analisi del ciclo di vita (lca) – esempio 1 · 2018-05-23 · analisi del ciclo di vita (lca) –...
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Analisi del ciclo di vita (LCA) – Esempio 1
Perché questo studio è stato scelto come esempio?
Le indicazioni circa il metodo LCA fornite dalla normativa ISO/DIN 14040 (e seguenti) sono
spesso difficili da capire. Lo studio dal titolo “LCA dei materiali grezzi impiegati nel campo
delle vernici: un confronto tra sostanze basate su materie prime rinnovabili e derivanti dal
petrolio (Life Cycle Assessment of selected raw materials for paints: a comparison between
vehicles based on renewable and petrochemical raw materials)” è stato appositamente scelto
per rendere più chiare le istruzioni fornite dalla normativa. L’indagine è stata condotta nel
rispetto degli standard ISO, tralasciando, tuttavia, le parti “Valutazione dell’Impatto del Ciclo
di Vita” e “Recensione Critica”, che non sono state inserite nel bilancio. Nonostante questo, le
fasi essenziali del metodo LCA (senza la valutazione dell’impatto) possono essere comprese
attraverso questo esempio.
Introduzione allo studio
L’utilizzo di risorse rinnovabili (cfr. la voce “Renewable Resources” del Glossario) è
un’esigenza che sta via via acquistando un’importanza sempre maggiore; per essere
competitivi, i prodotti realizzati a partire da materie rinnovabili devono, tuttavia, essere
rapportabili a quelli provenienti dall’industria petrolchimica, sia sotto il profilo tecnico, sia da
un punto di vista economico; in aggiunta a tutto questo, essi devono anche essere più
sostenibili.
Questo studio presenta un confronto tra gli impatti ambientali di due diverse vernici per legno
(e affini): la prima è di origine petrolchimica, mentre la seconda contiene agenti leganti basati
su materie rinnovabili; attraverso questa indagine, sarà possibile valutare la competitività
delle due alternative da un punto di vista ecologico.
Figura 1: Superficie di parquet, trattata con vernice ad essiccazione UV (UV-hardening)
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Come sono state definite le condizioni generali?
Lo scopo di questo studio
Lo scopo di questo studio consiste nella stesura di una serie di dati (la più ampia possibile,
che tenga conto di tutte le possibili sfaccettature del problema) circa l’impatto ambientale
legato alla produzione del legante per vernici “epossido dell’olio del seme di lino
(Leinölepoxid, ELO)” a partire dall’olio corrispondente, che è un materiale rinnovabile. Come
riferimento, è stato preso un analogo di origine petrolchimica, ovvero una miscela (50:50) di
tripropilen glicol diacrilato (TPGDA) e bisfenolo-A-diglicidil teracrilato (DGEABA).
La funzione e l’unità funzionale scelte
Come funzione è stata considerata la produzione dei due agenti leganti in esame; le proprietà
delle due sostanze che trovano applicazioni pratiche (ad esempio: reattività, resistenza ai
graffi, adesione e resistenza all’acetone) possono essere considerate uguali e sono quindi
perfette per il confronto e per raggiungere il nostro scopo. Come unità funzionale è stata
scelta una tonnellata di agente legante: questo significa che tutti i flussi di materiali ed energia
sono stati raccolti (e riportati nei fogli di bilancio) facendo riferimento alla quantità fissata.
I confini del sistema
In accordo con la volontà di eseguire un’indagine complessiva del problema (ad un livello
cosiddetto “olistico”), sono stati considerati tutti i processi preliminari e successivi rispetto a
quello in esame: questo significa che sono stati analizzati anche tutti gli aspetti connessi con
l’approvvigionamento delle materie prime e la fornitura dell’energia. I flussi di materiale ed
energia che interessano il sistema esaminato sono stati valutati e classificati in funzione del
loro effetto sull’ambiente: a seconda dei casi, infatti, essi possono impoverire o arricchire
l’ambiente esterno. Nella prima eventualità l’ambiente funge da serbatoio (ad esempio:
rimozione dell’olio grezzo dai depositi), mentre nella seconda da sistema di scarico (ad
esempio: emissioni di CO2 nell’atmosfera). Come confini del sistema sono stati considerati
quelli della fabbrica in cui viene prodotto il legante per vernici: in questo modo è stato
possibile raggiungere una perfetta equivalenza tra i prodotti analizzati; non ci sono, infatti,
differenze di alcun tipo a livello di utilizzo, smaltimento, ecc …
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Figura 2: Sistema relativo ai leganti per vernici
Per definire i confini dell’inventario, è stato necessario porre alcune condizioni; esse sono
descritte di seguito:
Criteri di taglio (Limiti del dettaglio)
Nel presente studio non è stato effettuato alcun taglio ai flussi di materiale: tutti
i flussi necessari per l’indagine sono stati considerati nel loro intero percorso
(dall’entrata all’uscita del sistema), a patto che i dati fossero sufficienti.
Allocazione
L’energia totale del processo è stata suddivisa tra i singoli prodotti in esso
coinvolti, in funzione del ruolo che ciascuno di essi aveva nell’economia
globale. Allo stesso modo sono stati trattati i valori relativi a emissioni e
smaltimenti connessi al processo produttivo: anche in questo caso è stata
effettuata una suddivisione, tenendo conto dei vari contributi.
Crediti
In questa indagine, si è supposto che non venisse prodotto alcun intermedio in
locazioni affiliate e che non ci fosse alcun utilizzo del calore disperso. Sono
stati considerati dei crediti solo nel caso della produzione dell’acido acrilico,
vista l’abbondanza di dati disponibili sull’argomento. Non è stato, inoltre,
passato alcun bonus (in termini di credito) per l’utilizzo di prodotti accoppiati;
questa possibilità, tuttavia, è stata presa in considerazione.
Produzione
legante per vernici
Legante per vernici
Confini del sistema
PR
EL
IEV
O
da
ll’a
mb
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te
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nel
l’a
mb
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te
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Riferimenti geografici e cronologici
Le considerazioni riportate si riferiscono ai confini politici della Germania; per
tutte le sostanze (ad esempio: petrolio) provenienti da altri stati, è stata
considerata la nazione di origine come riferimento e tutti i valori sono stati
pesati in funzione della particolare situazione commerciale esistente nello stato
tedesco. Come anno di riferimento è stato scelto il 1999.
Come è stata costruita l’analisi dell’inventario?
Nel seguente paragrafo, viene descritta in dettaglio la stesura dell’analisi dell’inventario:
tramite questa procedura, è stato possibile determinare l’estensione temporale e la mole di dati
necessarie per la corretta esecuzione dell’indagine.
Dal momento che si stanno confrontando due tipologie di fabbricazione differenti (ciascuna
delle quali prevede un certo numero di passaggi), la struttura del sistema è stata sottoposta ad
alcuni affinamenti: le modifiche apportate sono descritte di seguito.
Struttura fine del sistema
Per tracciare un paragone, i confini del sistema sono stati suddivisi nei settori “Epossido
dell’olio del seme di lino” e “Legante di origine petrolchimica”; le altre suddivisioni
dipendono dall’ordine logico delle diverse catene che compongono ciascun sistema. La
sezione dell’inventario “Epossido dell’olio del seme di lino”, ad esempio, è stata suddivida in
tre sotto-processi, (come mostrato in Figura 3), in accordo con la catena di valori economici
aggiunti.
All’interno del sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”, è stata eseguita un’analisi di
sensibilità nel passaggio “Estrazione / Raffinazione dell’olio”: in particolare, sono state
esaminate due differenti tipologie di estrazione, una centrale e una periferica.
Anche il sistema “Legante di origine petrolchimica” è stato adeguatamente suddiviso, in
funzione delle relative caratteristiche produttive; il risultato di questa ripartizione è
schematizzato in Figura 4.
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Figura 3: Struttura del sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”
Figura 4: Struttura del sistema “Legante di origine petrolchimica”
Trattamento Fertilizzante
Coltivazione
Trasporti
Epossidazione
Epossido dell’olio del seme di lino
Estrazione / Raffinazione dell‘olio
Estrazione dell’olio CENTRALE
Estrazione dell’olio PERIFERICA
Ossido di propilene Resina epossidica
Trasporti Glicol tripropilenico
Tripropilen glicol diacrilato
Legante per vernici di origine petrolchimica
Bisfenolo-A-diglicidil teracrilato
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Esempio di processi parziali
L’implementazione di un’analisi dell’inventario, in particolare per il sotto-processo “Ossido
di propilene”, è descritta in dettaglio di seguito, così da presentare una (possibile) procedura
di valutazione. In questo caso è stata considerata la produzione dell’ossido di propilene: in
particolare, questa procedura prevede che il propilene risultante dal processo di cracking
dell’olio minerale venga convertito nell’ossido corrispondente (propylene oxide - PO) tramite
il cosiddetto “metodo della cloridrina”. Inizialmente, si ha la reazione tra il propilene e il cloro
gassoso fino a dare cloropropanolo, insieme ad altri intermedi. Quest’ultimo viene trasferito
in un saponificatore e convertito nel prodotto PO con un secondo passaggio, che si avvale
dell’utilizzo di idrossido di calcio. Il cloruro di calcio che si forma come prodotto accoppiato
viene rilasciato in un sistema di scarico insieme all’acqua di scarto; l’energia necessaria per la
reazione viene fornita sotto forma di vapore. Oltre a quello citato, che rimane comunque
quello più diffuso in Germania, sono stati sviluppati metodi alternativi per la sintesi di PO:
essi cercano di risolvere i problemi maggiori legati alla variante originale, primo fra tutti
quello dell’elevato impiego di sale.
Figura 5: Reagenti della sintesi dell’ossido di propilene tramite cloridrina
Tutti i reagenti impiegati nella sintesi tramite cloridrina sono, a loro volta, i prodotti di
altrettanti processi: questi ultimi possono quindi essere considerati come passaggi preliminari
della sintesi dell’ossido di propilene.
Catena preliminare del propilene
La produzione del propilene è stata considerata a partire dalla rimozione dei materiali grezzi dalle
risorse naturali: nell’analisi sono stati inclusi (anche) tutti i processi ad essa connessi. La
produzione del petrolio è seguita da purificazione e work up a livello delle raffinerie: in questi
passaggi il petrolio grezzo viene suddiviso in porzioni differenti (benzine pesanti, benzene, varie
frazioni distillate a punti di ebollizione diversi, gas liquefatti, nafta e gas di raffineria) tramite
distillazione frazionata. La nafta (punto di ebollizione compreso tra 65 °C e 200 °C) viene
successivamente trattata nello “steam-cracker”; in questa fase la frazione viene scaldata tramite
Cloro
Propilene
CaOH
Ossido di propilene
Sintesi tramite cloridrina
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vapore (in svariati passaggi) da una temperatura compresa tra i 500-650 °C fino a 750-875 °C. I
composti principali che si ottengono da questo processo sono etilene, propilene, butano, insieme ad
altre olefine e diolefine che portano alla rottura delle molecole più grandi. I sotto-prodotti
indesiderati e le reazioni inverse vengono evitati tramite rapido raffreddamento dei gas e lavaggio
con acqua. Al termine di questi passaggi, il propilene può quindi essere separato dalla miscela
risultante.
Catena preliminare del cloro
La produzione del cloro è stata considerata a partire dalla rimozione dei materiali grezzi dalle
risorse naturali: nell’analisi sono stati inclusi (anche) tutti i processi ad essa connessi. La procedura
più importante per la produzione del cloro è sicuramente l’elettrolisi dei cloroalcali (Chloroalkali-
Electrolysis), la quale presenta tre possibili varianti: il processo-Amalgama, il processo-Diaframma
e il processo-Membrana; indipendentemente dalla versione, si effettua quasi sempre l’elettrolisi di
una soluzione di cloruro di sodio con produzione (contemporanea) di cloro, idrossido di sodio e
idrogeno. Nel caso della prima variante, l’elettrolisi ha luogo in una cella di mercurio dotata di
anodo in titanio o grafite e di catodo in mercurio: all’anodo si ha la formazione di cloro gassoso,
mentre al catodo il sodio ridotto reagisce con il mercurio formando un amalgama. A sua volta, il
sodio reagisce con l’acqua sulla superficie di un catalizzatore (grafite) in un apposito de-
compositore per amalgami fino a formare idrogeno e idrossido di sodio.
Nel processo-Diaframma gli spazi relativi ad anodo e catodo sono separati (appunto) da un
diaframma. La soluzione di cloruro di sodio libera cloro nello spazio anodico, quindi passa
attraverso il diaframma e forma idrogeno e idrossido di sodio al catodo. La presenza del diaframma
è molto importante, in quanto evita la formazione di una miscela idrogeno-cloro e facilita
notevolmente la fase di work up.
Nel processo-Membrana gli spazi di anodo e catodo sono separati da una membrana, che è
impermeabile all’acqua, ma lascia passare gli ioni. La soluzione di cloruro di sodio fornisce cloro
nella porzione anodica, mentre l’acqua viene decomposta in idrogeno e ioni idrossido in quella
catodica; per mantenere l’elettroneutralità nei due scompartimenti, gli ioni sodio diffondono
attraverso la membrana fino al catodo, dove vengono isolati sotto forma di idrossido di sodio.
L’allocazione del sistema multi-prodotto dell’elettrolisi dei cloroalcali è stata eseguita secondo i
principi precedentemente descritti.
Catena preliminare dell’idrossido di calcio
Per produrre idrossido di calcio, bisogna decomporre termicamente il calcare e trattare l’ossido di
calcio risultante con acqua. Per questo scopo, è necessario innanzitutto estrarre il materiale grezzo
dalle miniere, servendosi di appositi macchinari adatti allo scopo. Il processo seguente consiste
nella pirolisi del calcare, che avviene secondo la seguente reazione: CaCO3 → CaO + CO2; da un
punto di vista tecnico, la pirolisi viene effettuata a 900-1100 °C. Il calcare può essere bruciato in
differenti tipologie di reattori: nello studio qui riportato, viene preso in considerazione un processo
basato sul riscaldamento del materiale di partenza in una fornace rotante, in presenza di carbone
minerale. Questa fase richiede un’energia pari a 5200 MJ per tonnellata di ossido di calcio. Ogni
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tonnellata di CaO, inoltre, richiede l’utilizzo di 1755 kg di calcare; oltre all’energia sopra indicata,
che serve esclusivamente per il carbone, bisogna anche considerare un apporto aggiuntivo (da
intendersi come corrente elettrica) di 130 MJ per tonnellata di CaO. Per un’analisi completa del
processo in esame, è necessario inventariare anche le emissioni di CO2 che accompagnano la
cosiddetta fase di de-acidificazione del calcare. Il riempimento della fornace con materia grezza
equivale ad un contributo in termini di CO2 (formale) pari a 767 kg: in queste condizioni vengono
liberati 755 kg di anidride carbonica per tonnellata di CaO; per finire, bisogna tener presente la
formazione di una polvere residua, in quantità pari a 0,17 kg per tonnellata di ossido di calcio
prodotto.
Vapore
L’energia necessaria per la produzione di PO viene fornita sotto forma di vapore, ad una pressione
compresa tra 40 e 60 bar. Una tonnellata di vapore necessita un apporto energetico pari a 3150 MJ.
Questo contributo viene generato a partire da una miscela composta dal 31,1% di carbone, dal 4,1%
di benzina (tipo EL), dal 18,3% di benzina (tipo S) e dal 46,5% di gas naturale.
Qual è la procedura da seguire per raccogliere i dati?
Per realizzare l’analisi dell’inventario, è stato necessario raccogliere i flussi di materiale ed
energia più importanti per tutti i processi coinvolti nell’indagine. I dati relativi a input ed
output sono stati quindi ricavati ed elaborati; successivamente, i risultati dell’analisi
dell’inventario sono stati (rispettivamente) registrati o calcolati. Le condizioni preliminari
indicate nel paragrafo “Come sono state definite le condizioni generali?” sono sempre state
rispettate, oppure sono state adattate alle esigenze specifiche del passaggio in esame. La
seguente figura (Figura 6) schematizza input ed output della sintesi della cloridrina:
Figura 6: Input/Output – Sintesi della cloridrina per la produzione dell’ossido di propilene
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Le proporzioni delle diverse sostanze sono state fornite nell’inventario di input ed output:
l’unità di massa è stata quindi scelta liberamente. Dopo aver concluso l’analisi dell’inventario,
è stato possibile passare alla fase di valutazione, che si è basata sui risultati ottenuti.
Valutazione
Come precedentemente detto, non è stata eseguita alcuna analisi circa l’impatto ambientale
dell’inventario discusso. Per confrontare le due alternative di produzione sotto il profilo
ambientale, sono stati considerati esclusivamente quattro parametri. A causa della procedura
adottata, non è quindi stato possibile acquisire alcun risultato assoluto dall’inventario; questo
approccio, tuttavia, ha permesso di determinare le tendenze delle due varianti e di mettere in
evidenza le possibili ottimizzazioni. Nella valutazione sono stati confrontati sia i singoli
processi compresi all’interno dei confini del sistema, sia i prodotti finali. Le categorie
esaminate sono state le seguenti:
Richiesta Energetica Complessiva (Cumulated energy demand – CED; in tedesco: KEA)
Emissioni di anidride carbonica (CO2)
Emissioni di ossidi d’azoto (NOx)
Consumo di risorse (fonti energetiche)
Le emissioni di anidride carbonica e di ossidi d’azoto, così come il consumo di fonti
energetiche non rinnovabili, sono accoppiate prevalentemente alla generazione e al consumo
di energia. All’interno del panorama presentato, di seguito vengono riportati solo i risultati
relativi alla Richiesta Energetica Complessiva (CED): essa tiene conto dell’intero fabbisogno
di energia primaria, che risulta dalla produzione, dall’utilizzo e dallo smaltimento di un
determinato prodotto (oppure da qualsiasi altro processo ad esso legato).
Richiesta Energetica Complessiva (CED) – Sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”
I diversi processi che compongono la produzione dell’epossido dell’olio del seme di lino sono
stati inventariati separatamente: i singoli valori di CED presenti nell’analisi dell’inventario
(CED fossile, CED idroelettrica, CED nucleare, CED non specificata) sono quindi stati
riassunti in una CED totale.
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Figura 7: CED – Sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”
La sezione riguardante i “Trasporti” include tutti gli spostamenti inseriti nel foglio relativo al
flusso del materiale in esame; il trasporto di fertilizzante, al contrario, è inserito sotto la voce
“Fertilizzante”. Il grafico riportato (Figura 7) offre una panoramica per i due possibili scenari
(ovvero quello periferico e quello centrale):
I valori della “Richiesta Energetica Complessiva (CED)” all’interno dello scenario
“Lavorazione periferica” giacciono (in generale) leggermente sopra rispetto a quelli relativi
all’analogo “Lavorazione centrale”. Queste differenze sono legate al diverso metodo di
lavorazione dell’olio: nel caso decentralizzato, infatti, il suo recupero avviene con un
passaggio di estrazione in meno rispetto alla seconda alternativa e questo permette di ottenere
(solo) una percentuale di olio estratto attorno all’ 81%. Facendo i calcoli esatti, si ricava che
nella pasta dalla quale si effettua l’estrazione, rimangono circa 76 kg di olio per tonnellata di
semi: è per questo motivo che bisogna quindi coltivare una maggiore quantità di piante per
ottenere il quantitativo di olio grezzo necessario per i trattamenti successivi; tutto ciò implica,
ovviamente, una maggiore richiesta energetica.
La maggiore domanda di energia nell’estrazione centralizzata dell’olio è legata alla
realizzazione di un passaggio di estrazione che richiede l’apporto di energia termica; come già
sottolineato precedentemente, nel panorama “decentralizzato” questa fase manca
completamente. Anche la richiesta energetica dei processi di trasporto nasce da necessità
molto differenti tra loro: questo aspetto può essere spiegato assumendo che il trattamento
centralizzato necessita di un grande quantitativo d’acqua, che deve essere trasportata nella
Lavorazione periferica
Lavorazione centrale
CED in GJ/t
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sede della lavorazione; nel caso del trattamento decentralizzato, invece, è l’olio di semi di lino
che deve poi essere trasportato lungo le strade.
Richiesta Energetica Complessiva (CED) – Sistema “Legante di origine petrolchimica”
In analogia al trattamento utilizzato per il sistema “Epossido dell’olio del seme di lino”, anche
per la procedura in esame sono stati riassunti tutti i valori di CED complessivi (Figura 8). Gli
spostamenti compresi sotto la voce “Trasporti” corrispondono a tutti i processi riportati nel
foglio relativo al flusso del materiale in esame. Le sezioni “Tripropilen Glicol Diacrilato
(TPGDA)” e “Bisfenolo-A-diglicidil teracrilato (DGEABA)” includono il credito di energia
derivante dal processo di produzione dell’acido acrilico.
Figura 8: CED – Sistema “Legante di origine petrolchimica”
La domanda energetica per la produzione del tripropilen glicol diacrilato è determinata dalla
produzione dell’ossido di propilene. La richiesta di energia totale per la produzione di una
tonnellata di vernice è (allo stesso modo) determinata in gran parte dagli elevati valori di CED
legati alla produzione dell’ossido di propilene. Elevati quantitativi di energia devono essere
forniti per la produzione preliminare di propilene e cloro; i valori di CED per la produzione di
PO sono stati schematizzati in Figura 9.
CED in GJ/t
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Figura 9: CED – Produzione dell’ossido di propilene
Anche la produzione del tripropilen glicol presenta un’elevata domanda energetica: questo
aspetto può essere attribuito all’enorme eccesso di acqua necessario. Bisogna, infatti, fornire
moltissima energia per vaporizzare l’acqua e raggiungere la pressione necessaria per la
reazione.
Nella sezione relativa alla realizzazione di TPGDA, si ha a che fare con un consumo di soli 8
GJ, una quantità piccola se confrontata con il totale necessario per la produzione della
vernice. Tra le altre cose, questo valore tiene conto anche del credito ereditato dalla
produzione dell’acido acrilico; ogni tonnellata di acido acrilico prodotta permette di avere a
disposizione 18,8 GJ di energia termica, che può essere utilizzata da altri consumatori e
permette di risparmiare preziose risorse energetiche primarie.
Il DGEABA viene sintetizzato in diverse fasi, che sono riassunte nella sezione “Resina
epossidica”; questo è un altro passaggio che richiede un grosso contributo in termini
energetici, in analogia a quanto accade per la produzione dell’ossido di propilene.
La produzione di DGEABA dalla resina epossidica avviene nelle stesse condizioni di
reazione, che vengono impiegate per il TPGDA: anche in questo caso, si ricorre all’acido
acrilico e questo consente di avere (come già riscontrato precedentemente) un credito
energetico da spendere. Questo eccesso permette di abbattere il consumo energetico del sotto-
processo, in relazione alla richiesta energetica totale della sintesi del legante per vernici. I
CED in GJ/t
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trasporti sembrano avere un peso ininfluente all’interno della domanda di energia complessiva
del sistema “Legante di origine petrolchimica”: in ogni caso essi contribuiscono all’elevato
consumo energetico complessivo.
Richiesta Energetica Complessiva (CED) – Confronto dei sistemi analizzati
Nella valutazione finale della richiesta energetica complessiva (CED), i diversi sistemi
analizzati sono stati paragonati tra loro (Figura 10): sulla base dei risultati ottenuti, è possibile
concludere che i valori di CED relativi alla vernice di origine petrolchimica sono decisamente
superiori rispetto a quelli del prodotto ricavato dall’olio di semi di lino.
0
50
100
150
200
250
CED in
GJ/t vernice
Petrolchimico Processo rinnovabile
centrale
Processo rinnovabile
periferico Figura 10: CED – Confronto dei sistemi analizzati
Discussione
I risultati del confronto dimostrano che l’impiego dell’epossido dell’olio di seme di lino come
vernice ad essicazione UV è vantaggiosa all’interno dei confini fissati e nell’ambito delle
categorie analizzate. È, tuttavia, molto importante sottolineare come questi risultati non
debbano essere considerati come assoluti o definitivi. Lo studio, infatti, si basa su dati
presenti in letteratura e su informazioni fornite dai produttori, nonché include calcoli e stime
eseguiti appositamente per questo scopo, come accade spesso negli inventari dei cicli di vita;
se si va oltre questi presupposti, cambiando (ad esempio) i confini dei sistemi analizzati, è
possibile giungere a risultati diversi da quelli riportati. Introducendo delle innovazioni nella
sintesi del legante petrolchimico, si potrebbero quindi ottenere dei miglioramenti significativi
per quanto riguarda i valori del nuovo ipotetico scenario. La sola sostituzione del processo di
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produzione dell’ossido di propilene con una procedura alternativa, meno esigente in termini
energetici e di materiale, potrebbe ridurre drasticamente l’impatto ambientale dei leganti di
natura petrolchimica. Anche il riutilizzo del calore in eccesso risultante da alcuni sotto-
processi comporterebbe una significativa diminuzione delle emissioni e del consumo di
risorse primarie. Nelle condizioni indicate, tuttavia, le differenze sono talmente marcate che è
poco probabile riuscire a ribaltare lo scenario appena descritto.
Come è stato dimostrato in questo studio, le risorse rinnovabili presentano notevoli vantaggi,
in quanto il prodotto di natura petrolchimica è più complesso e perché la sua sintesi richiede
diversi passaggi: questo aspetto diventa ancora più chiaro quando un impianto cerca di
realizzare un prodotto all’avanguardia sotto il profilo chimico (in un certo senso una vera e
propria “sfida”). Come evidenziato da questa indagine, l’utilizzo in senso chimico dei prodotti
biologici dovrebbe prevalere rispetto al loro semplice impiego termico: nel primo caso, infatti,
è possibile ottenere un risparmio in termini di energia primaria significativamente superiore.
L’utilizzo di risorse rinnovabili consente effettivamente dei vantaggi, solo a patto di avere
delle coltivazioni particolarmente buone, che forniscano elevate rese rispetto al terreno che
viene sfruttato: tali vantaggi possono addirittura diventare dannosi nel caso in cui la resa di
coltivazione scenda sotto un certo limite. Per finire, è importante sottolineare che, per la
produzione di una certa sostanza, risultano particolarmente importanti non solo i costi di
realizzazione, ma anche i passaggi che l’intera procedura richiede.
[1] Bartmann, D., Peters, H., Lott, A., Sack, W., Metzger, J.O., Diehlmann, A., Kreisel, G.
2000. Strahlenpolymerisierbare lösemittelfreie Schutz- und Dekorationsbeschichtungen für
Holz und Holzwerkstoffe auf Basis nachwachsender heimischer Rohstoffe.
DBU-Az. 08150.