aprile 2016

18

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Indice

Pg. Editoriale

Pg. Il Gior ali o-Flyi g Ne s

Pg. Vuoi olla orare?

Pg. Autori Pg. NO alle tri elle ei ari si ilia i di Ag ese

Pg. L’e essi a te ologizzazio e dei a i i el di Margherita

Pg. Earth Day di Ag ese

Pg. Per fortu a i so o gli ar o ale i

Pg. Earth Day-L’a golo della poesia di E a uela

Pg. Vig eta golo di Maria gela

Pg. No de astate le ostre a pag e! di Margherita

Pg.2

Cari lettori, posso sinceramente dire che questo mese ho avuto alcune sorprese più che piacevoli: Ema-nuela mi ha mandato le sue, davvero graziose, poesie per l’Earth Day; qualche giorno dopo Margherita mi scrive dicendomi che Mariangela (sua sorella) gli aveva chiesto se poteva man-darmi una vignetta che aveva disegnato. Io ho accettato con gioia la sua vignetta, molto carina e semplice realizzata da una bambina homeschooler di 8 anni; Ancor prima che Emanuela mi mandasse le sue poesie, Margherita mi ha inviato un suo artico-lo, che tratta un argomento molto comune ai giorni nostri sopratutto ,a mio parere, fra gli adole-scenti perchè ormai per parlarsi usano quasi soltanto SMS e/o WhatsApp. Una volta ho visto una mamma che stava chiacchierando con le sue amiche, e per far si che il suo bimbo non la disturbasse gli ha dato un tablet per distrarlo. Qualsiasi persona può confermare che ovunque si vedono adolescenti a pochi centimetri di di-stanza uno dall'altro...ma non si parlano, stanno chattando su WhatsApp. Rimango sconcertata e stupita quando ascolto ragazzini della mia età che chiacchierano su quanto ore passano sui videogiochi: uno 4, l’altro 5..... “Bisognerebbe insegnare ai bambini la dolcezza di una storia prima di addormentarsi, la bellez-za di una gita in campagna, un pomeriggio a raccogliere la frutta oppure un’escursione al ma-re.” Concordo ogni parola di Margherita. Margherita non mi ha lasciato nemmeno il tempo di stupirmi per questo suo articolo sull'eccessi-va tecnologizzazione ed ecco che mi manda il suo racconto “Non devastate le nostre campa-gne!” di ben 11 pagine. Da questo suo racconto si capisce che anche secondo Margherita la speranza non avrà mai fine. Quin-di...speriamo insieme in un mondo migliore! Adesso vi lascio alla lettura di queste pagine. Al prossimo mese...

Agnese

Pg.3

Editoriale

Il Giornalino-Flying News nasce dal desiderio di una dodicenne nel divulgare e nella

speranza di saper scegliere consapevolmente anche da ragazzini.

Il Giornalino-Flying News nasce da varie speranze, quali:

1) Fare qualcosa ,in piccolo, per salvare il pianeta

2) La divulgazione

3) L’informazione

4) La condivisione

Affinchè tutto ciò si possa realizzare Il Giornalino-Flying News si impegna a diffondere

anche tra gli adolescenti notizie che spesso vengono nascoste, ad esempio come ven-

gono preparati i Wurstel o che la legge permette l’istruzione in casa ecc. Così

da saper fare le proprie scelte con consapevolezza.

Mi sono lasciata ispirare da alcune riviste: Terra Nuova , Come sta il pianeta?

Cucina Naturale , :Diritti, Amnesty International .

Abbiamo scritto e scriviamo di ambiente, homeschooling e di tutto ciò che abbiamo vo-

glia di divulgare.

Pg.4

Pg.5

VUOI COLLABORARE ?

Hai voglia di partecipare al mio progetto ?

Non ti preoccupare per l'età, l'appello è rivolto a tutti

voi: ragazzini e adulti, se avete voglia di pubblicare

qualcosa nel mio giornalino e se l'argomento mi inte-

ressa lo pubblicherò con piacere!

E-mail: [email protected]

“Giornalisti” questo mese: Agnese Agnese ha 12 anni, e non è mai andata a scuola facendo l’homeschooling, Le piace cucinare, leggere e scrivere per questo giornalino.

Agnese ha anche creato un blog dove ha raccolto tutte le informazioni su questo giornali-no: ilgiornalinoflyingnews.blogspot

Se volete contattarla e/o pubblicare un articolo inviate una lettera alla seguente mail: [email protected]

Margherita

Margherita ha 10 anni e fa home-schooling da sempre.

Adora leggere, scrivere, dipingere, ballare e cucinare.

Le piacciono i gatti e ha quattro fratelli che le fanno molta compagnia.

Ha scritto un libro in cui raccoglie tutti i suoi innumerevoli racconti e ora sta scrivendo un ro-manzo.

Hanno collaborato questo mese: Emanuela

Emanuela ha 12 anni e fa homeschooling.

Mariangela

Mariangela è una bambina

homeschooler di 8 anni.

Agnese (la fondatrice) questo mese vuole ringraziare: Margherita, per il suo articolo e suo racconto;

Emanuela, per le sue poesie;

Mariangela, per la sua vignetta.

Pg.6

NO alle trivelle nei mari siciliani

Pg.7

Sono una ragazzina di 12 anni e per me è importantissimo - essendo siciliana e

amando la mia terra - che le trivellazioni nel canale di Sicilia non siano più per-

messe. Non voglio che si spezzi l’ecosistema marino, perché così si spezzereb-

bero tutti gli ecosistemi.

Il Presidente della regione Sicilia Rosario Crocetta, durante la propria campagna

elettorale, aveva firmato l’accordo di Greenpeace contro le trivelle nel mare si-

ciliano. Adesso ha dato il proprio assenso a Renzi per trivellare il Mar Mediter-

raneo.

Noi siciliani, l'unica cosa che abbiamo, la vogliamo mantenere viva!

Ti prego, caro Crocetta, di non permettere che si compia questo scempio: di’

"no" alle trivelle in Sicilia, proteggi la bellezza della nostra terra.

Link: https://www.change.org/p/no-alle-trivelle-nel-mare-siciliano

Pg.8

L’eccessiva tecnologizzazione dei bambi-ni nel 2016

Una volta i bambini giocavano solo con bambole e palle di stracci. Lentamente sono arrivati i cubi di legno, poi le bambole di plastica, le macchinine, le Barbie, le prime consolle, antenate primitive delle moderne PlayStation. Oggi, però, nel 2016, i bambini non usano quasi più i giocattoli. E’ cosa normale dare in mano a bambini anche piccoli cellulari e tablet, per farli stare tranquilli e non disturbare i genitori, spesso troppo assorti in chiacchiere per occuparsi di loro. Ovunque si vedono bambini di ogni età con la faccia coperta da un videogioco, gli occhi sgranati e le dita che ormai si muovono da sole tante sono le volte che hanno fatto lo stesso percorso sullo stesso videogioco. Se qualcuno prova a segnalare ai genitori che forse i bambini dovrebbero giocare di più, essi rispondono: “E perché dovrebbero? Hanno già la loro PlayStation!”. Alcuni si vantano persino che la prima parola dei loro tesori sia stata “Peppa”. Non si rendono conto che facendo così stanno rovinando l’infanzia dei propri bambini. Perché è facile sbattere in mano uno smartphone a un bambino per farlo stare buono mentre tu chatti in tutta tranquillità su WhatsApp. Questo non è un problema solo dei bambini, ma anche dei moderni adolescenti. Nei gruppi di amici non si parlano quasi più, si scrivono SMS anche quando sono a pochi centi-metri l’uno dall’altro, mentre potrebbero ridere e divertirsi insieme. Questi bambini, con gli occhi perennemente incollati a uno schermo, non si stupiscono più di niente, non sanno più provare meraviglia per una sorpresa inaspettata, non ridono di gioia quan-do la mamma torna a casa dal lavoro. Non sentiranno il cinguettio degli uccelli a primavera, perché sarà coperto dalle musichette insi-stenti dei videogiochi, non vedranno i fiori sbocciare, perché saranno troppo occupati a giocare sullo smartphone, non si accorgeranno di una farfalla posatasi per sbaglio nel cortile di casa propria, perché in casa c’è la connessione, fuori no. E senza connessione non si gioca. Io non sono contro la tecnologia, al contrario. Io stessa ho un computer mio personale con la connessione a internet, un tablet e un e-book reader. La tecnologia, però, può essere utile quanto dannosa. Infatti, troppa causa dipendenza. Bisognerebbe insegnare ai bambini la dolcezza di una storia prima di addormentarsi, la bellezza di una gita in campagna, un pomeriggio a raccogliere la frutta oppure un’escursione al mare. Ma soprattutto bisogna insegnare loro ad essere più equilibrati, nella tecnologia come nella vita di ogni giorno.

Pg.9

Il 22 aprile si festeggia la Giornata internazionale della Terra, quest’anno è il 46°esimo.

Alcune persone, a mio dire, non hanno il diritto di festeggiare questa giornata, è sono coloro che inquinano e creano disastri ambientali irriparabili. La Terra è la nostra casa, ma ciò non vuol dire che è di nostra proprietà. La natura, spesso, riusciva a trovare rimedi a piccoli disastri ambientali ma adesso abbiamo arrecato tanti e grossi danni all’ambiente, ma la Terra in questo momento non può farcela da sola. Non possiamo restare con le mani in mano! Entriamo in azione! Cosa possiamo fare per entrare in azione:

1) teniamo a mente le cinque R ridurre, riciclare, riusare, ripa-rare e regalare gli oggetti, ancora in buono stato ma che non utilizziamo;

2) cuciniamo più in casa, anzichè comprare cibo già pronto; 3) facciamo la raccolta differenziata; 4) magari comprare cibo BIO, o diventare vegetariani, non per

moda o perchè lo fanno altre persone ma per scelta pro-pria, o andare dal fruttivendolo che non usa pesticidi quindi non fa danno all’ambiente, non sprecare il cibo;

5) anzichè comprare pannolini usa e getta per bebè si posso-no utilizzare i pannolini lavabili, la biodegradazione di quelli "tradizionali" richiede 500 anni ;

6) avete disegnato su un foglio di carta e state per buttarlo? Non lo fate, conservatelo e usatelo dall’altro lato;

7) quando andiamo a fare la spesa anzichè utilizzare le borsa di plastica, dannose all’ambiente, usiamo le borse di stoffa, anzi se avete una vecchia maglietta non buttatela ma trasformatela in una nuova borsa;

8) usare il meno possibile la macchina, preferire i mezi pubblici o la bicicletta o magari usufruire delle as-sociazzioni come BlaBla Car:

9) quando non serve, è meglio spegnere le lampadine così da risparmiare sia denaro che energia elettrica, quando non usiamo gli apparechi elettrici è meglio staccare la spina piuttosto che lasciarli in standby;

10) leggere, informarsi.

Sono piccole azioni banali ma se a farle siamo in tanti per il pianeta è un grande aiuto. Se vogliamo saremo noi a far ri-vivere il nostro pianeta, dobbiamo solo volerlo. Cominciate ad attuare quese piccole azioni per salvare il pianeta, informatevi, leggete. Io, per conto mio, farò la mia parte: cercherò di spegnere le lampadine quando esco da una stanza, proverò a riciclare un pò di più specialmente la carta, staccherò la spina quando non serve.

E voi? Cosa farete?

Earth Day-22 aprile

Pg.10

Adesso mettetevi comodi bambini, c’è una storia d’ascoltare. Millenni e millenni d’anni fa nacque un pianeta chiamato Terra. Era florido, ricco, pulito e giovane e dalle meravigliose bellezze: il sole era gaio e d’un giallo abba-gliante, aveva campagne d’un verde intenso, fiumi, mari e laghi di un blu acceso, montagne marrone e su la vetta una neve bianca e soffice soffice. Un giorno apparve dal nulla una “cosa” chiamata uomo. Cominciò a distruggere tutto: avvelenò ma-ri, fiumi e laghi cercando d’arricchirsi, a causa dell’inquinamento provocato dall’uomo molti animali cominciarono ad estinguersi, distrusse foreste e boschi per costruire città con palazzi grigi che che inquinavano. Avevano addirittura inventato anche degli stabilimenti per inquinare, da questi stabilimenti proveni-vano tutte le idee degli uomini per inquinare e uccidere senza pietà la natura solamente con il pro d’arricchirsi. Il pianeta che un giorno era giovane come un bambino stava invecchiando. Stava per morire. Ma nei bambini ,nel loro cuore c’era un sentimento che cercavano di sopprimere, per fortuna questo sentimento non potrà mai morire, ed è un sentimento vitale. E’ la speranza. E nei bambini cresceva sempre di più, giorno per giorno, finchè un giorno da tale speranza nacque un arcobaleno con colori accesi e intensi che riusci ad abbattere le cime dei grattacieli. Dall’interno della Terra apparve una forza blu turchino che sembrava un anguilla, questa forza fece pulire i mari, i fiumi e i laghi e dopo che ebbe compiuto il suo lavoro ritornò da dove era venuta. Dopo un pò ap-parve un’altra forza misteriosa questa volta verde, estirpò ,come fanno i giardinieri con le erbacce che soffocano i fiori, i palazzi grigi dalla loro “radice” e al loro posto fece tornare le foreste e i boschi ancora più rigogliosi di prima.

Infine, dall’arcobaleno scesero milioni e mi-lioni di individui, che indossavano magliette colorate. Erano individui consapevoli, individui che avevano un pensiero libero. La missione era compiuta. Il pianeta ritornò come prima, anzi ancora più giovane!

Per fortuna ci sono gli arcobaleni

Pg.11

"Come il sole sorge i nostri antenati ci hanno preceduto noi li seguiamo ma non siamo neanche degni di nominarli lodandoci perchè se guardiamo come abbiamo ridotto il nostro ricco paese da natura piena di colori vivaci è diventato grigio tenebra e smog da non respirare la speranza continuerà a esistere finchè non la prenderemo in considerazione il fiore rinasce sempre così noi dovremmo fare per tutte le cose belle del nostro creato."

"Come un ruscello che va la vita scorre, tranquilla va niente è meglio dell'anziano che insegna al giovane ma l'inquinamento le auto tutto viene usato male ormai il vino non viene più usato che per il piacere dell'oblio e non del gusto Dobbiamo ritornare ai campi incontaminati e puri dove la terra è pura e l'acqua l'impida...... noi dobbiamo la vita è preziosa un dono che dobbiamo proteggere"

Emanuela

Earth Day-L’angolo della poesia

.Annalisa aveva dodici anni. I suoi genitori erano morti quando lei era molto piccola e non poteva ricordarseli, quindi teneva una loro foto sotto il vestito, proprio davanti al cuore e tutte le volte che era triste la tirava fuori e la baciava, un bacio a mamma e uno a papà: in questo modo le sembrava di averli sempre vicino. Dopo stava meglio. Si asciugava le lacrime e tornava ad essere l’Annalisa di sempre, quella con i capelli rossi e il sorriso sempre dipinto sul visino dolce e simpatico. Annalisa non era ricca, ma possedeva la cosa più bella del mondo: la libertà. Proprio così, Annalisa viveva libera in un bosco vicino a una bella campagna, in una casa di rami in cui teneva tutte le sue cose: un tavolino, una sedia, un lettino, un vaso da notte, una piccola vasca da ba-gno, qualche provvista per l’inverno e il suo abbecedario con cui, bene o male, aveva imparato a leggere e scrivere. Aveva perfino un animale domestico, Pippi, il suo pappagallino che aveva trovato qualche mese prima, ferito da un’automobile. Impietosita, la bambina lo aveva raccolto e portato a casa sua. In breve l’uccellino dalle piume colorate aveva ripreso a volare. Da quel giorno erano stati sempre insieme. Annalisa lo aveva chiamato Pippi: quel nome le era sembrato adatto al suo buffo pennuto multicolore. Annalisa viveva circondata dagli animali e dalla natura generosa e rigogliosa. Naturalmente andava anche in campagna, dove aiutava i contadini a lavorare la terra e aveva tanti ami-ci, come l’anziana signora Rose, una vecchina buona e generosa che le offriva sempre pane e formag-gio; la signora Berti, una massaia alta e robusta che le faceva un po’ da mamma, oppure Giulia, la sua amica del cuore, una bambina bella e molto timida, che abitava lì con i suoi genitori, che però lavoravano tanto e non avevano mai tempo per lei. Annalisa era perfettamente felice: per lei quella era la sua vita, le piaceva così. Accadde tutto in una mattina di inizio primavera. Annalisa si era svegliata presto come al solito, si era lavata il viso, aveva fatto colazione, si era pettinata ed era uscita. Salutò Pippi e uscì. “Buongiorno mondo!!!!!” gridò a squarciagola, e il vento le rispose accarezzandole il viso spruzzato di lentiggini con un soffio profumato. Si guardò attorno: la primavera era cominciata da solo una settimana eppure sugli alberi che la circondavano erano già sbocciati i fiori rosa e bianchi che le piacevano tanto, piccoli e vaporosi da sembrare fiocchetti di burro. Si arrampicò sul ramo più alto dell’albero ai piedi del quale si trovava la sua casetta e ne raccolse qualche ramo fiorito, il cui rosa delicato si intonava alla perfezione con i suoi capelli ramati. Tuffò il naso in quel mare soffice e inspirò profondamente la fragranza dei fiori. Scesa dall’albero, con un fischio chiamò Pippi, che arrivò su-bito e insieme si incamminarono verso la campagna.

“Non devastate le nostre campagne!”

SPECIALE

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Intanto gli uccellini cantavano le più disparate melodie e tutto risuonava dei loro cinguettii. Arrivati al margine del bosco, Annalisa stava per entrare nel campo arato di fronte alla casa di Giulia, quando le vide. Erano al di là del campo, enormi e spaventose ruspe, e scavavano intorno al granaio. Annalisa non fece in tempo a dire niente, perché arrivò Giulia in lacrime, seguita da Wolf, il suo cane pa-store. Correndo, Giulia le si gettò al collo piangendo. “Oh Annalisa, Annalisa!” singhiozzava “Questa mattina è arrivato un signore ben vestito e che parlava correttamente, ma il suo accento non era di qui. Ha chiesto di entrare in casa. All’inizio sembrava gentile, poi ha cominciato a esporci un suo complicatissimo progetto: in pratica ci ha proposto di vendere a lui la casa e le proprietà terriere, per costruire al posto della casa una grandissima officina. In cambio ne avremmo ricavato una cospicua somma di denaro. Papà dice che abbiamo bisogno di soldi, che dobbiamo accettare, che il lavoro suo e di mamma non basta più a mantenerci, soprattutto adesso che mamma aspetta un bambino. Ma io non voglio abbandonare la mia casa! Non voglio lasciare la campagna, non voglio lasciare Wolf, non voglio lasciare te, soprattutto. Oh Annalisa, aiutami, ti prego!” Annalisa era sconvolta. Non aveva mai visto Giulia così terrorizzata. “Sh sh. Tranquilla, non piangere, vedrai che troveremo una soluzione. Ti aiuto io. Ti va se adesso io e te andiamo a parlare con questo signore? Come si chiama?” disse accarezzandole dolcemente i capelli. Giulia si staccò da Annalisa, la guardò con i suoi grandi occhi azzurri e si asciugò le lacrime: “Si chiama Mr. Jackman” disse. “Bene, adesso andiamo a parlare con Mr. Jackman, ok?” Giulia annuì lentamente, mentre il suo viso incorniciato da un caschetto di lucidi capelli neri si distendeva un po’. La prese per mano e si avviarono. Giulia non aveva fretta: i suoi genitori erano andati al lavoro e come al solito sarebbero tornati solo verso le 21:00. Man mano che Giulia e Annalisa si avvicinavano, il rombo dei motori delle ruspe e delle gru diventava sempre più assordante. Ad un tratto, proprio davanti alla casa, videro stagliarsi sullo sfondo azzurro del cielo di campagna una figura maschile. “E’ lui, è Mr. Jackman…” disse Giulia in un sussurro spaventato. Annalisa sentì Giulia stringere la sua mano con più forza. Ad un tratto arrivarono proprio davanti a lui. Le due ragazzine si guardarono, poi Annalisa parlò: “Salve Mr. Jackman.” l’uomo si girò con lentezza stu-diata. “Chi sei tu, ragazzina?” rispose gelido con la sua voce tonante. Annalisa sussultò: quell’uomo aveva qualcosa che incuteva timore. Mr. Jackman era un uomo alto e di bell’aspetto, sui 35 anni. Aveva i capelli neri, tirati di lato da una buona quantità di gel, occhi grigi e freddi come l’acciaio ombreggiati da un paio di rigide sopracciglia scure, un naso dritto e proporzionato e labbra dalla piega severa, serrate come se non si fossero mai piegate in un sorriso. Il completo di elegante seta nera e la cravatta color graffite mettevano in risalto la muscolatura possente. “Io sono Annalisa e lei è Giulia, la figlia dei proprietari di questa casa.”

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Annalisa non voleva farsi spaventare da quell’uomo che di umano sembrava non avere niente. “Ah! E perché siete venute qui, bamboline? Non lo sapete che le ruspe possono farvi del male se non sta-te attente?” sotto quel tono canzonatorio si sentiva una malcelata irritazione. “Siamo venute qui per dirvi che voi non potete obbligare le persone a piegarsi alla vostra volontà e che quindi dovete andarvene e lasciarci stare. Giulia ha il diritto di restare in questa casa.” “Obbligare? Io non ho obbligato nessuno! I padroni di questa casa mi hanno dato il permesso e io sto so-lo facendo solo il mio lavoro!” urlò. “Distruggere la natura non può essere un lavoro!” “Mocciosetta viziata! Io non distruggo la natura. E poi, se volete saperlo, ho già proposto lo stesso proget-to a ogni abitante di questa campagna e tutti mi hanno risposto di sì! Inoltre ho intenzione di abbattere anche il bosco per costruire al suo posto un vasto parcheggio! E adesso lasciatemi stare, ho cose più im-portanti a cui pensare che a due adolescenti ribelli. Andate a giocare al lupo e alla pecora da un’altra par-te ”. Giulia si voltò verso Annalisa, rivolgendole uno sguardo di muta supplica. Così, indignata, Annalisa girò i tacchi e se ne andò, con Giulia per mano. Arrivate al margine del bosco, Annalisa parlò: “Mi dispiace Giulia di non essere riuscita a convincerlo a non abbattere la tua casa. Certo che è proprio arrogante e maleducato!”. “Non ti preoccupare, Annalisa, vedrai che in qualche modo faremo. Sono molto preoccupata per te, ha detto che abbatteranno il bosco. Tu vivi nel bosco, come farai?”. “Non ci ho ancora pensato….” Si abbracciarono e si separarono. Annalisa tornò mestamente nella sua casa di rami ai piedi dell’albero. Entrò e si sedette sulla seggiola accanto al tavolo. Solo allora si ricordò di non aver ancora pranzato: era mezzogiorno inoltrato. Prese un po’ di frutta e cominciò a mangiare svogliatamente. La verità era che, anche se non lo voleva dare a vedere, era molto triste. Giulia e la sua piccola casetta sperduta erano l’unica cosa che aveva: come avrebbe fatto se avesse per-so anche loro?

Senza accorgersene qualche lacrima lucente le era rotolata sulle guance e Annalisa aveva cominciato a piangere in silenzio. Cominciò a singhiozzare, mentre Pippi, preoccupato, cercava di tranquillizzarla con piccole beccatine sul-le guance. Annalisa gli accarezzò la pancina arcobaleno tutta arruffata e lui, con la testa inclinata da un lato, la guar-dò con i suoi occhietti neri, piccoli come chicchi d’uva. Annalisa tirò fuori da sotto il vestito la fotografia dei suoi genitori, scolorita e sgualcita dal tempo. Ritraeva un uomo alto, castano e con i baffi che cingeva affettuosamente con un braccio la vita di sua moglie, una donna affascinante con i capelli rossi e lisci che teneva in braccio un fagottino avvolto in una coperta di cui si vedeva solo un visino in cui brillavano due splendidi occhi verdi. Entrambi gli adulti sorridevano all’obiettivo, mentre lei arricciava il naso costellato di lentiggini in una smorfia davvero ridicola. Entrambi gli adulti sorridevano all’obiettivo, mentre lei arricciava il naso costellato di lentiggini in una smorfia davvero ridicola. Con gli occhi lucidi di lacrime baciò i due genitori e rimise accuratamente la foto fra le pieghe del vestito. Come al solito si sentiva già meglio. Asciugò le lacrime e si sforzò di fare un bel sorriso.

Pg.15

In quel momento decise che doveva trovare una soluzione. Così, con il cesto della frutta davanti, cominciò a pensare. Dopo un tempo indefinito passato a fissare il vuoto, non aveva ancora trovato niente che facesse al ca-so suo. Con il mal di testa uscì di casa e si arrampicò sugli alberi finchè il sole non cominciò a tramontare e il tempo a rinfrescarsi. Allora rientrò in casa e andò direttamente a letto. Da sotto le coperte, Annalisa guardava il cielo imbrunirsi e aspettò finchè non vide brillare nel cielo la prima stella. Poi, sfinita, si addormentò. Il mattino dopo andò in campagna a vedere come proseguivano i lavori e purtroppo vide che la casa di Giulia era stata recintata con una rete rosso fosforescente. Le ruspe lavoravano instancabili, trasportando chili e chili di terra, sabbia, erba. Ad Annalisa si strinse il cuore. Allora andò da Giulia e insieme cominciarono a pensare a una soluzione, ma non venne loro in mente niente. La soluzione non arrivò nemmeno nella settimana seguente e ormai le due bambine si erano quasi ras-segnate. Un giorno, però, Annalisa se ne stava sola soletta seduta su un ramo dondolando pensosamente le gambe. Cominciò a ripensare al dialogo che aveva avuto con Mr. Jackman. “E poi se volete saperlo ho già proposto o stesso progetto a ogni abitante di questa campagna e tutti mi hanno risposto di sì!” aveva detto. Anche i genitori di Giulia avevano accettato ma non erano d’accordo…

Forse anche le altre persone che avevano accettato non erano contente del patto stipulato con il signo-re in questione…

Bastava far loro capire che vendere la casa non era l’unico modo per assicurarsi una vita serena. Si sarebbero riuniti tutti contro la distruzione delle case e delle campagne. E se nessuno era contento di Mr. Jackman, lui non poteva più abbattere le case! Annalisa era al settimo cielo: finalmente aveva trovato un piano! Entusiasta corse da Giulia e le spiegò tutto. Così le due bambine decisero che avrebbero fatto il giro delle campagne per convincere la gente a dire NO all’assurdo progetto di Mr. Jackman. Annalisa cominciò immediatamente, prese Pippi e andò. Per prima cosa sarebbe andata dall’anziana signora Rose. Attraversò il piccolo orto e bussò alla piccola porta di legno di quell’ancora più piccola casetta. Le aprì una donnina bassa bassa, con il viso tutto raggrinzito come una pallottolina di carta, in cui brilla-vano due vivaci occhi azzurrissimi. Il caschetto di capelli bianco neve dava alla bizzarra figurina un’aria simpatica ed ospitale. “Ah! Annalisa! Sei tu, tesoro! Entra, entra, avanti, che potresti prenderti un malanno!” Annalisa pensò che con quel sole fosse quasi impossibile ammalarsi, però non disse niente per non offendere Rose. Si chinò e abbracciò affettuosamente l’anziana signora. La vecchina la fece accomodare su una seggiola in cucina e cominciò a trafficare ai fornelli.

Pg.16

“Vuoi un po’ di pane e formaggio, cara?” le chiese con il suo tono gioviale ed allegro. Nonostante Rose avesse quasi novant’anni, era arzilla e vivace come se ne avesse ancora venti. “Sì, grazie Rose” rispose Annalisa. La donna le mise davanti un vassoio su cui erano appoggiati una pagnotta di pane, due fette di formag-gio e un bicchiere di latte. “Bevi, bevi, bambina mia, che il latte fa bene alle ossa! E poi sei così magra e pallida, dovresti mangia-re di più!” disse Rose scuotendo la testa preoccupata. “Rose, a dire la verità io sono venuta qui per parlarti di una cosa…” disse Annalisa a disagio. “Dimmi, piccina, cosa c’è? E’ successo qualcosa?” chiese Rose sedendosi di fronte a lei. “Ecco, volevo sapere: hai accettato anche tu l’offerta di Mr. Jackman, vero?” continuò la bambina. “Ecco… sì.” sussurrò la signora chinando il capo. “Quindi venderai la casa?” “Credo proprio di sì, tesoro.” “Perché hai accettato Rose? Questa è la casa in cui sei arrivata cinquant’anni fa appena sposata con Alfredo, la casa dei tuoi sogni! Come puoi abbandonarla così?” In quel momento arrivò un agile gatto nero che miagolava di protesta, reclamando la propria merenda. “Oh Julio! Gatto golosone! E va bene. Ecco la tua pappa.” e così dicendo, Rose aveva preso un piattino di plastica e ci aveva versato dentro il latte che Annalisa non aveva bevuto. Il gatto bevve voracemente per qualche secondo, poi se ne andò leccandosi soddisfatto. Annalisa e Rose ripresero a parlare. “Annalisa, in un certo senso sono stata costretta ad accettare. I soldi della pensione non bastano più a sostenere me e la mia piccola colonia felina. Con i soldi della casa potrò affittare un piccolo apparta-mentino in città e vivere serena. Anche se la mia piccola casa di campagna mi mancherà molto…” sospirò Rose, che si era fatta più seria. Si girò verso Annalisa e le rivolse un blando sorriso. “No Rose, non è giusto! Tu devi restare a vivere in questa casa. Pensa alla nostra povera campagna senza più il bosco, inquinata dallo scarico dell’officina! Io e Giulia abbiamo pensato che…” e cominciò a spiegarle il piano che aveva elaborato. All’inizio Rose era contrariata, diceva di essere troppo vecchia per cose del genere, poi, lentamente, Annalisa riuscì a convincerla a partecipare. “E va bene, va bene, mi arrendo! Ti aiuterò in questo strano progetto!” disse infine con la mani alzate in segno di resa e un sorriso soddisfatto sul viso. “Fantastico!” gridò Annalisa stampando un sonoro bacio sulla guancia incartapecorita della signora. Poi se ne andò. Quel pomeriggio Annalisa visitò tante altre famiglie e fece loro capire che la speranza poteva esistere anche senza vendere la casa e che preservare la campagna era più importante di qualsiasi piano aves-se in mente Mr. Jackman. Verso sera, al tramonto, Annalisa e Giulia si ritrovarono sotto le fronde del grande ciliegio dove si erano lasciate quella mattina. “Allora, come è andata?” chiesero in coro. Scoppiarono a ridere e si abbracciarono affettuosamente. L’appuntamento con tutti gli abitanti era stato fissato per il giorno dopo verso mezzogiorno. Annalisa andò a casa e mangiò, poi andò direttamente a letto e si addormentò subito. Il mattino dopo si svegliò molto prima del solito, quando una patina di blu aleggiava ancora sul cielo ap-pena luminoso.

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L’alba si stiracchiò lentamente e avvolse tutto con la sua luce rosata: gli uccellini cominciarono a canta-re, l’acqua nei fossi a scorrere lenta, le gemme e i fiori a schiudersi, mentre le belle di notte si chiudeva-no nel loro bozzolo colorato. Annalisa si mise subito al lavoro con pennarelli, carta, cartoncini e materiale. Quando il sole sorse fece colazione e andò da Giulia, che la aspettava. Insieme attesero il mezzogiorno sedute sotto il ciliegio a raccontarsi favole. Verso la tarda mattinata arrivarono le prime persone e a mezzogiorno il campo brulicava di gente. Dopo poco si misero in marcia verso i lavori edili. Mr. Jackman se ne stava accanto alla recinzione, dando ordini e urlando comandi perché si comincias-se a buttare giù la casa di Giulia. La folla gli si avvicinò. Annalisa stava davanti al corteo, seguita da Giulia, Rose, la signora Berti e tutti gli altri. Quando la vide, negli occhi d’acciaio dell’uomo balenò un lampo d’ira. “Ancora tu, ragazzina? Cosa vuoi da me?” disse sarcastico

“Volevamo dirle che lei se ne deve andare! Non può più restare qui.” rispose la bambina. “E perché io dovrei obbedire a te, ragazzina?” continuò lui con una risata che sapeva d’amaro e di pre-sa in giro. “Perché lei non ha il diritto di restare qui! Vede tutta questa gente? Sono uomini, donne e bambini a cui lei vuole portare via la casa. Ma ora noi diciamo basta, lei non può obbligarci ad andare via dalle nostre case!” Annalisa era furente. I suoi occhi verdi mandavano scintille, come se fosse seduta davanti al ca-mino. E mentre lei parlava, la folla gridava e sbandierava striscioni con scritte come: LASCIATECI LE NO-STRE CASE! oppure ANDATEVENE VIA! e altre frasi del genere. “Smettetela!” sbraitò lui “Andatevene via e vi lasceremo in pace. Lei non pensa, vero, alle condizioni in cui si troverebbero que-ste persone se lei portasse loro via la casa? Non pensa a come si ridurrebbe la nostra campagna sen-za il bosco e senza alberi? Il fumo soffocherebbe le piante e liquidi nocivi comincerebbero a scorrere nelle acque dei fossi. Andatevene via, vi prego!” continuò Annalisa. “Adesso basta!” urlò lui “Non ce la faccio più a sopportarti, mocciosa! Me ne vado! Andrò a costruire la mia officina da un’altra parte, dove le persone siano più ragionevoli! Ecco, tenetevi le vostre case, il contratto è annullato! Addio!” gridò infine al colmo dell’ira, stracciando il contratto e buttandolo in faccia ad Annalisa. Diede ordini di disfare tutto, prese la ventiquattrore e, paonazzo in volto, se ne andò. Dalla folla si levò un urlo di vittoria. Ovunque si lanciarono in aria i cappelli, si urlava e si rideva. Annalisa non si era mai sentita così felice: avevano vinto, la campagna era salva!! Rise e saltò di gioia, abbracciò Giulia e ringraziò tutti. Per festeggiare, Rose aveva portato panini e muffin ai mirtilli per tutti. Annalisa mangiò insieme a tutti. Poi andò un po’ in disparte e si stese sull’erba soffice. Guardò il cielo che si srotolava luminoso sopra di lei, felice come mai. I lunghi capelli ramati le si sparpagliarono in onde morbide sul tap-peto d’erba. Annalisa prese Pippi e se lo appoggiò sul petto. Poi, sempre guardando il cielo, si addormentò di un sonno profondo.

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