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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO- LETTERALI, STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI
Relazione per il Corso di Diritto Penaleprogredito
nel Corso di Laurea in Giurisprudenza, LMG-01
A.A.2019/202027 Aprile 2020
IL DELITTO DI INCESTO TRA OFFENSIVITÀE CONDIZIONI OBIETTIVE DI PUNIBILITÀ
Relatrici: Raffaella GERMANI e Francesca MORUCCI
Tutor: Prof. Carlo SOTIS e Avv. Antonello MADEO
INDICE:1. Premessa………………………………………………………………………………............... 2
2. L’incriminazione delle condotte nelle società odierne……………………………...................2
2.1 La Corte costituzionale tedesca e l’incesto tra fratelli maggiorenni: il caso Stubing………......22.2 L’incesto innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo…………………..............................52.3 Corte costituzionale: la sentenza del 21 novembre 2000………………………….....................8
3. Analisi della fattispecie (art. 564 c.p.) ...………………………………………………………12
3.1 Il bene giuridico tutelato…………………………………………………………………..........133.2 I soggetti……………………………………………………………………………..................143.3 L’elemento soggettivo…………………………………………………………………….........153.4 La relazione incestuosa ex art. 564 co. 2 c.p……………………………………………….......16
4. La dimensione offensiva del delitto di incesto…………………………………………...........17
1
4.1 La definizione del pubblico scandalo………………………………………………………......174.2 La collocazione del pubblico scandalo nella struttura del reato……………………….............194.3 Le condizioni obiettive di punibilità: criteri di identificazione…………………………...........194.4 Il pubblico scandalo: elemento interno al fatto o esterno (c.o.p. intrinseca o estrinseca)?........22
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………..............23GIURISPRUDENZA………………………………………………………………………………241. Premessa.Il seguente elaborato ha per oggetto il delitto di incesto, il quale rappresenta ancora oggi una tra le
fattispecie più dibattute nell’ambito dei delitti contro la famiglia a causa delle molteplici e delicate
implicazioni etico-religiose, oltre che giuridiche.
Dapprima esamineremo due casi sottoposti al vaglio dei giudici di legittimità, di cui il primo è
giunto all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Successivamente, procederemo
all’analisi della fattispecie di cui all’art. 564 c.p. In conclusione, tratteremo della natura giuridica
del pubblico scandalo nel delitto di incesto.
2. L’incriminazione delle condotte nelle società odierne.
Il dibattito relativo al tema della penalizzazione dell’incesto è una questione ancora attuale nei vari
ordinamenti. Di seguito, esamineremo in che modo il problema è stato affrontato dalla Corte
costituzionale tedesca, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale italiana.
2.1 La Corte costituzionale tedesca e l’incesto tra fratelli maggiorenni: il caso Stubing.
Il delitto di incesto è stato di recente oggetto di una decisione del giudice costituzionale anche
nell’ordinamento tedesco.
La vicenda riguardava P. e K., due fratelli germani, cresciuti separatamente a seguito del divorzio
dei genitori. P., inizialmente affidato al padre, viene in seguito adottato, così da interrompere ogni
legame con la famiglia di origine. Divenuti adulti, i due vengono a conoscenza l’uno dell’altra e
intraprendono una relazione stabile, dalla quale nasceranno quattro figli, due dei quali disabili. La
questione porterà ad una serie di condanne a pena detentiva effettivamente espiata nei confronti di
P. ai sensi del § 173 co. 2. StGB – che punisce la “congiunzione carnale tra parenti” -, mentre K.
verrà giudicata non imputabile a causa di disturbi della personalità connessi alla difficile situazione
della famiglia d’origine.
L’incesto consensuale tra fratelli maggiorenni è stato a lungo sottovalutato e trascurato a livello
sociale e dalla ricerca scientifica. L’enfasi imposta dalla cultura e dalla clinica sull’incesto genitore-
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figlio e la scarsità di ipotesi nella casistica giudiziaria hanno indotto l’erronea percezione che si
tratti di un fenomeno del tutto eccezionale1.
La Corte costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht) è stata chiamata a decidere sulla
legittimità costituzionale della norma che sanziona l’incesto (§ 173 co. 2 StGB2), una delle norme
più controverse e duramente criticate del codice penale tedesco3, segnatamente, a seguito del
dibattito fomentato dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca prima, e della Corte europea
dei diritti dell’uomo poi, su questo caso.
Il delitto d’incesto, secondo il giudice rimettente, potrebbe violare il diritto fondamentale
all’autodeterminazione sessuale (artt. 2, co. 14 e 1 co. 15 Grundgesetz, GG), il divieto di
discriminazione (art. 3 GG6), e la violazione dell’art. 6 GG7, che assicura protezione alla famiglia,
anche se originata da una relazione vietata.
In particolare, il ricorso poneva l’attenzione su due argomenti: si denuncia come la norma in
questione non sia finalizzata a tutelare alcun bene giuridico sfuggente, ma miri alla protezione di
una determina concezione morale che percepisce le unioni tra parenti come un tabù; e si rileva la
non proporzionalità della pena al caso, poiché non è stata considerata la disagiata situazione
familiare nel cui ambito si era verificata la condotta incriminata.
1 G. DODARO, La Corte Costituzionale tedesca e l’incesto tra fratelli maggiorenni tra divieti culturali universali, incertezze della scienza e pretese dei diritti, nota a BVerGE, 26.2.200, 2 Bvr, 392/07, in Riv. it. dir. proc. pen. 2009, 2120, pag. 2129.2§ 173 StGB, “Chiunque si congiunge carnalmente con un discendente consanguineo è punito con la pena detentiva fino a tre anni o con la pena pecuniaria. Chiunque si congiunge carnalmente con un parente consanguineo in linea ascendente è punito con la pena detentiva fino a due anni o con la pena pecuniaria; lo stesso vale anche quando il rapporto di parentela sia stato sciolto. Allo stesso modo vengono puniti i fratelli e sorelle germani che si congiungono carnalmente fra loro. Discendenti e fratelli o sorelle non vengono puniti a norma di questa disposizione nel caso in cui al momento del fatto non abbiano compiuto il diciottesimo anno di età”.3Ex plurimis, B. NOLTENIUS, Grenzloser Spielraum des Gesetzgebers in Strafrech? Kritische Bemerkungen zur Inzestentscheidung des Bundesverfassungsgerichts vom 28. Febraur 2008, in ZJS, 2009, pp. 15 ss.; S. KARST, Die Entkriminalisierung des § 173 StGB, Frankfurt am Main, 2009, 237-239, nota n. 7, in Nisco, L’incesto innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Margine di apprezzamento e controllo delle norme penali , in Dir. pen. cont.-Riv. trim., 201, pag. 71. 4 Art. 2 comma 1 GG, “Ognuno ha diritto al libero sviluppo della propria personalità, in quanto non violi i diritti degli altri e non trasgredisca l'ordinamento costituzionale o la legge morale”.5 Art. 1 comma 1 GG, “La dignità dell'uomo è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”.6 Art. 3 GG, “Tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge. Gli uomini e le donne sono equiparati nei loro diritti. Lo Stato promuove la effettiva attuazione della equiparazione di donne e uomini e agisce per l'eliminazione delle situazioni esistenti di svantaggio. Nessuno può essere discriminato o favorito per il suo sesso, per la sua nascita, per la sua razza, per la sua lingua, per la sua nazionalità o provenienza, per la sua fede, per le sue opinioni religiose o politiche. Nessuno può essere discriminato a causa di un suo handicap”.7 Art. 6 GG, “Il matrimonio e la famiglia godono della particolare protezione dell'ordinamento statale. La cura e l'educazione dei figli sono un diritto naturale dei genitori ed un loro precipuo dovere. La comunità statale vigila sul modo con i quale essi svolgono la loro funzione. I figli possono essere separati dalla loro famiglia contro il volere delle persone che ne hanno la patria potestà solo in forza di una legge, nel caso che gli aventi il diritto dell'educazione vengano meno al loro dovere o nel caso che, per altri motivi, i figli corrano il rischio di venir trascurati. Ogni madre ha diritto alla protezione e all'assistenza della comunità. La legge assicura ai figli naturali le stesse condizioni di sviluppo, fisico e morale, nonché lo stesso status sociale, sanciti per i figli legittimi”.
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Nel caso di specie, infatti, la relazione incestuosa non era fondata su abusi o violenze a danno di
uno dei due soggetti, ma si trattava di “incesto in quanto tale”, ossia una relazione sessuale tra adulti
consenzienti legati da vincolo familiare8.
Il Bundesverfassungsgericht respingeva il ricorso, facendo applicazione del principio di
proporzionalità, ossia l’esigenza che la scelta legislativa non comprima un diritto fondamentale in
maniera eccessiva e senza una valida giustificazione9. Alla luce del principio di proporzionalità,
secondo la Corte delle Leggi tedesca, il § 173, co. 2 StGB perseguirebbe scopi legittimi, non in
contrasto con il Grundgesetz, non comprimendo, quindi, un diritto fondamentale in maniera
eccessiva.
La Corte, avvalendosi di un parere tecnico affidato al noto istituto Max Planck Institut di Friburgo,
ha cercato di formulare la propria decisione valorizzando le possibili ripercussioni a livello
psicologico che potrebbero derivare sia agli autori del reato, sia agli altri membri della famiglia.
Il divieto penale di incesto tutelerebbe, al primo posto, la famiglia quale comunità di vita e di
educazione, in cui si svolge la personalità dell’uomo10. Dal punto di vista antropologico, infatti, ad
ogni membro della famiglia sono attribuiti diversi ruoli, al fine di tutelare la stabilità del nucleo
famigliare.
In secondo luogo, essa ha ritenuto che la limitazione della sfera di autodeterminazione sessuale
imposta dalla norma in questione non fosse sproporzionata e ingiustificata dalla circostanza che
l’incesto, nella maggior parte dei casi, si verifica in situazioni di dipendenza psicologica della parte
debole della relazione. Questa condizione di dipendenza psicologica ricorda i principi richiamati
nella prima sentenza della Corte costituzionale italiana11 avente ad oggetto l’adulterio, inizialmente
previsto come reato dall’art. 559 c.p.12.
In terzo luogo, studi empirici dimostrano che vi sono potenziali rischi di malattie genetiche per i
figli nati dall’unione tra consanguinei.
Infine, a favore della legittimità (costituzionale) di punire l’incesto, la Corte ha osservato che essa
corrisponde ad una diffusa convinzione sociale di meritevolezza della pena, desumibile dalla
circostanza che l’incesto è da sempre oggetto di una radicata proibizione nella cultura di molte
società.
8 H.-J. ALBRECHT-U. SIEBER, Stellungnahme zu dem Fragenkatalog des Bundesverfassungsgerichts in dem Verfahren 2 BvR 392/07 zu § 173 Abs. 2 S. 2 StGB – Beischlafzwischen Geschwistern -, Fassung vom 19 November 2007, p. 27, in www.mpicc.de., nota n. 5, in NISCO, op. cit., pag. 71.9 G. DODARO, op. cit., pag. 2129.10 G. DODARO, op. cit., pag. 2120.11 Corte costituzionale, sent. n. 64/1961.12 Art. 559 c.p., articolo dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con le sent. 19/12/1968 n. 126, 3/12/1969 n. 147. La norma prevedeva che: “La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena è punito il correo dell’adultera. La pena è della reclusione di due anni in caso di relazione adulterina. Il delitto è punibile a querela del marito”.
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La sentenza del Bundesverfassungsgericht ha suscitato numerose critiche13, soprattutto da parte
della dottrina penalistica tedesca14. Di particolare rilievo, quella formulata dal giudice HASSEMER15,
secondo cui in caso di incesto occorrerebbe intervenire con una terapia o con altri strumenti di
sostegno a favore dei fratelli, e magari anche dei genitori che l’hanno reso possibile, piuttosto che
con una condanna penale, considerato il rischio ad essa associato di un aggravamento o di una
cronicizzazione delle problematiche psicologiche che stanno all’origine del fatto o che sono da esso
prodotte.
Le principali critiche rivolte alla sentenza sono: in primo luogo, che l’incesto non è rivolto alla
tutela di un bene giuridico in quanto tale, bensì alla difesa di concezioni morali che non spetta al
diritto penale tutelare; in secondo luogo che, gli scopi, individuati dalla Corte, non sono idonei a
giustificare l’incriminazione.
Dal punto di vista costituzionale, infatti, all’interno della struttura famigliare sono previsti dei ruoli,
ma non certo una pena qualora questi non vengano rispettati, altrimenti bisognerebbe rendere
penalmente rilevanti fattispecie come l’adulterio e le unioni omosessuali16.
In secondo luogo, l’autodeterminazione sessuale non incide nel caso dell’incesto, in quanto
quest’ultimo è un rapporto tra adulti consenzienti, nel quale l’uno non prevale sull’altro17.
Inoltre, la tutela della prole da malattie genetiche è fuori luogo, in quanto in un ordinamento
liberale, come quello tedesco, non si possono imporre divieti di generare a chi sa di essere portatore
di malattie genetiche18.
Infine, la convinzione storico-culturale di meritevolezza della pena dell’incesto è sinonimo di una
morale dominante, quindi non può giustificare l’incriminazione19.
Il caso è stato presentato anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
2.2 L’incesto innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come gli scopi perseguiti dal § 173 co. 2 StGB non sono
stati ritenuti costituzionalmente illegittimi poiché proteggono l’ordine famigliare, la libertà sessuale
e la prole da malattie genetiche, e rispettano il principio di proporzionalità.
A seguito della delusione derivante dall’epilogo della sentenza della Corte costituzionale tedesca, il
caso Stubing è stato presentato anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dinanzi alla quale
13 Opinione dissenziente del giudice Hassemer alla decisione del Secondo Senato del 26 febbraio 2008, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, pp. 2103 ss., nota n. 7, in NISCO, op. cit., pag. 71.14 A. NISCO, op. cit., pag. 72.15 G. DODARO, op. cit., pag. 2133-2134.16 A. NISCO, op. cit., pag. 72.17 A. NISCO, op. cit., pag. 72.18 A. NISCO, op. cit., pag. 72.19 A. NISCO, op. cit., pag. 72.
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veniva lamentata la violazione della Convenzione subita dal ricorrente nel caso concreto, ed in
particolare dell’art. 8 CEDU20 – rubricato Diritto al rispetto della vita privata e familiare -, sotto il
profilo della violazione del diritto di famiglia - dal momento che le plurime condanne avevano
impedito al ricorrente di educare i figli - e del diritto alla vita privata - in specie del diritto alla
libertà sessuale -.
Nel ricorso veniva censurato anzitutto l’approccio logico del Bundesverfassungsgericht rispetto alla
categoria del bene giuridico ed agli scopi individuati nel provvedimento decisorio.
La Corte delle Leggi tedesca concepiva la famiglia come una forma di vita associata fondata su un
ordine sociale rigidamente predefinito, con una inderogabile separazione dei ruoli in base ai
reciproci rapporti di parentela, separazione che è assolutamente imprescindibile soprattutto al fine
di preservare il benessere della prole.
Essa riteneva che la limitazione della sfera di autodeterminazione sessuale fosse giustificata dalla
circostanza che l’incesto, nella maggior parte dei casi, s’insedierebbe in situazione di debolezza o
dipendenza psicologica di un soggetto verso un altro. L’incesto può derivare da un
ipercoinvolgimento tra fratelli causato da situazioni familiari palesemente caotiche, disgregate o
marginali, in cui i rapporti sono caratterizzati da trascuratezza, incomprensione o violenza fisica dei
genitori, e che implica intensi processi di fusione e di idealizzazione21.
Il giudice delle leggi non manca di rilevare anche le ragioni eugenetiche della tutela penale: sulla
base di dati empirici, fa risalire la maggior incidenza di malattie tra i figli alla nascita da relazioni
incestuose.
Infine, il collegio giudicante riteneva la sanzione penale giustificata sulla base di una convinzione
sociale di meritevolezza di pena. Particolare valore era assegnato, sul punto, al dato storico-
comparatistico messo a disposizione del Max Planck Institut, il quale dimostrava come l’incesto
fosse disapprovato e punito in diversi luoghi ed epoche.
In particolar modo – per quanto in tale sede rilevante -, il ricorrente invocava l’assenza di un
“bisogno sociale impellente” (pressing social need) a giustificazione dell’interferenza nel suo
diritto, definito come l’esigenza da parte della società di incriminare condotte moralmente
riprovevoli: questa esigenza fa sì che la morale prevalga sul singolo diritto. Il ricorrente, però,
sottolineava che l’eventuale abrogazione della norma che criminalizza l’incesto non fiaccherebbe il
20 Art. 8 CEDU, “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che, in una società democratica, è necessario alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.21 G. DODARO, op. cit., pag. 2128.
6
tabù, in quanto, se la percezione dell’incesto è socialmente riprovevole, anche a seguito della
depenalizzazione rimarrebbe tale.
Inoltre, riguardo alle circostanze del caso concreto, egli rilevava come l’autorità nazionale non
avesse tenuto in considerazione il fatto che i due partner della relazione incestuosa, non solo non
erano cresciuti insieme, ma ignoravano anche l’esistenza l’uno dell’altro. L’unione incestuosa viene
perciò spiegata come risposta dei figli-fratelli ad un bisogno di congruenza emotiva all’interno di un
ambiente familiare vuoto o turbato22.
La Corte europea ha ritenuto preliminarmente la riconducibilità in astratto delle doglianze ai diritti
tutelati dall’art. 8 CEDU, potendo sussistere in fatti di incesto, una “interferenza” con il diritto alla
vita privata, non idonea tuttavia a superare il limite imposto agli Stati membri dal comma 2 dell’art.
8 CEDU23, atteso che è sicuramente riconosciuto un diritto alla vita privata, ma questo non deve
ledere la morale e i diritti altrui. In considerazione della sentenza della Corte costituzionale tedesca
infatti, il § 173 StGB assume lo “scopo legittimo” di proteggere la “morale” e i “diritti altrui”, cioè
l’ordine familiare, la libertà sessuale e l’integrità genetica24.
In altre parole, la Corte di Strasburgo ha ritenuto la sentenza della Corte costituzionale tedesca
conforme alla Convenzione EDU – e quindi escluso che il ricorrente abbia subito violazioni della
Convenzione nel caso concreto – nella parte in cui ritiene il delitto di incesto lesivo, oltre che
dell’ordine familiare, anche dell’autodeterminazione sessuale, nonché della salute dell’eventuale
prole nata dal rapporto incestuoso. La tutela di questi valori costituzionali, connessi al matrimonio e
alla famiglia, alla libertà dei soggetti deboli e alla salute dell’eventuale prole, giustificherebbe, a
giudizio della Corte europea, l’interferenza con il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Nel giudizio di bilanciamento operato dalla Corte di Strasburgo tra diritti sacrificati e scopi della
norma che si invoca come lesiva della Convenzione nel caso concreto, ha assunto rilievo
determinante il margine di apprezzamento, definito come quella misura di discrezionalità concessa
agli stati membri nell’applicazione della Convenzione e anche come il modo attraverso il quale la
Corte europea cerca di bilanciare la sovranità degli stati membri con il rispetto degli obblighi
stabiliti dalla Convenzione25.
Nella valutazione del margine di apprezzamento assume rilievo la nozione di consenso, termine con
cui si indica la sussistenza o meno di una concezione comune creatasi all’interno degli Stati membri
rispetto ad una determinata questione: una sorta di standard morale comune. Consenso e margine di
22 G. DODARO, op. cit., pag. 2125.23 Art. 8 comma 2, “Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.24 A. NISCO, -op. cit. pag. 74.25 Amplius, A. NISCO, op. cit. pagg. 75-84.
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apprezzamento dovrebbero stare in relazione di proporzionalità inversa: quando la Corte EDU è in
grado di riscontrare un certo consenso europeo sul trattamento di una particolare questione, ovvero
sulla tutela di un determinato diritto, lascia un minore margine di apprezzamento alle autorità
nazionali.
Per quanto riguarda il delitto di incesto, manca un “consenso europeo”26 sulla liceità dei rapporti
sessuali tra “familiari”, circostanza che emerge anche dal numero di Stati che criminalizzano la
condotta. Tale mancanza deriva dalla diversa concezione morale che assumono gli Stati nei
confronti dell’incesto: una parte di essi tende a preservare il tabù, mentre altri sono favorevoli ad un
divieto extra-penale inteso come sintomo della non necessità della criminalizzazione di tali
condotte. Inoltre, la morale dominante tende a preservare l’idea di famiglia come istituzione, in
quanto essa trova un’ampia tutela dal punto di vista religioso e normativo.
In conclusione, gli scopi assegnati dalla Corte delle Leggi tedesca e dalla Corte EDU al divieto
penale dell’incesto sono stati ritenuti legittimanti la restrizione proporzionata del diritto alla vita
privata del ricorrente nel caso Stubing, soluzione che non consente tuttavia di trascurare aperture –
oltre che della dottrina, già da tempo critica – da parte dei media e dell’opinione pubblica tedeschi,
circa la inopportunità della persistente criminalizzazione dell’incesto27.
La questione relativa al delitto di incesto è stata oggetto di dibattito anche innanzi alla Corte
costituzionale italiana.
2.3 Corte costituzionale: la sentenza del 21 novembre 2000.
L’incesto, in Italia, è disciplinato dall’art. 564 c.p.28 – rubricato Incesto – ed ha una portata
applicativa diversa rispetto al § 173 del codice penale tedesco. La fattispecie italiana si distingue da
quella tedesca. Come vedremo nel prossimo paragrafo, il campo di applicazione è esteso anche agli
affini in linea retta, la condotta incestuosa non è definita (anche se, secondo l’opinione prevalente,
occorre un congiungimento carnale29), infine, è necessario che al fatto segua un pubblico scandalo.
26 A. NISCO, op. cit. pag. 74.27 A. NISCO, op. cit. pag. 81.28 Art. 564 c.p. “Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da due a otto anni in caso di relazione incestuosa. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l’incesto è commesso da persona maggiore di età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne. La condanna pronunciata contro il genitore importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale”.29 G. PISAPIA, Incesto e relazione incestuosa, in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962, pag. 503.
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Con la sentenza 21 novembre 200030 la Corte costituzionale italiana è stata chiamata a decidere
sulla legittimità costituzionale dell’art. 564 c.p.
Il caso in questione riguardava un incesto tra suocero e nuora per il reato di cui all’art. 564 secondo
comma c.p., in quanto – secondo l’imputazione – tra loro affini in linea retta, avevano instaurato
una relazione incestuosa in modo da farne derivare pubblico scandalo.
Il giudice delle indagini preliminari (G.I.P.) presso il Tribunale di Salerno ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 564 c.p., per contrasto con gli artt. 231, 3, primo comma32, 13,
primo comma33, e 27, terzo comma34, della Costituzione.
Il giudice rimettente osservava che stabilire una sanzione penale per determinate condotte è una
scelta che compete al legislatore nella sua discrezionalità, ma è anche vero che le scelte del
legislatore in materia di incriminazioni sono controllabili secondo il criterio di ragionevolezza dalla
Corte costituzionale. Tale criterio implica35 la necessità che la previsione incriminatrice, anche se «-
… presumibilmente idonea a raggiungere finalità statuali di prevenzione, non produca, attraverso
la pena, danni ai diritti fondamentali dell’individuo ed alla società sproporzionatamente maggiori
dei vantaggi ottenuti (e da ottenere) … con la tutela dei beni e dei valori offesi -»; e l’esigenza che
«-… la pena sia proporzionale al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema
sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale e a quella di tutela delle
posizioni individuali-».
30 Massima n. 25906, “L'art. 564 del codice penale, che punisce come incesto i rapporti sessuali tra soggetti legati da vincoli di parentela o di affinità, tenuti in modo che ne derivi pubblico scandalo, trova la sua giustificazione obbiettiva nella finalità di protezione della famiglia, escludendo i rapporti sessuali tra componenti diversi dai coniugi, ivi compresi quelli degli affini in linea retta (nella specie: suocero e nuora), nell'intento di evitare perturbazioni della vita familiare e di permettere la formazione di nuove strutture di natura familiare nell'ambito della più vasta società. Le scelte legislative, di creazione di una fattispecie delittuosa, di delimitazione dei confini della famiglia in cui opera il divieto, fino a comprendere, tra i soggetti del delitto, gli affini in linea retta, di irrogazione della pena nel campo delle relazioni affettive e sessuali e la sua proporzione rispetto al bene protetto, e quella di far dipendere la sua irrogazione dalla previsione del pubblico scandalo della relazione incestuosa, si giustificano con il legittimo perseguimento delle summenzionate finalità, con un non irragionevole bilanciamento tra la finalità repressiva e la protezione della tranquillità degli equilibri domestici da ingerenze intrusive, quali sono le investigazioni per la ricerca del reato, attraverso una valutazione non arbitraria del nesso di congruità tra tipo di reato (che non tutela un mero modo di apparire dell'istituto familiare) e il tipo e la quantità della pena stabilita. Insomma, non assurgono a vizi rilevabili nel giudizio di legittimità costituzionale le critiche di opportunità alla norma incriminatrice formulate dal giudice rimettente. Pertanto, non è fondata - in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 13, primo comma, e 27, terzo comma - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 564 del codice penale”.
31 Art. 2 Cost., “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.32 Art. 3 comma 1 Cost., “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.33 Art. 13 comma 1 Cost, “La libertà personale è inviolabile”.34 Art. 27 comma 3 Cost., “La responsabilità penale è personale”.35 Corte costituzionale, sent. 06/07/1989 n. 409, 25/07/1994 n. 341, richiamate dalla sent. 21/11/2000 n. 518.
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Secondo il giudice a quo, la privazione della libertà personale – diritto inviolabile della persona (art.
13, primo comma, in relazione all’art. 2 della Costituzione) – quale conseguenza del reato, non è
giustificata e proporzionata rispetto ai beni tutelati dalla fattispecie penale.
La finalità perseguita dal reato di cui all’art. 564 c.p., prosegue il giudice a quo, non è volta ad
evitare una possibile commixio sanguinis, in quanto la norma in questione estende la punibilità
anche al fatto commesso tra non consanguinei (cioè gli affini in linea retta). Inoltre, si dovrebbe
escludere che il bene protetto dalla norma possa individuarsi nell’unità e integrità della famiglia, in
quanto la sanzione penale è applicabile solo se alla condotta segue il pubblico scandalo, requisito in
mancanza del quale l’incesto non è punibile. Nel caso di specie, si potrebbe desumere che la norma
avrebbe come oggetto di tutela l’obbligo di fedeltà coniugale, in quanto l’affinità sorge come
conseguenza di un rapporto coniugale. Oggi giorno, però, la fedeltà coniugale assume al più un
valore morale e non viene ritenuto un bene costituzionalmente tutelato, come dimostrano le
pronunce della Corte costituzionale sui reati di adulterio (art. 559 c.p.36) - sent. 19/12/1968 n. 12637 -
e di concubinato (art. 560 c.p.38) – sent. 03/12/1969 n.14739 -.
Ciò detto, la compressione della libertà personale rispetto a una ipotetica tutela di un sentimento
collettivo di riprovevolezza appare sproporzionata e irragionevole, perché oggi non sembra più
tollerabile giustificare una sanzione penale a tutela di concezioni morali.
Infine, in riferimento alla finalità rieducativa della pena ex art. 27, terzo comma, Costituzione, il
giudice a quo richiama la proporzione tra la qualità e l’entità delle pene, da un lato, e l’offesa recata
dal fatto, dall’altro.
La Corte costituzionale ha ritenuto la questione non fondata. Nel motivare l’infondatezza, procede
anzitutto ad una ricostruzione del bene protetto dalla disposizione impugnata, escludendo che possa
36 Cfr. supra. nota n. 10.37 Massima n. 3035, “Per l'unità familiare costituisce indubbiamente un pericolo sia l'adulterio del marito sia quello della moglie; ma quando la legge faccia un differente trattamento, questo pericolo assume proporzioni più gravi, sia per i riflessi sul comportamento di entrambi i coniugi, sia per le conseguenze psicologiche sui soggetti. Pertanto, i commi primo e secondo dell'art. 559 del codice penale sono viziati di illegittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, in quanto sanciscono una deroga al principio di eguaglianza dei coniugi non essenziale per la garanzia dell'unità familiare, ma risolventesi, piuttosto, per il marito, in un privilegio; e questo, come tutti i privilegi, viola il principio di parità”.38 Art. 560 c.p., articolo dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sent. 03/12/1969 n. 147. La norma prevedeva: “Il marito, che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni. La concubina è punita con la stessa pena. Il delitto è punibile a querela della moglie”.39 Massima n. 3430, “Per la protezione del bene della "unità familiare" garantito dall'art. 29, secondo comma, della Costituzione, gli obblighi fondamentali che accompagnano il vincolo matrimoniale devono essere presidiati da sanzioni idonee a svolgere anche una funzione preventiva. Se a tal fine sia necessario disporre, in relazione ad un determinato contesto storico, oltre alle sanzioni civili anche sanzioni penali, è potere che spetta alla politica legislativa. Non può pertanto accogliersi la questione proposta, rispetto all'art. 560 del codice penale (concubinato), con le ordinanze del Pretore di Roma n. 114 e n. 193 del 1969, in base all'assunto che la rilevanza penale dell'inosservanza del dovere di fedeltà coniugale e la eventuale condanna di uno dei coniugi, in seguito alla proposizione dell'istanza punitiva, metterebbe in pericolo, compromettendola, l'esistenza stessa della comunità familiare”.
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essere individuato nella integrità e sanità della stirpe ed indicandolo invece nella protezione della
famiglia.
La Corte costituzionale italiana ha escluso, a differenza di quella tedesca, che l’incriminazione
tenda a difendere le relazioni familiari dalle prevaricazioni di natura sessuale. L’incesto di cui
all’art. 564 c.p. – a giudizio della Corte - è atto di persone consenzienti, mentre la violenza
(effettiva o presunta) rileva rispetto ad altri reati. Essa ha respinto, inoltre, l’idea che il bene
giuridico possa essere individuato in un interesse eugenetico, in quanto gli affini in linea retta non
hanno un legame di sangue tale da provocare conseguenze sulla salute della eventuale prole.
L’eugenesi non è qui in discussione, perché la norma impugnata è quella che riguarda i rapporti tra
affini in linea retta. E al proposito viene in gioco solo la tutela della serenità delle relazioni
familiari40.
L’art. 564 c.p., secondo la Consulta, offre protezione alla famiglia, in corrispondenza a un ethos41 le
cui radici si perdono lontano nel tempo, mira a escludere i rapporti sessuali tra componenti della
famiglia diversi dai coniugi. L’obiettività giuridica dell’incesto non consiste soltanto nell’offesa alla
moralità in genere, ma nella violazione della norma di condotta che impone l’asessualità nei
rapporti parentali42: e ciò spiega il collocamento del reato tra quelli contro la famiglia43.
Tale esclusione, inoltre, è determinata dall’intento di evitare perturbazioni della vita familiare e di
aprire alla più vasta società la formazione di strutture di natura familiare. L’incesto, infatti, potrebbe
causare conseguenze psicologiche all’interno della famiglia: non solo infrange il rapporto genitore-
figlio, ma, se si considera proprio la condizione della nuova prole, ingenera il rischio di una
pericolosa confusione nell’identità familiare a causa della sovrapposizione nei ruoli delle principali
figure educative del bambino44.
La tutela della serenità delle relazioni familiari è sicuramente un bene di spessore, infatti il nucleo
familiare non deve essere turbato da confusione di ruoli. Ma da questa proposizione sorge il quesito
se i turbamenti alla normalità familiare derivino da fatti simili a quelli incriminati e non anche da
altri fattori e se vi sia una tipizzazione penale capace di cogliere l’essenza della serenità familiare e
di proteggerla in modo convincente45.
Con riguardo poi alla previsione della condizione del pubblico scandalo – diffusamente trattato
infra, par. 4 - la Corte ritiene non irragionevole il bilanciamento operato dal legislatore tra
l’esigenza di repressione e la protezione della tranquillità degli equilibri domestici da ingerenze
40 M. CERASE, Incesto tra affini e ragionevolezza negata, in Giur. it., 2001, pag. 4066.41 Corte costituzionale, sent. 21/11/2000 n. 518.42 G. PISAPIA, op. cit., pag. 504.43 L’art. 564 è collocato nel Titolo XI del Libro II del codice penale, Dei delitti contro la famiglia.44 G. DODARO, op. cit., pag. 2136.45 M. CERASE, op. cit., pag. 4066.
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intrusive, come le investigazioni delle pubbliche autorità alla ricerca del reato, le quali, una volta
verificatosi il pubblico scandalo, non vi è più ragione di limitare o vietare.
Intesi in questi termini il bene giuridico e la funzione del pubblico scandalo, non vi è sproporzione
rispetto alla libertà individuale46. La Corte costituzionale, al contrario del giudice a quo, ha ritenuto
che il bene tutelato dall’incesto avesse più importanza, in quanto consiste nella protezione della
famiglia in quanto tale, in cui si realizza la personalità dell’uomo. In considerazione di ciò, la
Consulta ha ritenuto che vi è proporzionalità fra il bene tutelato dall’art. 564 c.p., la misura della
pena in esso prevista e la salvaguardia della libertà personale.
Infine, anche rispetto al principio della finalità rieducativa della sanzione penale (art. 27, terzo
comma, della Costituzione), la questione di costituzionalità è stata respinta come non fondata.
Secondo la Corte, la funzione della pena non va assolutizzata nella sola funzione rieducativa e
ammette che la pena può sussistere anche se non sarà idonea a rieducare.
Queste considerazioni portano a concludere che le censure mosse dal giudice rimettente all’art. 564
c.p., non si basano su vizi ricavabili nel giudizio di legittimità costituzionale, ma si risolvono in
critiche di opportunità alla norma, il cui apprezzamento non compete alla Corte costituzionale, ma
alla discrezionalità del legislatore.
Appare a questo punto possibile confrontare l’approccio della Corte Costituzionale tedesca e della
Consulta rispetto ai fatti di incesto.
Come è noto, nel sistema penale italiano, il principio di offensività subordina la sanzione penale
all’offesa di un bene giuridico, si richiede un bene paragonabile con quelli su cui incide la pena,
cioè con la libertà personale.
Nella tradizione penalistica tedesca, invece, il bene tutelato dalla norma, nel caso dell’incesto, è
oggetto di critiche47, in quanto non si può parlare di un bene giuridico immediatamente afferrabile,
bensì di una concezione morale. In considerazione di ciò, quindi – alla luce di quanto riportato
supra al par. 2.1 - non vi è proporzionalità tra lo scopo perseguito dalla norma e le misure restrittive.
In Germania, non è stato individuato concretamente un bene giuridico da tutelare, ma scopi legittimi
che giustificano l’incriminazione; mentre in Italia, non possono esservi norme prive di un bene
giuridico.
3. Analisi della fattispecie (art. 564 c.p.).
In questo capitolo procederemo all’analisi del reato di cui all’art. 564 c.p. – rubricato Incesto -.
In particolare, esamineremo in modo dettagliato gli elementi della fattispecie.
Per facilitare la lettura dei paragrafi che seguono riportiamo il testo dell’art. 564 c.p.:46 Corte costituzionale, sent. 21/11/2000 n. 518.47 A. NISCO, op. cit., pag. 83.
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«Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un
ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la
reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l’incesto è commesso da persona maggiore di
età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della responsabilità genitoriale o
della tutela legale».
3.1 Il bene giuridico tutelato.
L’individuazione dell’oggetto giuridico del delitto di incesto è assai controversa, soprattutto in
dottrina, in quanto si tratta di una norma il cui contenuto necessita dell’integrazione di elementi
normativi extragiuridici, che rimandano a norme sociali o di costume48.
La collocazione della disposizione in parola nel capo II del Titolo XI del Libro II, fra i delitti contro
la morale familiare, sembrerebbe suggerire l’individuazione del bene giuridico tutelato dalla norma
nella moralità sessuale della famiglia. L’incesto comporta l’offesa alla morale in generale e la
violazione della norma di condotta che impone l’asessualità nei rapporti parentali. Tale asessualità,
in quanto soddisfa un bisogno della vita morale della famiglia, è un bene morale di essa, protetto
non solo civilmente, col divieto di nozze entro gradi prossimi di parentela (art. 87 c.c.49), ma anche
penalmente col divieto dell’unione sessuale tra prossimi congiunti50.
La tutela predisposta dal codice non riguarda tanto la singola famiglia all'interno della quale si è
consumato l'incesto, quanto, piuttosto, l'istituzione familiare in sé51. Tuttavia, la circostanza che il
solo incesto punibile sia quello scandaloso, cioè quello realizzato in modo che ne derivi pubblico
48 A. MADEO, I delitti di incesto: incesto e relazione incestuosa, in Reati contro la famiglia e i minori, Fortuna, Milano, 2006, pag.62.49 Art. 87 c.c., Non possono contrarre matrimonio fra loro: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta (legittimi o naturali); 2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini; 3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili; 5) gli affini in linea collaterale in secondo grado; 6) l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti; 7) i figli adottivi della stessa persona;8) l’adottato e i figli dell’adottante; 9) l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il coniuge dell’adottato. [I divieti contenuti nei numeri 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all’affiliazione]. [I divieti contenuti nei numeri 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale]. Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati tre e cinque, anche se si tratti di affiliazione [o di filiazione naturale]. L’autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo. Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell’articolo.50 G. PISAPIA, op. cit., pag. 504.51 L. PISTORELLI, Delitti contro la morale familiare, in Trattato di diritto di famiglia, Zatti, vol. IV, Diritto penale della famiglia, a cura di Riondato, Milano, 2011, pag. 420.
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scandalo, porta a pensare che la norma miri ad assicurare una corretta percezione della famiglia
come formazione sociale da parte della collettività52.
In questi termini, l’incesto, così come configurato dall’art. 564 c.p., sembra offendere la moralità
pubblica. La previsione andrebbe a tutelare il sentimento collettivo circa il carattere non sessuato
delle relazioni familiari diverse dal coniugio, cioè appunto la moralità pubblica, se non addirittura
l’ordine pubblico53.
Per tentare di dirimere la complicata diatriba, è intervenuta di recente la Corte costituzionale54 - alla
luce di quanto riportato paragrafo 2.3 - per valutare la legittimità del delitto di incesto, e in tale
occasione ne ha individuato anche il bene giuridico tutelato. La Consulta, in particolare, nell’unica
decisione avente ad oggetto la fattispecie in esame, ne ha escluso che l’interesse tutelato sia di
carattere eugenetico, attribuendole piuttosto la funzione di prevenire i perturbamenti che alla
famiglia possono derivare dai rapporti sessuali tra componenti diversi dai coniugi, ed anche dalle
indagini che ne conseguono. Nondimeno, è stato osservato come una siffatta individuazione del
bene giuridico sia scarsamente armonica con la previsione della punibilità nei soli casi di pubblico
scandalo, cioè di una situazione in mancanza della quale il turbamento dei rapporti intrafamiliari
sussiste ugualmente55.
In definitiva, dalla pronunzia della Corte costituzionale si ricava una immagine sfocata del bene
giuridico protetto attraverso l'incriminazione dell'incesto scandaloso.
Nonostante questa immagine sfocata del bene giuridico, dottrina56 e giurisprudenza di legittimità
consentono di concludere che oggetto di tutela dell’incesto è ancora oggi il rispetto delle corrette
modalità di manifestazione della vita di famiglia.
3.2 I soggetti.
Con particolare riguardo alla struttura soggettiva del reato di incesto è discusso se sia un reato
plurisoggettivo o monosoggettivo.
L’incesto è da ritenersi plurisoggettivo, ovvero a concorso necessario, soltanto da un punto di vista
naturalistico, nel senso che alla determinazione dell’evento è necessaria la condotta di due persone,
ma, dal punto di vista normativo, non è classificabile tra i reati plurisoggettivi, nei quali la pluralità
dei soggetti attivi è elemento costitutivo del reato. È invece, un reato monosoggettivo, perché in
52 D. BRUNELLI, Incesto, in Trattato breve di diritto penale, Parte Speciale, I, I reati contro le persone, G. COCCO/ E. AMBROSETTI, Padova, 2014, pag. 650.53 A. CADOPPI - L. MONTICELLI, I delitti contro la morale familiare, in Trattato di diritto penale A. CADOPPI/S. CANESTRARI/A.MANNA /M. PAPA, Parte Speciale, vol. VI, pag. 149.54 Corte costituzionale, sent. 21/11/2000 n. 518.55 F. BIONDI, La Corte costituzionale individua il bene giuridico tutelato dal reato di incesto, in Giur. it., 2001, pag. 996.56 A. MADEO, op. cit., pag. 69.
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esso la pluralità delle condotte punibili non è condizione essenziale per la giuridica esistenza del
reato, nel senso che le condotte di entrambi i soggetti sono punibili solo eventualmente57.
Il delitto è compreso nella categoria dei reati propri, i quali possono essere commessi solo da
persone caratterizzate da particolari qualità individuali, descritte in modo tassativo nella fattispecie
legale.
A norma dell’art. 564 c.p. tra i soggetti attivi e passivi sono compresi gli ascendenti e i discendenti,
legittimi, naturali ed anche illegittimi.
Quanto ai rapporti incestuosi tra fratelli, sono compresi sia i fratelli e le sorelle germani (figli degli
stessi genitori), sia consanguinei (figli dello stesso padre), e gli uterini (figli della stessa madre).
Per quanto concerne la parentela adottiva, la dottrina è prevalentemente nel senso della esclusione,
osservando che l’art. 564 c.p. considera la sola parentela naturale. Tale esclusione è data dalla
tassatività della elencazione, perché, quando il legislatore ha inteso riferirsi al rapporto di adozione,
lo ha detto espressamente58.
Infine, nel novero dei soggetti del reato sono compresi anche gli affini in linea retta, ovvero sia il
suocero o la suocera rispetto al genero o alla nuora.
Nel caso in cui il matrimonio da cui deriva l’affinità venga dichiarato nullo è possibile contrarre
matrimonio valido agli effetti civili ex art. 87 co. 5 c.c.59. È invece dibattuta la questione relativa
alla compatibilità tra il nostro ordinamento civile e quello canonico, in quanto il Codice Canonico
(art. 104360) ammette il matrimonio tra affini in linea retta, mentre tale matrimonio è vietato dal
nostro Codice Civile.
3.3 L’elemento soggettivo.
L’elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo generico, che comprende la coscienza del
rapporto di parentela o di affinità, e la volontà di intrattenere rapporti sessuali con uno dei soggetti
indicati dall’art. 564 c.p.
La configurazione dell'elemento psicologico della fattispecie in esame è fortemente influenzata
dalle conclusioni raggiunte in ordine alla qualificazione giuridica del requisito del pubblico
scandalo – di cui si parlerà più approfonditamente infra par. 4 -. Infatti, secondo un orientamento, il
pubblico scandalo è ritenuto elemento costitutivo del reato, e come tale subordinato alla
57 A. CADOPPI – L. MONTICELLI, op. cit., pag. 149.58 G. PISAPIA, op. cit., pag. 502.59 Cfr. supra nota n.49.60 Art. 1043 cod. can, I fedeli sono tenuti all’obbligo di rivelare gli impedimenti ai sacri ordini, se ne sono a conoscenza, all’Ordinario o al parroco, prima dell’ordinazione.
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volontarietà di suscitarlo; mentre, per altro orientamento si tratta di una condizione obiettiva di
punibilità, e come tale al di fuori del fatto di reato, dunque non è richiesta la volontà dell’agente61.
Fermo restando che se ne parlerà in maniera approfondita nel paragrafo 4, secondo la
giurisprudenza maggioritaria, la volontarietà riguarda la modalità dell’azione e non il conseguente
pubblico scandalo62.
L’elemento soggettivo può assumere la forma del dolo eventuale63, risolvendosi nell’accettazione
del rischio, da parte degli agenti, che la condotta, per le modalità della sua attuazione, determini il
pubblico scandalo. Si può parlare di dolo eventuale anche in relazione al rapporto instaurato tra
persone che accettino consapevolmente l’eventualità dell’esistenza tra loro di un vincolo di
parentela o di affinità.
L’errore sull’esistenza del legame di parentela o di affinità comporta il venir meno del dolo, sia in
caso di errore di fatto (art. 47 co.1 c.p.64), sia in ipotesi di falsa conoscenza della legge civile da cui
sia derivato errore relativo alla sussistenza di quel legame (art. 47 co. 3 c.p.65).
La ignoranza del divieto di contrarre matrimonio tra parenti ed affini, nei gradi previsti dalla legge,
non scusa, perché si tratta di un errore su di un presupposto della legge penale, che rientra
nell’ambito applicativo dell’art. 5 c.p.66, il quale stabilisce il principio ignorantia legis non excusat.
3.4 La relazione incestuosa ex art. 564 co. 2 c.p.
La norma dedicata all’incesto prevede una autonoma fattispecie di reato disciplinata dal secondo
comma dell’art. 564 c.p., che punisce con la pena della reclusione da due a otto anni chi intrattiene
una relazione incestuosa, intesa come un rapporto amoroso continuato nel tempo e dotato di
stabilità, intercorrente tra due soggetti vincolati da uno dei legami familiari previsti dal comma 1
dell’art. 564 – alla luce di quanto riportato nel par. 3.2 -, e caratterizzato nello specifico dalla
consumazione nel suo ambito di rapporti sessuali incestuosi, dei quali il rapporto rappresenta per
l'appunto l'elemento unificante67.
La tipicità del fatto deve ritenersi caratterizzata dalla causazione del pubblico scandalo, come
conseguenza delle modalità di consumazione del fatto.
61 D. BRUNELLI, op. cit., pag. 651.62 M. BINDA – A. AIMI, art. 564, in Codice penale commentato, E. DOLCINI – G.L. GATTA, Tomo I, IV ed., Milano, 2015, pag. 2690.63 A. MADEO, op. cit., pag. 75.64 Art. 47 co.1 c.p., L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell’agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.65 Art. 47 co. 3 c.p., L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.66 Art. 5 c.p., Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.67 L. PISTORELLI, op. cit., pag. 443.
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Ciò che caratterizza il delitto in esame dal singolo atto incestuoso, non è tanto la pluralità di episodi
di incesto, bensì il contesto in cui questi si verificano68. In dottrina si discute69 in merito al rapporto
tra incesto e relazione incestuosa, perché in considerazione della lettera della norma, sarebbe
sufficiente un solo atto incestuoso a ledere il bene giuridico protetto.
Per quanto riguarda la natura della relazione incestuosa, è discusso70 se il comma due dell’art. 564
c.p., aumentando la pena in caso di relazione incestuosa, configuri una autonoma ipotesi di reato o
piuttosto una circostanza aggravante.
Nel primo senso si tratterebbe, in particolare, di reato abituale, in cui le singole azioni criminose,
pur conservando la loro autonomia, partecipano del complesso elemento materiale del nuovo e più
ampio reato71.
Tuttavia, si ritiene diffusamente che la relazione incestuosa costituisca circostanza aggravante di
carattere oggettivo, e come tale estendibile a tutti i compartecipi del reato a norma dell’art. 118
c.p.72
4 La dimensione offensiva del delitto di incesto.
L’incesto penalmente rilevante è quello scandaloso, infatti, l’art. 564 c.p. punisce espressamente chi
commette incesto «in modo che ne derivi pubblico scandalo».
Di seguito, illustreremo la dimensione offensiva del delitto di incesto, la quale può risultare utile per
comprendere i principali aspetti problematici che caratterizzano questa controversa fattispecie, in
particolare, quello concernente la natura giuridica del pubblico scandalo.
Il principale contenuto offensivo dell’incesto risulta rapportato alla famiglia. Come più volte
anticipato, l’incesto viola le regole della morale sessuale, applicata alla famiglia, riassumibili nel
principio dell’asessualità dei rapporti parentali73.
4.1 La definizione del pubblico scandalo.
La violazione del principio di asessualità nei rapporti parentali diviene punibile in quanto si proietti
nella dimensione pubblica della moralità, realizzando la condizione del pubblico scandalo: esso
aggiunge al fatto incestuoso, lesivo della morale familiare, una nota di disvalore, consistente
68 A, MADEO, op. cit., pag. 76.69 A. MADEO, op. cit., pag. 76.70 L. PISTORELLI, op. cit., pag. 443.71 G. PISAPIA, op. cit., pag. 507.72 Art. 118 c.p., Le circostanze che aggrevano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa o le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono.73 G. PISAPIA, op. cit., pag. 504.
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nell’offesa arrecata alla moralità pubblica, vale a dire ad un interesse qualitativamente diverso, ma
correlato a quello tutelato, in via principale, dalla norma74.
Il pubblico scandalo, deve individuarsi nel profondo senso di turbamento e disgusto diffusosi in un
numero indeterminato di persone e nella connessa reazione morale per il cattivo esempio ricevuto 75,
da cui dipende la punibilità del rapporto incestuoso.
La definizione del pubblico scandalo è oggetto di divergenze in dottrina76, in quanto non mancano
voci77 secondo le quali l’evento scandaloso si risolve nella conoscenza pubblica del rapporto
incestuoso, non richiedendo affatto che il pubblico maturi effettivamente sentimenti di
disapprovazione e disgusto. Dal punto di vista pratico, la divergenza si attenua quando, affrontando
il tema della necessità di prova, si considera sufficiente la documentazione del fatto che l’incesto sia
divenuto di pubblico dominio, senza necessità che venga dimostrata l’insorgenza di una
disapprovazione sociale per l’avvenimento.
Per aversi pubblico scandalo, ai fini della sussistenza del reato di incesto, basta che il fatto, per le
circostanze di luogo in cui è commesso e per la notizia che se ne abbia comunque in pubblico,
venga a conoscenza di più persone estranee all’ambiente privato dell’autore78. Quindi, ai fini della
configurazione della fattispecie tipica, non assume rilevanza l’incesto in quanto tale e quello solo
potenzialmente scandaloso79, cioè realizzato in modo tale che alla consumazione non è seguita la
pubblica indignazione. Ciò detto, non è rilevante ai fini della norma la condotta a cui consegue lo
scandalo come causa della divulgazione della notizia della sua consumazione. È esclusa la
sussistenza dell’incesto qualora il pubblico scandalo derivi dalle indagini di polizia oppure dal
clamore derivante dalla denuncia sporta, ovvero sia provocato dalla curiosità di terzi che abbiano
superato le cautele prese dalla coppia incestuosa80.
Non va trascurata, infine, l’indeterminatezza e la difficile verificabilità empirica del requisito del
pubblico scandalo, da intendersi come una diffusa reazione di repulsione e di sdegno nei confronti
del fatto incestuoso. Infatti, la scandalosità dell’incesto non può essere ridotta alla mera notorietà
dello stesso fra un numero indeterminato di persone, perché ciò significherebbe confondere la
pubblicità dello scandalo con la pubblicità del rapporto incestuoso, in contrasto con la lettera della
norma, dal momento che una condotta incestuosa tenuta pubblicamente potrebbe non essere anche
74 V. MASARONE, La dimensione offensiva del delitto di incesto (art. 564 c.p.) e la collocazione dommatica del “pubblico scandalo” nella struttura del reato, in Archivio penale 2019, n. 3, pag. 16.75 A. CADOPPI, L. MONTICELLI, op. cit., pag. 150.76 M. BINDA – A. AIMI, op. cit., pag. 2688.77 F. BIONDI, op. cit., pag. 997.78 A. CADOPPI – L. MONTICELLI, op. cit., pag. 150.79 F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, 16°ed., 2016, pag. 509. 80 A. CADOPPI – L. MONTICELLI, op. cit., pag. 150.
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(pubblicamente) scandalosa – ove nessuno assista agli atti sessuali – così come un rapporto
incestuoso consumato privatamente può suscitare pubblico scandalo, se qualcuno vi assiste81.
Inoltre, lo scandalo deve essere effettivo e non solo possibile, essendo sufficiente che l'incesto o dei
fatti manifestanti l'incesto vengano percepiti da un numero indeterminato di persone, estranee al
nucleo familiare in seno al quale si è consumato, peraltro con astratta possibilità che tale percezione
si estenda ad altri. In tal senso argomenta la Suprema Corte82, secondo la quale l’art. 564 c.p. non
esige che tale comportamento, ostentato o imprudente, sia manifestato direttamente in pubblico,
potendo la relazione incestuosa palesarsi anche da altre manifestazioni, come pure dai suoi effetti
materiali o dalla confessione.
Si è osservato che lo scandalo consiste pur sempre in un sentimento psicologico individuale,
trasformato dal legislatore in una categoria normativa, che va identificata nell’atteggiamento etico-
sociale assunto dalla collettività nei confronti di una relazione sessuale tra consanguinei o affini.
Pertanto, qualora i rapporti carnali tra congiunti non abbiano suscitato una reazione di ripugnanza,
disgusto e sdegno nella collettività, evidentemente essi non avevano leso quelle esigenze della
morale familiare tutelate dalla norma.
4.2 Il problema della collocazione del pubblico scandalo nella struttura del reato.
Il problema di collocazione del pubblico scandalo nel delitto di incesto era oggetto di discussione
anche durante i lavori preparatori del Progetto preliminare del codice penale, nel quale si prevedeva
l’impiego della locuzione «se dal fatto derivi pubblico scandalo»; tuttavia, nel Progetto definitivo
ad essa si preferì quella attuale - «in modo che ne derivi pubblico scandalo» -, già utilizzata nella
corrispondente previsione del codice Zanardelli83.
Dal punto di vista letterale, il pubblico scandalo per parte della dottrina84 si colloca tra gli elementi
costitutivi del fatto, in quanto l’art. 564 co.1 c.p. richiede testualmente che l’incesto sia commesso
«in modo che ne derivi pubblico scandalo». Dunque, nella formulazione della norma, non
interviene alcuna di quelle espressioni condizionali – come se, qualora, sempreché e simili -,
solitamente considerate indicative del ricorso ad una condizione obiettiva di punibilità.
Dal riferimento al «modo», contenuto nel testo vigente, parte della dottrina85 deduce che il pubblico
scandalo rientri tra gli elementi costitutivi del fatto, piuttosto che collocarsi al di fuori di esso come
condizione obiettiva di punibilità. Si tratterebbe, in particolare, di una modalità, necessariamente
81 A. MADEO, op. cit., pag. 72.82 Cass. Sez. III, 17 marzo 1975.83 A. CADOPPI – L. MONTICELLI, op. cit., pag. 343.84 Così V. MASARONE, op. cit., pag. 18.85 V. MASARONE, op. cit., pag. 596.
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volontaria, della condotta incestuosa. Quindi, la modalità scandalosa dell’incesto dovrebbe,
inevitabilmente, essere voluta dall’agente.
Tra gli argomenti a sostegno della tesi che ravvisa nel pubblico scandalo l’evento costitutivo del
reato, piuttosto che una condizione obiettiva di punibilità, viene generalmente indicata la sua
dipendenza causale dalla modalità di commissione dell'incesto.
Tuttavia, secondo parte maggioritaria della dottrina86 e della giurisprudenza, il pubblico scandalo
appare definito in fattispecie come una condizione di punibilità.
A tal proposito, occorre trattare dell’istituto delle condizioni obiettive di punibilità.
4.3 Le condizioni obiettive di punibilità: criteri di identificazione.
Una volta accertato che sussiste un fatto tipico antigiuridico e colpevole non è detto che lo stesso
costituisca reato: dovrà accertarsene la punibilità.
L’introduzione legislativa delle condizioni obiettive di punibilità svolge una duplice funzione: una
di delimitazione o riduzione della rilevanza penale di determinati comportamenti, e l’altra di
garanzia connessa al rispetto del principio di legalità87.
L’istituto delle condizioni obiettive di punibilità è uno dei più controversi88 tra quelli previsti dal
nostro codice.
Con l’espressione condizioni obiettive di punibilità si indicano le cause che fondano la punibilità e
che la dottrina89 più recente denomina condizioni estrinseche di punibilità: si tratta di quegli
accadimenti, menzionati in una norma incriminatrice, che non contribuiscono in alcun modo a
descrivere l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma, ma esprimono solo valutazioni di
opportunità di ordine all’inflizione della pena.
Le condizioni obiettive di punibilità sono del tutto svincolate dal dolo e dalla colpa, in quanto
operano anche se l’agente non si è rappresentato né ha voluto l’accadimento che integra la
condizione, ed anche se l’agente non se lo poteva rappresentare, né lo poteva evitare impiegando la
dovuta diligenza.
Lo stesso art. 44 c.p.90 nella rubrica qualifica come «obiettive» le condizioni di punibilità, dove
espressamente dispone che «quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di
una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della
condizione, non è la da lui voluto. 86 M. DONINI, Le condizioni obiettive di punibilità, in Studium iuris 1997, pag. 596.87 G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto Penale. Parte Generale, 8°ed., Bologna 2019, pag. 82088 G. FIANDACA – E. MUSCO, op. cit., pag. 820.89 Sul punto vedi, G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte Generale, Sesta edizione, Milano, 2017.90 Art. 44 c.p., Quando per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.
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Il nodo maggiormente problematico dell’istituto in parola è costituito dalla loro compatibilità col
principio di colpevolezza ex art. 27, co.1, Costituzione91
La compatibilità delle c.d. condizioni estrinseche di punibilità con il principio costituzionale di
colpevolezza è stata riconosciuta dalla Corte costituzionale92, la quale ha escluso che gli elementi
della fattispecie estranei all’offesa al bene giuridico dovessero sottostare al principio di
colpevolezza. In tal senso è stato sottolineato in dottrina93 come la circostanza che le condizioni
obiettive di punibilità operino indipendentemente dal dolo e dalla colpa non contrasta con il
principio di colpevolezza, trattandosi di elementi del reato estranei al fatto.
Un ingiustificato ampliamento della gamma delle condizioni obiettive di punibilità è operato da
quella parte della dottrina94 che ha coniato il nome di condizioni intrinseche – o improprie – di
punibilità, quegli accadimenti che sono lesivi dell’interesse protetto, o in quanto approfondiscono
l’offensività tipica del fatto, o in quanto determinano una progressione o un aggravamento
dell’offesa già implicita nella commissione del reato.95.
Lo scopo, a volte dichiarato, di questa nuova categoria è quello di assoggettare taluni elementi
costitutivi del fatto alla disciplina delle condizioni obiettive di punibilità – che, a norma dell’art. 44
c.p., rilevano obiettivamente – e quindi sottrarli all’oggetto del dolo – nei delitti dolosi – o della
colpa – nei delitti colposi -.
Le condizioni di punibilità intrinseche pongono dei problemi di compatibilità con il principio di
colpevolezza, in quanto, appunto, si tratta di eventi che hanno la capacità di incidere sull’offesa
insita nel fatto tipico, approfondendola o aggravandola. In proposito, è fondamentale richiamare la
storica sentenza della Corte costituzionale96, la quale ha sancito il principio secondo cui la
colpevolezza, almeno nella forma minima della colpa, deve coprire tutti gli elementi significativi
del fatto, cioè quelli dai quali dipende il disvalore dell’offesa tipica. Sulla base di tale pronuncia, si
può sostenere che non possono sottrarsi al principio di colpevolezza le condizioni di punibilità c.d.
intrinseche, quali accadimenti capaci appunto di incidere sull’offesa insita nel fatto tipico: e il
principio di colpevolezza potrà considerarsi rispettato quando tali condizioni siano coperte almeno
dalla colpa.
91 Art. 27 co. 1 Cost., La responsabilità penale è personale.92 Corte costituzionale, sent. 30/11/1988, n. 1085.93 M. DONINI, op. cit., pag. 598.94 Sul punto si veda G. FIANDACA – E. MUSCO, op. ct., pag. 823.95 Ad esempio, il pericolo per la pubblica incolumità menzionato espressamente in molte norme incriminatrici dei delitti contro la pubblica incolumità, come l’incendio di una cosa propria – art. 423 co.2 c.p. -, sul punto vedi G. MARINUCCI – E. DOLCINI, op. cit., pag. 427.96La Corte in questa sede ha innalzato a rango di principio costituzionale il principio di colpevolezza, al riguardo v. Corte costituzionale, sent. 24/03/1988, n. 364.
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È per questo motivo che la maggior parte della dottrina97 esclude dall’ambito della categoria delle
vere e proprie condizioni obiettive di punibilità, le condizioni di punibilità intrinseche – che perciò
qualifica come improprie –, eventi di questo tipo concorrendo a delineare il disvalore del fatto
sanzionato penalmente, ed essendo in realtà elementi costitutivi del reato. Quindi, per un verso
ricomprende nella categoria soltanto le condizioni obiettive estrinseche – definite appunto proprie,
esterne al fatto e sganciante quindi da dolo e colpa – e, per altro verso, impone che le c.d.
condizioni di punibilità intrinseche, quindi improprie, siano qualificate come elementi del fatto e, di
conseguenza personalmente rimproverabili all’agente.
Le incertezze legate all’assenza di una definizione legislativa delle condizioni obiettive di punibilità
si riflettono sulla esatta delimitazione della categoria e sulla individuazione dei criteri per
l’identificazione in concreto delle stesse.
A parte l’art. 44 c.p., la legge nulla dice, nel corpo delle singole incriminazioni, su come si debba
interpretare un certo evento: se sia l’evento del reato, oppure un evento dal cui verificarsi dipende la
mera punibilità. Nonostante ciò, si tratta di aspetti di importanza decisiva nel delineare i presupposti
della responsabilità: in quanto, se l’evento è elemento del fatto, rappresenta un momento decisivo
dell’oggetto del dolo o della colpa; mentre se è elemento condizionate, come si è visto nel par. 4.1,
si sottrae a quei criteri di imputazione soggettiva.
La dottrina98 ha individuato dei criteri diagnostici da utilizzare ai fini di una corretta individuazione
della categoria in esame.
Il criterio diagnostico-formale fa riferimento alla formulazione letterale della fattispecie,
riconoscendo la presenza di una condizione obiettiva di punibilità tutte le volte in cui il legislatore
abbia impiegato formule ipotetiche del tipo «se dal fatto deriva». Tali formule, però, possono essere
utilizzate anche nella descrizione di elementi diversi dalle condizioni obiettive di punibilità, come
nel caso di delitti aggravati dall’evento o di veri e propri elementi costitutivi del reato99; vi sono poi
anche ipotesi certe di condizioni obiettive di punibilità nelle quali quelle formule non vengono
utilizzate.
Esclusa l’univocità dei criteri grammaticali, non resta che fare ricorso al criterio strutturale, relativo
cioè alla collocazione dell’elemento in questione all’interno della fattispecie astratta, e al criterio
sostanziale-funzionale, relativo cioè alla determinazione dell’interesse tutelato dalla norma.
97 G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Corso di diritto penale, Terza edizione, Milano 2001, pag. 655.98 M. DONINI, op. cit., pag. 596.99 Tipico è il caso dell’insolvenza fraudolenta, art. 641 c.p., dove il contraente fraudolento è punito «qualora l’obbligazione non sia adempiuta»: ma avendola egli contratta «con il proposito di non adempierla», come prescrive l’art. 641 c.p., il mancato adempimento deve essere oggetto del dolo, e come tale è evento costitutivo, e non una c.o.p., sul punto vedi M. DONINI, op. cit., pag. 596.
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Facendo applicazione del criterio strutturale, dal novero delle condizioni obiettive di punibilità
dovrebbero essere di regola esclusi gli eventi legati da un rapporto di causalità necessaria con
l’azione tipica100.
In considerazione, invece, del criterio sostanziale – funzionale, dovrebbero escludersi dalle
condizioni di punibilità, e dovrebbero dunque considerarsi elementi costitutivi del fatto, quegli
eventi nei quali si incentra l’offesa all’interesse protetto.
4.4 Soluzione del problema: elemento interno al fatto o esterno (c.o.p. intrinseca o estrinseca)?
Così ricostruita la dimensione offensiva del delitto di incesto, si può ritenere che il pubblico
scandalo comporti una progressione dell’offesa tipica del reato, operando come un evento offensivo:
esso aggiunge al fatto incestuoso, lesivo della morale familiare, una nota di disvalore, consistente
nell’offesa arrecata alla moralità pubblica, ossia ad un interesse qualitativamente diverso, ma
correlato a quello tutelato, in via principale, dalla norma.
In questi termini, l’elemento in questione rientra tra le condizioni di punibilità intrinseche –
qualificate come improprie -, queste ultime – come abbiamo visto nel par. 4.3 – sono considerate
elementi del fatto e, di conseguenza, sono personalmente rimproverabili all’autore, se sostenute dal
dolo, o quanto meno dalla colpa.
Il pubblico scandalo, quindi, deve essere coperto dal dolo, anche eventuale dell’agente, risolvendosi
nell’accettazione, da parte degli agenti, che la condotta, per le modalità della sua attuazione, possa
determinare il pubblico scandalo.
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