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GENNAIO 2011 VICENZA IN MISSIONE Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 2 DCB Vicenza 01 numero GIORNATA MONDIALE LIBERTÀ RELIGIOSA “VIA” PER LA PACE FIDEI DONUM LA PARTENZA DI DON LUIGI E DI DON LEOPOLDO DALLE MISSIONI IL MONDO CAMBIA, LA MISSIONE CAMBIA

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Giornata MondialeLibertà reLigiosa “via” per La pace

Fidei donuMLa partenza di don Luigi e di don LeopoLdo

dalle MissioniiL mondo cambia, La missione cambia

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Anno XXXXVI

n. 01/2011Redazione: Piazza Duomo 2 • 36100 VicenzaTel. 0444 226546/7 - Fax 0444 226545Portale Internet: www.missioni.vicenza.chiesacattolica.itE-mail: [email protected]. 13548367

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GIORNATA MONDIALELIBERTÀ RELIGIOSA “VIA” PER LA PACE

FIDEI DONUMLA PARTENZA DI DON LUIGI E DI DON LEOPOLDO

DALLE MISSIONIIL MONDO CAMBIA, LA MISSIONE CAMBIA.

In copertina: danza popolare indiana.

Rivista di informazione e animazione mis-sionaria e diocesana, destinata soprattutto alle famiglie, che possono dare una offerta per le Opere Missionarie ed il Seminario (si propongono circa 10,00 euro).

Direttore responsabile: Lucio MozzoIn Redazione:Direttore: Arrigo GrendeleSeminario: Fabio OglianiPagina dei ragazzi: Massimiliano BernardiMigrantes: Mauro Lazzarato

Aut. Trib. di Vicenza n. 181 del 4/12/1964Iscr. reg. naz. della stampa n. 12146 del 9/10/1987

Progetto grafico/Impaginazione: Dilda Design - VicenzaStampa: Gestioni Grafiche Stocchiero - Vicenza

gennaio

Ancora un anno per costruire Pace!

C’è, a Torino, un luogo che si chiama “Arsenale della Pace”. Fino a qualche decennio fa era un arsenale mili-tare di artiglieria, e da lì uscì una buona parte delle armi

italiane utilizzate nelle due guerre mondiali. Una volta dismes-so e ridotto quasi ad un rudere, su di esso si è posato il sogno di Ernesto Olivero e di un gruppo di giovani decisi a sconfiggere la fame con opere di giustizia, a promuovere lo sviluppo, a vivere la solidarietà verso i più poveri. E il sogno è diventato re-altà con il contributo di migliaia di giovani, di donne e uomini di buona volontà, che l’hanno trasformato in un Arsenale di Pace e di Speranza. Non è più una fabbrica di armi seminatrici di morte, ma una fabbrica di bene; è un luogo dove la violenza non esiste più perché cede il posto alla ricerca del dialogo; un posto dove non sorge mai alcun tipo di discriminazione perché l’accoglienza è all’ordine del giorno. Il 16 ottobre scorso 15 mila persone, in gran parte giovani, vi sono accorse per il Terzo Appuntamento Mondiale dei Giovani della Pace.Non possono non venire in mente le parole di dom Helder Camara, vescovo brasiliano, che amava ripetere: “Quando uno sogna da solo, il suo è destinato a rimanere un sogno; quando due o più sognano insieme è già la realtà nuova che comincia”.Il nuovo anno comincia ancora con una nuova Giornata Mon-diale della Pace, perché la pace diventi uno stile di vita: un so-gno da rinnovare ogni giorno perché generi continuamente in noi gesti di accoglienza, di dialogo, di perdono, di giustizia, di condivisione...“Io ci sto”, hanno detto i giovani a conclusione dell’appun-tamento di Torino, e continuerà ad essere questo il motto di tutti coloro che sono disposti a metterci qualcosa di proprio

per la costruzione di un mondo in cui non siano più l’odio, l’e-goismo, la speculazio-ne, lo sfruttamento a farla da padroni. Un mondo capovolto, che noi chiamiamo Regno di Dio.Augurandoci Buon Anno ci auguriamo l’un l’altro di essere tra coloro che “ci stanno”.

don Arrigo

Questo mese

L'intenzione del mese

Perché i cristiani possano raggiungere la piena unità, testimoniando a tutto il genere umano la paternità universale di Dio.

Dacci ancora tempo, Signore!Dacci ancora un tempo, Signore,per pensare, per meditare sul mistero dell’universo,per contemplare il prodigio della natura.

Dacci ancora un tempo, SignorePer accorgerci di quanto preziosa sia la vita,con i colori del mattino e il silenzio della notte,con gli incontri, le parole, i volti.

Dacci ancora un tempo, SignorePer prenderci curadella terra, del nostro corpo,della nostra mente e del nostro cuore.

Dacci ancora un tempo, Signore,per sentirci responsabili degli altri,di tutti coloro dai quali possiamo imparare qualcosa di nuovoper non finire nella solitudine.

Dacci ancora un tempo, Signore,per progettare cammini di pace,per lottare contro ogni forma di violenza e di guerra,per coltivare la stima per tuttele culture del mondo, nelle quali tu hai seminatosementi del Verbo.

Dacci ancora un tempo, Signore,per ascoltare la tua Parola,per cantare i salmi la sera,per sentire quanto ci rallegri un sorriso,quanto siano preziose le lacrime.

Dacci ancora un tempo, Signore,per amare ed essere amati,per perdonare ed essere perdonati,per liberare, consolare, rallegraree sentirci vivi.Amen

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L’orzo di Rut, simbolo di paceNella genealogia di Gesù che troviamo all’inizio del vangelo di Matteo ci sono, oltre al nome di Maria, i nomi di altre quattro donne “fuori schema”. Queste donne, già povere perché donne, diven-tano i punti di riferimento di Dio che “sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti”. Una di loro è Rut, una straniera.

BetlemmeTutto inizia nella città di Betlem-me, che vuol dire “casa del pane”.

Ma per la famiglia di Noemi pane non ce n’era. E allora, come tante famiglie di ogni tempo, emigra con il marito e i due figli, dalla montagna verso la pianura dei vicini Moabiti. Qui sono accolti e riescono a integrarsi molto bene, tanto che i due figli di Noemi sposano due belle ragazze del posto. Ma la prova è dietro l’angolo: nel giro di breve tempo muoiono sia il mari-to sia i due figli di Noemi. Una trage-dia così tagliente che Noemi afferma: “Non chiamatemi più Noemi (che si-gnifica ‘dolcezza mia’!) ma chiamate-mi Mara (cioè amarezza!).

Noemi / MaraUn nome cambiato. E in quel nome di Mara c’è tutta l’amarezza dei campi profughi di oggi; c’è il precariato dei nostri giovani; c’è l’emigrazione forza-ta dei Rom; c’è la solitudine degli an-ziani e delle vedove; c’è la disoccupa-zione e la crisi odierna. Sarà possibile per Mara tornare ad essere Noemi? Sì, se attorno a lei si schierano figure soli-dali come quella di Rut.Infatti quando Noemi la suocera de-cide di tornare, vuota, a Betlemme, invita le due giovani nuore a non se-guirla, ma a restare al loro paese, nella

casa dei padri. Una delle due, Orpa (il cui nome significa “colei che mostra le spalle”) la bacia con affetto, si conge-da da lei e torna indietro. Par di vedere questa figura che lentamente si fa sem-pre più piccola fino a sparire dalla sce-na: immagine di colei che non aiuta,

triste segno di chi ti abbandona nel tuo dolore. Icona di amarezza per le nostre chiese, quando chiudiamo le porte e respingiamo dai conventi chi bussa alla porta. Orpa è la politica dei respin-gimenti, delle deportazioni forzate, del razzismo di stato. Orpa è tante scene che si svolgono sotto i nostri occhi.

RutRut invece resta, vicina, solidale, affet-tuosa. Il suo nome è già un program-

ma: vuol dire infatti “amica fedele!”.È il simbolo di quanti aiutano, in un paziente ma tenero lavoro di integra-zione. È l’ospitalità. È la cittadina di Riace, a pochi chilometri da Rosarno ma opposta nella sua linea, fatta di lavoro intelligente per gli immigrati, di accoglienza operosa. È la Settima-na sociale dei cattolici a Reggio Cala-bria, che tra i suoi obiettivi ha proprio quello di riconoscere la cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia. In Rut tutto si è fatto gratitudine. A Dio che ci dona ogni cosa. E perciò ogni cosa è fraternamente condivisa. Ecco perché sceglie di spigolare l’orzo. È un lavoro estremamente precario, ma lei lo svol-ge con una dignità che la rende una regina. Perché nel lavoro la dignità è tutto, viene prima del salario. Lo dice anche la Dottrina sociale della Chiesa, non sempre capita ma chiara.

BoozInfine c’è Booz, il Goèl. Cioè colui che non solo ti dona la sua accoglienza af-fettiva ma anche effettiva. È la banca che appoggia il tuo progetto. È la co-operativa che ti accompagna. È la re-ciprocità tra regioni italiane differenti ma integrate. E nasce, da questo amore casto e limpido tra Booz e Rut, un bim-bo di nome Obed, che è il segno di un cuore integrato. Due popoli insieme, ebreo e moabita, che non si fanno più la guerra ma lavorano insieme.

Rut, Booz e Obed sono nominati dal vangelo di Matteo nella lunga catena di generazioni dalle quali è nato Gesù.

Giancarlo Bregantini, vescovo(fonte: Il Missionario, rivista mensile dei

missionari Stimmatini, ottobre 2010)

Spiritualità Missionaria

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Vita della chiesa • 1

Libertà religiosa via per la paceè il tema della Giornata della pace 2011

del Nord. In leggero miglioramento in Cina e Vietnam. Come di recente ha fatto rilevare il rappresentante del Vaticano all’Onu, Celestino Miglio-re, sono i cristiani il gruppo religio-so più perseguitato e discriminato al mondo visto che il 75% delle violen-ze contro esponenti religiosi colpi-scono proprio i credenti in Cristo.Ma quali sono i Paesi dove i cristiani soffrono maggiori persecuzioni?

Per il 2010 la stessa agenzia ha indi-cato 10 Paesi come i più difficili per i cristiani: l’Eritrea, il Pakistan, l’Iran, la Corea del Nord, la Somalia, l’In-dia, l’Arabia Saudita, il Vietnam, la Nigeria, la Cina.

L’urgenza della paceÈ stata la preoccupazione per la pace, e non solo nella terra che è stato lo scenario dell’incarnazione del Figlio di Dio, uno dei motivi che hanno portato, per la prima volta, ad un’as-semblea speciale per il Medio Orien-te del Sinodo dei vescovi. Un’espe-rienza definita straordinaria da Papa Benedetto, che l’ha voluta, presiedu-ta e seguita con attenzione per due settimane. Con il pensiero costante a tanti cristiani – che il Papa, sulle

«Libertà religiosa, via per la pace». È questo il tema scelto da Bene-detto XVI per la Giornata mon-

diale della pace 2011, che il mondo cattolico celebra come tradizione il 1° gennaio. L’annuncio è stato ac-compagnato da una nota che spiega le ragioni di questa scelta del Papa.

Sono in particolare due i punti che vengono sottolineati:

1. La libertà religiosa – si spiega – «è un criterio fon-damentale per il discer-nimento del fenomeno religioso e delle sue ma-nifestazioni». Non c’è reli-giosità vera senza rispetto della libertà religiosa ed è in forza di questo che va condannata ogni forma di fondamentalismo religio-so.

2. Le violazioni della li-bertà religiosa possono assumere forme diverse. Ci sono quelle plateali, là dove la comunità di cre-denti che sono una mi-noranza è impedito di vivere la propria fede. Ma ci sono anche violazioni più nascoste, che avven-gono ovunque si pretende che «dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi».

Nel comunicato la libertà religiosa non è citato come un «valore cristia-no», ma come qualcosa che ha a che fare con la verità sull’uomo. E dun-que la Chiesa cattolica ha a cuore la salvaguardia della libertà di ogni re-ligione, non solo dei cristiani.Proprio mentre il Vaticano diffonde-va il tema della Giornata mondiale della pace 2011, un’importante agen-zia internazionale specializzata nel monitoraggio della libertà religiosa nel mondo diffondeva una fotografia delle persecuzioni anticristiane nel mondo. Nel rapporto la situazione risulta in peggioramento in Eritrea, Somalia, India e Iran. Stabile in Nige-ria, Pakistan, Arabia Saudita e Corea

tracce dei suoi predecessori, ha vo-luto visitare e incoraggiare durante i viaggi in Turchia, Giordania, Isra-ele, Palestina e Cipro – che vivono disagi materiali, scoraggiamento, tensione, paura, in una regione da troppo tempo insanguinata da con-flitti, guerre, terrorismo, e che pure è santa per i tre grandi monoteismi.A conclusione del Sinodo il Papa non solo ha ripetuto il grido di Paolo VI

che “la pace è possibile”, ma ha an-che aggiunto che “la pace è urgente”. Urgente se si vuole una vita degna della persona umana e della società.

Il contributo dei cristianiIl contributo che i cristiani possono portare, non solo nel Medio Oriente ma in tutti i Paesi senza distinzione, è la “promozione di un’autentica li-bertà religiosa e di coscienza, uno dei diritti fondamentali della perso-na umana che ogni Stato dovrebbe sempre rispettare. Uno “spazio di li-bertà” che va allargato attraverso il dialogo con tutti.La preoccupazione della Chiesa è una sola: testimoniare e annunciare il Vangelo, che è annuncio di libertà, di dignità, di giustizia e di pace.

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La preghiera dei cristiani di Gerusalemme per l’unità

Vita della chiesa • 2

6 gennaio 2011:Festa dei popoli  

Agostino Marchetto, Chiesa e migranti

“Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle pre-ghiere”: questo il tema scelto per la Settimana 2011.

È significativo che il tema per l’edizione di quest’an-no – la 44ª da quando prese il via nel 1968 – sia stato scelto insieme dai leader cristiani di Gerusa-

lemme, tra i quali il patriarca latino emerito Michel Sab-bah, il vescovo della chiesa evangelica luterana di Ter-ra Santa e Giordania, Munib Younan, ed altri membri del patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme e della chiesa siriaco-ortodossa, melkita cattolica, armeno-or-todossa ed episcopaliana. La citazione biblica di riferimento per la Settimana è la descrizione che gli Atti degli Apostoli offrono della pri-ma comunità riunita nella Città Santa. “Nella terra che Tu hai reso santa – recita una delle preghiere preparate – liberaci tutti dal peccato dell’odio e della violenza. Li-bera la mente e i cuori degli israeliani e dei palestinesi da questo peccato. E libera la popolazione di Gaza che vive un’infinita catena di prove e di minacce”.Dal recente Sinodo era uscito forte l’invito a ripartire “dal basso”, promuovendo “incontri tra fedeli e pastori per la preghiera, la meditazione della Parola di Dio e la collaborazione in tutti gli ambiti”. A questo riguar-

do erano stati suggeriti anche due obiettivi piccoli ma ambiziosi: adottare una traduzione araba comune del Padre Nostro e del Simbolo niceno – costantinopolita-no (il Credo) e operare per l’unificazione della data di Natale e Pasqua.Due gesti concreti che, anche da soli, offrirebbero a tutto il Medio Oriente una testimonianza preziosa di unità.

Alle ore 10,30, in Cattedrale a Vicenza, fedeli italiani e fedeli immigrati provenienti da mol-

te nazioni del mondo, uniti nel rico-noscere il Gesù che si manifesta ai popoli della terra.Messa solenne, per riconoscerci fra-telli di un’unica comunità ecclesia-le, credenti della città di Vicenza e credenti immigrati, sparsi in vari punti della diocesi, collegati ai Cen-tri Pastorali dei Filippini (Bassano del Grappa e Vicenza), dei Ghanesi e Nigeriani (Costo d’Arzignano, Schio, Vicenza, Bassano del Grappa), dei francofoni (Creazzo), dei Rumeni (Schio e Vicenza), Ucraini (Chiam-po, Valdagno, Arzignano, Vicenza, Bassano del Grappa) e dei Srilanchesi (Vicenza).

Uniti nella fede e nella liturgia come nel-la convivenza solidale e nella costruzione di una cittadinanza interculturale.

Per quasi dieci anni nel dicastero della Santa Sede per la pastorale dei migranti, l’arcivescovo Mar-

chetto presenta il bilancio delle sue battaglie nella fedeltà al Vangelo e ai diritti dell’uomo, affrontando molti temi che toccano la nostra vita e quel-la di milioni di immigrati.Fra regolari, irregolari, rifugiati, richie-denti asilo, zingari, vittime del traffico e del contrabbando di esseri umani, l’intervista passa in rassegna questioni cruciali che dettano l’agenda politica per l’Europa: la sicurezza, il lavoro, la casa, la salute, i ricongiungimenti familiari, la scuola, la cittadinanza, il dialogo interreligioso, i respingimenti. Quasi un grido d’allarme nella consa-pevolezza di tante forme di integrazio-ne mancata.

Per informazioni e acquisto: Migrantes Vicenza - Piazza Duomo 2tel. 0444 22 65 41

Un libro-intervista con l’arcivescovo vicenti-no mons. Agostino Marchetto che, alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, tratta i più scottanti temi relativi al fenomeno dell’immigrazione.

La mia battaglia per una sola famiglia umana

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“Non ho nulla di cotto…”il saluto di don Gigi Fontana in partenza per il Brasile come “fidei donum”

La partenza per il Brasile mi co-stringe a fermarmi un po’ per prepararmi. Tra settembre e ot-

tobre, insieme con don Leopoldo e un’altra cinquantina di �alunni� (laici, famiglie, religiosi e preti), ho avuto la possibilità di partecipare al corso del CUM (Centro Unitario Missionario) a Verona: un’occasione alta per affi-nare le nostre conoscenze e “converti-re” le nostre motivazioni, ma che si è dimostrata preziosa anche per le per-sone che abbiamo potuto incontrare.Una sera, terminata la cena, mi avvi-cinano Enrico e Valentina, due giova-ni in partenza per l’Africa come “fidei donum”, e mi donano un cartoncino sopra il quale avevano scritto un ver-setto delle Scritture. Il piccolo “segna-libro” era il segno che avrebbero donato agli amici in occasione della celebrazione del manda-to missionario. Per alcu-ni giorni ho custodito quel cartoncino nella mia Bibbia, poi, una sera, l’ho preso tra le mani e ho letto e riletto quelle parole: “Non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio” (1 Re 17, 12). È un ver-setto del primo libro dei Re, e racconta la risposta della vedova di Zarepta di Sidone al profeta Elia che le chiede di prepara-re una focaccia per lui. Queste parole Enrico e Valentina le avevano scelte per sé, ma io ho subito sentito che parlavano an-che di me, di come sto vivendo questo passaggio nella mia vita. Condivido con voi le piccole riflessioni che ne sono uscite.

“Non ho nulla di cotto” – Non ho niente di già confezionato, parto ten-tando di non mettere nella bisaccia i miei cibi, i miei ingredienti... Non de-sidero cucinare niente qui... da solo. Non spetta a me preparare ciò che ali-menta la Chiesa che son chiamato a servire. “Non ho nulla di cotto” signi-fica anche “ci vuole tempo”, è neces-sario darsi i tempi giusti... La missio-ne è un cibo che cuoce a fuoco lento.

Ricordo sempre le parole di un prete pradosiano francese che, dopo tanti anni vissuti in India, rispondendo a chi gli chiedeva di definire la “sua” India, disse: “Non so proprio niente, non so dirvi niente!”. Spero che an-che dopo anni io possa dire ancora “non ho nulla di cotto”.

“... solo un pugno di farina” – “solo cinque pani e due pesci...”. È il poco nelle mani giuste, quelle di Gesù. La farina, poi, è il risultato del faticoso macinare, lasciarsi lavorare dentro e fuori dalla vita, dallo Spirito... Il “pugno di farina” è quanto basta per vivere un giorno, Dio provvederà... Il “pugno di farina” è l’opposto della mentalità dell’accumulo, che tutto fa

diventare indispensabile, soprattutto ciò che invece non lo è. Partire... con la valigia e il cuore pieni e anche se-mivuoti, ricchi di tutti i volti e le sto-rie vissute, ricchi di speranza, ricchi di orizzonte.

“... e un po’ d’olio” – È l’olio del-la lampada del piccolo Samuele che “non era ancora spenta”. Ma è pure l’olio delle cinque vergini sapien-ti, simbolo dell’attesa operosa dello Sposo che viene. È l’olio del Giovedì Santo, olio di comunione con tutto il presbiterio dal quale mi sento inviato e verso il quale sto andando. Davvero sento forte questo sguardo ecclesiale, dentro cui questo “andare” trova pie-

no significato. È l’olio, frutto dell’uli-vo schiacciato dentro al torchio. Ri-cordo un crocifisso di arte copta che raffigura Gesù tra le morse di un tor-chio: il Servo Sofferente diventa per tutti qualità nuova di vita, abbondan-za di olio nuovo per il nuovo popolo di Dio.

“... farina nella giara ... olio nell’or-cio” – Farina e olio sono utilizzabili e commestibili solo se accettano di stare nella giara e nell’orcio. “Giara” e “Orcio” possono rappresentare il grembo della Comunità, la Chiesa... Mi pare che anche i doni e carismi più originali, se non si inseriscono dentro al tessuto comunitario, se non hanno in sé il respiro ecclesiale e l’orizzon-

te universale, rischiano di arenarsi, magari tra-scinando con sé pezzi di comunità, frange di chiesa... Giara e orcio sono una Chiesa senza lucchetti, chiavi, filtri, sale d’aspetto. Una chie-sa con la porticina della giara aperta e con l’or-cio senza tappi troppo compressi, anzi... sen-za tappi e basta! Sento di partire raccogliendo quel poco di farina e di olio che Dio mi ha messo dentro in una giara e in un orcio pieni di risorse e promesse; a volte vorrei questa giara e quest’orcio molto più accoglienti e alla porta-

ta di tutti, certo! Ma credo che valga ancora la pena amare questa madre piena di rughe e invocare ancora con forza il Soffio di Gesù perché diven-ti ogni giorno di più ciò che è chia-mata ad essere: serva e annunciatrice dell’Inviato del Padre.

Ringrazio il Buon Dio per questa nuova chiamata... La accolgo come un mandato e opportunità. Sento ri-suonare anche per me le parole che il Poverello d’Assisi diceva ai suoi frati nell’inviarli a predicare: “Predicate il Vangelo e, se è proprio necessario, usate anche le parole!”

don Gigi Fontana

Fidei donum • 1

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L’incontro dei missionari italiani in Thailandia

Fidei donum • 2

“Finalmente, dopo averne tanto senti-to parlare, ho potuto toccare con mano l’esperienza dei Fidei Donum che dalle diocesi del Triveneto sono partiti mis-sionari in Thailandia nella diocesi di Chiang Mai.Ho apprezzato gli elementi di base di questa esperienza: lo sforzo di coordi-nare un’intera regione pastorale attor-no a un progetto missionario comune senza mortificare quanto già in atto altrove per ogni singola diocesi; il con-fronto costante e leale con la Chiesa di Chiang Mai e con i suoi pastori, per evitare di correre da soli e invano; la disponibilità a entrare in un contesto culturale e sociale come quello dell’A-sia, del tutto inconsueto per i missio-nari Fidei Donum.

Ho verificato come anche missionari di lungo corso non possano improv-visare l’apprendimento della lingua e il contatto con la mentalità: è neces-sario prepararsi con una prolungata full immersion senza l’impazienza del voler fare subito. Ogni passo nella for-mazione darà poi frutto in termini di incontro, relazione, condivisione, an-nuncio.

Le due parrocchie visitate hanno carat-teristiche proprie, che ben descrivono però due facce della missione in Thai-landia.A Chae Hom, l’apertura alle etnie po-vere della montagna, non sempre ben viste dalla maggioranza della popola-zione thai. Si tratta di gruppi dispo-nibili alla predicazione cristiana, ma bisognosi di potersi inserire nella so-cietà mediante l’accesso agli studi e al lavoro. La “buona notizia” è anzitutto

Si è svolto dal 22 al 25 novembre nel Centro Pastorale della diocesi di Ban-gkok, per iniziativa di Missio Italia e del CUM di Verona, e ha visto la presenza impegnata e fraterna di oltre sessanta missionari.

A nome della Chiesa italiana una piccola “delegazione” guidata da don Gianni Cesena, direttore

nazionale di Missio e delle Pontificie Opere Missionarie, e da don Maurizio Cuccolo, direttore del CUM (Centro Unitario Missionario) di Verona, ha partecipato all’incontro dei missiona-ri italiani che operano in Thailandia. Come nel febbraio 2003, quando s’era svolto il primo di questi incontri voluti dalla Chiesa italiana, anche stavolta lo

scopo era molteplice: rinsaldare i lega-mi tra i missionari e la Chiesa italia-na, favorire la dinamica feconda dello scambio tra Chiese, offrire l’occasione per momenti di conoscenza reciproca, di fraternità, di riflessione sul servizio al vangelo in quella regione del mon-do, dove il numero dei cristiani è dav-vero esiguo.Prima dell’incontro-assemblea di Ban-gkok, la visita ha vissuto una tappa im-portante nella diocesi di Chiang Mai, nel nord del Paese, dove da più di dieci anni operano i sacerdoti Fidei donum del Triveneto. Don Arrigo rappresenta-va in questa visita le diocesi della no-stra regione.Abbiamo chiesto a don Gianni Cese-na, che per la prima volta visitava quel-le nostre missioni, di raccontare breve-mente le sue impressioni ai lettori di “Chiesa Viva” e di esprimere qualche riflessione. Ecco quanto ci scrive.

la presenza amica e fraterna del Padre, nella semplicità delle celebrazioni e la fiducia nella Parola e nella preghiera (suggestiva quella svolta nelle case e nelle famiglie cristiane). L’annuncio crea poi solidarietà nelle comunità di giovani studenti, nella difesa dei diritti delle persone e dei villaggi, nell’atten-zione ai bisogni elementari della salu-te, specialmente per i più poveri.

Lamphun invece (dove vive ed opera da qualche mese il nostro don Piero Melotto) è la città industriale in piena espan-sione dove la parrocchia, di fronte alla continua mobilità dei lavoratori, diventa segno di riconoscimento per i cattolici e segno di Vangelo in mezzo al business, al lavoro eccessivo, allo

sfaldarsi delle relazioni. I Fidei Donum si pongono così sulla frontiera del primo annuncio in una situazione si-mile a tante altre grandi periferie del mondo, macinate da ritmi disumani e tentate da superficialità e rassegna-zione.

Su tutto infine aleggia la mentalità ispirata al buddismo, con i suoi tem-pli, i suoi monaci, i suoi riti. Ci è sta-to detto che entrare in dialogo non sempre è facile – molto dipende dal-la disponibilità delle singole persone –, ma che l’incontro appare necessa-rio sia per decifrare meglio la società thailandese sia per accostare forme religiose che rendono il cuore dell’uo-mo luogo interiore dove Dio può esse-re presente e parlare. Anche su questa inedita frontiere i Fidei Donum stanno camminando per un incontro rispet-toso e fraterno”. (don Gianni Cesena)

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“il protagonista della missione”. Il la-voro dietro le quinte, l’organizzazione dell’attività pastorale, l’accompagna-mento delle persone, i servizi meno visibili e gratificanti prendono il posto del protagonismo.Il Ciad è cambiato. Trent’anni fa era un paese poverissimo e molte attività di promozione umana facevano capo alla missione cattolica: sanità, scuole, agricoltura, acqua potabile... riempiva-no l’agenda degli incontri del personale missionario. In questi ultimi anni, gra-zie anche alla crisi del Darfour, si sono moltiplicate le ONG che si impegnano a favorire lo sviluppo del paese: cibo, acqua, educazione, aiuto all’econo-mia, sostegno ai ragazzi di strada, cura dell’ambiente, educazione alla pace... sono i temi delle loro agende. I sacer-doti locali, con cui lavoriamo gomito a gomito, ci dicono che in seminario non sono stati educati a fare gli animatori ru-rali o gli agenti per lo sviluppo, ma a so-stenere e guidare le comunità cristiane...

Dal punto di vista economico, la chie-sa del Ciad era stata definita una chiesa che si sosteneva grazie agli aiuti che ve-nivano dall’estero. Ora, diminuiscono sia il personale missionario europeo che le offerte. La Chiesa è obbligata a contare di più sulle sue forze. I vescovi locali dicono che non hanno gli ami-ci europei che li aiutano e, guardando al futuro, insistono perché i cristiani prendano la responsabilità di sostenere i loro sacerdoti e le opere della chiesa. Risultato: la chiesa diventa sempre più

Il mondo cambia, la missione cambia, i missionari cambiano…

Dalle missioni

autosufficiente e pian piano riesce ad assumere almeno le spese per il suo funzionamento. All’ultima messa che ho celebrato il 4 luglio scorso, i cri-stiani della parrocchia, oltre a qualche dono simbolico, hanno fatto una col-letta per il missionario partente...Anche la società cambia, spinta dai cambiamenti economici (petrolio) e politici (la crisi del Darfour, le difficili relazioni con il Sudan...). Per sette anni ho lavorato alla capitale con gli studen-ti universitari e ho potuto constatare che nonostante la crisi della scuola, gli scioperi, le annate bianche, la guerra... la coscienza che i giovani hanno della loro realtà, dei loro diritti e il deside-rio di essere cittadini a pieno titolo nel loro paese non fanno che crescere.I proventi dei petrolio sono stati certa-mente usati dal Presidente per armarsi e lo ha fatto senza badare a spese. Ma nello stesso tempo in tutte le regioni si sono moltiplicate le infrastrutture: scuole, strade e ospedali sono nati un po’ ovunque. Qualcuno dice che si fa prima e più presto a costruire un ospe-dale o una scuola che a formare un me-dico o un maestro. Questo è vero, ma è anche vero che ora è più facile viag-giare e spostarsi all’interno del paese, che alla capitale da ormai un anno fun-ziona la raccolta dei rifiuti, che la gente fa la gara per avere a disposizione un cassonetto, che è assicurata la pulizia delle strade principali, che i sacchetti di plastica sono stati banditi, i semafori hanno ripreso a funzionare e le strade asfaltate si sono moltiplicate. Dall’al-tro lato della medaglia: interi quartie-ri sono stati demoliti perché abusivi, l’obbligo di demolire i muri di fango e costruire in duro per chi ha avuto la “fortuna” di trovare l’asfalto davanti alla porta di casa, il divieto del piccolo commercio ambulante che permetteva a tanti di trovare il poco necessario per sopravvivere, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, il riapparire della piccola delinquenza, mentre ad un livello più alto domina la corruzio-ne e l’impunità.Sulle strade, oltre alla pubblicità delle nuove compagnie telefoniche, anche qualche cartello che invita ad uno sti-le di vita più corretto: “No alla corru-zione”, “No all’impunità”, “No alla violenza nella scuola”, “No ai bambi-ni soldato”. N’djamena ha ritrovato un

E non è vero che tutto va peggio, ci rac-conta p. Renzo Piazza, missionario com-boniano di S. Antonio di Valli del Pasu-bio in questa bella lettera ricca di spunti di riflessione per tutti noi.

Carissimi, anche in Ciad a volte è difficile trovare il tempo e la calma per scrivere, in mezzo agli

impegni di ogni giorno. Adesso sono a casa in vacanza, in vista di un prov-videnziale periodo di formazione e di studio (dopo 33 anni di sacerdozio e 19 di Ciad), e allora cerco di recupera-re. Posso ripensare agli ultimi 10 anni trascorsi in Ciad e riflettere sui tanti cambiamenti avvenuti in questo tem-po: in me stesso, nella missione, nella società e nella chiesa del Ciad.Io sono cambiato: quando ho rinno-vato la carta di identità, hanno ricopia-to esattamente la vecchia, eccetto una parola, il colore dei capelli, che sono divenuti “brizzolati”. Anni fa, quando giravo per il mercato, chi non mi cono-

sceva, mi salutava dicendo: “bonjour monsieur!”. Adesso mi dicono: “Bon-jour, papà...”. Ogni commento è inutile.La missione è cambiata: il personale anzitutto. Ai missionari europei degli anni ‘80 sono subentrati i latino-ame-ricani, gli asiatici e gli africani. Nelle riunioni dei sacerdoti della diocesi di N’djamena (una quarantina) contavo i non africani: non sono più di 5... Il missionario straniero (e bianco) non esercita più il suo ministero come trenta anni fa, quando poteva sentirsi

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volto da città vivibile e vuole fare bella mostra di sé. Regolarmente vengono organizzati degli incontri internaziona-li a cui partecipano i capi di stato e di governo dei paesi dell’Africa Centrale per trattare temi di attualità: una cin-tura verde per frenare l’avanzata del de-serto, l’organizzazione del commercio, la creazione di nuove banche...La Chiesa, come dicevo, diventa sem-pre più solida e africana. Le piccole comunità cristiane si organizzano, fa-voriscono la nascita di nuovi ministeri, danno largo spazio alla creatività delle donne, sono attente ai problemi che si vivono alla base. Se l’aspetto del “cul-to” è abbastanza bene organizzato, re-sta molto da fare per una formazione cristiana più profonda e capillare. Re-sta sempre difficile coniugare il vange-lo con la vita, impegnare i cristiani in ambito sociale e politico, educarli alla giustizia, alla pace, al rispetto dei diritti umani...

Il 4 luglio ho lasciato N’djamena ed ora mi sto preparando all’anno sabbatico, che sarà essenzialmente un periodo di formazione permanente. Lo trascorre-rò in parte a Parigi, frequentando dei

corsi a mia scelta (Dialogo interreligio-so, Islam, i Vangeli, S. Paolo, la dottri-na sociale della Chiesa...) e in parte a Lione, in un centro gestito dai Gesuiti, dove seguirò per 5 mesi una “formazio-ne all’accompagnamento spirituale”. Tutto questo dovrebbe permettere una rilettura della vita passata, un rinnova-mento personale e una preparazione ad assumere i prossimi impegni.Ho già avuto modo di constatare che dopo 10 anni di lavoro, uno dà tut-to quello che può dare e poiché non è una fontana perenne, vive il rischio della ripetizione e del “mestiere”. Dun-que benvenuto questo tempo di forma-zione! È un’esigenza della vita cercare “altro”, percorrere sentieri non ancora battuti, rinnovare l’acqua della fonte... Per questo sono contento di questa op-portunità che mi è offerta.Vi chiedo una preghiera. Io vi assicuro la mia.

p. Renzo Piazza, comboniano

Dalle missioni

Un vicentino è il nuovo Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in CileÈ p. Gianluca Roso, comboniano, originario di S. An-tonio di Valli del Pasubio (la stessa parrocchia di p. Ren-zo Piazza). Catechista e animatore di gruppi giovanili parrocchiali, diplomato in arte e iconografia russa, ha partecipato con 8 pannelli all’Esposizione Missionaria organizzata nel 1986 dalle Pontificie Opere Missio-narie in Italia. Ha completato i suoi studi teologici a Lima (Perù) ed è stato ordinato sacerdote nel 1994. Durante gli studi teologici a Lima si è dedicato alla pa-storale carceraria, ha svolto ministero parrocchiale ad Arequipa e insegnato Sacra Scrittura presso la scuola diocesana di catechesi; nel 1996 ha fondato un grup-po di giovani artisti peruviani dediti all’arte liturgica e religiosa. È stato amministratore del Centro di anima-zione missionaria della provincia italiana dei Com-boniani e Superiore regionale dei comboniani cileni dal 2005 al 2007. Rientrato in Cile nel 2009 dopo un breve periodo in Italia, presta servizio pastorale in due parrocchie e in una comunità religiosa, e dal marzo 2009 è membro dell’équipe centrale dell’Arcidiocesi di Santiago per la Missione Continentale. Ora è chia-mato ad un nuovo servizio importante per la Chiesa del Cile. Noi ci congratuliamo con p. Gianluca e gli auguriamo di cuore buon lavoro.

La partenza di don Leopoldo

Dopo lunga e neces-saria preparazione, anche don Leopoldo Rossi parte alla fine di questo mese per la missione diocesana di Lulu, nel Camerun del Nord, dove an-drà a collaborare con don Maurizio Bolzon, nella stessa diocesi di Maroua dove presta-no servizio come fi-dei donum anche don Damiano Meda e don Giampaolo Marta.

Don Leopoldo ha accolto con generosità la proposta che a nome della Chiesa di Vicenza gli aveva fatto il vescovo Cesare Nosiglia. Si rafforza così il nostro im-pegno di collaborazione con la Chiesa sorella di Ma-roua e anche a Lulu non ci sarà più un prete da solo ma una piccola equipe presbiterale. Anche a Gesù sembrava importante che i missionari andassero “a due a due”…Grazie don Leopoldo, e buon lavoro. Ti accompagne-remo sempre con la nostra attenzione e la nostra pre-ghiera.

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I popoli tra noi

Buone Pratiche di interazionecon gli immigrati (parte quinta)

inquilini (quote condominiali, affitti, riscaldamento, posto auto, conteni-mento rumori, visite, presenza anima-li, periodicità delle varie voci di spese ordinarie, tipi di spese straordinarie, ecc.) previene disagi e conflitti che, qualche volta, non sono determinati da cattiva volontà ma da un non ade-guato dominio dello strumento lingui-stico. Qualche Comune del vicentino ha tradotto in varie lingue le indica-zioni per lo smaltimento dei rifiuti e per la raccolta differenziata.In molte scuole, il Protocollo di acco-glienza multilingue campeggia nell’a-trio. È il simbolo di una scuola che, con un alunno, accoglie la sua fami-glia e la sua cultura. Che è attenta alle modalità comunicative, alle relazioni di cortesia e di benvenuto, al chiarire e far conoscere le Regole e le modalità di partecipazione alla vita scolastica. La valorizzazione delle varie lingue è un segno di rispetto civile ma soprattutto un richiamo personalizzato a tutti (ita-liani e immigrati), uno stimolo ulte-riore alla Cultura della Legalità e della corretta gestione del Bene Comune.Migrantes è disponibile a incontri for-mativi su questo tema e a fornire dati e indicazioni per assicurare una meto-dologia adeguata.

Scrivere a:[email protected] telefonare al: 334 75 63 705.

Luciano CarpoVice direttore Migrantes Vicenza,

Area Formazione

che la nostra provincia ha una signifi-cativa componente multiculturale.

Tradurre nelle principali lingue le regole condominiali, per lo smaltimento rifiuti, il protocollo della scuola

Cittadini italiani e cittadini provenien-ti da altri paesi, abbiamo delle leggi in comune (Costituzione italiana, codice civile-penale, norme fiscali, ecc.), che tutti dobbiamo parimenti onorare. Ugualmente sul piano dell’interazione quotidiana, abbiamo regole di con-vivenza nelle case e nei condomini. Usufruiamo di regolamenti per i ser-vizi e gli spazi pubblici (scuole, ULSS, amministrazioni). Condividiamo patti sociali per gestire il territorio (parchi, marciapiedi, bar, luoghi di attesa degli autobus, ecc.Chiaramente la difficoltà di compren-sione linguistica di queste regole, re-golamenti e patti sociali, non riguarda i figli di immigrati nati in Italia, dato che conoscono bene sia l’italiano che il dialetto veneto. Può riguardare gli immigrati adulti appena giunti tra noi, in particolare le donne provenienti da alcuni contesti culturali e religio-si di fede musulmana che in famiglia trovano maggiori difficoltà per uscire e inserirsi nel mondo del lavoro e della vita sociale. Una traduzione plurilin-gue, per esempio, del Regolamento in Condomini a grande rotazione di

Visibilizzazione linguistica di guide, regolamenti e patti sociali

In una ULSS del vicentino, il fascicolo “Guida per la salute delle donne e delle loro famiglie” è stato scritto in italiano ma tradotto anche in albanese, arabo, inglese, serbo e croato in modo da faci-litare la fruizione dei servizi di tutte le utenti residenti (e anche il lavoro degli stessi operatori). Questo è uno degli esempi di Buone Pratiche, riguardanti l’ambito pubblico, in atto nella nostra provincia.

Facilitare la comprensione delle regole

Nell’ambito internazionale e anche nazionale, si sono diffusi da tempo vari accorgimenti per facilitare non solo la comprensione dell’importanza che certi ambienti e servizi rivestono in quanto di pubblica utilità ma soprat-tutto per sollecitare la corresponsabili-tà di tutti nella gestione del Bene Co-mune. Pensiamo alle indicazioni di si-curezza, igiene, comportamento, orari, requisiti, norme, indicazioni, forme di saluto e di accoglienza, avvisi, segna-lazioni che, tradotte nelle principali lingue, ritroviamo negli aeroporti, nei treni, nei siti storici, ecologici, sportivi, turistici ed archeologici, nei musei e nei centri abitati soprattutto delle zone di frontiera o ad alta composizione multiculturale e plurilinguistica. An-

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Agenda & Appunti

1 gennaio Giornata Mondiale della Pace: “Libertà religiosa via per la pace”

6 gennaio Epifania - ore 10.30 in Cattedrale: Festa dei popoli

15 gennaio Adorazione Eucaristica per le Missioni e i Missionari

Villa San Carlo, dalle ore 15.00 alle 18.00

30 gennaio Giornata mondiale dei malati di lebbra

Per i “Martedì della Missione” 18 gennaio “Mangiare l’altro o mangiare

con l’altro?” cammini di pace con don Dario Vivian, docente di teologia ore 20.30 nella Casa dei Missionari Saveriani, viale Trento, Vicenza

Gennaio

MISSIONARI VICENTINIBROGNOLIGO: PICCOLI SERAFINO e ASSUNTA 800,00 – CAMAZZOLE 10,00 – CARMIGNANO di BRENTA: NN 2.000,00 – CORNEDO: MARCAZZAN don FEDERICO 2.000,00 – NOVALE: GRUPPO MISSIONARIO 200,00 – POIANA MAGGIORE: GRUPPO MISSIONARIO 2.000,00 – PONTE DEI NORI: ANIMATRICI MISSIONARIE 300,00 – POVOLARO: CORO GIOVANI 500,00 – S. BONIFACIO: ASSOCIAZIONE MISSIONARIA 2.000,00 – S. CLEMENTE in VALDAGNO: GRUPPO MISSIONARIO 40,00 – S. MARIA in MAROSTICA: NN 1.000,00 – S. STEFANO di ZIMELLA 200,00 – S. VITO di LEGUZZANO: CASA NICOLA 25,00 – S. ZENO di CASSOLA: ROSSI GIANCARLO 50,00; TESSAROLLO

MARIA PIERINA 50,00 – TENCAROLA (PD) REFFO ROBERTA 200,00 – VALLI del PASUBIO: GRUPPO MISSIONARIO 725,00 – VICENZA: ASSOCIAZIONE NOI 3.350,00; BUSATO mons. EZIO OLIVO 600,00; NN 50,00.

LEBBROSIMADONNA della PACE in VICENZA: NN 30,00 – S. ANTONIO in MAROSTICA 300,00.

BORSE DI STUDIO AL CLERO INDIGENOALTAVILLA: GRUPPO MISSIONARIO 100,00 – BREGANZE: GRUPPO MISSIONARIO 740,00 – CARMIGNANO di BRENTA: TONTA MARCELLO 300,00 – PIEVEBELVICINO: CE 50,00; DDM 40,00; FN 40,00; GE 25,00; GM 40,00; ME 20,00; MS 20,00; PMR 50,00; PM 100,00 ; SA 60,00 ; SN 50,00 ; TE 60,00 – S. ANTONIO in MAROSTICA: GRUPPO MISSIONARIO 500,00; NN in mem. di GIUSEPPE e CLARA 50,00 – SCHIO: NN 250,00 – SOVIZZO: LONGHI FINI DANIELA 520,00 – TRISSINO: NN 520,00.

OFFERTE A TUTTO NOVEMBRE 2010

Giornata mondialedei malati di lebbraSi celebra il 30 gennaio 2011 la 58a giornata mon-diale dei malati di lebbra, con tema: “C’è un solo cielo per tutto il mondo”. Fortissimamente voluta dall’indimenticato Ra-oul Follereau, è da molti anni organizzata in Ita-lia dall’AIFO (Associa-zione Italiana Amici di Raoul Follereau), sorta nel 1961 su ispirazione del messaggio e dell’o-pera di questo grande testimone di solidarietà.La Giornata vuole ricor-dare la sofferenza di tan-te persone e richiamare l’attenzione di tutti sulle condizioni che favoriscono la persistenza e la diffusione della malattia: il sottosviluppo, la denutrizione, l’emar-ginazione, la povertà.Vuole anche ricordarci che oggi la malattia può essere facilmente curata con specifiche terapie non molto costose.

Nel corso del 2009 l’Ufficio Missionario diocesano ha potuto sostenere l’impegno di tanti nostri missionari che operano in questo settore con oltre 27 mila euro, gene-rosamente donati da tante persone alle quali va un grazie sincero.

Ricordiamo con riconoscenzaInsieme con i familiari e con la Comunità di San Giorgio in Bosco ricordiamo con ricono-scenza la signora Giulia Tonello Stocco, nel primo anniversario della sua scomparsa. Chi ne ha condiviso il percorso terreno, la ricorda come persona dalla fede profonda e dalla generosa sensi-bilità, dimostrate nei tanti mo-

menti di servizio alla famiglia, alla parrocchia, alle missioni. Ci uniamo anche noi alla riconoscenza e alla preghiera di tutti i suoi cari.

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