absctracts anemo nurse 2015

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In questi ultimi anni è aumentata l’attenzione verso una medicina basata sull’evidenza che , oltre al trattamento , richiede un livello assistenziale molto più accurato. La Patient Blood Management rappresenta un passaggio fondamentale verso questa nuova concezione di medicina e nella sua impronta multidisciplinare necessita del coinvolgimento di figure esperte in grado di offrire un alto livello di professionalità. Al centro delle cure si pongono sempre il paziente e il suo benessere. INDICE DEGLI ABSTRACTS 1) Infermieristica , ricerca e clinica Prof.ssa Anne Destrebecq 2) Coordinatrice del sangue. Una realtà necessaria ? Dott.ssa Sara Landriscina 3) Implementazione aziendale di un progetto infermieristico di risparmio del sangue Dott. Davide Basso 4) Prericovero , accoglienza e preparazione del paziente in una chirurgia senza sangue Dott.ssa Arta Smajlaj 5) Ambulatorio trasfusionale : dove comincia la PBM Dott. Ivo Beverina 6) Monitoraggio postoperatorio : come dare logica ad un percorso di cura Dott. Claudio Roscitano 7) Il razionale del recupero perioperatorio di sangue autologo Dott.ssa Maria Beatrice Rondinelli Sicurezza ed efficacia al letto del paziente : ruolo chiave dell’infermiere nel processo trasfusionale Dott. Giovanni Inghilleri 8) Una PBM efficace attraverso la raccolta e l’analisi dei dati Dott. Marco Pavesi 10)Costruzione di uno strumento per la valutazione del rischio emorragico intraoperatorio Dott.ssa Lara Carelli 11)PBM e il reparto, realtà a confronto Dott.ssa Tina Macrí 12)Orizzonti e nuovi sviluppi nell’infermieristica , la consapevolezza di una professione in divenire Dott. Francesco Pittella

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In  questi  ultimi  anni  è  aumentata  l’attenzione  verso  una  medicina    basata  sull’evidenza  che  ,  oltre  al  trattamento  ,  richiede  un  livello  

assistenziale  molto  più  accurato.    

La  Patient  Blood  Management  rappresenta  un  passaggio  fondamentale  verso  questa  nuova  concezione  di  medicina  e  nella  sua  impronta  

multidisciplinare  necessita  del  coinvolgimento  di  figure  esperte  in  grado  di  offrire  un  alto  livello  di  professionalità.  

 Al  centro  delle  cure  si  pongono  sempre  il  paziente  e  il  suo  benessere.  

   

INDICE  DEGLI  ABSTRACTS    

1) Infermieristica  ,  ricerca  e  clinica  Prof.ssa  Anne  Destrebecq  

2) Coordinatrice  del  sangue.  Una  realtà  necessaria  ?  Dott.ssa  Sara  Landriscina    

3) Implementazione  aziendale  di  un  progetto  infermieristico  di  risparmio  del        sangue  -­‐  Dott.  Davide  Basso  

4) Prericovero  ,  accoglienza  e  preparazione  del  paziente  in  una  chirurgia  senza    sangue  -­‐  Dott.ssa  Arta  Smajlaj  

5) Ambulatorio  trasfusionale  :  dove  comincia  la  PBM  Dott.  Ivo  Beverina  

6) Monitoraggio  postoperatorio  :  come  dare  logica  ad  un  percorso  di  cura  Dott.  Claudio  Roscitano  

7) Il  razionale  del  recupero  perioperatorio  di  sangue  autologo  Dott.ssa  Maria  Beatrice  Rondinelli  Sicurezza   ed   efficacia   al   letto   del   paziente   :   ruolo   chiave   dell’infermiere   nel  processo  trasfusionale  -­‐  Dott.  Giovanni  Inghilleri  

8) Una  PBM  efficace  attraverso  la  raccolta  e  l’analisi  dei  dati  Dott.  Marco  Pavesi  

10)Costruzione  di  uno  strumento  per  la  valutazione  del  rischio  emorragico      intraoperatorio  -­‐  Dott.ssa  Lara  Carelli  

             11)PBM  e  il  reparto,  realtà  a  confronto  Dott.ssa  Tina  Macrí  

             12)Orizzonti  e  nuovi  sviluppi  nell’infermieristica  ,  la  consapevolezza  di  una                                professione  in  divenire                              Dott.  Francesco  Pittella  

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                                                                 L’evoluzione  del  concetto  di  salute  e  il  cambiamento  del  sistema  sanitario  che  pone  al  centro  la  “promozione  della  salute”  attraverso  metodologie  di  prevenzione  hanno  notevolmente  accentuato  il  carattere  di  essenzialità  della  ricerca  infermieristica.  Tutto  ciò  promuove  lo  sviluppo  delle  conoscenze  e  migliora  la  prassi  infermieristica  per  il  bene  dell’assistito,  dei  suoi  familiari,  della  comunità  e  degli  stessi  infermieri.  La  ricerca  infermieristica  permette  di  definire  e  validare  le  conoscenze,  in  modo  da  poterle  diffondere  e  consente  di  migliorare  la  formazione  iniziale  e  quella  in  corso  di  servizio.  Essa  consente  di  valutare  la  pertinenza  e  l’efficacia  dei  metodi  assistenziali,  favorendo  quindi  il  miglioramento  qualitativo  dell’assistenza  individuale  o  di  comunità,  sia  essa  preventiva,  curativa,  palliativa  o  riabilitativa.  La  ricerca  dunque,  fa  parte  degli  obblighi  professionali  che  l’infermiere  ha  nei  confronti  della  società,  infatti  è  suo  dovere  il  contributo  alle  cure  sanitarie  costantemente  valorizzate,  aggiornate  e  supportate  da  accreditate  linee-­‐guida.  Con  il  termine  “ricerca”  si  intende  indagine  sistematica,  logica  ed  empirica,  sulle  relazioni  possibilmente  esistenti  tra  fenomeni  particolari,  finalizzata  alla  conoscenza  verificabile  (1).  Oltre  al  termine  ricerca  si  parla  spesso  di  Evidence-­‐Based  Nursing  (EBN),  espressione  inglese  traducibile   come   "assistenza   infermieristica   basata   sulle   prove   di   efficacia".   Trae   la   sua  origine  dal  movimento  medico  della  Evidence-­‐Based  Medicine  (EBM).  Gli   elementi   che   caratterizzano   la   EBM   sono   essenzialmente   3:   1)   avvertire   il   bisogno  d'informazioni   per   risolvere   un   problema   incontrato   nella   pratica   clinica,   ovvero   porsi   dei  dubbi   e   farsi   delle   domande   su   ciò   che   si   è   soliti   fare;   2)   cercare   e   trovare   le   informazioni  scientifiche   necessarie   a   rispondere   a   queste   domande   in   tempi   ragionevoli   ed   in   modo  efficiente;  3)   valutare   la   validità   e   l'applicabilità   clinica  dei  dati   scientifici   reperiti,   prima  di  integrarli  nelle  proprie  decisioni  cliniche.  L'  EBN  nasce  nel  1998  come  "Il  processo  per  mezzo  del   quale   gli   infermieri   assumono   le   decisioni   cliniche   utilizzando   le   migliori   ricerche  disponibili,   la   loro   esperienza   clinica   e   le   preferenze   del   paziente,   alla   luce   delle   risorse  disponibili".   Si   può   quindi   dire   che   l'EBN   è   un   processo   di   autoapprendimento   continuo  dell'infermiere   in   cui   l'assistenza   al   singolo   paziente   stimola   la   ricerca   dalla   letteratura  biomedica  di  informazioni  rilevanti  per  la  pratica  assistenziale  stessa.  Il  primo  passo  di  questo  processo   è   dunque   formulare   un   quesito   clinico,   originato   dall'esperienza   della   pratica  assistenziale,   Il   secondo   passo   è   quello   di   cercare   le   risposte.    In   rete   sono     disponibili   varie   risorse   gratuite   e   ad   accesso   universale   per   reperire  informazioni   scientifiche   nel   campo   delle   scienze   biomediche.   Alcune   di   esse   sono   delle  enormi  banche  dati  di  articoli  scientifici,  con  potentissimi  "motori  di  ricerca"  che  consentono  di   trovare   articoli   di   interesse   per   il   proprio   quesito   utilizzando   dei   termini   chiave   ed   una  particolare  sintassi.  I  più  importanti  sono  Pubmed  per  tutte  le  scienze  biomediche  in  generale  (www.pubmed.gov)  e  Cinahl  per  le  scienze  infermieristiche  in  particolare  (www.cinahl.com)    

 Infermieristica,  ricerca  e  clinica  Prof.ssa  Anne  Destrebecq  Professore  associato  MED/45  Università  degli  Studi  di  Milano  

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 Bibliografia:  

1) LoBiondo-­‐Wood,   J.   Haber,   Metodologia   della   ricerca   Infermieristica,   McGraw   Hill,   5°  edizione.  

2) DiCenso   A,   Cullum   N,   Ciliska   D.   Implementing   evidence-­‐based   nursing:   some  misconceptions.  Evid  Based  Nurs  1998  1:  38-­‐39  

3) GRADE  Working  Group.  Grading  quality   of   evidence  and   strength  of   recommendations.  BMJ  2004;  328:  1490-­‐98.    

   

Il sangue è una risorsa preziosa, e come tale è opportuno che venga utilizzato correttamente e risparmiato laddove possibile. Di fronte ad una carenza di questo salvavita, e per incoraggiarne una corretta gestione, il nostro Paese, attraverso il Centro Nazionale Sangue (CNS), elabora annualmente un Programma di Autosufficienza Nazionale, per monitorare i consumi storici, i fabbisogni , i livelli di produzione necessari e definire le linee di indirizzo per il monitoraggio della stessa autosufficienza. Non tutte le regioni riescono a soddisfare le richieste di sangue e ricorrono all’acquisizione interregionale. Che vantaggi offrirebbe una figura infermieristica esperta di tecniche di risparmio sangue dedicata alla corretta gestione del paziente a rischio trasfusionale? Questa figura esiste già: è la bloodless coordinator care. Da tempo presente nel panorama assistenziale statunitense ed europeo , ma non ancora introdotta ufficialmente nel nostro Paese se non sperimentalmente in alcune rare realtà. Questa specialista si occupa principalmente di sviluppare un programma di gestione del sangue “customizzato” per il paziente chirurgico dall’ambulatorio di pre-ospedalizzazione al follow up . Inoltre si occupa di raccogliere i dati in funzione di un miglioramento continuo della qualità, ed infine di educare pazienti ed altri professionisti circa il programma di corretta gestione del sangue. Nel 2014 è stata effettuata una ricerca con scopo di sondare la conoscenza di questa nuova figura da parte del personale infermieristico e i benefici che potrebbero derivare dalla sua introduzione in Italia. Sono stati confrontati i risultati ottenuti dalla somministrazione di un questionario rivolto a pazienti, infermieri e medici dei servizi trasfusionali in tre realtà ospedaliere italiane rappresentanti il nord, il centro ed il sud del nostro Paese. I risultati hanno evidenziato una scarsa conoscenza di questa figura professionale che peraltro apparirebbe come di essenziale utilità in un prevedibile scenario ospedaliero futuro visto l’entusiasmo, la curiosità e l’interessamento nei suoi confronti da parte dei soggetti intervistati. Il 74,1% dei pazienti e il 92% degli infermieri ha infatti valutato positivamente l’introduzione della bloodless coordinator care nelle nostre strutture ospedaliere. La scarsa “notorietà” di tale figura evidentemente è determinata da condizioni che ne hanno rallentato la realizzazione . Probabilmente permane una concezione obsoleta di infermiere che non lavora ancora per processi e che non gode della giusta autonomia , nonostante la formazione universitaria e il relativo aumento delle responsabilità, non viene adeguatamente considerato. Ma soprattutto ogni realtà dipende dall’efficacia che offre. Solo da poco il sistema sanitario e le amministrazioni ospedaliere stanno rivedendo il processo trasfusionale da un’ottica diversa : l’autosufficienza tanto sperata potrebbe essere garantita non solo dalle donazioni ma anche da un’attento consumo , da un risparmio. In questo senso la bloodless coordinator care svolgerebbe un ruolo fondamentale nella

Coordinatrice del sangue : una realtà necessaria ? Dott.  ssa  Sara  Landriscina  Infermiera  –  Fondazione  Policlinico  Universitario  A.  Gemelli  ,  Roma  

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gestione dei pazienti a rischio trasfusionale offrendo prospettive di risparmio attraverso la gestione di percorsi alternativi. In tal caso potrebbe ottenere consensi non solo tra gli operatori , ma anche tra chi crea spazi di attività lavorativa . Solo allora avrà senso offrire corsi di formazione per creare professionisti da introdurre nelle nostre realtà ospedaliere e offrire un’assistenza di qualità, attenta al buon uso del sangue e ad una sua corretta gestione nonché favorente un risparmio economico anche per la struttura sanitaria. Dedicare tempo al paziente è la chiave per migliorare davvero l’assistenza e la bloodless coordinator care prende in carico il paziente dalla pre-ospedalizzazione al follow-up, e lo segue durante l’intero percorso di guarigione. Una figura che si interessa in maniera olistica del malato, indispensabile alle diverse equipe coinvolte nella sua cura e utile alla struttura ospedaliera : un infermiere responsabile, capace, formato e volenteroso , un bloodless coordinator.  Bibliografia  :      

1. Programma   di   autosufficienza   nazionale   anno   2014   elaborato   dal   Centro   Nazionale  Sangue  Disponibile   all’indirizzo   web:  http://www.centronazionalesangue.it/pagine/autosufficienza  Ultimo  accesso  27/08/2015  

2. Job  profile  Director  Blood  Management  Program  of  Temple  University  Hospital.  Version  date  4/07/2014.  File  pdf.  

3. Nelson  R.  “Bloodless  medicine  –  An  exiting  new  field  for  nurses”.  AMN  Healthcare,  2005.  Disponibile   all’indirizzo   web:   http://www.nursezone.com/nursing-­‐news-­‐events/more-­‐features/Bloodless-­‐Medicine%E2%80%94An-­‐Exciting-­‐New-­‐Field-­‐for-­‐Nurses_20332.aspx  Ultimo  accesso  31/08/2015  

4. Society   for   the   Advancement   of   Blood   Management.   Administrative   and   Clinical  Standards   for   Patient   Blood   Management   Programs.   II   edizione.   2013.   Disponibile  all’indirizzo  web:  http://www.sabm.org/publications.  Ultimo  accesso:  18/08/2014  

   

   

   Spesso   si   corre   il   rischio   di   etichettare   le   iniziative   rivolte   ad   una   più   attenta   gestione   del  sangue,   come   dettate   da   principi   strettamente   ideologici   e   per   questo   del   tutto   opinabili,  oppure  da  meri  criteri  di  spending  review.  Il  termine  “risparmio”,  in  ambito  sanitario,  assume  per  il  paziente  una  connotazione  negativa,  in  quanto  appannaggio  dell'ambito  economico,  ma  è  bene  ricordare  che  i  vantaggi  della  PBM  sono  molteplici  e  distribuiti  a  più  livelli,  dal  paziente  fino  a  chi  eroga  i  servizi  sanitari.    Una  rapida  occhiata  ai  dati  epidemiologici  disponibili  in  letteratura  ci  può  mostrare  quanto  sia  più  prioritario  un  cambiamento  culturale  rispetto  ad  un  vero  e  proprio  paradigma  operativo.  Il  ricorso  alle  emotrasfusioni,  infatti,  sembra  troppo  spesso  dettato  dalle  consuetudini  anziché  dalle   evidenze   scientifiche.   Nonostante   i   molti   studi   pubblicati   nell'ultimo   ventennio,   gli  

Implementazione  aziendale  di  un  progetto  infermieristico  di  risparmio  sangue    Dott.  Davide  Basso  Infermiere  di  Pronto  Soccorso  –  IRCCS  Policlinico  S.  Donato  ,  Milano    

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outcome  negativi  dei  pazienti  sottoposti  a  trasfusioni  di  sangue  allogenico  non  sono  così  noti  ai   professionisti   sanitari.   Inoltre   è   sufficiente   pensare   all'estrema   variabilità   nei  comportamenti  clinici,  tra  paesi  in  cui  viene  applicato  il  PBM  e  paesi  in  cui  non  viene  applicato  affatto,   con   tassi   di  mortalità   e  morbilità   dei   pazienti   perlomeno   sovrapponibili,   per   capire  quanto  molte  trasfusioni  siano  inutili  se  non  addirittura  dannose.    Dal   2010   molti   organismi   nazionali   e   sovranazionali   si   sono   adoperati   per   promuovere   la  diffusione   del   PBM   e   sono   stati   indicati   i   fattori   favorenti   e   quelli   che   ostacolano  l'implementazione   del   PBM   nelle   aziende   sanitarie.   Li   analizzeremo   rapidamente   per  comprendere   come   pianificare   ed   implementare   il   cambiamento   auspicato   dai   maggiori  stakeholders,  in  modo  efficace  ed  efficiente.  I   risultati   che  provengono  dai   paesi   dove   la  PBM  storicamente  nasce   e   si   sviluppa   in  modo  strutturato,   riguardo   l'efficacia   del   modello,   sono   molto   positivi   e   indicano   che   la   strada  percorsa  è  quella   giusta.    Qual   è,   invece,   lo   stato  dell'arte  nel  nostro  paese?  Si  può  davvero  applicare  un  programma  di  PBM   in  un   contesto   così  diverso  da  quello  di  origine?  Vedremo  come  sono  stati  mossi  i  primi  passi  verso  questo  obiettivo.    In  Italia  la  tematica  principale  da  affrontare  in  questo  momento  è  la  diffusione  di  esperienze  nate  dall'iniziativa  di  pochi  e  senza  il   sostegno  di  una  rete  di  coordinamento  nazionale.  Questo   implica  due  problemi  principali:  mancano   incentivi   perché   le   strutture   decidano   di   impegnarsi   nell'implementare   nuovi  modelli   modificando   le   vecchie   abitudini   e   non   si   è   ancora   creato   un   network   in   cui  condividere   le   esperienze   ed   unire   gli   sforzi   per   gli   sviluppi   futuri.     L'imperativo   che   deve  guidarci   oggi   è   quello   di   convogliare   le   nostre   energie   nella   diffusione   di   una   cultura,  idealmente   uniforme   sul   territorio   nazionale,   orientata   alla   corretta   gestione   della   risorsa  sangue.  A   tal   fine   è   necessario   capitalizzare   ciò   che  di   buono   emerge  da   esperienze   sin   qui  condotte,   se   pur   a   macchia   di   leopardo   ed   in   modo   poco   strutturato,   per   progettare   e  predisporre  strumenti  e  proposte  formative  per  specialisti  del  PBM.      Bibliografia  :    Deborah  J.  Tolich  et  al;  Blood  management:  From  evidence  to  implementation;  Nursing  Critical  Care;  Volume  9  n.  1,  anno  2014;  pagg  17-­‐24  Kristine  Weiss  Adams,  Deborah  J.  Tolich;  Blood  Transfusion:  the  patient’s  experience;  American  Journal  of  Nursing;  Volume  111  n.  9;  anno  2011;  pagg  24-­‐30  A.  Shander  et  al;  Patient  blood  management  in  Europe;  British  Journal  of  Anaesthesia;  Volume  109  n.  1;  anno  2012;  pagg  55-­‐68  Claudia  S.  Cohn,  Julie  Welbig,  Robert  Bowman,  Susan  Kammann,  Katherine  Frey,  Nicole  Zantek;  A   data-­‐driven   approach   to   patient   blood   management;   Transfusion;   Volume   54;   anno   2014;  pagg  316-­‐322  Kenneth  M.  Cole,  Ty  Walker;   Implementing  a  Blood  Management  Program  to   Improve  Patient  Safety;  Clinical  Leadership  &  Management  Review;  Volume  26;  anno  2012;  pagg  20-­‐27                        

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  L’accoglienza e la preparazione del paziente al prericovero rappresenta un passaggio importante nel percorso che il paziente chirurgico dovrà affrontare : un’anamnesi approfondita consente di inquadrare le condizioni cliniche del paziente e di procedere con una corretta valutazione che definisce livelli di rischio e tipologie di complicanze ricorrendo a trattamenti preventivi mirati consigliati da specialisti consulenti. Ogni patologia può essere segnalata e , corretta o limitata, nella sua potenziale evoluzione perioperatoria. Questo riguarda le più frequenti cardiopatie e bronconeumopatie ma anche dismetabolismi , nefropatie ed endocrinopatie. Scopo finale è quello di far giungere un paziente all’intervento chirurgico nelle migliori condizioni cliniche ben conoscendo quali rischi e criticità possono prevedibilmente complicare il suo decorso perioperatorio. Il Servizio di Prericovero nell’IRCCS Policlinico S. Donato ha iniziato a svolgere la propria attività nel 1996. In quasi 20 anni il modello organizzativo e gestionale è andato progressivamente affinandosi offrendo risultati sempre più efficaci in termini di qualità di servizio e completezza di prestazioni offerte. In base a questa filosofia il modello prericovero è cresciuto aggiungendo attività complementari alla sola preparazione prechirurgica in sé . Tra queste l’avvio e l’implementazione di un programma di Patient Blood Management (PBM) ha rappresentato un’importante svolta nell’attività quotidiana del Prericovero: una più approfondita valutazione delle condizioni preoperatorie e degli esami ematochimici ed i trattamenti rivolti alla risoluzione di condizioni di anemia o di sideropenie hanno generato nei nostri pazienti la percezione di essere “più curati”. In particolare questa attività si svolge in tre momenti :

1) identificazione del paziente meritevole d’inserimento nel programma PBM (sulla base del tipo di intervento ad alto rischio di sanguinamento e di conseguente anemizzazione postoperatoria o sulla base di condizioni cliniche che possono inficiare sulle caratteristiche di tollerablità di una condizione anemica o, ancora , per la presenza di una condizione anemica più o meno nota)

2) contatto telefonico per definire l’appuntamento presso l’ambulatorio PBM. Nel corso della telefonata verranno fornite le informazioni relative : a) ai documenti personali sanitari che dovranno essere presentati b) a come raggiungere l’ambulatorio c) allo scopo della visita d) alle procedure e trattamenti che verranno eseguiti (prelievi ematici, terapia ed eventuale

predeposito) 3) avvio dei trattamenti , dopo aver ottenuto consenso informato alla preparazione si procede

con il programma . La somministrazione delle terapie avviene in reparto di day hospital attrezzato con poltrone dedicate sulle quali i pazienti possono comodamente attendere la conclusione del trattamento prescritto . Tale procedura rappresenta il vero momento importante della preparazione : i farmaci e i prelievi eseguiti saranno personalizzati e dedicati ad ogni specifica situazione , le terapie potranno variare ad ogni seduta anche nello stesso paziente in base alle necessità. Tali trattamenti verranno trasmessi agli infermieri del reparto in un’apposita cartella che verrà acclusa alla cartella clinica a fine preparazione. Di seguito sono riportate le manovre da eseguire sul paziente con i relativi tempi di realizzazione :

Prericovero, accoglienza e preparazione del paziente in una chirurgia senza sangue Dott.ssa Arta Smajlaj Infermiera Ambulatorio Prericovero – IRCCS Policlinico S. Donato , Milano

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a) esecuzione di esami del sangue e urine (10-15 min) b) incannulamento di via venosa per somministrazione di terapia con ferro ev diluito in

flebo di fisiologica (20-30 min) c) somministrazione sottocute di eritrostimolanti (5 min) d) dopo la somministrazione dei farmaci il paziente si tratterrà in osservazione in sala

d’attesa (15 min) e) solo in alcuni casi specifici e selezionati può essere proposto il predeposito di una o più

unità autologhe utili a garantire un autosufficienza individuale sulla base delle perdite storiche previste .

Questa prima fase di preparazione si è dimostrata di importanza essenziale e comunque complementare per le fasi successive che prevedono gli ulteriori approcci in un programma di alternative trasfusionali : controllo e gestione del sanguinamento perioperatorio e impiego di criteri trasfusionali restrittivi con riconoscimento di un adeguato livello di tollerabilità individuale del contenuto di emoglobina. Una corretta applicazione di questi ultimi due elementi comporta un livello di coinvolgimento della preparazione più o meno ampio per la realizzazione dell’obiettivo a cui mira la PBM : massima attenzione alle cure per minimizzare le trasfusioni e offrire un miglior outcome al paziente.

L’appropriatezza rappresenta il bilancio tra benefici e rischi di una procedura medica o chirurgica : sarà tanto più appropriata quanto più il beneficio previsto supera le possibili conseguenze negative. Nell’ambito del sangue il rapporto beneficio/rischio sarà relativo alle due possibili condizioni che si possono creare : la tollerabilità di una condizione di anemia contrapposta al rischio di complicanze legate ad una trasfusione di sangue omologo , oppure , il beneficio offerto dal raggiungimento di un contenuto di Hb adeguato alle esigenze del paziente dopo trasfusione confrontato con il rischio di comparsa di segni e sintomi da deficit di trasporto di Ossigeno tissutale. In questo rapporto si devono aggiungere altri due elementi complementari che non dovrebbero incidere sulla decisione bensì incrementare il senso di responsabilità nel motivare e sensibilizzare chi deve porre indicazione appropriata : la scarsità delle risorse trasfondibili e i costi economici che devono essere sostenuti dal sistema sanitario. La trasfusione ha un elevato costo economico, ma anche un elevato costo clinico poichè si accompagna ad una serie di complicanze, non solo immunomediate. Tre sono gli aspetti del rischio trasfusionale. La cosidetta “lesione da stoccaggio”, caratterizzata dall’alterazione delle proprietà chimico-fisiche in termini di pH, elettroliti e affinità dell’emoglobina per l’ossigeno (alterazione di 2-3DPG). L’invecchiamento delle emazie conservate, che ne peggiora la qualità e la resistenza all’emolisi. E infine la trasfusione di cellule immunitarie presenti nelle sacche e responsabili dell’attivazione di un processo di immunomodulazione patologica nel ricevente che può indurre un aumento del rischio di infezioni. I dati sui danni causati dalle trasfusioni andrebbero però rivisti alla luce delle nuove strategie di miglioramento della qualità delle emazie raccolte nelle sacche. Un’analisi sommaria può offrire

Monitoraggio postoperatorio: come dare logica ad un percorso di cura Dott. Claudio Roscitano Servizio di Anestesia e Rianimazione - Humanitas Gavazzeni , Bergamo

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suggerimenti a supporto di una scelta trasfusionale appropriata. E’ mandatorio individuare criteri che definiscano gli indicatori-soglia (trigger trasfusionali) più corretti per offrire benefici superiori ai rischi. Esiste ormai una visione condivisa secondo la quale un’approccio basato unicamente sul valore di Hb non è il più adeguato a garantire l’appropriatezza della trasfusione. Effettivamente le principali linee guida internazionali offrono come spunto generico di riferimento una soglia sotto cui trasfondere e una soglia sopra cui non trasfondere : l’atteggiamento da tenere tra questi due estremi viene giustamente lasciato a discrezione del curante che dovrà valutare al letto del paziente l’indicazione basandosi sulla clinica . Non sarà quindi un valore relativo di [Hb] a motivare una banale correzione numerica bensì una mirata scelta terapeutica basata sulla reale presenza di segni e sintomi che denunciano una carenza di ossigeno trasportato. Subentra quindi la necessità d’identificare anche il contesto in cui deve essere posta l’indicazione trasfusionale. Si deve quindi tenere conto della capacità del paziente di tollerare l’anemia in funzione dell’entità della perdita rispetto al valore basale, della rapidità con cui si instaura, delle condizioni patologiche che alterano i meccanismi di compenso o aumentano le richieste di ossigeno, della riserva di ossigeno del paziente e dell’impatto o invasività dei presidi terapeutici utilizzati. E’ necessario quindi cogliere e riconoscere la reale necessità individuale . L’ossigenazione tissutale rappresenta il vero obiettivo funzionale per il nostro organismo. La trasfusione diventa appropriata nel momento in cui i sistemi predisposti a garantire l’adeguato trasporto di ossigeno non sono in grado di garantire tale funzione . A tal proposito in questi ultimi anni sono stati proposti vari parametri che possono essere considerati indicatori dell’ossigenazione periferica: la saturazione venosa centrale, la frazione di estrazione di ossigeno, lo stroke index, il rapporto lattato/piruvato, e la metaemoglobina. L’appropriatezza è garantita se supportata dalla misurazione che conferma la reale carenza funzionale oltre alla semplice rilevazione numerica dei dati standard di laboratorio perché la reale resa ossiforetica , ovvero la qualità dell’emocomponente da trasfondere, non sempre corrisponde al valore che si otterrà dal laboratorio. Bibliografia : Leahy MF, Mukhtar SA. From blood transfusion to patient blood management: a new paradigm for patient care and cost assessment of blood transfusion practice. Intern Med J 2012;42:332-8. Mukhtar SA, Leahy MF, Trentino K, Koay A, Semmens JB, Tovey J, Jewlachow V, Farmer SL, Hofmann A, Roberts H, Towler S. A linked data system to provide better opportunities for Patient Blood Management Programs. J Anaesth Intensive Care 2013;41:207-15. National Blood Authority Australia. National Blood Authority Australia annual report 2011-12. Canberra; 2012. [cited 2013 Jul 20]. Available from: URL: http://www.nba .gov.au/publications/1112report/download/ Isbister JP, Shander A, Spahn DR, Erhard J, Farmer SL, Hofmann A. Adverse blood transfusion outcomes: establishing causation. Transfus Med Rev 2011;25:89-101. Marik P, Corwin H. Efficacy of red blood cell transfusion in the critically ill: a systematic review of the literature. Crit Care Med 2008;36:2667-74. Shander A, Hofmann A, Ozawa S et al. Activity-based costs of blood transfusions in surgical patients at four hospitals. Transfusion 2010 Apr; 50(4): 753–765. PubMed PMID: 20003061. Epub 2009/12/17. eng. Anniss AM, Sparrow RL. Storage duration and white blood cell content of red blood cell (RBC) products increases adhesion of stored RBCs to endothelium under flow conditions. Transfusion

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2006; 46: 1561-7. Park DW, Chun BC, Kwon SS, et al. Red blood cell transfusions are associated with lower mortality in patients with severe sepsis and septic shock: a propensity-matched analysis. Crit Care Med. 2012;40(12):3140-3145. Morton J, Anastassopoulos KP, Patel ST, et al. Frequency and outcomes of blood products transfusion across procedures and clinical conditions warranting inpatient care: an analysis of the 2004 healthcare cost and utilization project nationwide inpatient sample database. Am J Med Qual 2010; 25:289–296 Shaw RE, Johnson CK, Ferrari G, Zapolanski A, Brizzio M, Rioux N, Edara S, Sperling J, Grau JB. Balancing the benefits and risks of blood transfusions in patients undergoing cardiac surgery: a propensity-matched analysis. Interact Cardiovasc Thorac Surg 2013;17:96-102. Bhaskar B, Dulhunty J, Mullany DV, Fraser JF. Impact of blood product transfusion on short and long-term survival after cardiac surgery: more evidence. Ann Thorac Surg 2012; Veenith T, Sharples L, Gerrard C, Valchanov K, Vuylsteke A. Survival and length of stay following blood transfusion in octogenarians following cardiac surgery. Anaesthesia 2010; 65:331-36.

Nell’ambito degli attuali percorsi di Patient Blood Management, il recupero di sangue autologo perioperatorio rappresenta una strategia autotrasfusionale efficace e molto utilizzata in quanto applicabile sia in chirurgia elettiva maggiore che d’urgenza. Il progresso tecnologico ha garantito la realizzazione del recupero perioperatorio con apparecchiature ad elevata tecnologia. Infatti consentono l’utilizzo di materiale sterile e monouso e tengono in considerazione alcuni parametri importanti per una decisione appropriata di reinfusione. Il tutto a garanzia di una riduzione dell’utilizzo del sangue allogenico e dei rischi ad esso correlati. Di recente alcuni sistemi di recupero sono stati dotati di software molto avanzati che permettono una valutazione multiparametrica associata al recupero di sangue durante interventi diagnostici e terapeutici mirati.(1-2) L’integrazione di queste apparecchiature in ambito chirurgico interdisciplinare richiede l’applicazione di procedure operative che prevedano un approccio olistico , multimodale e multidisciplinare , il rispetto di corrette indicazioni e controindicazioni all’utilizzo e soprattutto un puntuale e progressivo training del personale infermieristico e/o tecnico di sala operatoria , sotto diretto coordinamento dell’equipe anestesiologico-chirurgica. Le apparecchiature di ultima generazione sono di facile impiego e completamente automatizzate , gestite dal software che consente un continuo aggiornamento delle fasi di processazione , dei livelli di controllo ed di allarme durante la procedura. Il recupero perioperatorio può essere effettuato in modalità intraoperatoria , postoperatoria o “combinata”. La loro applicazione mirata risulta efficace se gestita strategicamente dedicando una di queste modalità anche nello stesso paziente nella fase

Il razionale del recupero perioperatorio di sangue autologo Dott.ssa Maria Beatrice Rondinelli Responsabile Area Diagnostica e Terapia Trasfusionale UOC SIMT Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini , Roma  

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più opportuna. Questo vale soprattutto per gli interventi di chirurgia ortopedica protesica e cardiochirurgia , in cui sono previsti sanguinamenti valorizzabili nel tempo e protratti fino a 24 ore del postoperatorio.(3) La maggior parte delle attuali apparecchiature consente la realizzazione del recupero perioperatorio in modalità “wash” e “non wash”. Il primo, riducendo la presenza di contaminanti e sostanze proinfiammatorie, è indicato per il recupero intraoperatorio . Il secondo viene maggiormente sfruttato nel periodo postoperatorio.(4) Il concentrato eritrocitario ottenuto con il recupero perioperatorio ha un adeguato livello di ematocrito e di 2,3-DPG eritrocitario ed è depauperato di fattori della coagulazione e di piastrine. Possiede quindi tutti i vantaggi di un sangue “fresco” che non ha subito alterazioni da “storage lesion disease”. Il recupero intraoperatorio è indicato negli interventi in cui sono previste perdite ematiche importanti (superiori a 800-1000cc) o comunque ≥ al 20% della volemia del paziente. L’utilizzo in modalità stand-by consente di procedere con il recupero del sangue dal campo operatorio raccogliendolo in un reservoir sterile , la decisione di procedere con la processazione del sangue recuperato avverrà solo dopo aver verificato la sua reale consistenza o solo dopo il verificarsi di notevoli perdite ematiche intraoperatorie . Molti lavori scientifici metanalitici dimostrano che il recupero del sangue riduce in modo significativo il fabbisogno trasfusionale di emazie allogeniche soltanto se sono garantite alcune condizioni di appropriatezza operativa: 1) Adozione di strategie integrate di risparmio del sangue omologo; 2) Opportuno inquadramento

delle caratteristiche anamnestiche cliniche e farmacologiche del singolo paziente chirurgico; 3) Corretta indicazione per interventi ad alto rischio emorragico; 4) Adeguata collaborazione del team chirurgico multidisciplinare .(5-6) Bibliografia: 1) Esper SA, Waters JH. Intra-operative cell salvage: a fresh look at the indications and

controindications. Blood Transfus 2011; 9: 139-47. 2) Pape A, Habler O. Alternatives to allogeneic blood transfusions. Best Pract Res Clin

Anaesthesiol 2007; 21: 221-39. 3) Carless P, Moxey A, O’Connell DO, Henry D. Autologous transfusion techniques: a

systematic review of their efficacy. Transfus Med 2004; 14: 123-44. 4) Huet C, Salmi LR, Fergusson D, et al. A meta analysis of the effectiveness of cell salvage to

minimize perioperative allogeneic blood transfusion in cardiac and orthopedic surgery. Anesth Analg 1999; 89: 861-78.

5) Carless PA, Henry DA, Moxey AJ, et al. Cell salvage for minimizing perioperative allogeneic blood transfusion. Cochrane Database Syst Rev 2010; 4: CD001888.

6) So-Osman C, Nelissen RG, Koopman-van Gemert AW, et al. Patient Blood Management in Elective Total Hip- and Knee-replacement Surgery . Anesthesiology 2014; 120: 852-60.

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E’ chiaramente dimostrato che la trasfusione di sangue ed emocomponenti, per i rischi a cui espone il ricevente e l’effetto negativo sull’outcome clinico evidenziati in numerosi studi, deve essere per quanto più possibile evitata attraverso l’applicazione delle strategie che compongono i 3 pilastri della Patient Blood Management. In alcuni casi tuttavia la trasfusione di sangue rappresenta un provvedimento terapeutico inevitabile e privo di alternative. In questi casi la sicurezza e l’efficacia clinica della terapia trasfusionale dipendono dalla corretta attuazione delle attività che compongono il processo trasfusionale, in molte delle quali il personale infermieristico svolge un ruolo cruciale (1). Per motivi di brevità e semplicità verranno di seguito evidenziate solo alcune di tali attività con particolare riferimento a quelle che rientrano nella sfera di attività infermieristica e che sono considerate avere un impatto più diretto sulla sicurezza del paziente. 1) Corretta identificazione del paziente e dei campioni di sangue per le indagini pretrasfusionali. E’ il pilastro fondamentale della sicurezza trasfusionale. Vari studi hanno dimostrato che l’errore umano nell’identificazione del paziente al momento del prelievo dei campioni di sangue per le indagini pretrasfusionali o al momento della trasfusione rappresenta la causa più comune della trasfusione di sangue incompatibile che è tra le principali cause di morte a seguito di trasfusione (2). E’ stato stimato che un errore d’identificazione del paziente, potenzialmente responsabile di causare la trasfusione di sangue incompatibile, si verifica con una frequenza molto elevata pari a circa 1 ogni 15.000 unità di sangue trasfuse (3). E’ stato inoltre accertato che l’errore umano per quanto possa essere ridotto attraverso la definizione di precise procedure operative non può essere totalmente eliminato proprio perché insito nell’operatività dell’essere umano. Per tale motivo è previsto dalla normativa Italiana che la determinazione del gruppo ematico in un paziente candidato alla trasfusione di sangue deve necessariamente essere determinata su 2 campioni di sangue prelevati in due tempi diversi e possibilmente da due operatori diversi (4). Deve essere sempre tenuto presente che tale semplice misura, purtroppo talvolta deliberatamente omessa, è fondamentale per evitare errori di determinazione di gruppo ematico causati da errata identificazione del paziente al momento del prelievo per le indagini pretrasfusionali (causa principale di tali eventi) e conseguentemente la trasfusione di sangue AB0 incompatibile. Si sottolinea inoltre che l'identificazione del paziente deve, in ogni fase del processo trasfusionale, essere positiva (deve essere chiesto al paziente di dire il proprio nome e cognome e data di nascita). 2) Corretta gestione delle unità di emocomponenti prima della loro trasfusione Tutte le fasi, svolte dal personale infermieristico, che vanno dal ritiro delle unità di emocomponenti dal centro trasfusionale sino alla loro trasfusione al paziente hanno un peso altissimo nel condizionare l’efficacia e la sicurezza del processo trasfusionale e devono essere condotte nel rigoroso rispetto delle procedure specifiche. Di seguito si sottolineano alcune delle attività che costituiscono tale fase.

Sicurezza ed efficacia al letto del paziente: ruolo chiave dell’infermiere nel processo trasfusionale Dott. Giovanni Inghilleri S.C. SIMT, A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico , Milano  

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Al ritiro delle unità dal centro trasfusionale il personale addetto deve verificare che ciò che viene consegnato è “ciò che è stato richiesto” e specialmente che le unità che si ritirano siano effettivamente destinate al paziente per il quale è stata inoltrata la richiesta. Tutti gli emocomponenti devono essere trasfusi nel più breve tempo possibile dopo il loro ritiro e non devono essere conservati in reparto a meno che non esistano specifiche frigoemoteche a temperatura controllata e che le procedure operative lo specifichino chiaramente. Un’errata conservazione delle unità può comportare alterazioni degli emocomponenti che possono causare danni al ricevente (ad es nel caso di emazie emolizzate perché conservate a temperature troppo alte o troppo basse) o la totale inefficacia della trasfusione (ad esempio le piastrine non conservate in agitazione ed a temperatura ambiente). Si ritiene opportuno qui ricordare che gli emocomponenti non devono mai essere riscaldati prima della loro trasfusione se non in rarissime situazioni cliniche (trasfusioni a flussi > 50mL/kg/h in adulti e > 15mL/kg/h in bambini, exanguino-trasfusioni nei neonati, pazienti con alto titolo di agglutinine fredde) ed in tal caso solo attraverso l’utilizzo di appositi sistemi (5). Il momento della somministrazione delle unità di emocomponenti al paziente rappresenta l'ultima "occasione" per accertare eventuali errori nel corso delle precedenti fasi del processo trasfusionale. Benchè la somministrazione di sangue ed emocomponenti debba essere effettuata da personale medico, l'infermiere in questa fase rappresenta di norma il "secondo operatore" coinvolto nel processo di verifica ed il suo supporto è pertanto di importanza primaria. 3) Monitoraggio delle condizioni cliniche del paziente La trasfusione di emocomponenti può, come noto, determinare effetti indesiderati conosciuti con il termine di “reazioni trasfusionali”. Benchè nella maggior parte dei casi le reazioni trasfusionali siano rappresentate da lievi e transitori rialzi termici con brividi e nausea è altresì importante tenere a mente che qualsiasi sintomatologia che insorga durante la trasfusione esige l’intervento medico ed impone un’attenta gestione in quanto per tutti i tipi di reazioni trasfusionali, anche le più gravi, l’esordio è spesso simile e pertanto non deve mai essere sottovalutato. In tutti i casi, inoltre un precoce riconoscimento e trattamento della reazione è fondamentale per evitare gravi conseguenze cliniche al paziente e pertanto un attento monitoraggio del paziente in corso di trasfusione è di estrema importanza. Il monitoraggio dell’evento trasfusione deve prevedere il controllo di frequenza cardiaca, pressione arteriosa, temperatura e frequenza respiratoria immediatamente prima dell’inizio della trasfusione, dopo 15’ circa dall’inizio ed alla fine della trasfusione di ogni unità. Conclusioni Come emerge da questa necessariamente breve e schematica relazione, il ruolo del personale infermieristico nel processo trasfusionale è d’importanza fondamentale ed insostituibile per garantire la sicurezza del paziente e l'efficacia delle cure ad esso erogate. La consapevolezza di tale importanza e della necessità di una rigorosa osservanza delle procedure coinvolte nel processo trasfusionale e del loro razionale deve essere parte fondamentale del percorso formativo del personale infermieristico che opera in reparti con elevato utilizzo di emocomponenti. Bibliografia e Letture consigliate : 1) Bielefeldt S DeWitt J. The rules of transfusion: Best practices for blood product administration.

American Nurse Today 2007; 4 (2): 28-32 2) Working Expert Group (WEG) & Writing Group, on behalf of the SHOT Steering Group.

Annual SHOR report 2014. Accessed on 09/09/2025 at http://www.shotuk.org/wp-content/uploads/SHOT-2014-Annual-Report_v11-Web-Edition.pdf .

3) Linden JV, Wagner K, Voytovich AE, et al Transfusion errors in New York State: an analysis of 10 years’ experience- Transfusion 2000;40:1207-1213.

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4) Ministero della Salute. Raccomandazione per la prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità AB0. Raccomandazione n° 5 marzo 2007.

5) British Committee for Standards in Haematology. Guideline on the Administration of Blood Components 2012 accessed at http://www.bcshguidelines.com/documents/ Admin_blood_components_bcsh_05012010.pdf

 

  Come tutti i sistemi che prevedono un’organizzazione rivolta ad ottenere risultati che corrispondono agli obiettivi imposti , anche la PBM riesce ad offrire la propria massima efficacia attraverso l’analisi di dati storici relativi all’attività trasfusionale e di laboratorio e all’analisi dei dati raccolti(1). Tali analisi sarebbero facilmente realizzabili attraverso database informatizzati e gestiti con altre informazioni relative ai pazienti. Purtroppo software dedicati a questo tipo di attività non sono stati ancora prodotti e quanto si riesce ad ottenere per ora è dovuto all’applicazione appassionata di operatori che spinti da spirito d’interesse scientifico e clinico raccolgono dati con lo scopo di studiare e ottenere un’appropriatezza sia trasfusionale che nelle alternative di risparmio del sangue. Come dimostrato in letteratura da vari lavori riferiti a questo argomento, l’efficacia di un nuovo modello organizzativo può solo essere dimostrata dal confronto tra i dati storici precedenti e quelli successivi(2,3). Inoltre , solo l’analisi continua dei risultati più recenti può condurre alla verifica che le nuove procedure mantengono la loro efficacia o che possono ulteriormente essere modificate e aggiornate a nuove esigenze e nuovi obiettivi(4). Nella PBM l’obiettivo principale non è solo la riduzione del numero di trasfusioni di emoderivati, bensì l’applicazione di criteri di management che realizzano il miglior outcome del paziente anche nelle condizioni cliniche più critiche(5). Tali obiettivi sono realizzabili attraverso l’applicazione di best practice procedurali per la gestione ottimale del paziente a rischio trasfusionale durante tutto il periodo di degenza ospedaliera(6). Per questo acquisiscono estrema importanza i criteri di riconoscimento di condizioni di anemia preoperatoria e di rischio di anemia postoperatoria, entrambe inadeguate alle capacità di tolleranza del paziente esponendolo ad un rischio trasfusionale più elevato. Due fattori sono complementari tra loro e possono aiutarci nel raggiungere l’obiettivo di “best outcome” : la capacità di prevedere un fabbisogno basato su una valutazione clinica delle condizioni individuali e la possibilità di trattare profilatticamente tale fabbisogno per giungere a condizioni di dimissibilità adeguate alle esigenze cliniche del paziente(7).

Una PBM efficace : raccolta dati e analisi dei risultati Dott. Marco Pavesi Servizio di Anestesia Polispecialistica – IRCCS Policlinico S. Donato , Milano  

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Bibliografia :

1) Gombotz H. Patient Blood Management: A patient-Orientated Approach to Blood Replacement with the Goal of Reducing Anemia, Blood Loss and the Need for Blood Transfusion in Elective Surgery. Transfus Med Hemother 2012; 39:67-72

2) Maki T. Optimizing blood usage through benchmarking . TRANSFUSION 2007; 47 : 145S-148S.

3) Grant MC, Whitman, Savage WJ, Ness PM, Frank SM. Clinical predictor of postoperative hemoglobin drift. TRANSFUSION 2014; 54:1460-1468

4) Apelseth TO, Molnar L, Arnold E, Heddle NM. Benchmarking: Applications to Transfusion Medicine. Transf Med Rev 2012; 26 (4): 321-32.

5) Hohmuth B, Ozawa S, Ashton M, Melseth RL. Patient-Centered Blood Management. J Hosp Med , 2014;9(1): 60-5.

6) Barr PJ, Donnelly M, Cardwell CR, Parker M, Morris K, Bailie KEM. The appropriateness of red blood cell use and the extent of overtransfusion: right decision? Right amount? TRANSFUSION 2011; 51: 1684-1694

7) Pavesi M, Inghilleri G, Albano G, Ricci C, Gaeta M, Randelli F. A predictive model to reduce allogenic transfusions in primary total hip arthroplasty. Transf Apher Sci 2011; 45: 265-8.

 

   L'emorragia  costituisce  un'importante  complicanza  in  chirurgia  maggiore  e  può  verificarsi  in  qualsiasi  momento,  dall’atto  operatorio  fino  a  diverse  giornate  dopo  la  procedura  chirurgica.  Gli   strumenti   attualmente  utilizzati   per   identificare   il   rischio   emorragico,   secondo   le  ultime  evidenze,   non   sono   dotati   di   sufficiente   valore   predittivo(1,2).   Sono   invece   ritenuti   più  importanti   un’accurata   anamnesi   riferita   a   precedenti   episodi   di   sanguinamento   e   segni   e  sintomi  suggestivi  di  diatesi  emorragiche.  Per  tali  motivi  si  rende  necessario  sviluppare  uno  strumento  di  valore  predittivo  basato  su  un’anamnesi  strutturata  con  lo  scopo  di  identificare  problematiche   dell’emostasi   e   finalizzata   alla   valutazione   del   rischio   emorragico   in   ambito  chirurgico.  A  tal  fine  è  stato  proposto  un  criterio  di  valutazione  per  il  rischio  di  complicanze  emorragiche  intra  e  post-­‐operatorie  in  pazienti  candidati  ad  intervento  di  chirurgia  maggiore.  Ci  siamo  basati  su  un  Bleeding  Score(3)  già  validato  per  l'identificazione  del  rischio  emorragico  in   pazienti   con  malattia   di   von  Willebrand   Tipo   1.   Per   identificarne   il   valore   predittivo   in  ambito   chirurgico,   abbiamo   condotto   uno   studio   osservazionale   monocentrico   su   di   un  campione   di   49   pazienti   candidati   ad   intervento   di   chirurgia  maggiore   ricoverati   presso   le  U.O.  di  Chirurgia  Toracica  ed  Epatobiliare,  Urologia  ed  Ortopedia  dell’Azienda  Ospedaliera  San  Paolo  di  Milano.   In   6   pazienti   è   stato   riscontrato  un  Bleeding   Score   (BS)   positivo,   ovvero   a  

Costruzione  di  uno  strumento  per   la  valutazione  del  rischio  emorragico  intraoperatorio    Dott.ssa  Lara  Carelli  Infermiera  –  Azienda  Ospedaliera  S.  Paolo  ,  Milano    

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rischio  emorragico;  gli  episodi  accertati  di  evento  emorragico  maggiore  sono  stati  in  totale  3  e  due  di  essi  hanno  riguardato  pazienti  con  BS  positivo.   Il  VPP,  anche  a  causa  dell’esiguità  del  campione   e   degli   eventi   emorragici   osservati   si   è   rivelato   basso   (0,33).   I   legami   più  significativi   con   gli   eventi   emorragici   sono   stati   l’età   avanzata   e   la   terapia  anticoagulante/antiaggregante  assunta  dal  paziente  al  domicilio.  Nonostante   la   dimensione   ridotta  del   campione   (49  pazienti)   e   il   numero   esiguo  di   episodi  emorragici   maggiori   (3   episodi),   lo   studio   effettuato   fornisce   importanti   indicazioni   circa  l'utilizzo  di  un  Bleeding  Score   in  ambito  chirurgico:  anche  se  non  è  stato  possibile  giungere  alla   validazione   definitiva   di   tale   strumento   a   causa   del   basso   VPP   raggiunto.     Sono   stati  identificati  importanti  fattori  che  influiscono  sul  rischio  di  emorragia  maggiore;  in  particolare,  in   uno   scenario   di   simulazione   basato   sull'ipotesi   che   i   legami   significativi   osservati   nel  campione  siano  generalizzabili,  l'età  e  l'assunzione  di  terapia  antiaggregante  o  anticoagulante    (soprattutto  nel  caso   in  cui  sia  stata  sospesa   in  ritardo  dal  paziente)  appaiono  meritevoli  di  studio   in   campioni   più   ampi,   con   maggior   numero   di   eventi.   Lo   stesso   vale   per   i   segni   e  sintomi  suggestivi  di  diatesi  emorragica  accertati  con  l'esame  obiettivo,  la  consultazione  della  documentazione  clinica  e  l'intervista  al  paziente.    Bibliografia:

1. Segal JB, Dzik WH. Paucity of studies to support that abnormal coagulation test results predict bleeding in the setting of invasive procedures: an evidence-based review. Transfusion. 2005 Sep;45(9):1413–25.

2. Chee YL, Crawford JC, Watson HG, Greaves M. Guidelines on the assessment of bleeding risk prior to surgery or invasive procedures. British Committee for Standards in Haematology. Br. J. Haematol. 2008 Mar;140(5):496–504.

3. Tosetto A, Castaman G, Rodeghiero F. Assessing bleeding in von Willebrand disease with bleeding score. Blood Rev. 2007 Mar;21(2):89–97.

I rischi legati all’impiego di trasfusioni omologhe, l’incipiente aumento di richieste trasfusionali corrispondente ad una sempre ridotta disponibilità di sangue e l’attuale condizione di crisi economica che nell’ambito di una “spending review” ha visto decurtate anche le disponibilità per il settore sanitario , rappresentano i motivi che hanno progressivamente avvicinato gli operatori sanitari ad adottare criteri e strategie di alternative trasfusionali (1-2) . Una preparazione adeguata del paziente anemico o destinato a subire interventi ad alto rischio emorragico e quindi di anemizzazione e l’adozione di tecniche che consentono il controllo del sanguinamento rappresentano concetti che trovano maggiore applicabilità nella fase preoperatoria e intraoperatoria. Il reparto chirurgico rappresenta invece il luogo in cui si realizza l’assistenza postoperatoria e , a parte condizioni di sanguinamento acuto, un decorso standard è caratterizzato dal rilevamento di parametri che portano a definire un raggiungimento di stabilità emodinamica e di buona perfusione periferica. In questo caso l’attività di risparmio trasfusionale è rappresentato dal criterio di porre un’indicazione appropriata sulla scelta del momento trasfusionale. In particolare , i cosiddetti trigger trasfusionali, non devono essere intesi come il raggiungimento di valori di

Patient Blood Management e reparto : realtà a confronto Dott.ssa Concetta Macrì Infermiera presso “Centro di ricerca sui Metabolismi” I.R.C.C.S. Policlinico San Donato , Milano

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laboratorio posti a margine di un’indicazione , ma come segnalatori di una potenziale situazione di necessità trasfusionale se accompagnata da segni e sintomi che caratterizzano una condizione di trasporto di ossigeno inadeguato alle esigenze dei tessuti (3-6) . L’indicazione alla trasfusione rappresenta quindi il riconoscimento della soglia di fabbisogno attraverso l’interpretazione di parametri che aiutano a decidere. L’appropriatezza definisce la giusta indicazione a svolgere questa scelta terapeutica dalla quale devono derivare principalmente benefici che ne dimostrano l’efficacia. È quindi una scelta avanzata, più razionale, che implica la conoscenza dei fattori coinvolti nel trasporto e utilizzo dell’ossigeno, dell’analisi delle capacità di compenso e dei meccanismi che ne sono alla base, e della valutazione di quei parametri che possono essere presi come riferimento per un’indicazione basata sulla funzione (7-9). L’appropriatezza è soggettiva e l’individualità dell’indicazione è legata alle condizioni cliniche del paziente e al contesto in cui avviene la valutazione. La risposta individuale all’anemia è influenzata da condizioni di comorbilità che incidono sull’outcome del paziente critico postoperato (10-15) cardiopatico ischemico o infartuale (16,17), cerebropatico (18,19) e settico (20) , tutte condizioni che definiscono margini di tollerabilità differenti . E’ sicuramente una dimostrazione di scarsa appropriatezza affidare una decisione così specifica e complessa come quella trasfusionale, al rilevamento di un unico dato di laboratorio . Purtroppo, ancora oggi, la maggior parte delle trasfusioni viene eseguita con un criterio “numerico” prendendo in esame valori indicativi mentre i criteri “funzionali” che possono maggiormente definire l’appropriatezza sono molto poco seguiti e riconosciuti (21,22). Bibliografia :

1. Hofmann A, Friedman D, Farmer S; The Western Australian Department of Health. “Western Australian patient blood management project”. Available from http://www.health.wa.gov.au/ bloodmanagement/docs/pbm_pillars.pdf

2. Spahn DR, Moch H, Hofmann A, Isbister JP. “Patient blood management: the pragmatic solution for the problems with blood transfusions”. Anesthesiology 2008; 109: 951–3

3. Wilson K, MacDougall L, Fergusson D, Graham I, Tinmouth A, Hebert PC. “The effectiveness of interventions to reduce physician’s levels of inapprorpiate transfusion: what can be learned from a systematic reviwe of the literature”. Transfusion 2002; 42(9): 1224-29.

4. Vincent JL. “Indications for Blood Transfusions: Too Complex to Base on a Single Number?” Ann Intern Med. 2012; 157:71-72.

5. The Society of Thoracic Surgeons and The Society of Cardiovascular Anesthesiologists Clinical Practice Guideline Ann Thorac Surg 2007;83:S27–86

6. Raccomandazioni SIMTI sulla trasfusione perioperatoria. 1a Ed. Giugno 2010 7. Carson JL, Grossman BJ, Kleinman S, Tinmouth AT, Marques MB, Fung MK, et al;

“Clinical Transfusion Medicine Committee of the AABB. Red blood cell transfusion: a clinical practice guideline from the AABB”. Ann Intern Med. 2012; 157:49-58.

8. “Practice Guidelines for Blood Component Therapy”. A report by the American Society of Anesthesiologists Task Force on Blood Component Therapy. Anesthesiology 1996:84:732

9. “Practice Guidelines for Perioperative Blood Transfusion and Adjuvant Therapies” - An Updated Report by the American Society of Anesthesiologists Task Force on Perioperative Blood Transfusion and Adjuvant Therapies. Anesthesiology 2006; 105:198–208

10. Vuille-Lessard E, Boudreault D, Girard F, Ruel M, Chagnon M, Hardy JF. “Postoperative anemia does not impede functional outcome and quality of life early after hip and knee arthroplasties”. Transfusion 2012; 52:261-270

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19. Smith MJ, Stiefel MF, Magge S, et al. “Packed red blood cell transfusion increases local cerebral oxygenation”. Crit Care Med 2005; 33:1104-8

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21. “Handbook of transfusion Medicine” – Ed DBL McClelland – United Kingdom Blood, 4th Edition, First published 2007.

22. “Patient Blood Management, Guidelines: Perioperative”. National Blood Authority, Australia, 2012

Gli infermieri storicamente hanno un ruolo di strategica importanza nell’erogazione e nella gestione delle attività relative al monitoraggio di trasfusione di sangue, controllo, gestione del rischio clinico e, più in generale, relativamente all’emovigilanza. Recentemente, inoltre, alcuni studi dimostrano come l’assistenza infermieristica (i.e. staffing infermieristico) e la formazione degli infermieri hanno una ricaduta significativa sulla mortalità dei pazienti ospedalizzati(1). Il panorama internazionale, coerentemente con il ruolo dei professionisti infermieri nei diversi scenari nazionali, mostra diverse figure con competenze specifiche e specialistiche coinvolti nella gestione del sangue negli ospedali, per citarne alcune: haemovigilance officer, transfusion practitioner, transfusion nurse, patient blood management (PBM) nurse, blood conservation nurse and blood management nurse. Queste figure professionali hanno ruoli, formazione e competenze ben definiti dai loro profili con alcune differenze tra le varie figure. Sul piano internazionale, alcuni autori(2) propongono riflessioni sulla miscellanea di figure, sostenendo che la professione infermieristica è abbastanza matura per avere una figura professionale unica e debitamente formata per la gestione del sangue

Orizzonti e nuovi sviluppi nell’infermieristica, la consapevolezza di una professione in divenire

Prof. F. Pittella

Direttore Didattico Corso di Laurea in Infermieristica, IRCCS Policlinico San Donato , Milano  

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negli ospedali. Anche in Italia, soprattutto nell’ultimo ventennio, il contributo degli infermieri nella gestione del sangue diventa sempre maggiormente una necessità per il Sistema Sanitario; questo è in linea con la letteratura internazionale(3). Gli infermieri sono essenziali per la consegna in sicurezza dei componenti ematici, per la formazione degli altri operatori sanitari e socio-sanitari coinvolti, per l’implementazione di protocolli ed istruzioni operative, per pratiche di auditing trasfusione, per il monitoraggio della “consegna sicura” o somministrazione di emoderivati, per la gestione del rischio clinico(2). Il futuro della Sanità sembra andare verso la multiprofessionalità e multidisciplinarietà, questo riguarda anche la buona gestione del sangue: il team trasfusionale (medici, infermieri, membri del comitato “Buon uso del Sangue, stakeholder in generale) si delinea come il nuovo protagonista necessario nel fornire, monitoraggio della sicurezza e formazione per gli altri professionisti della salute nell’ambito dell’uso del sangue in ospedale. Altri aspetti necessari, affinché la multiprofessionalità abbia un reale impatto nel miglioramento della pratica clinica, riguardano la formazione post-base e la chiara definizione di ruoli e competenze(4) . Il dibattito in merito è attualmente molto acceso nel nostro Paese, tuttavia sembra che l’infermiere stia andando verso una possibilità di specializzarsi a più livelli, e gli infermieri convolti nei team trasfusionali o nelle commissioni “buon uso del sangue” rientrano in questa logica. Questo scenario comporterà delle importanti sfide per le università e per le azienda sanitarie che dovranno esser in grado di leggerle consapevolmente; le università dovranno esser in grado di offrire una formazione post-base valida e spendibile nel mercato del lavoro (corsi di Perfezionamento, Master, Laurea Magistrale), le aziende dovranno adottare modelli organizzativi che favoriscano la multiprofessionalità e quindi l’equo riconoscimento delle competenze di tutti i professionisti coinvolti, nonché politiche di skill-mix in relazione alle risorse umane in termini di quantità, ma soprattutto formazione acquisita (5). Bibliografia:

1) Aiken L & al (2014) Nurse staffing and education and hospital mortality in nine European countries: a retrospective observational study. Lancet, 38 3(9931), 1824-1830

2) Gallagher T et al. (2015) Patient blood management nurse vs transfusion nurse: is it time to merge?. British Journal of Nursing, 24 (9), 492-495

3) Cottrell S, Donaldson JH (2013) Exploring the opinions of registered nurses working in a clinical transfusion environment on the contribution of e-learning to personal learning and clinical practice: results of a small scale educational research study. Nurse Educ Pract 13(3): 221–227

4) FNC IPASVI (2015) Evoluzione Delle Competenze Infermieristiche, delibera n. 79 del 25 aprile 2015

5) Rapporto CERGAS Bocconi (2013) Oasi 2013, Cergas Bocconi: skill-mix per medici e infermieri. Disponibile al sito: http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2014-01-15/oasi-2013-cergas-bocconi-064811.php?uuid=AbonaOGJ&refresh_ce=1