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RIPRODUZIONE DI PENAEUS JAPONICUS:
ASPETTI TEORICI
FISIOLOGIA DELLA MUTA E DELLA RIPRODUZIONE
Ciclo di inter-muta
Con ciclo di inter-muta si intende la successione dei processi che precedono e seguono la
muta, o ecdisi, o esuviazione (cioè la rimozione del vecchio esoscheletro). L’insieme di
questi eventi rappresenta la strategia che gli artropodi, dotati di un esoscheletro chitinoso,
hanno adottato per potersi accrescere. Alcuni decapodi mutano stagionalmente, o
annualmente, o addirittura una sola volta nel corso di tutta la vita, andando perciò incontro
a lunghi periodi di inter-muta; altri invece, Peneidi inclusi, mutano frequentemente, ad
intervalli di qualche giorno o settimana”. Intorno ai 28°C, il nauplio di un Peneide muta
ogni 3-4 ore e la zoëa ogni 24-36 ore; con l’avanzare dello sviluppo, i tempi tra una muta e
l’altra tendono ad allungarsi. Nell’età adulta le mazzancolle vanno incontro a periodi di
inter-muta tanto più brevi quanto più l’acqua è calda. D’estate (e durante il
condizionamento dei riproduttori, in ambiente controllato, a temperature superiori ai 20°C)
l’ecdisi può essere frequente, ogni 1-3 settimane, mentre d’inverno può non aver luogo del
tutto. In generale, dunque, l’accrescimento nei Peneidi adulti è un processo sostanzialmente
continuo. Drach (1939), studiando gli eventi che precedono e seguono l’esuviazione nei
crostacei brachiuri, ha suddiviso il ciclo di inter-muta in differenti tappe, che servono ancor
oggi come riferimento generale per i crostacei. Esse vengono identificate con le lettere A,
B, C, D, E ed accorpate a loro volta nelle fasi dette di:
• (D) pre-muta, il vecchio esoscheletro viene in parte riassorbito, si forma la nuova
cuticola e sono inglobati consistenti volumi d’acqua;
• (E) muta, rimozione ed allontanamento della vecchia cuticola, demineralizzata;
• (C) inter-muta, l’esoscheletro è completamente consolidato e l’acqua assorbita in
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precedenza è sostituita dai tessuti in crescita;
• (A+B) post-muta, periodo di intensa mineralizzazione e di rafforzamento del nuovo
esoscheletro.
All’interno di ogni fase vi sono poi ulteriori suddivisioni, identificate dalla lettera che
contraddistingue la fase considerata, affiancata da uno o due indici (per esempio A1, C2,
D1’, D1”, ecc.). Durante la fase A, per esempio, si distinguono nei Peneidi i due momenti
A1 e A2, così identificabili (in Dall et aI., 1990):
• A1 (durata 1 ora): la cuticola è scivolosa ed ha la consistenza di una membrana
molle; alla base e nell’interno delle setae è visibile una matrice cellulare
trasparente;
• A2 (durata 5-8 ore): la cuticola, non più scivolosa, è ora soffice, ed ha ancora la
consistenza di una membrana molle; iniziano la retrazione della matrice cellulare
(visibile nel periodo A1) e la secrezione dell’endocuticola.
Periodo Durata� Eventi
INTER-MUTA C
5 gg
L’esoscheletro è duro e l’animate si alimenta regolarmente. Dura fino all’inizio della pre-muta (D), che segna l’avvio della fase preparatoria alla muta successiva.
PRE-MUTA D
20 gg
Preparazione alla muta: secrezione degli strati esterni della nuova cuticola, riassorbimento di calcio, mobilizzazione delle riserve metaboliche, cessazione graduale dell’alimentazione e di ogni altra attività.
MUTA E < 1 min Rimozione dell’esoscheletro.
POST-MUTA A
24 ore
Segue immediatamente la muta. L’intero esoscheletro è molle e flessibile. L’animale non si alimenta.
B
3 gg
Inizia l’indurimento dell’esoscheletro e l’animale continua a non alimentarsi.
*Schema del ciclo di muta nei Peneidi (� la durata di ogni periodo è riferita a P. stylirostris a temperature di 27-29 °C, secondo Robertson et al., 1987).
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Vi sono strette correlazioni tra ciclo di iter-muta, accrescimento, accoppiamento,
maturazione gonadica e controllo della riproduzione.
Controllo endocrino della riproduzione
In ambiente controllato, la maturazione delle gonadi ha luogo in genere senza problemi o
interventi manipolativi negli individui di sesso maschile. Pertanto risulta di maggior
interesse il controllo endocrino della riproduzione nei soli animali di sesso femminile
(Elaborazione da Bell e Lightner):Cerv.= cervello; G.T.= ganglio toracico.
Nei Peneidi, proteine del vitello si ritrovano nell’ovario, nella ghiandola digestiva e nel
tessuto adiposo, ma non è noto esattamente il contributo di ogni singolo tessuto alla
produzione totale di tuorlo (Quackenbush, 1991). Il complesso “organo X-ghiandola del
seno” (oX-gds) produce e rilascia due ormoni che controllano riproduzione (GIH o gonad
inhibiting hormone) e muta (MIH o mouting inhibiting hormone), rispettivamente.
L’ablazione del peduncolo oculare, in cui ha sede appunto il complesso oX-gds, induce nei
decapodi (nei giovanili di quasi tutte, e negli adulti di molte specie) una muta precoce,
apparentemente legata all’abbattimento del MIH e all’attivazione dell’organo Y, con
conseguente incremento degli MH (mouting hormones); nelle femmine adulte, invece, ha
per effetto la prematura deposizione intraovarica di tuorlo, sia durante la stagione non
riproduttiva che, in certi gruppi, negli stadi pre-puberali (in Adiyodi e Adiyodi, l970).
La muta ha luogo quando i livelli di MIH e GSH (gonad stimulating hormone) circolanti
sono bassi, mentre quelli di GIH ed MH sono elevati. Al contrario, prevale il processo
maturativo quando ad alti tassi di MIH e GSH circolanti si associano tassi modesti di GIH
ed MH.
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Durante la transizione dal periodo di post-muta a quello di inter-muta, quindi, si passa da
una condizione di sinergismo ad una di antagonismo tra l’azione del MIH e quella del GIH.
Il MIH agisce direttamente sull’organo Y, inibendo la sintesi di ecdisteroidi. Gli effetti
degli MH legati alla riproduzione sono a carico dell’ovario, dove sembra promuovano, con
un’azione di stimolo delle mitosi oogoniali, le fasi iniziali del processo maturativo. Non
sembra probabile che l’azione degli ecdisteroidi prodotti dalla ghiandola ventrale, che si
esplica in direzioni alquanto diversificate, sia specificatamente diretta verso la promozione
della vitellogenesi. Gli effetti su quest’ultima mettono in evidenza tuttavia le strette
interrelazioni fra crescita somatica e crescita riproduttiva.
Il cervello ed il ganglio toracico sono le sedi probabili di produzione dell’ormone GSH,
che stimola la maturazione gonadica. Se da una parte ne risultano ormai accertati
l’esistenza e l’effetto sulla vitellogenesi (Yano, 1988), rimangono tuttavia da chiarire gli
aspetti inerenti l’origine precisa, la natura chimica (forse peptidica) e i meccanismi
d’azione (Meusy e Payen, 1988) del composto. Il GIH, un piccolo peptide idrosolubile che
ha invece la capacità di inibire la maturazione gonadica, ha quali organi-bersaglio la
ghiandola digestiva e l’ovario, dove riduce o inibisce del tutto la sintesi proteica
(Quackenbush, 1991).
BIOLOGIA RIPRODUTTIVA
Apparato riproduttore maschile
L’apparato riproduttore maschile viene schematizzato nella figura:
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I testicoli sono la sede della spermatogenesi, cioè del processo di formazione dei gameti
maschili, o spermatozoi. Sono due corpuscoli biancastri appaiati, localizzati nel
cefalotorace, tra cuore e ghiandola digestiva, nei quali si possono distinguere una serie di
lobi laterali confluenti nella porzione prossimale dei vasi deferenti.
*Apparato riproduttore maschile di P. japonicus adulto: dai testicoli (massa biancastra in alto) si originano i vasi deferenti che si dilatano quindi nelle ampolle terminali, dove vengono allocate le spermatofore (visibili con gli stoppers).
*Maschio e femmina fecondata (adulti) di P. japonicus (v. ventrale): si distinguono il thelycum, con stoppers sporgenti, e il petasma.
Questi ultimi attraversano il corpo dell’animale in senso dorso-ventrale. Alla porzione
prossimale seguono la mediana, di maggior diametro e con pareti più spesse, e la distale,
che invece si assottiglia fino all’estremità finale, dove appare dilatata in una ampolla
terminale.
Durante la discesa degli spermatozoi lungo i deferenti ha luogo la formazione delle
spermatofore, costituite da una massa compatta di gameti maschili e dalle cosiddette ali.
Nelle specie a thelycum chiuso, le ali fanno da vero e proprio tappo allo stesso thelycum e
sono perciò indicate col termine di stoppers.
Nell’ampolla terminale si possono intravedere già ad occhio nudo, nell’animale vivo, le
spermatofore ormai elaborate.
I pori genitali si trovano in corrispondenza dell’ultimo paio di pereiopodi (5°), sulla
superficie interna della coxa.
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Completano la descrizione dei genitali maschili due strutture esterne: il petasma e
l’appendice mascolina, endopoditi trasformati del 1° e del 2° segmento addominale,
rispettivamente.
*Petasma di maschio adulto di P. japonicus (v. ventrale).
*Appendice mascolina (lunghezza circa 1,6 mm; larghezza circa 0,95 mm) di maschio adulto di P.japonicus (la freccia evidenzia la struttura dentellata).
All’atto dell’accoppiamento vengono emesse due spermatofore con le rispettive ali. Esse
formano una massa unitaria che può essere orientata ed inserita nel thelycum, proprio
grazie al lavoro di petasma e appendice masculina.
Gli spermatozoi dei Peneidi non sono mobili. In P. japonicus risultano costituiti da un
corpo principale tondeggiante (ø 4,2-5,2 µm) e da una sorta di lungo (5,5-6,5 µm) aculeo
anteriore (Ogawa e Kakuda, 1987), che consente l’adesione alla superficie dell’uovo.
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Apparato riproduttore femminile
L’ovario è costituito da due corpi simmetrici allungati che si estendono dal cefalotorace
anteriore all’ultimo segmento addominale.
*Localizzazione dell’apparato riproduttore femminile di un *Thelycum di femmina fecondata crostaceo Peneide (elaboraz. Da Bell e Lightner, 1988). P. japonicus : PR) pereiopodi;
PV) parete ventrale del t.; ST) stopper (elaboraz. Da Hudinaga, 1942).
Vi si possono distinguere in successione: 2 lobi anteriori, che si protendono fino alla
regione cervicale (dove possono anche ripiegarsi su loro stessi durante le fasi terminali
della maturazione ovarica), 6-8 lobi mediani, adagiati ed espansi sopra la ghiandola
digestiva, e 2 lobi posteriori, che corrono lungo l’intero addome. Dal 6° lobo mediano
destro e sinistro originano due ovidotti che si aprono alla base del 3° paio di pereiopodi.
Il volume ed il colore dell’ovario subiscono variazioni consistenti, ed apprezzabili anche ad
occhio nudo, durante la maturazione sessuale. E quindi possibile monitorare l’andamento
di quest’ultima, utilizzando le femmine giunte a maturità (e fecondate) per ottenere lotti di
uova fertili con cui dar corso alla produzione di post- larve.
Le femmine delle specie a thelycum chiuso conservano le spermatofore entro il ricettacolo
seminale. Esso si trova all’interno del thelycum, struttura ventrale tra il 7° e l’8° segmento
toracico (cioè tra il 4° ed il 5° paio di pereiopodi). Ad un primo esame, esso appare
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costituito da un’unica parete, che chiameremo parete ventrale, formante una specie di
marsupio. In realtà, rimuovendo la parete ventrale ne appare un’altra, la parete dorsale,
divisa in due metà che posteriormente danno origine ad una apertura rotonda che, a sua
volta, immette in una camera retrostante. Rimuovendo anche la parete dorsale si trova
infine il ricettacolo seminale, cavità sostanzialmente cieca dalla quale si dipartono
solamente due minuti canali, che fungono da via di espulsione degli spermatozoi (contenuti
nelle spermatofore) durante l’ovodeposizione. Il loro sbocco è alla base del 4° paio di
pereiopodi, di poco posteriore al poro genitale (3° paio di pereiopodi) da cui fuoriescono
invece le uova.
Accoppiamento
La copulazione avviene, in Penaeus japonicus, tra il maschio con esoscheletro
completamente sclerotizzato (hard) e la femmina che abbia appena esuviato (soft). Si
verifica, di norma, nelle ore notturne tra le ore 22 e le 3, secondo le osservazioni di
Hudinaga (1942). Durante il tempo che precede la copulazione, il maschio e la femmina
non nuotano, come di consuetudine, ma camminano l’uno vicino all’altra, lentamente, sul
fondo. Al momento dell’esuviazione la femmina si poggia lateralmente sul fondo e compie
un salto abbandonando l’esuvia, per poi reclinarsi lateralmente. Il maschio avanza verso la
femmina e la afferra dal lato ventrale. La coppia, tenendosi ventralmente unita, nuota con i
corpi reclinati. La durata della copulazione è di 3-4 minuti; in questo breve lasso di tempo,
il maschio con il petasma inserisce le spermatofore protruse dalla base del 5° paio di
pereiopodi nel ricettacolo seminale, attraverso il thelycum. Di norma il maschio di P.
japonicus è in grado di avere una sola copula alla volta nel corso di una notte, a differenza
di quanto può accadere in altre specie di Peneidi. Dopo l’accoppiamento il maschio e la
femmina si allontanano senza più avere altri contatti. Ogni volta che la femmina esuvia
avrà una successiva copulazione.
Nella fase di accoppiamento svolgono un ruolo importante i ferormoni che vengono liberati
all’approssimarsi del processo di esuviazione e che consentono al maschio di individuare la
femmina. Ciò è importante in ambiente naturale dove l’accoppiamento è alla base della
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propagazione della specie. Studi svolti in campo hanno evidenziato che l’accoppiamento di
norma avviene in tutte le femmine che abbiano esuviato; soltanto una bassa percentuale
(0,5%) non riesce ad accoppiarsi (Hudinaga, 1942). Nelle vasche di stabulazione dei
riproduttori, dove la densità della popolazione è elevata, può accadere che una femmina si
accoppi con due maschi nella stessa notte. D’estate, con temperature dell’acqua elevate, gli
animali esuviano frequentemente (anche ogni 15 giorni circa). Le femmine fecondate
perdono con l’esoscheletro anche le vecchie spermatofore e si possono accoppiare di
nuovo.
Le vasche per la stabulazione e il condizionamento dei riproduttori devono rispondere, in
termini di profondità, superficie, forma e volume, ai bisogni di spazio relativi ai
comportamenti appena esaminati. Vasche troppo piccole, con profondità insufficiente, o di
forma inidonea (per esempio molto strette e lunghe), non consentono agli animali di
accoppiarsi regolarmente.
Ovodeposizione
Anche l’ovodeposizione ha luogo durante le ore notturne (tra le ore 20 e 24, più raramente
dopo). Le femmine rilasciano uova (dal poro genitale, alla base deI 4° paio di pereiopodi) e
spermatozoi (dal poro di uscita alla base del 3° paio di pereiopodi), nuotando lentamente
nella colonna d’acqua, tenendo i pereiopodi ben serrati sul corpo e rimescolando i gameti
con il moto costante dei pleopodi. Un’emissione dura 3-4 minuti ed il numero di uova
deposte varia con la taglia dell’animale.
*Ovodeposizione in P. japonicus. *Uova con embrione in P. japonicus.
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Una femmina di P. japonicus di 20 cm di lunghezza, ad esempio, può emettere 700.000
uova in condizioni artificiali di riproduzione, mentre una femmina che sia maturata in mare
emette, mediamente, 400.000 uova (Hudinaga, 1942). Allorché si tratti di femmine
stabulate in vasche e maturate in condizioni artificiali il numero di uova, per emissione, può
scendere a valori medi di 100.000 unità. Le uova appena liberate sono allungate ma in
pochi minuti assumono una forma perfettamente sferica con un diametro variabile tra 290 e
320 µ.
Gli spermatozoi sono di dimensioni molto ridotte, 5,0-5,3µ , e fecondano l’uovo
nell’ambiente esterno, nel primo minuto dopo l’atto riproduttivo.
La segmentazione dell’uovo, di tipo totale ed eguale, inizia dopo 30-40 minuti
dall’emissione e procede rapidamente alla temperatura di 27-29 °C. Dopo circa 7 ore si
intravede già l’embrione e dopo 12-13 ore appare il nauplio già formato. La rottura della
membrana esterna dell’uovo avviene dopo 13-14 ore dalla riproduzione ed il tempo
richiesto per la fuoriuscita del nauplio è di 3-4 minuti.
La stagione riproduttiva di P. japonicus (con riferimento al Giappone) va da metà maggio a
metà settembre, con un massimo tra metà giugno e fine agosto. Durante numerose prove di
ingrasso della specie in Italia, sia in bacini lagunari che in vasche in terra, è stato possibile
campionare femmine mature da settembre a novembre (Lumare et al., 1985). La
numerosità e la presenza percentuale di queste ultime erano sempre in rapporto
all’andamento climatico e alla qualità dell’ambiente. In schiuditoio invece, le femmine
possono raggiungere la maturità già in febbraio-marzo.
Anche le vasche per l’ovodeposizione dovranno garantire alle femmine deponenti, per
quanto attiene a volume e forma generale, l’indispensabile libertà di movimento e la
necessaria sicurezza.
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Fecondità
Nei Peneidi, la dimensione degli individui di sesso femminile (lunghezza/peso corporei) e
il numero di uova prodotte sono direttamente correlati. In linea di massima quindi, a
dimensioni maggiori corrisponde una maggior capacità produttiva, esprimibile come
numero di uova emesse o presenti nell’ovario.
In natura, il numero di uova deposte da una femmina può variare da 100.000 nelle specie
più piccole (Parapenaeus), ad oltre 1.000.000 in quelle più grandi (P. monodon).
La capacità di stabulare e condizionare opportunamente lo stock di riproduttori ha riflessi
positivi sia in ordine alla quantità di uova deposte che alla loro qualità, correlata a sua volta
alle percentuali di schiusa, di sopravvivenza e di sviluppo norma le degli stadi larvali e
post-larvali.
Oogenesi e vitellogenesi
L’intero processo di formazione, moltiplicazione, differenziamento e accrescimento dei
gameti femminili ha luogo nell’ovario ed è caratterizzato da una serie di trasformazioni
cellulari, morfologiche e funzionali, che comprendono:
• la moltiplicazione degli oogoni (precursori diploidi dei gameti femminili)
• il differenziamento degli oogoni in oociti primari (nei quali ha luogo la divisione
meiotica);
• la previtellogenesi
• la vitellogenesi Ia
• la vitellogenesi IIa
• la maturazione meiotica (ovulazione e blocco in metafase Ia).
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All’ovodeposizione, che conclude la gametogenesi, fanno seguito l’attivazione e la
fecondazione, con la ripresa della meiosi e l’avvio dello sviluppo embrionale.
L’oogenesi, che si conclude con la previtellogenesi, è un fenomeno continuo, regolato
dagli ormoni MH, e comprende il differenziamento e l’evoluzione degli oogoni in oociti
primari.
La vitellogenesi, invece, è un processo discontinuo, essendo limitata al periodo
riproduttivo. In questa fase si ha accumulo di tuorlo, o vitello, all’interno degli oociti.
Il precursore extra-ovarico del vitello è la vitellogenina, una proteina ad alto peso
molecolare associata a lipidi, glucidi e gruppi prostetici di carotenoidi, che una volta
internata negli oociti prende il nome di vitellina (o lipovitellina). In P. japonicus le sedi di
sintesi della vitellogenina sembrano essere lo stesso ovario ed il tessuto adiposo
subepidermico.
Maturazione e rimaturazione
Per quanto sia accertato che un Peneide, in natura, dà luogo annualmente o stagionalmente
a più ovodeposizioni, non è noto con precisione il loro numero medio per specie e per
periodo. Yano (1984) ha dimostrato, in P. japonicus, la possibilità di una ripresa del
processo maturativo subito dopo l’ovodeposizione. Si ritiene che in cattività il numero
medio mensile di ovodeposizioni per femmina epeduncolata possa variare da 1 a 3 (Bray e
Lawrence, 1992).
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Peneidi a thelycum aperto e a thelycum chiuso
Il genere Penaeus viene suddiviso a sua volta in 6 sottogeneri (Holthuis, 1980):
- Farfantepenaeus;
- Fenneropenaeus;
- Utopenaeus;
- Marsupenaeus;
- Melicertus;
- Penaeus.
In base alla struttura del thelycum le differenti specie sono incluse nel tipo a thelycum
aperto (sottogenere Litopenaeus), o in quello a thelycum chiuso (altri cinque sottogeneri).
Si ricorda che il thelycum è la porzione esterna dell’apparato genitale femminile: una
struttura per l’accoglimento provvisorio (thelycum aperto) o stabile (thelycum chiuso) del
seme maschile che qui viene collocato durante l’accoppiamento, racchiuso in contenitori
che prendono il nome di spermatofore.
La forma del thelycum risponde in modo differente, nei due tipi sopra descritti, alla stessa
funzione vitale, cioè quella di raccogliere lo sperma affinché le uova possano in seguito
essere fecondate.
Nelle specie a thelycum chiuso il maschio si accoppia con una femmina soft (cioè
“morbida”, che ha da poco esuviato), inserendo le spermatofore entro il ricettacolo
seminale. Data appunto la struttura del thelycum, il seme può essere conservato a lungo,
anche per molti giorni, di solito fino all’emissione delle uova o alla muta successiva.
Nelle specie a thelycum aperto, invece, l’accoppiamento ha luogo tra un maschio ed una
femmina hard (cioè “dura”, in accordo alla consistenza dell’esoscheletro) e precede di
poche ore l’ovodeposizione.
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*Distribuzione tassonomica (per sottogeneri e specie) e geografica dei Peneidi a thelycum aperto e chiuso. POR) Pacifico Orientale; PIO) Pacifico Indo Occidentale; M) Mediterraneo; AOR) Atlantico Orientale; AOC) Atlantico occidentale.
Le spermatofore vengono fatte semplicemente aderire a protuberanze e spinosità del
thelycum dove non possono però permanere a lungo. In questo gruppo l’accoppiamento
precede di poco l’ovodeposizione e non può che interessare femmine ormai mature, nelle
quali la vitellogenesi sia sostanzialmente completata e l’ovulazione prossima.
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Nei due gruppi, a thelycum chiuso e a thelycum aperto, muta ed ovodeposizione sono
dunque intervallate da accoppiamento-maturazione e da maturazione-accoppiamento,
rispettivamente. In entrambi, durante l’ovodeposizione si ha la contemporanea fuoriuscita
degli spermatozoi e in tal modo le uova vengono fecondate nell’ambiente esterno.
Con riferimento alla riproduzione controllata, le due modalità implicano tecniche e
interventi operativi molto diversi. Nel caso delle specie a thelycum aperto, la presenza di
spermatofore aderenti al thelycum consente la selezione di femmine sicuramente prossime
all’ovodeposizione. Nel caso invece di gamberi a thelycum chiuso, solo le femmine con
gonadi in avanzato stato di maturità, oltre che fecondate, sono potenzialmente idonee
all’ovodeposizione. Comunque, si pone il problema del condizionamento dei riproduttori
che, per raggiungere la maturità sessuale, devono essere opportunamente stabulati,
alimentati e trattati.