spesso deve riempire

la cassaforte vuotata dalle spese elettorali. Il ministero è la fonte di ogni favore e di ogni onore: a chi se non ad esso deve egli rivolger-si? (...)

Abbiamo visto i deputati a capo di società organizzate apposta per estorcere denaro al governo sotto forma di sovvenzioni; li abbiamo visti a capo delle amministrazioni provinciali e comunali, saccheg-giare a man salva il patrimonio pubblico; li abbiamo veduti avvo-cati, influenzare la magistratura e così accrescere le loro cliente-le professionali a spese dei loro colleghi; li abbiamo visti lasciarsi corrompere…li abbiamo veduti accaparrarsi i beni demaniali ed

La clientela, ecco la forma originaria della mafia

ipse dixit <<

IPSE DIXITa cura di Lorenzo Frigerio

ecclesiastici, le imprese bancarie e ferroviarie etc., accettare mis-sioni diplomatiche, prefetture; e li abbiamo visti o li vedremo debitori insolvibili di istituti di credito, affari-sti e protettori della camorra e della mafia, cioè capi e padroni di vere associazioni a delinquere”.

Francesco Saverio Merlino Politico italiano, anarchico e socialista libertario (Napoli 1856, Roma 1930)

Tratto da “L’Italie telle qu’elle est” (Parigi, 1890), tradotto in Italia con il titolo “Questa è l’Italia” (Milano, 1953)

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18 verità e giustizia - 22 novembre 2012

Verità e giustizia newsletter a cura della Fondazione Libera InformazioneOsservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie

Sede legalevia IV Novembre, 98 - 00187 Romatel. 06.67.66.48.97www.liberainformazione.org

Direttore responsabile:Santo Della Volpe

Coordinatore:Lorenzo Frigerio

Redazione:Peppe Ruggiero, Gaetano Liardo, Norma Ferrara

Hanno collaborato a questo numero:Chiara Madaro, Ufficio Stampa di Libera