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89 RIPRODUZIONE DI PENAEUS JAPONICUS : ASPETTI TEORICI FISIOLOGIA DELLA MUTA E DELLA RIPRODUZIONE Ciclo di inter-muta Con ciclo di inter-muta si intende la successione dei processi che precedono e seguono la muta, o ecdisi, o esuviazione (cioè la rimozione del vecchio esoscheletro). L’insieme di questi eventi rappresenta la strategia che gli artropodi, dotati di un esoscheletro chitinoso, hanno adottato per potersi accrescere. Alcuni decapodi mutano stagionalmente, o annualmente, o addirittura una sola volta nel corso di tutta la vita, andando perciò incontro a lunghi periodi di inter-muta; altri invece, Peneidi inclusi, mutano frequentemente, ad intervalli di qualche giorno o settimana”. Intorno ai 28°C, il nauplio di un Peneide muta ogni 3-4 ore e la zoëa ogni 24-36 ore; con l’avanzare dello sviluppo, i tempi tra una muta e l’altra tendono ad allungarsi. Nell’età adulta le mazzancolle vanno incontro a periodi di inter-muta tanto più brevi quanto più l’acqua è calda. D’estate (e durante il condizionamento dei riproduttori, in ambiente controllato, a temperature superiori ai 20°C) l’ecdisi può essere frequente, ogni 1-3 settimane, mentre d’inverno può non aver luogo del tutto. In generale, dunque, l’accrescimento nei Peneidi adulti è un processo sostanzialmente continuo. Drach (1939), studiando gli eventi che precedono e seguono l’esuviazione nei crostacei brachiuri, ha suddiviso il ciclo di inter-muta in differenti tappe, che servono ancor oggi come riferimento generale per i crostacei. Esse vengono identificate con le lettere A, B, C, D, E ed accorpate a loro volta nelle fasi dette di: (D) pre-muta , il vecchio esoscheletro viene in parte riassorbito, si forma la nuova cuticola e sono inglobati consistenti volumi d’acqua; (E) muta , rimozione ed allontanamento della vecchia cuticola, demineralizzata; (C) inter-muta , l’esoscheletro è completamente consolidato e l’acqua assorbita in

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RIPRODUZIONE DI PENAEUS JAPONICUS:

ASPETTI TEORICI

FISIOLOGIA DELLA MUTA E DELLA RIPRODUZIONE

Ciclo di inter-muta

Con ciclo di inter-muta si intende la successione dei processi che precedono e seguono la

muta, o ecdisi, o esuviazione (cioè la rimozione del vecchio esoscheletro). L’insieme di

questi eventi rappresenta la strategia che gli artropodi, dotati di un esoscheletro chitinoso,

hanno adottato per potersi accrescere. Alcuni decapodi mutano stagionalmente, o

annualmente, o addirittura una sola volta nel corso di tutta la vita, andando perciò incontro

a lunghi periodi di inter-muta; altri invece, Peneidi inclusi, mutano frequentemente, ad

intervalli di qualche giorno o settimana”. Intorno ai 28°C, il nauplio di un Peneide muta

ogni 3-4 ore e la zoëa ogni 24-36 ore; con l’avanzare dello sviluppo, i tempi tra una muta e

l’altra tendono ad allungarsi. Nell’età adulta le mazzancolle vanno incontro a periodi di

inter-muta tanto più brevi quanto più l’acqua è calda. D’estate (e durante il

condizionamento dei riproduttori, in ambiente controllato, a temperature superiori ai 20°C)

l’ecdisi può essere frequente, ogni 1-3 settimane, mentre d’inverno può non aver luogo del

tutto. In generale, dunque, l’accrescimento nei Peneidi adulti è un processo sostanzialmente

continuo. Drach (1939), studiando gli eventi che precedono e seguono l’esuviazione nei

crostacei brachiuri, ha suddiviso il ciclo di inter-muta in differenti tappe, che servono ancor

oggi come riferimento generale per i crostacei. Esse vengono identificate con le lettere A,

B, C, D, E ed accorpate a loro volta nelle fasi dette di:

• (D) pre-muta, il vecchio esoscheletro viene in parte riassorbito, si forma la nuova

cuticola e sono inglobati consistenti volumi d’acqua;

• (E) muta, rimozione ed allontanamento della vecchia cuticola, demineralizzata;

• (C) inter-muta, l’esoscheletro è completamente consolidato e l’acqua assorbita in

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precedenza è sostituita dai tessuti in crescita;

• (A+B) post-muta, periodo di intensa mineralizzazione e di rafforzamento del nuovo

esoscheletro.

All’interno di ogni fase vi sono poi ulteriori suddivisioni, identificate dalla lettera che

contraddistingue la fase considerata, affiancata da uno o due indici (per esempio A1, C2,

D1’, D1”, ecc.). Durante la fase A, per esempio, si distinguono nei Peneidi i due momenti

A1 e A2, così identificabili (in Dall et aI., 1990):

• A1 (durata 1 ora): la cuticola è scivolosa ed ha la consistenza di una membrana

molle; alla base e nell’interno delle setae è visibile una matrice cellulare

trasparente;

• A2 (durata 5-8 ore): la cuticola, non più scivolosa, è ora soffice, ed ha ancora la

consistenza di una membrana molle; iniziano la retrazione della matrice cellulare

(visibile nel periodo A1) e la secrezione dell’endocuticola.

Periodo Durata� Eventi

INTER-MUTA C

5 gg

L’esoscheletro è duro e l’animate si alimenta regolarmente. Dura fino all’inizio della pre-muta (D), che segna l’avvio della fase preparatoria alla muta successiva.

PRE-MUTA D

20 gg

Preparazione alla muta: secrezione degli strati esterni della nuova cuticola, riassorbimento di calcio, mobilizzazione delle riserve metaboliche, cessazione graduale dell’alimentazione e di ogni altra attività.

MUTA E < 1 min Rimozione dell’esoscheletro.

POST-MUTA A

24 ore

Segue immediatamente la muta. L’intero esoscheletro è molle e flessibile. L’animale non si alimenta.

B

3 gg

Inizia l’indurimento dell’esoscheletro e l’animale continua a non alimentarsi.

*Schema del ciclo di muta nei Peneidi (� la durata di ogni periodo è riferita a P. stylirostris a temperature di 27-29 °C, secondo Robertson et al., 1987).

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Vi sono strette correlazioni tra ciclo di iter-muta, accrescimento, accoppiamento,

maturazione gonadica e controllo della riproduzione.

Controllo endocrino della riproduzione

In ambiente controllato, la maturazione delle gonadi ha luogo in genere senza problemi o

interventi manipolativi negli individui di sesso maschile. Pertanto risulta di maggior

interesse il controllo endocrino della riproduzione nei soli animali di sesso femminile

(Elaborazione da Bell e Lightner):Cerv.= cervello; G.T.= ganglio toracico.

Nei Peneidi, proteine del vitello si ritrovano nell’ovario, nella ghiandola digestiva e nel

tessuto adiposo, ma non è noto esattamente il contributo di ogni singolo tessuto alla

produzione totale di tuorlo (Quackenbush, 1991). Il complesso “organo X-ghiandola del

seno” (oX-gds) produce e rilascia due ormoni che controllano riproduzione (GIH o gonad

inhibiting hormone) e muta (MIH o mouting inhibiting hormone), rispettivamente.

L’ablazione del peduncolo oculare, in cui ha sede appunto il complesso oX-gds, induce nei

decapodi (nei giovanili di quasi tutte, e negli adulti di molte specie) una muta precoce,

apparentemente legata all’abbattimento del MIH e all’attivazione dell’organo Y, con

conseguente incremento degli MH (mouting hormones); nelle femmine adulte, invece, ha

per effetto la prematura deposizione intraovarica di tuorlo, sia durante la stagione non

riproduttiva che, in certi gruppi, negli stadi pre-puberali (in Adiyodi e Adiyodi, l970).

La muta ha luogo quando i livelli di MIH e GSH (gonad stimulating hormone) circolanti

sono bassi, mentre quelli di GIH ed MH sono elevati. Al contrario, prevale il processo

maturativo quando ad alti tassi di MIH e GSH circolanti si associano tassi modesti di GIH

ed MH.

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Durante la transizione dal periodo di post-muta a quello di inter-muta, quindi, si passa da

una condizione di sinergismo ad una di antagonismo tra l’azione del MIH e quella del GIH.

Il MIH agisce direttamente sull’organo Y, inibendo la sintesi di ecdisteroidi. Gli effetti

degli MH legati alla riproduzione sono a carico dell’ovario, dove sembra promuovano, con

un’azione di stimolo delle mitosi oogoniali, le fasi iniziali del processo maturativo. Non

sembra probabile che l’azione degli ecdisteroidi prodotti dalla ghiandola ventrale, che si

esplica in direzioni alquanto diversificate, sia specificatamente diretta verso la promozione

della vitellogenesi. Gli effetti su quest’ultima mettono in evidenza tuttavia le strette

interrelazioni fra crescita somatica e crescita riproduttiva.

Il cervello ed il ganglio toracico sono le sedi probabili di produzione dell’ormone GSH,

che stimola la maturazione gonadica. Se da una parte ne risultano ormai accertati

l’esistenza e l’effetto sulla vitellogenesi (Yano, 1988), rimangono tuttavia da chiarire gli

aspetti inerenti l’origine precisa, la natura chimica (forse peptidica) e i meccanismi

d’azione (Meusy e Payen, 1988) del composto. Il GIH, un piccolo peptide idrosolubile che

ha invece la capacità di inibire la maturazione gonadica, ha quali organi-bersaglio la

ghiandola digestiva e l’ovario, dove riduce o inibisce del tutto la sintesi proteica

(Quackenbush, 1991).

BIOLOGIA RIPRODUTTIVA

Apparato riproduttore maschile

L’apparato riproduttore maschile viene schematizzato nella figura:

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I testicoli sono la sede della spermatogenesi, cioè del processo di formazione dei gameti

maschili, o spermatozoi. Sono due corpuscoli biancastri appaiati, localizzati nel

cefalotorace, tra cuore e ghiandola digestiva, nei quali si possono distinguere una serie di

lobi laterali confluenti nella porzione prossimale dei vasi deferenti.

*Apparato riproduttore maschile di P. japonicus adulto: dai testicoli (massa biancastra in alto) si originano i vasi deferenti che si dilatano quindi nelle ampolle terminali, dove vengono allocate le spermatofore (visibili con gli stoppers).

*Maschio e femmina fecondata (adulti) di P. japonicus (v. ventrale): si distinguono il thelycum, con stoppers sporgenti, e il petasma.

Questi ultimi attraversano il corpo dell’animale in senso dorso-ventrale. Alla porzione

prossimale seguono la mediana, di maggior diametro e con pareti più spesse, e la distale,

che invece si assottiglia fino all’estremità finale, dove appare dilatata in una ampolla

terminale.

Durante la discesa degli spermatozoi lungo i deferenti ha luogo la formazione delle

spermatofore, costituite da una massa compatta di gameti maschili e dalle cosiddette ali.

Nelle specie a thelycum chiuso, le ali fanno da vero e proprio tappo allo stesso thelycum e

sono perciò indicate col termine di stoppers.

Nell’ampolla terminale si possono intravedere già ad occhio nudo, nell’animale vivo, le

spermatofore ormai elaborate.

I pori genitali si trovano in corrispondenza dell’ultimo paio di pereiopodi (5°), sulla

superficie interna della coxa.

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Completano la descrizione dei genitali maschili due strutture esterne: il petasma e

l’appendice mascolina, endopoditi trasformati del 1° e del 2° segmento addominale,

rispettivamente.

*Petasma di maschio adulto di P. japonicus (v. ventrale).

*Appendice mascolina (lunghezza circa 1,6 mm; larghezza circa 0,95 mm) di maschio adulto di P.japonicus (la freccia evidenzia la struttura dentellata).

All’atto dell’accoppiamento vengono emesse due spermatofore con le rispettive ali. Esse

formano una massa unitaria che può essere orientata ed inserita nel thelycum, proprio

grazie al lavoro di petasma e appendice masculina.

Gli spermatozoi dei Peneidi non sono mobili. In P. japonicus risultano costituiti da un

corpo principale tondeggiante (ø 4,2-5,2 µm) e da una sorta di lungo (5,5-6,5 µm) aculeo

anteriore (Ogawa e Kakuda, 1987), che consente l’adesione alla superficie dell’uovo.

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Apparato riproduttore femminile

L’ovario è costituito da due corpi simmetrici allungati che si estendono dal cefalotorace

anteriore all’ultimo segmento addominale.

*Localizzazione dell’apparato riproduttore femminile di un *Thelycum di femmina fecondata crostaceo Peneide (elaboraz. Da Bell e Lightner, 1988). P. japonicus : PR) pereiopodi;

PV) parete ventrale del t.; ST) stopper (elaboraz. Da Hudinaga, 1942).

Vi si possono distinguere in successione: 2 lobi anteriori, che si protendono fino alla

regione cervicale (dove possono anche ripiegarsi su loro stessi durante le fasi terminali

della maturazione ovarica), 6-8 lobi mediani, adagiati ed espansi sopra la ghiandola

digestiva, e 2 lobi posteriori, che corrono lungo l’intero addome. Dal 6° lobo mediano

destro e sinistro originano due ovidotti che si aprono alla base del 3° paio di pereiopodi.

Il volume ed il colore dell’ovario subiscono variazioni consistenti, ed apprezzabili anche ad

occhio nudo, durante la maturazione sessuale. E quindi possibile monitorare l’andamento

di quest’ultima, utilizzando le femmine giunte a maturità (e fecondate) per ottenere lotti di

uova fertili con cui dar corso alla produzione di post- larve.

Le femmine delle specie a thelycum chiuso conservano le spermatofore entro il ricettacolo

seminale. Esso si trova all’interno del thelycum, struttura ventrale tra il 7° e l’8° segmento

toracico (cioè tra il 4° ed il 5° paio di pereiopodi). Ad un primo esame, esso appare

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costituito da un’unica parete, che chiameremo parete ventrale, formante una specie di

marsupio. In realtà, rimuovendo la parete ventrale ne appare un’altra, la parete dorsale,

divisa in due metà che posteriormente danno origine ad una apertura rotonda che, a sua

volta, immette in una camera retrostante. Rimuovendo anche la parete dorsale si trova

infine il ricettacolo seminale, cavità sostanzialmente cieca dalla quale si dipartono

solamente due minuti canali, che fungono da via di espulsione degli spermatozoi (contenuti

nelle spermatofore) durante l’ovodeposizione. Il loro sbocco è alla base del 4° paio di

pereiopodi, di poco posteriore al poro genitale (3° paio di pereiopodi) da cui fuoriescono

invece le uova.

Accoppiamento

La copulazione avviene, in Penaeus japonicus, tra il maschio con esoscheletro

completamente sclerotizzato (hard) e la femmina che abbia appena esuviato (soft). Si

verifica, di norma, nelle ore notturne tra le ore 22 e le 3, secondo le osservazioni di

Hudinaga (1942). Durante il tempo che precede la copulazione, il maschio e la femmina

non nuotano, come di consuetudine, ma camminano l’uno vicino all’altra, lentamente, sul

fondo. Al momento dell’esuviazione la femmina si poggia lateralmente sul fondo e compie

un salto abbandonando l’esuvia, per poi reclinarsi lateralmente. Il maschio avanza verso la

femmina e la afferra dal lato ventrale. La coppia, tenendosi ventralmente unita, nuota con i

corpi reclinati. La durata della copulazione è di 3-4 minuti; in questo breve lasso di tempo,

il maschio con il petasma inserisce le spermatofore protruse dalla base del 5° paio di

pereiopodi nel ricettacolo seminale, attraverso il thelycum. Di norma il maschio di P.

japonicus è in grado di avere una sola copula alla volta nel corso di una notte, a differenza

di quanto può accadere in altre specie di Peneidi. Dopo l’accoppiamento il maschio e la

femmina si allontanano senza più avere altri contatti. Ogni volta che la femmina esuvia

avrà una successiva copulazione.

Nella fase di accoppiamento svolgono un ruolo importante i ferormoni che vengono liberati

all’approssimarsi del processo di esuviazione e che consentono al maschio di individuare la

femmina. Ciò è importante in ambiente naturale dove l’accoppiamento è alla base della

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propagazione della specie. Studi svolti in campo hanno evidenziato che l’accoppiamento di

norma avviene in tutte le femmine che abbiano esuviato; soltanto una bassa percentuale

(0,5%) non riesce ad accoppiarsi (Hudinaga, 1942). Nelle vasche di stabulazione dei

riproduttori, dove la densità della popolazione è elevata, può accadere che una femmina si

accoppi con due maschi nella stessa notte. D’estate, con temperature dell’acqua elevate, gli

animali esuviano frequentemente (anche ogni 15 giorni circa). Le femmine fecondate

perdono con l’esoscheletro anche le vecchie spermatofore e si possono accoppiare di

nuovo.

Le vasche per la stabulazione e il condizionamento dei riproduttori devono rispondere, in

termini di profondità, superficie, forma e volume, ai bisogni di spazio relativi ai

comportamenti appena esaminati. Vasche troppo piccole, con profondità insufficiente, o di

forma inidonea (per esempio molto strette e lunghe), non consentono agli animali di

accoppiarsi regolarmente.

Ovodeposizione

Anche l’ovodeposizione ha luogo durante le ore notturne (tra le ore 20 e 24, più raramente

dopo). Le femmine rilasciano uova (dal poro genitale, alla base deI 4° paio di pereiopodi) e

spermatozoi (dal poro di uscita alla base del 3° paio di pereiopodi), nuotando lentamente

nella colonna d’acqua, tenendo i pereiopodi ben serrati sul corpo e rimescolando i gameti

con il moto costante dei pleopodi. Un’emissione dura 3-4 minuti ed il numero di uova

deposte varia con la taglia dell’animale.

*Ovodeposizione in P. japonicus. *Uova con embrione in P. japonicus.

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Una femmina di P. japonicus di 20 cm di lunghezza, ad esempio, può emettere 700.000

uova in condizioni artificiali di riproduzione, mentre una femmina che sia maturata in mare

emette, mediamente, 400.000 uova (Hudinaga, 1942). Allorché si tratti di femmine

stabulate in vasche e maturate in condizioni artificiali il numero di uova, per emissione, può

scendere a valori medi di 100.000 unità. Le uova appena liberate sono allungate ma in

pochi minuti assumono una forma perfettamente sferica con un diametro variabile tra 290 e

320 µ.

Gli spermatozoi sono di dimensioni molto ridotte, 5,0-5,3µ , e fecondano l’uovo

nell’ambiente esterno, nel primo minuto dopo l’atto riproduttivo.

La segmentazione dell’uovo, di tipo totale ed eguale, inizia dopo 30-40 minuti

dall’emissione e procede rapidamente alla temperatura di 27-29 °C. Dopo circa 7 ore si

intravede già l’embrione e dopo 12-13 ore appare il nauplio già formato. La rottura della

membrana esterna dell’uovo avviene dopo 13-14 ore dalla riproduzione ed il tempo

richiesto per la fuoriuscita del nauplio è di 3-4 minuti.

La stagione riproduttiva di P. japonicus (con riferimento al Giappone) va da metà maggio a

metà settembre, con un massimo tra metà giugno e fine agosto. Durante numerose prove di

ingrasso della specie in Italia, sia in bacini lagunari che in vasche in terra, è stato possibile

campionare femmine mature da settembre a novembre (Lumare et al., 1985). La

numerosità e la presenza percentuale di queste ultime erano sempre in rapporto

all’andamento climatico e alla qualità dell’ambiente. In schiuditoio invece, le femmine

possono raggiungere la maturità già in febbraio-marzo.

Anche le vasche per l’ovodeposizione dovranno garantire alle femmine deponenti, per

quanto attiene a volume e forma generale, l’indispensabile libertà di movimento e la

necessaria sicurezza.

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Fecondità

Nei Peneidi, la dimensione degli individui di sesso femminile (lunghezza/peso corporei) e

il numero di uova prodotte sono direttamente correlati. In linea di massima quindi, a

dimensioni maggiori corrisponde una maggior capacità produttiva, esprimibile come

numero di uova emesse o presenti nell’ovario.

In natura, il numero di uova deposte da una femmina può variare da 100.000 nelle specie

più piccole (Parapenaeus), ad oltre 1.000.000 in quelle più grandi (P. monodon).

La capacità di stabulare e condizionare opportunamente lo stock di riproduttori ha riflessi

positivi sia in ordine alla quantità di uova deposte che alla loro qualità, correlata a sua volta

alle percentuali di schiusa, di sopravvivenza e di sviluppo norma le degli stadi larvali e

post-larvali.

Oogenesi e vitellogenesi

L’intero processo di formazione, moltiplicazione, differenziamento e accrescimento dei

gameti femminili ha luogo nell’ovario ed è caratterizzato da una serie di trasformazioni

cellulari, morfologiche e funzionali, che comprendono:

• la moltiplicazione degli oogoni (precursori diploidi dei gameti femminili)

• il differenziamento degli oogoni in oociti primari (nei quali ha luogo la divisione

meiotica);

• la previtellogenesi

• la vitellogenesi Ia

• la vitellogenesi IIa

• la maturazione meiotica (ovulazione e blocco in metafase Ia).

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All’ovodeposizione, che conclude la gametogenesi, fanno seguito l’attivazione e la

fecondazione, con la ripresa della meiosi e l’avvio dello sviluppo embrionale.

L’oogenesi, che si conclude con la previtellogenesi, è un fenomeno continuo, regolato

dagli ormoni MH, e comprende il differenziamento e l’evoluzione degli oogoni in oociti

primari.

La vitellogenesi, invece, è un processo discontinuo, essendo limitata al periodo

riproduttivo. In questa fase si ha accumulo di tuorlo, o vitello, all’interno degli oociti.

Il precursore extra-ovarico del vitello è la vitellogenina, una proteina ad alto peso

molecolare associata a lipidi, glucidi e gruppi prostetici di carotenoidi, che una volta

internata negli oociti prende il nome di vitellina (o lipovitellina). In P. japonicus le sedi di

sintesi della vitellogenina sembrano essere lo stesso ovario ed il tessuto adiposo

subepidermico.

Maturazione e rimaturazione

Per quanto sia accertato che un Peneide, in natura, dà luogo annualmente o stagionalmente

a più ovodeposizioni, non è noto con precisione il loro numero medio per specie e per

periodo. Yano (1984) ha dimostrato, in P. japonicus, la possibilità di una ripresa del

processo maturativo subito dopo l’ovodeposizione. Si ritiene che in cattività il numero

medio mensile di ovodeposizioni per femmina epeduncolata possa variare da 1 a 3 (Bray e

Lawrence, 1992).

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Peneidi a thelycum aperto e a thelycum chiuso

Il genere Penaeus viene suddiviso a sua volta in 6 sottogeneri (Holthuis, 1980):

- Farfantepenaeus;

- Fenneropenaeus;

- Utopenaeus;

- Marsupenaeus;

- Melicertus;

- Penaeus.

In base alla struttura del thelycum le differenti specie sono incluse nel tipo a thelycum

aperto (sottogenere Litopenaeus), o in quello a thelycum chiuso (altri cinque sottogeneri).

Si ricorda che il thelycum è la porzione esterna dell’apparato genitale femminile: una

struttura per l’accoglimento provvisorio (thelycum aperto) o stabile (thelycum chiuso) del

seme maschile che qui viene collocato durante l’accoppiamento, racchiuso in contenitori

che prendono il nome di spermatofore.

La forma del thelycum risponde in modo differente, nei due tipi sopra descritti, alla stessa

funzione vitale, cioè quella di raccogliere lo sperma affinché le uova possano in seguito

essere fecondate.

Nelle specie a thelycum chiuso il maschio si accoppia con una femmina soft (cioè

“morbida”, che ha da poco esuviato), inserendo le spermatofore entro il ricettacolo

seminale. Data appunto la struttura del thelycum, il seme può essere conservato a lungo,

anche per molti giorni, di solito fino all’emissione delle uova o alla muta successiva.

Nelle specie a thelycum aperto, invece, l’accoppiamento ha luogo tra un maschio ed una

femmina hard (cioè “dura”, in accordo alla consistenza dell’esoscheletro) e precede di

poche ore l’ovodeposizione.

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*Distribuzione tassonomica (per sottogeneri e specie) e geografica dei Peneidi a thelycum aperto e chiuso. POR) Pacifico Orientale; PIO) Pacifico Indo Occidentale; M) Mediterraneo; AOR) Atlantico Orientale; AOC) Atlantico occidentale.

Le spermatofore vengono fatte semplicemente aderire a protuberanze e spinosità del

thelycum dove non possono però permanere a lungo. In questo gruppo l’accoppiamento

precede di poco l’ovodeposizione e non può che interessare femmine ormai mature, nelle

quali la vitellogenesi sia sostanzialmente completata e l’ovulazione prossima.

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Nei due gruppi, a thelycum chiuso e a thelycum aperto, muta ed ovodeposizione sono

dunque intervallate da accoppiamento-maturazione e da maturazione-accoppiamento,

rispettivamente. In entrambi, durante l’ovodeposizione si ha la contemporanea fuoriuscita

degli spermatozoi e in tal modo le uova vengono fecondate nell’ambiente esterno.

Con riferimento alla riproduzione controllata, le due modalità implicano tecniche e

interventi operativi molto diversi. Nel caso delle specie a thelycum aperto, la presenza di

spermatofore aderenti al thelycum consente la selezione di femmine sicuramente prossime

all’ovodeposizione. Nel caso invece di gamberi a thelycum chiuso, solo le femmine con

gonadi in avanzato stato di maturità, oltre che fecondate, sono potenzialmente idonee

all’ovodeposizione. Comunque, si pone il problema del condizionamento dei riproduttori

che, per raggiungere la maturità sessuale, devono essere opportunamente stabulati,

alimentati e trattati.