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118 ROSANNA CIMA L’educazione degli adulti al museo: dalla teoria alle buone prassi Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna (TV), 2006-2010 a cura di Monica Celi e Angela Trevisin MUSEOLOGIA SCIENTIFICA MEMORIE • N. 10/2013 • 118-127 RIASSUNTO L’articolo intende offrire un’analisi dell’intimo sentire di questa età dove la storia di sé, la memoria, la narrazione diventano elementi di identità per la persona. Il tempo dell’esperienza è nella vita quotidiana e il farsi di essa da spessore e consistenza al vivere. Parole chiave: terza età, identità, esperienze di vita. ABSTRACT This article aims to analyse the intimate feeling in adulthood in which one’s own history, memories and narration become elements that form one’s identity. The time for experience is in the day-to-day and using it to find depth and substance in life. Key words: seniors, identity, life experiences. Visitare il nostro futuro: storie di vita ed età anziana Visit our future: stories of life and old age Rosanna Cima Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università degli Studi di Verona, Lungadige Porta Vittoria, 17. I-37129 Verona. E-mail: [email protected] PREMESSA Che cosa siamo in grado di vedere quando si sta su quel lato della vita dove la vecchiaia è ancora lontana? Di quest’età, che le tecnologie tendono sempre più a rimandare, ma anche a prolungare, a misconoscere, da non nominare più, non conosciamo apparentemente che l’effetto, per via di una infermità, di una salute che se ne va, di un corpo che si rimpicciolisce. Quale impressione può farci quando, nel migliore dei casi, la pensiamo come il nostro futuro; o quando la vediamo vicina, quasi prossima? La vecchiaia ti sorprende, poi- ché la si vede giungere solo sul volto degli altri, scrive Simone De Beauvoir. Sembra, infatti, quando la vivi, di essere in trasferta. Lì sosteremo per un po’, comunque non per molto, perché poi si farà ritorno. Proprio come quando si è in una situazione particola- re, nell’età di vecchiaia si vivono più a fondo i giorni, le azioni, le parole lasciano segni sui corpi e nelle menti. Si vede il limite e saperlo sentire ed osservare non è cosa da poco. Nello stesso tempo si ha la sensa- zione che nulla più sia importante del presente, del carpe diem, del hic et nunc. C’è spesso un “prima” e un “dopo”, magari tracciato da un tempo del lavoro e un tempo della pensione, da un evento capitato al corpo e alla mente, In questo “prima” e “dopo” si compie un passaggio, in cui donne ed uomini si giocano la sag- gezza, in modi assai differenti. In questo passaggio si aprono infinite possibilità di essere e di inventarsi anche quando si sentono i “tormenti” dell’invecchia- INTRODUCTION What are we able to see from that side of life when old age is still a long way off? Of this age that technology tends more and more to postpone, but also to prolong, to misunderstand, to no longer mention, we apparently know nothing more than the effect, by way of an infirmity, of faltering health, of a body that gradually becomes smaller. What impression do we get when, at best, we think of it as our future; or when we see it close up, almost imminent? Old age creeps up on you, because you only see it in the faces of others, writes Simone De Beauvoir. It does indeed seem that when you are living it you are momentarily transported. We will stay there for a while, but not for long though, because we will then be coming back. Just as when we find ourselves in a particular situation, in old age one lives more fully the days, actions, words leave their impression on the body and on the mind. We see the limit and knowing how to feel and observe it is no mean feat. At the same time we have the sensation that nothing is more important than the present time, of the carpe diem, of the hic et nunc. There is often a “before” and an “after”, perhaps marked out by a period of work and a period of retirement, by an event that has affected the body and the mind. In this “before” and “after” we undergo a passage, in which men and women stake their wisdom, in quite different ways. In this passage infinite possibilities open up of being and inventing oneself even when the “torments” of ageing are felt, when ISSN 1972-6848

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118 ROSANNA CIMA

L’educazione degli adulti al museo: dalla teoria alle buone prassiMuseo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna (TV), 2006-2010

a cura di Monica Celi e Angela Trevisin

MUSEOLOGIA SCIENTIFICA MEMORIE • N. 10/2013 • 118-127

RIASSUNTOL’articolo intende offrire un’analisi dell’intimo sentire di questa età dove la storia di sé, la memoria, la narrazionediventano elementi di identità per la persona.Il tempo dell’esperienza è nella vita quotidiana e il farsi di essa da spessore e consistenza al vivere.

Parole chiave:terza età, identità, esperienze di vita.

ABSTRACTThis article aims to analyse the intimate feeling in adulthood in which one’s own history, memories and narrationbecome elements that form one’s identity. The time for experience is in the day-to-day and using it to find depth and substance in life.

Key words:seniors, identity, life experiences.

Visitare il nostro futuro: storie di vita ed età anzianaVisit our future: stories of life and old age

Rosanna CimaDipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università degli Studi di Verona, Lungadige Porta Vittoria, 17. I-37129 Verona. E-mail: [email protected]

PREMESSAChe cosa siamo in grado di vedere quando si sta suquel lato della vita dove la vecchiaia è ancora lontana?Di quest’età, che le tecnologie tendono sempre più arimandare, ma anche a prolungare, a misconoscere, danon nominare più, non conosciamo apparentementeche l’effetto, per via di una infermità, di una salute chese ne va, di un corpo che si rimpicciolisce. Qualeimpressione può farci quando, nel migliore dei casi, lapensiamo come il nostro futuro; o quando la vediamovicina, quasi prossima? La vecchiaia ti sorprende, poi-ché la si vede giungere solo sul volto degli altri, scriveSimone De Beauvoir. Sembra, infatti, quando la vivi, diessere in trasferta. Lì sosteremo per un po’, comunquenon per molto, perché poi si farà ritorno. Proprio come quando si è in una situazione particola-re, nell’età di vecchiaia si vivono più a fondo i giorni,le azioni, le parole lasciano segni sui corpi e nellementi. Si vede il limite e saperlo sentire ed osservarenon è cosa da poco. Nello stesso tempo si ha la sensa-zione che nulla più sia importante del presente, delcarpe diem, del hic et nunc. C’è spesso un “prima” e un“dopo”, magari tracciato da un tempo del lavoro e untempo della pensione, da un evento capitato al corpoe alla mente, In questo “prima” e “dopo” si compie unpassaggio, in cui donne ed uomini si giocano la sag-gezza, in modi assai differenti. In questo passaggio siaprono infinite possibilità di essere e di inventarsianche quando si sentono i “tormenti” dell’invecchia-

INTRODUCTIONWhat are we able to see from that side of life when oldage is still a long way off? Of this age that technologytends more and more to postpone, but also to prolong,to misunderstand, to no longer mention, we apparentlyknow nothing more than the effect, by way of aninfirmity, of faltering health, of a body that graduallybecomes smaller. What impression do we get when, atbest, we think of it as our future; or when we see it closeup, almost imminent? Old age creeps up on you,because you only see it in the faces of others, writesSimone De Beauvoir. It does indeed seem that when youare living it you are momentarily transported. We willstay there for a while, but not for long though, becausewe will then be coming back. Just as when we findourselves in a particular situation, in old age one livesmore fully the days, actions, words leave theirimpression on the body and on the mind. We see thelimit and knowing how to feel and observe it is no meanfeat. At the same time we have the sensation thatnothing is more important than the present time, of thecarpe diem, of the hic et nunc. There is often a “before”and an “after”, perhaps marked out by a period of workand a period of retirement, by an event that has affectedthe body and the mind. In this “before” and “after” weundergo a passage, in which men and women staketheir wisdom, in quite different ways. In this passageinfinite possibilities open up of being and inventingoneself even when the “torments” of ageing are felt, when

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mento, quando si “scopre” la vecchiaia. Entrare nellavecchiaia non è insapore e neppure indolore. E’ rifarei conti con il “dipendere da” qualcuno. Ognuno sa quanta energia si impiega per ricercareaffetto, relazioni buone, che ci fanno star bene, e nonsempre la domanda è immediatamente corrisposta. E’attraverso il corpo e l’affetto della madre che siapprende, dalla nascita, a stare nelle relazioni e nellalingua; in età di vecchiaia è esattamente il contrario.Sono le parole, i racconti, le narrazioni le storie, chepossono creare delle relazioni affettive. Consapevoli delle complessità e ambivalenze attinen-ti all’età di vecchiaia, ma anche della priorità rispettoalla creazione di relazioni, diviene necessario capirecome i centri di cultura possono essere luoghi veri perincontrare “ciascuno” e per dare avvio a uno scambiogeneroso. Questa premessa per dire che tra i giovani e gli adultied adulte che aprono le porte ai tesori di un museo ele donne e gli uomini in età di vecchiaia che possonofrequentarlo (fig. 1), sia auspicabile uno scambio,dando valore alle differenze di ciascuno, a partire dalproprio tempo di vita. Mi ritornano le parole di LuisaPasserini (1999), quando descrive un quadro di ErnestBlumenschein: una vecchia Amerinda che raccontastorie ad una bambina: “La figura della narratrice è possente ed elegante, la suamano si leva a toccare il sole, i suoi occhi sembranoscorgere poco del presente ma molto del passato e delfuturo. Il suo volto è sorridente, ed è chiaro che la vec-chia gode della sua magistrale narrazione, da cui èincantata la fanciulla immobile”.Forse è proprio il contrasto di questi corpi femminili enon la dissimulazione che può far nascere i racconti.Forse è proprio il rapporto con quanto è differente chefa scaturire le parole. Il racconto di una storia di vitatrascende le età e ci immerge in un’acqua che rigene-ra, non il corpo, come la fontana della giovinezza, mail modo di vedere e sentire noi stessi, noi stesse.Un’acqua che può dissetarci: vecchi e giovani. Come si visita un museo, così attraverso le storie di chiha vissuto più a lungo di noi, possiamo “visitare” ilnostro futuro, non tanto per i contenuti ma di quantoa noi sta più a cuore ed è più raro apprendere: la com-petenza a vivere un tempo di relazione proprio quan-do ogni aspetto della “vita moderna” separa biologica-mente, discrimina i gusti musicali, il look, i luoghi chesi frequentano. Il piacere dei racconti trascende le etàe sospende il tempo, fonde insieme anche i dolori.Crea una nuova storia.

LE STORIE E LA STORIALa Storia (Cima et al., 2000; Cima, 2004), nata da pre-cise ragioni pratiche ovvero datare gli accadimentiriguardanti la collettività e di cui si deve conservare ilricordo, ha acquisito con il tempo tratti morali se nonaddirittura spirituali. Essa, infatti, tramite l’elencazione

old age is “discovered”. Entering old age is not withoutflavour or without pain. It is having to face up to“relying on” someone. Everyone knows how much energy is required to seekaffection, valid relationships, that allow us to feelhappy, and not always is the question immediatelyanswered. It is through the body and the mother’saffection that we learn, right from birth, to stay inrelationships and in language; in old age it is exactlythe opposite. It is words, tales, narrations and storiesthat can create emotional relationships. Aware of the complexities and ambivalence associatedwith old age, but also of the priority as regards formingrelationships, it becomes necessary to understand howcultural centres can be real places for “everyone” tomeet and to bring about a generous exchange. This introduction is to say that between young peopleand adults and the adults who open the doors to thetreasures of a museum and the men and women of amore mature age who may come to it (fig. 1), anexchange is desirable, giving value to the individualdifferences, starting with their own time of life. I recallthe words of Luisa Passerini (1999), when shedescribes a painting by Ernest Blumenschein: an oldAmerindian telling stories to a child:

Fig. 1. Anziani in visita ad un museo di storia

naturale. Elderly people visiting a natural history museum.

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delle vicende umane, si propone di insegnarci a viveree ad agire, mostrandoci il passato come una sfera vivain noi ed intorno a noi, chiarendoci come il nostrostesso presente sia, almeno parzialmente, frutto e con-seguenza di esso.Se poi consideriamo che alcune civiltà hanno affidato iloro ricordi a testimonianze concrete e ben decifrabili,così come le persone che hanno coscienza di sé‚ possie-dono una conoscenza sul proprio passato interiore edesteriore, allora ci è forse più agevole intuire cosa signi-fichi la propria storia per ciascuno di noi, cioè cosasignifichi confrontarsi con le proprie esperienze, con leproprie azioni, con i tempi della propria vita.Nella pratica educativa, chi siamo e probabilmente ciòche saremo è inscritto nella nostra storia, in un cammi-no che si dipana attraverso il corso della nostra esi-stenza e che proprio per questo continua a sfuggircinel suo insieme rimanendo senza un autentico creato-re, in quanto esso “non è fatto” (Aredent, 1958, 1964),ma solamente vissuto. In nessun caso ci è possibiledecidere di costruire una storia di vita a priori, essanon può essere progettata, voluta come una stradadiretta ad una meta prestabilita, poiché le sorti futuresfuggono alla nostra coscienza e con esse l’importanzadelle singole scelte e dei singoli particolari. Il divenire dell’esistenza umana si presenta comelibertà, contingenza, scelta, salto, possibilità, in cui l’e-sistenza appare affrancata dalla pretesa di guidarla econtrollarla (Severino, 1986).Ciò che si vuole comunicare è che la nostra vita puòessere composta anche narrando eventi, evocandoimmagini di vita, di relazioni, riconoscendo e nomi-nando le emozioni connesse, collocandole nel tempo,nello spazio, ricercandone senso e significato, modifi-cando l’avvenire partendo criticamente dal passato alloscopo di comprenderci e dare significato al presente(Bateson, 1992). La storia della nostra vita si autogenera, prende corpoattraverso e dalle sue azioni stesse e può apparire sem-mai come una trama impalpabile che va in ricerca delsuo racconto, ossia del suo narratore. Certamenteappare impresa titanica comprendere nel singolo attoil significato della storia che ne scaturirà, eppure pos-siamo essere certi che dal concatenarsi dei singoli, etalvolta insignificanti eventi, dal loro rivelarsi attiva-mente risulterà sempre una storia, la storia della perso-na che agisce all’oscuro di tutto. Donne e uomini infat-ti non sono autori del proprio cammino, ma solamen-te i protagonisti: una storia di vita trasforma chi narranon solo in semplici biografi.Non è forse il caso di Bernardo Soares, il taciturno esolitario contabile del romanzo di Pessoa, che se ne stadietro i vetri a spiare la vita? E attraverso un duplicepaesaggio, composto da una vita esterna e reale matotalmente estranea a lui, e da un’esistenza interiore edinventata, Soares va scrivendo minuziosamente il suodiario, la sua autobiografia. Il biografo dunque si limi-ta unicamente a comprendere le vicende che l’attore si

“The figure of the female narrator is powerful andelegant, her hand is raised upwards to the sun, her eyesseem to behold little of the present but much of the pastand of the future. She is smiling, and it is clear that theold lady is enjoying her masterly narration, which ismesmerizing the motionless child”.Maybe it is precisely the contrast of these female bodiesand not the dissimulation that can give rise to stories.Perhaps it is exactly the relationship with how different itis that makes the words spring forth. The telling of a lifestory transcends age and submerges us in a water thatregenerates, not the body, as the fountain of youth, butthe way of seeing and feeling ourselves as ourselves. Awater that can quench our thirst: whether young or old.In the same way a museum is visited, so through thestories of those who have lived longer than us, we canvisit our future, not so much for the content but whatis more precious to us and rarer to learn: the ability tolive a time of personal relationships when every aspectof “modern life” separates us biologically, discriminatesmusical tastes, the look and the places that arefrequented. The pleasure of stories told transcends ageand suspends time, blending together the pains as well.It creates a new story.

STORIES AND HISTORY

History (Cima et al, 2000; Cima, 2004), born ofprecise practical reasons, that is, to date eventsregarding the community and whose memories must beretained, has in time acquired moral if not downrightspiritual characteristics. In fact, through the listing ofhuman events it proposes to teach us to live and act,showing us the past as a sphere alive in us and aroundus, clarifying how our own present is, at leastpartially, both the product and consequence of it.If we then consider that some civilisations haveentrusted their memories to concrete and welldecipherable testimonies, just as people who have a selfawareness possess a knowledge of their own interiorand exterior past, then it is perhaps easier to realisewhat our own story is for each of us, in other wordswhat it means to come to terms with our ownexperiences, with our own actions, with the times of ourown lives. In educational practice, who we are and probablywhat we will be is written into our story, in a journeythat unravels throughout the course of our existenceand which precisely because of this continues to eludeus in its entirety remaining without an authenticcreator, as it “is not fact” (Aredent, 1958, 1964), butjust lived. In no case is it possible for us to decide toconstruct a life story a priori, it cannot be planned,willed like a straight road to a preset goal, since futuredestinies elude our conscience and with it theimportance of the individual choices and the specificdetails. The fate of human existence presents itself as liberty,

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è lasciato dietro e a concretizzarle attraverso le parole(Cavarero, 2001). Come operatori la nostra esigenza invece è di osserva-re, ascoltare, “leggere” e comprendere una varietàquasi infinita di esistenze (Bateson, 1992).Ci immergiamo in questa ricerca, in questo continuoraffronto con la consapevolezza che nessuna storia,nostra e altrui, ci potrà garantire la ragione ultimadelle cose, non ci fornirà delle risposte valide in asso-luto, semmai potrà fornire ai fatti della vita delle spie-gazioni intelligibili, scovando e considerando le com-ponenti spirituali e materiali del nostro agire. Così ci èpossibile riconoscere quale sia il nostro guadagno nellapratica con le storie di vita, nel chiederci quale signi-ficato possa celarsi dietro la nostra scelta di entrare inrelazione con vissuti problematici, quali le esperienzedi giovani, adulti, anziani o di operatori in formazione:risentendoci narrati dagli altri, ci osserviamo e analiz-ziamo, comprendiamo e ci riconosciamo, componen-do continuamente la nostra storia e le nostre identità.Quando si è attenti ascoltatori possiamo penetrare inun mondo lasciato, talvolta premeditatamente, ai mar-gini delle esperienze quotidiane, ci arrischiamo adaprire un canale di comunicazione con vite dissemina-te di discontinuità e conflitti, con vite malate, storie dimorte, con storie di operatori dove le loro energie nonsono “concentrate in un ambito ristretto o rivolte aduna singola aspirazione per esplorarne il potenzialecreativo” (Bateson, 1992). Il malessere esistenziale, lamalattia, il conflitto ed il desiderio divengono ai nostriocchi una dimensione da scandagliare alla ricerca dipossibili orizzonti di significato. Da Rousseau a Kafkala letteratura moderna è un continuo racconto di vite“malate” e conflittuali, nelle opere più significative delnostro tempo, e ricordiamo a ritroso o la Coscienza diZeno, come la malattia diventa parte integrante dell’o-pera e assurge a oggetto di rappresentazione.Esemplificativo oltre ogni limite è il progetto dellaRecherche, massima espressione di una storia di vitadescritta attraverso un malessere, una memoria affida-ta cioè alla malattia. Proprio Proust, più che ogni altroautore moderno, afferra la creatività del conflitto inte-riore e fa sì che la malattia, possa allargare l’orizzontein cui il protagonista vive (Macchia, 1978). In quest’ottica il racconto particolareggiato, sofferto,rievocato di un’esistenza discontinua, di un conflittoche è del corpo e dello spirito al contempo, può ren-dere queste vite vivibili e narrabili agli altri rimanendoben lontano sia dalle minuziose opere biografiche etroppo spesso sedotte da gesta eroiche, sia da un’ano-nima, incolore, inconsistente raccolta di semplici datibiografici.Se poi il nostro desiderio fosse quello di calarci più afondo nel significato della pratica di lavoro con la storiadi vita, e dunque ciò che essa può rappresentare in edu-cazione e nella cura, la nostra riflessione incontra quan-to affermato in proposito da Alain (Hillman, 1983).La storia diviene un racconto di eventi esterni che a

contingency, choice, leap, possibility, in whichexistence appears marked by the claim to guide andcontrol it (Severino, 1986).What we wish to communicate is that our life can alsobe made up by narrating events, conjuring up images oflife, of relationships, recognising and naming theassociated emotions, placing them in time, in space,searching for their sense and meaning, modifying thefuture starting critically from the past for the purposeof understanding ourselves and giving meaning to thepresent (Bateson, 1992). The story of our life is self-generating, it takes form through and by its ownactions and can appear if anything like an impalpableplot which goes looking for its telling, or rather itsnarrator. It certainly appears a titanic undertaking tounderstand in the single act the meaning of the storythat will ensue, and yet we may be certain that from thesuccession of single, and sometimes insignificant events,their active revelation will always lead to a story, thestory of the person who acts in the obscurity ofeverything. Women and men are in fact not authors oftheir own destiny, but merely the players: a life storytransforms the person telling it not just into abiographer.Is this not perhaps the case of Bernardo Soares, thetaciturn and solitary accountant in the novel byPessoa, who remains behind the glass and spies uponlife? And through a double landscape, made up of a lifewhich is exterior and real but totally extraneous tohim, and an interior and imaginary existence, Soaresscrupulously writes his diary, his autobiography. Thebiographer therefore limits himself to merelyunderstanding the events that the actor has left behindand to set them down in words (Cavarero, 2001). As operators is our need instead to observe, listen,“interpret” and comprehend an almost infinite varietyof existences (Bateson, 1992).We submerge ourselves in this search, in thiscontinuous comparison with the awareness that nostory, whether our own or others’, can guarantee us theultimate sense of things, it will not provide us withabsolute valid answers, if anything it can giveintelligible explanations to the facts of life, unearthingand considering the spiritual and material componentsof our acts. In this way it is possible for us to recognisewhat our gain is in practice with life stories, in askingourselves what meaning may be hidden behind ourchoice to engage with problem experiences, such as theexperiences of young people, adults, the elderly or ofoperators in training: hearing again ourselves narratedby others, we observe and analyse ourselves, wecomprehend and recognise ourselves, continuallycomposing our story and our identities. When we are attentive listeners we can penetrate abygone world, sometimes deliberately, at the margins ofdaily experience, we hazard to open a communicationchannel with lives sown with discontinuities andconflicts, with diseased lives, stories of death, with

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ritroso danno consistenza alla vita delle persone inmaniera se vogliamo puramente accidentale, casuale.Alla storia è dunque affidato il compito di rintracciarequel nesso cronologico tra i singoli episodi che deter-mina la forma di una vita. Ciò che invece entra nellasfera della soggettività è demandato alla narrazione,poiché essa conferisce alla storia una dimensione inte-riore. La narrazione racchiude in sé un vissuto e si apresu un piano emotivo in cui i fatti non vengono esposticon nitido rigore cronologico, ma evocati, narrati conparole, simboli, immagini, colori e forme.Si dà voce in questo modo all’anima, al “vivere” la nar-razione della storia, una azione che richiama una pos-sibilità di sviluppo del proprio sé, della propria essen-za interiore. Narrare la propria storia significa risenti-re emozioni, ascoltare parti di sé, in un tentativo deli-cato di investigare le origini e le cause ultime dellapropria essenza. La pratica di lavoro ci porta ad individuare e ricono-scere quegli aspetti che emergono dalla narrazione,come categorie esistenziali o processi comunicativo-affettivi che affiorano ogni qualvolta diamo spazio allarievocazione: Memoria, Identità, Tempo ed Espe -rienza.In educazione e nella cura confrontarsi con questimolteplici aspetti ci permette di stare all’interno di unprocesso continuo tra evoluzione, trasformazione epassaggi di stato contemplando la dimensione perso-nale e soggettiva. La storia di vita ha in sé anche un evidente elementosociale e culturale, ci sviluppiamo e definiamo attra-verso un contesto di relazioni, di confronti costanticon altre persone, con diverse aspettative e con sem-pre nuove dimensioni, un divenire continuo protesoalla ri-definizione dei propri desideri, della propriaidentità, basata sul rapporto con chi ci sta intorno.

MEMORIAEssere dotati di memoria è tendere a ripetere ciò che siha vissuto in precedenza, in essa si fonda il nostrosapere da cui, più o meno consapevolmente, evochia-mo, quando è necessario, le indicazioni opportune peragire nella quotidianità. La memoria dunque rimandaal sapere quotidiano. Proprio per questo crediamo cherivivere tale sapere attraverso la narrazione, cercandovie d’accesso e chiavi di lettura del mondo interiore,sia una strada per comprenderlo, ed eventualmentetrasformarlo.Si possono aprire, nella narrazione, diversi livelli dimemoria in relazione alle intenzionalità degli inter-venti educativi.Memoria intesa come l’azione tramite cui rievochiamoil passato e lo trasportiamo nel presente attraverso ilricordo, come abilità di organizzare le esperienze e dicreare e mantenere una “banca dati” indispensabile pernoi stessi e disponibile per gli altri, rappresenta unlivello di lavoro in cui si sollecita e si attiva la dimen-

stories of operators where their energies are not“concentrated in a restricted sphere or directed towardsa single aspiration to explore its creative potential”(Bateson 1992). The existential malaise, the illness, theconflict and the desire become in our eyes a dimensionto be probed in the search for possible horizons ofmeaning. From Rousseau to Kafka modern literature isa continuous tale of “diseased” and confrontationallives, in the most significant works of our time, and weremember looking back or Zeno’s Conscience, as the illnessbecomes an integral part of the work and rises to an objectof representation. Exemplified beyond all limits is theRecherche project, the maximum expression of a life storydescribed through an illness, that is to say a memoryentrusted to that illness. Proust himself, more than anyother modern writer, grasps creativity of the interiorconflict and causes the illness to widen the horizon inwhich the main character lives (Macchia, 1978).From this perspective the detailed story, anguished,evoked by a discontinuous existence, by a conflict thatis at the same time of the body and of the spirit, canmake these lives liveable and able to be told to othersremaining well distanced from both the meticulousbiographical works too often seduced by heroic gesture,as well as from an anonymous, colourless, inconsistentcollection of simple biographical details.If then our wish is to delve deeper into the meaning ofthe practice of work with the life story, and thereforewhat it may represent in education and in care, ourreflection agrees with what Alain has to say on thesubject (Hillman, 1983).The story becomes a tale of exterior events whichlooking back give substance to people’s lives in, it couldbe said, a purely accidental, random manner. Thestory is therefore charged with the task of tracing thatchronological nexus between the individual episodesthat give shape to a life. What instead comes within thesphere of subjectivity is referred to the narration, sinceit gives the story an inner dimension. The narrationencapsulates an experience and opens on an emotionalplain in which the facts are not exposed in clearchronological order, but instead conjured up, told withwords, symbols, images, colours and shapesIn this way a voice is given to the soul , to “living” thenarration of the story, an action that calls up a chanceto develop one’s self, ones inner essence. Telling one’sstory means feeling again emotions, listing to part ofoneself, in a delicate attempt to investigate the originsand the ultimate causes of one’s existence. The practice of work leads us to identify and torecognise those aspects that emerge from the narration,as existential categories or communicative-emotionalprocesses that surface every time we allow space for therecollection: Memory, Identity, Time and Experience.In education and in care confronting these multipleaspects allows us to stay within a continuous processof evolution, transformation and status phasescontemplating the personal and subjective dimension.

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sione cognitiva e, producendo testimonianza di sé, sicreano mappe che orientano le scelte personali o pro-fessionali.La memoria si trasforma anche in una dimensione daattraversare per comprendere il presente ed impostareil futuro e pertanto ad essa affidiamo principalmentefunzione educativa e di cura: narrare e ricostruire lapropria storia produce consapevolezza sul valore dellastoricità della propria esistenza, essa si concretizzanell’analisi della propria storia personale concepitacome un cammino che per la ricchezza della suapotenzialità va svelata e ricomposta.Storie culturali, genealogie, appartenenze, da cono-scere anche per individuare risorse, favorire sviluppipotenziali.La composizione dell’identità avviene ricercando trac-ce, indizi, ma nel momento in cui si lavora con le sto-rie di vita, il procedere diviene una storia a due. Per giungere alla storicità i ricordi devono essere con-frontati con altre fonti, un confronto che inevitabil-mente mette a nudo una realtà fatta di elementi con-vergenti e di fatti discrepanti, una conflittualità neces-saria che mostra sia il carattere peculiare della memo-ria come interpretazione, sia il suo aspetto di registra-zione dell’esperienza. In questo caso le procedure diricostruzione ricercano analogie e ricorrenze. Già sof-fermarsi su questo aspetto, rintracciare le ricorrenze,esplicitarle, ordinarle, evidenziandone continuità evariazioni sul tema, può rappresentare un livello diapprofondimento. Molto spesso la ricerca di coerenzeconsente di notare le contraddizioni, le lacune i silen-zi e da lì ampliare lo spazio di relazione e di composi-zione della storia.Con l’ascolto evocativo si entra in un livello di memo-ria in cui le persone possono trovare spazi “altri” di let-tura e di comprensione sulla vita quotidiana. Attra -verso le due direttrici lungo le quali opera la memoria,la ricerca del passato più remoto da un lato e la suaattualizzazione dall’altro, la storia di vita si arricchiscee può esplorare i campi della conoscenza e della comu-nicazione, introducendosi cioè nella produzione disignificati. Il ricordo, contenuto anche nei simboliesterni, espresso con la narrazione, appartiene alla sto-ria orale “in quanto è uno sforzo di rielaborazione etrasmissione di significati del presente per il presente”(Passerini, 1988) anche se l’oggetto del racconto è ilpassato.Storicamente è Freud che ha svelato come la memorianon appaia più una certezza inattaccabile, monolitica,essa lascia trasparire la sua incompletezza attraverso ipropri dubbi e travolta dalle emozioni. L’intuizione diFreud apre ad una visione particolare del ricordare in cuitutto entra in discussione, anche il rapporto con l’altroche ora risulta essere interno al soggetto, “come distan-za che lo separa da se stesso come passato non risolto,non compreso, non ricordato” (Passerini, 1988).Resta infine da considerare un approccio più spiccata-mente antropologico alla memoria personale, che mira

The life story also possess a clear social and culturalelement, we develop and define ourselves through acontext of relationships, constant comparisons withother people, with different expectations and with newerand newer dimensions, a continuous future projectedtowards the re-defining of one’s own desires, one’s ownidentity, based on the relationship with those around us.

MEMORYPossessing a memory means tending to repeat what wehave experienced previously, our knowledge is fused init from which, more or less consciously, we call upwhen necessary, the appropriate indications for actingin daily life. Memory therefore refers to everydayknowledge. Precisely because of this we believe that re-living such knowledge through narration, searchingfor ways of access and interpretations of the innerworld, is a road to understanding it, and possiblytransforming it.In the narration, different levels of memory can beopened in relation to the intentions of the educationalinterventions.Memory in the sense of action through which we recallthe past and transport it into the present throughrecollection, as an ability to organise the experiencesand to create and maintain an indispensable“database” for ourselves and available to others,represents a level of work in which the cognitivedimension is stimulated and activated and, byproducing testimony of oneself, maps are created thatdetermine the personal or professional choices made.Memory also transforms into a dimension to be crossedin order to comprehend the present and outline the futureand so we assign it mainly educational and carefunctions: telling and reconstructing one’s own storyproduces awareness of the value of historicalgenuineness of one’s own existence, it materialises in theanalysis of one’s own personal story conceived as ajourney which due to the richness of its potential needsto be revealed and recollected.Cultural stories, genealogies, affiliations, to be knownalso in order to identify resources and to promotepotential developments.The composition of identity comes about through thesearch for traces, clues, but the moment we work withlife stories, the process becomes a dual story. In order to achieve historical genuineness recollectionsmust be compared with other sources, a comparisonthat inevitably lays bare a reality comprised ofconverging elements and discrepancies, a necessaryconflict that shows both the peculiar character ofmemory as interpretation, and its aspect of recordingexperiences. In this case the reconstruction proceduressearch for analogies and recurrences. Dwelling on thisaspect, tracing the recurrences, explaining them,ordering them, highlighting continuities and variationson the theme, can already represent a level of in-depth

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ad individuare in essa la dimensione sociale. Affinchéi ricordi siano credibili e quindi utilizzabili debbonoessere accettati nei loro contesti sociali. L’obiettivo èquello di rintracciare le diverse trame sociali dellamemoria attraverso la ricostruzione delle dinamichepassato-presente. La fusione del metodo antropologi-co con quello microsociologico si occupa fondamen-talmente dell’identità culturale espressa dalla memoriacondivisa attraverso lo spazio ed il tempo. Da qui pos-siamo vedere come la fedeltà storica agli episodi pas-sati finisca in secondo piano dinanzi alla necessitàdella persona, espressa nel ricordo, di proiettare all’e-sterno una possibile rappresentazione del sé e dellapropria storia. In questo caso si tratta di un tentativo di autodefinizio-ne sociale, in cui lo sforzo mnemonico è fondamental-mente mirato alla salvaguardia della propria conti-nuità, cioè alla identificazione di un nesso concreto edintegro tra passato e presente che in qualche modoindichi la strada per il futuro. Vediamo in questa rilet-tura presente degli avvenimenti passati il legittimodesiderio di conferma delle certezze reciproche, cer-tezze che traggono forza da un passato perfettamentecomprensibile e ancora vivo in quanto rivolto al futuro.

IDENTITÀ, TEMPO, ESPERIENZANella narrazione della storia si svela l’identità, la con-sapevolezza di una origine, il bisogno di trovare unacertezza esistenziale in radici che la ancorino ad unastoria certa, unica ed irripetibile. Essa in definitiva è laconsapevolezza incrollabile di un nome al quale poter-si appellare nell’infinito mare delle domande senzarisposta. Paradigmatica ci sembra in questo caso laprefazione al “Fu Mattia Pascal” scritta dallo stessoPirandello di cui riportiamo un breve brano: “Unadelle poche cose, anzi forse la sola che io sapessi dicerto era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E mene approfittavo. Ogni qual volta qualcuno dei mieiamici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il sennofino al punto di venire da me per qualche consiglio osuggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevogli occhi e gli rispondevo: io mi chiamo Mattia Pascal,- grazie caro questo lo so, - e ti par poco? - Non pare-va molto per la verità neanche a me. Ma ignoravo allo-ra che cosa volesse dire il non saper neppure questo, ilnon poter più rispondere…”. Implica uno sviluppoontogenetico, una spinta verso la ricerca di un equili-brio verso una dimensione che è propria a prescinderedagli altri.Intendiamo perciò come identità un intero e comples-so processo di costruzione e di definizione del sé chenon può limitarsi unicamente alla dimensione psicolo-gica. Il soggetto costruisce la propria identità lungo untortuoso cammino costellato di relazioni con l’esternoin cui assume fondamentale importanza il ruolo socia-le, come le maschere di pirandelliana memoria cimostrano. Il singolo non gode di libertà di scelta e non

examination. Very often the search for coherenceconsists of noting the contradictions, the gaps thesilences and from there expanding the composition andrelational space of the story.With evocative listening we enter a level of memory inwhich people can find “other” spaces of interpretationand comprehension of daily life. Through the twopaths along which memory operates, the search for themost remote past on the one hand and bringing it up todate on the other, the life story becomes enriched andcan explore the fields of consciousness andcommunication, that is to say, introducing itself in theproduction of meanings. Recollection, also contained inexternal symbols, expressed with narration, belongs tothe oral story “because it is an endeavour of re-processing and transmission of meanings of the presentfor the present” (Passerini, 1988) even if the object ofthe tale is the past.Historically it was Freud who revealed how thememory no longer appears to be an unassailable,monolithic certainty, it allows its incompleteness toshow through its doubts and overcome by emotions.The insight of Freud opens a particular view ofmemory in which everything is put up for discussion,even the relationship with the other that is now insidethe subject, “as a distance that separates it from itself asan unresolved past, not comprehended, not remembered”(Passerini, 1988).Lastly it remains to consider a more anthropologicalapproach to personal memory, one which aims atidentifying the social dimension in it. In order formemories to be credible and therefore able to be usedthey must be accepted in their social contexts. Theobjective is to trace the different social weaves ofmemory through the reconstruction of past-presentdynamics. The fusion of the anthropological methodwith the micro-sociological one is basically to do withthe cultural identity expressed by the memory sharedthrough space and time. From here we can see how thehistorical fidelity to past episodes is relegated tosecondary importance compared to the person’s need,expressed in the recollection, to project outwards apossible representation of the self and of one’s own story. In this case there is an attempt at social self-definition,in which the mnemonic effort is basically aimed atsafeguarding one’s own continuity, in other words atidentifying a concrete and integral connection betweenpast and present which in some way indicates thepathway to the future. We can see in this present re-interpretation of past events the legitimate desire toconfirm reciprocal certainties, certainties that drawtheir strength from a perfectly comprehensible and stillalive past as it is projected towards the future.

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spetta a lui decidere se indossarle oppure no, ma puòconservare la capacità di realizzare, in ogni caso, lapropria identità.Comprendere la storia di vita significa dunque andarealla ricerca delle identità forse mai realmente affiorateperché smarrite nei particolari del quotidiano. E mag-gior importanza assumono le storie discontinue e sof-ferte, perché lì si riscontra meglio il doppio rapportodi filiazione e di opposizione, lì si scopre un’identità incui emerge la parola “crisi”. Il concetto del doppio rap-porto è frutto delle ricerche di Wallon, il quale havoluto insistere sulla evidenziazione della crisi delleopposizioni e delle discontinuità dello sviluppo. Ilconcetto del doppio rapporto è frutto delle ricerche diWallon, il quale ha voluto insistere sulla evidenziazio-ne della crisi delle opposizioni e delle discontinuitàdello sviluppo (Wallon, 1938). Canevaro (1986), cirinvia agli studi di Wallon come “invito a pensare intermini di Storia comprensiva delle storie… Wallonpuò esserci di aiuto per cercare di dare al tema dell’i-dentità la consistenza della specificità dell’individuo edella dinamica sociale, della dimensione biologica e diquella culturale… un continuo rinvio alla rete relazio-nale che non ha confini precisi, né in estensione, né inprofondità e che implica le radici di ciascuno” e con-clude la sua riflessione affermando che la ricerca dell’i-dentità apre possibilità alla comprensione della Storia.In altre parole dobbiamo forzatamente affrontare una“tempesta esistenziale” (crisi) se vogliamo approdaread una nuova realtà che si contrappone alle nostre vec-chie abitudini. Il grosso pericolo è che la crisi assumai connotati di irrisolvibile condizione esistenziale, incui il soggetto smarrisce la propria identità ed il valo-re delle proprie azioni. Allora il richiamo al doppio rapporto è per noi un invi-to a considerare la storia di vita non come un semplicedivenire di fatti racchiusi in una singola persona, bensìun insieme più ampio e più ricco di storie diverse.Per comprendere ed utilizzare pienamente la portataeducativa e formativa della storia di vita è necessarioaprirci ad una concezione di storia non più vissutacome successione diacronica, ma sviluppare una con-sapevolezza della storia non storicistica. Ovvero nello sforzo narrativo si materializza dunquel’identità personale dell’attore, che si mostra nelle sueazioni e nelle motivazioni che lo hanno condotto adesse. Pertanto possiamo riconoscere che attraverso lastoria è forse possibile comprendere “realmente” ciòche una persona è stata ed è (Cavavero, 2001).Nella narrazione della storia emergono infine le cate-gorie dell’esperienza e del tempo, che assumonoimportanza rilevante in considerazione dei mutamentidi significato in cui sono incorse presso le generazionipiù giovani. In sostanza, se è nostra intenzione pensa-re un cammino educativo e formativo non possiamonon riconoscere l’indebolimento accusato dal sensodel tempo storico. Sempre più numerosi sono gliesempi di ricerche che si sono soffermate su questi

IDENTITY, TIME, EXPERIENCEIn the telling of the story the identity is revealed, theawareness of an origin, the need to find an existentialcertainty in roots that anchor it to a specific, uniqueand unrepeatable story. It is ultimately the unshakableawareness of a name to appeal to in the infinite sea ofunanswered questions. In this case the preface to “FuMattia Pascal” seems paradigmatic, written byPirandello himself of whom we cite a short extract:“One of the few things, indeed perhaps the only thingthat I knew for sure was this: that my name wasMattia Pascal. And I took advantage of that. Everytime one of my friends or acquaintances woulddemonstrate that he’d lost his senses to the point ofasking me for advice or suggestions, I’d shrug myshoulders, narrow my eyes and respond: may name isMattia Pascal, - thanks old man I know that, - andthat seems to you negligible? – Quite honestly it didn’tseem much even to me. But then I ignored what it meantnot to know even this, not being able to replyanymore…”. It implies an ontogenetic development, adrive towards the search for an equilibrium towards adimension of one’s own which is independent of others.By identity we therefore mean an entire and complexprocess of construction and of definition of the self thatcannot be limited solely to the psychological dimension.The subject constructs their own identity along atortuous path studded with relationships with theexterior in which the social role assumes fundamentalimportance, such as the masks of Pirandellian memoryshow us. The individual does not have the benefit ofchoice and it is not down to him to decide whether ornot to wear them, but he may preserve the ability, inany case, to create his own identity.Understanding the life story means therefore going insearch of identities that have perhaps never truly cometo the surface because they have been lost in the detailsof everyday life. And discontinuous and anguishedstories take on greater importance, because its is herethat the dual relationship of filiation and of oppositionis best found, here is where we discover an identity inwhich the word “crisis” emerges. The concept of thedual relationship is the result of research by Wallon(1982), who insisted on underlining the crisis of theconflicts and discontinuities of development. Canevaro(1986), he refers us back to the studies of Wallon as an“invitation to think in terms of the comprehensiveHistory of stories… Wallon can help us to try to giveto the theme of identity the consistency of theindividual’s specificity and of the social dynamics, ofthe biological dimension and the cultural one… acontinual reference to the relational network that has noprecise borders, neither in extension, nor depth and thatimplies the roots of each person” and concludes hisreflection by stating that the search for identity openspossibilities for the comprehension of History.In other words we are forced to deal with an “existential

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specifici problemi, che hanno sottolineato come si siaaccentuato lo scarto tra memoria individuale e collet-tiva, tra narrazione autobiografica e storica, che fonda-mentalmente affermano la tendenza delle nuove gene-razioni a considerare in maniera assoluta il presente ascapito di una conoscenza del passato utile anche inuna proiezione futura (AA.VV., 1986).Domandiamoci allora come possiamo percepire iltempo, proviamo cioè ad elencare le dimensioni cheattribuiamo ad esso. Il tempo convenzionale, quelloche dipende dall’orologio celeste, dall’orologio mecca-nico, quello che serve a misurare gli intervalli. È iltempo che scandisce le nostre giornate, i nostri impe-gni, la nostra vita sociale. Esso non può dipendere danoi in quanto è il tempo oggettivo. Ma il tempo dipen-de pure dai nostri stati di coscienza, assume un valorefortemente soggettivo per ogni singolo individuo e sipuò parlare di un tempo psicologico in cui gli interval-li si restringono e si dilatano a seconda delle esigenzeinteriori di ogni singolo. Il tempo infine può esserepercepito come un vero e proprio attributo dei feno-meni, esso cioè assume un valore non più quantitativobensì qualitativo delle durate.La dimensione oggettiva è mera astrazione, conven-zione espressa dalle esigenze sociali, mentre gli altridue livelli temporali sono vincolati alla percezionedella durata e nascono dalle nostre esperienze quoti-diane, traggono spunto cioè dalla nostra memoria.L’istruzione sviluppa ovviamente un senso oggettivodel tempo mentre spetta alla quotidianità e al pensierospontaneo la creazione e l’organizzazione del temposoggettivo e qualitativo.Se vogliamo capire ciò che il passato, non solo storicoma pure personale, può ancora dirci occorre assumereuna visione eterogenea del tempo. Una consapevolez-za multipla del tempo mostra costantemente l’idea dimutamento, evidenziando quindi la durata di un ciclo,di un periodo, consentendoci di stabilire che il tempoaltro non è che una categoria mentale. E’ il tempo, coni suoi aspetti soggettivi ed oggettivi, che consente allestorie di vita, ai ricordi, di divenire concreti e quindiutilizzabili da tutti (AA.VV., 1986).Il tempo si intreccia profondamente con il progettodei singoli, ne scandisce tappe, obiettivi parziali, dettascelte, ed esso torna poi a raccogliere ordinatamentequei tasselli di vita passata per proiettarli e farli rivive-re nel presente. Il passato lascia tracce, ma il ricordo èaffidato al presente, e dinanzi ad una storia di vitasiamo chiamati a compiere la mediazione tra passato epresente (Jedlowski, 1991). Il tempo dell’esperienza è nella vita quotidiana, il“farsi” di essa dà spessore e consistenza al vivere.L’esperienza si compone di tre momenti: la sedimenta-zione che origina dalla consuetudine, la profondità, laautocoscienza intesa come la capacità di raccontarsi.Le condizioni dell’esperienza sono dettate dalle possi-bilità che la persona ha di raccontarsi a sé stesso e aglialtri, cioè la possibilità di elaborare simbolicamente i

storm” (crisis) if we wish to arrive at a new situationwhich conflicts with our old habits. The great dangeris that the crisis takes on the guise of an irresolvableexistential condition, in which the subject loses his ownidentity and the value of his own actions. The reference to the dual relationship is for us thereforean invitation to consider the life story not as a simpledestiny of facts enclosed in a single person, but rather awider and richer series of different stories .To understand and use fully the educational andtraining capacity of the life story we have to openourselves up to a conception of the story no longerexperienced as a diachronic succession, but to developa non historicist awareness of the story. That is, the personal identity of the protagonistmaterialises in the narrative effort, who demonstrates inhis actions and in the motivations that lead him tothem. We can therefore recognise that through the storyit is perhaps possible to “really” understand what aperson is and has been (Cavavero, 2001).In the telling of the story lastly the categories ofexperience and time emerge, that take on significantimportance considering the changes of meaning whichthey encounter in the younger generations. In essence, ifour intention is to think of an educational and trainingpath we cannot fail to recognise the weakening felt bythe sense of historical time. There are more and moreexamples of research that have dwelt on these specificproblems, that have highlighted how much thedifference between individual and collective memory,between autobiographical and historical narration, hasbeen accentuated, which basically affirm the tendencyof the new generations to consider the present asabsolute at the expense of a knowledge of the past alsouseful in a future projection (AA.VV., 1986).Let us ask ourselves then how we can perceive time, inother words let us try to list the dimensions that weattribute to it. Conventional time, the time that is set bythe celestial clock, by the mechanical clock, the oneused to measure intervals. This is the time that marksour days, our commitments, our social life. It cannot begoverned by us as it is objective time. But time alsodepends on our consciousness, it assumes a stronglysubjective value for each individual and we canidentify a psychological time in which the intervalscontract and expand according to the inner needs ofeach individual. Lastly time can be perceived as anauthentic attribute of phenomena, that is to say it takeson a value of duration which is no longer quantitativebut qualitative.The objective dimension is mere abstraction, conventionexpressed by social needs, while the other two temporallevels are associated with the perception of duration andare the result of our everyday experiences, in otherwords they draw on our memory. Education obviouslydevelops an objective sense of time while the creationand organisation of subjective and qualitative time isgoverned by daily living and spontaneous thought.

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If we wish to understand what the past is, not justhistorical but personal as well, it may well be that aheterogeneous view of time must be taken. A multipleawareness of time constantly demonstrates the idea ofchange, therefore highlighting the duration of a cycle,of a period, allowing us to establish that time is nothingmore than a mental category. It is time, with itssubjective and objective aspects, that allows life stories,memories, to become concrete and therefore usable by all(AA.VV., 1986).Time intertwines deeply with the project of individuals,it marks out stages, partial objectives, it dictateschoices, and it then returns to collect in an orderlymanner those building blocks of past life to project themand allow them to be relived again in the present. Thepast leaves traces, but the memory is entrusted to thepresent, and when faced with a life story we are calledupon to mediate between past and present (Jedlowski,1991). The time of experience is in daily life, the “making” ofit gives breadth and substance to living. Experience ismade up of three moments: the sedimentation thatoriginates from custom, the depth and the self-awareness in the sense of the capacity to tell one’s story.The conditions of the experience are dictated by thepossibilities that the person has of telling his story tohimself and to others, that is to say the possibility ofprocessing symbolically the materials of the memory, togain awareness of one’s own story. Only experiencegives daily life the dimension of conscious duration, inother words it makes it appear to the individual ashaving a sense, as a story.

materiali della memoria, di acquisire coscienza dellapropria storia. È solo l’esperienza che rende alla vitaquotidiana la dimensione della durata consapevole,cioè la fa apparire al singolo come dotata di un senso,come una storia.

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