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Serie editoriale:CLINICAL

CASEMANAGEMENT

Aggiornamentoperiodico:

OTONEUROLOGIA 2000Settembre 2002 / n. 11

CoordinamentoScientifico:

Dr. Giorgio GuidettiDipartimento di Patologia

Neuropsicosensorialedell’Università di Modena e

Reggio EmiliaSezione di Clinica

OtorinolaringoiatricaModulo di Vestibologia eRieducazione vestibolare

Policlinico di Modenae-mail:

[email protected]

Coordinamentoeditoriale:

Mediserve

© 2002 MEDISERVEMilano - Firenze - Napoli

OTONEUROLOGIA

La Working Memory e l’orientamento spazialeD. Marchioni, G. Guidetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Un sacculo musicaleA. Messina, A. Carré . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Le alterazioni dell’emostasi nei pazienti affetti da vestibulopatia acuta periferica unilateraleB. Fattori, F. Ursino, F. Matteucci, A. Nacci . . . . . . . . . . . . . . . . 17

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Durante la marcia, il concatenarsi degliatti motori che determinano l’equilibriodinamico necessita di processi cognitivispecifici che integrino le esperienze pas-sate con l’attuale stato dinamico, capacidi generare delle variazioni durante lo svol-gersi del programma motorio istante peristante.Ogni individuo è dotato di un orientamentospazio-temporale che permette al soggettodi posizionarsi in un ambiente e di rela-zionarsi ad esso.L’orientamento spaziale è un processocognitivo che permette di allinearsi o posi-zionarsi in uno spazio tridimensionale, inbase ad una direzione specifica o ad unsistema che prenda come riferimento noistessi (egocentrico) o gli oggetti vicini (eso-centrico o allocentrico).L’orientamento temporale è la capacità divalutare la durata di un lasso di tempo edi situare in esso eventi relativamentebrevi, senza l’ausilio di strumenti partico-lari e senza stimoli che vadano a solleci-tare recettori temporali. Probabilmente,il passaggio temporale fra eventi conse-cutivi potrebbe essere organizzato dallastessa memoria, che determinerebbe ilegami per cui un evento attuale dipendeda uno memorizzato in precedenzaL’orientamento spazio-temporale richiede:(1-7)

1.Un sistema di riferimento.2.Un continuo updating on-line sensoriale

proprio ed esterocettivo. 3.Un network neuronale in grado di imma-

gazzinare gli input sensoriali, di mante-nere on-line gli stimoli immagazzinatiper poi “guidare” in tempi brevi (memo-ria “cache”) il movimento anche in loroassenza (8-10).

4.Un sistema cognitivo che confronti i datiacquisiti con le esperienze passate, ingrado di sviluppare strategie adattativedi orientamento spaziale (11,12) ecreare i programmi motori adatti allasituazione ambientale.

Il sistema cognitivo indispensabile per l’o-rientamento spazio-temporale dovrebbepermettere:– di posizionarsi in uno spazio tridimen-

sionale in base ad una direzione speci-fica o ad un sistema che prenda comeriferimento noi stessi (egocentrico) ogli oggetti vicini (esocentrico o allocen-trico);

– di valutare la durata di un lasso di tempoe di situare in esso eventi relativamentebrevi, anche senza l’ausilio di recettoritemporali, che non esistono in natura.

Probabilmente il rapporto temporale fravari eventi è organizzato dalla stessamemoria, che determina le relazioni trale esperienze vissute.

LA WORKING MEMORY EL’ORIENTAMENTO SPAZIALEDANIELE MARCHIONI, GIORGIO GUIDETTI

Servizio di Vestibologia e Rieducazione vestibolareUniversità degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Azienda Policlinico di ModenaE-mail: [email protected]@policlinico.mo.it

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La working memory (WM) rappresentaun sistema di memorizzazione delle rap-presentazioni cognitive sensoriali, desti-nate a decadere dopo pochi secondi, facil-mente richiamabili all’attenzione e utiliz-zate per la formazione di un programmamotorio a breve termine. La WM assumeinformazioni dall’esterno o da un sistemamnemonico principale, ma non può man-tenere per molto tempo troppe informa-zioni.Il modello di WM di Baddeley (7) (Fig. 1)probabilmente è quello più articolato e pre-vede due sistemi di storage, separati eindipendenti, uno per le informazioni fone-tiche e l’altro per quelle visuo-spaziali. Idue sistemi sono stati denominati rispet-tivamente “phonological loop” e “visuo-spatial sketchpad”.

Se leggiamo o ascoltiamo una lista brevedi parole o numeri, come un numerotelefonico da comporre o una sequenzadi parole da ripetere o scrivere, le infor-mazioni immagazzinate vengono raggrup-pate in un archivio denominato phonolo-gical loop, con una capacità mnemonicalimitata a 7-8 caratteri. Le parole imma-gazzinate nel phonological loop vengonoperse entro pochi secondi se non ripetuteo in qualche modo non richiamate allamemoria. Il phonological loop contienepressappoco quello che è pronunciato in1.5 secondi. Ovviamente, le parole con

molte sillabe saturano (overload) in brevetempo il cassetto mnemonico prima diquelle brevi.Il visuo-spatial sketchpad contiene le infor-mazioni riguardo alla forma degli oggettie alla loro localizzazione. Viene utilizzatoper esempio per compiti quali guidareun’automobile o camminare in una via gre-mita. Le forme degli oggetti immagazzi-nate nel visual-spatial sketchpad possonoessere ruotate e confrontate (funzione diimaginary visuospaziale). Al di sopra di que-sti due sottosistemi cognitivi, esisterebbeuna componente centrale che controlla ecoordina, il “central executive”, ultimo com-ponente della WM secondo Baddeley.La definizione utilizzata da Cowan per laWM è “la collezione di processi mentaliche permettono di mantenere tempora-neamente un’informazione, in manieraaccessibile, al servizio di alcuni compitimentali”.La conferma dell’esistenza di quest’arti-colato sistema di memorizzazione è statoverificato attraverso evidenze psiconeu-rologiche che dimostrano l’attivazione disistemi neuroanatomici e funzionali diversi,durante l’esecuzione di alcuni test speci-fici sulle caratteristiche degli oggetti, qualila forma e il colore, e sulle proprietà spa-ziali (la localizzazione e la velocità).Durante il movimento nello spazio, i mam-miferi aggiornano la loro posizione infor-mandosi su un punto di riferimento(sistema egocentrico), per esempio il loropunto di partenza, attraverso l’elabora-zione di dati sensoriali acquisiti, feedbackpropriocettivi e comandi motori memoriz-zati generati durante la locomozione. Ilsistema di integrazione permette di ritor-nare al punto di partenza o familiarequando i punti di riferimento esterni sonoassenti o nuovi. Senza l’utilizzo dei punti diriferimento esterni, i processi di integra-zione portano ad un rapido accumulo dierrori che compromettono sia la direzioneche la distanza della meta.Il SNC ha acquisito la capacità di ignorarealcune informazioni dai sistemi sensoriali

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Articulary loop

Centralexecutive

Visuo-spatial Sketchpad

Fig. 1 – Il modello di WM secondo Baddeley.

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per permettere un movimento efficace esicuro; ad esempio, l’addestramento deipiloti di caccia permette di mantenere unvolo livellato anche in assenza di buoni rife-rimenti visivi, dopo manovre che compor-tano stimolazioni sensoriali discordanti.Gli studi sui soggetti cerebrolesi hannomostrato che i danni della corteccia parie-tale comportano disturbi della percezionespaziale e del comportamento motorio, eche i deficit dell’orientamento spaziale sonopiù frequenti, gravi e duraturi dopo lesioni(patologiche o chirurgiche) che interes-sano l’emisfero destro rispetto al sinistro,senza escludere la possibilità che pazienticon danni emisferici sinistri possano averegli stessi disturbi (13).Tecniche di neuroimaging, quali la func-tional RMN (fRMN) e la PET (Fig. 2) asso-

ciate a test neuropsicologici, hanno dimo-strato che i processi cognitivi spazio-tem-porali nel loro insieme possono attivarenumerose aree corticali, la corteccia cere-brale fronto-parieto-occipito-temporale, ealcune regioni subcorticali (14-25).I criteri per determinare se un’area cere-brale sia specializzata nella spatial WM(SWM) sono (26):1.L’area di attivazione deve mostrare un’in-

tensa attività durante attività specifichedi SWM.

2.L’attività deve essere correlata alla solaWM spaziale, e non ad altri tipi.

3.L’attivazione non deve essere correla-bile alla preparazione della rispostamotoria.

4.L’area deve essere distinta dalla Fron-tal Eye Field.

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Fig. 2 – Aree cerebrali stimolate dai processi cognitivi spazio-temporali durante tecniche dineuroimaging (PET).

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La corteccia parietale e l’ippocampo sonointeressati in particolare negli aspetti dina-mici della memoria spaziale, la “topokineticmemory” (27,28), e quella parietale poste-riore è fondamentale per il controllo dei com-portamenti visuo-guidati, mentre un flussoneurale dalla corteccia visiva al lobo tem-porale controlla le azioni eseguite in assenzadi visione (16).Il solco intraparietale destro pare avere unruolo importante nell’analisi visuo-spazialedegli oggetti (23). Inoltre, se la cortecciaparietale postero-superiore è interessatasolo per i processi di attenzione spaziali, ilsolco intraparietale lo è anche per i processinon spaziali (6,19,25).La rappresentazione spaziale neurale nellobulo parietale inferiore sembrerebbe ser-vire da matrice non solo per i processi visuo-motori coinvolti nel raggiungere un oggetto,ma anche per l’esplorazione spaziale e perl’orientamento nello spazio (22).Sembrerebbe poi che la corteccia prefron-tale (prefrontal cortex: PFC) sia il substratodi molte funzioni cognitive superiori quali laWM (26), la programmazione e la capacitàdi risolvere dei compiti in situazioni nuove. Lamaggior parte degli studi funzionali di neu-roimaging sulla WM nell’uomo si sono foca-lizzate sull’area 46 di Brodmann (BA 46) (26).Le aree frontali che sono attivate dall’at-tività della WM sono la 6 (29-32) e le areesuperiori 6 e 8 (33-36).Secondo alcuni autori, in base agli studidi neuropsicologia e di neuroimaging, laWM visuo-spaziale pare attivare soprat-tutto la corteccia prefrontale dorso-late-rale (DLPFC) (37); secondo altri, la PFCventrolaterale (VLPFC) è importante perl’immagazzinamento on line delle infor-mazioni nella WM, mentre la PFC dorso-laterale è reclutata per facilitare la mani-polazione di queste informazioni (38-40).Numerosi studi, in pazienti affetti da lesionifocali in regione frontale, hanno confer-mato l’evidenza che la PFC gioca un ruolonella programmazione motoria.Alcuni studi hanno confermato l’attività alivello della corteccia prefrontale, parie-

tale posteriore e cingolato anteriore nellaWM spaziale anche nei bambini (17).Lo studio dei fenomeni legati alla WM èancora oggi agli albori, ma a nostro pareredi fondamentale importanza per appren-dere e completare l’analisi dei pazienti condisturbi dell’equilibrio, in quanto questi pro-cessi cognitivi giocano un ruolo fonda-mentale nella programmazione motoria enella strategia dell’equilibrio dinamico.

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Le moderne acquisizioni dell’otoneurolo-gia sono destinate ad incidere anche suiprogrammi d’intervento riabilitativo, psi-comotorio e logopedico del bambino consordità preverbale e gettano le basi peruna innovativa metodica audiologica: l’au-diometria musicale.Tali studi hanno il fine di evitare che que-sti bambini presentino disturbi nel versanteprosodico del linguaggio (nel ritmo delladizione a volte lento a volte rapido, nelritmo dell’eloquio che può essere modifi-cato dalla disposizione delle pause, dallascarsa intonazione e nella cattiva riparti-zione degli accenti) e dimostrano l’utilità,in fase diagnostica e riabilitava, a com-pletamento del programma audio-prote-sico-logopedico “classico”, del coinvolgi-mento dell’area ritmico-musicale e, oveoccorra, degli esercizi di riabilitazioneposturale.Per comprendere al meglio sarà neces-sario, in premessa, differenziare la “capa-cità uditiva” dalla “funzione uditiva”.L’audiometria tonale liminare, usata oggiquale test clinico per documentare le sor-dità, si è dimostrata essere uno strumentosensibile, specifico e di basso costo mapresenta un limite in quanto, impiegandoper la stimolazione toni puri che, ad ecce-zione degli “echi cocleari”, non sono pre-senti in natura, misura esclusivamente la

risposta dell’apparato sensoriale alla pres-sione sonora: capacità uditiva.Per questo motivo l’esame audiometriconon si è dimostrato efficace nell’indicarele possibilità comunicative verbali del bam-bino sordo ed è frequente che bambini, aparità di perdita uditiva in dB, di protesiapplicata e di approccio logopedico, rispon-dano con risultati diversi alla terapia logo-pedica (Gitti).Per valutare la prognosi logopedicasarebbe più idoneo l’uso di test audiome-trici in grado di valutare non la capacitàma la funzione uditiva. O. Schindler ritieneche, per determinare la funzione uditiva,l’esame dovrebbe prevedere l’analisi, oltreche della capacità uditiva con toni puri, dialtre attività neurologiche connesse all’e-vento sonoro: la coordinazione uditivo-motoria, la separazione figura-sfondo, lacostanza timbrica, la separazione silenzio-sonorità, la discriminazione suono-rumore,la distinzione tra fenomeni periodici e ape-riodici, la discriminazione tra la sonoritàcontinua e impulsiva, la discriminazionetra sonorità continue e periodicamenteinterrotte, la percezione della dinamicamelodica e infine la percezione della dina-mica prosodica (Fig. 1 e 2).Lo studio della funzione uditiva è pertantopreliminarmente condizionato dall’analisidella “coordinazione uditivo-motoria”, cioè

UN SACCULO MUSICALEALDO MESSINA*, ALAIN CARRÉ**

* Responsabile Ambulatorio Otoneurologia – Cattedra di Audiologica A.U. Policlinico, PalermoE-mail: [email protected]

** Docente di Psicologia dell’Ascolto, Università Parigi 5, France Psicopedagogista, musicista, Chambery, FranceE-mail: [email protected]

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delle reazioni motorie del nostro corpo allastimolazione sonora. Dover valutare la correlazione tra suonoe movimento rimette subito in gioco, nellapercezione acustica, il sistema dell’equili-brio, non essendo possibile ipotizzare unmovimento coordinato senza la sua “col-laborazione”. A questo punto tornano inmente gli studi di A. Azzi, il quale hadescritto l’orecchio interno, nella sua glo-balità uditiva e vestibolare, come il recet-tore dell’accelerazione e del movimento.Secondo l’ipotesi, le accelerazioni angolariattivano i canali semicircolari; le accele-razioni lineari, se a frequenza infracustica,attivano il sacculo endolinfatico, se a fre-quenza acustica (campo uditivo), attivanola coclea (Fig. 3).A conferma di un’erronea demarcazione(se intesa in senso radicale) tra sensa-zione uditiva e vestibolare, riferiamo glistudi di Y. Cazals. L’autore ha descrittoun’esperienza secondo la quale, dopo la

somministrazione di 450 mg/kg/die diun farmaco ototossico, l’amikacina, ad ungruppo di cavie, queste non presentavanoalcuna patologia vestibolare ma soltantouna sordità confermata dalla quasi totaledistruzione delle cellule cocleari. L’autoreha dimostrato che in questi animali daesperimento le risposte elettrofisiologicheuditive, evocate alla finestra rotonda e allacorteccia uditiva, potevano ancora essereattivate utilizzando uno stimolo acustico di70 dB HL. Lo studio dei potenziali evocati,esaminati nei parametri di latenza, adat-tamento e range frequenziale, ha eviden-ziato, infatti, che si trattava di rispostecompatibili con la normalità. Diversi studisono stati condotti in seguito per com-prendere il motivo per il quale le risposteuditive fossero presenti nonostante l’e-stesa lesione cocleare. Utilizzando meto-diche di distruzione cocleare selettiva,mediante iniezione dalla finestra rotondadi farmaci ototossici, si è giunti alla con-

Fig. 1 – Capacità uditiva. Fig. 2 – Funzione uditiva.

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clusione che la risposta acustica eviden-ziata proveniva dall’organo vestibolare ein particolare dal sacculo. Ricerche in questa direzione erano statecondotte da Bekesi, Blecker, Ashroft e Hal-lpicke. Bocca nel 1953 ha documentatola presenza nei ratti di fibre vestibolari chepenetravano nel nervo cocleare dall’e-spansione modiolare del ganglio vestibo-lare. Per non dimenticare l’effetto Tullio(Fig. 4).Dimostreremo in seguito che anche l’e-sperienza clinica avvalora l’importanza distudiare la coordinazione uditivo-motoriadei sordi preverbali, anche con l’impiegodi test stabilometrici.L’analisi della funzione uditiva, esaurita laprecedente esperienza, deve anche pre-vedere test idonei a valutare la separa-zione figura-sfondo, la costanza timbrica,la separazione silenzio-sonorità, la discri-minazione suono-rumore, la distinzione trafenomeni periodici e aperiodici, la discri-

minazione tra la sonorità continua e impul-siva, la discriminazione tra sonorità con-tinue e periodicamente interrotte, la per-cezione della dinamica melodica e infinela percezione della dinamica prosodica.Tutti parametri che potremmo ottenerese utilizzassimo in audiometria stimoli rap-presentati da toni musicali, pertanto armo-nici.Il timbro è uno dei parametri fondamen-tali dello stimolo sonoro (unitamente allafrequenza e all’intensità), fisicamente iden-tificabile dal numero d’armoniche prodotterispetto alla frequenza fondamentale. Iltimbro, la qualità del suono, fa la differenzatra un violino di Stradivari e quello di scarsovalore. In nessun caso questo parametroè esaminato dall’audiometria tonale limi-nare.Riferendoci all’importanza del timbro nellapercezione uditiva, uno di noi, A. Carré,ha osservato che, proponendo a bambinicon sordità preverbale ad esempio il tono

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Fig. 3 – La doppia colorazione evidenzia la doppia funzione del sacculo: tra udito ed equilibrio.Disegno di C. Cati.

Labirinto cocleareLabirinto vestibolare

UtricoloCsc lat.

Csc post.

Csc sup.

Sacculo Coclea

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“La 4” prodotto da un pianoforte e quelloemesso da violino, pur essendo i due suonidi identica frequenza (La 4), durata, inten-sità (misurata con fonometro), sia nellecondizioni di orecchio nudo che con pro-tesi e cuffie, il bambino talvolta percepiva,addirittura con fastidio, il violino ma nonpercepiva neanche minimamente il suonodel pianoforte. Se ne deve dedurre che ilsolo timbro può modificare la percezionedi un suono, ma soprattutto che ognunodi noi costruisce un proprio modo di “udire”legato anche al timbro ottimale.Si conferma l’ipotesi secondo la quale, pervalutare la funzione uditiva, sarebbe meglioutilizzare le armoniche musicali e non i tonipuri come nell’audiometria tonale liminare(Fig. 5).Va anche detto che, se per misurare lacapacità uditiva è utile che l’esame vengaeseguito in ambiente silente (cabina), que-

sto non è più necessario per la funzioneuditiva, essendo invece in questo caso indi-cato esaminare la separazione figura-sfondo, e quindi la capacità di estrapolareil segnale dal rumore, il silenzio dalla sono-rità.Un primo approccio risolutivo al problemasi deve a P. Guberina e alla sua audiome-tria verbo-tonale. Il messaggio acusticoviene, in questa metodica, filtrato perbande d’ottava, alla ricerca del livello fone-tico meglio impiegato da quel bambino perla percezione. Si cercherà così di identifi-care, singolarmente, nell’ambito dello spet-trogramma sonoro, il tipo di armonicheche giocano il ruolo più importante nellapercezione della parola. Ad esempio, lavocale “i” ha la frequenza fondamentalesui 160 Hz e varie armoniche su altre fre-quenze. Posto che molte di queste, acausa della sordità, non saranno perce-pite, si cercherà di identificare, tra tuttele armoniche della “i”, quelle utilizzate perla decodificazione. Uguale il fine, ma non il mezzo, dell’au-diometria strumentale proposta e bre-vettata da uno di noi (A. Carré). Essa si èavvalsa inizialmente, per evitare alterazionidel timbro sonoro determinate sia dallostrumento sia dallo strumentista, di suoniregistrati su un compact disc (CD). Quasisi trattasse di un’audiometria vocale oveal posto delle parole o frasi veniva propo-sto il suono di uno strumento. Si è peròsubito evidenziata una differenza in fre-quenza tra questi toni e quelli impiegati inaudiometria. Ad esempio, se la nota Si 1del pianoforte è pari a 123,5 Hz, l’audio-metro propone 125 Hz. Analogamente,se il violino emette un Si 5 pari a 1976Hz, l’audiometro utilizza 2000 Hz. Perescludere che fosse questa la causa dellediverse risposte dei soggetti esaminati conl’audiometria strumentale e con la tonale,si è proposta una nuova metodica che siavvalesse di strumenti musicali elettronici,il cui suono potesse pertanto essere“tarato” in analogia alle frequenze audio-metriche. Il test di audiometria strumen-

Fig. 4 – Il silenzio migliora le performancesdell’organo dell’equilibrio (effetto Tullio).

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tale di Alain Carré si avvale di tre serie disuoni diversi, la prima composta da suonidi strumenti musicali a corda e a fiato, laseconda da strumenti musicali a corda ela terza da strumenti musicali a fiato. Ognisuono ha la durata di 10” con un intervallodi 10” tra uno e l’altro. Si è escluso l’im-piego degli strumenti a percussione, perevitare che le risposte fossero determi-nate dall’onda d’urto, e anche perché perquesti strumenti la frequenza e l’intensitànon possono essere standardizzate.Volendosi trasformare quest’esperienzain una metodica audiometrica medico-cli-nica, entrambi gli autori di quest’articolohanno elaborato un progetto per realiz-zare un vero e proprio audiometro musi-cale, chiamato “Armonium”. Sfruttandoparticolari chips, lo strumento è in gradodi produrre sino ad 11 frequenze com-plementari ad una nota. Pertanto l’esa-

minatore, azionando dei cursori, potràvariare non solo l’intensità e la frequenzadel tono, ma anche la quantità delle cor-rispondenti armoniche sino ad un mas-simo di 11. Un display segnalerà a qualestrumento corrisponde, se reale, quellacombinazione armonica (Fig. 6).L’obiettivo è di studiare la capacità del sog-getto di combinare tra loro e di estrapo-lare le armoniche dai rumori di fondo, for-nire un giudizio sull’analisi spazio-tempo-rale, in definitiva, al fine di stabilire il tim-bro ottimale di ogni singolo bambino.Ritorna “a farsi sentire” il sacculo endo-linfatico.M. Pansini e coll. hanno osservato ungruppo di 120 bambini affetti da sorditàpreverbale con una perdita uditiva intornoagli 80 dB per le frequenze da 250 ai4.000 Hz. Questi soggetti furono classi-ficati sulla base del livello di recupero lin-

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Fig. 5 – Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Palermo: “Fanciulle suonatrici”.

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guistico raggiunto, della via di stimolazioneacustica impiegata (aerea, ossea, mista),dello stato di tensione della voce (tesa,lassa, normale), dello spettro vocale (alto,basso, bitonale, normale) e dello spettrodi articolazione (completo, incompleto,insufficiente), dell’intonazione, della rela-zione tra ritmo, movimento e parola (coor-dinata, incoordinata), della quantità di strut-tura musicale acquisita (buona, insuffi-ciente) e infine, dell’abilità ad imitare ilritmo musicale. I bambini sono stati stu-diati e classificati anche per quanto con-cerneva la loro funzionalità vestibolare. Fusubito rilevato che i livelli riabilitativi rag-giunti erano migliori nei bambini sordi chepresentavano una buona funzionalità vesti-bolare. D’altronde sono gli infrasuoni, quasifungessero da pace maker, a permettercila percezione del ritmo sonoro, dell’into-nazione e della melodia e tale sensazione,

si è detto, è mediata dal sacculo endolin-fatico.In conclusione la fase diagnostica dellasordità preverbale non dovrà limitarsi aduna diagnosi audiometrica, ma dovrà pro-porre una seconda fase che, con l’ausiliodell’audiometria musicale e dell’esame oto-neurologico, ci permetta di essere nellecondizioni di personalizzare per ogni bam-bino un iter riabilitativo logopedico coa-diuvato da stimolazioni ritmico-musicalilegate al timbro ottimale individuale edeventualmente, da esercizi posturali. La base organica delle nostre rappresen-tazioni dello spazio e del tempo è condi-zionata dai rapporti esistenti tra l’udito, lesensibilità visiva e tattile, mediati dal labi-rinto posteriore. Grazie alla ricerca oto-neurologia e al coinvolgimento di espertipedagogisti musicali sarà possibile attuareun percorso riabilitativo che dal corpo

Fig. 6 – “Armonium” è in grado di riprodurre sino ad 11 frequenze complementari alla notafondamentale.

11 armoniche

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giunga al movimento, migliori la proprio-cezione e l’equilibrio, stimoli la funzione (enon la capacità) uditiva per giungere, infine,ad un linguaggio ricco di prosodia e per-tanto “musicale”. Parafrasando un noto film di Carlo Ver-done, dovremmo affermare “un sacculobello”.

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cati sintomi neurovegetativi, nistagmospontaneo orizzontale-rotatorio a direzionefissa, assenza di segni di impegnococleare. Il paziente presenta marcataatassia e al test di Romberg si osservalateropulsione verso il lato leso. La visitaneurologica esclude segni di impegno cen-trale e la valutazione vestibolare rileva altest calorico una paresi canalare; l’esameaudiometrico tonale liminare è normale oinvariato rispetto alle fasi che precedonola crisi vertiginosa (1,2).La possibile origine vascolare dell’APV èda correlarsi con le caratteristiche dellavascolarizzazione del labirinto, che è moltopovera di circoli anastomotici e pertantoestremamente sensibile ad eventi trombo-embolici. Il danno vascolare quindi potrebbeessere espressione sia di un deficit dellacircolazione vertebro-basilare sia, inmaniera più selettiva, di un’alterazione delmicrocircolo labirintico, con conseguentelesione ischemica del recettore periferico(1,5,6).Negli ultimi anni sono stati introdotti nellapratica clinica una serie di test ematolo-gici per evidenziare eventuali alterazioniemostatiche presenti in alcuni disordinivascolari sia di pertinenza neurologica,come il TIA o lo Stroke, sia internistica,come l’embolia polmonare o l’infarto delmiocardio (7).

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Introduzione

La vestibolopatia acuta unilaterale perife-rica (Acute Unilateral Peripheral Vestibu-lar dysfunction: APV) è una tra le causepiù frequenti di vertigine acuta a sede peri-ferica. Questa patologia è conosciuta piùcomunemente con il termine di neuronitevestibolare (1).L’etiopatogenesi dell’APV non è ancora bendefinita (2). La causa che più frequente-mente viene considerata è quella virale(adenovirus, citomegalovirus, virus erpe-tico, rosolia, etc.) (3,4). Nei casi in cui idati anamnestici e/o gli esami di labora-torio mirati a rilevare la presenza di anti-corpi anti-virus risultino negativi, si ritieneche un ruolo etiopatogenetico importantepossa essere rivestito da una sofferenzamicrocircolatoria del distretto labirintico,sostenuta da alterazioni dell’emostasi, ingrado di danneggiare le cellule recettorialidelle creste ampollari e/o delle macule(1,5,6). In un numero minore di pazientiè possibile dimostrare un’etiologia trau-matica (trauma cranico) o tossica (cor-relata all’assunzione di farmaci ototossicicome antibiotici aminoglucosidi, anidridesolforosa o monossido di carbonio) (1).Il quadro clinico dell’APV è caratterizzatoda un’intensa vertigine rotatoria oggettivadella durata superiore alle 24 h, con mar-

LE ALTERAZIONI DELL’EMOSTASI NEIPAZIENTI AFFETTI DA VESTIBOLOPATIAACUTA PERIFERICA UNILATERALEBRUNO FATTORI, FRANCESCO URSINO, FABIO MATTEUCCI, ANDREA NACCI

Dipartimento di Neuroscienze, Università di Pisa U.O. Otorinolaringoiatria 3° - Ospedale “S. Chiara”, PisaE-mail: [email protected]

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Allo stesso modo sono utilizzati test ema-tici in grado di individuare condizionitrombo-emboliche acquisite o ereditarieche possono rappresentare un fattorefavorente un maggiore rischio di eventitromboembolici (Fig. 1).Gli esami ematochimici più significativi sonorappresentati dall’esame emocromocito-metrico comprensivo di volume piastrinicomedio e di formula leucocitaria, in quantoun aumento dell’ematocrito, delle piastrine,del numero di leucociti o del valore delvolume piastrinico medio comportano unnetto aumento della viscosità ematica.L’antitrombina III, la proteina C e la pro-teina S, sono proteine normalmente cir-colanti nel plasma e hanno un ruolo di fisio-logici inibitori della coagulazione ematica.È ben dimostrato come soggetti che hannodifetti congeniti o acquisiti di questi anti-coagulanti naturali, così come difetti dellaresistenza alla proteina C attivata (APC

resistance) per un difetto genetico del fat-tore V di Leiden, sono maggiormente pre-disposti a fenomeni tromboembolici (8,9). Il fibrinogeno, molecola finale della cascatadella coagulazione prima della deposizionedella fibrina, è una molecola consideratacome un fattore di rischio primario per lemalattie trombotiche. Negli ultimi decenniè stato dimostrato che elevati livelli di fibri-nogeno aumentano il rischio di eventi trom-botici (10-12). Il D-dimero è il prodotto didegradazione stabile dei legami “cross-linked”della fibrina che aumenta nel sangue sianelle condizioni di ipercoagulabilità, sia neglieventi trombotici acuti (embolia polmonare,trombosi venosa profonda, etc.) (13).La lipoproteina(a), una lipoproteina riccadi colesterolo che contiene apoproteina(a),è considerata un fattore di rischio secon-dario per malattie ischemiche e in parti-colar modo per l’infarto miocardio e cere-brale (stroke) (14).

Fig. 1 – Aggregazione piastrinica e filamenti di fibrina.

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Nel nostro studio abbiamo inoltre valutatoaltri parametri del metabolismo lipidicoquali: colesterolo totale, colesterolo HDL,trigliceridi, apo-A1 e apo-B.Oltre ai parametri sopra indicati, è stataconsiderata anche la concentrazione pla-smatica dell’omocisteina, una proteina cheviene oggi considerata come un fattore dirischio primario per le malattie ischemi-che (per esempio cardiache), più signifi-cativo dell’ipercolesterolemia (12,14).Lo studio della coagulazione ematica èstato completato dai valori del tempo diprotrombina (PT) e del tempo di trombo-plastina parziale attivata (aPTT).Infine abbiamo ricercato la presenza dianticorpi anticardiolipina (ACLA) IgG e IgM.Anche se in letteratura numerosi sono glistudi che valutano questi parametri ema-tici come fattori predittivi di rischio trombo-embolico in ambito neurologico e interni-stico, pressoché assenti sono le ricerchemirate in ambito ORL, a ricercare altera-zioni di questi test nelle patologie ische-miche dell’orecchio interno.In questo studio abbiamo ricercato la pre-senza di alterazioni del sistema emosta-tico, in pazienti giunti presso il nostroDipartimento per APV, mentre il gruppodi controllo era costituito da pazienti affettida Malattia di Menière in fase di riacutiz-zazione della malattia. In questi ultimi ilquadro clinico, caratterizzato da intensavertigine rotatoria per coinvolgimento delsistema vestibolare periferico, è sovrap-ponibile a quello dei pazienti con APV, mail meccanismo patogenetico è ben cono-sciuto ed è rappresentato da un idropeendolinfatico.

Materiali e metodi

Lo studio è stato condotto su 45 pazienti,(21 maschi e 24 femmine) di età compresatra 23 e 72 anni (media 56,2 ± 15,8SD)affetti da APV, giunti consecutivamente allanostra osservazione in fase acuta (com-

parsa dei sintomi da 1 a 6 ore) e ricoveratipresso la III Clinica Otorinolaringoiatrica del-l’Università di Pisa per l’intensità della sin-tomatologia vertiginosa e neurovegetativa.Il quadro clinico era caratterizzato da ver-tigine acuta oggettiva con nausea e/ovomito spontaneo, atteggiamento postu-rale atassico e nistagmo spontaneo oriz-zontale a direzione fissa, persistente. L’o-toscopia era nella norma, non erano pre-senti altri segni o sintomi neurologici.Sono stati esclusi pazienti con un’anam-nesi patologica prossima positiva pertrauma cranico e/o indagini di laborato-rio positive (titolo di anticorpi antivirus) perinfezioni da adenovirus, citomegalovirus,herpes simplex, Epstain-Barr virus, virusinfluenzali e rosolia.Il gruppo di controllo era costituito da 25pazienti (11 maschi e 14 femmine) di etàcompresa tra 22 e 70 anni (media 55.8 ±14,6SD) affetti da Malattia di Menière mono-laterale, già in precedenza diagnosticata inaccordo con i criteri proposti dal Commit-tee on Hearing and Equilibrium Guidelines(1995) (15), in cura presso la nostra Cli-nica e giunti nuovamente alla nostra osser-vazione per crisi di vertigine acuta in atto. Tutti i pazienti venivano sottoposti entrotre giorni dall’insorgenza della sintomato-logia ad esame otoneurologico, com-prendente lo studio del riflesso vestibolo-oculomore (VOR) con sistema Videoni-stagmografico Ulmer‚1.3 e studio delriflesso vestibolo-spinale (VSR) con Postu-rografia statica (S.Ve.P.2.5 Amplifon). Sonostati inoltre eseguiti audiometria tonaleliminare e Potenziali Evocati Uditivi.Veniva effettuata anche visita neurologica,visita oculistica ed esami ematochimici siadi routine, sia mirati a valutare il quadroemostatico dei pazienti (Tab. 1).Non appena le condizioni generali deipazienti lo permettevano, abbiamo ese-guito Eco-Doppler dei vasi cerebro-affe-renti e indagini neuroradiologiche (CT e/oMR encefalo). I pazienti del gruppo di stu-dio e quelli del gruppo di controllo, hannoripetuto l’esame otoneurologico, l’esame

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Tab. 1 - Risultato dei test ematici (media ± SD) nei pazienti con APV e nei pazienticon Malattia di Menière, in fase acuta e al follow-up, e valori normali.

FASE ACUTA FOLLOW-UP

Test ematici APV Malattia APV Malattia Valori di Menière di Menière normali

Fibrinogeno (mg/dl) 338.3±135.9 271.3±69.8 318.8±80.9 313.7±83.9 285±57Lipoproteina (a) (mg/dl) 41.4±38.6 16±18.2 35.7±29.6 16.1±15.9 15.2±13.1D-Dimero (ng/dl) 320±207.8 226.7±138.7 352.1±274.5 222.7±133 120.7±59.2Apo-A1 (mg/dl) 151±43.8 157.2±12.8 159.6±29.4 164.1±18.2 156.3±13.5Apo-B (mg/dl) 111.8±37.5 105.3±35.4 108.9±30.4 101.2±33.0 95±30Colesterolo Totale(mg/dl) 218.5±51.3 211.1±32.3 215.2±33.4 203.9±30.3 190±30Colesterolo HDL(mg/dl) 49.3±15.9 44.2±5.2 49.3±17.5 46.7±7.9 45.2±6.9Trigliceridi (mg/dl) 150±77.6 134.9±44.5 148.4±77.8 128.2±43.5 123±37.2Folati (ng/mL) 5.3±1.8 7.1±2.7 5.1±1.4 6.2±2.2 7.2±2.1Antitrombina III (%) 104±12.1 106±12.6 109±13 103±14.1 104.6±13.4ACP resistance (sec) 133±45.8 136.5±23.7 146.6±38.6 130.5±27.4 130±25ACP/apt 4.4±1.5 4.6±1.1 4.8±1.4 4.2±1.3 4.3±1.2PT (ratio) 0.85±0.22 0.93±0.08 0.9±0.15 0.96±0.09 1.02±0.07APTT (sec) 31.1±8.8 29.9±2.8 30.7±4.4 28.9±2.1 29.8±2.3Conta Leucociti (x103 /mL) 9.1±2.7 6.5±1.27 7.2±1.87 6.5±1.27 6.6±1.34Ematocrito (%) 42.8±3.7 41.6±3.4 43.3±3.7 42.3±2.9 41.5±2.9Conta Piastrine (x103 /mL) 228.2±45.1 221.3±45.5 238±41.9 222.9±47.5 220±40Vol Piastrinico Medio(mc) 9±0.9 9±0.7 8.9±0.7 9±0.7 9±0.7Omocisteina (mM/dl) 5.8±1.2 6.7±1.7 6±1.2 6.4±1.4 6.5±1.3Proteina C (%) 110±21.1 111.4±10 106.9±24.1 110.8±16.7 105±12Proteina S (%) 95.5±17.9 97±12.1 90.5±16.3 101.3±18.1 98±14ACLA IgM Negativo Negativo Negativo Negativo NegativoACLA IgG Negativo Negativo Negativo Negativo Negativo

audiometrico tonale liminare e gli esamiematochimici per la valutazione dell’emo-stasi, dopo 4-6 settimane di wash-out far-macologico.

Risultati

I risultati dei test ematici sono riportatinella Tab. 1. Il quadro otoneurologico erasovrapponibile nei due gruppi sia in faseacuta sia al follow-up, mentre gli esamiematochimici davano i seguenti risultati:in fase acuta i pazienti con APV presen-tavano livelli di fibrinogeno più elevati inmaniera statisticamente significativarispetto al gruppo di controllo (338,3 ±135,9 versus 271,3 ± 69,8SD mg/dl;p< 0,05). Anche il D-dimero era signifi-

cativamente più alto nei pazienti APV (301± 161 versus 202 ±113SD ng/mL;p<0,008), così come la lipoproteina(a)(41,4 ± 38,6 versus 16 ± 18,2SD mg/dl;p<0,02). Inoltre i leucociti e in partico-lare i neutrofili, erano aumentati pernumero nei pazienti affetti da APV rispettoal gruppo di controllo, con una differenzastatisticamente significativa (9,1 ± 2,7versus 6,5 ± 1,3SD x 103/mL; p<0,006). La concentrazione dei folati erasignificativamente più bassa nei pazienticon APV, se comparata con il gruppo dicontrollo (5,3 ± 1,8 versus 7,1 ± 2,7SDnG/mL; p<0,04). Inoltre, sempre in faseacuta, la media dei valori di PT era stati-sticamente più bassa nei pazienti con APV(84,6 ± 21,5 versus 93 ± 8SD p<0,01).Per quanto riguarda gli altri esami ema-tochimici, non esisteva una differenza sta-

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tisticamente significativa, in fase acuta,nei due gruppi (Fig. 2 e 3).Dopo un periodo di 4-6 settimane di wash-out farmacologico, la differenza tra gruppo

di studio e gruppo di controllo rimanevasignificativa per: fibrinogeno, D-dimero,lipoproteina(a) e folati, mentre il numerodei leucociti e il PT rientravano nei range

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APV - Fase Acuta

APV

Fig. 2 – Percentuale dei pazienti APV con valori ematici patologici in fase acuta.

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aMalattia di Menière - Fase Acuta

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Fig. 3 – Percentuale dei pazienti affetti da Malattia di Menière con valori ematici patologici in fase acuta.

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di normalità nei due gruppi. Non esiste-vano differenze significative per gli altritest effettuati. Da segnalare inoltre checomparando nel gruppo di studio l’APC

resistance in fase acuta e al follow-up,questa risultava essere più alta in faseacuta in maniera statisticamente signifi-cativa (Fig. 4 e 5).

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APV - Follow-Up

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Fig. 4 – Percentuale dei pazienti APV con valori ematici patologici al follow-up.

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Malattia di Menière - Follow-Up

Malattia di Menière

Fig. 5 – Percentuale dei pazienti affetti da Malattia di Menière con valori ematici patologici al follow-up.

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Discussione

L’etiologia dell’APV è ancora notevolmentedibattuta. La causa principale è sicura-mente l’infezione virale capace di dan-neggiare il neuroepitelio o i gangli genico-lati e vestibolari (3,4).Alcuni Autori suggeriscono che l’ischemialabirintica possa rivestire un ruolo pato-genetico importante nei pazienti affetti daiperviscosità ematica (come nei casi dipolicitemia primaria e secondaria), in altremalattie mieloproliferative, quali la macro-globulinemia o l’ipergammaglobulinemia(16-18), oppure nel corso di malattiemetaboliche (19-20). In questi pazienti l’i-schemia labirintica potrebbe essere soloun segno di una più ampia insufficienzavertebro-basilare, però in questo casosaranno presenti anche altri segni neu-rologici espressione del coinvolgimentodella fossa cranica posteriore, oppurepotrebbe essere un’ischemia selettiva coninteressamento del solo labirinto (5,6).A tutt’oggi non si rilevano dati in lettera-tura che dimostrassero la presenza di alte-razioni dell’emostasi di natura genetica oacquisita, in grado di supportare l’ipotesiischemica nei pazienti affetti da APV; nellamaggior parte dei casi infatti la diagnosiera di tipo presuntivo.In questo studio abbiamo riscontrato mul-tiple e importanti alterazioni dell’emostasiin una percentuale elevata di pazienti APV(54%) rispetto al gruppo di controllo (26%)e, dato che entrambe le popolazioni stu-diate presentavano una crisi vertiginosaacuta con intensa sintomatologia neuro-vegetativa, tali alterazioni non si potevanoconsiderare come una conseguenza del-l’attacco vertiginoso.L’analisi dei risultati ematochimici da noiottenuti ci fa ritenere che la riduzione deltempo di protrombina (PT) nei pazienti conAPV in fase acuta, sia spiegabile in basead un’accelerazione della via estrinsecadella coagulazione, probabilmente corre-lata ad un incremento della concentra-zione plasmatica dei fattori VII, II e/o X.

Il significativo incremento nei pazienti APVdella resistenza alla proteina C attivata(APC resistance) nel corso della crisi ver-tiginosa, rispetto al follow-up, è indicativodi un incremento dei livelli plasmatici delfattore II e/o VIII, espressione di uno statodi ipercoagulazione.Anche una più elevata concentrazione pla-smatica di fibrinogeno in questi pazienti,sia in fase acuta sia al follow-up, sottoli-nea una condizione pro-trombotica di base.Il fibrinogeno infatti viene ormai da tempoconsiderato un fattore di rischio indipen-dente per le malattie cardiovascolari. In una significativa percentuale di pazientiAPV (47,8%) abbiamo osservato elevatilivelli plasmatici di D-dimero non solodurante la fase acuta, ma anche al con-trollo, evidenziando un persistere neltempo di uno stato di ipercoagulazione.Nel gruppo di controllo costituito dapazienti con Malattia di Menière i livelli diD-dimero erano superiori ai livelli di nor-malità (300 nanogrammi/ml) solo nel33% dei casi in fase acuta e nel 13% alfollow-up.Nel corso della crisi vertiginosa abbiamorilevato inoltre un transitorio aumento delnumero dei leucociti nei pazienti APV, spie-gabile sulla base di una mobilizzazione dellecellule bianche marginate, in particolarmodo dei neutrofili. Come conseguenza sidetermina un aumento della viscosità ema-tica, in quanto la viscosità intrinseca diuna cellula bianca è 1000 volte maggiorerispetto a quella degli eritrociti.Sulla base dei risultati da noi ottenuti, rite-niamo che le alterazioni del sistema emo-statico possano giocare un ruolo impor-tante nella patogenesi della vestibolopatiaacuta periferica unilaterale. Queste osser-vazioni suggeriscono di sottoporre i pazientiaffetti da APV ad un’accurata analisi dellostato emostatico per verificare una pos-sibile origine vascolare della patologia, conimportanti risvolti terapeutici sia per il trat-tamento della fase acuta, sia per pro-grammare un’adeguata prevenzione mirataad evitare recidive nel tempo.

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Studi prospettici saranno utili per capirese le alterazioni dei parametri emostaticida noi studiati possano predire la labirin-topatia acuta unilaterale e le forme ricor-renti di APV.

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OTONEUROLOGIA

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