b&g n°7

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Manager AAA cercasi nel settore manifatturiero Business Angels Analisi di un fenomeno in forte crescita Storie di successo Focus su: Parà Schneider Electric Rockwool Gruppo Camozzi Insurance Imprese assicurate: il modello Euler Hermes Siac Protagonisti Antonella Galimberti Daniele Mancini Federico Santoro Giuseppe De Beni Marco Prete Walter Benati Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB BERGAMO - COBALTO SRL anno II - numero 7 | luglio - agosto 2009 | € 7,00 GIUSEPPE VERRINI FOTOGRAFATO DA LORENZO CEVA In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di BERGAMO per la restituzione al mittente che si impegna al pagamento dei resi. www.businessgentlemen.it L’amministratore delegato di Adobe in Italia ci racconta le nuove sfide di un colosso dell’IT che punta su web 2.0 ed E-gov Giuseppe Verrini Creatività digitale 90007

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Business&Gentlemen è una rivista bimestrale dedicata al mondo delle imprese protagoniste della storia economica lombarda. I principali temi trattati sono cultura d’impresa, innovazione, formazione, internazionalizzazione, qualità, energie alternative. Tutto questo a cominciare dai volti, storie e personaggi che fanno grande questo straordinario tessuto imprenditoriale.

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ManagerAAA cercasinel settore manifatturiero

Business AngelsAnalisi di un fenomenoin forte crescita

Storie di successoFocus su: ParàSchneider ElectricRockwoolGruppo Camozzi

InsuranceImprese assicurate:il modello Euler Hermes Siac

ProtagonistiAntonella Galimberti Daniele ManciniFederico SantoroGiuseppe De BeniMarco PreteWalter Benati

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L’amministratoredelegato di Adobe in Italia ci raccontale nuove sfi dedi un colossodell’IT che puntasu web 2.0 ed E-gov

Giuseppe Verrini

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Legenda delle icone di lettura

Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive.

Innanzitutto ogni articolo pre-senta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto:

Giornalistico: servizi, approfon-dimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collabora-tori B&G.

Tecnico-scientifico: studi e ricer-che che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi.

Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design

Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone

Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico

Url: la segnalazione di siti e por-tali sul tema trattato

Argomenti correlati: segnala-zione di servizi B&G che trattano argomenti simili

Citazione: un ipse dixit che impre-ziosisce il discorso trattato

Bibliografia: la segnalazione bibliografica collegata all’ar-gomento

Noi facciamo il tifo per questo Paese e per i suoi imprenditori più innovativi, coraggiosi, capaci di guardare al di là dell ’orizzonte. Questo giornale, sotto i colpi di mortaio della crisi, continua a raccontare storie d’eccellenza e di suc-cesso, storie di aziende e protagonisti che continuano a fare al meglio la pro-pria attività portando il Made in Italy in tutto il mondo. Abbiamo la testa sotto la sabbia? Abbiamo il paraocchi e non ci rendiamo conto di quello che sta accadendo?

Qualcuno ci scrive che siamo ipocriti a non raccontare il dramma di tante realtà che stanno pagando a carissi-mo prezzo la grave situazione econo-mica in corso, la tragedia di lavoratori bravissimi che perdono il loro posto e aziende straordinarie che proprio non ce la fanno più ad andare avanti. Beh, questo non è vero. Già nei numeri pre-cedenti abbiamo dedicato ampio spa-zio alla crisi, in particolare al rapporto sempre più difficile tra banche e im-presa e anche in questo numero il ter-mine “crisi” è ripetuto parecchie volte, perché siamo faziosi ma non certo ipo-criti. Sul nostro sito web documentia-mo quotidianamente il corso di questo periodo nero.

Però, siamo “faziosi”, siamo “di par-te”. Già, noi siamo assolutamente dalla parte di chi crede che, alla fine, ne usciremo. Forse con qualche osso rotto, con ferite gravissime che non si rimargineranno mai del tutto, sicura-mente con grande sacrificio, ma alla fine ne usciremo. La canzone dice “Se sei a terra non strisciare mai”: anche noi la pensiamo così. E in un Paese in cui lo sport nazionale è quello di au-to-condannarsi, di guardare a quanto sono sempre più bravi gli altri, di spa-rare sempre frasi tipo “all ’estero que-ste cose non succedono”, noi restiamo

dalla parte dei nostri imprenditori. Ovviamente c’è tanto di sbagliato in quello che succede in casa nostra, ma ora è il momento di scendere dal pulpi-to delle accuse sterili e dare una mano a chi ce la sta mettendo tutta per salta-re l ’ostacolo. Una mano concreta, per quanto ci compete. Guardiamo alla politica. E guardiamola con gli occhi dell ’imprenditore. Assistiamo ogni giorno alle sfilate televisive di molti esponenti politici professionisti della poltrona tivvù che passano il loro tem-po a dire quanto sbagliano quelli della fazione opposta. Questo ci aiuterà ad uscire dalla crisi? La domanda è reto-rica, la risposta è drammatica.

Allora noi decidiamo di fare quanto è possibile per sostenere le aziende, gli imprenditori e i loro collaboratori a fare un passo avanti lungo questo dif-ficile cammino. Continueremo a rac-contare quanto di grande si fa ogni momento nelle nostre imprese. Con-tinueremo a difendere il lavoro di chi guarda dritto ai suoi obiettivi e com-batte. Senza strisciare mai.

B&G è anche online!Non una semplice vetrina della rivista, ma un magazine vero e proprio dedicato al mondo delle imprese, del business e del lifestyle. Servizi quotidiani e approfondimenti suddivisi in canali tematici: dall’economia ai personaggi, dall’internazio-nalizzazione ai giri di poltrona, dalle fi ere all’Ict. E poi, i canali dedicati all’intrattenimento e al lusso: yacht, motori, gioielli, orologi, viaggi e molto altro. Visita il nuovo sito di B&G: www.businessgentlemen.it

Editoriale di Mauro Milesi

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Sommario numero 7 | luglio -agosto 2009

4. Editoriale Noi stiamo dalla parte degli imprenditori

8. Abstract Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

10. Fatturazione Con quella elettronica meno sprechi e più Pil

12. AAA Manager Cercasi soprattutto nel settore manifatturiero

16. Made in Italy Quando un prodotto può usare questa denominazione

18. Business Angels Anche le nuove imprese hanno l’angelo custode

22. Rockwool La casa di domani con la lana di roccia

26. Gruppo Camozzi Da Brescia la leadership nella componentistica

30. Schneider Electric Lo specialista glogale dell’energia

34. Parà Tre generazioni di grandi successi

38. Adobe L’innovazione creativa del colosso informatico

42. Lady Economy Antonella Galimberti e la sua ricetta d’impresa

46. Investimenti Il nuovo polo della farmaceutica

50. Marketing L’emozione e la qualità

comunicate da Damiani

54. Sostenibilità Italgen e la sua energia verde in armonia con l’ambiente

58. Business online Casa.it, il portale immobiliare

che spopola sulla rete

62. Mondo motori Il caso Carcomauto che primeggia nonostante la crisi

66. Imprese assicurate Il modello di successo Euler Hermes Siac

68. Internazionalizzazione Quando e come pensare al business oltreconfi ne

70. Eccellenza al lavoro Cinquanta dipendenti premiati da Confi ndustria BG

72. Arte Da Courbet a Millet la mostra in provincia di Udine

76. Questioni di stile Gli umidifi catori per sigari oggetto di culto per gli appassionati

80. Yacht Story A puntate per scoprire le origini di un mondo straordinario

84. Le Forme del Tempo Continua il dossier di Serafi no Consoli

sul tempo e le sue eccellenze

100. Wellness A cinque stelle nel cuore della Maremma

104. Viaggi Il Canada che non avete ancora mai visto

110. Due ruote Tanti auguri alla mitica Bonnie

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Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

Nuggets of B&GWe dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

Innovation and creativityAdobe Systems’ roadA story of innovation, creativity and technology. It is the story of Adobe Systems, a leading company in soft ware production and a creator of new criteria for the production and distribu-tion of contents that involve people almost everywhere and at any time. Adobe solutions are used daily by many leading organizations in various fi elds, such as publishing, Public Administration, fi nancial services, telecommunications and education: Flash Player is installed on 99% of Internet-con-nected computers and circulating PDF fi les are more than 250 millions. Most of the images that can be seen in magazines, on billboards and in the advertisements, or in movies and on TV have been processed with Adobe soft ware.Giuseppe Verrini, Adobe Systems’ managing director, talks of the successes, the goals, the projects and the hopes of a com-pany committed, among other things, to modernization and dematerialization of the Public Administration sector (the management of paper documents is absorbing 1% of the GDP today). Over the last weeks a memorandum of understanding has been signed between Renato Brunetta, Minister of Pu-blic Administration and Innovation, and Adobe Systems. It is actually aimed at a cooperation on the issue of demateria-lization, which is considered to be a strategic issue for PA in schools, welfare and justice contexts.

Th e Italian manufacturing industry is holding up well against the crisisIn a time of crisis, lay-off pays and reduced jobs, the manufacturing industry seems to hold up. Th ese are the results of a research study by Pro-melec International, a Milan-based executive se-arch company stating that segment of medium and large-size Italian manufacturing industries has proved to be the only one that maintains a certain degree of vitality from the viewpoint of executive mobility. Generally speaking, the trend of the executive sector records 5,000 managers sacked in 2008, versus 3,000 in 2007, with only 2,800 recruited ones. Actually, 35% of the total number of mana-gers recruited this year concerns manufacturing companies. “It mainly involves the traditional fi elds of the top four “Made-in-Italy” companies – explains Maurizio Cuocci, a partner of Prome-lec International’s – Th e Food-Wine sector holds quite fi rm (see for instance Grandi Salumifi ci Italiani), whereas Clothing-Fashion, Home Fur-niture and, above all, Automation-Engineering and Rubber and Plastic have suff ered greater loss of orders. Another fi eld where the “Italian Know-How” plays a leading role and seems to suff er less from the crisis is that of design, con-struction and maintenance of large plants in the chemical, petrochemical, Oil & Gas, Energy and civil facility industries. In the latter segment, the design and installation of renewable energy plants, namely Photovoltaics, are having a very positive trend”. According to the mentioned research study, the main roles covered by the recruited managers are in the technical-produc-tive or commercial range: in the former stand technical managements or production/factory managements in Italy or abroad, where it is cru-cial to have individuals capable of guiding the functions towards features that individualize the product or company.

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Sustainable energy, the Italgen casePassword: environmental sustainability. A leit-motif that regularly comes with the activity and growth of the Italcementi Group, the number one Italian producer of building material. On the energy front, on an Italian level, the Group pro-duces about 317,000 gigawatts/hour, whereof 18 % (58,000 gigawatts/hour) comes from renewable sources. By comparison, in 2008, Italgen produced 388 gigawatts/hour, whereof as much as 80% (311 gigawatts/hour) comes from renewable sources. “Th is very high rate – says Giuseppe De Beni, Ma-naging Director of Italgen, during the interview – is in line with the strategic choices of the Italce-menti Group, which has always been sensitive to the issue of environmental sustainability”. Italgen has decided to turn to good account the know-how and wealth of skills accrued over the years in Italy for new investment abroad, favouring countries that fall within the fence of the parent company – the Italcementi Group – right because the cement manufacturing process entails a con-siderable consumption of electrical power. More specifi cally, most attention has focused on Moroc-co, Egypt and Turkey. Th ere, in the next coming years, three Aeolian Parks will be set up totalling an overall installed capacity of over 300 MW.

Th e new company has a Business AngelIn just thirteen years of life they have opened the doors of Art It reads “Business Angel”, it means “creation of innovation and new business owing to the direct action of a natural person”. It mostly involves managers, entrepreneurs with heaps of experien-ce behind and willing to invest capitals and experience in new projects. Th e fi gure of the Business Angel was born in the United States but, in recent years, it has also started taking roots in the Italian territory. Today more than ever, owing to the bank credit crisis, it is having greater and greater importance. According to a research study by the Italian Business Angel Network (IBAN), the angel investing market in Italy seems to have ended its pio-neer stage, which started in the years 1999/2000, and has fi nally consolidated with a greater diff usion over the territory, coming into line with the condition of the other European countries. In-deed, data reveals that concluded deals have been increasing in number in the last three years, and that many people that are part of the sample declare to be BAs and would seriously invest, but have not done it yet. But how does the investment, or rather the active action of the BA in the company take place? “Business angels – says Paolo Anselmo, President of Iban – generally in-vest from 25,000 € to 250,000 € per company. Besides the capi-tals, they also provide their skills to enable the new companies to grow and enter the market. Th eir action develops over time and takes very diff erent forms. Th e benefi ts? Many, both for the investor and, of course, for the company. Th e awareness of the great importance of these fi gures is growing in Italy, especially in the light of the 2009 Finance Act, which has introduced a tax exemption on capital gains from investment in Start-Ups opera-ted by natural persons (Business Angels), if they are reinvested into further Start-Ups within the next 24 months”.

At the discovery of four successful companiesFour stories of successful entrepreneurship for as many Lombard companies. Schneider, based in the Bergamo area, Parà, located in Brianza, Camozzi Spa, based in Brescia and the international, Milan-based company Rockwool are four examples of companies that have been able to innovate and grow in spite of the crisis. Schneider Electric, a company with activities in more than a hundred countries worldwi-de, has conquered over time a position of expert in energy management and has strengthened its position as a leader in the industry. With 2,000 employees and overall sales tur-nover exceeding 750 million euro in Italy, today Schneider Electric counts fi ve cutting-edge industrial sites, an inte-grated logistics Centre based in Turin, a unifi ed customer care centre and eight commercial areas distributed over the national territory, among which is that of Stezzano, in the Bergamo area. Th e company Parà, which has been managed by the Parravicini family for three generations, is a leader in

the Italian market and one of the major players on the world stage in sun shades, interior and exterior furniture and fur-nishings for the nautical industry. It has added cutting-edge technologies and research & development to continuity and the spirit that has animated the life of the Brianza company since the 1920s. Th e Camozzi Group, which manufactures pneumatic components for industrial automation, is pre-sent worldwide with 20 branch offi ces and 56 distributors, and is in the shortlist of companies that promote and carry the “Made-in-Italy” label all over the world. As at today, the Group’s turnover is about 330 million euro, with past ear-nings performance a little less than 50 million euro (2007 data). Finally, the story of the Rockwool Group, the world’s greatest producer of rock wool, starts in Denmark. Th e company was founded in Denmark in 1937. Over the years it has developed throughout Europe, from North to South and from East to West. It has 23 factories in all, whereof three are in Canada and one in Malaysia. All the other loca-tions are in Europe.

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Un salto in avanticon la fatturazione elettronica

Passare al digitale e dematerializzare tutta la procedura potrebbe generare un risparmio di circa 60 miliardi e un incremento della produttività di 3 punti percentuali. Lo studio della School of Management del Politecnico di Milano

Un risparmio di circa 60 miliardi euro e un aumento di produt-tività, per l’Italia, dall’1 al 4% del Pil annuo. Sono i benefi ci della fatturazione elettronica stimati e messi nero su bianco nel terzo rapporto dell’Osservatorio Fatturazione elettronica e demateria-lizzazione della School of Management del Politecnico di Milano. I risultati dell’Osservatorio ben evidenziano come la fatturazione elettronica – intesa in senso lato come integrazione e demateria-lizzazione del ciclo complessivo ordine/pagamento – possa real-mente rappresentare un importante fattore di competitività per le singole imprese, per le fi liere, per la Pubblica Amministrazione e quindi, in ultima istanza, per il Paese nel suo complesso. La fatturazione elettronica può rappresentare un’importante leva competitiva per la singola impresa, si riducono le attività non a valore aggiunto e si servono meglio i propri clienti, con investi-menti tecnologici e organizzativi tutto sommato limitati rispet-to ai benefi ci. I benefi ci risultano ampiamente superiori ai costi correnti e agli investimenti necessari per conseguirli. La prospettiva del valore è quella scelta da Alessandro Perego, re-sponsabile scientifi co dell’Osservatorio che ha preferito mettere l’accento sui soldi che la fattura digitale permette di risparmiare alle aziende. “Secondo le nostre stime, sono circa 1,3 miliardi le fatture B2b scambiate ogni anno in Italia - in tutti i settori - e cir-ca 1 miliardo le fatture B2c, prevalentemente nei settori energia, telefonia e prestazioni professionali - spiega Perego. A questo totale si possono applicare benefi ci potenziali per cia-scuna fattura compresi tra i 2-3 euro e gli 80 euro, in funzione del settore e del grado di copertura della soluzione implementa-ta. Il benefi cio potenziale per l’Italia - in termini di aumento di produttività - derivante dall’adozione diff usa della fatturazione elettronica risulterebbe compreso tra i 10 miliardi di euro l’an-no - se le logiche della dematerializzazione fossero applicate alla sola fase di fatturazione - e i 60 miliardi di euro l’anno - nel caso in cui l’adozione fosse estesa all’intero ciclo ordine-pagamento.

Si tratta di valori compresi tra l’1% e il 4% del Pil. Un’adozione estesa della Fatturazione Elettronica avrebbe, inoltre, un impat-to atteso sulla Pa estremamente signifi cativo - prudenzialmente stimato tra 300 milioni e 2 miliardi di euro di benefi ci annui, in funzione del modello di adozione - e altrettanto signifi cativa sarebbe la ricaduta potenziale sui fornitori della Pa”.Il grado di adozione della fatturazione elettronica da parte del sistema aziendale e della pubblica amministrazione in Italia ri-sulta essere ancora basso ma con buoni tassi di crescita. Ricerca alla mano, sono identifi cabili due insiemi di imprese che stanno avvicinandosi alla fatturazione elettronica partendo da punti di vista piuttosto diversi, per storia e presupposti culturali. Da una parte, vi è il mondo delle aziende che scambiano con i loro clienti e/o fornitori – in alcuni casi da molti anni – documenti del ciclo commerciale in formato elettronico strutturato. Sono circa 7mila le imprese inserite in fi liere che hanno sviluppato e utilizzano formati elettronici strutturati standard EDI e quasi 35mila le im-prese che, invece, utilizzano formati proprietari. A queste impre-se si aggiungono quegli ecosistemi che si creano intorno ai porta-li Web di alcune leader di fi liera, una cinquantina circa secondo le nostre stime, per altre circa 15mila imprese complessivamente coinvolte. Circa un terzo di queste 60 mila imprese scambia con i partner commerciali il documento fattura in formato elettronico strutturato, risultando quindi già molto vicino alla realizzazione del paradigma della fatturazione elettronica a norma di legge. Dall’altra parte si hanno le circa 2mila aziende che hanno inizia-to ad aff rontare il tema della fatturazione elettronica a partire dai modelli di conservazione sostitutiva delle fatture (attive, passive o entrambe). Come è ben spiegato nella ricerca, i fattori cruciali per un’adozio-ne più diff usa della fatturazione elettronica sono prevalentemen-te legati al quadro normativo, alla disponibilità di standard e re-gole tecniche chiare e condivise e alla gestione del cambiamento

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Ict news

interno. ”Quest’ultimo fattore – spiega Perego – ha un’importanza decisiva perché rischia di bloccare i progetti di fatturazione elettronica o, quanto meno, di ridurne la portata rispetto alla potenzialità”. Analizzando i casi eccellenti di fattura-zione elettronica, la ricerca del Politec-nico ha delineato alcuni tratti comuni: “La consapevolezza e l’impegno da parte del vertice aziendale e il coinvol-gimento diretto di tutte le principali funzioni impattate; la gestione del ciclo ordine-pagamento come un processo unico al quale allineare l’organizzazio-ne e i sistemi informativi; la cultura di supply chain, in termini di conoscenza del contesto esterno e l’apertura alla collaborazione”. Ma il vero motore di questo nuovo si-stema effi ciente ed effi cace, come evi-denzia Alessandro Perego, è il concetto del “fare sistema”: “Sono già in essere tutte le condizioni per poter imple-mentare i modelli di fatturazione elet-tronica più semplici ma vi sono alcune azioni di sistema che potrebbero co-stituire un motore importante per la diff usione dei modelli di fatturazione elettronica più completi tra cui un dia-logo strutturato tra il mondo bancario e il mondo delle imprese, un confronto tra fi liere che hanno già tassi e maturi-tà di adozione importanti e fi liere che sono, invece, agli inizi del percorso. Oppure un tavolo tra il sistema della Pa e il mondo delle imprese che già opera-no con modelli di dematerializzazione e un confronto sistematico tra tutte le componenti (banche, imprese, Pa e le-gislatore).

Sono circa 1,3 miliardi le fatture B2b scambiate ogni anno in Italia 1 miliardo le fatture B2c, prevalentemente nei settori energia, telefonia e prestazioni professionali. A questo totale si possono applicare benefi ci potenziali per ciascuna fattura compresi tra i 2-3 euro e gli 80 euro, per un benefi cio potenziale per l’Italia tra i 10 miliardi e i 60 miliardi di euro l’anno

www.osservatori.net

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del ManagerAlla ricerca

perdutoAAA manager cercasi. In tempi di crisi sembrerebbe un annuncio lontano dalla re-altà, ma da quanto emerge da una ricerca di Promelec International, società milanese di executive search, il settore delle medie e medio-grandi aziende manifatturiere ita-liane andrebbe in controtendenza, confer-mandosi l’unico capace di mantenere una certa vitalità dal punto di vista della mobi-lità dei dirigenti. In generale l’andamento del comparto dirigenziale mostra 5mila manager lincenziati nel 2008, contro i 3mi-la del 2007, a fronte di sole 2800 assunzio-ni. E il 35% del totale dei manager assunti quest’anno riguarda proprio le imprese del comparto manifatturiero. “Si tratta soprat-tutto dei settori storici delle “4A” Made in Italy – spiega Maurizio Cuocci, partner di Promelec International - l’Alimentare-Vini tiene senza grandi problemi (vedi per esempio Grandi Salumifi ci Italiani), men-tre Abbigliamento-Moda, Arredo-Casa e soprattutto Automazione-meccanica-gom-maplastica risentono maggiormente di un calo degli ordini. Un altro settore in cui “il saper fare italia-no” è protagonista e sembra risentire meno della crisi è quello della progettazione, co-struzione e manutenzione dei grandi im-pianti in ambito chimico e petrolchimico,

L’analisi

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Crescono i licenziamenti dei dirigenti, ma c’è un

settore in controtendenza: nel manifatturiero la ricerca di leader è in

aumento con il 25% di nuove assunzioni nel

2009. L’analisi di questo fenomeno secondo una

ricerca di Promolec

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Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

Oil & Gas, Energia e Infrastrutture civili. In quest’ultimo ambito sono le realtà di progettazione e installazione di impianti di ener-gia rinnovabili, in particolare il Fotovoltaico, ad avere un anda-mento molto positivo”. Questo segmento di imprese, secondo uno studio di Mediobanca e Unioncamere, è composto da 4000 imprese industriali di me-die dimensioni (fatturati tra 13 ai 290 milioni di euro e da 50 a 499 dipendenti), cui si aggiungono 600 realtà medio-grandi con fatturati fi no a 3 miliardi di euro. Nella maggior parte dei casi, le aziende in questione hanno i connotati di piccole multinazionali con stabilimenti produttivi e fi liali commerciali a livello interna-zionale, accomunate dal posizionamento nell’alta di gamma dei rispettivi mercati e da una solida vocazione all’export.Ma uno tra i veri punti di forza che permettono a queste aziende di fare la diff erenza sul mercato nazionale e internazionale e di far fronte alla crisi, è la rapidità, come spiega Cuocci: “Il prin-cipale punto di forza è la rapidità con cui si riescono a mettere a punto le contromosse per combattere la crisi e a implementare praticamente delle strategie, sia quando si tratta di intervenire sui costi (riorganizzazioni – tagli al personale), sia sui ricavi e sullo sviluppo (ricerca di nuovi mercati di sblocco, magari di nicchia, su cui recuperare fatturati che si perdono altrove). Nelle aziende

di medio - medio grandi dimensioni, l’azionista di riferimento ha spesso un ruolo attivo in azienda e pertanto i processi decisio-nali sono più corti. Davanti a scenari economici in mutamento come l’attuale, l’agilità e quindi la rapidità con cui si modifi cano i comportamenti di un’impresa è un fattore critico di successo se non addirittura di sopravvivenza”. Il denominatore di molte delle imprese resta il Made in Italy “inteso come capacità tutta italiana di innovare e di puntare su prodotti che si distinguono nel mondo per qualità e creatività, rappresenta una scelta obbligata per com-petere nell’economia globale”.Ricerca alla mano, i principali ruoli ricoperti dai manager assunti sono in ambito tecnico produttivo o in ambito commerciale: fra i primi le direzioni tecniche o le direzioni di stabilimento/pro-duzione in Italia o all’estero dove è importante avere persone in grado di guidare le funzioni verso i caratteri diff erenzianti del prodotto/impresa. “In ambito commerciale – spiega Cuocci - i ruoli più signifi cativi sono quelli di Responsabilità Commerciale sui mercati esteri (Direttore Export o Direttore di Filiale Estera) perché le imprese, anche di medie dimensioni, hanno necessità di fare conoscere e vendere il loro prodotto di qualità sui mercati esteri, dove il Made in Italy è molto apprezzato anche sui mer-cati emergenti del sud-est asiatico. La crescita di queste imprese

Il caso LOVATOVincere la crisi puntando sull’innovazione, la tecnologia e sugli in-vestimenti costanti negli anni. È la fi losofi a e strategia su cui la Lo-vato Electric Spa, azienda storica presente sul territorio da 86 anni, continua a muoversi per contrastare il diffi cile momento economico. Lovato Electric Italia insieme alle sue 11 sedi estere ed ai 59 distribu-tori uffi ciali rappresentano il punto di riferimento per la distribuzione mondiale dei propri prodotti in oltre 88 paesi. Come spiega l’ammi-nistratore delegato, Massimo Cacciavillani, nel caso della Lovato non sono stati assunti nuovi manager per il semplice fatto che nell’azien-da bergamasca, da sempre si punta sui giovani cresciuti al proprio interno, a partire dall’inizio della loro esperienza lavorativa dopo la laurea.

Partendo dalla ricerca di Promelec, per quanto riguarda la sua per-sonale esperienza, si sente di confermare questa tendenza positiva

Il caso ISEONon hanno rallentato gli investimenti nelle ri-sorse umane, anzi. Per l’azienda bresciana Iseo Serrature la ricerca di nuove fi gure specializ-zate continua soprattutto nei settori dell’in-formatica, commerciale e progettazione. Lo conferma Gianluigi Fenocchio, direttore Ri-sorse Umane. Iseo Serrature, azienda di Pisone (Brescia), è nata nel 1969 dalla sfi da imprendi-toriale di Giuseppe Facchinetti. Oggi il Grup-po Iseo (costituito nel 1998) conta 760 collabo-ratori, di cui il 50% in Italia. Iseo ha raggiunto nel 2008 un fatturato di 106M di euro, con una crescita dell’8% rispetto al 2007, incremento ottenuto mediante un 4% di crescita organica e un 4% derivante da acquisizioni.

Dalla ricerca di Promelec emerge che l’unico settore che sembra mantenere una certa vi-talità dal punto di vista della mobilità dei di-rigenti è quello delle medie e medio�grandi aziende manifatturiere italiane. Partendo dalla realtà in cui lei lavora, si sente di con-fermare questo dato (avete assunto dei ma-nager.....)?Se osservo la nostra realtà mi sento di confer-mare questo dato. La nostra azienda ha rea-lizzato e inserito una serie di investimenti nel business plan del Gruppo per il triennio 2009-2011. Gli investimenti nelle risorse umane non hanno subito alcun tipo di rallentamento soprattutto sul fronte della ricerca e selezione nelle aree strategiche. Adesso come adesso stiamo cercando fi gure altamente specializ-

zate per il settore commerciale nella gestione dei canali distributivi, per l’informatica per adeguare la struttura alla nostra crescita e una fi gura tecnica per la progettazione di prodotti.

Quali sono i punti di forza del settore mani-fatturiero? L’elemento distintivo è la fl essibilità e la ve-locità di risposta al cliente. Una velocità che è frutto e logica conseguenza del sistema pa-dronale che caratterizza l’azienda: le decisioni sono rapide e non seguono un iter complesso e stratifi cato. Un’altra caratteristica è l’innova-zione di produzione e processo, importanti per contrastare il mercato in crisi.

Quali sono i principali ruoli che i manager

www.lovatoelectric.com

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L’analisi

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Guardare gli eventi e le situazioni in una luce positiva è importante. La forza, la saggezza e la gioia che accompagnano un simile atteggiamento portano alla felicità. Guardare le cose con ottimismo o benevolenza non significa essere stupidamente ingenui e permettere agli altri di approfittare della nostra buona disposizione d’animo. Significa avere la saggezza e l’intuizione di muovere le cose in direzione positiva, considerandone l’aspetto migliore pur rimanendo concentrati sulla realtà. Daisaku Ikeda

nell’assunzione dei manager? Personalmente non ho riscontrato questo dato. Nell’ultimo periodo non abbiamo mai assunto dirigenti. Tutti i dirigenti Lovato Electric SpA sono stati nomina-ti tali quando già lavoravano da noi. L a maggior parte è stata assunta in giovane età, molti i neolaureati e dopo un percorso professionale hanno ottenuto la nomina a dirigente.

La realtà di Lovato Electric esporta in oltre 80 Paesi; negli ultimi anni avete avviato una serie di importanti inve-stimenti sia sul fronte delle strutture che per la produzione. Cosa permette a

un’azienda di essere vincente anche nei periodi di crisi? Un forte decentramento delle attività non strategiche, bassi costi fi ssi, una politi-ca di investimenti costanti negli anni, la progettazione di prodotti ad elevato con-tenuto innovativo e tecnologico in grado di off rire buona marginalità sono gli ele-menti che stanno premettendo a Lovato Electric SpA di aff rontare con buoni ri-sultati la diffi cile congiuntura economica mondiale. Quali nuove strategie d’azione avete messo in atto per contrastare la crisi? Il potenziamento dell’organizzazione

commerciale, il raff orzamento delle strut-ture per la progettazione ed il lancio di numerosi nuovi prodotti, la riduzione dei costi sono fra le principali azioni messe in atto per contrastare la crisi.

Che caratteristiche deve avere un mana-ger per portare un reale valore aggiunto all’interno dell’azienda? Capacità di motivare la sua squadra e di rendere condivise le strategie aziendali, onestà intellettuale, propensione al cam-biamento e grande capacità di adattamen-to alle condizioni del mercato, costante ricerca della soddisfazione del cliente.

www.iseoserrature.itin questione assumono all’interno di queste imprese? Nell’anno 2008-2009 abbiamo assunto manager per far cresce-re ulteriormente l’impresa. Si tratta di responsabili per i settori commerciale, fi nanziario, amministrativo e tecnico. L’80% dei manager sono arrivati dal settore manifatturiero, una mino-ranza da holding comunque ben strutturate.

In tempi di crisi come deve muoversi un’impresa, secondo lei? Soprattutto nei confronti dei propri dipendenti? Prima di tutto ci vuole trasparenza, comunicazione e informa-zione preventiva nelle relazioni industriali e quindi nei rapporti con la maestranza. È importante il rispetto dei ruoli e la parteci-pazione alla vita aziendale per individuare i percorsi più appro-priati e gestire al meglio questa crisi, senza intaccare i processi produttivi.

è guidata dalla capacità di sviluppare busi-ness sui mercati internazionali con incre-mento della quota export sul fatturato e ciò richiede manager di visione internazionale in grado di analizzare quali sono i mercati di maggior potenziale e di defi nire strategie commerciali”. La maggior parte dei manager in questione arrivano da altre imprese manifatturiere italiane “dove hanno già avuto la possibilità di confrontarsi con successo su progetti di sviluppo aziendale e sono pronti, grazie alle competenze acquisite, per replicare i pro-getti condotti all’interno di altre organiz-zazioni o imprese”. In altri casi provengono da grandi gruppi multinazionali esteri dove hanno sviluppato competenze manageriali solide (commerciali o tecniche che siano). “In questo caso – sottolinea Cuocci - devo-no fare un cambio di mentalità perché de-vono essere in grado di calarsi in contesti meno burocratici e orientati a uno stile ma-

nageriale più operativo e concreto”.Il peggio inteso come momento più basso in termini di domanda di mercato/ingresso ordini sembra terminato. Lo conferma lo stesso Cuocci per cui “l’opinione comune è che il ritorno a valori/volumi ante-crisi sarà comunque molto graduale e non si comple-terà prima di un paio d’anni, non ci sarà la cosiddetta curva a “V” nell’andamento de-gli ordini e dei fatturati. Settembre - ottobre 2009 sarà il momento in cui le aziende avranno una visione più chiara su quelli che saranno i tempi e le mo-dalità della ripresa e quindi una prospetti-va circa i propri investimenti”.È opinione comune che questa crisi abbia cambiato per sempre alcuni modelli di comportamento dei consumatori e di con-seguenza delle imprese. “Sembra termina-to il tempo di un consumismo irrazionale a favore di un consumismo consapevole – conclude Cuocci -. Il consumatore fi nale

sarà sempre più attento a valutare concre-tamente il valore di prodotto in relazione al bisogno che soddisfa. Il cambiamento negli stili di consumo non potrà non avere eff et-ti anche sul modo di fare impresa, facendo propri principi etici di responsabilità socia-le di impresa”. |

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Quando può essere legittimamente apposto il “Made in Italy” sui prodotti tessili? Un abito composto da tessuto di origine indiana, prodotto a partire da fi lato di origine cinese, confezionato in Ita-lia, che origine avrà?

Pur non essendo ad oggi previsto nel mercato comunitario alcun obbligo di apporre l’indicazione del paese di origine sui prodotti messi in commercio, è noto a tutti che l’apposizione del “Made in Italy” garantisce ai prodotti del comparto moda un importante vantaggio competitivo in termini di immagine. Paradossalmente è proprio il comparto più sensibile al “Made in” quello in cui la produzione è maggiormente frammentata su sca-la globale e nel quale è quindi più diffi cile individuare il paese di eff ettiva origine del prodotto. Cerchiamo di capire quale prodotto tessile può essere legittima-mente defi nito un “Made in Italy”.Il caso più semplice è quello di un prodotto interamente otte-nuto in Italia: fi latura, tessitura, confezione del capo e fi nitura avvengono in Italia e di conseguenza il capo è per certo un “100% Made in Italy”. Diverso è il caso in cui un prodotto sia il risultato di processi avvenuti in più paesi e la trasformazione avvenuta in Italia sia quindi solo l’ultima di una serie di lavorazioni che han-no portato a trasformare la fi bra in un prodotto fi nito.In questo secondo caso, dobbiamo prendere a riferimento l’arti-colo 24 del codice doganale comunitario (regolamento 2913/92) nel quale viene enunciato il principio di carattere generale secon-do il quale: “Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria del paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale”La corte di giustizia europea ha chiarito il concetto di trasforma-zione sostanziale precisando nella sua prima decisione in mate-ria (la sentenza sulla caseina del 26/01/1977 Causa n. 49/76) che l’ultima trasformazione o operazione si confi gura “solo qualora il prodotto che ne risulta abbia composizione e proprietà specifi -che che non possedeva prima di essere sottoposto a tale trasfor-mazione o lavorazione”.

Nonostante l’intervento della Corte di Giustizia, l’indetermina-tezza dell’aggettivo “sostanziale” lascia un considerevole spazio all’interpretazione soggettiva. Ad esempio, alcuni potrebbero considerare l’apposizione di in-serti in pelle su una maglietta di cotone prodotta in Cina una trasformazione sostanziale, se tale trasformazione ha l’eff etto di cambiare in maniera sensibile le caratteristiche e l’aspetto del prodotto fi nito (gli inserti potrebbe infatti valere di più rispetto alla maglietta sulla quale sono cuciti). Altri potrebbero invece considerare l’apposizione di tali inserti una trasformazione insuffi ciente dato che non dà origine a un prodotto nuovo e pertanto l’origine rimarrebbe quella del paese in cui è stata fabbricata la maglietta.

L’allegato 10Consapevole di quest’ampio margine interpretativo, il legisla-tore comunitario ha derogato al principio generale dell’articolo 24 specifi cando, per il settore tessile, in cosa consistano queste trasformazioni sostanziali. L’allegato 10 delle Disposizioni di attuazione del codice doganale (reg 2454/93) elenca le precise condizioni di acquisizione dell’origine (colonna 3 dell’allegato) per ogni prodotto tessile, individuato dalla rispettiva voce doga-nale. L’allegato ci dice in sostanza quali sono le trasformazioni minime alle quali deve essere sottoposta la materia prima non originaria per legittimare l’apposizione dell’ambito “Made in Italy” sul prodotto fi nito. Le trasformazioni specifi che elencate nella colonna 3 dell’allegato possono essere inquadrate in alcune categorie generali (si rimanda all’allegato per il dettaglio delle lavorazioni suffi cienti a conferire l’origine).

Fabbricazione a partire da…Quando la regola, come nel caso dei tappeti della voce 5704 dice ad esempio: “Fabbricazione a partire da fi bre”, signifi ca che posso-no essere utilizzate fi bre non originarie, ma tutte le trasformazioni successive sul prodotto devono avvenire in Italia. In sostanza que-sta regola autorizza l’impiego di un materiale non originario che

Moda, il corretto utilizzodella defi nizione

Made in ItalyQuando un prodotto tessile può legittimamente sfoggiare questa dicitura? Un’analisi per fare chiarezza su uno dei “marchi” più importanti per dare valore aggiunto al comparto modaA cura di PromosAzienda speciale della Camera di Commercio di Milano

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www.promos-milano.comwww.mglobale.itwww.newsmercati.com

È quasi impossibile individuare con esattezza l’inizio di una moda. Quando una tendenza comincia a sembrare una moda, ormai non ha più origini chiare e il tentativo di rintracciarle nel passato risulta di gran lunga più difficile che non, poniamo, trovare le sorgenti del Nilo. In primo luogo una moda ha probabilmente più sorgenti, e in secondo luogo riguarda il comportamento umano.connie wills

si trova in un certo stadio di lavorazione (es. fi bre). L’impiego dello stesso materiale non originario in uno stadio successivo di lavo-razione (es. fi lato) compromette il carattere originario del prodotto fi nito.

Fabbricazione a partire da … il cui valore non supera il X% del prezzo franco fabbri-ca del prodotto.Tale indicazione, come nel caso del cotone della voce 5201: “Fabbricazione a partire da cotone grezzo il cui valore non supera il 50% del prezzo franco fabbrica del pro-dotto”, signifi ca che è prevista, oltre alla lavorazione a partire da un materiale non originario ad un determinato stadio di la-vorazione (cotone grezzo), una tolleranza massima in termini di valore di materia prima non originaria utilizzabile. Pertanto il valore del cotone grezzo utiliz-zato non può superare il 50% del prezzo franco fabbrica del prodotto fi nito. Se il co-tone grezzo utilizzato eccede tale percen-tuale, il prodotto fi nito non potrà essere considerato un “Made in Italy”, sarà infatti originario del paese in cui è stato ottenuto il cotone grezzo. Come tutte le regole che utilizzano percen-tuali rimane una certa indeterminatezza in merito al contenuto del numeratore e del denominatore sulla base dei quali eff et-tuare il calcolo della soglia di tolleranza. Semplifi cando, potremmo stabilire che il confronto debba essere eff ettuato sulla base dei valori esposti nelle fatture passive

di acquisto della materia prima e delle fat-ture di vendita del prodotto fi nito. Va però sottolineato che in taluni casi tali valori di riferimento possono non essere rappresentativi del reale valore della ma-teria prima e del prodotto fi nito e posso-no essere infl uenzati da scelte di natura esclusivamente commerciale (aumento del mark-up sul prodotto, prezzo di acqui-sto infl uenzato da un controllo esercitato dall’acquirente sul fornitore).

Confezione completaPer confezione completa, come indicato dalla nota introduttiva 7.2 dell’allegato 9 del regolamento 2454/93, si intendono tut-te le operazioni che debbono essere eff et-tuate successivamente al taglio dei tessuti o alla modellatura delle stoff e a maglia. Tuttavia, il fatto che una o più lavorazio-ni di rifi nitura non sia stata eff ettuata non implica che la confezione debba conside-rarsi incompleta. L’allegato elenca alcuni esempi di operazioni di rifi nitura:• applicazione di bottoni e/o di altri tipi di chiusura• confezione di asole• rifi nitura delle estremità di pan- taloni o maniche, oppure orli in- feriori di camicie, gonne o abiti• apposizione di guarnizioni ed ac cessori quali tasche, etichette, di stintivi, ecc.• stiratura ed altre preparazioni per indumenti da vendere «confezionati».

Condizioni alternativeNel caso in cui siano presenti due condi-zioni (fabbricazione a partire da… oppure fabbricazione in cui il valore di tutti i ma-teriali non originari non superi il 40% del prezzo franco fabbrica del prodotto fi nito) l’operatore potrà scegliere fra le due con-dizioni e se anche solo una delle due con-dizioni è rispettata il prodotto fi nito potrà essere considerato originario.

Ricordiamo infi ne che, in caso del persi-stere di un dubbio in merito alla determi-nazione dell’origine di un prodotto, è pos-sibile presentare all’Agenzia delle Dogane un’istanza di informazione vincolante in materia di origine. L’Agenzia entro 150 giorni risponderà con un parere vincolan-te che obbliga l’Agenzia nei confronti del titolare per tre anni dalla sua emissione. |

Internazionalizzazione

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Si afferma sempre più la fi gura del “Business Angel”, manager o imprenditori disposti a investire capitali ed esperienza in nuovi progetti. Per capirne di più una panoramica del fenomeno e alcune case history di successotesti a cura di Laura di Teodoro

Si scrive “Business Angel” e si legge crea-zione di innovazione e nuova impresa gra-zie all’intervento diretto di una persona fi sica. Sono per lo più manager, imprendi-tori con una lunga esperienza alle spalle, disposti a investire capitali ed esperienza in progetti nuovi. La fi gura del Business Angel nasce negli Stati Uniti e a partire dagli ultimi anni si sta radicando anche sul territorio italia-no. E oggi più che mai, causa la crisi del credito da parte delle banche, riveste un ruolo sempre più importante. Secondo una ricerca dell’Italian Business Angel Network (IBAN), il mercato dell’Angel Investing in Italia sembra ormai aver su-perato la sua fase pionieristica, iniziata negli anni 1999/2000, a favore di un con-solidamento e di una maggior diff usione sul territorio, allineandosi alle realtà degli altri paesi europei. Dati alla mano infatti, da circa tre anni, vengono registrati va-lori in crescita delle operazioni conclu-se, ma numerose persone componenti il campione si dichiarano BA e vorrebbero seriamente investire ma ancora non lo hanno fatto. Indubbiamente, la crescita di questo fenomeno fornisce un importante contributo al completamento della fi liera italiana degli attori fi nanziari.

Anche il profi lo personale che emerge si è allineato con gli aspetti che caratterizza-no la fi gura dei Business Angels anglosas-soni, e che è andata consolidandosi negli ultimi anni: prevalentemente maschio, quarantenne, residente al Nord, con tito-lo di studio elevato, con esperienza di alto dirigente, quando non già imprenditore (anche se le donne non mancano; hanno un patrimonio personale non enorme (at-torno ai 500 mila euro); aderiscono alla rete IBAN e investono attorno al 10% del proprio patrimonio; se ha già fatto un investimento non intende fermarsi e ne fa altri; non necessariamente tende a creare una nuova società quando entra in un progetto d’impresa. Secondo la ricer-ca, inoltre, il suo apporto oltre ai soldi si concentra nel fornire strategia aziendale e contatti; per quanto riguarda le infor-mazioni, attinge dalla rete IBAN e dagli amici, e raramente dalle banche e dai cen-tri universitari. Il Business Angel è molto mobile sul territorio – il 60% è disponibi-le ad uscire dalla regione e anche investire all’estero; la forma societaria impiegata in maniera prevalente è la srl. La motivazio-ne principale che muove l’investitore è la ricerca di una soddisfazione personale di auto realizzazione più che dalla sete di

Angelo custode

Anche il business ha il suo

Approfondimenti

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guadagno, entra in progetti con forte potenziale di cre-scita ma dove vi sia un gruppo fortemente impegnato e competente; prima di decidere di entrare in un progetto ne analizza almeno 6 e quando scarta un progetto è per-ché ha dubbi sulle capacità del proponente o perché il BP è poco sviluppato e poco credibile. Come spiega Paolo Anselmo, Presidente dell’Associazione Iban, “sul fronte dei settori, preferisce investire nell’ICT e Internet, ma non disdegna il settore manifatturiero, dove, ovviamente interviene nelle primissime fasi di vita del progetto d’impresa. La quota azionaria posseduta è infe-riore al 30% e, a parte le operazioni che nascono in sin-dacato, preferisce operare da solo. Mediamente resta nel progetto circa 3 anni e al momento dell’uscita - se guada-gna – guadagna molto bene”. La storia del Business Angel nasce a Broadway a fi ne Otto-cento per aiutare i giovani artisti che non avevano risorse economiche proprie per fi nanziare i vari spettacoli. “La sua presenza è cresciuta a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale – prosegue Paolo Anselmo -. In Europa il fenomeno ha preso piede a partire dalla metà degli anni Sessanta e si è sviluppato a metà degli anni Novanta. Nello specifi co l’attività di Iban è iniziata insieme alla rete euro-pea, nel 1998”. Ma come avviene l’investimento, o meglio l’intervento attivo, del BA in azienda? “I Business Angel – prosegue Anselmo - investono generalmente dai 25mila euro ai 250mila euro per impresa. Sul piatto, oltre ai capi-tali, mettono le loro competenze che permetteranno alle nuove aziende di svilupparsi ed entrare nel mercato. E’ un intervento che si sviluppa nel tempo e che prende forme molto diverse. I vantaggi? Diversi sia per l’investitore che per l’impresa naturalmente. In Italia sta crescendo la con-sapevolezza dell’importanza di queste fi gure soprattutto alla luce della legge fi nanziaria 2009 che ha introdotto l’esenzione fi scale delle plusvalenze da investimenti in Start Up, ad opera di persone fi siche (i Business Angel), se reinvestite in altre Start Up entro 24 mesi”. L’obiettivo di Iban, spiega l’ingegner Anselmo, è quello di crescere ulteriormente e non fermarsi ai 31 milioni di euro investiti nel 2008: “L’associazione ha ricevuto ed esaminato circa 300 progetti d’impresa all’anno, di questi ne ha selezionati circa 70 ogni 12 mesi, che sono poi stati presentati ai bu-siness angels accreditati presso il circuito. Ha contribuito alla nascita di oltre 45 nuovi progetti d’impresa, per un apporto totale di capitale di rischio di circa 10 milioni di euro. Iban punta, poi, a favorire la nascita di almeno 30 nuovi progetti l’anno, per un apporto di oltre 5 milioni di euro annuali”. |

Cos’è l’IbanUna forte esperienza d’impresa, passione, esperienza e capitali. Sono i quattro requisiti fondamentali che cia-scun Business Angel deve possedere. Parola di Tomaso Marzotto Caotorta, direttore generale dell’Associazione IBAN. Iban è oggi l’associazione di riferimento in Italia per gli investitori informali nel capitale di rischio. Recen-temente ha ricevuto l’ “Eban European Award” per la mi-gliore attività di “lobbying” dell’anno, riconoscimento per il quale l’Associazione italiana degli investitori informali in capitale di rischio (Business Angels) ha dovuto con-frontarsi con altre tre organizzazioni europee equivalenti, particolarmente attive e determinate: FNABA Portugal, British Business Angels Association e France Angels.

Quali opportunità può off rire il ruolo di Business Angel per i nostri manager?La fi gura del business angel altri non è che un manager che ha passione e affi anca le prime fasi di vita di un progetto, non solo come capitale ma soprattutto come competenze nella gestione. I vantaggi per l’impresa sono diversi: sul fronte economico non costa nulla perché l’obiettivo del business angel è quello di mirare a un capital gain in capo a 2-3 anni, ovvero sia lucrare sul diff erenziale del prez-zo tra la partecipazione e l’uscita. Da parte sua l’impresa deve garantire trasparenza e regole di condivisione nella gestione aziendale.

Che caratteristiche deve avere un imprenditore/manager per diventare Business Angel? Un Business Angel deve avere una forte esperienza di im-presa, deve averci lavorato ad alti livelli, essere stato im-prenditore o essere imprenditore tuttora. Non solo, deve anche avere una piccola disponibilità di capitale proprio da dedicare a un progetto di impresa. Deve provare pas-sione, elemento indispensabile anche per rendere appeti-bile all’investitore di maggiori dimensioni il progetto su cui vuole puntare.

Business Angel,Lorenza Papoccia Affrontare il rischio con consapevolezza e attenzione e vedere ciascun cambiamento come una vera e propria oppor-tunità di crescita. Cavalcan-do questo duplice spirito, Lo-renza Capoccia, attualmente Amministratore Delegato Cartomac (Paper Converting Machinery) e Presidente di

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Business Angel, Federico MoroÈ stato promotore di un progetto innovativo cresciuto grazie all’apporto di due business angels, e oggi, a distanza di quattro anni dall’inizio della sua avventura imprendi-toriale sta entrando nel mondo dei BA, sta osservando e conoscendo iniziative nuove dove, eventualmente, inve-stire. Federico Moro, ingegnere informatico e Master of Science in Computer Science alla University of Illinois, ha avviato nel 2005 il progetto KHAMSA, operante nel set-tore dell’Information e Communication Security, per il quale ha ricevuto il premio speciale della Business Com-petition Start-Cup, ottenendo l’incubazione presso il Po-litecnico di Milano e l’Università della Svizzera Italiana. Attualmente KHAMSA si avvale di 20 collaboratori, fra dipendenti, consulenti ed outsourcers, con uffici in Lu-gano e Milano. Dopo un investimento di Venture Capital (2008) il gruppo è controllato al 66% dai fondatori e al 34% dai soci di capitale di rischio, e Moro ricopre il ruolo di CEO, occupandosi attivamente di business development. “Il progetto è stato incubato dal Politecnico di Milano e dell’Università della Svizzera Italiana nel 2005 – raccon-ta Federico Moro -, abbiamo lavorato molto e nel 2008 ab-biamo trovato degli investitori che ci hanno permesso di crescere ulteriormente. Il mio obiettivo è portare KHAM-SA al successo attraverso un ambiente operativo che sia appagante per chi lavora e profittevole per gli azionisti”. Al momento Moro non investe capitali in altri progetti ma è ben attento ad alcune iniziative in corso. “Ho iniziato la mia attività imprenditoriale partendo da uno start up universitario e devo ringraziare due business angels per avermi aiutato nell’avviare l’attività – prosegue l’inge-gnere -. Credo fortemente nella figura dei BA anche se noto, ancora, una certa diffidenza da parte dell’impren-ditore che tende a vedere l’investitore come qualcuno che entra con l’obiettivo di portare via l’azienda e questo na-turalmente è falso perché l’obiettivo del BA è di portare conoscenze e risorse in cambio di una partecipazione che è sempre di minoranza. Nel 99% dei casi si portano capitali, altri portano esperienza e apertura su alcuni network. In questo momento io non sono un investitore di capitali ma sto lavorando per cercare di avvicinare le aziende al mondo del capitale di rischio”.Un passaggio importante, da definire sin dall’inizio, resta per Moro la exit strategy: “In fase di accordi è importantissimo chiarire quale sarà la strategia di uscita del BA. La scelta, naturalmente, dovrà essere condivisa dall’imprenditore”.

Approfondimenti

Come avviene l’intervento del Business Angel in un’azienda? Quali i passaggi da seguire? Il BA si mette in contatto con l’azienda o attraverso IBAN o personalmente. Una volta creato il contatto c’è un periodo di due mesi in cui le due parti si co-noscono, si cerca di costruire una relazione di fi du-cia e capire quali obiettivi e tempi condividere. Se questa prima fase è stata positiva, tempo 2-3 mesi si va dal notaio per costituire la società o sottoscri-vere un aumento di capitale o cessione di capitale esistente. Insomma si cerca la soluzione migliore. Il BA non è un lavoro a tempo pieno ma occupa da uno a tre giorni a settimana.

In quali settori investe il Business Angel? Sicuramente nel settore allargato dell’economia digitale perché c’è una bassa soglia di ingresso, il motore principale infatti sta nelle idee. Seguono il manifatturiero, i brevetti, le energie rinnovabili e la biotecnologia.

Perché questo sviluppo?Iban esiste in Italia da 10 anni e da sempre ci siamo accompagnati a questo tema sviluppando tesi con le università, incontri, convegni, cercando di far co-noscere la fi gura del business angel. Questo ha cre-ato una sorta di maturazione di questa fi gure. Devo dire che in Italia ci sono business angels, con una media di età 10 anni inferiore al resto dell’Europa, probabilmente perché ci sono imprenditori giova-ni brillanti che, lavorando in imprese con a capo il padre ancora restio ad andare in pensione, sentono l’esigenza di creare qualcosa da soli.

Cos’è IBAN e quali sono i progetti che sono stati sviluppati?Lavoriamo sulla domanda e sull’off erta. Per quan-to riguarda la domanda, operiamo sugli start up e portatori di progetto, incontrando gli incubatori d’Italia, i centri di ricerca universitari e fornendo loro, gratuitamente, il nostro manuale, la guida alla costruzione di un progetto imprenditoriale che contiene una serie di rifl essioni importanti che per-mettono di capire quale strada intraprendere. Sul piano dell’off erta invece distribuiamo il manuale ai BA e cerchiamo di creare momenti di incontro anche con realtà estere. Siamo partiti in 30 e oggi siamo 130 persone, oltre ai 150 accreditati nei vari club e antenne locali.

ASSIDAI, Fondo per l’integrazione di prestazioni medico-sanitarie e Team leader del Progetto BIM (Business Innovation Manager), ha da poco ini-ziato la sua avventura nei panni di business angel, dopo aver lavorato per vent’anni nel settore industriale in ruoli diversificati di crescente responsabilità. “Per diventare BA bisogna avere una visione del business a 360 gradi – spiega Lorenza Capoccia -. Personalmente in questi anni ho toccato con mano tutti i ruoli aziendali. Per investire in un progetto nuovo bisogna prima di tutto scegliere un’attività valutandone bene il potenziale e questa è una capacità che si acquisisce con l’esperienza e la conoscenza. Bisogna avere curiosità verso il cambiamento, vedendolo come un’opportunità. Il rischio va valutato analizzando gli asset del progetto che spesso non sono tangibili ma percepibili in base all’esperien-

za manageriale e imprenditoriale. Non solo, bisogna valutare bene chi sta proponendo il progetto”. Prima di impostare il percorso ciascun BA, spiega Capoccia, “dovrebbe crearsi più alternative per arrivare ad avere un margine sicuro e positivo di successo. Non solo, se si parla di progetto innovativo e non solo dell’aggiornamento del prodotto è importante la composizione del team in cui devono esistere figure specifiche”. Lorenza Capoccia ha iniziato la sua avventura di business angel recentemente: “Negli anni scorsi ho lavorato come dirigente, portando prodotti nuo-vi e innovazione ed esperienza internazionale ma non ho mai investito capitali miei. Cosa che invece sto iniziando a fare, soprattutto verso attività di Spin Off universitari. Al momento siamo nella fase di conso-lidamento del team”.

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L’azienda nata nella metà dell’Ottocento festeggia un anniversario importante e si conferma leader nel mercato degli sportelli ATM. Il vice presidente Danilo Rivalta ci racconta le novità in cantiere a cominciare dal nuovo payoff “Innovation Delivered”

a cura di Laura di Teodoro

La lana di roccia

una storiaecocompatibile

dalla Danimarca all ’Europa

Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

Nell’immagineInterno della casa passica di Cherasco

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Storie di successo

Una storia iniziata dalla Danimarca per poi approdare in tutta Europa, fi no a toccare Canada e Malesia. Una storia che vede come protagonista assoluta la lana di roccia, un prodotto com-pletamente naturale e dotato di un’elevata capacità di isolamen-to termico. Ed è proprio la lana di roccia il motivo del successo internazionale del Gruppo Rockwool, il più grande produttore mondiale di questo materiale eco-compatibile, utilizzato per iso-lare dalla dispersione di calore e dal freddo, scoperto sulle iso-le Hawaii agli inizi del secolo e oggi utilizzato per l’isolamento termo-acustico e la protezione incendio. “L’azienda è nata nel 1937 in Danimarca - spiega Paolo Guanza-ni, Business Unit Director di Rockwool Italia - .Nel corso degli anni l’azienda si è sviluppata in tutta Europa, da Nord a Sud, da Est e Ovest. Conta complessivamente 23 stabilimenti, di cui 3 in Canada e uno in Malesia. Gli altri in Europa”. Sfruttando le particolarità della lana di roccia il Gruppo da sem-pre opera sul mercato per “migliorare l’effi cienza energetica, la sicurezza antincendio, l’acustica e il clima interno degli edifi ci”. Un dato per tutti: nel solo 2008, grazie agli isolanti prodotti e installati da Rockwool, sono stati risparmiati oltre 200 milioni di tonnellate di CO2.“I nostri prodotti – spiega Guanzani - sono utilizzati nei sistemi antincendio e nelle applicazioni marine, nei controsoffi tti acu-

stici, barriere antirumore, attorno ai macchinari rumorosi, nei muri e sui tetti, sotto il pavimento o addirittura sotto i binari, la lana di roccia protegge dall’inquinamento acustico. È inoltre un eccellente isolante termico”. Cuore pulsante dell’attività di Rockwool è il Centro di ricerca che ha sede a Hedehusene, in Danimarca. L’edifi cio stesso nel 2000 ha vinto l’award come “Th e world’s most energy effi cent offi ce building”. “L’attività di ricerca - prosegue Guanzani - si svolge prevalentemente in Danimarca e si sviluppa seguendo tre fi loni principali: tecnologia, materiali e applicazioni. Sul fron-te dei mercati, ad oggi i più maturi sono sicuramente quelli del Nord e centro Europa dove la cultura dell’isolamento è diff usa da molti decenni.”La ricerca e la mission di Rockwool si sono tradotti nel 2005 in un vero e proprio progetto in tema di edilizia; si tratta della casa passiva di Cherasco, in provincia di Cuneo, progettata in piena sintonia con la tradizione locale e il design italiano, dall’architet-to Maria Grazia Novo. “L’iniziativa – commenta Paolo Guanzani - ha avuto un ottimo successo perché è stata costruita in perfet-to stile e design italiano. Grazie a questa soluzione innovativa si minimizza la dispersione energetica sfruttando l’energia passiva gratuita fornita dal sole, dal corpo umano e dal calore degli elet-trodomestici. I risparmi energetici ottenuti compensano più che

Sfruttando le particolarità della lana di roccia il Gruppo Rockwool da sempre opera sul mercato per migliorare l’effi cienza energetica, la sicurezza antincendio, l’acustica e il clima interno degli edifi ci. Solo nel 2008, grazie agli isolanti prodotti e installati da Rockwool, sono stati risparmiati oltre 200 milioni di tonnellate di CO2

Ritratto azienda Il Gruppo Rockwool, fondato nel 1937, è il più grande produttore mondiale di lana di roccia, materiale eco-compatibile utilizzato per l’isola-mento termo-acustico e la protezione incendio. Con sede centrale in Danimarca (vicino a Copen-hagen), conta ad oggi circa 8.000 dipendenti in oltre 30 Paesi e stabilimenti produttivi dislocati tra Europa, Nord America e Asia.Il Gruppo è presente da oltre 10 anni nel mercato dell’isolamento termico e acustico in Italia, dove ha raggiunto nel 2008 un fatturato di circa 46,6 milioni di Euro.La mission del gruppo consiste nel fornire soluzio-ni esclusive e convenienti ai propri clienti, met-tendo a disposizione l’esperienza maturata in ol-tre 70 anni di attività, per aiutarli a migliorare l’efficienza energetica, la sicurezza antincendio, l’acustica e il clima interno degli edifici

La questione non è che cosa sia stato stabilito dalla natura, o da qualunque altro sciocco, ma che cosa sia giusto. Edward M. Forster

www.rockwool.it

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ampiamente il 5-15% di investimento in più. Una casa normale mediamente consuma 15 litri di gasolio l’anno al metro quadra-to. Nella casa passiva si arriva ad un consumo di 1,5 litri di ga-solio l’anno. Stiamo lavorando per cercare di esportare questo modello su tutto il territorio nazionale”.Dati alla mano, la casa passiva impiega il 90% di energia in meno rispetto alla casa media europea e l’80% di energia in meno ri-spetto ad una moderna abitazione. In particolare la bolletta della casa passiva di Cherasco risulta particolarmente “leggera” (circa 300 euro per riscaldamento e acqua calda), soprattutto se con-frontata con quelle del vicinato, che per un’abitazione di pari metratura supera i 3.000 euro. L’impegno del Gruppo non si fer-ma alle sole residenze private ma si concentra anche sugli edifi ci pubblici, dalle scuole agli asili (Rockwool parteciperà insieme ad altre aziende alla realizzazione di un asilo nelle zone terremotate dell’Abruzzo). Infi ne, un innovativo progetto pensato e sviluppa-to da Rockwool Building School, società di consulenza che off re un’analisi a 360 gradi su tutti gli aspetti legati alla progettazione a basso impatto energetico e a elevati standard acustici. Si tratta di un nuovo soft ware, EBA 2009 (Effi cient Buildings Analysis), indirizzato a progettisti e architetti; può essere utilizzato per la corretta impostazione preliminare del progetto architettonico, per impostare un lavoro che garantisca elevati standard di ef-fi cienza e per verifi care e analizzare le prestazioni energetiche dell’edifi cio progettato.Sul tema del risparmio energetico e dell’effi cienza energetica de-gli edifi ci si guarda al futuro con ottimismo, grazie a una mag-gior sensibilità che inizia a farsi sentire anche in Italia: “Il tema energetico è di grande attualità e soprattutto in tempo di crisi è diventato per molti sinonimo di risparmio e quindi ben visto – spiega Paolo Guanzani -. A questo si aggiunge una normativa europea che ha segnato traguardi e obiettivi che siamo obbligati a rispettare e che contribuirà signifi cativamente anche alla ridu-zione delle emissioni inquinanti”. |

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in questa pagina in alto: Il centro di ricerca e sviluppo di Rockwool International, Building 2000 che ha vinto nel 2000 un Award per essere l’edificio destinato ad uffici più efficiente al mondo dal punto di vista energetico. in basso: Esterno della casa passiva di Cherasco, in provincia di Cuneo, realizzata da Rockwool conservando interamente lo stile architettonico tradizionale italiano

Mantenere il Made in Italy e crescere in maniera esponenziale no-nostante i venti di crisi. È possibile se alla base ci sono prodotti di qualità, di alto livello tecnologico e dotati di un design moderno, con alle spalle un’azienda solida, ultraquarantennale.Stiamo parlando del Gruppo Camozzi, realtà bresciana che pro-duce componenti pneumatici per l’automazione industriale.L’azienda, presente in tutto il mondo con 20 fi liali e 56 distributo-ri, è entrata nella rosa delle imprese che rendono grande il Made in Italy nel mondo. Il Gruppo è strutturato in cinque divisioni: Automazione, core business e passaporto dei Camozzi nel mondo; Macchine utensili, che si concentra presso gli stabilimenti pro-duttivi di Innse-Berardi in Italia, e Ingersoll in America; Mac-chine tessili, formata dalla Marzoli (fondata nel 1851). Ad oggi è l’unico produttore al mondo in grado di off rire la linea com-pleta per la fi latura del cotone; Special Products che raggruppa le aziende Campress (stampaggio ottone e fusioni in leghe di allu-minio), Plastibenaco (stampaggio ad iniezione di materie plasti-che), Marzoli foundry (fonderia) e Newton (carpenteria); Energia con la Mangiarotti Nuclear, società costituita nel dicembre 2007 in partnership tra il Gruppo Camozzi e la Mangiarotti S.p.A. e in cui il Gruppo Camozzi detiene un’importante partecipazione

azionaria. La Mangiarotti Nuclear è controllata al 70% dal Grup-po Mangiarotti, società con sede a Udine, specializzata nella rea-lizzazione di prodotti oil & gas, nello specifi co recipienti in pres-sione, reattori e scambiatori di calore.Ad oggi il fatturato del Gruppo si aggira attorno ai 330 milioni di euro, con una redditività passata a poco meno di 50 milioni di euro (dati 2007). Attualmente il Gruppo realizza il 15% del suo business in Italia e l’85% all’estero. I dipendenti (Cina esclusa) sono circa 1.800. La storia del Gruppo Camozzi inizia nel 1964, a Lumezzane, nel bresciano dove i fratelli Attilio, Luigi e Geromino hanno costitui-to, insieme, “la Camozzi”, azienda per le lavorazioni meccaniche conto terzi. La produzione di raccordi prima e di linee complete per l’automazione poi, hanno permesso alla Camozzi di conqui-stare posizioni nell’ambito del settore della pneumatica. Gli anni 1999-2000 sono quelli che caratterizzano la fase di intensa espan-sione con l’acquisizione di numerose società che operano in set-tori diversi: macchine utensili (Innse-Berardi nel 1997, Retco nel 1998) e macchine tessili (Marzoli nel 1998). Dal 1985 fi no al 1998 il marchio Camozzi Spa si è unito ai nomi di grandi campioni del-la Formula Uno. Una scelta d’immagine, una promozione spetta-

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Baluardo delMade in Italy

in tutto il mondo

Presente a livello mondiale con 20 fi liali e 56 distributori, il Gruppo Camozzi di Brescia è leader nella produzione di componenti pneumatici per l’automazione industriale. L’azienda punta sull’innovazione con un apposito centro di Ricerca e Sviluppo

testo di Laura Di Teodoro

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Storie di successo

La ricerca e lo sviluppo ricoprono un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda. Nel 2003 infatti è stato creato un Centro Ricerche ad hoc per monitorare le nuove tecnologie e i processi industriali emergenti. Il Gruppo collabora inoltre con università e centri di ricerca nazionali e internazionali, segue le attività dei vari enti e delle varie organizzazioni italiane ed europee

nella pagina di apertura: Sede dell’azienda a Bresciain questa pagina: Stabilimento di Polpenazze d/G

Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformate in azioni.Mohandas Karamchand “Mahatma” Gandhi

www.camozzigroup.com

colare che ha fatto conoscere Camozzi Spa in tutto il mondo. La passione dei fratelli viene inoltre premiata con la vittoria nel 1998 del Campionato del Mondo Costrut-tori (Team West McLaren Mercedes) e Pi-loti (Mika Hakkinen).

Con il nuovo millennio arriva la consacra-zione della Camozzi che si aff erma quale azienda fi ore all’occhiello del sistema in-dustriale italiano. Nel settembre 2000, infatti, da una joint venture in Cina na-

sce la Marzoli Dongtai Tectile Machiney che, con un capitale sociale di 20 milioni di dollari, detiene più del 30% del mercato cinese della produzione di fi latoi. Nel 2001 viene acquisita l’Ansaldo Componenti Speciali, facendo così il suo ingresso nel settore dei componenti per la produzione di energia. Nel 2003 la divisione macchine utensili si raff orza con l’acquisizione della Ingersoll, americana, azienda leader nella costruzione di macchine speciali per i set-tori aerospace, difesa e energia.

Sul fronte dell’internazionalizzazione la storia “globale” di Camozzi inizia nel 1971 in Germania, con prodotti per i raccordi pneumatici. Seguono Sve-zia, Inghilterra, Francia, Spagna e Stati Uniti negli anni Ottanta. Nel 1981 il Gruppo bresciano approda in direzio-ne Est, in Russia e Ucraina.Nel 1993 tocca alla Cina, a Shanghai e Dongtai, complessivamente duemila persone occupate.

La ricerca e lo sviluppo ricoprono un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda. Nel 2003 infatti è stato creato un Centro Ricerche ad hoc per monitorare le nuove tecnologie e i pro-cessi industriali emergenti. Il Gruppo collabora inoltre con università e cen-tri di ricerca nazionali e internazionali, segue le attività dei vari enti e delle va-rie organizzazioni italiane ed europee. Anche il tema della formazione rientra tra i punti di forza e le leve di successo dell’azienda, una formazione che dal 2007 ha trovato casa al Camozzi Com-petence Centre, una struttura comple-tamente dedicata alle attività didatti-che e situata nell’unità produttiva di Polpenazze del Garda. “L’iniziativa - come spiega Marco Ca-mozzi, responsabile marketing del Gruppo - si affi anca al C.I.S. Camozzi Innovation System avviato nel 2006, le cui basi stanno nei contenuti del Toyo-ta production system, ovvero la produ-zione snella, nuovo metodo di gestione del processo, utilizzando meno risorse in ogni settore rispetto alla produzio-ne di massa, assegnando la maggior responsabilità possibile verso chi pro-duce, perché nessuno meglio di chi è in linea o dei tecnici è in grado di sugge-rire correttivi”. |

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in questa pagina dall’alto: I tre fratelli fondatori, da sinistra Luigi, Attilio e Geromino Camozzi.La seconda generazione pronta a gestire con continuità la filosofia e le strategie del Gruppo. Da sinistra: Elena, Mario, Susanna, Ettore, Claudia, Lodovico, Marco e Giovanni Camozzi

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Schneider Electric, azienda con attività in oltre cento Paesi di tutto il mondo, si è conquistata negli anni una posizione da specialista nella gestione dell’energia arrivando a consolidarsi come leader nel settore

testo di Desirèe Cividini

Lo SPECIALISTAglobale dell’energia

Con il Protocollo di Kyoto i Paesi industrializzati si sono im-pegnati a ridurre entro il 2012 il totale delle loro emissioni di gas ad eff etto serra almeno del 5,2 per cento. E con la ratifi ca del Protocollo avvenuta qualche anno fa, ridurre le emissioni di Co2 del venti per cento entro il 2020 è diventato uno degli obiettivi prioritari dell’Unione Europea. Ma per poter realmente raggiungere questi risultati è neces-sario investire in programmi e tecnologie che siano in grado di assicurare il tanto auspicato risparmio. Schneider Electric, azienda con attività in oltre cento Paesi di tutto il mondo, si è conquistata negli anni una posizione da specialista nella ge-stione dell’energia arrivando a consolidarsi come leader nel settore. Presente in Italia con oltre duemila eff ettivi e con un fatturato commerciale complessivo di oltre 750 milioni di euro, Schneider Electric conta oggi cinque siti industriali d’avan-guardia, un Centro logistico integrato con sede a Torino, un centro assistenza clienti unico e otto aree commerciali distri-buite sul territorio nazionale, tra cui quella di Stezzano (BG). E’

Presente in Italia con oltre duemila eff ettivi e con un fatturato commerciale

complessivo di oltre 750 milioni di euro, Schneider Electric conta oggi cinque siti

industriali d’avanguardia, un Centro logistico integrato con sede a Torino, un

centro assistenza clienti unico e otto aree commerciali distribuite sul territorio

nazionale, tra cui quella di Stezzano (BG)

Storie di successo

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Fabrizio Landini, Direttore Progetti & Services

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lì che abbiamo incontrato Fabrizio Landini, Direttore Progetti & Services, che ci ha parlato del nuovo piano elaborato da Schneider Electric per riposizionare l’azienda come specialista nella gestio-ne dell’energia. “I prodotti – spiega Landini – sono stati per anni il cuore del nostro gruppo e ancora oggi continuano ad esserlo. Schneider Electric, tuttavia, oggi punta anche sull’off erta di solu-zioni e servizi per la gestione dell’energia. Inoltre, con l’attuazione del Piano One, è previsto da qui al 2011 un progressivo sviluppo del gruppo”. Quattro i punti fondamentali sui quali l’azienda, che ha raddoppiato il fatturato negli ultimi cinque anni, concentra la propria mission: “Oltre ad incrementare ulteriormente i nostri clienti – sottolinea Landini – il Piano prevede un aumento del-la percentuale di dipendenti che considerano Schneider Electric un ottimo ambiente di lavoro e mira, oltre a crescere fortemente nell’off erta di soluzioni, a diventare un’unica Schneider Electric, puntando su un unico marchio, semplifi cando la nostra azienda e riducendone in costi di funzionamento”. In pratica una rivoluzio-ne necessaria per adeguare il gruppo ai cambiamenti del mercato e per fare in modo di mantenere Schneider Electric al passo con i tempi. Un percorso che dal 2003 allo scorso anno ha portato il gruppo ad acquisire ben centotrenta società e ad espandersi ulteriormente. Tanto che oggi Schneider Electric è una società globale con un fatturato del quarantaquattro per cento in Euro-pa, del ventisette per cento in America, del diciannove per cento in Asia e del dieci per cento nel resto del mondo, dove operano

ben novemila persone. Cinque i mercati fi nali nei quali il gruppo opera, cercando di aiutare i clienti ad ottenere il massimo dalla loro energia: oltre a quello appunto dell’energia e delle infrastrut-ture Schneider Electric opera nei mercati dell’industria, dei data center, degli edifi ci e del residenziale, nei quali avviene – come spiegato da Landini – il settantadue per cento del consumo totale dell’energia mondiale. E gli investimenti del gruppo, che ha scelto in questo particolare momento di crisi di puntare su espansione e innovazione, stanno già dando i loro risultati. “Oggi – spiega il direttore Progetti & Services – cerchiamo di puntare su prodotti innovativi e di qualità e non su merce a basso costo. Su questo si basa la nostra strategia. Una strategia che si sviluppa partendo dal presupposto che non possiamo fermare la crescita del fabbisogno di energia della popolazione mondiale, ma dobbiamo cercare di rendere più effi ciente il suo utilizzo”. |

Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.Arthur C. Clarke

www.schneider-electric.it

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Ritratto azienda Schneider Electric è lo specialista globale nella ge-stione dell’energia, con attività in oltre cento Paesi di tutto il mondo. Offre soluzioni integrate per più segmenti di mercato e occupa una posizione di leader-ship nei settori dell’energia e delle infrastrutture, dei processi industriali, dell’automazione degli edifici e dei datacenter, vantando inoltre una vasta presen-za nell’ambito delle applicazioni per il residenziale. Specializzata nel rendere l’energia sicura, affidabile ed efficiente, con 114.000 dipendenti nel 2008 la socie-tà ha raggiunto un fatturato di oltre 18,3 miliardi di euro, grazie ad un impegno costante nell’aiutare indi-vidui e organizzazioni ad ottenere il massimo dalla propria energia. In Italia è presente con oltre 2.000 effettivi, tra commercio e produzione e un fatturato commerciale e industriale complessivo di oltre 750 milioni di euro. Conta otto aree commerciali, cinque siti industriali d’avanguardia, un Centro Logistico in-tegrato a Venaria (To) e un centro assistenza clienti unico. Con un ampio portafoglio di prodotti, soluzioni e servizi per la gestione dell’energia, Schneider Elec-tric rende l’energia più sicura con la sua offerta per la protezione di persone e impianti nella distribuzio-ne elettrica e nel controllo industriale, più affidabi-le grazie alle soluzioni ad alta disponibilità per ap-plicazioni critiche e i data center, più efficiente con i sistemi e servizi per l’efficienza energetica e infine più efficace grazie ad un’ampia gamma di sistemi di au-tomazione per l’industria, gli edifici del terziario e il residenziale.

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delle imprese.

La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi...

Tre generazioniParà di successi

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Nascere e crescere della tradizione familiare e dell’innovazione. L’azienda Parà, oggi è punto di riferimento a livello mondiale per le tende da sole, arredamento per interni, esterni e per il settore nautico

testo di Laura Di Teodoro

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“Il fatto di essere un’impresa di famiglia da ben tre generazioni ci ha permesso un forte attaccamento all’azienda. Siamo sempre stati fedeli ai valori del nostro territorio perché sentiamo di avere una responsabilità sociale forte nei confronti della Brianza e non solo”

Nascere e crescere sull’onda del Made in Italy, della tradizione familiare e dell’in-novazione. L’azienda Parà, oggi leader nel mercato italiano e uno dei principali player a livello mondiale per le tende da sole, ar-redamento per interni, esterni e per il set-tore nautico, ha unito avanguardia, ricerca e sviluppo, alla continuità e allo spirito che dal 1920 accompagna la storia dell’impresa brianzola. Attualmente l’azienda è gestita dalla seconda e terza generazione della fa-miglia Parravicini: Ambrogio, Presidente e i fi gli Michele, Matteo e Marco, ammini-stratori delegati.Come ci spiega Marco Parravicini, re-sponsabile per le relazioni esterne e am-ministratore delegato, l’azienda di Sovico è nata nel 1920 per volontà del nonno Mario Parravicini: “Nasce per produrre tessuti in fi bre naturali per rivestire i materassi. Già a partire dagli anni Quaranta si è dovuto ridisegnare il modello di prodotto con tes-suti a più alto contenuto tecnico e siamo passati ai tessuti per la protezione dal sole,

completamente in cotone”. Verso la metà degli anni ’50 entra in azienda Giuliano, il più anziano dei fratelli Parravicini, che darà il suo prezioso contributo alla crescita aziendale rimanendone presidente per ol-tre quarant’anni e dopo qualche anno, agli inizi degli anni ’60, si unisce a lui anche il fratello Ambrogio che da diversi anni rico-pre la medesima carica.È iniziato così un viaggio verso l’innova-zione e il successo, segnato da prodotti sempre nuovi e ricercati. “Il passaggio più signifi cativo – continua Parravicini - av-viene verso la fi ne degli anni Cinquanta con la diff usione della fi bra acrilica tinta in massa. Cavalcando questa scoperta, Parà ha iniziato a produrre tessuti tecnici per outdoor, tende da sole, per la nautica, per giardini e anche per automotive”. L’azienda Parà è stata infatti una delle pri-me ad aver creduto e investito nella fi bra acrilica tinta in massa, grazie, soprattutto, alla collaborazione raggiunta con Monte-dison nel 1964 e il passaggio dello storico

marchio Tempotest® all’impresa brianzola. Ad oggi sono oltre 400 i disegni presenti sul mercato mondiale. “I tessuti Tempotest – prosegue Parravicini – sono caratterizza-ti da una fi bra performante, colorata nella sua massa, resistente all’azione logorante dei raggi UV, della salsedine, delle muff e e ad ogni altro agente atmosferico”Anche gli anni Settanta sono segnati da al-tri due passaggi importanti: la produzione di fi bre naturali per l’interno, lino e cotone e, per quanto riguarda la “vita aziendale”, è stato aperto lo stabilimento di Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo. Comples-sivamente la produzione è programmata su più stabilimenti, per l’esattezza sono cin-que, il principale dei quali è proprio quello in provincia di Bergamo.Una delle particolarità ed eccellenze dell’azienda è il totale governo del ciclo di produzione, interamente verticalizzato: fi -latura, tessitura, stampa, tintura, spalma-tura e fi ssaggio sono tutti passaggi che av-vengono direttamente negli spazi di Parà.

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www.para.it

“Questo – spiega Parravicini – ci ha permesso di diventare un punto di riferimento nel mercato di alta gamma. Abbiamo anche il nostro uffi cio stile interno responsabile per la creazione delle combinazioni cromatiche e dei disegni. Qui si fa molta ricerca basata sull’analisi delle mode di oggi e del passato che ciclica-mente si ripropongono. Puntiamo, da sempre, su tessuti di alta qualità unici nel loro genere. Sul fronte della ricerca e dello svi-luppo, collaboriamo con il Politecnico di Milano, l’Università di Bergamo e con laboratori tessili sparsi in tutto il mondo”. Un altro punto di forza è lo spirito familiare che da sempre at-traversa la vita aziendale: “Il fatto di essere un’impresa di fami-glia da ben tre generazioni ci ha permesso un forte attaccamento all’azienda. Siamo sempre stati fedeli ai valori del nostro territo-rio perché sentiamo di avere una responsabilità sociale forte nei confronti della Brianza e non solo”. Il Made in Italy resta quindi il punto di partenza e di arrivo dell’azienda: “Il Made in Italy è la nostra fi losofi a di vita. Il 70%

Ritratto azienda Il Gruppo industriale Parà è stato fondato nel 1920. Da tre generazione produce tessuti di pregio estetico e di alta qualità tecnica utilizzati per le tende da sole, arredamento per interni ed esterni e nel settore nautico. Oggi il Gruppo Parà, con una forte identità stilistica italiana, è presente in numerosi Paesi sia in Europa che nel Mondo attraver-so filiali e distributori con una costante capacità di innovare con qualità e distinti-vità ed è uno dei principali player nel mer-cato a livello internazionale. Registra un fatturato di circa 100 milioni l’anno; con un organico di più di 600 unità, è presente sul territorio con cinque impianti produttivi e opera in tre settori di business specifici: tende da sole, tessuti decorativi per inter-no ed esterno e tessuti per nautica. Il Gruppo Parà si distingue nel mercato proprio per una riconosciuta competenza come produttore di tessuti di alta qualità, rigorosamente ‘Made in Italy’ legata ad un totale governo del ciclo di produzione, in-teramente verticalizzato dalla filatura alla tessitura, dalla stampa alla tintura, dalla spalmatura al finissaggio dove quali-tà, stile e servizio oltre ad investimenti co-stanti nella comunicazione e nel marketing permettono oggi a Parà di porsi come punto di riferimento nel mercato di alta gamma.

Non è difficile prendere delle decisioni quando sai quali sono i tuoi valori.Anonimo

nell’apertura di servizioSede Parà di Soviconella pagina a latoComponenti della famiglia Parraviciniin questa pagina in alto: Lo stabilimento Parà di Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo in basso: Panoramica dello stabilimento Parà di Sovico

dei prodotti Parà viene esportato – sottolinea uno degli ammi-nistratori -. Non abbiamo mai delocalizzato nonostante la tenta-zione ci sia stata più volte. È stata una decisione famigliare quella di mantenere un connotato completamente italiano, pur essen-do presenti anche sui mercati internazionali”. Il target di riferi-mento è “trasversale”, grazie alla presenza di una vasta gamma di prodotti che hanno richiamato l’attenzione e il gradimento di stilisti di alta gamma quali Valentino e Missoni. Non solo perché lo stesso presidente americano Barack Obama ha rivestito i diva-ni e le poltrone della Casa Bianca con i tessuti Parà. L’universo dell’azienda brianzola sta dimostrando di resistere ai venti di crisi grazie alla scelta di “restare legati a prodotti di nic-chia, sofi sticati” e di seguire il solo istinto e senso imprenditoria-le scritto nel DNA della famiglia Parravicini. Guardando l’orizzonte, l’obiettivo di Parà, come spiega uno dei rappresentanti della terza generazione, è la volontà di “concen-trare le attenzioni sulla direzione commerciale, sull’ampliamen-to dei mercati emergenti quali Cina, India e Sud America. Un anno fa abbiamo inaugurato la nuova sede commerciale in Cina e stiamo investendo in Sud America, con particolare riferimento al Brasile. Per quanto riguarda i prodotti, continueremo a lavo-rare sui tessuti sofi sticati, tecnici e anti batterici, cercando di co-niugare anche il risparmio energetico”. |

Giuseppe Verrini, amministratore delegato di Adobe Systems Italia

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Creatività e

I loro soft ware e prodotti sono presenti su oltre un miliardo di personal computer e telefoni cellulari. Le loro tecnologie, forti di 27 anni di espe-rienza, sono diventate il punto di partenza per il rilancio della Pubblica Amministrazione e per rendere sempre più effi cienti le imprese. Stiamo parlando di Adobe, una delle aziende produttrici di soft ware più impor-tanti e diversifi cati a livello mondiale per la creazione e la condivisione di informazioni e contenuti. Come ci ha raccontato Giuseppe Verrini, amministratore delegato di Adobe Systems Italia, l’azienda sta portan-do avanti una serie di iniziative per favorire l’innovazione di aziende ed enti pubblici, in linea con quanto previsto dal Piano E-Government 2012 del ministro Brunetta. Non solo, nell’ottica del Web 2.0, Adobe è inoltre molto attiva nel supportare le aziende che vogliono comuni-care in modo più effi cace con i propri interlocutori interni ed esterni, off rendo tecnologie che aprono la strada alla multicanalità, all’utilizzo di contenuti video, alla costruzione di piattaforme Web interattive e multimediali.

Su quali pilastri poggia il costante e crescente successo di Adobe Sy-stems?Principalmente sul fatto di off rire un prodotto semplice da utilizzare e allo stesso tempo potente. In 27 anni di attività abbiamo sempre lavo-rato per sviluppare soft ware a misura d’uomo, pensando a tutte le cate-gorie, dal singolo consumatore al designer, al creativo fi no ad arrivare all’uomo di aff ari. E devo dire che le risposte avute dal mercato ci hanno sempre premiato: il 90 per cento delle riviste e dei siti web è creato par-tendo dalle nostre tecnologie. Off riamo client gratuiti, Adobe Reader® e Flash Player, che si trovano su milioni di computer, telefoni cellulari e dispositivi smart di tutto il mon-do, consentendo così alle persone di confrontarsi tra loro e di utilizza-re e scambiare informazioni e contenuti attraverso il web, applicazioni aziendali, riunioni online e documenti digitali.

Grazie ad Adobe e all’evoluzione dell’Information Technology, come è cambiato il ruolo del consumatore? Stiamo assistendo al fenomeno della “consumerization”, ovverosia la consumatorizzazione dell’IT. Le informazioni arrivano direttamente dal consumatore che è passato a un ruolo attivo, non subisce più ma agisce e interagisce. Oggi c’è il web 2.0, un’enorme piattaforma dove vengono creati contenuti, lo dimostra l’esplosione e il successo di You Tube, Wikipedia e dei Social Network. In questo cambiamento Adobe ha messo a disposizione gli strumenti che aiutano il consumatore a man-tenere il proprio ruolo attivo; basti pensare che l’80 per cento dei video in rete sono creati sulla piattaforma di Flash Player e lo stesso soft ware è installato sul 99 per cento dei PC collegati in rete (oltre un miliardo); sono oltre 250 milioni i PDF presenti e scaricabili. Tutto questo crea naturalmente una grande opportunità per le imprese e per la Pubblica Amministrazione.

Oltre al mondo dei Pc oggi si sta espandendo notevolmente il mercato del Mobile. Come Adobe si sta adeguando a questo ennesimo cam-biamento?Oggi il consumatore si rivolge ai dispositivi mobili e in questo senso Adobe è andato incontro ai propri clienti. Nei prossimi mesi sarà pre-sente la tecnologia Flash per gli Smartphone e ad oggi Flash è già pre-sente su oltre un miliardo di telefoni cellulari. Stiamo assistendo a un netto sorpasso della tecnologia mobile rispetto al classico PC e noi non facciamo altro che spingere e viaggiare nella stessa direzione e facilitare il lavoro delle pubbliche amministrazioni, delle aziende e del singolo consumatore.

Il mondo delle imprese, del business è in grado di utilizzare in modo adeguato le nuove tecnologie o manca ancora una certa consapevolez-za degli strumenti a disposizione?

Oltre un miliardo di personal computer in tutto il mondo “indossano” i loro software e prodotti. Giuseppe Verrini, amministratore delegato

di Adobe Systems Italia, spiega il ruolo strategico di questa grande azienda al servizio di imprese e Pubblica Amministrazione:

dal web 2.0 all’E-Government testo di Laura Di Teodoro

innovazioneil valore aggiunto Adobe per IT

Storia di copertina

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Ritratto aziendaAdobe Systems viene fondata nel 1982 da Chuck Geschke e John Warnock. I due si sono incontrati alla fine degli anni Settanta, mentre lavoravano al Palo Alto Research Center (PARC), il famoso centro di ricerca Xerox, dove eseguivano ricerche su sistemi per grafica e stampa com-patibili con tutti i dispositivi. Esaltati dalle potenzialità di cambiare il volto dell’informatica che emergevano dal loro lavoro, Geschke e Warnock compresero che il solo modo in cui le loro idee potevano passare dai laboratori al mercato tecnologico in piena espansione era la crea-zione di una loro società.L’azienda viene fondata partendo da una semplice premes-sa: in che modo il testo e le immagini visualizzate sullo schermo potevano tradursi in stampe, conservando tutta la loro bellezza e precisione? Un anno più tardi, contri-buirono alla rivoluzione del desktop publishing grazie all’introduzione della tecnologia Adobe® PostScript®, che forniva un approccio radicalmente nuovo alla stam-pa di testi e immagini su carta. Basandosi sul successo ottenuto con la tecnologia Post-Script, Adobe proseguì con l’espansione delle applicazioni software rivolte ai desktop con i programmi Adobe Illu-strator® e Adobe Photoshop®. Poi è arrivato il software Adobe InDesign®, una vera rivoluzione per il mercato dell’impaginazione, che ha consentito l’adozione di flussi di lavoro editoriale moderni e integrati da parte di rivi-ste famose, giornali e marchi aziendali.Nel promuovere la propria visione, tesa a reinventare e migliorare l’information technology, Adobe ha poi lan-ciato il software Adobe Acrobat® e il formato Adobe Por-table Document Format (PDF). Nel 2005, con l’acquisizione di Macromedia, Inc., azienda che ha sviluppato la diffusa tecnologia Flash® e svolto un’attività pionieristica nello sviluppo web, Adobe ha ampliato la sua solida base tecno-logica e il portafoglio di soluzioni per l’utente.

Partiamo dal presupposto che la tecnologia è la base per portare l’innovazione e quindi è una delle vie praticabili per uscire dalla crisi. Pur-troppo nel decreto anti-crisi approvato recente-mente dal Governo, che contiene diversi aspetti positivi, si escludono dalla detassazione degli utili delle imprese che reinvestono in macchi-nari, quelli destinati agli investimenti in tec-nologie digitali. Resta un po’ di amarezza per questa situazione perché non c’è ancora la con-sapevolezza dell’importanza degli investimenti nell’innovazione, soprattutto in un periodo di crisi. Il motivo? Si tratta di un gap culturale, lo stesso che ha portato l’Italia al 42esimo posto tra i 115 paesi dove maggiore è la penetrazione delle tecnologie digitali. L’Information Techno-logy è il sistema nervoso delle aziende, senza sarà diffi cile superare questo momento.

Come fare per crescere e tornare ad essere competitivi? Per essere competitive le aziende devono sfrut-tare l’engagment ovverosia la possibilità di of-frire una serie di applicazioni che coinvolgano l’utente fi nale utilizzando la tecnologia Web 2.0, interagendo in maniera semplice e aven-do feedback sui servizi off erti. Questo si deve sposare con i sistemi informativi delle singole

imprese e direi che unendo il meglio dei sistemi già presenti con le possibilità off erte dal web 2.0 le possibilità di business crescono. Oggi ci sono i blog, i Social Network, una serie di occasioni che vedono l’utente in prima linea e le aziende hanno l’opportunità di interagire e proporre servizi migliori.

Come Adobe avete appena fi rmato il proto-collo d’intesa con il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione in tema di dematerializzazione. Un passaggio impor-tante e fondamentale per realizzare il piano di E-Goverment 2012…Esatto. Da anni lavoriamo con la Pubblica Amministrazione attraverso progetti mirati a ridurre drasticamente l’utilizzo della carta e a velocizzare i processi interni ed esterni. È la nostra principale area di mercato. E-Gov 2012 defi nisce un insieme di progetti di innovazio-ne digitale che, nel loro complesso, si propon-gono di modernizzare, rendere più effi ciente e trasparente la Pubblica Amministrazione, mi-gliorare la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese e diminuirne i costi per la colletti-vità e liberando le risorse per gli investimenti nell’innovazione, migliorando così la qualità della vita. In questo piano è centrale il tema

della dematerializzazione: ad oggi la gestione dei documenti assorbe l’1 per cento del PIL e dematerializzando solo il 10% dei documenti si risparmierebbero miliardi di euro, rendendo il servizio molto più effi ciente e veloce. In base a questo accordo ci siamo impegnati a creare un progetto per lo sviluppo di un Centro di Competenza che promuova l’uso della tecno-logia ICT. Il Centro sarà posizionato all’Univer-sità dell’Aquila e comporterà un investimento da parte di Adobe di circa 200mila euro.

Adobe Systems è entrato nel mondo della giu-stizia con il modello Digit 2.0., sperimentato con successo al Tribunale di Cremona. In cosa consiste questo progetto? Il tribunale di Cremona rappresenta un caso di eccellenza a livello nazionale e stiamo cercan-do di replicare in altri tribunali, come Genova, Milano, Napoli e Roma. In tema di giustizia l’Italia è al 151esimo posto, non possiamo an-dare avanti così. Grazie a questo progetto a cui abbiamo lavorato per 4 anni, si migliora la collaborazione nelle diverse fasi del processo, la condivisione della documentazione, la comunicazione tra il Tri-bunale e gli attori interessati al procedimento, la conformità alle norme. Gli strumenti pos-

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Storia di copertina

Adobe Systems ha da poco siglato un Protocollo d’Intesa con il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione in tema di dematerializzazione. Ad oggi la gestione dei documenti della PA assorbe l’1 per cento del PIL e dematerializzando solo il 10% del materiale si risparmierebbero miliardi di euro, rendendo il servizio molto più effi ciente e veloce.

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La CarrieraGiuseppe Verrini, entrato in Adobe Systems all’inizio del 2006, ricopre la carica di Amministratore Delegato, con la responsabilità di gestire e implementare la strategia di espansione di Adobe nel mercato Enterprise (Financial Services, Government e Telecommunications), garanten-do al tempo stesso la continuità di leadership dell’azien-da nella tradizionale offerta rivolta ai creativi profes-sionisti, agenzie, aziende e al segmento Small & Medium business. In Adobe Giuseppe Verrini è stato anche respon-sabile per l’area SEMEA: Southern Europe, Mediterrane-an, Middle East e Africa. Verrini è entrato in Adobe dopo una significativa espe-rienza di 6 anni in Symantec, trascorsi quasi interamente ricoprendo la carica di Vice President Sales, Marketing and Services EMEA (Europa, Middle East e Africa). In pre-cedenza, dal 1993 fino al 2000, era stato in Lotus Deve-lopment Italia, azienda nella quale aveva svolto diversi incarichi manageriali, fino al ruolo di General Manager Southern Europe, Mediterranean, Middle East, Africa & Eastern Countries. Attualmente Verrini è Consigliere di Assintel, l’Associa-zione che raggruppa oltre 500 aziende del settore ICT, ed è stato membro del Permanent Stockolders Group di ENI-SA (European Network and Information Security Agency), l’Agenzia istituita dal Parlamento Europeo con il compi-to di assistere la Commissione nell’assicurare un livello particolarmente elevato di sicurezza delle reti e dell’in-formazione.

www.adobe.com

Ci sono occasioni nella vita in cui la verità e la semplicità sono il più abile maneggioJean De La Bruyère

sono essere estesi alla Web Conference; si possono fare a distanza au-dizioni protette di testimoni, interrogatori e deposizioni, coinvolgendo indagati, periti e consulenti senza richiedere necessariamente la loro presenza fi sica in aula.Il fascicolo penale informatico è considerato una best practice dal Mi-nistero della Giustizia con 840 processi penali dematerializzati e 20 milioni di PDF all’anno. La dematerializzazione degli 800 faldoni del Processo di Piazza della Loggia è costato 45mila euro per produrre 23 copie formato PDF che sarebbero costate 1 milione di euro in cartaceo. Non solo, c’è anche un aspetto sociale importante da considerare: per Cremona infatti il recupero dei materiali dei processi è stato fatto dai detenuti del carcere.

Tra le diverse aziende con cui lavorate, ci può portare un esempio di effi cienza legata ai vostri prodotti?Collegato al prodotto Adobe Connect – per le web conference – abbia-mo riscontrato un notevole successo per l’azienda Coin. Il Gruppo ha un’organizzazione decentrata quindi i viaggi e le trasferte erano notevo-li. Per facilitare il processo di comunicazione, tagliando prima di tutti i costi e i tempi, Coin si è dotata di Adobe Connect che permette di con-dividere, discutendone in tempo reale, documenti e, persino, applicativi e contenuti interattivi durante le conferenze via web. Non solo, adesso questo supporto viene utilizzato anche per dei corsi on line realizzati dai fonditori e consegnati al Gruppo evitando così di mandare sul posto dei propri rappresentanti.

Quali sono i suoi obiettivi personali?A ottobre saranno 36 anni che lavoro nel mondo dell’IT. La mia idea è che soft ware e servizi debbano essere venduti per far vivere meglio. Le tecnologie ci devono servire per alzare la qualità della nostra vita per-mettendoci di fare quello che vogliamo sempre, in qualsiasi momento e luogo. Il mio obiettivo è di continuare a lavorare per l’innovazione.

Nella sua densa carriera nel settore dell’IT qual è stata la sua “scuola” di formazione?Ho trascorso 12 anni in Olivetti e sicuramente questa azienda è stata il mio trampolino di lancio. Mi ha dato una visione aperta al mondo e mi ha fatto capire quali siano i pilastri per lavorare bene: il rapporto con il cliente, la motivazione personale, la collaborazione con i colleghi e la meritocrazia. Oggi posso dire che il giusto mix per un business ideale è dato dalla cultura umanistica italiana unita con il modo di lavorare dei britannici.

Cosa c’è nel futuro di Adobe?Sicuramente innovazione con l’impegno per il Web 2.0, il mondo dei media che sta cambiando, la multicanalità, la tv interattiva, la dema-terializzazione. Insomma tutto ciò che serve all’utente per essere una persona attiva nei confronti della tecnologia. |

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Un terreno fertile per imprenditori ma soprattutto per imprendi-trici. La Monza e Brianza si conferma una realtà ricca di vecchie e nuove iniziative imprenditoriali, aziende storiche e di recente nascita ma soprattutto è sempre più teatro di imprese “in rosa”, guidate da donne cariche di buona volontà, spirito di sacrifi cio e una buona dose di determinazione. Lo conferma una di loro, Antonella Galimberti, imprenditrice di Varedo, con un passato da Sindaco della cittadina brianzola, membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femmi-nile della Camera di Commercio e collaboratrice nella gestione aziendale delle imprese di famiglia Gal SAS per la produzione di bibite analcoliche e la VID Srl per la distribuzione all’ingrosso di bevande.

Ci può descrivere brevemente il suo percorso imprenditoriale? Dopo la laurea alla Bocconi ho frequentato dei corsi di specializ-zazione negli Stati Uniti perché mi sono dedicata all’attività di consulenza. Negli anni Ottanta era importante se non indispen-sabile fare questo tipo di percorso. Dopo aver lavorato all’esterno mio padre mi chiese di entrare in azienda. Nel 1997 mi hanno chiesto di candidarmi sindaco del nostro Comune di Varedo; ci ho rifl ettuto molto e alla fi ne ho accet-tato. Abbiamo vinto e per 4 anni mi sono divisa tra Comune e azienda, la mattina da una parte, il pomeriggio dall’altra per poi tornare la sera in Comune. Terminato il mandato non mi sono ricandidata perché nel frattempo mi ero sposata e mi ero trasfe-rita in Svizzera.

La sua è un’azienda storica della Brianza...Esatto. È stata fondata da mio nonno a inizio Novecento: aveva acquisito una ditta che imbottigliava bibite nelle vecchie bottiglie chiuse con la pallina e non con il tappo e spedita con grandi casse di legno molto pesanti. Nel corso degli anni c’è stata la trasfor-mazione del ciclo produttivo, non solo, all’azienda già esisten-te abbiamo deciso di affi ancare anche distribuzione dell’acqua. Alla fi ne degli anni Settanta abbiamo diviso le due società: la Gal che si occupa della produzione di bibite analcoliche con il nostro marchio per conto terzi, poi la Vid che si occupa solo di distribu-zione all’ingrosso di bevande.

Lei è stata anche sindaco di Varedo dal ‘97 al 2000. Si può dire che conosce la macchina dell’amministrazione pubblica. Come imprenditrice, secondo lei, cosa manca alla macchina pubblica per funzionare come impresa privata, nel segno dell’effi cienza e meritocrazia? Io ho avuto la fortuna di avere vicino una Giunta composta da gente giovane, dinamica con in mano un programma chiaro e defi nito. Noi controllavamo tutto il programma, stato di avanza-mento del lavoro ogni due settimane. Con noi lavorava un diret-tore generale bergamasco che arrivava in Comune alle sette del mattino, molto bravo e serio. In 4 anni abbiamo fatto tantissimo, il 150% del nostro programma. Abbiamo condotto il Comune come fosse un’azienda, proceden-do per obiettivi, step e lavorando su ogni singolo progetto. Que-sto ha portato a raggiungere buoni risultati, stravolgendo natu-

Un terreno fertile per imprenditori ma soprattutto per imprenditrici. Si conferma una realtà ricca di vecchie e nuove iniziative imprenditoriali capaci di premiare il valore aggiunto e le capacità femminili in campo businessa cura della Redazione Fotografi e di Matteo Mottari

rosa

Monza e Brianza:

l’impresa si veste di

Lady economy

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Antonella Galimberti, imprenditrice di Varedo

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Su Monza e Brianza le imprese femminili sono circa il 20 per cento del totale, in media con il dato lombardo. La variazione in un anno delle imprese femminili è stata del 3,8%, in Lombardia del 3,1 e in Italia del 2,8

ralmente le modalità di lavoro in Comune. E devo dire di aver trovato da parte dei dipendenti una buona collaborazione perché si sentivano partecipi in un progetto ed erano contenti di essere parte di questa macchina. Il segreto vincente? Avere tanta buona volontà e partire dal presupposto che le persone collaborano. Lei è membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile - Camera di Commercio di Monza e della Brianza. Quali iniziative avete o state avviando per valorizzare e incen-tivare il binomio donne e impresa? La questione femminile necessita di una forza in più che non sia solo legata all’impegno delle singole donne che operano con suc-cesso nei vari campi, ma di azioni sinergiche di rete, per raggiun-gere scopi e difendere interessi comuni. Si è infatti constatato che in questi ultimi anni le donne hanno partecipato attivamente come protagoniste alle profonde trasformazioni che hanno por-tato l’Italia verso il progresso e la modernità. Ma il più delle volte a questo forte impegno delle donne non hanno trovato riscontro altrettanta visibilità e il giusto riconoscimento alla loro capacità. Nel mio piccolo con le amiche imprenditrici lo perseguiamo. Ci aiutiamo molto. Sembra strano fra donne. Ma abbiamo gli stessi problemi quindi è facile condividere le stesse soluzioni. Tra le ultime azioni fatte, un bando per favorire la nascita di micronidi aziendali con una percentuale che viene data a fondo perduto.

Per l’imprenditoria femminile si può parlare di terreno fertile in Monza e Brianza? Su Monza e Brianza le imprese femminili sono circa il 20 per cen-to del totale, in media con il dato lombardo. La variazione in un anno delle imprese femminili a Monza e Brianza è stata del 3,8%, in Lombardia del 3,1 e in Italia del 2,8. Qualche tempo fa avevamo fatto un’analisi in cui risultava che addirittura nei periodi di crisi si registra un incremento dell’imprenditoria femminile perché è un lavoro autonomo che permette una maggiore fl essibilità tra orari di lavoro e famiglia. Purtroppo c’è anche una percentuale alta di imprese femminili che si fermano al primo anno di attività.

In quali settori sono maggiormente presenti le donne?Nel commercio, nelle attività immobiliari, noleggio, informatica e ricerca, nei servizi pubblici, sociali e personali e nelle attività manifattueriere.

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Che valore aggiunto portano le donne al mondo dell’impren-ditoria?Sicuramente la componente della determinazione. Poi l’attitudi-ne a conciliare, trovare soluzioni anche in situazioni non facili e una maggior attenzione ai clienti e alla qualità del servizio. Sono caratteristiche scritte nel DNA delle donne.

Nel 2008 lei ha vinto la medaglia d’oro di Confi ndustria al me-rito industriale. Cosa l’ha premiata, secondo lei? Sicuramente è stato un riconoscimento importante ed una pia-cevole sorpresa. È il frutto del lavoro di tutte le persone con cui collaboro, del lavoro dei miei genitori e degli insegnamenti che mi hanno dato. La nostra famiglia produce bibite fi n dal lonta-no 1926 e pertanto non posso che interpretare il premio come un segno di riconoscimento alle diverse generazioni che si sono succedute in tempi più o meno avversi alla guida di una azienda fortemente legata al territorio della Brianza.

Antonella Galimbertiripresa all’esternodella sua aziendache si occupa didistribuzione all’ingrossodi bevande

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Quali sono le fondamenta che non devo-no mai mancare in un’azienda come la vostra?L’attenzione all’organizzazione, ai costi e al servizio al cliente. Andare avanti con l’innovazione, è il momento di opportu-nità per le imprese perché se si organiz-zano, stanno attente al mercato, è il mo-mento anche per crescere e avere grandi opportunità.

In cosa state investendo oggi?Come azienda di distribuzione siamo at-tenti al mercato, sui suoi cambiamenti e alle richieste dei clienti. Ultimamente ci stiamo avvicinando molto al settore degli hotel, della moda, ciascuno con le pro-

prie esigenze. Così ci stiamo attrezzando per essere vicini alle loro necessità. Come produzione, ci stiamo concentrando sulle bevande in vetro perché sono più ecologi-che. Abbiamo inoltre fatto un progetto per spostare la nostra sede fuori dal centro del paese e fare un museo proprio sul beve-rage, sull’importanza della nutrizione nel settore delle bevande, facendo attenzione a prodotti storici quali la cedrata che stiamo rischiando di perdere.

Che consigli si sentirebbe di dare alle donne che scelgono la carriera imprendi-toriale? Credere nelle sue idee ed essere consapevo-le del fatto che comunque, avere una pro-

pria impresa è una grande opportunità. Personalmente mi ritengo fortunata per-ché sin da piccola ho vissuto e respirato lo spirito imprenditoriale che da sempre c’era in famiglia. Anche mia nonna era stata imprenditrice: rimase vedova giovane, con cinque fi gli da mantenere e così iniziò a lavorare in azienda. Probabilmente il lavo-rare e il fatto di avere certe responsabilità appartiene al nostro modo di essere. |

Lady economy

Essere donna è così affascinante. E’ un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Oriana Fallaci

www.aimb.it

La carrieraAntonella Galimberti, imprendi-trice brianzola, collabora nel-la gestione aziendale delle im-prese di famiglia Gal SAS per la produzione di bibite analcoliche e la VID Srl per la distribuzione all’ingrosso di bevande, specia-lizzata nel mercato Horeca. Ha iniziato il suo percorso lavo-rativo come consulente a Mila-no in una società specializzata in organizzazione del personale e controllo di gestione per poi passare nel 1992 in azienda. Dal 1997 al 2001 è stata eletta Sinda-co della città di Varedo. Tra le numerose esperienze asso-ciative, Antonelli Galimberti è stata vicepresidente del Gruppo Giovani Imprenditori Confindu-stria Monza e Brianza, Respon-sabile nazionale del progetto di Sviluppo Associativo del Gruppo Giovani Imprenditori di Confin-dustria, membro del Comitato Tecnico Confidi Milano, membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Milano, membro di Giunta Con-findustria Monza e Brianza e in ultimo membro del Comitato per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile della Camera di Com-mercio. Nel 2008 ha ricevuto la medaglia d’oro al merito industriale di Confindustria Monza e Brianza.

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Soluzioni per le imprese

Imprese e investimenti. Il nuovo progetto di Yorkville che punta ai vantaggi “anticiclici” del settore farmaceutico. L’Ad Marco Prete spiega la fi losofi a di questa iniziativa

testi di Laura di Teodoro

del farmaceuticoTrieste, Brescia e Bergamo:

Un nuovo polo farmaceutico che unisce Bergamo, Brescia e Trieste. Un progetto che parte da un fatturato complessivo di 50 milioni di euro e oltre 240 dipen-denti e sta crescendo per espandersi sui mercati internazionali. Il polo produtti-vo nasce dall’integrazione di AQ Tech e delle sue controllate e fa capo a Yorkvil-le Bhn. società di investimento quotata in Borsa Italiana, che ha scelto questo progetto come prima operazione in Ita-lia, sia per i vantaggi competitivi unici delle società acquisite sia per le “virtù anticicliche” del settore in questa fase di mercato. Come spiega Marco Prete, Presidente e Ad di Yorkville, il settore farmaceutico rappresenta un prezioso e positivo investimento “perché permette di capire quale sarà la redditività delle imprese, rispetto ad altri comparti”.

Prima di parlare del polo farmaceuti-co può spiegare come è strutturata la vostra società, la Yorkville Bhn Spa, tra le più antiche società quotate in Borsa Italiana?Siamo nati, insieme ad altri veicoli portati in Europa da fondi americani, partendo dall’idea che avere un fondo di private equity quotato potesse rap-presentare un valore interessante per l’investitore. Ci diff erenziamo da un qualsiasi fondo di private equity perchè

Yorkville Bhn è entrata al 51% nella holding farmaceutica AQ-Tech Spa con un impegno in conto capitale complessivo di 6,6 milioni di euro. Si tratta di un Polo farmaceutico completo che comprende al suo interno: Sigea Srl, Montefarmaco Spa e Sigmar Italia Spa per un fatturato complessivo di 50 milioni di euro

Progetti innovativi

nasce qui il nuovo polo

qui sotto, Marco Preteamministratore delegatodi Yorkville

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essere quotati permette all’investitore retail di entrare nel mondo del private equity, cosa che normalmente è impossibile. Inoltre c’è la possi-bilità di entrare e uscire a piacimento, senza il vincolo di 10 anni. Per il manager esiste la possibilità di costruire un progetto mante-nendo la partecipazione a lungo termine, senza la necessità urgente di comprare una determinata cosa e di rivenderla tre anni dopo. Se si comprano cose intelligenti a un prezzo interessante, redditizie, queste possono anche non essere mai vendute o dopo molti anni perché l’in-vestitore che investe in un qualsiasi veicolo non ha bisogno di avere la plus valenza dell’investimento. Se cresce il valore del portafoglio cresce il valore del titolo e così si venderà il titolo a un prezzo più alto. C’è anche un’altra diff erenza nella strategia per cui noi riusciamo a in-teragire con imprenditori che hanno costruito nell’arco di tutta la vita un’azienda competitiva e che non vogliono vendere la propria azienda per poi vederla sommersa di debiti e con un piede in tribunale. Al con-trario il nostro obiettivo è di concentrarci nella costruzione di progetti. Questa era l’idea di partenza del polo farmaceutico.

Passiamo al polo farmaceutico quindi. Di cosa si tratta? Come società siamo entrati al 51% nella holding farmaceutica AQ-Tech Spa con un impegno in conto capitale complessivo di 6,6 milioni di euro. Si tratta di un Polo completo che comprende al suo interno: Sigea Srl, una società di ricerca con sede a Trieste dove il laboratorio ha in sviluppo varie linee di prodotti; Montefarmaco Spa, con sede a

Pero, in provincia di Milano, società leader in Italia nella produzione e distribuzione per conto di terzi di prodotti farmaceutici, parafarma-ceutici e dietetici ed è attiva nella produzione di farmaci per uso topi-co e probiotici; Sigmar Italia Spa, con sede ad Almè, in provincia di Bergamo, attiva nella produzione, lavorazione, distribuzione e vendita per conto proprio e per conto terzi, di prodotti dietetici, farmaceutici e dermocosmetici.

Quali sono le motivazioni alla base di questa operazione?L’obiettivo della società è di investire in una strategia di medio termi-ne volta all’implementazione e allo sviluppo di un polo farmaceutico integrato, con la prospettiva di espanderci sul mercato internaziona-le. Sappiamo che il settore farmaceutico e, in particolare, il segmento rappresentato dai prodotti soggetti a prescrizione medica, protagonisti del nostro portafoglio prodotti, risulta particolarmente interessante nell’attuale congiuntura di mercato, assicurando una stabilità nel tem-po in termini di ricavi e di mantenimento delle marginalità, grazie alla sua natura aciclica, fornendo altresì base e supporto prospettico di ul-teriori opportunità di sviluppo. Il settore farmaceutico rappresenta uno dei modelli di aree in cui mi piace investire: settori e aziende che abbiano un vantaggio competitivo difendibile nel tempo, fattore che non è facile trovare perché la com-petizione nel mercato tende a mangiare il vantaggio che un’azienda sviluppa. Il settore farmaceutico, per defi nizione, realizza questo tipo

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di vantaggio perché i brevetti farmaceutici difendono i prodotti registrati per un nume-ro di anni a dispetto dei concorrenti. Essere presenti in uno spazio di mercato difendi-bile, soprattutto oggi, ci permette di avere maggiore tranquillità sul fronte dei ricavi e dei margini.

State lavorando per allargarvi?Diciamo che ci stiamo guardando in giro sia sul fronte dei singoli prodotti che per quanto riguarda eventuali aziende da inserire nella holding e nel polo produttivo.Per quanto riguarda il mercato, quello far-maceutico è sempre più continentale ma non c’è dubbio che anche l’Europa e il resto del mondo rappresentano per noi un mercato vitale; non possiamo permetterci di ragiona-re senza considerare quanto c’è oltre confi -ne. Già ora, nell’ambito della produzione per conto terzi, abbracciamo anche il mercato americano, ma in generale la maggior par-te di farmaci per conto terzi sono destinati all’Europa. www.yorkvillebhn.com

Esiste un interscambio con altri poli pro-duttivi? Esiste costantemente. L’intero mercato è fat-to di relazioni, è una cosa inevitabile. Stiamo parlando di un mercato relativamente picco-lo in cui si deve interagire per una questione soprattutto economica e naturalmente di competenze.

Esistono altre realtà simili alla vostra in Italia?Ne esistono e sono nostri interlocutori, hanno specialità e redditività diverse. Con loro c’è un costante dialogo, soprattutto sul fronte dell’attività commerciale, per capire le strategie. Si pensi che, per il settore farma-ceutico, In Italia ci sono 250 aziende, non è un numero enorme per cui diventa facile co-noscersi come in ogni altro distretto.

Quali sono le vostre strategie di sviluppo?Allargare il portafoglio prodotti, il perime-tro dell’attività e ampliarsi a livello conti-nentale nei prossimi anni.

Settore farmaceutico a parte, in quali altri campi conviene investire oggi? Noi escludiamo solo i settori in cui struttu-ralmente l’acquisizione di un’azienda non riesce ad essere difesa nel tempo e dove la ve-locità e il rinnovamento tecnologico è in con-tinua evoluzione e aggiornamento. Quindi guardiamo positivamente a settori a non ra-pidissima evoluzione e aziende che abbiano un vantaggio, che abbiano un elemento che in qualche modo le difenda dall’aggressione dei concorrenti, con un prodotto forte e ra-dicato sul territorio e nell’interesse dei con-

sumatori che non sia banale ma in qualche modo “complicato” e particolare.

Quali sono i settori che a lungo termine sono più forti?Sicuramente quello farmaceutico e quello delle utility dove sappiamo che il consumo non diminuirà sicuramente. Diciamo che è un momento di opportunità ma allo stesso tempo è complicato prevedere la redditività delle aziende.

È ottimista per il futuro?Io sono ottimista di natura. Questo lavoro lo pretende. L’economia occidentale non fi nisce qui e sono sicuro che si riprenderà e sarà più forte di prima. Sicuramente non sarà una passeggiata. |

Progetti innovativi

Società d’investimentoYorkville bhn, costituita nel dicembre 1900 con la denominazione Broggi Izar Fabbriche Riunite, è tra le più antiche società quotate in Borsa Italiana. Yorkville bhn è una società di investimento il cui azionista di riferi-mento è il fondo internazionale YA Global Investments LP, gestito dalla management company Yorkville Advisors LL. Nell’aprile scorso ha sottoscritto un accordo di investimento con Comitalia Compa-gnia Fiduciaria S.p.A., Ma-tra Fiduciaria S.r.l. e Roberto Bianchi, am-ministratore delegato di AQ-Tech, per entrare al 51% nella holding farmaceutica n AQ-Tech S.p.A. Con un impegno in conto capitale com-plessivo di 6,6 milioni di euro. AQ-Tech S.p.A. è una holding di partecipazione che controlla le se-guenti società operative nel settore farmaceutico: - Montefarmaco S.p.A., con un fatturato a fine 2008 di 22,5 milioni euro; Sigmar Italia Spa, società con un fatturato a fine 2008 pari a 15,5 milioni di euro; Sigea Srl, società di cui AQ-Tech Spa detiene una partecipazione pari all’85%. Il progetto prevede sia il rafforzamento produttivo di Sig-mar e Montefarmaco, sia lo sviluppo di nuovi preparati farmaceutici, dietetici e dermocosmetici per i mercati nazionali ed esteri, utilizzan-do altresì il frutto dello sviluppo della società di ricerca Sigea.

Una volta colte le opportunità si moltiplicano. Sun Tzu

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emozioni

Quando il marketing

comunica

Una comunicazione capace di emozionare e un marketing co-struito unendo innovazione, intelligenza e intuizione, rispet-tando la correttezza del messaggio. Due solidi pilastri su cui il Gruppo Damiani ha costruito le proprie strategie di comuni-cazione e promozione per far crescere un successo confermato dai 18 Oscar Mondiali della Gioielleria vinti negli ultimi anni. Federico Santoro, Direttore Marketing & Comunicazione del Gruppo, spiega il successo di un marchio che da sempre punta su stile, eleganza e qualità del Made in Italy.

Qual è la sua idea di marketing e comunicazione in un con-testo come quello di oggi? La caratteristica principale del marketing e della comunica-zione è sicuramente la capacità di adattamento al cambiamen-to dei linguaggi e dei canali. Viviamo infatti in un contesto economico e sociale dove la velocità ha assunto una valenza preponderante e dove il cambiamento è diventato all’ordine del giorno. La parola d’ordine è adeguarsi senza dimenticare il fattore emozione come punto di arrivo di ogni forma di co-municazione.

Come e quanto la crisi economica ha cambiato e sta cam-biando il modo di fare marketing e comunicazione? La crisi ha cambiato il contesto e oggi più che mai è impor-tante stabilire sempre una relazione tra investimento e ritor-no dell’investimento. In uno scenario come quello odierno le aziende migliori, più capaci, riescono a conquistare posizioni buone e competitive. La sfi da è sempre più tra i bravi e chi vin-ce si avvantaggia per quando la crisi sarà fi nita. Sottolineo che le imprese migliori non sempre sono le più grandi ma quelle che sanno valorizzarsi e valorizzare i propri prodotti. Spesso le piccole e medie imprese riescono ad emer-gere di più anche in tempi diffi cili.

Quando si può parlare di qualità della comunicazione o del marketing?Quando si riesce a comporre un giusto mix tra innovazione, capacità, intuizione e intelligenza e in questo modo si riescono

a soddisfare al meglio i vecchi e i nuovi bisogni. Non bisogna dimenticare la correttezza del messaggio; posso-no cambiare i modi e i linguaggi ma la bontà di un messaggio resta indispensabile.

Damiani si è aggiudicato per 18 volte gli Oscar Mondiali della Gioielleria e 4 Diamonds International Awards. Par-tendo quindi da un brand già aff ermato, come costruite una strategia di marketing e comunicazione ad hoc? Quando il successo è già confermato marketing e comunica-zione devono tenere conto del DNA vincente del gruppo. Aver ricevuto i premi è di fatto il riconoscimento di un percorso che ha portato Damiani ad aver individuato soluzioni di design uniche, sinonimo di stile e prestigio e naturalmente di Made in Italy.

Quali sono i canali che maggiormente utilizzate? I nostri sono prodotti, in alcuni casi vere e proprie opere d’ar-te, che hanno bisogno di essere visti, indossati e vissuti. Hanno un valore legato ai sentimenti delle singole persone che hanno visto i gioielli ed entrano in contatto con essi. Un valore che insomma si lega al trasferimento di emozioni che andiamo a concretizzare attraverso eventi tra cui mostre, sfi late ed espo-sizioni.

Come Gruppo Damiani, vi siete spesso affi dati a testimonial di grande prestigio. Come si sceglie il testimonial? Quali ca-ratteristiche prendete in considerazione? Ci deve essere prima di tutto una certa coerenze tra il profi lo del personaggio pubblico e la marca, ma soprattutto deve es-serci la comune passione verso il mondo dei gioielli. Per questo motivo molto spesso i personaggi che utilizziamo, spinti da questa passione, sono già entrati in contatto con la famiglia Damiani prima ancora di diventare testimonial dei vari mar-chi del Gruppo.

Il tema della famiglia torna spesso nella vostra comunica-zione...

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Federico Santoro, direttore marketing di Damiani, spiega il successo di un marchio conosciuto in tutto il mondo, che ha saputo mettere a punto una strategia di marketing e comunicazione innovativa

testo di Laura Di Teodoro

Marketing

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Federico Santoro, Direttore Marketing & Comunicazione del gruppo Damiani

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La carrieraFederico Santoro, Direttore Marketing & Comuni-cazione Gruppo Damiani, è nato a Moncalieri (TO), nel 1967. E’ laureato in Economia Aziendale conse-guita nel 1994 all’Università Commerciale L.Bocconi a Milano. Ha iniziato la sua carriera nel 1994 come Junior Key Accounts Manager alla Unilever (Sagit), prima a Milano e poi a Roma come National Accounts Assistant Manager prima e come Trade Operations Manager. Prima di approdare a Damiani, è stato: Tra-de Marketing Manager alla Saipo L’Oreal, a Torino; Trade Marketing Manager e Sales Director per Bol-ton Gr. (Manetti&Roberts).Dal 2006 lavora per Damiani Spa, passando da Diret-tore Vendite Damiani Italia a Direttore Commercia-le, Direttore Commerciale & Retail Damiani Italia e in ultimo Direttore Marketing & Comunicazione. La storia di Damiani inizia a Valenza nel 1924, fonda-ta da Enrico Grassi Damiani, tradizione continuata da Damiano Grassi Damiani. Damiani, oggi, è il primo marchio di gioielleria in Italia ed è apprezzato in tutto il mondo quale ambasciatore del gioiello rigo-rosamente Made in Italy.Damiani Spa è capofila del gruppo Damiani, leader nel mercato italiano della produzione e commercia-lizzazione di gioielli di alta gamma e di design, e at-tivo nel settore della gioielleria con marchi presti-giosi quali: Damiani, Salvini, Alfieri & St. John, Bliss e il marchio Calderoni, recentemente acquisito. Ma-estri artigiani sin dal 1924, il Gruppo Damiani vanta una lunga tradizione nell’arte orafa che interpreta oggi con lo stesso spirito innovativo delle sue origi-ni e detiene il record imbattuto di ben 22 Diamonds International Awards (18 Awards Damiani e 4 Awards Calderoni).

Ci sono momenti nei quali l’arte raggiunge quasi la dignità del lavoro manuale.Oscar Wilde

www.damiani.it

Certamente. Questo è un settore fatto di mani che disegnano, lavorano, realizzano i gioielli. Lo facciamo da oltre 85 anni con la stessa passione. Abbiamo una base e caratteristiche solide perché nasciamo come produttori. La famiglia Damiani, oggi alla terza generazione, è la garanzia che la qualità, lo stile dei nostri gioielli, unitamente all’etica e la serietà del nostro Gruppo, siano valori che crescono nel tempo. Il risultato è l’espressione di un Made in Italy riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Il web è ormai diventato il canale di comunicazione privilegia-to. Come stanno cambiando marketing e comunicazione? Per Damiani abbiamo recentemente trasformato il nostro sito internet per off rire all’utente una vera e propria esperienza di navigazione. Siamo passati da semplice catalogo di prodotti da sfogliare on line a un’esperienza coinvolgente, emozionale e di-retta: ci si muove attraverso molteplici aree lasciandosi guidare dall’emozione.

Ha parlato spesso di emozioni. In che misura sono importan-ti?La capacità di emozionare è fondamentale, lo è sempre stata. Oggi sono cambiati i modi e più passa il tempo più aumenta il bisogno di cambiare e cercare elementi innovativi a seconda dei canali. L’emozione si genera con la stimolazione dei sensi, non sono le immagini che dipingono un sogno.

Chi si occupa di marketing oggi? Che tipo di preparazione/formazione deve avere un responsabile marketing? Sicuramente serve una base “tecnica” ma non basta. Credo che oggi sia indispensabile avere la capacità di guardare oltre, a cosa succede fuori dalla fi nestra dei nostri uffi ci. Non basta più sta-re seduti alla scrivania o davanti a un computer. Bisogna stare in mezzo alla gente per comprendere quello che succede; come guardare il mare e capire dove soffi a il vento per poi agire.

Esiste questa consapevolezza?Purtroppo non del tutto. Oggi c’è una grande conoscenza verso ciò che è stato, ma ancora poca capacità di vedere cosa non c’è. Per essere vincenti bisogna capire, prima degli altri, quello che ancora manca.

Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

Qual è il futuro del made in Italy, soprattutto nel settore dei gioielli?Il Made in Italy è un valore enorme, non solo potenziale ma esi-stente. Ancora oggi resto sempre sorpreso di quanto l’Italia sia amata all’estero, di quanto la bellezza e l’estetica, il gusto e la creatività di “casa nostra” siano amate e ricercate in tutto il mon-do. In tutti i settori il Made in Italy deve restare strategico e per quanto riguarda i gioielli deve continuare ad acquisire posizioni di vantaggio. Non solo, il Made in Italy è sinonimo di lusso, spes-so il punto di riferimento del buon gusto e dell’estetica.

Qual è la sua idea di lusso? Il lusso è un concetto molto soggettivo. È espressione della per-sona che lo rappresenta; è un sogno verso cui si tende. Faccio un esempio: in passato la televisione era un lusso, così come lo era il cellulare, non tanto per il valore strettamente economico quanto per il fatto che pochi li possedevano ma moltissimi li sognavano. Chi opera nel settore del lusso deve avere la capacità di evolversi con la società in modo da continuare a rappresentare il sogno. |

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Giuseppe De Beni, Consigliere Delegato Italgen

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sostenibilitàPunto di riferimento dell’attività e della crescita

del Gruppo Italcementi, uno dei maggiori player mondiali nei materiali da costruzione che punta all’energia alternativa

e all’ambiente con Italgen, società specializzata nella produzione e nella distribuzione di energia elettrica “pulita”

testi di Laura Di Teodoro foto di Mattero Mottari

Parola d’ordine sostenibilità ambientale. Un leit motive che ac-compagna costantemente l’attività e la crescita del Gruppo Ital-cementi, uno dei maggiori player mondiali nei materiali da co-struzione. Come? Basta entrare nel sito di Italgen, spin off del Gruppo che opera come produttore e distributore di energia elettrica sui mercati internazionali, per avere la dimostrazione dei numeri e dell’azione quotidiana a favore dell’ambiente. Nella riproduzione virtuale di un “distributore di energia pulita” ven-gono riportati, e continuamente aggiornati, i dati riguardanti la quantità di energia pulita prodotta dalle centrali idroelettriche di Italgen nell’anno in corso. Quantità che nel solo 2008 ha rag-giunto i 388 gigawattora. È quanto conferma Giuseppe De Beni, Consigliere Delegato Italgen. E nel futuro di Italgen è in corso d’opera la realizzazione di tre nuovi parchi eolici in Marocco, Egitto e Turchia per un capacità installata complessiva di oltre 300 MW.

La società Italgen nasce nel 2001 ma l’impegno di Italcementi legato alle fonti rinnovabili inizia in realtà all’inizio del 1900 con la costruzione delle centrali idroelettriche di Dezzo (Val di Scalve - Bergamo) e Mazzunno (Brescia). Cent’anni dopo che peso hanno le fonti rinnovabili nella produzione comples-siva di energia del Gruppo? Italgen si aff accia nel mondo dell’energia nel 2001, anno in cui c’è stato lo spin off dalla casa madre Italcementi. In realtà le 14 centrali idroelettriche, quella termoelettrica e i 400 km di elet-trodotto, appartengono al patrimonio del Gruppo Italcementi da oltre 100 anni. La più antica è datata 1908 e sta funzionando mol-to bene da oltre un secolo. Sicuramente il quantitativo di energia da noi prodotta in termini di “rinnovabili” continua ad essere importante, se confrontato con il sistema nazionale. A livello ita-liano si producono infatti circa 317 mila gigawattora e di questi il 18 % (58 mila gigawattora) provengono da fonti rinnovabili. In confronto, nel 2008, Italgen ha prodotto 388 gigawattora e di questi ben l’80% (311 gigawattora) provengono da fonti rinnova-

bili. Questa percentuale così elevata è in linea con le scelte stra-tegiche del Gruppo Italcementi da sempre attento al tema della sostenibilità ambientale.

Da dove arriva prevalentemente questa energia?A oggi gli asset di Italgen sono riconducibili all’idrico e al ter-mico e sono quindi queste le fonti energetiche attuali. Negli ulti-mi anni però la società ha indirizzato i nuovi investimenti verso progetti nel campo dell’energia eolica. Va poi menzionato che Italcementi ha anche un megawatt installato, grazie ad una serie di pannelli solari, nelle cementerie di Salerno e Vibo Valentia.

A chi è destinata l’energia prodotta dalle 14 centrali idroelet-triche in Lombardia, Piemonte e Veneto e dalla centrale ter-moelettrica? L’energia prodotta da Italgen era destinata fi no a qualche anno fa al cento per cento al Gruppo Italcementi, partendo direttamente dalle centrali idroelettriche e arrivando in primis alle cementerie di Calusco d’Adda, a Bergamo, e di Rezzato a Brescia, e poi via via agli altri impianti nel nord Italia. La sede storica di Bergamo in via Camozzi, ad esempio, è completamente alimentata dalla nostra energia e, dal 1° gennaio 2008, esclusivamente con ener-gia da fonte rinnovabile “certifi cata”. Oggi, anche alla luce della liberalizzazione del mercato, stiamo allargando il perimetro av-viando, ad esempio, iniziative come quella che ci vede insieme ad AB Energie società grossista-trader di energia elettrica. Inoltre, Italgen opera in borsa come grossista, con logica industriale, an-dando cioè a comprare a copertura di punte che non riusciamo a soddisfare con la nostra produzione, a fronte di impegni assunti con i clienti.

A partire dal 2006 Italgen ha avviato una serie di iniziative a livello internazionale nella generazione di energia elettrica da fonte eolica, in Egitto, Marocco e Turchia. A che punto sono questi progetti?

Ecosostenibilità

La cultura della

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riduzione di emissioni di anidride carbonica per un valore di circa 300.000 ton-nellate annue. Abbiamo praticamente completato la fase autorizzativa e stiamo lavorando sulla scelta dei fornitori degli aerogeneratori e sulla parte fi nanziaria. Ci aspettiamo di vederlo costruito e avviato per la fi ne del 2011. Per quanto ri-guarda l’Egitto il progetto prevede lo sviluppo di un parco eolico da 120 MW, estendibile successivamente fi no a 400 MW, evitando emissioni di anidride car-bonica in atmosfera per un valore di circa 257.000 tonnellate annue. Attualmente è in fase di completamento un rigoroso studio di impatto ambientale. Una vol-ta completati questi programmi di investimento ci avvicineremmo all’obiettivo strategico dei 500 MW, di cui quasi il 70% da fonte rinnovabile e il resto da fonte fossile. Sarebbe un ottimo risultato e un salto notevole in termini produttivi te-nuto conto che attualmente Italgen ha una capacità installata pari a 126 MW. Tra gli altri progetti avviati per la riduzione delle emissioni, uno dei più inno-vativi riguarda i distributori di energia pulita. Di cosa si tratta? Si tratta di distributori utilizzati per ricaricare i mezzi elettrici aziendali, quali le biciclette e pulmini elettrici, e quelli a disposizione dei dipendenti. Un vero e pro-prio “ecociclo a impatto zero” che evita l’emissione di CO2 nell’aria e permette di fare 50 chilometri con un pieno al costo di soli 7 centesimi di euro. Pensiamo sia un bell’esempio di “mobilità sostenibile a impatto zero”. L’energia erogata dai distributori infatti arriva direttamente dalle fonti rinnovabili: in questo modo tutta la fi liera diventa sostenibile e ci assumiamo la responsabilità di garantirlo. Si tratta di un piccolo spunto che diventa però di grande eff etto a giudicare dalle richieste di biciclette elettriche e di distributori che stanno arrivando in sede e la cosa mi fa molto piacere. Abbiamo complessivamente quattro distributori collocati nei parcheggi interni della sede centrale di Italcementi e presso alcune nostre centrali idroelettriche, ma mi piacerebbe vederli distribuiti anche per la città di Bergamo. Sono degli ottimi testimonial per i nostri visitatori: ogni anno infatti ospitiamo circa 2000 ragazzi delle scuole che vogliono scoprire come la forza dell’acqua possa produrre energia elettrica pulita. E di questo aspetto sia-mo orgogliosi: dobbiamo lavorare per le future generazioni, perché abbiamo la responsabilità di lasciare loro un ambiente più sostenibile.

ll nuovo quadro normativo europeo prevede il raggiungimento, al 2020, di una quota di energia rinnovabile a copertura dei consumi energetici totali del 20% e di una riduzione delle emissioni di gas serra del 20%. Un obiettivo raggiungibile?Italgen è di certo in prima fi la. In questo senso possiamo dire di avere oneri ed onori. E’ un bell’impegno, c’è la possibilità di crescere e soprattutto c’è la volontà

Oggi Italgen sta seguendo tre progetti relativi alla costruzione di tre parchi eolici in Turchia, Egitto e Marocco per una capacità installata complessiva di oltre 300 MW. I parchi permetteranno, rispetto a un impianto a combustibile fossile, di evitare la dispersione in atmosfera di oltre 600mila tonnellate di CO2 l’anno

Italgen ha deciso di mettere a frutto il know-how e il patrimonio di competenze raggiun-to negli anni in Italia, per nuovi investimenti all’estero. Abbiamo privilegiato paesi che sono all’interno del perimetro della casa madre – il Gruppo Italcementi – proprio perché il ciclo di produzione del cemento comporta un notevo-le consumo di energia elettrica. In particolar modo la nostra attenzione si è focalizzata su Marocco, Egitto e Turchia. La scelta dell’ener-gia eolica inoltre ci permette di acquisire “cre-diti”, i cosiddetti CER, utili a compensare le emissioni di CO2. In Marocco abbiamo in progetto un parco eolico con una capacità to-tale fi no a 50 MW da realizzarsi in più step, il primo dei quali prevede l’installazione di 5 MW. Confi diamo di arrivare all’autorizzazio-ne defi nitiva entro l’anno in corso. L’impianto produttivo sarà realizzato nel Sud del paese in un’area caratterizzata da una crescente do-manda di energia elettrica. Il progetto più ambizioso è in Turchia: un par-co con una capacità di 142,5 MW e una pro-duzione annua attesa di circa 470.000 MWh. L’impianto sarà installato nell’area di Balike-sir (Turchia Nord-Occidentale) in un altopia-no caratterizzato da costanza di vento e dalla vicinanza ai nodi di interconnessione con la rete nazionale di distribuzione elettrica. Con questo progetto Italgen persegue l’obiettivo di

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In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso. Aristotele

www.italgen.it

Ritratto AziendaItalgen S.p.A. nasce nel 2001 con l’obiettivo di valorizzare gli asset energetici di Italcemen-ti Group.Attualmente Italgen produce energia elettrica attraverso 14 centrali idroelettriche in Lombardia, Piemonte e Veneto ed una centra-le termoelettrica in Lombardia, interconnesse attraverso una rete di circa 400 chilometri di elettrodotti di proprietà. Nel 2008 la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata pari a circa 318 GWh, l’80% della produzione com-plessiva di energia dell’azienda, che oggi viene destinata per la quasi totalità alle necessità di Italcementi Group. L’azienda è fortemente impe-gnata alla sostenibilità delle proprie iniziative: opera nel pieno rispetto dell’ambiente e del ter-ritorio utilizzando tecnologie sostenibili. Ital-gen intende aumentare l’approvvigionamento da fonti rinnovabili e avvalersi delle soluzioni tec-nologiche di assoluta compatibilità ambientale (Best Available Technology).

Ecosostenibilità

di farlo. Si tratta sicuramente di obiettivi ambiziosi a cui devo-no corrispondere però regole più chiare. Per quanto ci riguarda, stiamo lavorando in termini di recupero di effi cienza per la ridu-zione del consumo di energia; ogni nuovo progetto del Gruppo è concepito in termini “environmentally friendly”. Il nostro è un contributo alla valorizzazione di produzione di energia da fonte rinnovabile e allo stesso tempo questa produzione di energia ge-nererà dei crediti CO2 che bilanceranno gli impegni che il Grup-po Italcementi deve aff rontare nei confronti del mercato. In Italia abbiamo tutte le risorse naturali per rispettare questo obiettivo, quali per esempio vento e sole.

La realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili costituisce un problema o un vantaggio per l’ambiente? Parlo soprattutto dell’impatto sull’ambiente....I parchi eolici rappresentano i mulini a vento del Duemila ed è chiaro che l’impatto va calibrato. La scelta della localizzazione va studiata e ragionata bene, coinvolgendo il territorio. Oggi si sta parlando di microeolico sui tetti delle case, può sembrare un’esa-sperazione ma è un segnale di una tendenza e di un’attenzione in atto. Lo stesso vale per i pannelli solari sulle case che ormai si stanno diff ondendo ovunque. Di contro c’è l’impatto ambientale e visivo che spesso non trovano tutti d’accordo. La nostra atten-zione all’impatto ambientale è sempre alta e rientra nel nostro modo di lavorare, nel nostro DNA. Ad esempio per il progetto in Egitto stiamo conducendo uno studio di impatto ambientale su di un’area di 100 chilometri quadrati pressoché desertica, che risponde ai più alti standard qualitativi.

In quali Paesi avete registrato una maggiore apertura verso le fonti rinnovabili?Paradossalmente abbiamo registrato un notevole interesse per le fonti rinnovabili in quei paesi dove c’è il petrolio in particola-re in tutta la fascia del Nord Africa. Sono economie emergenti che hanno fame di energia ma allo stesso tempo attente alle fonti rinnovabili. Un discorso a parte vale per la Turchia, un Paese

a rischio blackout che sta investendo in modo particolare sulle energie rinnovabili, facilitata anche dalla posizione geografi ca e dalla forte ventosità.

Quali sono gli altri progetti in cantiere per Italgen? Oltre ai progetti di investimento in Egitto, Turchia e Marocco, abbiamo appena portato a termini una serie di lavori di potenzia-mento di alcuni impianti idroelettrici; inoltre stiamo aspettando la conclusione dell’iter di approvazione per l’ammodernamento della centrale termoelettrica di Villa di Serio, in provincia di Ber-gamo, che consentirà una signifi cativa riduzione delle emissioni in un’area fortemente compromessa come la pianura padana. Abbiamo un occhio attento anche in Sardegna dove sono pos-sibili sviluppi nel campo eolico mentre sul fronte internazionale abbiamo una fi nestra aperta in Bulgaria dove siamo già presenti come Italcementi Group e possiamo quindi capitalizzare la presenza locale.Al di là del ritorno economico degli investimenti, uno dei nostri obiettivi è trasferire certe competenze e un modo di lavorare in paesi emergenti. In Egitto, ad esempio, Italgen ha un team di pro-fessionisti danesi incaricati di completare lo Studio dell’Impatto Ambientale; abbiamo ritenuto però importante coinvolgere in modo diretto anche rappresentanti del Ministero per l’Ambiente egiziano e del Ministero per l’Energia egiziano. Quando avremo completato lo studio, i consulenti rientreranno in Danimarca, ma il know how resterà sul territorio egiziano, arricchiti grazie a questa esperienze e a disposizione per nuove iniziative. |

Nella pagina precedenteun dettaglio di un impianto idroelettrico italgen

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Portali immobiliari

Cercare casa con un click. Un nuovo business che ha permesso a Casa.it di conquistare la leadership dei portali immobiliari, di-ventando in poco più di dieci anni il punto di riferimento online per chi off re o cerca soluzioni di vendita o affi tto, residenziali, commerciali o più semplicemente per trascorrere una vacan-za. Degli sviluppi del mercato immobiliare, uniti alle potenzia-lità del web, ne ha parlato l’amministratore delegato di Casa.it, Daniele Mancini, da qualche mese alla guida di questa grande “agenzia immobiliare” a portata di mouse.

Quali sono secondo lei i punti di forza che hanno permesso a Casa.it di diventare il portale immobiliare leader in Italia? Siamo nati nel 1996 da un’idea imprenditoriale che si è rivelata vincente: far incontrare domanda e off erta immobiliare sfrut-tando le potenzialità della rete. Portare gli annunci immobiliari online ha rivoluzionato il settore, ampliando esponenzialmente le possibilità di chi cerca e la visibilità per chi off re. Chi è alla ricerca di un immobile può facilmente consultare at-traverso un paio di click le off erte in rete, eff ettuando ricerche mirate sulla base delle proprie esigenze, con notevole risparmio di tempo e denaro. D’altro canto rappresentiamo anche uno strumento indispensabile di visibilità per le agenzie immobiliari,

per i privati e per i costruttori edili che vogliono proporre i pro-pri immobili. Non sostituiamo i tradizionali servizi immobiliari, ma utilizziamo la tecnologia per potenziarli. Negli anni abbiamo acquisito una posizione di leadership in Ita-lia grazie alla qualità della nostra off erta e del nostro servizio, all’ottimo posizionamento sui motori di ricerca e alle partner-ship strategiche. La nostra forza deriva anche dall’essere parte di un grande network: dal 2007, Casa.it è uffi cialmente entrata a far parte del gruppo Rea Ltd e di Sky Italia, società queste che fanno capo al gruppo News Corp di Rupert Murdoch. Il Gruppo Rea è il più importante network internazionale dedicato al settore im-mobiliare online, con 18 portali immobiliari in 10 Paesi.

Quanto e come è cambiato il mercato immobiliare on line ne-gli ultimi dieci anni? Abbiamo assistito a un passaggio “dalla carta al Web” sempre più marcato. La nascita dei portali immobiliari sta cambiando le abitudini di chi cerca casa. La rete sta diventando sempre più il trampolino di lancio ideale per promuovere gli annunci immobiliari di vendita o di affi t-to soprattutto perché se ne analizziamo le potenzialità, questo mezzo presenta una vera e propria marcia in più: basti pensare a strumenti come l’email alert che è in grado di facilitare la ricer-

la Casa diventa .itCercare casa con un click. Un nuovo business che ha permesso a Casa.it di conquistare la leadership dei portali immobiliari: ecco una storia di successo dell’internet Made in Italytesto di Desirée Cividini

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Business online

ca di un immobile segnalando all’utente quando vengono pubblicate inserzioni che corrispondono alla ricerca e alle caratteri-stiche che si sono impostate. Questo comporta un notevole risparmio di tempo sia per le agenzie immobiliari che ricevono contatti qualifi cati, sia per gli utenti che non devono passare fi sicamente da un’agenzia all’altra per cercare la casa che desiderano acquistare o affi ttare. Possiamo pure dire che avvalendosi dei portali immobiliari “è la casa che cerca te”.

Quanto il web sta infl uenzando il mer-cato real estate? Quali sono le previsioni per i prossimi anni? Il web sta confermando la propria centrali-tà anche nel mercato immobiliare. Gli utenti italiani si rivolgono sempre più a Internet per informarsi e cercare casa, spinti dalla vastità dell’off erta e dalla facili-tà di interazione. Siamo certi che il trend di crescita continuerà anche in Italia, in linea

con quanto sta avvenendo negli altri Paesi del mondo. I numeri confermano questa tendenza: secondo i dati Audiweb powered by Nielsen Online di gennaio 2009, i siti per la ricerca immobiliare si sono rivelati una delle categorie web più visitate, tota-lizzando ben 2,4 milioni di visitatori. La categoria dei siti di real estate è risultata inoltre la categoria con la maggiore cresci-ta di utenti: la crescita dei visitatori è stata più marcata che per i siti delle compagnie aeree e di ricerca di lavoro.

Qual è l’utente tipo che sceglie di affi dar-si al web per la ricerca di una casa?Contiamo più di 1.300.000 utenti unici al mese e i nostri utenti sono trasversali per fasce d’età e occupazione. In particolare, possiamo defi nire il core del nostro target come quasi equamente distribuito tra uo-mini e donne (donne 51%), abituati a navi-gare in Internet, di cultura medio alta ,con un’età tra i 27 e i 49 anni.

Quali sono i vantaggi della ricerca on line di un’abitazione? Quali invece i cri-teri principali in base ai quali gli utenti scelgono l’immobile?Cercare un’abitazione on line permette innanzitutto di risparmiare tempo, ma an-che denaro. L’utente spazia tra una vastità immensa di proposte, tra le quali può facil-mente selezionare solo quelle che rispon-dono alle sue esigenze. Bastano pochi click e chi cerca un immobile può confrontare le diverse proposte, trovare la soluzione più conveniente e al prezzo migliore. General-mente più un annuncio è completo, più at-tira l’attenzione degli utenti. Ogni annun-cio contiene informazioni dettagliate in merito a tipo, categoria, tipologia, fascia di prezzo, metri quadri e descrizione dell’im-mobile. L’agenzia o il privato hanno inol-tre la possibilità di aggiungere molte altre informazioni: foto, piantine e posizione su Mappe Google. Tra le ultime novità tecno-logiche si segnala anche il servizio di Street

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Il mercato immobiliare, che rappresenta una parte consistente del Pil del paese e può giocare un ruolo fondamentale per la ripresa della crescita del sistema, necessita di nuovi impulsi e di recepire le innovazioni culturali che stanno permeando la società italiana

www.casa.it

Questa è la vera natura della casa: il luogo della pace; il rifugio, non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio e discordiaJohn Ruskin

View, che permette di fare un vero e proprio tour virtuale della zona dove si trova l’immobile.

Quali sono i prossimi progetti del gruppo?Il mercato immobiliare, che rappresenta una parte consisten-te del Pil del paese e può giocare un ruolo fondamentale per la ripresa della crescita del sistema, necessita di nuovi impul-si e di recepire le innovazioni culturali che stanno perme-ando la società italiana. Vediamo per l’immobiliare grandi opportunità derivanti da un utilizzo strategico e business-oriented degli strumenti dell’era del web 2.0 come social network, blog, tool multimediali. Per realizzare con successo questa che consideriamo una fortissima evoluzione nel no-stro business, è necessario diff ondere una cultura dell’inno-vazione a tutti i livelli e a tutti gli attori del mercato. Casa.it lancia infatti la nuova strategia Real Estate 2.0, per favorire l’innovazione del mercato immobiliare italiano integrando la cultura, l’approccio al cliente, gli strumenti e i vantaggi competitivi derivanti dal web 2.0. La prima concreta realiz-zazione della nuova strategia Real Estate 2.0, che si svilup-perà nel corso dell’anno con prodotti dedicati, è il “Sito su Misura”. Questo servizio è dedicato a tutte le agenzie che, in mancanza di un proprio sito Internet, potranno realizza-re la loro vetrina online interattiva, ricca di contenuti, facile da consultare per gli utenti e in grado di utilizzare tutte le principali leve strategiche del web 2.0. Il “Sito su Misura”, infatti, permette agli agenti immobiliari di presentare an-nunci multimediali ricchi di informazioni e interessanti per i potenziali acquirenti ma, soprattutto, di interagire con loro interattivamente attraverso blog, social network e communi-ty quali Facebook, Twitter, YouTube, cui “Sito su Misura” è direttamente collegato. |

Ritratto aziendaCasa.it è il portale immobiliare leader in Italia, da oltre dieci anni punto di riferimento online per chi offre o cerca soluzioni di vendita o affitto, residenziali, commerciali o per vacanza. Aggregando l’offerta di oltre 11.000 agenzie distribuite sul territorio nazionale e di circa 3.000 priva-ti, è in grado di proporre oltre 500.000 annunci e generare un traffico di oltre 1.300.000 utenti unici al mese. Dal 2007, Casa.it (nato nel 1996 dall’idea di dare ampio respiro all’in-contro di domanda e offerta immobiliare sfruttando le po-tenzialità della rete) fa parte del gruppo australiano REA Ltd, che ne detiene il 69,4%, ed è partecipata da Sky Italia con il 30,6%. Nato nel 1995 in Australia con il portale www.realestate.com.au, il Gruppo REA ha raggiunto posizioni di leadership consolidando la propria attività e la propria esperienza e dal 2006 ha cominciato ad espandersi nel resto del mondo. Il Gruppo REA, quotato alla Borsa australiana, è oggi il più importante network internazionale dedicato al settore immobiliare online, con 18 portali immobiliari in 10 Paesi.

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Mercato autoIl valore del marchio,

effi cienza e riorganizzazione:per sconfi ggere la crisi

Il caso Carcomauto: la storica azienda si consolida anche grazie alla riorganizzazione attuata dal nuovo amministratore delegato

Walter Benati. Concessionario di marchi quali Audi , Volkswagen e Seat, importatore uffi ciale di Bentley per il Nord Italia,

percorre la strada tracciata sull’onda dello sviluppotesto di Desirée Cividini foto di Matteo Mottari

Concessionario di marchi quali Audi , Volkswagen e Seat e importatore uffi ciale di Bentley per il Nord Italia, il gruppo Carcomauto continua la sua strada sull’onda dello sviluppo. A contribuire alla crescita della storica azienda una recente riorganizzazione attuata dal nuovo amministratore delegato Walter Benati. Alla guida dell’azienda il nuovo Ad ha unito la carriera professionale alla sua grande passione per le auto e i motori.

Carcomauto ha fatto molta strada dal 1959, anno di apertura della prima conces-sionaria, ad oggi. Quali sono i punti di forza che hanno permesso al gruppo di aff ermarsi in un settore altamente concorrenziale come quello dell’auto? La prima concessionaria Volkswagen è stata aperta nel 1959 in Corso Sempione a Mi-lano. Dopo qualche anno nei suoi saloni entrano anche le auto Audi. Da allora il gruppo ha fatto tanta strada, riuscendo a consolidarsi sul mercato e a diventare una realtà di primo piano nel mondo dell’auto a Milano. Credo che quello che ha permesso a Carcomauto di raggiungere queste dimensioni sia stata la capacità di comprendere le esigenze del cliente e di riuscire a soddisfarle, off rendogli da sempre un servizio di qualità.

Concessionario Volkswagen, Audi e Seat, dal 2003 il gruppo è anche importatore uffi ciale per il Nord Italia di Bentley. Un’off erta che richiede competenze specifi che e diff erenziate in base ai mercati di riferimento. Come gestite questi due diff erenti rami?La prima cosa che ho fatto dopo essere entrato in Carcomauto è stata ristrutturare l’azienda come se fosse un’industria. Ho creato quattro Business Unit, una per ogni marchio, mantenendo un forte legame tra le diff erenti unità. Un’operazione che ci consente di essere focalizzati sugli specifi ci obiettivi legati ai singoli marchi e di essere maggiormente consapevoli di ciò a cui si sta lavorando. Quella attuata è stata una vera e propria rivoluzione per il gruppo, dalla quale ci aspettiamo dei buoni risultati e un miglioramento delle performance, particolarmente importante in un momento non facile come quello che sta attraversando il mercato.

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Auto business

Walter Benati, amministratore delegato di Carcomauto

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Questo è un periodo particolare anche per il mercato delle auto. Voi come state aff rontando questa fase negativa? Nel settore automobilistico a diff erenza di quanto avviene per altri settori il pro-dotto conta moltissimo. Ecco perché non possiamo generalizzare: per alcuni mar-chi la congiuntura economica negativa ha fatto sentire i suoi eff etti, mentre per altri le cose sono andate decisamente meglio. Prendiamo ad esempio Golf e Passat: con entrambi i marchi stiamo lavorando bene. Per quanto riguarda Bentley, cresciuto in maniera non indiff erente negli ultimi mesi, ci si aspetta invece un calo. Il bilancio è co-munque positivo e l’obiettivo è quello di aff ermare ancora di più la nostra presen-za sul territorio anche grazie all’apertura avvenuta a marzo di una sede Bentley a Bologna. Diverso è il discorso per quanto riguarda invece il noleggio: in questo set-tore abbiamo registrato un calo del 25 per cento. Non si è ridotto il numero di auto a noleggio ma si riscontra, a causa della crisi che ha costretto le aziende a tagliare i costi, un accorciamento dei tempi.

Quanto è strategica l’attività di marke-ting in un settore come il vostro?

Il marketing anche in un settore come quello automobilistico conta moltissimo. Come concessionario importatore, tutta-via, il nostro lavoro nell’ambito del campo del marketing è strettamente legato alle strategie scelte dalla casa madre. Si cerca quindi di sfruttare il tema della campagna deciso dalla casa madre, ricontestualiz-zandolo e conferendogli una dimensione più legata al locale. Il nostro investimen-to in questo campo è pari al 2 per cento e consiste soprattutto in attività di remind e organizzazione di eventi in salone. La cosa più importante rimane comunque la conoscenza dei mercati di riferimento e la capacità di essere vicino ai clienti.

Quali sono gli obiettivi del 2009? I cambiamenti apportati in azienda hanno ridotto le aree di dispersione e ci hanno permesso di concentrarci maggiormente sugli obiettivi specifi ci.Dal 2009 ci aspettiamo quindi di racco-gliere i risultati che dovrebbero derivare dall’attuazione di questa riorganizzazione aziendale. Le stime parlano di un fattura-to pari a 150 milioni di euro, un obiettivo ambizioso ma che crediamo fortemente di poter raggiungere. |

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www.carcomauto.it

Guidare è una forma spettacolare di amnesia. Tutto può essere scoperto, tutto può essere dimenticato.Jean Baudrillard

Ritratto aziendaCarcomauto è una storica azien-da con sede a Milano fondata nel 1959. Attiva sul mercato da 50 anni, concessionario Audi e Vol-kswagen, Carcomauto dal 2003 è anche importatore ufficiale per il Nord Italia di Bentley, le pre-stigiose vetture inglesi, con sedi a Milano e Bologna. Il Gruppo, importatore e concessionario auto con oltre 170 milioni di euro di ri-cavi, è inoltre presente in diverse altre partecipazioni industriali. Oggi con tre prestigiosi conces-sionari e due moderni Centri Assi-stenza è una realtà di primo piano nel mondo dell’auto a Milano. Re-cente è la nomina di Walter Bena-ti quale amministratore delegato del gruppo.

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charismatic

stile intramontabile

Euler Hermes SIAC è la prima Compagnia d’assicurazione cre-diti commerciali in Italia, con una quota di mercato oltre il 50% del totale. Euler Hermes SIAC affi anca le aziende nel selezionare i clienti, gestire il recupero del credito in caso di mancato paga-mento, indennizzare la perdita nei casi di insolvenza accertata.

La Compagnia off re un pacchetto di servizi integrati per la ge-stione del rischio credito sia in Italia che all’estero inclusi nella polizza e comprensivo di: • valutazione preventiva e il monitoraggio della propria clientela• copertura assicurativa (contro il rischio della perdita defi nitiva totale o parziale del credito a causa di insol- venza del debitore)• assistenza legale (grazie ad un’estesa rete di corrispon- denti nazionali ed internazionali)• attività di recupero crediti (servizio off erto attraverso SIAC Services Srl)• Un ulteriore servizio messo a disposizione delle aziende Clienti è il collegamento on-line tra la Compagnia e l’Assicurato, che permette di gestire l’operatività della polizza in tempo reale tramite Internet.

La Compagnia è dotata di un’organizzazione di vendita basata prevalentemente su 21 Agenzie Generali.

“L’area di competenza dell’Agenzia Generale è Monza, la Brianza e Bergamo – spiega Marco Federici, Agente Generale Euler Her-mes SIAC . Queste zone di competenza dell’Agenzia Generale, dal

punto di vista economico, costituiscono uno straordinario terri-torio in cui troviamo una realtà industriale solida, forte e compe-titiva, con un’imprenditorialità diff usa ed equilibrata che aff ronta la sfi da della competitività, che racchiude in sé le caratteristiche vincenti dell’economia nazionale quali l’apertura internazionale, la spinta innovativa e la qualità delle risorse umane”.

La Provincia di Monza e Brianza rappresenta il più antico distret-to del mobile italiano, detiene il 18,5% della produzione nazionale di mobili di fascia medio alta ed il 5,2% di quella europea. I settori industriali di maggiore rilievo sono: la meccanica, il metallurgico, legno e mobili, il tessile/abbigliamento, alimentare ed il terziario avanzato. Il tessuto industriale è composto da circa 60.000 impre-se tra le quali spiccano i protagonisti nazionali di settore.La provincia di Bergamo storicamente si distingue per avere un’industria nel complesso più dinamica della media italiana. In questi ultimi anni i dati relativi alle esportazioni bergamasche, lombarde ed italiane mostrano una forte vivacità e questo è vero in modo particolare per la provincia di Bergamo che continua ad essere un volano dell’economia italiana. Tra i settori rappre-sentativi del tessuto industriale abbiamo l’alimentare, chimico, gomma-plastica, metallurgia e dei prodotti in metallo. L’industria bergamasca ha reso le sue produzioni non facilmente sostituibili da concorrenti esteri, e la strada in questa direzione ha imposto grandi investimenti in qualità, progettazione e specializzazione della produzione.

“L’Agenzia opera a fi anco dell’imprenditore con il vero spirito di un partner - prosegue Federici - consigliando e studiando insie-

Il modello Euler Hermes SIAC

Le Imprese Assicurate

L’assicurazione del credito è un fattore sempre più importante per le imprese che vogliono vivere con sicurezza il proprio business. Focus su una realtà leader nel settore che si occupa di selezione dei clienti, gestione del recupero del credito in caso di mancato pagamento e di indennizzo della perdita nei casi di insolvenza accertata. A fi anco dell’imprenditore nella scelta della giusta direzione come un vero partner

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Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

me al cliente il prodotto più adatto ed effi cace rispetto alle specifi che esigenze, fi no alla realizzazione di un prodotto su misura che possa supportare ed agevolare ancor di più l’attività commerciale dell’impresa in Italia ed all’estero”.

Ma quali sono i vantaggi di essere coperti da una polizza di assicurazione crediti? Le imprese che assicurano il cre-dito fruiscono di informazioni creditizie e di market intel-ligence di migliore qualità a costi minori, con un risparmio economico per quanto riguarda il reperimento delle infor-mazioni di riferimento e le ricerche di mercato. Le società assicurate, inoltre, intrattengono rapporti mi-gliori con le banche per il fatto di aver assicurato i propri debiti commerciali. Questo fatto si manifesta in relazioni più lunghe e stabili con gli istituti bancari ed un migliore accesso ai fi nanziamenti a breve e al capitale obbligaziona-rio, con un costo medio più basso per il capitale liquido. |

Euler Hermes è il primo gruppo mondiale dell’assicurazione cre-diti ed uno dei maggiori operatori nel mercato del-le cauzioni e del recupero crediti. Con 6.200 colla-boratori presenti in oltre 50 Paesi, Euler Hermes offre una gamma completa di servizi per la gestio-ne del portafoglio clienti. Nel 2008 il gruppo ha raggiunto un giro d’affari di 2,2 miliardi di euro. Euler Hermes, consociata di AGF e membro Allianz, è quotata all’ Euronext Paris. Il gruppo e le sue principali società di assicurazione crediti hanno ricevuto il rating AA- da Standard & Poor’s.

www.eulerhermes.it

nella pagina a fianco: Marco Federici, Agente Generale dell’agenzia di Monza, Brianza e Bergamosopra: sede di Euler Hermes a Parigi

“L’area di competenza dell’Agenzia Generale è Monza, la Brianza e Bergamo. Queste zone, dal punto di vista economico, costituiscono uno straordinario territorio in cui si trova una realtà industriale solida e competitiva, con un’imprenditorialità diff usa ed equilibrata che aff ronta la sfi da della competitività e che racchiude in sé le caratteristiche vincenti dell’economia nazionale quali l’apertura internazionale, la spinta innovativa e la qualità delle risorse umane”

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Business Insurance

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Business&Gentlemen maggio - giugno 2009

aspetti teorici e strategie

Il Processo di internazionalizzazioneLa tensione delle aziende versoi mercati esteri è sempre piùimportante per la crescitae il successo del proprio business:ecco un’utile sintesi di come funziona questo meccanismodi Andrea Manzoni esperto di ricerca in marketing per le strategie di impresa

Il tema dell’internazionalizzazione, sia in periodi prosperi e (so-prattutto) durante momenti caratterizzati da durature crisi, ri-mane sempre un argomento di attualità.Ma cosa si intende esattamente con il termine internazionaliz-zazione? Assume una valenza ed una connotazione piena con riferimento ai costi (di approvvigionamento) oppure ai ricavi (di vendita) ovvero entrambi? In cosa consiste e come si sviluppa?Nel corso del presente articolo si cercherà di rispondere in ma-niera esaustiva al tema dell’internazionalizzazione cercando di defi nirne l’ambito, le teorie ed i modelli maggiormente persegui-ti dalle aziende.Con il termine internazionalizzazione si intende il processo di crescita – da parte di una azienda domestica – sui mercati esteri1. Da questa semplice defi nizione si può desumere come, evidente-mente, il processo di internazionalizzazione può essere analiz-zato, promosso e sviluppato sia sul lato dei costi sia su quello dei ricavi; infatti tutti gli strumenti e le tecniche a disposizione di una impresa possono essere adottate sia in fase di approvvigio-namento dei fattori produttivi sia in fase di allocazione e vendita dei prodotti.

Prospettive teoricheDa un punto di vista cronologico, lo studio sistematico del pro-cesso di internazionalizzazione delle imprese nasce nel 1960 con il contributo di Hymer. Infatti prima di allora, l’attenzione a que-sto fenomeno veniva posta a livello di Nazione e non di impresa, focalizzando le analisi sui fl ussi di beni e capitali scollegati alle attività di impresa. La spiegazione di tali movimenti trovava fon-damento teorico nel divario esistente tra le diverse Nazioni.I modelli del Vantaggio Assoluto (Smith, 1776) e del Vantaggio comparato (Ricardo, 1817; Heckscher e Ohlin, 1933) si basano infatti sul concetto legato all’esportazione, da parte di una Na-zione, dei soli beni che vengono prodotti localmente ad un costo inferiore, assoluto o relativo, rispetto a tutte le altre Nazioni.Più che di processo di internazionalizzazione, i predetti studi possono rientrare nel più generico ambito del commercio inter-nazionale.Come già anticipato, l’economista canadese Hymer fu il primo teorico sull’internazionalizzazione delle imprese e nel 1960 ar-rivò alla conclusione2 che gli investimenti (diretti esteri) operati

sui mercati esteri non dovessero essere considerati come meri fl ussi internazionali di capitale, bensì come un insieme comples-so, coordinato ed organizzato di transazioni operate da imprese interessate in uno specifi co mercato. Il ruolo svolto dall’analisi dell’economista canadese fu così innovativo e stravolgente che tutta la produzione letteraria successiva al suo lavoro del 1960 venne da lui infl uenzata.

Lo schema a seguire cerca di dare una rappresentazione sempli-ce e parzialmente esaustiva dei principali economisti che hanno contribuito in misura robusta all’evoluzione degli studi aff erente il processo di internazionalizzazione di una impresa3.

Strategie adottate dalle impreseDa un punto di vista operativo, le principali strategie e modalità di espansione oltre confi ni a disposizione di una impresa posso-no essere così sintetizzabili:

Importazioni / esportazioni.1. Insieme di beni e servizi che vengono trasferiti da un na-zione ad un’altra. Tale metodologia può essere condotta sia monitorando tutte le fasi che intercorrono dal momento in cui il prodotto / servizio esce dall’azienda produttrice sino a quando risulta disponibile all’acquirente (importazione / esportazione con controllo diretto) oppure esternalizzando in outsourcing (importazione / esportazione con coinvolgi-mento di strutture esterne) tutte le fasi di cui sopra.

Modalità collaborativa:2. con accordi di licenza• Si tratta di una strategia collaborativa fra due imprese, una estera e l’altra locale (con riferimento ad uno specifi co

Commercio Internazionale Processo di Internazionalizzazione Strategia

Smith Ricardo Hecksher & Ohlin

Hymer Vernon Dunning Buckley & Casson

Porter ......

1776 1817 1933 1960 1966 1971 1976 1986 ......

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mercato) nella quale l’azienda locale produce un determinato bene o ser-vizio utilizzando delle conoscenze, soprattutto tecnologiche, sviluppate dall’azienda estera; la quale concede in licenza l’utilizzo di una sua cono-scenza.Tale accordo consente, sfruttando il divario esistente fra due imprese o mercati, ad una impresa di ottenere benefi ci dall’utilizzo oltre confi ne di una propria “scoperta” senza il rischio e l’onere di sostenere ingenti investi-menti (cfr. IDE) né tantomeno condi-videre risorse, strutture, organizza-zioni e conoscenze (cfr. joint venture).

joint venture• La strategia di ingresso della joint ven-ture consente ad una impresa di acce-lerare l’ingresso in un Paese / Mercato estero in quanto si fonda sulla colla-borazione di una società (straniera con riferimento ad un mercato) con una azienda locale (co-venturer) ben insediata nel mercato oggetto di pene-trazione. Oltre al superamento delle barriere all’entrata, quali ad esempio quelle legate al divario tecnologico e culturale, la suddetta modalità col-laborativa garantisce una riduzione dei tempi di insediamento ed una “subadditività” o riduzione dei costi di investimento. I principali svantag-gi legati alla joint venture sono legati alla bassa inclinazione delle imprese a condividere con i propri partners tutte le conoscenze tecnologiche che inten-de invece preservare a favore dell’in-sediamento produttivo che detiene senza partners né stranieri né locali. Un altro svantaggio legato a questa ti-pologia di alleanza strategica è legato alla diffi cile convivenza causato dalle

diff erenze strategiche ed organizzati-ve degli associati partners.

Investimenti diretti all’estero (IDE)3. Con il termine investimenti diretti all’estero (FDI – foreign direct in-vestment) si intendono gli investi-menti internazionali eff ettuati da un soggetto in certa Nazione in cui risie-de un durevole interesse.A seconda che questo interesse venga sostenuto mediante la costituzione ex-novo di una business unit o viceversa con l’acquisizione di una già esistente, l’IDE può essere defi nito diretto con costituzione o viceversa diretto con acquisizione.

Come risulta evidente, la caratteristica fondamentale, rispetto alle altre stra-tegie di internazionalizzazione, degli IDE è la natura dell’interesse, durevole e profondo. Con riferimento all’inten-sità dell’interesse nutrito dall’azienda e la sua espansione verso mercati este-ri, qui di seguito viene rappresentato, in ordine crescente, le diverse strate-gie a disposizione dell’azienda.

ConclusioniI processi di internazionalizzazione del-le imprese, oltre alle tecniche e strategie sommariamente elencate nel presente arti-colo, devono tenere conto anche di variabi-li qualitative aff erenti i contesti sociali, po-litici e culturali della Nazione nella quale una impresa intende operare.

Si può pertanto asserire che i suddetti processi economici non solo attraversano confi ni territoriali ma bensì delle frontiere sociali.Ritengo quindi utile concludere il presen-te elaborato sottolineando che le diverse tecniche a disposizione di una impresa (esportazione/importazione; modalità col-laborative con accordi di licenza o joint venture; investimenti diretti all’estero) saranno scelte anche e soprattutto in con-siderazione alla conoscenza e all’ “ospi-talità” riservata all’azienda nel mercato straniero. Verranno privilegiate forme collaborative con partners locali qualora il mercato di riferimento risulti poco cono-sciuto o restio all’accettazione di aziende straniere; viceversa l’investimento diretto è la modalità suggerita qualora il mercato di riferimento risulti caratterizzato da for-ti barriere all’entrata anche di natura legi-slativa e fi scale4.

Esportazione / Importazione

Modalità collaborativa

Investimenti diretti all’estero

1 Da non confondere con il termine globalizzazione il quale fa riferimento invece alle relazioni che si vengono ad instaurare fra molteplici realtà di natura variegata (economiche, sociali, culturali, etc….) su scala mondiale.2 Con la sua tesi di dottorato al M.I.T. dal titolo “The International operation of national fi rms: a study of direct investment”.3 Con il termine Strategia (internazionale) l’autore non intende defi nire un nuovo fi lone concettualmente distinto da quello precedente, bensì un inquadramento più globale.4 Occorre ribadire che con l’IDE la società costituita o acquisita risulterà a tutti gli effetti (anche legislativi e di immagine) una azienda locale.

www.mincomes.it

Il parere dell’esperto

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Il premio di Confi ndustria Bergamo dedicato ai dipendenti che si sono distinti per impegno e professionalità. Un progetto nato per valorizzare lo spirito di collaborazione e di squadra tra impresa e risorse umanea cura della redazionefoto di Pietro Sparaco

Un premio all’operosità e alla professionalità. Un riconoscimen-to per 50 dipendenti di altrettante imprese socie di Confi ndu-stria Bergamo che hanno dimostrato il loro impegno lavorativo e professionale sul campo. Il premio, denominato “Eccellenze al lavoro” è stato assegnato ai 50 “eccellenti” dal presidente uscente di Confi ndustria Bergamo Alberto Barcella, il giorno dell’elezio-ne del nuovo numero uno degli industriali bergamaschi, Carlo Mazzoleni. Il riconoscimento “Eccellenze al lavoro” è stato isti-

tuito nel 2007 in occasione del Centenario dell’Associazione de-gli industriali di Bergamo quando vennero attribuite due diverse valorizzazioni a 135 professionalità per “Confi ndustria per lo svi-luppo e l’innovazione” e “Confi ndustria per il lavoro”. Nel 2008 il premio è diventato “Eccellenze al lavoro” con l’obiettivo di “rap-presentare in un unico riconoscimento l’apprezzamento per i meriti di tutti quei dipendenti che hanno saputo distinguersi per capacità, innovazione, dedizione, creatività, ingegno”. Quest’an-

Eccellenza al lavoroi 50 numeri uno

Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

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Premi e lavoro

www.unindustria.bg.it

Il lavoro e l’applicazione continui sono il cibo del mio spirito. Quando comincerò a cercare il riposo, allora smetterò di vivere.Petrarca

Gli eccellentiI nomi delle 50 eccellenze al lavo-ro anno 2009Pierantonio Algeri (Sabe di Sala Pasquale), Pinuccia Algeri (Media-market), Giuseppina Asperti (Cami-ceria Agatex), Fausto Baggi (Studio Associato CF&C), Giuseppe Berga-maschi (Dow Agrosciences Italia), Efrem Bonetti (Lamiflex Compo-sites), Matteo Boschini (Reggiani Macchine), Nadia Bosis (Lamiflex), Filippo Brancucci (Italcementi), Veronica Bugini (Regas), Amos Igi-no Butti (Butti Srl), Giancarlo Cagliani (Sematic Italia), Mauro Casali (Gio’Style Lifestyle), Paolo Catani (Ctg Spa), Roberto Colza-ni (Nuovo istituto italiano d’arti grafiche), Giordano Ferla (Exide Technologies), Salvatore Fustinoni (Sangalli), Fausto Gandolfi (Brem-bo), Simona Ghisolfi (Cartemani), Graziano Grisa (Pneumax), Giusep-pe Invernizzi (Magnetti Building), Claudio Lama (Cimprogetti), Vin-cenzo Limonta (Losma), Ambrogio Mandelli (Valsecchi), Franco Ce-sare Marchetti (Credaro Pietre), Wanda Marchi (I.T.B. Industria tessile bergamasca), Anita Merelli (Vin Service), Roberto Montanelli (Sea) Alberto Menotti (Cotonifi-cio Albini),Carla Moretti (Calzi-ficio M.Bresciani), Arsenio Nava (Smi), Giampaolo Pansa (Gewiss), Federico Pezzotta (Impresa Berga-melli M&M Srl), Alessandro Piaz-zoli (Lovato Electric), Andrea Pirotta (3M Italia), Luciano Scar-pellini (General Medical Mera-te), Paolo Spinelli (Arte Intarsio), Mirella Strabla (Pelletterie 2F), Palmino Quarenghi (BM Industria Bergamasca Mobili), Angelo Ra-smo (Tesmec), Gabriele Rinaldi (CVB Corpo di vigilanza città di Bergamo), Manuel Rota (Technix), Marino Sergio Rota (Chimiver Panseri), Ornella Silva (Zanetti), Mario Sordelli (Same Deutz-Fahr Italia), Roberto Spinelli (M.P.E.), Caterina Togni (Unionchimica), Fe-derico Tintori (Tenaris Dalmine), Bortolina Zampatti (Imc-Italiana Macchine Caffè), Sandro Zanotti (Rudolf Chemie Italia)

no sono stati consegnate 50 “gocce, ma-gia di cristallo” ad altrettanti meritevoli. Attraverso questo gesto concreto e allo stesso tempo simbolico Confi ndustria ha voluto “valorizzare i collaboratori – ha spiegato Alberto Barcella – indi-spensabili per il successo delle aziende. Un segno di umiltà consapevoli del fatto che da soli non potrebbero fare impresa e questo segno vuole essere un gesto di riconoscenza doveroso nei confronti di ogni singolo dipendente”. La cerimonia di premiazione è stata aper-ta da Barcella con un chiaro messaggio di fi ducia e ottimismo per il futuro, no-nostante la crisi che sta colpendo l’eco-nomia mondiale: “L’occasione di questa cerimonia - ha detto l’ex presidente di Confi ndustria Bergamo, Barcella - vuo-le essere anche la speranza che la crisi non porti a situazioni in cui le imprese si debbano privare di risorse umane, un patrimonio diffi cile da ricostruire. Grazie allo spirito di collaborazione dei sindacati, si sono creati momenti di con-divisione degli obiettivi, con l’intento di trovare soluzioni adeguate alla crisi. Dalla quale non si esce senza coesione sociale, elemento che distingue Berga-

mo e che ne fa un esempio per il resto del Paese. Nell’aff rontare questo diffi cile momento, non dobbiamo perdere la spe-ranza e la fi ducia, delle quali le eccellen-ze del lavoro sono un esempio».Quella di Bergamo è una delle più impor-tanti territoriali di Confi ndustria: conta 1.369 aziende associate, per un totale di oltre 97 mila addetti. Le piccole e medie imprese, con meno di 250 dipendenti, sono ben 1.300, con 57 mila addetti. “Le aziende crescono e prosperano gra-zie alla passione, l’impegno e la dedi-zione degli uomini e delle donne che vi operano – ha detto Barcella -. unite per un comune obiettivo, le persone espri-mono nel lavoro le loro abilità e le loro intelligenze, le loro ambizioni e la loro umanità. Ad esse va il riconoscimento e la stima degli imprenditori perché sen-za esse le aziende semplicemente, non esisterebbero”. Come ha precisato il neo presidente Carlo Mazzoleni, l’iniziativa “sarà replicata l’anno prossimo assieme al Premio Odysseus che, a cadenza bien-nale, si propone di far emergere le eccel-lenze tra gli imprenditori bergamaschi, troppo spesso schivi e restii a far cono-scere le loro capacità”. |

Realismo e impressionismo

Grandi capolavori sospesi tra

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Arte e business

Più di 100 opere provenienti da musei di tutto il mondo per rac-contare la cultura fi gurativa europea del XIX secolo. La mostra “L’età di Courbet e Monet. La diff usione del realismo e dell’im-pressionismo nell’Europa centrale e orientale” sarà in scena a Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine), dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010. Con questa mostra straordinaria, ricca di capolavori, viene per la prima volta organicamente studiato e raccontato in una esposizione un aspetto peculiare della cultura fi gurativa europea del XIX secolo. E cioè il rapporto tra la nasci-ta della cosiddetta scuola di Barbizon in Francia e la diff usione del realismo e del naturalismo nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. E subito dopo, a partire dagli anni settanta a Parigi, come l’aff ermazione dell’impressionismo abbia segnato in modo fondamentale la pittura di molte tra quelle nazioni, addirittura fi no a XX secolo inoltrato.Viene anche idealmente aperta l’off erta espositiva di Villa Manin ad un pubblico eff ettivamente soprannazionale, in considerazio-ne del fatto che la Villa è al centro di un territorio che, al di là dell’Italia, si estende su Carinzia, Tirolo, Stiria, Baviera, Slovenia e Croazia, un ambito entro cui gravitano milioni di persone di lingue diverse ma unite dal linguaggio universale dell’arte.Proprio in virtù di questo ambizioso progetto, la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Azienda Speciale Villa Manin hanno chiesto a Marco Goldin di creare una mostra che, per tema e ambito, potes-se rivolgersi a un pubblico realmente internazionale, il pubblico “nuovo” che Villa Manin ambisce ad attrarre. Ad affi ancare i due Enti regionali è Linea d’ombra libri, con l’apporto fondamentale anche della Fondazione CRUP, Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Fondazione CARIGO e Fondazione Antonveneta.Facendo ricorso a 120 opere, provenienti da musei di tutto il mondo, e come logica prosecuzione di alcuni recenti progetti curati da Marco Goldin, la mostra sviluppa una storia che non verrà illustrata attraverso una banale suddivisione nazionale, ma piuttosto si esprimerà con una tematizzazione che metterà

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Una mostra straordinaria con 120 opere di grandissimo livello

da Courbet a Millet in scena a Villa Manin.

Percorso affascinante per raccontare l’evoluzione delle

correnti pittoriche che hanno segnato la storia dell’arte europea

tra XIX e XX secolo

a cura della Redazione

puntualmente a confronto i dipinti fran-cesi con quelli dei diversi Paesi dell’Euro-pa centrale e orientale. Così da scoprire, non nella genericità dei nomi ma appun-to dalla precisione degli accostamenti, la misura profonda di una lezione, quella francese, che nel secondo Ottocento ha dilagato in tutta Europa.La mostra si concentrerà entro quattro distinti capitoli - Boschi e campagne, Cit-tà e villaggi, Acque, Ritratti e fi gure - che ovviamente molto saranno aderenti al senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo, ma indugeranno anche su altro.Il puntuale resoconto dei rapporti tra Parigi e le grandi capitali del centro ed est Europa, darà luogo in mostra all’isti-tuzione di un dialogo che si sviluppò sì nell’accostarsi al mondo del realismo e del naturalismo di Barbizon prima e dell’impressionismo poi, ma che seppe anche trattenere quelle aff ascinanti ca-ratteristiche nazionali che hanno fatto di tanta pittura ottocentesca del centro ed est Europa un caso di assoluta e indimen-ticabile bellezza. I viaggi degli artisti, e poi anche dei grandi collezionisti, verso Parigi non sono dunque che il punto di partenza che l’esposizione vuole eviden-ziare, fi ssandosi poi però alle caratteristi-che di novità che quel vento portò verso Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Monaco, Zurigo, Vienna, Mosca, San Pietrobur-

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Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

go, Varsavia, Praga, Budapest, Bucarest e tanti altri centri. E non solo i viaggi verso Parigi, ma anche le mostre che in molte di queste capitali portarono le opere degli stessi artisti francesi. O addirittura talu-ni quadri che in quelle nazioni vennero realizzati soltanto sul racconto di chi a Parigi era stato, e testimoniava ai pittori che mai vi erano giunti il loro entusia-smo. Quindi la rassegna di Villa Manin si raccoglierà dapprima attorno ai dipinti di maestri celebri quali Courbet, Corot,

Daubigny, Millet, Rousseau solo per dire di alcuni che hanno fatto dell’impronta legata al realismo e al naturalismo la loro forza. Poi si avvicinerà gradualmente al primo tempo impressionista, con un fol-to e meraviglioso gruppo di opere di Ma-net, Monet, Bazille, Caillebotte, Sisley, Renoir, Pissarro, Degas, Cézanne fi no all’esplosione dello stesso impressioni-smo nel suo tempo più pieno, anche con il coinvolgimento di Vincent van Gogh, presente nell’esposizione friulana con tre, motivatissime opere, la prima una gran-de, straordinaria tela del periodo olande-se e le altre, due sensibilissime versioni della Senna a Parigi. Quadri provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo e dal Van Gogh Museum di Amsterdam. Di volta in volta cercando, e trovando, concordanze di soggetto e linguaggio con i migliori pittori del centro ed est Euro-pa, che quindi saranno agli artisti fran-cesi accostati sulle pareti di Villa Manin. Pittori, almeno alcuni, in Italia non così noti, ma spesso di inarrivabile bellezza e che talvolta hanno gareggiato con gli impressionisti nella precoce realizzazio-ne di certi temi, come nel caso del gran-de pittore ungherese Pál Szinyei Merse. E poi da Levitan a Serov in Russia, da Chelmońsky a Podkowinski in Polonia, da Grigorescu e Andreescu in Romania a Chitussi nella Repubblica Ceca, da Leibl a Liebermann in Germania, da Calame al giovane Hodler in Svizzera, da Mesdag a Maris in Olanda, da Rops al primo Ensor in Belgio, da Schuch a Wiesinger – Flo-

In apertura: Pierre-Auguste Renoir, Donna con parasole e un bambino su un sentiero soleggiato di collina, 1874-1876 circa olio su tela, cm 47 x 56,2. Boston, Museum of Fine ArtsIn questa pagina: Gustave Courbet, Ruscello nel bosco, 1862 circa olio su tela, cm 156,8 x 114. Boston, Museum of Fine Arts dono di Mrs Samuel Parkman OliverSotto: Paul Joseph Constantin GabriÎl, Groeneendaal, vicino Bruxelles, 1866 olio su tela, cm 39 x 62,5. L’Aja, Museum Mesdag

rian in Austria, solo per fare alcuni nomi tra i tanti che saranno portati a conoscenza del pubblico italiano.Per far infi ne comprendere, per la prima volta, il senso di un per-corso che ha indubbiamente segnato in modo profondo alcuni decenni di pittura nel secondo Ottocento nel vecchio Continen-te. Attraverso opere universalmente conosciute, come quelle de-gli impressionisti francesi, e opere che gareggiano con quelle per fascino anche se non per notorietà. Così Villa Manin porterà alla luce una pagina d’arte straordinaria e il visitatore potrà avvici-narsi a qualcosa di non completamente conosciuto. |

La mostra si concentrerà entro quattro distinti capitoli - Boschi e campagne, Città e villaggi, Acque, Ritratti e fi gure - che ovviamente molto saranno aderenti al senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo, ma indugeranno anche su altro

www.lineadombra.it

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Arte e business

Non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittoriGustave Courbet

In questa pagina: Antoni¥n Chittussi, Paesaggio con il Castello Chantilly, 1864 olio su tela, 32 x 46. Praga, Na¥rodni¥ Galerie v PrazeSotto: Gustave Courbet, Ritratto di Hippolythe, 1862 circa olio su tela, cm 53,6 x 45,4. L’Aja, Museum Mesdag

L’età di Courbet e Monet La diffusione del realismo e dell’impressioni-smo nell’Europa centrale e orientaleDal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine)dal 26 settembre al 1 novembre: tutti i giorni, ore 9-19dal 2 novembre a fine mostra: lunedì-giovedì: ore 9-18venerdì sabato e domenica: ore 9-19 chiuso 24, 25, 31 dicembre 20091 gennaio 2010 ore 11-19

tra eccellenza e designLa culla

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Business&Gentlemen luglio - agosto 2009

del sigaro

il fumo nuoce gravemente alla salute

L’umidifi catore: oggetto di culto e strumento fondamentale

dell’appassionato che non scende a compromessi per custodire

e conservare al meglio i gioielli di tabacco più preziosi

Per l’appassionato di sigari è come il baule dove si trova il tesoro. Un posto al sicuro dove custodire i gioielli di tabacco più prezio-

si. Gli umidifi catori sono uno strumento fondamentale del vero estimatore, che non scende a patti con la

qualità e desidera una “culla” protetta dove poter conservare al meglio i propri

sigari. Ma quali sono i principali requisiti di un buon umidifi ca-

tore? Innanzitutto, è neces-sario che la struttura sia in

grado di mantenere un tasso costante di umi-dità interna intorno al 70%. Inoltre, deve soddisfare le seguen-ti funzioni: il legno del rivestimento interno deve poter assorbire l’umidità effi cacemente, i car-

dini devono essere re-sistenti e garantire una

frizione minima per molti anni, la teca deve avere un

sistema di chiusura adeguato (non necessariamente ermetico)

in modo da non disperdere l’umidi-tà, la struttura dell’umidifi catore deve

assicurare che l’umidità al suo interno non produca deformazioni tali da impedi-

re una corretta chiusura nel corso del tempo. Oltre agli aspetti funzionali, vi sono ovviamen-

te quelli estetici. Di fatto, l’umidifi catore diventa parte integrante dell’arredamento di un ambiente e

un elemento molto importante nella cultura di un fu-matore. Off rire un sigaro estratto da un umidifi catore di

manifattura esteticamente gradevole incrementa il piacere del fumo. Un esempio di questa attenzione al dettaglio sono

di tabacco p

Per l’appassionato di sigari è come il baule dove siposto al sicuro dove custodire i gioielli di

si. Gli umidifi catori sono uno strumdel vero estimatore, che non s

qualità e desidera una “cpoter conservare a

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te quelli estetici. Di fatto, l’umparte integrante dell’arredament

un elemento molto importante nellmatore. Off rire un sigaro estratto da u

manifattura esteticamente gradevole incdel fumo. Un esempio di questa attenzion

Questione di stile

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I sigari andrebbero conservati a un livello di umidità relativa approssimativamente del 68-74%. Tale livello di umidità favorisce anche una combustione uniforme del sigaro

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78il fumo nuoce gravemente alla salute

Questione di stile

www.itagency.itwww.davidoff.com

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gli umidifi catori nati per commemorare il centenario della nascita di Zino Davidoff , i raffi nati Davidoff “Century” che hanno le modana-ture sul coperchio e la base in oro o palladio a seconda del modelli.

Il livello di umiditàI sigari andrebbero conservati a un livello di umidità relativa appros-simativamente del 68-74%. Tale livello di umidità favorisce anche una combustione uniforme del sigaro. A un livello di umidità relativa del 70%, e a una temperatura di 18ºC (64°F) l’aria contiene approssi-mativamente 10 grammi d’acqua per metro cubo. In tale ambiente il sigaro è in grado di assorbire il tasso di umidità ideale corrisponden-te al 14% del suo peso.

Temperatura ottimaleLa temperatura considerata ottimale è compresa tra i 18 e i 21°C (64/70°F). Temperature inferiori ai 12ºC (54°F) rischiano di danneg-giare il processo di invecchiamento desiderato. Temperature supe-

riori ai 24ºC (75°F) sono assolutamente sconsigliate. Per tale motivo l’umidifi catore non va mai esposto a luce diretta.

La rotazioneIn umidifi catori di piccole dimensioni la cui capacità è inferiore a 75 sigari robusti non è necessaria alcuna rotazione: un umidifi catore di buona manifattura dovrebbe assicurare il medesimo grado di umidi-tà in qualsiasi area del suddetto. In umidifi catori di portata maggio-re, con vassoi e scomparti, il livello di umidità sarà invece tanto più alto quanto più prossima è l’area interessata al sistema umidifi catore. In media, i sigari conservati durante un lungo periodo di tempo van-no ruotati ogni 1-3 mesi. In alternativa, i sigari la cui consumazione si prevede a breve termine, vanno posizionati nelle aree quanto più prossime al sistema di umidifi cazione. Al contrario, quelli per cui si richiede un ulteriore invecchiamento, vanno collocati nelle aree da questa zona più lontane. Qualora si utilizzino sistemi elettronici in armadi umidifi catori, non è necessaria alcuna rotazione. |

Il “matrimonio” di sigariI sigari assorbono l’aroma dell’ambiente circostante. O meglio, si impregnano non solo dell’aroma del rivesti-mento interno ma di quello degli altri sigari presenti nel medesimo umidificatore. I separatori interni vengono utilizzati al fine di limitare la possibile commistione di aromi. Questa si può inoltre prevenire con l’utilizzo di più di un umidificatore, o - se in diversi settori dello stesso - con l’accorgimento di mantenere i sigari nelle loro confezioni originarie. Ciononostante alcuni amatori apprezzano la fusione degli aromi tra i sigari preferiti e conservano pertanto intenzionalmente sigari di marche diverse nello stesso umidificatore per svariati mesi. È norma generale, comunque, evitare quanto più possibile di conservare sigari di potenza diversa (e, in parti-colare, di diverse provenienze) nello stesso umidificatore. In conclusione, la conservazione dei sigari nel loro cellophane originario (sebbene sia una scelta di scarso valore estetico) o nelle confezioni originarie - purchè all’interno di grandi umidificatori - riesce a prevenirne la commistione aromatica.

www.itagency.itwww.davidoff.com

Il “matrimonio” di sigariI sigari assorbono l’aroma dell’ambiente circostante O meglio si impregnano non solo dell’aroma del rivesti-

A sinistraPer commemorare il centenario della nascita di Zino Davidoff, abbiamo fatto realizzare in suo onore i raffinati umidificatori Davidoff “Century”. Le modanature sul coperchio e la base degli umidificatori, create esclusivamente per Davidoff, sono dorate o di palladio, a seconda del modello.A desttraGli umidificatori Davidoff si distinguono per la perfezione del design e della lavorazione. La fabbricazione degli umidificatori con questi legni pregiati, richiede il massimo dell’abilità artigianale. Corredato di cestello estraibile con quattro scomparti, il modello “Dome” di Davidoff, permette di conservare perfettamente da 50 a 65 sigari.

alle origini di una grande storia

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Il termine “yacht” e conseguentemente “yachting” deriva dalla espressione olandese “jaght” che signifi ca cacciare: lo jaght vogel è un uccello predatore simile al falco, veloce come il fulmine.

“Jaght schips” erano quindi chiamati quei mezzi navali di dimen-sioni ridotte da utilizzarsi per piccolo cabottaggio tanto per diporto che per operazioni belliche. Se indiscutibile è la genesi linguistica del termine, più complesso appare datare la nascita della navigazione diportistica. Come noto, nel lago di Nemi, sono state ritrovate due navi, della lunghezza di oltre settanta metri, fatte costruire dall’im-peratore Caligola. La sede del ritrovamento non può che far pensare ad un utilizzo meramente diportistico, al pari della galea con la

quale Cleopatra, convocata dal governatore romano della Cilicia, Marco Antonio, giunse nel porto di Tarso nel 42 a.C. Scrive Plutarco che “avanzava mossa da fi la di remi rivestiti d’argento, che fende-vano l’acqua al ritmo della musica suonata da fl auti, piff eri ed arpe. Le vele di lino color porpora, appena mosse dalla brezza sui corti alberi, contribuivano a dare imponenza allo spettacolo. La poppa, rivestita d’oro, mandava bagliori sotto il sole, e, all’ombra di un ten-dalino ricamato in oro, sedeva l’aff ascinante regina d’Egitto”.Reperti archeologici indicano in maniera incontrovertibile come nell’antichità, e alle più svariate latitudini, l’uomo, una volta aff ran-catosi progressivamente dalla necessità della mera sopravvivenza, avesse scoperto nella navigazione, accanto alla componente com-

Viaggio a puntate per scoprire la vera storia dello Yacht. Dalle annotazioni di Plutarco al regno di Carlo II d’Inghilterra: l’amore dell’uomo per la nautica ha origini lontane. Uno speciale, con tante curiosità, che proseguirà anche sui prossimi numeri di B&G. Dedicato a tutti gli appassionati che vogliono saperne di più sullo straordinario mondo della nautica

a cura di Roberto Magri

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merciale, anche quella ludica, in altre parole diportistica. Non fu da meno Yang Ti, secon-do imperatore della dinastia Sui che regnò in Cina nel VII secolo d. C.

Possedeva infatti una fl otta diportistica di tutto rispetto e la sua giunca pare fosse lunga più di 600 metri ed avesse quattro ordini di ponti. La “Piccola nave rossa”, come era stata battezzata, era fornita di molti appartamenti e vi era anche la sala del trono.Ma il mare è un ambiente ostile e quindi per

praticarlo con piacere e, vorremmo dire in brigata, è necessario che la navigazione av-venga in acque tranquille, e quindi in vici-nanza di fi umi e canali, ed in assenza di pira-teria, e quindi in acque protette.Ancora il 17 giugno 1640 il bastimento Elisa-beth, di ritorno dalle Virginia, veniva assali-to dai pirati turchi al largo di Lizzard point, la punta più occidentale della Cornovaglia, nel sud dell’Inghilterra. Fortunosamente ri-usciva a sfuggire all’agguato dei pirati anche se perdeva il proprio comandante, il capitano

Doves. Le cronache narrano che l’Elisabeth, una volta giunta nella Manica, si fosse im-battuta in altre 11 navi che, pur esse vittime dell’arrembaggio dai pirati turchi, avevano subito ben altra sorte. Perché si sviluppasse quindi una qualche attività ludica legata alla navigazione era necessario attendere il XVII secolo quando l’ Olanda, riconosciuta ormai nazione indipendente, si avviava a divenire il centro dei commerci marittimi e quin-di patria di una marineria fi orente, con un proporzionato benessere tale da consentire ai

Didascalia della fotodipinto del 1728 di autore sconosciuto che illustra la flotta in regata del Cumberland sailing society, primo yacht club inglese che prese il nome dal suo fondatore, il duca di Cumberland

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ricchi mercanti di avere a disposizione tempo e denaro per un divertimento certamente im-pegnativo e costoso come il diporto nautico.Sotto il profi lo ambientale, i canali ed i fi umi con i loro estuari da un lato, e le acque aperte insidiose per correnti impetuose e fortunali frequenti dall’altro, rendevano la navigazio-ne interna e costiera tranquilla sotto il profi -lo meteorologico e sicura dalle insidie dei pi-rati che ben diffi cilmente si sarebbero spinti in quei bracci di mare così insidiosi.

In queste condizioni crebbe una navigazione da diporto che veniva praticata con imbar-cazioni a fondo quasi piatto per navigare in acque poco profonde e munite di due derive laterali indispensabili per bilanciare la spinta del vento al traverso sulle vele ed evitare lo scarrocciamento.Potremmo dire che queste imbarcazioni, nate con vocazione commerciale, per tra-sportare derrate e persone, venivano utiliz-zate per trascorrere qualche ora di svago sui

canali e fi umi con qualche breve puntata in acque libere.E così sarebbe proseguita pigramente l’atti-vità diportistica dei ricchi borghesi olandesi se la storia , come spesso accade, non avesse creato le condizioni perché avvenisse un fat-to che determinerà poi la nascita della mari-neria da diporto e cioè, mutuando il termine dalla lingua olandese, dello yachting.Era l’anno 1660 quando il principe Carlo Stuart , già in esilio in Olanda ove si dilettava di qualche navigazione, portato sul trono di Inghilterra dopo la morte del Cromwell con il nome di Carlo II, in un pubblico discor-so rivolto ai dignitari di corte lodò le qualità dello “jaght” sul quale aveva lungamente na-vigato durante il forzato distacco dalla patria dichiarando che se ne avrebbe fatto costruire uno per navigare sul Tamigi. La diplomazia olandese, con molta probabilità, non volendo perdere una facile occasione per ingraziarsi il potente sovrano provvide senza indugio a recapitargliene uno, del tutto simile a quelli

utilizzati dal sovrano nei tempi d’esilio che era lungo poco meno di 16 metri, largo poco meno di 6 ed era armato con 10 cannoni. Lo governava un equipaggio di 20 uomi-ni. Nell’agosto del 1660 il “Mary”, questo il nome dello yacht, si dice in onore della sorel-la del re, già costruito per la compagnia delle indie orientali, risaliva il Tamigi, dono del borgomastro di Amsterdam.

Le cronache registrano che “il re era andato a vedere, fi n dalle 5 della mattina, il passag-gio, sotto il ponte sul Tamigi, della nave da diporto olandese” che poi ormeggiò al molo di Whitehall.La passione del re si trasferì rapidamente ai cortigiani, o forse più semplicemente, pro-prio perché cortigiani, costoro ritennero di dover compiacere il sovrano.In entrambi i casi ciò costituì una fortuna perché nacque la prima fl otta da diporto della storia. Nello stesso anno infatti, non volendo essere secondi ai vicini olandesi, i

Era l’anno 1660 quando il principe Carlo Stuart , già in esilio in Olanda ove si dilettava di qualche navigazione, portato sul trono di Inghilterra dopo la morte del Cromwell con il nome di Carlo II, in un pubblico discorso rivolto ai dignitari di corte lodò le qualità dello “jaght” sul quale aveva lungamente navigato durante il forzato distacco dalla patria, dichiarando che se ne avrebbe fatto costruire uno per navigare sul Tamigi

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Nella pagina precedenteraffigurazione pittorica di un battello olandese del XVII secolo in navigazione con il vento in poppaIn questa paginaSopra: raffigurazione pittorica di un vascello simile al “ Mary”Sotto: Union, piccolo sloop ( imbarcazione ad un solo albero) raffigurato in una stampa del XVIII secolo in navigazione sul Tamigi

Si sentiva il mare, come una slavina continua, tuono incessante di un temporale figlio di chissà che cielo. Non smetteva un attimo. Non conosceva stanchezza. Non consceva clemenza. Se tu lo guardi te ne accorgi: di quanto rumore faccia. Ma nel buio… Tutto quell’infinito diventa solo fragore, muro di suono, urlo assillante e cieco. Non lo spegni, il mare, quando brucia la notte.Alessandro Baricco

Babordo e Tribordo, forse non tutti sanno che...Forse non tutti conoscono l’origine curiosa dei termini marina-reschi, BABORDO e TRIBORDO, per la verità poco in uso nella marina italiana, ove si preferiscono, invece, le espressioni sini-stra e dritta, per indicare il lato sinistro della nave, rispetto la sua direzione di moto, ed il lato opposto. Alcuni ritengono che l’origine del termine babordo debba essere fatto risalire all’olandese “bakboord”, cioè lato posto dietro e ciò a causa del fatto che un tempo la ruota del timone non era posta, come at-tualmente, in posizione ortogonale rispetto all’asse della nave, bensì in posizione coassiale e sul lato sinistro con l’effetto che il timoniere in manovra volgeva le spalle al lato sinistro che quindi era il “lato posto dietro”. Se questa potrebbe essere una ragionevole spiegazione per l’origine del termine “babordo”, dif-ficile, per non dire inspiegabile, appare la genesi dello speculare termine “tribordo”.Alcuni ritengono che le espressioni simmetriche di “babordo” e “tribordo” trovino la loro origine nel none della nave francese “BATRIE”, come di consueto scritto sullo specchio di poppa con l’effetto che leggendo il nome l’incipit “BA” si trovasse al bordo sinistro per l’osservatore da cui , in francese “ba-bord”, ed il com-pletamento del termine “TRIE”- da pronunciarsi semplicemente “tri” a destra da cui “tri-bord”. La spiegazione è però vera o ve-risimile solo in parte; nella parte in cui dà ragione della genesi delle espressioni “babordo” e “tribordo” ma inverosimile nelle premesse di fatto.Innanzitutto non pare sia mai esistita un’improbabile nave a nome “Batrie” mentre è vero che sul naviglio militare francese del tempo, sul cassero di prua campeggiasse la scritta “ BATTE-RIE” “espace compris entre deux ponts sur un batiment de guer-re”, come si esprime l’enciclopedia Larousse vale a dire la nostra “santabarbara” ove, ben lontano dal ponte di comando, venivano stivati inneschi e munizioni e prudentemente ne veniva data noti-zia con una imponente scritta sul fronte in modo che fosse visibi-le da tutto l’equipaggio. In tali termini è veramente ragionevole ritenere che i comandi, facendo riferimento al dato visivo, fosse-ro semplificati e immediatamente percepibili da una ciurma rozza e certamente non scolarizzata.

costruttori locali cercarono di imitare il bastimento appena arriva-to dal continente ed il famoso mastro d’ascia Christopher Pett co-struì, sempre per il re, il Catherine, di dimensioni e conformazione analoghe al Mary, mentre Peter Pett varò Anne per il duca di York, fratello del re. Nel 1661, ormeggiati lungo le rive del Tamigi si dondolavano quin-di quattro yachts. Il Mary, il Catherine, l’Anne e il Bezan, nel frat-tempo arrivato quale dono del re di Olanda al sovrano inglese. La presenza di quattro yachts, acque tranquille quali quelle del fi ume, tempo libero ed un folto pubblico di cortigiani non potevano non far nascere la voglia di competere e nacquero così le prime regate. Possiamo quindi far risalire la data di nascita dello yachting al re-gno di Carlo II di Inghilterra. |

Il TEMPO della semina

Continua, “Attimo dopo attimo” il dossier dedicato alle “Forme del tempo”. Nel ciclo della natura l’estate è il momento della mietitura: ma nessun frutto nasce senza il lavoro della semina. Un lavoro faticoso, paziente, complesso nella sua straordinaria semplicità. Come nella vita anche le grandi aziende arrivano a importanti risultati solo dopo aver saputo seminare il proprio terreno. Ecco il tempo della semina secondo “Serafi no Consoli” a cura di Ivan Consoli

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Lo sguardo corre fuori dal fi nestrino, tra il giallo intenso delle spighe ormai mature. I campi di grano riempiono i paesaggi delle nostre campagne e il pensiero di molti di noi si soff erma su quei frutti della terra pronti per essere raccolti. L’estate è il tempo della mietitura e il suo splendore si presenta da-vanti a noi come un quadro che ci lascia il solo spazio dell’essere spettatori. La bellezza dell’istante tradisce il nostro pensiero: perché nessuno pensa al contadino che ha lavorato la terra, gettato i semi, controllato il suo grano durante tutto l’inverno, combattuto le erbac-ce e ha tremato per il suo raccolto quando la tempesta e i temporali hanno minacciato le spighe che stavano maturando. Dietro la bellezza del frutto maturo c’è l’instancabile lavoro dell’uomo che ha saputo seminare nel modo giusto e difendere dalle intemperie e dalle aggressioni il suo terreno.

Affi nché ci sia un tempo per la mietitura è necessario ancor più quello della semina. Vale nella natura, come nella vita e nell’im-presa. Creare le condizioni, pensare agli

Quando si guarda un campo di grano nessuno pensa al contadino che ha lavorato la terra, gettato i semi, controllato il suo grano durante tutto l’inverno, combattuto le erbacce e ha tremato per il suo raccolto quando la tempesta e i temporali hanno minacciato le spighe che stavano maturando

A sinistra: Ivan Consoli nella sua gioielleriaA destra: Contadinella che lega i Covoni di Vincent Van Gogh

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Le rationes seminalesLe “rationes seminales” sono un concetto di origine stoica, giunto alla filosofia medievale dalla tradizione neoplatonica, già accolta da Agostino. Germi posti da Dio nella materia in modo tale che, grazie alla loro forza e all’azione di altri agenti naturali, scaturiscano da essi le forme delle cose. Le “rationes seminales” sono, dunque, come un abbozzo di forma, il suo inizio dalle viscere della materia, sua forza interna che le consente un certo sviluppo. Il particolare tipo di unione e di azione reciproca (communicatio) che si realizza tra una certa materia e una certa forma costituisce, per Bonaventura da Bagnoregio, il principio di indivi-duazione delle sostanze. La forma è l’essenza che restringe e definisce la materia a un determi-nato essere, ed è universale in quanto può realizzarsi in una molteplicità di individui.

www.serafinoconsoli.it

Coltivatori di patate, Millet

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obiettivi, guardare al di là dell’orizzonte: il tempo della semina è il tempo della pazienza, della dedizione, dell’esperienza che si somma “attimo dopo attimo”. Me l’ha insegnato mio padre Serafi no, che ha dedicato 30 anni della sua vita a seminare per costruire un progetto di cui oggi si cominciano a vedere i frutti. Il progetto di una gioielleria capace di diventare essa stessa un marchio d’eccellenza tra i marchi che a sua volta rappresenta. Di generazione in generazione la lezione di mio padre è diventa-

ta il nostro tesoro e ancora oggi il tempo della semina continua, perché non si può godere dei frutti senza continuare a lavorare per l’inverno che verrà e, poi, la nuova estate. Un ciclo. Fatto di attimi di cui conosco il sapore uno per uno. “Attimo dopo attimo” continua la nostra semi-na, il nostro sogno che s’avvera grazie al lavoro, alla passione e a un pizzico di follia. Perché il tempo della semina è la magica follia della spe-ranza, di qualcosa di straordinario che nascerà in barba alle intemperie e al gelo. |

le spigolatrici, Millet

Arte e realismo: la semina e lavoro nei campi

Con l’esposizione al Salon di Parigi nel 1824 dei dipinti di Constable si diffuse il gusto per la pittura all’aperto, metodo usato dall’arti-sta per eseguire i suoi bozzetti o studi che poi usava in atelier per le sue opere. In particolar modo il suo esempio venne seguito da pittori di Barbizon che gradualmente giunsero a realizzare le loro opere all’aperto (anche se le più grandi erano ancora eseguite in studio). L’arte realista incontra la vita nei campi, i paesaggi rurali, il ciclo delle stagioni. Personaggio emergente da questo gruppo fu Rousseau che nell’esposizione di Parigi del 1855 iniziò la fortuna della scuola di Barbizon. Millet si associò agli artisti di questa scuola dal 1849, ma poi gradualmente, inserendo nei paesaggi dei personaggi, si staccò e nelle sue tele trattò preferibilmente temi di vita, religiosità con-tadina e lavoro agricolo (Le spigolatrici, Coltivatori di patate).

Di generazione in generazione la lezione di mio padre è diventata il nostro tesoro e ancora oggi il tempo della semina continua perché non si può godere dei frutti senza continuare a lavorare per l’inverno che verrà e, poi, la nuova estate

Glashütte capitale della grande orologeria tedesca

Nell’immagine:il Pano Inverse

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Oltre 160 anni di storia per un marchio capace

di restare sempre al passo con i tempi. Severissimi standard

di qualità, cura maniacale per i dettagli e una grandissima

capacità di coniugare la tradizione con la tecnologia

più innovativa: il successo della casa sassone comincia da qui

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Il tempo della semina ha origini lontane per un marchio dell’eccellenza orologiera come Glashütte Original, co-nosciuto in tutto il mondo per l’elevato standard di qua-lità e la grandissima precisione.

Tutto ha inizio nel maggio del 1845, quando il gover-no della Sassonia affi da al maestro orologiaio di Dre-sda F. Adolf Lange l’incarico di fondare una fabbrica di orologi, nella piccola città situata al margine dei Monti metalliferi orientali dove regna una grande povertà. L’avvio dell’attività di formazione dei maestri orologiai, che risale al 7 dicembre 1845, getta le basi dell’orologe-ria tedesca di precisione. Certo, non tutti gli ex scudieri, ispettori di miniera e cestai erano nati per fare gli orolo-giai: tuttavia, la grande abilità e l’instancabile impegno della popolazione locale fa nascere in breve tempo un contingente di artigiani estremamente capaci.

Negli anni successivi, oltre a F.A. Lange anche altri ma-estri orologiai come J. Assmann, A. Schneider, L. Stras-ser e G. Rohde, E. Kasiske si stabiliscono a Glashütte. Ma anche commercianti come Johannes Dürrstein trovano ben presto la strada per Glashütte. A tutte queste perso-nalità si deve la fama unica al mondo di cui godono gli orologi da tasca di precisione nati a Glashütte. Con la fondazione nel 1878 della “Deutsche Uhrmacherschule“ (Scuola tedesca per l’orologeria) e il successo dell’ope-

L’avvio dell’attività di formazione dei maestri orologiai, che risale al 7 dicembre 1845, getta le basi dell’orologeria tedesca di precisione. Certo, non tutti gli ex scudieri, ispettori di miniera e cestai di Glashütte erano nati per fare gli orologiai: tuttavia, la grande abilità e l’instancabile impegno della popolazione locale fa nascere in breve tempo un contingente di artigiani estremamente capaci

a destraUn dettaglio di un mastro orologiaio impegnato nella lavorazione

SottoLa sede della casa manifatturiera

ra di Moritz Großmann e di Alfred Helwig, Glashütte è fi nalmente consacrata Mecca dell’orologeria tedesca.

Il primo confl itto mondiale e la susseguente crisi economica mon-diale mettono provvisoriamente fi ne alla prima epoca di fi oritura dell’arte orologiaia di Glashütte. Ma ben presto, dalle rovine delle vecchie offi cine nascono nuove aziende con una forte produzione industriale di serie. Il primo orologio tedesco da polso di Glashütte fa trionfalmente il giro del mondo e porta nuovi allori. Il secondo confl itto mondiale interrompe nuovamente la ripresa economica dell’industria orologiaia di Glashütte.

Dopo il 1945 la ripresa della produzione è gravemente compromessa sia dalla distruzione e dallo smantellamento di numerosi impianti di fabbricazione, sia dal totale isolamento rispetto al mercato orolo-giaio europeo. In questa situazione molto delicata, Glashütte sa far fruttare una volta di più il know-how, lo spirito innovativo e l’auto-nomia di produzione che le sono propri. Alla fi ne del 1946 si rico-mincia già a produrre i primi meccanismi. Nel contesto della nuova compagine economica, nel luglio del 1951 si procede alla fusione di tutte le aziende ancora esistenti, da A. Lange & Söhne ad URO-FA, nella VEB Glashütter Uhrenbetrieb. Durante il quarantennio successivo, l’isolamento economico conduce ripetutamente a nuovi sviluppi nonché a soluzioni del tutto originali nel campo della tec-nica di fabbricazione e della meccanica di precisione.

In seguito alla riunifi cazione tedesca, si accolgono rapidamente le tendenze in atto gettando le basi per il rientro dell’orologeria tede-

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sca di precisione nel prestigioso mondo della “Haute Horlogerie“. Il Glashütter Uhrenbetrieb viene trasformato in una società a re-sponsabilità limitata e privatizzato nel 1994. A partire da quella data, il marchio “Glashütte Original“ rappresenta la storia e il fu-turo di questa manifattura ricca di tradizione. Da questa fucina nascono oggi nuovamente capolavori meccanici realizzati con una grande autonomia produttiva e nel pieno rispetto dei severi standard dell’orologeria di Glashütte.

Un esempio dell’eccellenza è il Senator Chronometer, il primo se-gnatempo della manifattura sassone a essere accompagnato da

un certifi cato uffi ciale di cronometria. Novità tecnica di parti-colare interesse è la perfetta sincronizzazione della sfera dei

secondi e dei minuti ora resa possibile grazie a un nuovo meccanismo stop/reset che permette di mettere l’oro-

logio in ora con grande facilità. Sul fronte estetico è forte il richiamo alla tradizone sassone degli

orologi da tasca, impreziosita da un fondel-lo in vetro zaffi ro antirifl esso che protegge il Calibro a carica manuale 58-01 e permette di ammirarne tutta la complessa meccanica.

Ma Glashütte sa concepire anche collezioni sportive con modelli di assoluto valore come lo Sport Evolution Impact Gran Data. Un orologio “di polso” con la cassa in acciaio da 46 mm rivestita con gomma nera opaca che,

conferisce all’intero orologio un look ancor più grintoso e sportivo. Un orologio adatto all’uso in

qualsiasi attività sportiva grazie all’applicazione al movimento di 4 ammortizzatori, realizzati in uno spe-

ciale elastomero, in grado di assorbire il 60% della forza sviluppata da un urto o da qualsiasi altra sollecitazione mec-

canica esterna. Tale sistema anti-shock assicura quindi una per-fetta affi dabilità e la massima precisione anche nelle condizioni d’uso più estreme. |

Breve Storia

1845 - Ferdinand A. Lange fonda la prima manifattura di orologi di Glashütte.1852 - Julius Assmann avvia la produzione di orologi da tasca.1878 - Moritz Grossmann dà vita alla Scuola tedesca per l’orologeria di Glashütte.1893 - Johannes Dürrstein fonda la UNION Taschenuhrenfabrik.1904 - Dalla Uhrenfabrik Ernst Kassiske nasce la Glashütter Präzisions-Uhrenfabrik AG.1927 - Fondazione della Uhren-Rohwerke-Fabrik Glashütte AG (UROFA).1951 - I fabbricanti locali rimasti si raggruppano nella VEB Glashütter Uhren-betriebe.1990 - La VEB Glashütter Uhrenbetriebe viene trasformata nella Glashütter Uhrenbetrieb GmbH.1994 - La Glashütter Uhrenbetrieb GmbH viene privatizzata. I nuovi orologi pro-dotti dalla Manifattura recano il marchio Glashütte Original.2000 - Vendita delle quote sociali al più grande gruppo orologiero del mondo, the Swatch Group S.p.A.

SopraLo Sport Evo Impact Gran Data

Nella pagina accantoChronometer Gold Detail

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La maison svizzera da sempre sinonimo d’innovazione e tecnologia, guarda al rinnovamento puntando sulla coerenza con la propria fi losofi a di qualità e creatività. E su i suoi “4 pilastri”: Admiral’s Cup, Romvlvs, Golden Bridge e Artisans

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Rinnovarsi secondo un profondo principio di coerenza. Per guardare avanti senza dimenticare la strada tracciata e costruire nuove prospet-tive al passo con i tempi e con i gusti sempre più raffi nati di un pubblico esigente. Negli ultimi anni, infatti, Corum ha avviato una profonda metamorfosi che le ha permesso di raggiungere proprio questa coeren-za totale del prodotto rispetto alle esigenze di qualità e di creatività alla base della marca. Tutto questo grazie a un’integrazione dei mestieri, lo sviluppo di strumenti di produzione, la valorizzazione del capitale umano, la formazione sono chiaramente il risultato degli investimenti razionali eff ettuati da Corum. Una marca che oggi ha ritrovato la per-fetta armonia con il proprio DNA.

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La “CHIAVE” di volta della fi losofi a Corum

Nell’immagine:dettaglio del movimento del TI-Bridge

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La storiaL’avventura ha inizio con Renè Bannwart, chiamato dallo zio Gaston Ries, per gesti-re con lui il laboratorio di orologeria creato nel 1924 a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera Insieme lo trasformano in una Maison oro-logiera proprietaria della propria marca: CORUM (1955). L’emblema della marca, una chiave rivolta verso il cielo, simboleggia il mistero da svelare, l’enigma da risolvere, i nuovi territori da esplorare e l’innovazione. Essa ricorda anche che l’orologiaio deve di-mostrare grandi doti di ingegnosità, di per-severanza e di audacia per riuscire a gestire al meglio il tempo che scorre inesorabile. Nel 1956 vengono lanciati sul mercato i pri-mi orologi CORUM, svelando una casca-

ta di nuove idee coronate di successo. Dal primo “Admiral’s Cup” al “Coin Watch” indossato da numerosi presidenti degli Stati Uniti, dal “Romvlvs” al “Rolls-Royce” con l’innovativa partnership con la nota mar-ca automobilistica, dal “Golden Bridge” al “Météorite” realizzato con un frammento di un autentico meteorite, fi no alle più re-centi rivisitazioni di alcuni storici modelli.

All’alba del XXI secolo Nel 2000, CORUM riceve il premio GAÏA dal Museo Internazionale dell’Orologeria, nella categoria «Artigianato & Creazione». Un riconoscimento simbolico attribuito a René Bannwart per il suo contributo alla storia dell’orologeria e alla cultura.

Nel gennaio 2000, l’arrivo di un nuovo pro-prietario e presidente - Severin Wunder-man, icona dell’industria orologiera di fama internazionale – ridona un nuovo impulso a CORUM. Con la sua creatività e la sua in-gegnosità, egli dà un nuovo dinamismo alla Maison, sostenuto dal fi glio Michael, nomi-nato Vicepresidente. Su richiesta di Seve-rin Wunderman, Antonio Calce entra a far parte di Corum nel 2005. Essi defi niscono a tre una strategia per conquistare nuovi orizzonti, pur restando fedeli allo spirito pionieristico e indipendente che ha decre-tato il successo della marca. Il 25 giugno 2008, Severin Wunderman muore all’età di 69 anni. La sua scomparsa è uno choc bru-tale sia per la sua famiglia sia per l’insieme

Nell’immagine:il TI-Bridge

Sotto da sinistral’Admiral’s Cup GmtL’Admiral’s Cup Black ChallengeIl Golden Bridge Lady

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Il tempo distrugge le cose costruite senza tempo. Proverbio Francese

L’ orologiaio deve dimostrare grandi doti di ingegnosità, di perseveranza e di audacia per riuscire a gestire al meglio il tempo che scorre inesorabile

del personale della Maison in tutto il mondo. Ma l’azienda trova la forza di reagire. Il 18 agosto 2008, CORUM nomina Presidente del consiglio di amministrazione Serge Weinberg – amico perso-nale e consulente fi nanziario di Severin Wunderman. Fondatore dell’impresa d’investimenti Weinberg Capital Partners, attivo nelle operazioni di fusione e acquisizione, come pure nella gestio-ne immobiliare, egli apporta all’impresa l’esperienza accumulata nel settore dei beni di lusso.

Corum oggiOggi la Maison continua a essere diretta da Antonio Calce. Es-sendo un uomo legato ai prodotti, imprenditore e unifi catore, Antonio Calce continua sul lungo termine la strategia prodotti iniziata nel 2005, basata su 4 collezioni chiave, che con il tempo si sono trasformate nei 4 pilastri di sviluppo. Valorizzando la legittimità e spingendo il prodotto al centro della sua strategia, CORUM vanta un forte tasso di crescita del proprio fatturato.

I quattro pilastri di CorumPosizionata come una marca esclusiva, Corum propone delle collezioni orologiere di altissima qualità, dal design innovativo e unico, animate da movimenti meccanici considerevolmente evoluti. Le sue 150 referenze attuali, ripartite in quattro pila-stri chiave - Admiral’s Cup, Romvlvs, Golden Bridge e Artisans – trovano la loro legittimità nella storia della marca. L’insieme delle collezioni propone dei modelli, i cui prezzi variano da 5mila franchi svizzeri a più di 1 milione di franchi svizzeri, va-lorizzando i metalli preziosi e le complicazioni orologiere.

Petriolo Spa & Resort è il protagonista di un angolo

di paradiso immerso nella natura della Maremma, dove profumi

e colori della Val di Farma offrono agli ospiti la possibilità di vivere

un soggiorno indimenticabile

Petriolo Spa & Resort sorge in un vero e proprio angolo di paradiso immerso tra le magnifi che colline senesi e l’incontaminata Maremma. Un esclusivo Hotel 5 stelle, fi rmato Atahotels Luxury Emotions, a cui è stato assegnato, a distanza di un solo anno di apertura, il titolo di Most Excellent Spa 2009 dalla casa editrice Con-dé Nast Johansens. Troviamo, al suo interno, un raffi nato connubio tra lo stile moderno e quello antico, ma il fi ore all’occhiello resta la Medical SPA di 3500 metri quadrati suddivisa su 4 piani e circondata dai profumi e colori della Val di Farma. La SPA consente ai propri ospiti di benefi ciare non solo delle proprietà curative dell’acqua a 43 gradi, ma anche della bellezza storica di un paradiso naturale, elogiato sin dall’antichità; una vasca che raccoglie le acque benefi che dei Bagni di Petriolo, un percorso emozionale rigeneracque con una zona umida con piscina natatoria, vasche idromassaggio, sauna fi nlandese, biologica e bagno turco, regalano agli ospiti un’esperienza sensoriale indimenticabile, nel segno del benessere e del lusso. L’acqua termale delle fonti di Petriolo è unica per le sue straordinarie proprietà terapeutiche, ricca di zolfo, preziosi minerali ed oligoelementi; scaturisce dalla sorgente situata sulla riva del torrente Farma con la portata media di circa 40 litri/sec. Il forte odore di zolfo che emana è dovuto alla presenza di idrogeno solforato in quantità notevoli, alla presenza di questo gas si devono i maggiori eff etti terapeutici a livello dell’apparato respiratorio, della

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Le perle del turismo

pelle ed dell’apparato articolare e muscolo scheletrico.Dalla tradizione alla modernità la SPA di Petriolo si distingue per l’avanguardia dei servizi off erti che combinano in modo origina-le e armonico la tecnologia più avanzata con i classici trattamenti estetici, rivoluzionando così il modo tradizionale di intendere il wellness e il beauty. Petriolo Spa & Resort raccoglie, in un’unica proposta, prestigiosi spazi che raggiungono standard d’altissimo livello in diversi ambiti: dal comfort delle 87 camere (33 superior, 12 deluxe, 34 junior suite, 6 suite, 1 executive suite, 1 suite imperiale Papa Pio II) realizzate in stile classico ed elegante e arredate con particolare cura per i det-tagli e ricercatezza, all’effi cienza del centro congressi proposto in questo contesto secondo l’approccio olistico del business leisure. La nuova e articolata off erta bellezza e benessere raccoglie: Acqua

Termale delle sorgenti di Petriolo, Emotional SPA Life, l’Offi cina del Benessere e Petrolio Med Lab, il tutto modulato dalla presenza di selezionate professionalità mediche con la quale Il Petrolio Spa & Resort e il nuovo Direttore Sanitario dottor Luigi Brocchi aff ronta-no la stagione 2009. Grazie alle straordinarie qualità dell’acqua ter-male si dà vita a una originale sequenza di trattamenti viso e corpo esclusivi, su una preparazione estemporanea con frutta e verdura, rigorosamente bio e stagionali, di maschere viso corpo, sull’arte del massaggio in tutte le più sofi sticate declinazioni occidentali e orien-tali, su di un lussuoso massaggio in coppia.La supervisione medica segue il cliente durante tutto il suo sog-giorno, orientandolo nelle scelte o esigenze, e mettendo a dispo-sizione il meglio della medicina estetica e antiaging, un centro di Medicina Naturale, Medicina Cinese e Fitoterapia, un servizio di

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Il Wellness a 5 stelle nel cuore della Maremma

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Luigi Brocchi e l’executive chef Pasqua-le D’Ambrosio, hanno mescolato insieme scienza, arte, genio e follia, per mettere a disposizione dei clienti la possibilità di sce-gliere qualcosa di speciale dalla “Carta del trattamento cosmetico del mese”, che ver-rà preparato al momento della richiesta, nell’intento di trasmettere a corpo e mente ciò che anima queste parti.La proposta ga-stronomica di Petriolo Spa & Resort segue due linee, una costruita attorno ai prodot-ti della terra toscana, ma senza rimanere troppo ancorata alla tradizione, l’altra riguardante il benessere ed incentrata su un menù salutista. A dirigere la scena è lo chef Pasquale D’Ambrosio, napoletano di nascita, ma cittadino del mondo nella vita, soprattutto quando è ai fornelli.Il paroliere del gusto, come usa defi nir-si lo Chef, non ama snaturare la natura e da buon napoletano unisce entusiasmo e prodotti partenopei alla tradizione locale; esclusivamente e solo presso il panoramico ristorante “Petriolo” si possono assaggiare

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Reumatologia con valutazione, diagnosi e prevenzione per l’osteoporosi e la riabilitazio-ne muscolo osteo-articolare in palestra ed in acqua termale, un servizio di angiologia per la prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione delle patologie vascolari degli arti inferiori, un centro di riferimento per l’osteopatia ed i trattamenti osteopatici ed infi ne un approc-cio originale all’alimentazione ed alla forma con la bioterapia nutrizionale, ovvero dima-grire con il valore terapeutico e l’associazione dei cibi. In linea con le radici di Petriolo Spa & Resort, la fi losofi a di bellezza e benessere, il modo di intendere l’Emotional SPA Life®, oltre alla selezionata off erta di trattamenti presenti, ognuno frutto singolarmente di so-stanza, creatività e passione, permette di in-teragire fortemente con le stupende materie prime, piante, fi ori, frutti che la natura mette a disposizione, rispettando il ciclo delle sta-gioni, la maturazione, la fi oritura, i tempi di raccolta, dettati anche dalle fasi della luna, o dall’alternarsi del giorno e della notte.Con queste premesse, il Direttore sanitario www.atahotels.it/petriolo

la pappa al pomodoro accompagnata da una caprese di branzino con mozzarella di bufala o il perfetto connubio tra pici, fave, guancialetto e pecorino di Pienza. Nel ri-storante “Erica” fanno, invece, da padro-ne, l’equilibrio ed il giusto bilanciamento tra sapore ed apporto calorico, per chi desidera un soggiorno all’insegna del be-nessere totale. Infi ne, il ristorante “Brigan-te”, situato a bordo delle piscine esterne, è il luogo ideale dove ogni evento diventa unico ed indimenticabile. Ora non è più necessario dare solo spazio alla fantasia, anche voi potrete vivere da protagonisti questa magica realtà all’insegna del lusso, del gusto e del benessere. |

Petriolo SPA & Resort, un luogo dedicato a chi ricerca il piacere dell’armonia e del relax in un ambiente prezioso, dove guardare alla cura di sé come ad una priorità

L’uomo sereno procura serenità a sé e agli altri.Epicuro

In apertura di servizioristorante Brigante, bar Sughera e piscine esterne notturneNell’immaginepiscine esterne al tramontoSottointerno di camera

Nell’immagineparte esterna della strutturaIn bianco e neroDott. Luigi Brocchi e l’executive chef Pasquale D’Ambrosio

L’informazione per il business internazionale a portata di click

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di Commercio del Veneto, Eurosportello – Azienda Speciale della Camera di Commercio di Napoli per le Attività Internazionali, Intertrade Salerno, Promofirenze, Promosiena, Promos, Unioncamere

Emilia Romagna, Unioncamere Molise, Vicenza Qualità.

Un Paese di emozionida assaporare “slowly”

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Viaggio in Canada tra Ontario

e Québec

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Il Canada è un incontro con l’emozione: ovunque si rimane sorpresi da una natura coinvolgente dove l’uomo è ospite e non padrone e i deliziosi villaggi e le città che punteggiano questo vasto territorio regalano l’accoglienza di una popolazione piena di gioia di viverein collaborazione con Bradipo Travel Designer

Turismo a cinque stelle

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Il Québec, francofono e gourmet, defi ni-to anche “La Belle Province” è la regione più estesa del Canada e off re in un unico territorio un paesaggio variegato: nel nord distese di tundra artica spazzata dal vento, al centro selvagge foreste boreali, nel sud morbide campagne coltivate e a est litorali frastagliati. Oltre all’aff ascinante Québec City, Montreal è una città esuberante. L’Ontario, moderno e americano, è la se-conda provincia in ordine di grandezza, qui inaspettatamente si susseguono laghi, fi tti tratti di foreste, spiagge invitanti, col-line ricoperte di vigneti e canyon nascosti. Non mancano però le metropoli importan-ti come Toronto e la capitale Ottawa. Un Paese da vivere senza fretta, undici giorni alla scoperta delle province del Québec e dell’Ontario, tra le metropoli canadesi, le riserve, i laghi e le foreste, per imprimersi negli occhi e nel cuore la magia di una ter-

ra dove gli spazi non hanno confi ni.Tutto ha inizio da Toronto con una breve visita della città. Immancabile la gita alle Niagara Falls a bordo di un elicottero, per sentire l’immensa potenza della na-tura concentrata in un salto d’acqua così grandioso che lascia senza parole. Dopo la pausa gustosa con menu gourmet, passag-gio obbligato alla cittadina Niagara on the Lake prima del rientro a Toronto, dove si alloggia al Fairmont Royal York. Lo stori-co hotel è in una posizione centrale, a poca distanza da negozi e teatri, dal quartiere fi nanziario e dalla celebre CN Tower: da qui è anche facile raggiungere i luoghi più vivaci e godere dell’atmosfera notturna della città. Per chi invece desidera rilassar-si l’hotel mette a disposizione degli ospiti una piscina coperta, l’health club, la sauna e l’idromassaggio, oltre che sei ristoranti e quattro bar.

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Tappa seguente Montebello, attraversan-do la suggestiva regione di “Th ousand Island” e gustando un incantevole pranzo a bordo di una barca. Per chi desidera un po’ di adrenalina da provare l’esperienza di guida di un fuoristrada accompagnati da un driver professionista. Delizioso il sa-pore dello sciroppo d’acero che si assaggia a La Sucrerie de la Montagne. Durante le due notti a Montebello dormirete in delu-xe room al Fairmont Le Chateau, costruito interamente in legno negli anni ‘30 e situa-to nel cuore di un’immensa proprietà. Per gli amanti del galoppo ci sono le escur-sioni a cavallo, per gli amanti del golf un prestigioso campo a 18 buche. Montreal si raggiunge subito dopo e rapisce per la sua atmosfera e per il fascino metropolitano. I suoi angoli più nascosti vi verranno svelati grazie all’esperta guida privata. Proverete la cucina unita all’amore per la birra locale canadese al ristorante Fourquet Fourchet-te. L’hotel Fairmont Queen Elizabeth, nel-la parte vecchia della città a pochi passi dal centro, vi ospiterà in una delle sue confor-tevoli camere. Per i più audaci si possono programmare uscite di raft ing o gite in canoa. Si raggiunge poi Lac-à-la-Tortue per un sorvolo in aereo del fi ume Majestic St.Maurice, la vista di laghi e boschi rigo-gliosi da lassù è davvero meravigliosa. E per sentirsi a casa in mezzo al verde della natura incontaminata si pernotta in came-ra deluxe presso il Manoir St-Castin a Lac Beauport, che ha una lunga tradizione di ospitalità. Qui le giornate sono dedicate all’avventura tra brevi tragitti in canoa, la scoperta delle tane dei castori, l’avvista-mento degli orsi e l’apprendimento delle tecniche di sopravvivenza - caccia, pesca, raccolta di frutti e piante – e nelle capanne

Nella doppia di aperturaCascate del Niagarain questa pagina in altoAlgonquin Park nell’OntarioIn bassoFrontenac del Québec

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in questa pagina in altoVista della città di Toronto in questa pagina in bassoCasa Loma, storica casa museo di Toronto

in questa paginaUna affascinante cascatain Québec

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Turismo a cinque stelle

mondiale della Biosfera”, contornata da delicate colline e fonte di ispirazione per molti artisti grazie alla vista mozzafi ato che off re. Golf, whale-watching, crociere sul fi ume, sci di fondo e campi da tennis sono solo alcune delle attività che renderanno il vostro sog-giorno intenso e memorabile. Si prosegue verso Tadoussac, un pittoresco villaggio vicino alle foreste della regione di Saguenay, per avvistare le balene. Si rag-giungono quindi Baie-Saint-Paul e Montmorency Falls, sito stori-co dove ammirare lo splendore delle cascate.Si giunge infi ne a Quebec City per osservarla da una mongolfi e-ra, liberi di ammirare dall’alto una delle città più aff ascinanti del Canada. Al termine del giro un aperitivo a base di champagne. Per la cena, imperdibile il gustoso ristorante panoramico Astral al 29° piano dell’hotel Loews Le Concorde. Il lento scorrere del fi ume San Lorenzo visto dalla gold room del Fairmont Chateau Fronte-nac, uno dei simboli della città, vi trasmetterà una sensazione di calma e pace prima di andare a dormire. E per chi non si accontenta e desidera scoprire l’intero Stato c’è la possibilità di abbinare un itinerario privato nella parte occidentale del Canada e ampliare il viaggio alla scoperta della British Colum-bia e della provincia dell’ Alberta.Prima del volo di rientro un po’ di tempo è dedicato allo shop-ping per portare a casa un regalo, oltre alla miriade di immagini, parole, colori e sensazioni destinati a rimanere nel cuore dopo un viaggio in questa terra sconfi nata. |

INFO UTILI SUL CANADA

CapitaleOttawa

Stagionalità e climaEstremamente vario secondo la zona. In Canada gli in-verni sono molto rigidi, soprattutto in gennaio e febbraio. Per il resto si va da clima continentale mitigato nella fascia atlantica a un clima continentale nelle pianure centrali e nelle zone montuose, con inverni freddi ed estati secche. Clima temperato nel Nord Pacifi co e clima subtropicale nel Sud Pacifi co, con inverni miti ed estati secche. Clima tropicale in Florida e Golfo del Messico, con inverni miti, estati umide e rischio di uragani da agosto ad ottobre.

Documenti Per i cittadini italiani serve il passaporto in corso di vali-dità e non necessita alcun visto per soggiorni inferiori ai tre mesi. Se si passa dagli Stati Uniti, è necessario il pas-saporto idoneo per il “Programma Viaggio senza Visto” (“Visa Waiver Program” www.usembassy.it/visa/default-it.asp).

LinguaL’inglese e il francese sono le lingue uffi ciali.

ReligioneSono presenti la maggior parte delle religioni esistenti.

Fuso orarioRispetto all’ora italiana, Eastern time -6 ore, Central time -7 ore, Mountain time -8 ore, Pacifi c time -9 ore, Alaska -10 ore, Hawaii -11 ore. L’ora legale, di norma, viene adot-tata da fi ne aprile a fi ne ottobre.

MonetaDollaro canadese. Un dollaro canadese equivale a 0.6387 Euro.

www.bradipotravel.com

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“courer des bois” raggiunte tramite un ponte sospeso. E’ possibile anche organizzare uscite di pesca alla trota con guide specializzate oppure percorsi di trekking lungo il sentiero Du Moulin. Per rilas-sarsi un delizioso pic-nic immersi nella foresta. Da visitare assolu-tamente Old Québec, magnifi ca in qualsiasi momento dell’anno. Si raggiunge quindi La Malbaie per trascorrere la notte al Fair-mont Manoir Richelieu e godere della vista del fi ume San Loren-zo dalla propria suite. L’hotel, splendida costruzione storica ricca di tradizione, è inserito in un particolare contesto tra il mare e le montagne di Charlevoix, città dichiarata dall’Unesco “Riserva

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in questa pagina ina altoLago Ontario

Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma averenuovi occhi.Marcel Proust

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www.pragmaadv.it www.pragmaadvgolfcup.it

festeggia 50 anni con nuova grinta

La Bonnie

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L’immagine dell’intramontabile gamma Triumph Bonneville si rinnova in vista del cinquantesimo anniversario del suo modello simbolo

Mondo Moto

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L’immagine dell’intramontabile gamma Triumph Bonneville si rinnova in vista del cinquantesimo anniversario del suo modello simbolo. Fin dal lancio della versione originale, accolta nel 1959 dal plauso della critica, la Bonneville è sempre stata la moto più rappresentativa di Triumph. Nelle versioni più recenti, ispirate allo stile anni Settanta, il telaio presenta una serie di innovazio-ni volte a rendere la moto sempre più facile da guidare. A colpo d’occhio, la diff erenza più ovvia è costituita dalle nuove ruote in lega da 17’’, dai parafanghi di nuova concezione e dagli eleganti silenziatori a megafono mutuati dalla sportiva Th ruxton. La nuo-va sella sfoggia con orgoglio il logo Triumph, stampato in bianco

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Scheda tecnica Triumph Bonneville 2009

Motore e trasmissione

Tipologia 2 cilindri in linea, raffreddato ad aria, Dohc, manovellismo a 360°

Cilindrata 865cc

Alesaggio x corsa 90 x 68 mm

Alimentazione iniezione elettronica sequenziale Multipoint

con sistema di iniezione dell’aria secondaria

Trasmissione fi nale catena x-ring

Frizione multidisco in bagno d’olio

Cambio 5 marce

Telaio traliccio in tubi d’acciaio

Forcellone a doppio braccio, tubolare, in acciaio

Ruote anteriori in lega a 7 razze, 17 x 3,0”

Ruote posteriori in lega a 7 razze, 17 x 3,5”

Pneumatici anteriori 110/70 R17

Pneumatici posteriori 130/80 R17

Sospensioni anteriori forcella Kayaba da 41mm, escursione ruota 120mm

Sospensioni posteriori ammortizzatori Kayaba con precarico regolabile, escursione ruota 110mm

Freni anteriori disco da 310mm con pinza Nissin fl ottante a 2 pistoncini

Freni posteriori disco da 255mm con pinza Nissin fl ottante a 2 pistoncini

Pompa freno anteriore pompa Nissin con serbatoio integrato, 11mm di diametro

Strumentazione contachilometri e contagiri analogici con parzializzatore

Ciclistica:

Lunghezza 2.144mm

Larghezza (al manubrio) 748mm

Altezza 1.100mm

Altezza sella 751mm

Interasse 1.454mm

Inclinazione Cannotto/Avancorsa 27º/106mm

Peso a secco 200kg

Capacità serbatoio 16,0 litri

Dimensoni:

Potenza massima 68CV / 50kW a 7.500 giri/min

Coppia massima 69Nm a 5.800 giri/min

Prestazioni (Valori misurati all’albero - DIN 70020):

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sul bordo posteriore. Il manubrio è più vicino al pilota e l’altezza della sella è stata ridotta di 25millimetri, rendendo la posizione di guida ancora più rilassata e accessibile. La ruota anteriore più piccola e leggera migliora l’agilità e la manovrabilità della Bonne-ville, che si fa così guidare con sicurezza da chiunque. In onore alla praticità, l’elenco già lungo di accessori originali Triumph è stato arricchito con il portapacchi posteriore. Le linee pulite di questo modello sono esaltate dalle due opzioni di colore bianco e nero. Il rinomato bicilindrico parallelo da 865 centimetri cubi, raff reddato ad aria, resta il cuore e l’anima della Bonneville. Il manovellismo a 360° conferisce al motore le caratteristiche di un

bicilindrico classico, mentre il doppio contralbero e le tecniche di produzione all’avanguardia garantiscono un’affi dabilità e una raf-fi natezza tutte moderne. Il novanta per cento della generosa cop-pia massima (69Nm a 5800 giri) viene mantenuto da circa 2500 giri fi no al regime massimo, off rendo un’accelerazione regolare e gestibile in tutti i cinque rapporti.Disponibile anche nella versione Bonneville SE, che si distingue per la strumentazione completa di contagiri, fregi cromati sul ser-batoio e carter motore in lega spazzolati. La SE è disponibile nera o nella elegante livrea bicolore, che abbina lo scuro Pacifi c Blue con il Fusion White. La nuova Bonnie 2009 rinnova la leggenda e

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Il manubrio è più vicino al pilota e l’altezza della sella è stata ridotta di 25 millimetri, rendendo la posizione di guida ancora più rilassata e accessibile. La ruota anteriore più piccola e leggera migliora l’agilità e la manovrabilità della Bonneville, che si fa così guidare con sicurezza

Mondo Moto

la apre a una nuova generazione di motoci-clisti che vogliono distinguersi e tracciare da soli la strada da seguire.Un’icona nella Golden Age del motociclismo britannico, negli anni 60, la Bonneville continua a essere una pietra miliare della gamma anche oggi che Triumph è entrata in una nuova Golden Age, con il raggiun-gimento dell’obiettivo delle 50.000 moto prodotte nel 2008.

Continua poi a fare parte della gamma an-che la Bonneville T100 che, grazie al suo look anni 60 rappresenta la più classica fra le Classiche. La storia della Bonneville aff onda le radici nel lontano 1959, quando Triumph presentò quel mezzo che rappre-sentava il massimo in fatto di sportività motociclistica. Chiamata così per celebrare il record di velocità conquistato sulle Bon-neville Salt Flats nello Utah, USA, la prima Bonneville era essenzialmente una versio-ne a due carburatori, da 46CV, della T110 Tiger. Divenne subito un oggetto da posse-dere, grazie al suo design e alle prestazioni esaltanti, ma anche per merito dei successi sulle piste. I giovani rocker la adottarono subito come scelta di stile, mentre i Cafe Racer dell’epoca la reputavano la miglior sportiva per le loro corse su strada. In poco tempo divenne la protagonista della scena della Swinging London e un pezzo della cultura inglese al pari della Mini, dei bus a due piani, della minigonna e di twiggy. Nel corso degli anni la Bonneville si è evoluta ma non ha mai smesso di essere l’icona genuina del motociclismo britan-nico. Il suo look si è trasformato passan-do dalle forme snelle degli inizi a quelle più concrete degli anni a cavallo fra i 60 e 70, e a quelle più spigolose tipiche degli

80. I motori, sempre fedeli all’architettura bicilindrica Triumph, sono cresciuti nella cilindrata da 650 a 750cc e hanno sposato nuove tecnologie. Soluzioni come frenia disco, avviamento elettrico, ruote forgiate, teste a quattro valvole fecero la loro com-parsa e la Bonneville si trasformò un po’ per volta da hot-rod piuttosto improbabile in una motocicletta tradizionale e pratica. In eff etti, una delle ultime Bonneville ad uscire dalla vecchia fabbrica Triumph di Meriden fu una motocicletta di ispirazione touring, conosciuta come “Executive”, con una verniciatura nero fumo, manubrio lar-go e borse...

Quando Triumph dichiarò bancarotta a lo stabilimento di Meriden chiuse, il nuo-vo proprietario John Bloor diede licenza di produrre la Bonneville ad una società chiamata Racing Spares, che ne produsse 1200 esemplari tra il 1985 e il 1988.Ma, quando Triumph rinacque, nel 1990, concentrando gli sforzi su sofi sticati e moderni motori a tre e quattro cilindri, sembrò che per la Bonnie non ci fosse più spazio. Ma non fu così sebbene il vecchio bicilindrico parallelo raff reddato ad aria fu consegnato alla storia.Nel 2001, la “nuova” Triumph - con base a Hinckley – realizzò una nuova versione della Bonneville motorizzata con un ine-dito bicilindrico parallelo da 790cc e 61CV, con cui pagava un tributo alle varianti de-gli anni 60. La nuova Bonnie non voleva però essere una copia, piuttosto una mo-derna motocicletta classica che faceva pro-prie le qualità che avevano reso famosa la sua progenitrice. Il successo non tardò ad arrivare, sia fra i triumphisti del passato e i tradizionalisti, che ritrovavano un buon

motivo per tornare in sella, sia fra i nuo-vi, che ne apprezzavano la praticità, sia fra gli individualisti, che potevano fi nalmente avere un oggetto unico e godere dell’auten-tico stile Triumph.La Bonneville continuò anche a essere la motocicletta preferita fra gli artisti e le star di Hollywood, proseguendo una tradizio-ne nata insieme a lei: Da Brando a Clooney, da Dylan ad Alanis Morissette.E non smise di evolversi. Nel 2005, la ver-sione T100 fu equipaggiata con un bici-lindrico di maggiore cubatura - 865cc -, incremento ottenuto grazie a un aumento di 4mm dell’alesaggio. Questa motorizza-zione fu estesa l’anno successivo a tutte la gamma delle Bonnie.Nel 2007 fu implementata con un sofi sti-cato sistema di alimentazione ad iniezione elettronica, indispensabile per ottimizzare le emissioni e il consumo di carburante. La Bonneville era ormai diventata una mo-derna roadster. |

www.triumph.co.uk

Quando ero piccolissimo volevo essere libero. Dagli ordini. Dai gridolini della nonna. Dal pasticcio di carne della Domenica. Io ho sempre voluto essere libero.La libertà è una cosa che non c’è sempre. Non c’è sempre. Ma quandosta con te ti fa respirare bene. Ti fa stare forte e però buono. Come una giornata in campagna a pescare le rane. Come una serata davanti alla tv quando i genitori sono fuori. La libertà non la puoi mica toccare. O spiegare. Neppure regalarla. La puoi soltanto aspettare. E riconoscere. Estare contento quando c’è. Io, oggi che il tempo è passato e la nonnna è andata via, ogni tanto prendo la moto, e vado in giro. E mi sento libero. Vado piano. Guardo in giro. Annusoi profumi e il diesel dei camion. Cambio le marce e cambio strada. La motocicletta è la mia libertà.Carlo Talamo

Business & GentlemenPubblicazione bimestralewww.businessgentlemen.it

Anno II – numero 7 - luglio/agosto 2009

Direttore responsabileMauro [email protected]

RedazioneCoordinamento:Laura Di [email protected] redazione e contenuti web:Desirée [email protected]:[email protected]

ImpaginazioneStefania Bugada, Enrico Benedetti

Equipe tecnico-scientificaDaniela Andreini, Gianpaolo Baronchelli, Ivan Consoli, Andrea Bonalumi, Marco Maria Fumagalli, Roberto Magri, Andrea Manzoni, Leonardo Marabini, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Maria Teresa Zorza

Hanno collaboratoMario Alberto Catarozzo, Pier Paolo Ghetti Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Simone Scelsa, Elena Sottocornola, Ilaria Maria Dondi

FotografieMatteo Mottari

Archivi fotograficiCasa.it, Damiani Group, Camozzi Group, Schneider Electric, Parà Spa, Euler Hermes Siac, Triumph, Petriolo Spa&Resort. Marboats,

Immagini uffici stampaBarabino&Partners, Cohnwolfe, Iban, Aida Partners, Sound Pr, Bradipo Travel Design, Linea d’Ombra, Glashütte, Corum,

Editore e RedazioneCobalto Srlvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

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StampaCPZ Spavia Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG)

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Registrazione presso il Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008N. iscrizione ROC 12491

21 21ª CAMPAGNA NAZIONALE DELLA QUALITÀ

nell’ambito della Quindicesima Settimana Europea della Qualità 9 - 15 novembre 2009

Invita Aziende e Istituzioni ad aderire alla Campagna Nazionale per testimoniare il ruolo strategico della Qualità a beneficio del Sistema Paese

7 MOTIVI PER ESSERCI

Inserire la vostra azienda nella Campagna pubblicitaria Media e Affissioni

Condividere l’impegno sul fronte della Qualità

Aprire una vetrina sulla vostra azienda con link diretto dal sito della Campagna

Essere ospiti Galgano agli Incontri - Confronti organizzati per l’occasione

Testimoniare il ruolo sempre più strategico della Qualità per migliorare il nostro Paese

Inserire la società nel circuito di informazione nazionale verso i Media

Personalizzare e diffondere la vostra adesione attraverso il simbolo della Campagna

Per informazioni compilare il coupon e inviarlo alla Galgano: fax 02.39.60.52.40/212 Nome/Cognome ................................................................................................................... ............... Azienda/Ente................................................................................................................... ..................... Tel. ................................................. Settore .................................................................. ......................

Tel. 02.39.60.52.95 e-mail: [email protected] - www.galganogroup.it

Il Gruppo Galgano presenta la

2 1 a C A

M P A

G N A N A Z I O N A L E G A L G A N O D E L L A Q U A L I T À

9-15 novembre 2009

NOI CISIAMO

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Personalizzare e difffonddfff

consulenti di direzione

GRUPPO GALGANO

perché la Qualità consente di eliminare gli sprechi

e migliorare la produttività;

perché Qualità significa attenzione al cliente,

innovazione, competitività;

perché è solo sulla Qualità che si può mobilitare

il Cuore e la Mente delle persone;

perché la Qualità può essere ovunque, condiziona

la nostra vita quotidiana e dipende da tutti noi;

perché siamo convinti che rappresenti un valore centrale della Storia del nostro Paese, per la nostra civiltà

e il nostro sviluppo economico.

L’augurio è che la Qualità diventi veramente la priorità di ogni Direzione Aziendale.

Le Aziende che aderiscono alla Campagna pubblicitaria media, affissioni e web, possono partecipare gratuitamente al

Convegno “LE APPLICAZIONI SNELLE NEI SERVIZI”

Milano, giovedì 8 ottobre 2009

P e r c h éc e l e b r a r e l aQUALITA’?

Per informazioni: tel. 02.39605295 fax 02.39605240 - [email protected] - www.galganogroup.it

Con noi puoi giungere fino in vetta

Scalare le classifiche dei motori di ricerca?

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