bn12 dark destiny

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BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico mensile n. 12 del 25/3/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Dark Rival HQN Books

© 2007 Brenda Joyce Dreams Unlimited, Inc. Traduzione di Maddalena Togliani

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne

marzo 2010

Questo volume è stato impresso nel febbraio 2010 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico mensile n. 12 del 25/3/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Prologo

Tanto tempo fa, nel Regno dei Pitti Quel giorno sarebbe morto. Non gli importava, anche se aveva appena ventitré anni, perché non sarebbe morto da solo. Si fermò sul crinale della montagna, tra querce e pini, con il respiro affannoso e madido di sudore. Aveva inse-guito Kael per due interminabili settimane, sordo a ogni consiglio e ammonimento. Ora Kael si trovava nella for-tezza in fondo alla vallata. Non aveva bisogno di vederlo per saperlo. Percepiva la sua energia nera. Non riusciva invece ad avvertire la presenza di Brigdhe, sua moglie. Scostandosi i capelli biondi dal volto cominciò a scen-dere dalla montagna con falcate lunghe e sicure. La tunica di lino aderiva al corpo giovane e forte, fradicio di sudore. La spada gli sbatteva contro la coscia a ogni passo. Si la-sciò alle spalle la copertura fornitagli dagli alberi e vide gli uomini che si assembravano sulle torri di guardia, disposte a intervalli regolari lungo la palizzata. Si udì il richiamo di un corno. Sorrise. Che lanciassero pure l'allarme! Giunse alle porte della fortezza senza mostrare la mi-nima esitazione, pur conoscendo ancora poco i suoi pote-ri. Era stato chiamato a Iona sei mesi prima da MacNeil,

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amico di suo padre. Allora non aveva capito cosa volesse da lui quell'uomo, ma aveva compreso quasi subito che non si trattava di un semplice abate e che quello dove si trovava non era un normale monastero. Aveva sempre saputo di essere più forte, virile e attraen-te dei suoi simili. Era dotato di un ingegno più acuto e di un senso del pericolo più sviluppato. Fisicamente era alto almeno una spanna più dei suoi amici. Quando aveva giurato fedeltà agli antichi dei, la cui esi-stenza prima di allora aveva ignorato, promettendo di di-fendere l'Innocenza in ogni epoca, improvvisamente i suoi poteri si erano manifestati. Anche se non li conosceva an-cora bene, in quel momento nulla avrebbe potuto fermar-lo. Afferrò le porte sbarrate, ognuna alta quanto due uo-mini e larga quanto un cavallo da guerra e le strappò dai cardini di ferro. Sopra di lui, sulle torrette, gli uomini di vedetta lancia-vano grida concitate. Gli piovve addosso una gragnuola di frecce. Una gli graffiò la pelle; un'altra si conficcò più in profondità nella carne. Se la estrasse, senza provare alcun dolore. Si concentrò e d'istinto si protesse dietro uno scudo di energia. Senza alcuna esitazione si diresse verso l'edificio più imponente del forte mentre le frecce gli cadevano in-torno inefficaci. Una dozzina di giganti gli venne incontro con lance e scudi di cuoio. Erano esseri umani, ma posseduti da spiriti malvagi. Lui continuò a camminare e sfoderò la spada. Il metallo sibilò. I giganti lo assalirono, scagliandogli contro le lance tutti insieme. Attinse all'energia dentro di sé e la diresse contro i ne-mici, che caddero a terra come se fossero stati abbattuti da una folata di vento; le lance furono respinte alle loro spalle.

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Salì gli scalini con un solo balzo ed entrò nell'edificio tenebroso. Kael gli stava di fronte. Ma lui vide solo Brigdhe, stesa nuda sul tappeto davan-ti al fuoco, con i lunghi capelli biondo rossicci sparsi in-torno al corpo snello e le mani legate. Esitò. La giovane volse lentamente il capo verso di lui. Sgranò gli occhi e nel suo sguardo lui colse una terribile accusa. Il colpo lo colse di sorpresa scagliandolo all'indietro. Atterrò con violenza sulla schiena accanto alla porta, ma non lasciò l'arma. Mentre la spada di Kael calava su di lui, l'espressione accusatoria di Brigdhe gli colmò il cuore di orrore. Invece di parare il colpo, la sua spada cedette al-l'urto e la lama di Kael gli attraversò la spalla, fendendo muscoli e ossa. Dimenticò la sua sposa. Rotolò via mentre Kael lo col-piva con rinnovata energia, il secondo colpo violento co-me il primo. Non era abituato a combattimenti tanto aspri. Con le spalle al muro, alzò d'istinto l'arma per difendersi. Clangore di metallo contro metallo. Balzò in piedi. Per-deva molto sangue. Kael lo colpì con una nuova scarica di energia. Lui fu di nuovo scagliato contro la parete con estrema violenza. Fu come precipitare dalla cima di un'alta rupe nella valle sottostante. Raccolse le forze che gli rimaneva-no per contrattaccare. «A Brigdhe» ruggì mentre colpiva Kael. L'avversario fu scaraventato all'altro capo del salone e atterrò di schiena, non lontano da Brigdhe. Lui gli si preci-pitò addosso, incurante del dolore bruciante alla spalla e gli conficcò la spada nel cuore, trapassandolo da parte a parte. Un uomo normale sarebbe morto all'istante. Kael, in-vece, sussultò e poi sorrise. «Le tue sofferenze sono appe-na cominciate.»

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Non capì e non diede peso a quelle parole. Liberò la spada dal corpo del nemico, lo afferrò per il collo e glielo spezzò senza pietà in due. Gli occhi rossi del demone scintillarono ancora per un istante prima di divenire vitrei. Corse subito da sua moglie, con la spalla che iniziava a dolergli. Lei sedeva con le spalle appoggiate al muro, stringen-dosi le ginocchia al petto. S'inginocchiò accanto a lei, de-sideroso di stringerla a sé. Un dolore accecante gli esplose nella spalla, provocandogli un capogiro. «Non toccarmi!» Si ritrasse stupito, e la stanza smise di vorticargli intor-no. Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. «È finita. Ti porterò lontano da qui» le disse per rassicurarla. Dentro di sé, però, avvertiva un senso di nausea e si vergognava per non essere riuscito a proteggerla. «No.» Lui s'irrigidì sbalordito. Cercò di leggerle gli occhi, ma lei aveva distolto lo sguardo. «Mi dispiace, Brigdhe.» «Ti dispiace?» Aveva un tono sprezzante e gli occhi pieni di lacrime. «Vattene. Mi ha fatto questo a causa tua. Stammi lontano!» Quell'accusa gli fece più male delle ferite infertegli da Kael. Non riusciva neanche più a respirare. Aveva ragione lei. Il deamhan l'aveva usata contro di lui. E benché aves-se promesso di proteggere l'Innocenza, non era riuscito a proteggere neanche sua moglie. In quell'istante capì che il suo matrimonio era finito. «Riesci ad alzarti?» le chiese con voce brusca per na-scondere le sue vere emozioni. «Non ho più bisogno del tuo aiuto!» inveì lei, furiosa. Lui si alzò e si fece da parte all'arrivo di suo fratello e di MacNeil. Scuro in volto guardò Brogan che sollevava e portava fuori sua moglie. Li seguì con lo sguardo, rifiutan-dosi di cedere al dolore che gli straziava il cuore. Era stato

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uno sciocco a pensare di poter restare con Brigdhe dopo che aveva giurato di rispettare il Codice dei Maestri. Non poteva rimproverarla se ora lo odiava; in fondo anche lui si odiava. Dalla soglia del salone MacNeil gli fece segno di avvici-narsi; il viso dai lineamenti regolari aveva un'aria torva. «Mi hai disobbedito, Ruari. Ti era stato ordinato di non attaccare Kael da solo.» Non aveva nessuna voglia di discutere. «Aye» si limitò a rispondere. Dal punto in cui si trovava, intravedeva la grande Guaritrice, Elasaid, prestare le prime cure alla don-na che era stata sua moglie per un periodo tanto breve. Mai più, pensò. E MacNeil gli lesse nella mente perché sentenziò: «Aye, sei un Maestro ormai. Resterai da solo come tutti noi. Un Maestro vive da solo, combatte da solo, muore solo». «Non temere» ribatté cupo. Non aveva certo intenzione di permettere a un'altra donna di entrare nella sua vita, e men che meno di trovarsi un'altra moglie. Non avrebbe accettato nessun'altra pena nel suo cuore. Né ora né mai. I voti che aveva giurato di rispettare sarebbero stati la sua unica ragione di vita. MacNeil si ammorbidì. «Non credevo che saresti stato in grado di sconfiggere Kael. Sono fiero di te.» Annuì brevemente. MacNeil gli strinse la spalla per in-dicargli che era tempo di andarsene. Il forte sarebbe stato raso al suolo e il terreno benedetto. I prigionieri umani sa-rebbero stati portati via ed esorcizzati, i demoni distrutti. Udì il flebile grido d'aiuto di una donna. Si fermò, perché fuori dal salone buio il pomeriggio era perfettamente silenzioso. «Ruari?» lo chiamò MacNeil. L'aria si mosse intorno a lui. Una voce femminile sus-surrò il suo nome. Lanciò un'occhiata a MacNeil. «Hai sentito la donna?»

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MacNeil distolse lo sguardo. «Qui non c'è nessuno ol-tre a me e te.» Si sbagliava. Una donna l'aveva chiamato dal salone, ne era certo. Lasciando MacNeil, tornò all'interno, guar-dando in ogni angolo oscuro, ma non trovò nessuno. Poi vide una botola nel pavimento. Ti prego. Royce. Una donna gli chiedeva aiuto, ne era sicuro. Corse ver-so la botola, la sollevò e udì dei serpenti sibilare. «Una torcia, presto!» «Non c'è nessuno laggiù» ribadì MacNeil con fermez-za. «Me ne accorgerei se ci fossero segni di vita.» «Una torcia» ripeté. Un attimo dopo MacNeil gli diede una fiaccola accesa. Quando la diresse verso il basso, scorse una massa con-torta di serpenti neri in movimento, ma nient'altro. Ciò nonostante non era convinto. Sentiva la presenza della donna e la sua paura. Saltò giù nella cavità, agitando la torcia per allontanare i rettili dai suoi piedi. Si guardò attorno in quel piccolo spa-zio, e capì che non c'era nessuno laggiù. Passò la fiaccola a MacNeil e tornò di sopra. Uscì dal castello, ancora incer-to e si voltò a guardare. L'aria nel salone buio vibrava e sembrava chiamarlo. Il profumo di una donna lo avviluppò all'improvviso. Di nuovo udì quella voce. Royce... Afferrò per un braccio MacNeil, costringendolo a fer-marsi. «Chi è? Dov'è? Cosa vuole e perché mi chiama con il mio nome inglese?» MacNeil lo fissò. «Non è qui, ragazzo.» «Allora dov'è?» Non riusciva a capire. Si voltò risoluto. «Devo trovarla.» MacNeil gli afferrò un bracco, impedendogli di prose-guire. «Non puoi trovarla adesso. È nel futuro, nel tuo fu-turo.»

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South Hampton, New York – 4 settembre 2007 Era in piedi, nuda, davanti alla finestra, e udiva la respira-zione profonda e regolare del suo amante che dormiva nel letto alle sue spalle. La notte a Long Island era di un blu scurissimo, quasi nero, tempestato di stelle, la luna era piena e luminosa, e dal basso giungeva il ritmico sciabor-dio dell'oceano. Un soffio di brezza marina sbatté delica-tamente le tende contro le finestre. Sotto il suo sguardo le nubi cominciarono ad ammassarsi. S'irrigidì. Il cielo si scurì. Delle ombre attraversarono il cerchio luminoso della luna, alterandone la perfezione. Le imposte iniziarono a sbattere contro il muro. Allie fissò la luna che stava diventando nera. Si concentrò e avvertì una presen-za malvagia. Il cuore accelerò i battiti. Attraversò rapidamente la stanza per entrare nel guardaroba, quando Brian si mosse. «Ciao» mormorò il ragazzo con voce ancora assonnata. Lei sorrise e in un attimo gli fu accanto. «Sto morendo di fame. Vuoi che ti porti qualcosa dalla cucina?» Odiava mentirgli, ma non avrebbe capito. Brian aveva ripreso a russare. Aspettò un momento, divorata dall'impazienza. Una delle sue migliori amiche era bravissima con gli incantesi-

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mi, ma Allie non aveva poteri del genere. Era un peccato in momenti come quello, in cui un incantesimo del sonno avrebbe fatto al caso suo. Accertatasi che Brian dormisse profondamente, infilò rapidamente una T-shirt e dei pan-taloni neri con grandi tasche laterali, Nike nere, e prese con sé uno zainetto nero. Agile come una scassinatrice, senza ormai più pensare all'uomo addormentato, sgattaio-lò fuori dalla finestra e scese aggrappandosi al traliccio che sosteneva i rampicanti, come aveva già fatto migliaia di volte in precedenza. Attraversò di corsa il prato e giunse al vialetto dove aveva lasciato la sua Mercedes SL 560. Allie salì a bordo, ma non avviò il motore. Rimase se-duta perfettamente immobile, concentrandosi sul suo se-sto senso. Un'ombra nera di morte si stava ammassando a nord. Allie accese il motore, l'adrenalina che le scorreva nelle vene. Sapeva di non poter partire sgommando, perché così facendo avrebbe svegliato tutta la palazzina. Si concentrò sull'imminente esplosione di violenza, cercando di indivi-duare il punto esatto in cui avrebbe avuto luogo. Percorse lentamente il vialetto, mentre l'ondata di lussuria si inten-sificava. Allie ne sentiva battere il cuore, sentiva il sangue bollente che pulsava con malvagie intenzioni lascive. Si immise nella strada a due corsie e premette l'accele-ratore facendo stridere le gomme. Avrebbe salvato quella vittima. Guidava d'istinto, avvertendo l'energia malefica del mostro. Immaginava che il predatore e la sua vittima si trovassero entrambi fuori da uno dei bar o ristoranti della Highway 27. Era il fine settimana, e i locali notturni erano pieni. Avvertì un'ondata di eccitazione. Allie gemette: il loro piacere sessuale cresceva rapida-mente. Quei pleasure crime, crimini perpetrati durante il sesso, quando la vittima era al colmo dell'eccitazione, sfociavano immancabilmente nell'omicidio.

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Con una violenta sterzata superò la macchina davanti a lei, che per i suoi gusti si atteneva un po' troppo rigoro-samente ai limiti di velocità. Il piacere divenne estasi. Sommerse Allie in ondate suc-cessive: la vittima e il criminale erano ormai prossimi al-l'orgasmo. La sua rabbia crebbe a dismisura. Sarebbe arri-vata troppo tardi... S'infilò a tutta velocità nell'area di sosta di un locale alla moda che dominava la baia. Anche se il parcheggio era pieno, lei sapeva esattamente dove andare. Sul retro, lontano dall'entrata del ristorante, li vide. Una coppia sta-va facendo sesso per terra. E non si trattava di violenza carnale... L'uomo si girò verso di lei, sentendo la sua energia bianca. Allie inchiodò e balzò fuori dall'auto. In quel momento avvertì una forza malvagia esplodere nella notte. Maledi-zione, era troppo tardi! Incespicò mentre frugava nello zaino, alla ricerca della pistola con il silenziatore. Poi alzò lo sguardo e si concen-trò per prendere la mira. L'uomo si mise in piedi sorridente. Era biondo e bellis-simo, con i lineamenti perfetti, come quelli di un attore. Per quanto ne sapeva lei, quello poteva essere benissimo una star del cinema. Vestiva come un modello, con panta-loni costosi e una camicia elegante, e all'improvviso le scagliò contro tutta la sua energia nera. Allie cercò di farsi scudo con l'energia bianca, ma era una luce dai poteri curativi, quindi non molto efficace. Venne sbattuta contro l'auto con tale violenza che temet-te di essersi rotta la schiena. Riuscì, però, a sollevare la pistola e a sparare. Aveva una buona mira, ma non dopo una botta del ge-nere. Lo colpì comunque alla spalla. Purtroppo, però, l'o-micidio aveva aumentato i suoi poteri, perciò un proiettile

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gli avrebbe fatto perdere al massimo un po' di sangue non umano. Le rise in faccia e scomparve tra le stelle. Sperava almeno che la spalla gli facesse un male terribi-le! Allie vacillò, ancora dolorante per il colpo subito. Poi gettò la pistola sul sedile posteriore della decappottabile e si avvicinò barcollando alla vittima supina. S'inginocchiò, già sapendo che era troppo tardi. Se la donna fosse stata ancora viva, avrebbe avvertito una traccia di vitalità in lei. Giaceva immobile con addosso un grazioso top allac-ciato dietro il collo e una gonna, ma gli occhi erano ormai privi di vita. Allie pianse, perché non poteva avere più di quindici anni. Non era giusto. Era stanca di quegli omicidi crudeli. Per ogni essere u-mano che curava, c'erano centinaia di vittime come quel-la, le cui vite venivano strappate da esseri maligni che da-vano la caccia alle innocenti di notte per assorbirne l'ener-gia vitale e usavano il potere così ottenuto per provocare ancora più male. Non sembrava esserci possibilità di porre fine a tutto ciò. I giornali continuavano a parlare del declino della so-cietà moderna, vista la crescita esponenziale del numero di omicidi, il novanta per cento dei quali erano pleasure crime. Non si trattava cioè di rapporti violenti, anzi le donne non si opponevano, ma si lasciavano sedurre da perfetti sconosciuti, e le analisi dei medici legali rivelavano numerosi orgasmi. Eppure morivano tutte; come se fosse-ro state vecchie e deboli, il loro cuore smetteva semplice-mente di battere durante il rapporto sessuale. Eppure le vittime erano sempre giovani e belle e in per-fetta salute. Non c'era nessuna spiegazione medica plau-sibile per l'arresto cardiaco. Certo che no. Perché la scienza non era in grado di spiegare il male e mai ci sarebbe riuscita. Il governo aveva messo tutto a tacere. Gli autori di quei

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crimini a sfondo sessuale non avevano un DNA umano, Allie lo sapeva per certo. Non solo sua madre le aveva in-segnato a percepire il male fin da quando era piccolissima, ma Brianna lavorava per il CAD, il Centro per le Attività Demoniache. Anche il CAD era segreto. I criminali avevano un aspetto umano, ma erano in real-tà una razza malvagia, inviata da Satana stesso centinaia di anni prima per succhiare l'energia vitale umana. In ogni secolo si erano verificati pleasure crime, ciò che era cam-biato era il numero crescente di quelle orde demoniache. I loro membri aumentavano a un ritmo spaventoso. C'era qualcosa che non andava. Lei, Brie, Tabby e Sam non potevano fare tutto da sole, così come non ce la facevano i pochi guaritori e giustizieri sparsi in tutto il mondo. Perché i buoni non avevano an-che loro poteri soprannaturali? Alcuni membri del Centro credevano che esistesse una razza di uomini capaci di combattere i demoni con dei su-perpoteri: certi agenti giuravano di avere visto quei guerrie-ri. Circolavano tante storie diverse; erano di volta in volta pagani, cavalieri cristiani, soldati moderni, ma con un'uni-ca costante in ogni racconto: erano in grado di viaggiare nel tempo e avevano giurato davanti a Dio di combattere il male. Allie fece una smorfia. Se una razza di eroi del gene-re esisteva davvero, perché nessun guerriero pagano, me-dievale o moderno che fosse non veniva ad aiutarla? Aveva bisogno di qualcuno che le desse una mano a salvare vittime come quella. Per quanto desiderasse com-battere, era difficile riuscirci quando una semplice scarica di energia poteva scagliarla all'altro capo di un campo di calcio. Allie sentì sgorgare le lacrime. Prese le mani della ra-gazza e la inondò di luce curativa. «Mi dispiace» sussurrò, nel tentativo di confortare la sua anima prima che migras-se nell'altro mondo.

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Mentre guardava il bellissimo viso della giovane, provò una furia senza limiti. Riversò su di lei altra luce, nello stupido tentativo di riportarla in vita. Naturalmente non poteva farlo. Non era in grado di re-suscitare i morti. Aveva iniziato a curare insetti e pesci da piccola, incoraggiata da sua madre. Ogni anno che passa-va le sue facoltà erano diventate più forti. Quando Eliza-beth Monroe era morta all'improvviso, Allie aveva dieci anni, e guariva facilmente l'influenza e i banali raffreddori. A quindici anni riusciva ad aggiustare le fratture. A sedici era in grado di aiutare una persona anziana affetta da una grave forma di polmonite. A diciotto, aveva restituito l'uso delle gambe a un ragazzo investito da un'auto. A venti, aveva curato un caso grave di tumore della pelle. Doveva essere prudente e mantenere l'anonimato, al-trimenti avrebbe finito per essere studiata come una cavia. Sua madre le aveva spesso raccomandato di tenere segreti i suoi poteri. Eppure continuò a infondere nella ragazza tutta la sua energia bianca. Le sedette accanto, con il volto rigato di lacrime, sforzandosi di riversare su di lei tutta la luce cura-tiva che le restava. La giovane rimase immobile, gli occhi senza vita; il suo cuore non riprese a battere. Allie strinse forte le palpebre, rifiutandosi di darsi per vinta. Se solo a-vesse potuto resuscitare la ragazza e salvare una delle vit-time innocenti dei demoni! Ma ormai le risultava difficile padroneggiare il suo potere e riuscire a indirizzarlo sull'a-dolescente. Allie si rese conto di essere arrivata al limite: si sentiva svuotata, esausta, e sapeva di non avere altra e-nergia da dare. Tutto iniziò a vorticarle intorno. Chiuse gli occhi, in preda alle vertigini e prossima allo svenimento. Udì delle voci concitate provenienti dal locale, ma era troppo debole perfino per preoccuparsi. Si stavano avvicinando e lei non riusciva a muoversi, non aveva più alcuna difesa. Sondò

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l'aria che aveva intorno con i sensi: non c'era nulla di malvagio. Allora gemette e svenne. Il suo ultimo pensiero fu che ci aveva provato, ma non era riuscita a resuscitare la giovane. Allie si svegliò, sentendosi pesante e intontita. Sollevò le palpebre, che le parevano incollate, e quando provò a muovere le dita, le mani e i piedi, fu contenta che tutto funzionasse nonostante la debolezza generale. Aveva dormito ma non nel suo letto, e aveva pure la nausea. Eb-be un sussulto, rendendosi conto di essere in una stanza di ospedale, collegata a diversi monitor e con una flebo nel braccio. Che diavolo era successo? A un tratto ricordò di aver cercato di riportare alla vita la ragazza morta e di essere svenuta. Qualcuno doveva aver-la trovata e aveva chiamato un'ambulanza. Si tirò su a sedere. Era esausta per lo sforzo compiuto, ma non tanto da non riuscire ad alzarsi e andarsene. Fece una smorfia al pensiero delle domande che le avrebbero rivolto se avesse chiamato l'infermiera. Doveva evitarlo. Staccò il cerotto della fleboclisi e stava sfilando l'ago con estrema delicatezza quando sentì la stanza riempirsi di calore. S'irrigidì, riconoscendo l'energia bianca, e alzò lo sguardo. Soffocò un grido di stupore vedendo sua madre accan-to al letto. Nonostante fosse morta da quindici anni, Allie non aveva mai dimenticato l'eredità che aveva lasciato e la compassione con cui aveva vissuto. E adesso per la prima volta, sua madre era venuta a trovarla dal mondo dei mor-ti. Aveva la pelle chiara e i capelli tanto biondi quanto quelli di Allie erano scuri, e lei non poteva attribuirle un'e-tà precisa. Le sorrideva, ma negli occhi appariva una certa urgenza. È giunto il momento, tesoro. Accetta il tuo destino. Sconvolta, Allie cercò di toccarla, ma sua madre si stava

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già dissolvendo. «Non andartene!» gridò, scendendo dal letto. Ma la madre stava scomparendo, riducendosi a un'om-bra indistinta. Biondo. Le stava ancora parlando! Allie la sentiva anche se la sua voce diventava sempre più debole, quasi impercettibi-le. Era naturale che stesse svanendo: tornare nel mondo dei vivi dopo tutti quegli anni era un'impresa quasi impos-sibile. «Mamma, non andartene! Cosa vuoi dire?» Era sconvolta, eccitata ma anche preoccupata. Se sua madre stava cercando di comunicare con lei, dopo un periodo così lungo di assenza, doveva esserci un motivo molto serio. Fidati... L'immagine della madre era scomparsa, e lei rimase sola nel piccolo spazio delimitato da una tenda. «Di chi mi de-vo fidare? Di te mi fido!» esclamò. Il Maestro biondo. Allie s'irrigidì, confusa e incerta sul significato di quelle parole, finché nella sua mente non si formò un'immagine perfettamente nitida. Uno degli uomini più belli e virili che avesse mai visto le invase la mente. Allie vide un vero fusto dalla pelle bru-nita e i capelli spettinati biondo dorato schiariti dal sole, ed era nudo e a quanto pareva incredibilmente dotato. Il suo interesse aumentò. Era una montagna di muscoli, con pettorali e addominali perfettamente scolpiti. Sembrava il mitologico Ercole. Il volto dai lineamenti regolari aveva u-n'espressione limpida e dura, con penetranti occhi di un argento vivo. Sembrava un cavaliere di un'altra epoca. In effetti, riu-sciva a immaginarselo con una spada in mano. Ma nello stesso tempo, pareva pronto per una serata in discoteca. Deglutì, senza fiato.

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Che cosa le stava succedendo? Aveva visioni della ma-dre morta e coltivava fantasie sul genere di uomo che non aveva mai incontrato se non, forse, nei romanzi d'amore. Ma la sua espressione non avrebbe potuto inventarla, ne-anche tra un milione di anni. Che cosa significava? Era importante? Doveva sbrigarsi a uscire dall'ospedale prima che qualcuno le facesse delle domande. «Allie?» Allie si irrigidì mentre una delle sue migliori amiche ap-parve da dietro la tenda. Brianna Rose era identica all'at-trice Jennifer Garner, ma era quasi impossibile accorgerse-ne, perché indossava abiti informi e occhiali dalla pesante montatura nera e portava i capelli severamente tirati indie-tro. Era la persona più timida che Allie conoscesse e anche la più intelligente, un vero genio in fatto di tecnologia. «Perché sei andata a pattugliare da sola?» le sussurrò Brie, con i graziosi occhi verdi ben visibili dietro i seri oc-chiali che contribuivano a renderla goffa e poco sexy. «Ho sentito cos'è successo!» «Sto bene» le assicurò Allie. Brie aveva la Vista ed era quindi naturale che fosse accorsa al capezzale di Allie do-po che era stata tanto male. «Non sei in ritardo per il lavo-ro?» «Sono le sei del mattino» rispose Brie. «Ti hanno rico-verata alle tre. Sono stata all'università tutta la notte per-ché ero impegnatissima con un caso, altrimenti l'avrei sa-puto prima. Sam e Tabby sono qui fuori. Andiamo. U-sciamo da qui prima che il CAD lo venga a sapere.» Allie le prese le mani. «Brie, ho appena visto mia ma-dre.» Brianna ebbe un attimo di esitazione. «Parleremo dopo» le rispose, dopo una pausa significativa. Allie si guardò allo specchio con aria critica. Suo padre aveva organizzato una raccolta di fondi per la sua carriera

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politica e lei doveva sbrigarsi a raggiungere gli invitati. Il fondotinta le permise di nascondere i segni scuri che le cerchiavano gli occhi. Anche se stava meglio, non si era ancora ripresa del tutto. Sapeva di essersi spinta troppo in là nel cercare di riportare in vita la ragazza morta. L'abito di chiffon azzurro mare le fasciava il corpo in modo sensuale, e metteva in risalto la carnagione olivastra e gli occhi scuri. Allie usò una dose generosa di ombretto verde-azzurro, eye-liner scuro e stese un velo di gloss tra-sparente sulle labbra. Considerando che quella mattina si era svegliata in ospedale, non era niente male. «Alison Monroe, sei in ritardo!» Tabby, un'altra delle sue migliori amiche, entrò nella stanza; era splendida nel-l'abito da sera color bronzo. Aveva divorziato da poco e Allie sapeva che quel sorriso era solo di facciata: il marito l'aveva lasciata per una donna più giovane, spezzandole il cuore. «Sei uno schianto.» «Grazie. Mi sento quasi carina» replicò Tabby chiuden-do la porta. Tabby era di altezza media, snella e bionda; quando non faceva incantesimi e non usava la veggenza per sconfiggere il male, si dedicava allo yoga. Era inse-gnante elementare e il suo ex era uno squalo di Wall Street. La sua era stata la storia di Cenerentola, o così ave-vano creduto entrambi. «Ti avverto, Brian vuole sapere perché te ne sei andata ieri sera.» Allie fece una smorfia. «Allora mi sono fatta beccare.» «Non è la prima volta» ribatté Tabby con dolcezza. «Detesto il fatto che tu esca da sola a pattugliare! Potresti farti male! Anzi, ti sei fatta male. Grazie al cielo, Brie se n'è accorta, così abbiamo impedito che cadessi nelle grin-fie della polizia.» Tabby aveva smesso di sorridere. Lei, Sam e Brianna conoscevano il suo segreto: sapevano che aveva poteri di guarigione fin da bambine, quando erano diventate ami-

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che. Ma anche Allie conosceva i loro segreti. Come tutte le donne Rose, le tre giovani avevano anch'esse dei doni particolari, che usavano per combattere il male. Tabby e Sam erano sorelle, e Brie era loro cugina. Quast'ultima la-vorava al CAD, ma nessuno conosceva la sua capacità di prevedere il futuro, e in generale mantenevano tutte un basso profilo. «Eccone un altro che si fa scaricare» com-mentò Tabby. Allie distolse lo sguardo. Brian aveva cominciato a com-portarsi come se fosse davvero molto interessato a lei e questo non era un buon segno. Aveva sempre avuto tanti uomini che le gironzolavano attorno, eppure non si era mai innamorata davvero. Aveva venticinque anni e non si era mai presa una cotta, neanche al liceo. E poi si faceva sempre beccare quando usciva in piena notte, ed era diffi-cile trovare scuse plausibili. Quel comportamento segnava inevitabilmente la fine di ogni relazione. D'altronde Allie sapeva che l'amore avrebbe probabilmente interferito con il suo destino di Guaritrice. «Sono così stanca di mentire e di nascondere la mia ve-ra natura» dichiarò Allie sedendosi sul letto. «Ma natural-mente gli dirò che me ne sono andata perché mi hai chiamato in piena depressione e mi sono dovuta precipita-re subito da te.» «Almeno non sei innamorata» replicò Tabby pensando al proprio cuore spezzato. Prima che Allie potesse rispondere, Sam entrò senza bussare. Se Tabby era una donna elegantissima e molto femminile, Sam portava i capelli biondi tagliati molto corti e preferiva i jeans strappati e gli stivali da motociclista. Per l'occasione indossava un abitino nero minuscolo, quasi indecente, che rivelava un fisico da insegnante di ginna-stica; il trucco consisteva in una dose generosa di ombret-to nero e niente rossetto. Era bellissima, e neanche con quel look aggressivo da star dell'heavy metal riusciva a na-

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sconderlo. «Ho sentito quello che stavate dicendo. Alcune di noi sono donne emancipate che hanno bisogno degli uomini per una sola cosa.» Strizzò l'occhio ad Allie. Sam la capiva da sempre. Era una vera dura, con quella durezza che nasce da una vicenda tragica vissuta da gio-vane e mai superata del tutto. A differenza di sua sorella, non era per niente romantica. Allie la conosceva bene. Aveva la sua missione, dare la caccia ai demoni, e non a-vrebbe mai permesso all'amore di intralciarla. «Vorrei tanto essere come te e Sam» dichiarò Tabby se-rissima. «Vorrei uscire con degli uomini, divertirmi e, do-po, essere ancora tutta d'un pezzo.» «Non puoi cambiare» osservò Allie. «Sei perfetta come sei.» Non intendeva confessare che a volte si chiedeva come fosse l'amore e che era stanca di essere così danna-tamente sola. Tabby sbuffò in modo poco elegante. «Be', ho giurato di rinunciare per sempre agli uomini, quindi questo sarà il nostro segreto.» Allie sentenziò: «Incontrerai qualcuno che sarà perfetto per te come tu lo sarai per lui». Sorrise e si avvicinò allo specchio, fingendo di ritoccare il maquillage. Non le an-dava proprio di parlare ancora d'amore. Tabby aggiunse a bassa voce: «Ehi, dimentichi che so-no telepatica?». Allie guardò il riflesso di Tabby nello specchio. Non a-vrebbe rinunciato al suo dono per niente al mondo, ma la sua era un'esistenza difficile e solitaria. Non sapeva come se la sarebbe cavata senza delle amiche così fantastiche. «La mia vita consiste nell'aiutare gli altri, non ho tempo di innamorarmi. Non ho mai amato nessuno e dubito che succederà» dichiarò risoluta. «È ora di andare, signore» disse Sam. Allie non si mosse. «C'è speranza che Brie si faccia ve-dere?»

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Sam le lanciò un'occhiata incredula. «Brie non verrebbe a una festa neanche se fosse questione di vita o di morte. Se non lavora, ti assicuro che è a casa, da sola, con un bicchiere di vino, immersa nei suoi documenti segretissimi dell'UCS.» L'UCS era l'Unità Crimini Storici del CAD. «Devo chie-derle un favore» spiegò Allie. Tabby la fissò, leggendole nel pensiero. Allie aveva menzionato la visita di sua madre quel mattino nel fuori-strada di Sam, tornando a casa dall'ospedale di South Hampton. Ripensò in quel momento alle strane parole di sua madre e a quella specie di guerriero abbronzato. Il suo ricordo suscitò in lei un'ondata di desiderio. «Devo scopri-re cosa voleva dirmi.» Sam ridacchiò. «No, vuoi semplicemente sapere se nel tuo futuro c'è uno stallone biondo. Ti posso capire, anche se li preferisco bruni.» Allie non poté evitare di sorridere. «Ehi, amica, lui è mio.» Sam alzò le spalle. Ma Tabby parlava sul serio. «Quante volte avresti volu-to al tuo fianco un guerriero per aiutarti a guarire le vitti-me? Ricordo che hai usato proprio questa parola, guerrie-ro. Ho l'impressione che tua madre te ne stia mandando uno.» Aveva gli occhi che le brillavano per l'entusiasmo. Allie avvertì un'accelerazione delle pulsazioni cardia-che. «Forse mi manda un agente del CAD.» «Quelli sono tutti ex-agenti speciali. Non sarebbe male» commentò Sam. «Non sono certo all'altezza di Brie, ma volete che prenda le carte?» intervenne Tabby. Di colpo Allie si sentì nervosa. Tabby era brava con i tarocchi, anche se non aveva l'incredibile Vista della cugi-na. «Usa le mie.» Un attimo dopo Tabby aveva posato sul tavolo sette

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carte. Allie conosceva i tarocchi e, sebbene non li sapesse leggere come l'amica, riconobbe subito il Cavaliere di Spade. «È lui?» chiese con un filo di voce. Avvertì un bri-vido dietro la nuca alla vista di quel cavaliere in groppa a un destriero bianco, con la spada in mano. Tabby levò lo sguardo. «No. È lui» precisò indicando l'Imperatore, che compariva rovesciato. Allie sgranò gli occhi. «Ne sei sicura?» «Queste carte parlano di lui, Allie. Ecco il Destino.» Lo indicò col dito. «Alcune di queste carte appartengono agli Arcani Maggiori.» Allie rabbrividì. «Ho visto.» «Verrà qualcuno dal passato, ma non dal tuo. C'è u-n'altra donna, a cui è stato fatto del male. L'uomo è più vecchio, ha una grande autorità. È dotato di forza e di fe-de, la sua missione è la Giustizia.» Dopo una breve esita-zione aggiunse: «Allie, quest'uomo è benedetto». Ad Allie sfuggì un sospiro. Le risultava difficile credere che il suo guerriero biondo fosse un uomo anziano. «L'al-tra donna è forse mia madre? Sta male?» Forse era rimasta intrappolata tra due mondi. Sapeva che era possibile e questo avrebbe spiegato quella strana visita. «Non so chi sia l'altra donna, ma, proprio come il Ca-valiere di Spade, è un ponte fra te e quest'uomo. È molto importante per entrambi. È rappresentata dalla Regina di Coppe. Allie, la tua vita sta per essere completamente sconvolta.» Tabby indicò la carta che raffigurava la Torre colpita dal fulmine mentre i suoi occupanti si gettavano di sotto. Era vicina alla carta della Morte. Tutte le interpretazioni sostenevano che la carta della Morte non simboleggiava davvero la fine della vita. La maggior parte dei cartomanti rifiutava di vedervi la morte fisica, ma non Tabby. Nel suo mondo, la carta della Morte aveva proprio quel significato, se interpretata correttamen-te rispetto alle altre. «Morirà qualcuno?» Allie non era par-

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ticolarmente turbata: degli innocenti morivano ogni gior-no. La morte faceva parte della vita. «Sì, muore qualcuno» confermò Tabby sottovoce, con aria seria. Poi mostrò il Sole, sotto la Morte. «Ma dalle ce-neri nascerà un nuovo giorno.» Si guardarono negli occhi. Brianna entrò nella stanza con addosso una tuta nera informe. Allie sobbalzò. Brianna si avvicinò alle ragazze e fissò l'Imperatore ro-vesciato. «È qui.» Era mezzanotte quando Allie uscì sulla terrazza lastrica-ta accanto alla piscina. Ne aveva abbastanza della raccolta di fondi. La politica la lasciava indifferente, a parte quando i politici commettevano degli errori e il comune cittadino ne pagava le conseguenze. Attraversò il prato, lasciandosi alle spalle la piscina e gli invitati del padre, e si mise a pensare a sua madre, al guer-riero biondo e all'incredibile annuncio di Brie. Si fermò vi-cino allo steccato ad ammirare i purosangue che brucava-no l'erba sotto la luna. Era davvero lì il suo guerriero bion-do? Sua madre le avrebbe inviato sul serio qualcuno per aiutarla a curare chi soffriva? Allie fece un sorriso mesto. Il giorno della sua morte, come se avesse saputo che se ne sarebbe andata, Eliza-beth Monroe aveva chiesto a sua figlia di giurare di tenere segreti i suoi poteri e di servire la religione antica alla cui conoscenza era stata avviata dalla madre fin da piccola. Aveva promesso di non voltare mai le spalle a una creatu-ra che soffriva, piccola o grande che fosse, uomo o anima-le, purché fosse Innocente. Suo padre non si era mai ripreso dalla morte della mo-glie. Era a capo di un'azienda molto importante, diversis-simo da Elizabeth, forse proprio per questo motivo l'aveva

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amata tanto. A differenza del suo amico Trump, pagava per assicurarsi che il suo nome, e quello di Allie e del fra-tellastro, non apparissero sui giornali. William Monroe non si era risposato, anche se usciva con delle modelle. Allie adorava quel suo padre così potente, ma non lo capiva. Aveva imparato molto tempo prima a non mo-strargli il proprio lato spirituale, proprio come aveva fatto la moglie quando era viva. Lui non aveva la più pallida i-dea che sua figlia fosse una Guaritrice. Si aspettava che presiedesse qualche opera caritativa e che sposasse Brian o qualcuno come lui. Ad Allie non dispiaceva far parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Elizabeth, che distribuiva enormi somme di denaro ad associazioni filantropiche sotto la sua direzione. Era riuscita a malapena a finire il liceo e, anche se quella di Guaritrice sarebbe po-tuta diventare un'attività a tempo pieno, lei non osava u-scire allo scoperto. Era l'ereditiera Monroe e i media la marcavano stretta. Doveva stare attenta, sempre. Doveva fingere di sentirsi a suo agio in quella vita quando le uniche persone con cui era se stessa erano Sam, Tabby e Brie, e i mostri malvagi che volevano ucci-derle tutte. Avvertì la presenza di Brian prima che lui la chiamasse. Accantonò i pensieri tristi. Brian si avvicinò e lei gli sor-rise, sperando che Tabby facesse su di lui un incantesimo d'amore al più presto. L'avrebbe fatto soffrire, e questo andava contro la sua natura. Purtroppo, però, le sue pul-sioni sessuali erano troppo intense perché potesse evitare gli uomini e praticare l'astinenza. «Ciao! Tutto bene? Ieri sera mi hai mollato di punto in bianco, e stasera sei silenziosa. Tu non stai mai zitta di solito.» Allie esitò. «Ho mal di testa. Sei ancora arrabbiato per ieri sera?» «Sei scappata via, Allie» replicò con voce pacata ma

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con un inconfondibile tono accusatorio. «Non riuscivo a dormire, così sono andata a fare un gi-ro in macchina.» In fondo, si disse, era in parte la verità. La scrutò in cerca di qualcosa. «Sei una donna incre-dibile, Allie.» Esitò. «Non funziona, vero?» Lo sa, pensò Allie, triste ma sollevata. Gli toccò un braccio. «Sono una frana nelle relazioni, Brian. Non dura-no mai. Non dipende da te. È colpa mia. Non sono come le altre donne. Non mi sono mai innamorata.» Brian scosse il capo. «Questo ti rende ancora più desi-derabile.» Era arrivato il momento di annunciargli che era finita, pensò. Ma di colpo lei s'immobilizzò. Un'energia enorme si era raccolta intorno a loro, bruciante e maschile. Allie ne fu quasi stordita: non aveva mai avvertito una forza del genere in tutta la sua vita. Non era un'energia nera; era pura e bianca, ma carica di testosterone. Era ag-gressiva. Sbalordita, cercò di spingere lo sguardo oltre il pascolo e i cavalli, nella notte. Era un'energia sacra. Apparteneva ai suoi dei. Tabby le aveva detto che quel guerriero aveva la fede, che era benedetto. Un'eccitazione incontenibile s'impossessò di lei. Fu allora che scorse la sua aura. Arancione e porpora, intensa e luminosa. E finalmente lo vide. Il mondo intorno a loro svanì. Brian era scomparso, e così pure i cavalli. C'erano solo loro due nella notte. Aveva trovato il suo guerriero biondo. Era identico a come le era apparso, solo che non era nudo. Portava una tunica chiara e degli stivali che gli la-sciavano scoperte le cosce. Aveva due spade ai fianchi e un grande kilt di tartan fermato da una fibbia sulla spalla. Era un Highlander. Pareva uscito direttamente dal film Braveheart. Le puntò gli occhi addosso e si avvicinò.

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In realtà, per raggiungerla era uscito dal tempo, pensò Allie. Rabbrividì e il cuore prese a batterle all'impazzata tanto che temette di essere sul punto di svenire. Emanava un'energia irresistibile. Inondato dalla luce lunare, era an-cora più bello di come le era apparso in sogno. Non riu-sciva a distogliere gli occhi dai suoi. «Quel tipo è un pazzo. Andiamocene» dichiarò Brian afferrandola per un braccio. Ma lo sguardo dell'uomo non la lasciava e Allie non sentì neppure la stretta di Brian. Un feroce desiderio le at-tanagliò invece le viscere. Il guerriero sbarrò gli occhi gri-gio argento come se anche lui fosse rimasto colpito dalla sua visione. Poi la sua espressione s'indurì. «Lady Ailios» la chiamò, usando un'antica versione gaelica del suo nome e rivelan-do un pesante accento scozzese. «Non temere, mi ha mandato MacNeil. Il momento è giunto.» Quelle parole le procurarono un intenso senso di calore e lei capì che stava tentando di incantarla. Ma non le im-portava, anzi gli sorrise. «D'accordo.» Lui strinse gli occhi insospettito. «Non ho paura di te» gli sussurrò e d'un tratto sentì le tenebre arrivare. Si bloccò all'istante, e anche lui s'irrigidì dopo essersi guardato alle spalle. Una nube coprì la luna tingendola di rosso sangue. «Ailios, entra in casa con il tuo uomo.» Mentre parlava, vide la sua aura emettere una luce più intensa, rosso e oro. Era determinazione pura, esplosiva e bruciante; era l'aura di un guerriero che si preparava alla battaglia. Ma Allie non intendeva andare da nessuna parte. «Stai scherzando?» D'altra parte doveva pensare a Brian. Se fos-se rimasto, sarebbe stato in pericolo. Si voltò verso di lui e gli sorrise. «Conosco quel tipo, era al liceo con me. Sì, è strano ma innocuo.» Lei stessa non riusciva a credere di avere sparato una bugia così grossa. «So che dobbiamo

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finire la nostra conversazione. Ora mi faccio dare il suo numero e io e te ci ritroviamo in camera mia. Porta una bottiglia di champagne» aggiunse con un altro sorriso. Brian sgranò gli occhi. «Non mi piace per niente lasciar-ti con lui, Allie. Dobbiamo parlare.» Allie voleva che se ne andasse subito, era così impa-ziente da mettersi a saltare. «Di sicuro, sta andando a una festa in costume.» Brian la fissava perplesso. «Va' nella sua stanza e portala con te. Adesso» gli or-dinò Mister Schianto. L'aria si raffreddò di colpo. «Allie, andiamo.» Brian le prese un braccio, vittima del-l'incantesimo dello scozzese. Lei cercò di liberarsi senza successo: era troppo minuta per farcela. «Non intendo andarmene» dichiarò al guerriero biondo, guardandolo negli occhi. «Combatterò anch'io. Ti aiuterò.» Lui la fissò incredulo. «Vorresti combattere?» Ombre nere riempirono lo spazio tra loro. E il freddo divenne polare. Il guerriero l'afferrò e la spinse dietro di sé, per farle scudo con il proprio corpo. I demoni, tutti biondi e perfet-ti, si materializzarono. Rappresentavano la più alta mani-festazione del potere diabolico. Allie estrasse uno stiletto dalla giarrettiera mentre un demone venne scagliato lonta-no dall'energia dell'Highlander. Lei riuscì a passare davanti al guerriero, ma l'energia sprigionata dagli esseri malefici era tale che Brian e lei vennero scaraventati a terra. Per un attimo un dolore lancinante alla schiena l'intontì, poi si riprese e, alzando lo sguardo, vide il guerriero biondo con la spada sguainata. Stava affrontando due demoni con-temporaneamente. Poi ne rimase solo uno. Allie si alzò. Il suo guerriero era una sorta di supereroe, proprio quello che serviva al mondo. Avrebbe voluto met-

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tersi a saltare per la gioia, ma vide Brian a faccia in giù nel-l'erba. L'ultimo demone rimasto era alto e muscoloso quasi quanto l'Highlander, ma indossava una lunga tunica scura, come quella di un monaco. Allie era certa che an-che lui venisse da un'epoca passata. «Ruari Dubh, ciamar a tha thu?» Black Royce, come stai?, lo sentì chiedere. Allie si avvicinò strisciando con il coltello in mano. Ca-piva le parole gaeliche del demone, anche se la sua sola esperienza con quella lingua era la traduzione delle pre-ghiere che la madre le aveva lasciato in eredità. Brian non era morto, ma aveva delle lesioni interne e rischiava la vi-ta. Una collera profonda s'impadronì di lei. Non avrebbe lasciato morire anche lui. Il demone la fissò. «Hallo, a Ailios. Latha math dhulbh.» «Fottiti» gridò Allie, e spiccò un salto oltre il guerriero nel tentativo di pugnalare il demone in un occhio. Non era la prima volta che ne accecava uno, almeno parzial-mente. Ma lo scozzese l'afferrò per un braccio e la strinse in un abbraccio poderoso, mentre lei continuava a dibattersi sel-vaggiamente. Voleva assolutamente uccidere il demone. «Ferma» le urlò. «O vuoi morire?» Il demone biondo le rise in faccia. «Latha math an-drasda.» Dopodiché svanì. Allie smise di lottare e cominciò invece a tremare. Ad-dio, per ora. Che cosa significava? Nonostante la preoccupazione per le condizioni di Brian, il suo corpo non rimase indifferente alle braccia mu-scolose e forti che la circondavano. «Devo andare ad aiu-tare Brian» gli disse con voce arrochita. La lasciò. Quando incrociò il suo sguardo ardente, ogni fibra del suo essere si infiammò. Lui lo intuì. Un sorriso appena abbozzato gli curvò le labbra.

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Allie corse da Brian e gli si inginocchiò accanto, inon-dandolo di luce bianca. Pur essendo concentrata su di lui, percepì la presenza del guerriero alle sue spalle. Capì all'i-stante che faceva la guardia in modo che lei potesse guari-re l'uomo steso a terra. Il cuore le batteva forsennato. Alla fine di quella nottata, avrebbe ringraziato tutti gli dei per aver risposto alle sue preghiere. «Lo puoi curare?» Deglutì. «Ci proverò, anche se dovesse costarmi la vi-ta.» Le pulsavano le tempie per lo sforzo sovrumano. Tra-smettere la sua energia a Brian era come strapparsi i denti, a uno a uno. Il guerriero non rimase in silenzio a lungo. «Ti senti ma-le?» Ormai senza fiato, si concesse una pausa. «La notte scorsa sono stata male.» Lo guardò. La notizia non sembrò rallegrarlo. Lei inspirò profondamente e tornò a concentrarsi su Brian, inondandolo di luce, finché la vita del giovane ri-prese a pulsare con sempre maggiore forza. Fu colta da un'ondata di vertigini. Aveva l'impressione che la terra le oscillasse sotto i piedi e si sentiva senza forze. Il guerriero si inginocchiò e abbracciandola da dietro la strinse contro il suo petto. Allie trasalì. Il suo odore era inebriante. Sape-va di maschio, sesso, vigore fisico, della pungente foschia delle Highlands. Il suo corpo e le sue cosce parevano for-giati nell'acciaio. Era un uomo abituato a cavalcare e a cor-rere lungo i dirupi della sua terra. Aprì gli occhi e si spostò per guardarlo in faccia. La not-te era cambiata. Era carica di elettricità. Lei si sentiva debo-le, ma aveva bisogno di lui, e non solo come alleato nella lotta contro il crimine. Oh, no! Anzi, in quel momento, riusciva a pensare solo a lui, e capì che il guerriero stava usando di nuovo i suoi poteri per incantarla. Lui si alzò, allontanandosi da Allie. «Chi sei?» gli sus-

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surrò, sforzandosi di incrociare il suo sguardo. Proprio allora Brian si riscosse e si mise a sedere. «Al-lie?» Era allarmato. «Cos'è successo?» Lei trasalì a disagio. Era stata così assorbita dallo scono-sciuto da scordarsi di lui. L'Highlander fissò Brian. «Va' in casa. Lei l'accompa-gnerò dentro tra poco.» Brian si alzò e se ne andò senza una parola. Allie lo fissò con gli occhi sgranati. «È tutto vero? Sei uno di loro... un guerriero capace di viaggiare nel tempo... con dei superpoteri per difendere l'umanità.» Il guerriero spostò lo sguardo sulla sua bocca, poi sul seno, coperto a malapena dal corpetto dell'abito da sera. «Non lo so» mormorò. Ma gli occhi argentei erano ardenti, e un sorriso arrogante gli danzò sul viso dai lineamenti perfetti. Un'ombra incupì la notte. Allie alzò il viso al cielo al-larmata; la luna era scomparsa di nuovo, coperta da nubi nere. S'irrigidì e diede un'occhiata alla piscina, ma lì le luci erano ancora accese, eppure le tenebre si avvicinavano di nuovo. Incredula, si volse verso il guerriero. Era troppo debole per combattere ancora dei demoni! Si alzò vacil-lando e fu investita da una ventata di aria gelida. Era combattuta tra paura e collera. Quando lui ricambiò il suo sguardo, lei capì che stava per succedere qualcosa di terribile. «Sto bene» mentì. «Dov'è il mio coltello?» Lui scosse il capo e serrò la mascella. «Non puoi com-battere ancora» dichiarò con fermezza. La strinse più forte. «Devi tenermi stretto.» Allie stava per replicare che l'avrebbe fatto con molto piacere, quando furono entrambi proiettati oltre i cavalli e la piscina, nello spazio. Se avesse potuto, avrebbe gridato. Invece annaspava mentre le sembrava che il corpo le ve-nisse dilaniato, esplodendo in brandelli di pelle, capelli e carne.

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