comune di valmadrera (lc) componente geologica
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COMUNE DI VALMADRERA (LC) Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT NORME GEOLOGICHE DI PIANO
STUDIO GEOLANDSCAPE – Geologo Luca Stanzione
23868 VALMADRERA (LC), Via Leopardi 7 – Tel: 0341 200641 Fax: 0341 1886053 P.IVA: 03511570131 – C.F.:STNLRB66H29E507K
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Indice
1. Premessa 2
2. Definizioni 3
3. Norme generali 4
4. Indagini ed approfondimenti geologici 6
5. Classi di fattibilità geologica delle azioni di piano 11
5.1 Premessa 11
5.2 Classe 4 (rosso) – Fattibilità con gravi limitazioni 11
5.3 Classe 3 (arancione) – Fattibilità con consistenti limitazioni 15
5.4 Classe 2 (gialla) – Fattibilità con modeste limitazioni 19
5.5 Classe 1 (bianca) – Fattibilità senza particolari limitazioni 21
6. Regolamento di polizia idraulica 22
7. Norme aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile 36
8. Norme interventi sulla rete idrografica e sui versanti (PAI) 39
9. Normativa d’uso della carta di pericolosità sismica locale 45
10. Gestione delle acque superficiali sotterranee e di scarico 48
11. Tutela della qualità dei suoli 49
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1. Premessa
Le Norme Geologiche di Piano, unitamente alla Carta dei Vincoli ed alla Carta di Fattibilità delle
Azioni di Piano (con la sovrapposizione degli ambiti di Pericolosità Sismica Locale – PSL)
costituiscono parte integrante del Piano delle Regole e delle schede degli ambiti di
trasformazione del PGT.
Esse vengono organizzate per articoli successivi riferiti ai seguenti argomenti:
Definizioni
Norme generali
Indagini ed approfondimenti geologici
Norme classi di fattibilità geologica delle azioni di piano
Regolamento di polizia idraulica
Norme aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile
Norme interventi sulla rete idrografica e sui versanti (PAI)
Normativa d’uso della carta di pericolosità sismica locale
Gestione acque superficiali, sotterranee e scarichi
Tutela della qualità dei suoli
Le Norme Geologiche di Piano rappresentano, pertanto, una guida ai diversi aspetti che
caratterizzano il territorio comunale dal punto di vista geologico, idrogeologico, sismico, dei
dissesti e dei vincoli.
In particolare, sono in esse contenute la descrizione dettagliata delle classi di fattibilità
geologica delle azioni di piano, con le limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica
della destinazione d’uso dei terreni, le prescrizioni relative a ciascuna classe e gli
approfondimenti di carattere geologico e geologico-tecnico necessari.
Insieme alle norme relative ai vincoli di polizia idraulica, ai vincoli PAI ed alle aree di
salvaguardia delle captazioni, costituiscono lo strumento indispensabile ai fini della corretta
pianificazione territoriale.
Tutte le norme tecniche stralciate da strumenti esterni (quali, a titolo d’esempio, le norme di
attuazione del P.A.I.) devono essere accuratamente verificate consultando le versioni vigenti di
tali strumenti. Gli stralci qui riportati hanno solamente valore indicativo e di aiuto alla
consultazione, in quanto le normative potrebbero essere soggette a successive modifiche da
parte degli Enti competenti e, pertanto, differire in futuro da quanto riportato nel presente
documento.
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2. Definizioni
Rischio: entità del danno atteso in una data area ed in un certo intervallo di tempo, in seguito
al verificarsi di un particolare evento.
Elemento a rischio: popolazione, proprietà, attività economica, ecc. esposta a rischio in una
determinata area.
Vulnerabilità’: attitudine dell’elemento a rischio a subire danni per effetto dell’evento.
Pericolosità: probabilità di occorrenza di un certo fenomeno di una certa intensità, in un
determinato intervallo di tempo ed in una certa area.
Dissesto: processo evolutivo di natura geologica o idraulica che determina condizioni di
pericolosità a diversi livelli di intensità.
Microzonazione sismica: delimitazione ed individuazione di zone alle quali vengono attribuiti
parametri e prescrizioni finalizzati alla riduzione del rischio sismico, da utilizzare nella
pianificazione urbanistica, nella progettazione di manufatti ed in fase di emergenza.
L’individuazione di tali zone avviene attraverso la valutazione della pericolosità di base
(terremoto di riferimento) e della risposta sismica locale.
Pericolosità sismica di base: previsione deterministica o probabilistica che possa verificarsi un
evento sismico in una certa area in un determinato intervallo di tempo.
Terremoto di riferimento: spettro elastico di risposta o accelerogramma relativo ad una certa
formazione rocciosa di base o a un sito di riferimento.
Pericolosità sismica locale: previsione delle variazioni dei parametri della pericolosità di base e
dell’accadimento di fenomeni di instabilità dovute alle condizioni geologiche e geomorfologiche
del sito; è valutata a scala di dettaglio, partendo dai risultati degli studi di pericolosità sismica
di base (terremoto di riferimento) ed analizzando i caratteri geologici, geomorfologici e
geologico-tecnici del sito.
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3. Norme generali
Le Norme Geologiche contengono la normativa d’uso della Carta di Fattibilità e riportano, per
ciascuna classe e/o sottoclasse, precise indicazioni sulle indagini di approfondimento da
effettuarsi prima degli eventuali interventi urbanistici. La Relazione Geologica e la Relazione
Geotecnica devono essere consegnate, congiuntamente alla restante documentazione di
progetto, in sede di presentazione di Varianti Generali al P.G.T. (L.R. 12/05), di Varianti
Parziali al P.G.T. (L.R. 12/05), dei Programmi Integrati di Intervento (L.R. 12/05, art. 87), dei
Piani Attuativi (L.R. 12/2005, art. 14) o in sede di richiesta del Permesso di Costruire (L.R.
12/2005, art. 38), di Denuncia di Inizio Attività – D.I.A. (L.R. 12/2005, art. 42) o di altri titoli
abilitativi (C.I.L. – C.I.L.A. – S.C.I.A.).
La normativa di riferimento, per le Indagini Geologiche e per le Relazioni Geologica e Relazione
Geotecnica da allegare ai Piani Attuativi ed ai progetti delle costruzioni, è contenuta nel
Decreto Ministeriale 14.01.2008 “Norme Tecniche per le Costruzioni” e nella successiva
Circolare applicativa del Cons. Sup. LL. PP. – Istruzioni per l’applicazione delle “Norme
Tecniche per le Costruzioni”.
Con l’approvazione della D.G.R. 11 Luglio 2014 – n. X/2129, Aggiornamento delle zone
sismiche in Regione Lombardia (L.R. 1/2000, art. 3, c. 108, lett. d), sono state introdotte la
L.R. 12 Ottobre 2015 n. 33 – Disposizioni in materia di opere o di costruzioni e relativa
vigilanza in zona sismica, e la D.G.R. 30 Marzo 2016 n. X/5001 – Approvazione delle linee di
indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle funzioni trasferite ai Comuni in materia sismica.
La Relazione Geologica, compresa la modellazione sismica, è un documento che fa parte sia del
livello di progettazione architettonica sia del livello di progettazione strutturale.
Deve contenere le indagini, la caratterizzazione e modellazione geologica del sito (lineamenti
geomorfologici, stratigrafici, litologici, idrografici, idrogeologici e sismici locali) in riferimento
all’opera ed analizzare la pericolosità geologica del sito in assenza ed in presenza delle opere.
La valenza di questo documento è fondamentale non solo per la progettazione strutturale
dell’opera ma per stabilire in fase di progettazione architettonica se l’opera si “può fare” e quali
saranno le problematiche relative alla stabilità dei terreni ed all’assetto idrogeologico
dell’intorno.
La Relazione Geotecnica è un documento che fa parte del livello di progettazione strutturale.
Riguarda le indagini, la caratterizzazione e modellazione geotecnica del solo “volume
significativo” e deve valutare l’interazione opera/terreno ai fini del dimensionamento
(illustrazione delle prove geotecniche eseguite in sito e/o in laboratorio per la caratterizzazione
e la modellazione geotecnica dell’area; identificazione dei parametri geotecnici appropriati ai
fini progettuali; determinazione dei valori caratteristici dei parametri geotecnici da utilizzare
nelle diverse verifiche; verifiche di sicurezza dell’opera in relazione al tipo di costruzione, in
condizioni statiche e, quando richiesto dalla normativa vigente, in condizioni dinamiche).
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In genere i progetti che vengono presentati all’esame della Commissione Edilizia Comunale
sono esecutivi solo dal punto di vista architettonico ed in uno stadio ancora da definire dal
punto di vista strutturale.
Di questi progetti sono noti la forma, la superficie occupata e l’altezza; in alcuni casi la
tipologia strutturale, ma non la distribuzione ne l’entità dei carichi che la struttura trasmetterà
al sottosuolo, né tanto meno la tipologia delle opere di fondazione.
Escludendo i casi più semplici, la scelta della tipologia delle opere di fondazione deve essere
pertanto pensata come un processo iterativo, la cui soluzione non può che avvenire per
approssimazioni successive, cercando di conciliare le esigenze di sicurezza richieste dalla
legge, con le ragioni economiche del progetto in funzione delle “caratteristiche ambientali in cui
il progetto s’inserisce”.
Anche se la Normativa prescrive due documenti diversi per la modellazione geologica e per
quella geotecnica, le indagini allegate al progetto che giunge in Commissione Edilizia devono
essere, per quanto possibile, definitive cioè contenere tutti gli elementi necessari al progettista
strutturale per il dimensionamento delle opere di fondazione e dell’interazione terreno
struttura.
E’ altresì noto che, come evidenziato nel paragrafo precedente, esistono attività soggette ad
iter procedurali che prevedono fasi progressive di sviluppo dell’opera (fattibilità, preliminare,
definitivo ed esecutivo) e che, quindi, possono avere distinte fasi di sviluppo con elaborati
tecnici aventi diverso grado di approfondimento in funzione del livello di progettazione
richiesto. Va precisato che il grado di approfondimento deve essere identico per tutti gli
elaborati tecnici per cui non ci potrà essere un progetto esecutivo corredato da relazioni
geologiche e geotecniche preliminari o meglio con approfondimenti e/o indagini di tipo
“preliminare”.
La Relazione Geotecnica, esplicita i risultati ottenuti dalle indagini e prove geotecniche,
descrive la caratterizzazione e la modellazione geotecnica dei terreni interagenti con l’opera. In
essa si riassumono i risultati delle analisi svolte per la verifica delle condizioni di sicurezza e la
valutazione delle prestazioni nelle condizioni d’esercizio del sistema costruzione – terreno.
L’intero studio riguarda esclusivamente il volume significativo. La relazione è a tutti gli effetti
un elaborato progettuale; essa fornisce valutazioni precise sull’opera o meglio sul sistema
struttura-terreno; pertanto, come definito dal punto 6.2.2, non può più prescindere dall’opera
vera e propria e non può fornire calcoli ed indicazioni esemplificativi.
La Relazione Geologica e la Relazione Geotecnica sono due documenti distinti e separati.
Le norme tecniche del D.M. 14.01.2008 riguardano tutte le costruzioni.
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Comunque nel caso di costruzioni o interventi di modesta rilevanza, che ricadano in zone ben
conosciute dal punto di vista geotecnico, la progettazione potrà essere basata sull’esperienza e
sulle conoscenze disponibili, fermo restando la piena responsabilità del progettista sulle ipotesi
e sulle scelte progettuali (Norme tecniche delle costruzioni, paragrafo 6.2.2, ultimo comma).
4. Indagini ed approfondimenti geologici
Lo studio geologico di supporto alla pianificazione comunale “Componente geologica,
idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio ai sensi della L.R. 12/2005 e
secondo i criteri della DGR n. 9/2616 2011”, che dovrà essere contenuto integralmente nel
Documento di Piano – Quadro conoscitivo del Piano di Governo del Territorio, ha la funzione di
orientamento urbanistico, ma non può essere sostitutivo delle relazioni di cui al D.M. 14
gennaio 2008 “Nuove Norme tecniche per le costruzioni”.
Lo scopo dello studio relativo alla componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di
Governo del Territorio (PGT) è infatti quello di definire un quadro delle caratteristiche fisiche
dell'area e fornire una base progettuale su cui compiere le necessarie scelte per l'adeguata
gestione e pianificazione del territorio stesso.
Gli approfondimenti d’indagine non sostituiscono, anche se possono comprendere, le indagini
previste dal D.M. 14 gennaio 2008.
Piani Attuativi
Rispetto alla componente geologica, idrogeologica e sismica, la documentazione minima da
presentare a corredo del piano attuativo dovrà necessariamente contenere tutte le indagini e
gli approfondimenti geologici prescritti per le classi di fattibilità geologica in cui ricade il piano
attuativo stesso, che a seconda del grado di approfondimento, potranno essere considerati
come anticipazioni o espletamento di quanto previsto dal D.M. 14 gennaio 2008 “Nuove Norme
tecniche per le costruzioni”.
In particolare dovranno essere sviluppati, sin dalla fase di proposta, gli aspetti relativi a:
interazioni tra il piano attuativo e l’assetto geologico-geomorfologico e/o l’eventuale rischio
idrogeologico;
interazioni tra il piano attuativo e il regime delle acque superficiali;
fabbisogni e smaltimenti delle acque (disponibilità dell’approvvigionamento potabile,
differenziazione dell’utilizzo delle risorse in funzione della valenza e della potenzialità idrica,
possibilità di smaltimento in loco delle acque derivanti dalla impermeabilizzazione dei suoli
e presenza di un idoneo recapito finale per le acque non smaltibili in loco).
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Permesso di Costruire – D.I.A. – C.I.L. – C.I.L.A. – S.C.I.A.
Gli interventi edilizi di nuova costruzione, di ristrutturazione edilizia, di restauro e risanamento
conservativo, quando comporti demolizione e ricostruzione, e di manutenzione straordinaria
(quest’ultima solo nel caso in cui comporti modifiche strutturali dell’edificio esistente di
particolare rilevanza) dovranno essere progettati adottando i criteri di cui al D.M. 14 gennaio
2008 “Nuove Norme tecniche per le costruzioni”.
La documentazione di progetto dovrà comprendere i seguenti elementi:
indagini geognostiche per la determinazione delle caratteristiche geotecniche dei terreni di
fondazione, in termini di caratteristiche granulometriche e di plasticità e di parametri di
resistenza e deformabilità, spinte sino a profondità significative in relazione alla tipologia di
fondazione da adottare e alle dimensioni dell’opera da realizzare;
determinazione della velocità di propagazione delle onde di taglio nei primi 30 m di
profondità al di sotto del prescelto piano di posa delle fondazioni, ottenibile a mezzo di
indagini geofisiche in foro (down-hole o cross-hole), indagini geofisiche di superficie (SASW
– Spectral Analysis of Surface Wawes, MASW – Multichannel Analysis of Surface Wawes - o
REMI – Refraction Microtremor for Shallow Shear Velocity), o attraverso correlazioni
empiriche di comprovata validità con prove di resistenza alla penetrazione dinamica o
statica: la scelta della metodologia di indagine dovrà essere commisurata all’importanza
dell’opera e dovrà in ogni caso essere adeguatamente motivata;
definizione della categoria del suolo di fondazione in accordo al D.M. 14 gennaio 2008 sulla
base del profilo di VS ottenuto e del valore di VS30 calcolato;
definizione dello spettro di risposta elastico in accordo al D.M. 14 gennaio 2008.
Aree a pericolosità sismica locale (PSL)
All’interno delle aree a pericolosità sismica locale (PSL) individuate, per gli interventi edilizi
citati nel paragrafo precedente e a prescindere dal tipo di pratica, si devono applicare le Norme
Tecniche sulle Costruzioni di cui alla D.M. 14 gennaio 2008, definendo le azioni sismiche di
progetto a mezzo di:
analisi di approfondimento di II livello - metodologie dell’allegato 5 alla D.G.R. n. 9/2616
2011, se previsti nelle zone sismiche PSL Z3-Z4 e analisi di approfondimento di III livello -
metodologie dell’allegato 5 alla D.G.R. n. 9/2616 2011 quando Fa > FaC (valore soglia
Comunale in funzione del tipo di terreno di fondazione B-C-D-E);
analisi di approfondimento di III livello - metodologie dell’allegato 5 alla D.G.R. n. 9/2616
2011, se previsti nelle zone sismiche PSL Z1-Z2-Z5.
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La documentazione di progetto dovrà comprendere i seguenti elementi:
indagini geognostiche per la determinazione delle caratteristiche geotecniche dei terreni di
fondazione, in termini di caratteristiche granulometriche e di plasticità e di parametri di
resistenza e deformabilità, spinte sino a profondità significative in relazione alla tipologia di
fondazione da adottare e alle dimensioni dell’opera da realizzare;
determinazione della velocità di propagazione delle onde di taglio nei primi 30 m di
profondità al di sotto del prescelto piano di posa delle fondazioni ottenibile a mezzo di
indagini geofisiche in foro (down-hole o cross-hole), indagini geofisiche di superficie (SASW
– Spectral Analysis of Surface Wawes - , MASW - Multichannel Analysis of Surface Wawes -
o REMI – Refraction Microtremor for Shallow Shear Velocity -), o attraverso correlazioni
empiriche di comprovata validità con prove di resistenza alla penetrazione dinamica o
statica. La scelta della metodologia di indagine dovrà essere commisurata all’importanza
dell’opera e in ogni caso dovrà essere adeguatamente motivata;
definizione, con indagini o da bibliografia (es. banca dati regionale), del modulo di taglio G
e del fattore di smorzamento D dei terreni di ciascuna unità geotecnica individuata e delle
relative curve di decadimento al progredire della deformazione di taglio γ;
definizione del modello geologico-geotecnico di sottosuolo a mezzo di un congruo numero di
sezioni geologico-geotecniche, atte a definire compiutamente l’assetto morfologico
superficiale, l’andamento dei limiti tra i diversi corpi geologici sepolti, i loro parametri
geotecnici, l’assetto idrogeologico e l’andamento della superficie piezometrica;
individuazione di almeno tre diversi input sismici relativi al sito, sotto forma di
accelerogrammi attesi al bedrock (es. da banca dati regionale o nazionale);
valutazione della risposta sismica locale consistente nel calcolo degli accelerogrammi attesi
al suolo mediante codici di calcolo bidimensionali o tridimensionali in grado di tenere
adeguatamente conto della non linearità del comportamento dinamico del terreno e degli
effetti di amplificazione topografica di sito; codici di calcolo monodimensionali possono
essere impiegati solo nel caso in cui siano prevedibili unicamente amplificazioni litologiche e
si possano escludere amplificazioni di tipo topografico;
definizione dello spettro di risposta elastico al sito ossia della legge di variazione della
accelerazione massima al suolo al variare del periodo naturale;
valutazione dei fenomeni di liquefazione all’interno delle zone PSL Z2.
Per quanto concerne la tipologia di indagine minima da adottare per la caratterizzazione
sismica locale si dovrà fare riferimento alla seguente tabella guida; l’estensione delle indagini
dovrà essere commisurata all’importanza e alle dimensioni delle opere da realizzare, alla
complessità del contesto geologico e dovrà in ogni caso essere adeguatamente motivata.
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Tipologia opere Indagine minima prescritta Edifici residenziali semplici, con al massimo 2 piani fuori terra, con perimetro esterno inferiore a 100 m, aventi carichi
di progetto inferiori a 250 kN per pilastro e a 100 kN/m per muri continui.
Correlazioni empiriche di comprovata validità con prove di resistenza alla
penetrazione dinamica integrate in profondità con estrapolazione di dati litostratigrafici di sottosuolo.
Edifici e complessi industriali, complessi residenziali e singoli edifici residenziali non rientranti nella categoria
precedente.
Indagini geofisiche di superficie: SASW: Spectral Analysis of Surface
Wawes MASW: Multichannel Analysis of Surface Wawes REMI: Refraction Microtremor for Shallow Shear Velocity
Opere ed edifici strategici e rilevanti, (opere il cui uso
prevede affollamenti significativi, edifici industriali con
attività pericolose per l’ambiente, reti viarie e ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza e costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti e con funzioni sociali essenziali).
Indagini geofisiche in foro (down-hole o
cross-hole).
Nell’indicazione delle indagini da eseguire per le diverse classi si identificano le principali
problematiche lasciando al professionista, che dovrà intervenire in fase operativa sulla diverse
aree, la discrezionalità (oltre alla responsabilità) sulla quantità e sulla tipologia di indagine da
eseguire (sondaggi a carotaggio continuo, prove penetrometriche statiche, prove
penetrometriche dinamiche, prove dilatometriche, sismica a rifrazione, indagini georadar,
ecc.), nonché sulle metodologie utilizzabili per le diverse tematiche (verifiche di stabilità, studi
idrologici e idrogeologici). Le indagini saranno evidentemente condizionate dalle prescrizioni
relative alla classe e dall’opera in progetto, mentre la metodologia e le diverse formulazioni
utilizzate fanno parte della cultura tecnica del professionista.
Procedura amministrativa in materia di costruzioni in zona sismica
La procedura è indipendente dal tipo di pratica edilizia (CIL, CILA, SCIA, DIA, PDC):
Deposito
Nelle zone 3, per i lavori indicati all’art. 93 del DPR 2001 (costruzioni, riparazioni e
sopraelevazioni), è necessario procedere al deposito degli elaborati previsti prima dell’inizio
dei lavori;
l’ente competente procede ad una verifica formale degli elaborati prodotti e rilascia il
certificato di deposito;
dopo la costruzione dell’opera, con metodi a campione, controlla i progetti e le costruzioni.
Certificazione di sopraelevazione
In tutte le zone sismiche, per gli interventi di sopraelevazione, è necessario ottenere una
certificazione prima all’inizio dei lavori.
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Gli elaborati e la tempistica prevista per la consegna
Gli elaborati da produrre sono definiti dalla D.G.R. 5001/2016 - Allegato E:
relazione geologica ai sensi della D.G.R. 2616/2011: prima del rilascio del titolo abilitativo;
relazione geologica ai sensi del D.M. 14/01/08: prima dell’inizio dei lavori;
relazione geotecnica ai sensi del D.M. 14/01/08: prima dell’inizio dei lavori.
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5. Classi di fattibilità geologica delle azioni di piano 5.1 Premessa
Quando in un ambito si ha la sovrapposizione di più classi, la classe superiore rappresenta la
classe di fattibilità e il fenomeno di rischio principale (così come confermato anche dal relativo
colore: rosso, classe 4; arancio, classe 3; giallo, classe 2); le altre indicano ulteriori
problematiche di tipo geologico di cui occorre tener conto negli studi di approfondimento e
nelle prescrizioni specifiche. In ogni caso prevale sempre la normativa più restrittiva.
Come già citato in precedenza e indipendentemente dalle prescrizioni e indicazioni contenute
nelle singole classi di fattibilità individuate (e di seguito illustrate) si ricorda che le indagini e
gli approfondimenti prescritti devono essere realizzati prima della progettazione
degli interventi in quanto propedeutici alla pianificazione dell’intervento e alla
progettazione stessa.
Copia delle indagini effettuate e della relazione geologica di supporto deve essere
consegnata, congiuntamente alla restante documentazione, in sede di presentazione
dei Piani attuativi (L.R. 12/05, art. 14) o in sede di richiesta del permesso di
costruire (L.R. 12/05, art. 38).
Si sottolinea che gli approfondimenti di cui sopra non sostituiscono, anche se
possono comprendere, le indagini previste dal D.M. 14.01.2008 “Norme tecniche per
le costruzioni”.
5.2 Classe 4 (rosso) – Fattibilità con gravi limitazioni L’alta pericolosità/vulnerabilità comporta gravi limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla
modifica della destinazione d’uso.
Norme generali valide per tutte le sottoclassi di fattibilità geologica 4:
deve essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, se non opere tese al consolidamento o
alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti;
per gli edifici esistenti sono consentite esclusivamente le opere relative ad interventi di
demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro,
risanamento conservativo, come definito dall’art. 27 comma 1 lettere a)-b)-c) della L.R.
12/05, senza aumento di superficie o volume e senza aumento del carico insediativi; sono
consentite le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
eventuali infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico possono essere realizzate solo se
non altrimenti localizzabili; dovranno comunque essere puntualmente e attentamente
valutate in funzione della tipologia di dissesto e del grado di rischio che determinano
l’ambito di pericolosità/vulnerabilità omogenea; a tal fine, alle istanze per l’approvazione da
parte dell’autorità comunale, deve essere allegata apposita relazione geologica e geotecnica
che dimostri la compatibilità degli interventi con la situazione di grave rischio idrogeologico;
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STUDIO GEOLANDSCAPE – Geologo Luca Stanzione
23868 VALMADRERA (LC), Via Leopardi 7 – Tel: 0341 200641 Fax: 0341 1886053 P.IVA: 03511570131 – C.F.:STNLRB66H29E507K
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gli approfondimenti di 2° e 3° livello per la definizione delle azioni sismiche di progetto non
devono essere eseguiti nelle aree classificate in classe di fattibilità 4, in quanto considerate
inedificabili, fermo restando tutti gli obblighi derivanti dall’applicazione della normativa
specifica; per le infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico eventualmente ammesse, la
progettazione dovrà essere condotta adottando i criteri antisismici del D.M. 14 gennaio
2008 “Nuove Norme tecniche per le costruzioni”, definendo in ogni caso le azioni sismiche
di progetto a mezzo di analisi di approfondimento di 3° livello.
Sottoclasse 4a – Aree soggette a crolli di massi e/o caratterizzate da acclività
elevata, maggiore di 35°, con possibilità di innesco di scivolamenti superficiali e/o
crolli di materiale.
Caratteri limitanti: aree con pericolosità per crolli a causa della presenza di pareti in roccia
fratturata; presenza di versanti con elevata pendenza e frequenti impluvi con potenziale
instabilità dei terreni di copertura e possibile attivazione di fenomeni gravitativi (colate o
scivolamenti), conseguente a sovraccarico e/o a precipitazioni intense; i potenziali fenomeni
franosi possono interessare anche gli ammassi rocciosi con scadenti caratteristiche
geomeccaniche e fratturati, con rischio di crollo di materiale lapideo.
Prescrizioni:
sono necessarie indagini geotecniche e geognostiche, con valutazione di stabilità dei
versanti e dei fronti di scavo finalizzate alla progettazione delle opere e alla previsione delle
opportune opere di protezione degli scavi o degli sbancamenti durante i lavori di cantiere;
a fronte di qualsiasi azione sono da prevedere contestualmente interventi di recupero
morfologico e paesistico ambientale delle aree interessate; sono da prevedere in tutti i casi
interventi di difesa del suolo e la predisposizione di accorgimenti per lo smaltimento delle
acque meteoriche e quelle di primo sottosuolo; studi per il dimensionamento delle opere di
difesa passiva e/o attiva e loro realizzazione prima degli interventi ammessi; gli interventi
di sistemazione dovranno privilegiare l’uso di tecniche di ingegneria naturalistica.
Sottoclasse 4b – Aree adiacenti ai corsi d’acqua da mantenere a disposizione per
consentire l’accessibilità per interventi di manutenzione e per la realizzazione di
interventi di difesa.
Caratteri limitanti: le fasce di rispetto ai lati dei corsi d’acqua, con ampiezza che varia da un
minimo di 4 m ad un massimo di 10 m.
Prescrizioni:
nell’ambito delle aree in oggetto devono essere consentiti, ove possibile, al fine di garantire
l’esercizio delle funzioni di manutenzione ordinaria, straordinaria e di pulizia dell’alveo, il
passaggio dei mezzi meccanici, il deposito delle materie di risulta ed eventuali interventi
idraulici e/o di difesa.
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tutti gli interventi di salvaguardia che comprendono il controllo e le trasformazioni
nell’ambito del demanio idrico rientrano nelle cosiddette attività di “polizia idraulica”
pertanto si deve fare riferimento al Regolamento di Polizia Idraulica vigente sul territorio
comunale.
Sottoclasse 4c – Aree potenzialmente inondabili.
Caratteri limitanti: aree individuate con criteri geomorfologici tenendo conto delle criticità
derivanti da punti di debolezza delle strutture di contenimento quali tratti di sponde in
erosione, punti di possibile tracimazione, sovralluvionamenti, sezioni di deflusso insufficienti
anche a causa della presenza di depositi di materiale vario in alveo o in sua prossimità;
problematiche di esondazione torrentizia con altezze tali da non pregiudicare l’incolumità delle
persone e la funzionalità degli edifici.
Prescrizioni:
eseguire sempre adeguati studi idrologici-idraulici con verifica di compatibilità
dell’intervento rispetto ai livelli di piena previsti;
valutare le modalità di circolazione idrica sotterranea ed eseguire adeguate indagini volte a
chiarire l’assetto idrogeologico del sottosuolo;
favorire il deflusso/assorbimento delle acque di esondazione, evitando interventi che ne
comportino l’accumulo.
Sottoclasse 4d – Aree già allagate in occasione di precedenti eventi alluvionali.
Caratteri limitanti: aree perimetrate in base ai dati raccolti da documentazione di archivio;
problematiche di esondazione torrentizia con altezze e/o velocità tali da pregiudicare
l’incolumità delle persone e la funzionalità degli edifici.
Prescrizioni:
eseguire sempre adeguati studi idrologici-idraulici con verifica di compatibilità
dell’intervento rispetto ai livelli di piena previsti;
valutare le modalità di circolazione idrica sotterranea ed eseguire adeguate indagini volte a
chiarire l’assetto idrogeologico del sottosuolo;
favorire il deflusso/assorbimento delle acque di esondazione, evitando interventi che ne
comportino l’accumulo.
Sottoclasse 4Fa – Aree interessate da frane attive (pericolosità molto elevata).
Caratteri limitanti: è la tipologia di ambito di frana di maggiore criticità.
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 2 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
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Sottoclasse 4Fq – Aree interessate da frane quiescenti (pericolosità elevata).
Caratteri limitanti: è la tipologia di ambito di frana di criticità medio-elevata legata al possibile
riattivarsi di movimenti franosi.
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 3 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 4Ee – Aree di esondazione e dissesti di carattere torrentizio lungo le aste
dei corsi d’acqua coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità molto elevata.
Caratteri limitanti: esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei
corsi d’acqua (erosioni di sponda, sovraincisioni del thalweg, trasporto di massa).
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 5 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 4Ca – Aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi non protette da opere
di difesa e di sistemazione a monte (pericolosità molto elevata).
Caratteri limitanti: trasporto di massa sui conoidi.
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 7 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 4 Zona 1 – Aree a rischio idrogeologico molto elevato in ambiente
collinare e montano.
Caratteri limitanti: area instabile o che presenta un’elevata probabilità di coinvolgimento, in
tempi brevi, direttamente dal fenomeno e dall’evoluzione dello stesso.
Prescrizioni: si applicano gli artt. 49, 50 commi 1 e 2 del titolo IV delle Norme di Attuazione
del P.A.I. (L. 18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato
Istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 4 Zona I – Aree a rischio idrogeologico molto elevato in area di pianura.
Caratteri limitanti: aree potenzialmente interessate da inondazioni per eventi di piena con
tempo di ritorno inferiore o uguale a 50 anni.
Prescrizioni: si applicano gli artt. 49, 51 commi 3 e 5 del titolo IV delle Norme di Attuazione
del P.A.I. (L. 18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato
Istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001).
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5.3 Classe 3 (arancione) – Fattibilità con consistenti limitazioni
Aree nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o
alla modifica delle destinazioni d’uso per le condizioni di pericolosità/vulnerabilità individuate,
per il superamento delle quali potrebbero rendersi necessari interventi specifici o opere di
difesa.
L’impiego di queste aree ai fini edificatori sarà pertanto subordinato alla realizzazione di
supplementi di indagine per acquisire una maggior conoscenza geologico-tecnica dell’area e del
suo intorno.
Sottoclasse 3a – Aree poco acclivi o prossime a scarpate acclivi.
Caratteri limitanti: aree al piede di versanti nei quali sono presenti pareti rocciose soggette a
frane di crollo, e/o accumuli detritici localmente instabili; possibile presenza di fenomeni erosivi
diffusi, ruscellamento concentrato, colluviamento, soliflusso e soil creep.
Prescrizioni:
dovranno essere accertate le condizioni locali di sicurezza, con esame del pendio a monte e
dovranno essere realizzati gli interventi di sistemazione e di difesa;
evitare per quanto possibile sbancamenti di notevole altezza verso monte;
ubicare le strutture il più lontano possibile dai cigli di scarpata;
evitare tassativamente dispersioni incontrollate di acque sui versanti o nelle immediate
vicinanze dei cigli di scarpata.
Sottoclasse 3b – Aree ad acclività media, compresa tra i 20°÷35°, con possibilità di
innesco di scivolamenti superficiali e/o crolli di materiale.
Caratteri limitanti: terreni con caratteristiche geotecniche variabili da buone a discrete soggetti
all’attività erosiva delle acque di dilavamento superficiale e/o all’azione della gravità e/o gelo-
disgelo sugli ammassi rocciosi; l’utilizzo delle aree comprese in questa fascia deve essere tale
da non compromettere la stabilità dei pendii.
Prescrizioni:
analisi di stabilità del pendio e dei fronti di scavo;
rilievi geomorfologici di dettaglio ed analisi dell’ammasso roccioso;
fare valutazioni di tipo geomorfologico sulle possibili evoluzioni del versante;
necessità di realizzare drenaggi per la raccolta e lo smaltimento delle acque in occasione di
eventi meteorici;
opere di sostegno e/o contenimento di una certa entità;
nella scelta delle opere di consolidamento dei versanti è preferibile orientarsi verso l’utilizzo
di tecniche di ingegneria naturalistica.
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Sottoclasse 3c – Aree protette da interventi di difesa efficaci ed efficienti.
Caratteri limitanti: aree caratterizzate da fenomeni di crolli in roccia stabilizzati mediante la
realizzazione di interventi di difesa attiva.
Prescrizioni: gli Enti/Privati competenti devono verificare la continua efficienza ed efficacia
delle opere di messa in sicurezza realizzate.
Sottoclasse 3* – Aree di probabile accumulo adiacenti ad aree in dissesto o di
potenziale dissesto vincolate dalla messa in sicurezza mediante realizzazione di
opere efficaci ed efficienti.
Caratteri limitanti: l’attribuzione della classe 3 di fattibilità, valutata l’esistenza di effettivo o
potenziale pericolo del verificarsi di fenomeni di dissesto con l’interessamento di aree già
edificate e/o di futura edificazione o di pubblica fruizione, è condizionata dalla realizzazione
delle opere necessarie alla messa in sicurezza.
Prescrizioni:
studi approfonditi e particolareggiati con valutazione della stabilità dei versanti definendo le
zone di distacco, di transito e di accumulo del materiale coinvolto;
studi per definire la circolazione delle acque superficiali, del primo sottosuolo con
predisposizione di interventi volte alla loro regimazione e dispersione;
studi per il dimensionamento delle opere di difesa passiva e/o attiva e loro realizzazione
prima degli interventi ammessi;
predisporre interventi di difesa del suolo, di recupero morfologico e paesistico ambientale
delle aree interessate;
gli interventi di sistemazione dovranno privilegiare l’uso di tecniche di ingegneria
naturalistica.
Sottoclasse 3d – Aree estrattive dismesse non ancora recuperate.
Caratteri limitanti: presenza di fronti di scavo aperti e instabili e di materiale di riporto instabile
e/o soggetto a fenomeni di cedimento.
Prescrizioni:
eseguire accurati rilievi geomeccanici degli ammassi rocciosi, eseguiti nell’area d’intervento
e nel suo significativo intorno, al fine di verificarne la qualità ai fini della stabilità dei fronti
di scavo;
eseguire verifiche di stabilità dei fronti di scavo e dei versanti interessati dagli scavi;
eseguire un’attenta indagine geognostica che prevedrà prove dirette da eseguirsi in sito,
necessarie per definire la presenza e l’entità di eventuale materiale di riporto, nonché i
cedimenti totali e differenziali;
evitare dispersioni incontrollate e concentrate di acque di sgrondo o d’altro tipo al suolo, in
modo da evitare l’innesco di fenomeni erosionali o la formazione di ristagni;
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valutare attentamente la dispersione delle acque meteoriche nel sottosuolo con particolare
attenzione alle problematiche ambientali eventualmente determinate dalla presenza di
terreni di riporto (con riferimento al D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.);
a fronte di qualsiasi azione sono da prevedere contestualmente interventi di recupero
morfologico e paesistico ambientale delle aree interessate; sono da prevedere in tutti i casi
interventi di difesa del suolo e la predisposizione di accorgimenti per lo smaltimento delle
acque meteoriche e quelle di primo sottosuolo; studi per il dimensionamento delle opere di
difesa passiva e/o attiva e loro realizzazione prima degli interventi ammessi; gli interventi
di sistemazione dovranno privilegiare l’uso di tecniche di ingegneria naturalistica.
Sottoclasse 3e – Aree ad elevata vulnerabilità dell’acquifero sfruttato ad uso
idropotabile e/o del primo acquifero.
Caratteri limitanti: la presenza di suoli poco protettivi con permeabilità medio-elevata e la
presenza di falda libera alimentata dall’infiltrazione diretta delle acque meteoriche e/o da corpi
idrici superficiali e dai loro apparati, determina un grado di vulnerabilità elevato per l’acquifero
superficiale.
Prescrizioni:
lo scarico diretto delle attività produttive, delle realtà abitative come delle acque di prima
pioggia sul suolo è vietato, secondo le disposizioni del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. “Testo
Unico ambiente” e dei D.lgs. 152/99 e 258/00;
le fognature, le fosse biologiche e le cunette stradali di nuova costruzione devono essere
alloggiate in manufatti impermeabili a tenuta, dotati di pozzetti ispezionabili per prevenire
fenomeni di contaminazione;
ogni intervento sull’esistente e ogni nuova opera deve garantire il mantenimento e/o il
miglioramento delle caratteristiche fisico chimiche delle acque della falda sia superficiale
che profonda.
Sottoclasse 3f – Aree prevalentemente limoso-sabbiose con limitata capacità
portante e ridotta soggiacenza della falda.
Caratteri limitanti: scarse o pessime caratteristiche geotecniche dei terreni del primo
sottosuolo per la possibile presenza di litologie medio-fini caratterizzate da limitata capacità
portante e drenaggio lento; bassa soggiacenza della falda.
Prescrizioni:
eseguire indagini geognostiche e/o geotecniche finalizzate alla verifica di compatibilità
geologica, geomorfologica, geotecnica e idrogeologica del progetto;
eseguire indagini geotecniche in sito ed eventualmente di laboratorio per la determinazione
dei parametri geotecnici dei terreni;
obbligatoria l’esecuzione di indagini idrogeologiche volte alla definizione del livello della
falda;
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Si sconsiglia la realizzazione di piani interrati impostati ad una quota inferiore a quella
piezometrica (considerando un intervallo di oscillazione adeguato); la realizzazione dovrà in
ogni caso essere supportata da un idonea progettazione dei sistemi di impermeabilizzazione,
drenaggio ed allontanamento delle acque.
La modifica di destinazione d’uso di aree produttive necessita la verifica dello stato di salubrità
dei suoli ai sensi del Regolamento Locale d’Igiene; qualora venga rilevato uno stato di
contaminazione dei terreni o delle acque sotterranee, dovranno avviarsi le procedure previste
dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. “Norme in materia ambientale”.
Sottoclasse 3f* – Aree caratterizzate fenomeni di subsidenza.
Caratteri limitanti: fenomeni di cedimento e costipazione di terreni a prevalente componente
limoso-sabbiosa e con presenza di circolazione idrica sotterranea, aventi caratteristiche
geotecniche da scarse a pessime.
Prescrizioni:
eseguire indagini geognostiche e/o geotecniche finalizzate alla verifica di compatibilità
geologica, geomorfologica, geotecnica e idrogeologica del progetto;
eseguire indagini geotecniche in sito e di laboratorio per la determinazione dei parametri
geotecnici dei terreni;
obbligatoria l’esecuzione di indagini idrogeologiche volte alla definizione del livello della
falda;
prevedere, in fase di progettazione, interventi di miglioramento delle caratteristiche
geotecniche dei terreni di fondazione;
su edifici già esistenti prevedere interventi di consolidamento delle fondazioni.
Sottoclasse 3g – Aree con riporti di materiale, aree colmate.
Caratteri limitanti: caratterizzata dalla presenza di materiale di riporto e, quindi, con terreni
che possono presentare scarse caratteristiche geotecniche ed essere costituiti, oltre che da
terreni naturali anche da materiali provenienti da demolizioni e, quindi, potenzialmente
inquinanti.
Prescrizioni: l’utilizzo di queste aree è legato al miglioramento delle caratteristiche geotecniche
del terreno di fondazione ed all’allontanamento, previa adeguata analisi del terreno, degli
eventuali materiali provenienti da scavi e demolizioni;
dovranno essere previsti rilievi approfonditi rivolti alla determinazione dello spessore del
materiale di riporto ed alla definizione delle caratteristiche geotecniche del terreno di
fondazione;
effettuazione di indagini ambientali, ai sensi del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., con adeguata
analisi del terreno e valutazione della presenza di eventuali inquinanti nel sottosuolo.
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Sottoclasse 3Fs – Aree interessate da frane stabilizzate (pericolosità media o
moderata).
Caratteri limitanti: è la tipologia di ambito di frana meno critico.
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 4 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 3Eb – Aree di esondazione e dissesti di carattere torrentizio lungo le aste
dei corsi d’acqua coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità elevata.
Caratteri limitanti: esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei
corsi d’acqua (erosioni di sponda, sovraincisioni del thalweg, trasporto di massa).
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 6 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 3Cp – Aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi parzialmente protette
da opere di difesa e di sistemazione a monte (pericolosità elevata).
Caratteri limitanti: trasporto di massa sui conoidi.
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 8 del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I. (L.
18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale
n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 3 Zona 2 – Aree a rischio idrogeologico molto elevato in ambiente
collinare e montano.
Caratteri limitanti: area potenzialmente interessata dal manifestarsi di fenomeni di instabilità
coinvolgenti settori più ampi di quelli attualmente riconosciuti o in cui l’intensità dei fenomeni è
modesta in rapporto ai danni potenziali sui beni esposti.
Prescrizioni: si applicano gli artt. 49, 50 comma 3 del titolo IV delle Norme di Attuazione
del P.A.I. (L. 18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato
Istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001).
5.4 Classe 2 (gialla) – Fattibilità con modeste limitazioni
La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate modeste limitazioni all’utilizzo a
scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso, che possono essere superate
mediante approfondimenti di indagine e accorgimenti tecnico-costruttivi e senza l’esecuzione di
opere di difesa.
Sottoclasse 2a – Aree prevalentemente sabbiose con limitata capacità portante.
Caratteri limitanti: aree pianeggianti o a debole pendenza con mediocri o scarse caratteristiche
geotecniche dei terreni del primo sottosuolo per la possibile presenza di litologie medio-fini
caratterizzate da limitata capacità portante e drenaggio lento.
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Prescrizioni:
eseguire indagini geognostiche e/o geotecniche finalizzate alla verifica di compatibilità
geologica, geomorfologica, geotecnica e idrogeologica del progetto;
eseguire indagini geotecniche in sito, ed eventualmente di laboratorio, per la
determinazione dei parametri geotecnici dei terreni;
prevedere una corretta progettazione, previo dimensionamento, dei sistemi di
impermeabilizzazione, allontanamento e smaltimento delle acque chiare;
verificare l’eventuale presenza di venute d’acqua o di piccole falde sospese con
conseguente realizzazione degli indispensabili interventi di drenaggio.
La modifica di destinazione d’uso di aree produttive necessita la verifica dello stato di salubrità
dei suoli ai sensi del Regolamento Locale d’Igiene; qualora venga rilevato uno stato di
contaminazione dei terreni o delle acque sotterranee, dovranno avviarsi le procedure previste
dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. “Norme in materia ambientale”.
Sottoclasse 2b – Aree con presenza di depositi morenici e di substrato roccioso a
ridotta profondità, con caratteristiche geotecniche-geomeccaniche da mediocri a
discrete.
Caratteri limitanti: aree pianeggianti o a debole pendenza con possibile locale presenza, nei
primi 2 - 3 metri di sottosuolo, di terreni a mediocri caratteristiche geotecniche; probabili
venute d’acqua lungo il fronte in escavazione all’interno dei depositi morenici: in linea generale
dovranno essere previsti interventi che favoriscano lo scorrimento controllato delle acque e che
ne consentano l’assorbimento naturale nel sottosuolo.
Prescrizioni:
prevedere una corretta progettazione, previo dimensionamento, dei sistemi di
impermeabilizzazione, allontanamento e smaltimento delle acque chiare;
verificare l’eventuale presenza di venute d’acqua o di piccole falde sospese con
conseguente realizzazione degli indispensabili interventi di drenaggio.
Sottoclasse 2Em – Aree di esondazione e dissesti di carattere torrentizio lungo le
aste dei corsi d’acqua coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità media o moderata.
Caratteri limitanti: esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei
corsi d’acqua (erosioni di sponda, sovraincisioni del thalweg, trasporto di massa).
Prescrizioni: si applica l’art. 9 comma 6bis del titolo I delle Norme di Attuazione del P.A.I.
(L. 18/05/1989 n. 183 art. 17 comma 6ter, adottato con deliberazione del Comitato
Istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001).
Sottoclasse 2Cn – Aree di conoidi non recentemente riattivatisi o completamente
protette da opere di difesa (pericolosità media o moderata)Cn.
Caratteri limitanti: trasporto di massa sui conoidi.
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Prescrizioni: compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche
conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio
1992, n. 225. Gli interventi ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di
compatibilità con le condizioni del dissesto validato dall'Autorità competente; valgono le norme
di cui alla D.G.R. n. 9/2616 2011.
5.5 Classe 1 (bianca) – Fattibilità senza particolari limitazioni La classe comprende quelle aree che non presentano particolari limitazioni all’utilizzo a scopi
edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso e per le quali deve essere direttamente
applicato quanto prescritto dal D.M. 14.01.2008 “Norme Tecniche per le costruzioni”.
Sottoclasse 1Cn – Aree di conoidi non recentemente riattivatisi o completamente
protette da opere di difesa (pericolosità media o moderata).
Caratteri limitanti: trasporto di massa sui conoidi.
Prescrizioni: compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche
conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio
1992, n. 225. Gli interventi ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di
compatibilità con le condizioni del dissesto validato dall'Autorità competente; valgono le norme
di cui alla D.G.R. n. 9/2616 2011.
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23868 VALMADRERA (LC), Via Leopardi 7 – Tel: 0341 200641 Fax: 0341 1886053 P.IVA: 03511570131 – C.F.:STNLRB66H29E507K
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6. Regolamento di polizia idraulica
PREMESSA
Il presente documento regola l’attività di “polizia idraulica” intesa come attività di controllo
degli interventi di gestione e trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi
idrici.
Qualsiasi opera o intervento, anche al di fuori dell’area demaniale idrica, che possa influire
anche indirettamente sul regime dei corsi d’acqua pubblici deve essere autorizzata oppure può
essere assoggetta a limitazioni e divieti.
Le norme di polizia idraulica si applicano alle acque pubbliche.
Il presente regolamento redatto secondo la Deliberazione della Giunta Regionale del 25
gennaio 2002, n. 7/7868 e successive modificazioni ed integrazioni (cfr. DGRL n. 7/13950 del
1 agosto 2003), è stato aggiornato secondo le direttive della D.G.R. 22 dicembre 2011 – n.
IX/2762 ed è valido su tutto il territorio della Città di Valmadrera.
Nel caso di realizzazione di interventi in ambito di competenza del reticolo idrico minore, si
dovrà istruire una pratica edilizia per il rilascio del permesso delegato al Comune quale
Autorità idraulica competente in materia di polizia idraulica (D.G.R. 22 dicembre 2011 – n.
IX/2762, Allegato E, Titolo I, paragrafo 2; ai sensi dell’art. 3, c. 114, L.R. 1/2000).
ART.1 – NORME GENERALI
L'obiettivo da perseguire si sintetizza nella salvaguardia del reticolo idrografico sul territorio
comunale e nella protezione dai rischi naturali o che conseguono alle sue modifiche e
trasformazioni. Le norme generali del presente Regolamento, fatti salvi gli specifici obblighi e
divieti indicati dagli articoli successivi, forniscono indirizzi progettuali validi per ogni tipo di
intervento di manutenzione, modificazione e trasformazione dello stato dei corsi d'acqua del
territorio comunale e sono costituiti da un insieme di regole, criteri operativi e modalità di
intervento atti al conseguimento di un risultato materiale o prestazionale.
L'amministrazione comunale, attraverso le commissioni consiliari ed i propri organi tecnici, ne
sorveglia l'osservanza.
ART.2 - DEFINIZIONI
ART.2.a - PRINCIPIO DI PUBBLICITÀ DELLE ACQUE
Il principio della pubblicità di tutte le acque superficiali e sotterranee (art. 144, c. 1, del D.Lgs.
3 aprile 2006, n. 152) statuisce che tutte le acque, ad esclusione di quelle piovane non ancora
raccolte in corsi d’acqua od in cisterne ed invasi, sono da considerarsi pubbliche e pertanto
appartengono al demanio pubblico e alle stesse si applicano le norme di polizia idraulica.
Art.2.b. – DEMANIO IDRICO
Ai sensi del 1° comma dell’art. 882 del Codice Civile, “appartengono allo Stato e fanno parte
del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le
altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia…”.
ART.2.c - DEFINIZIONE DI CORSO D’ACQUA
Facendo riferimento alla delibera del Comitato Interministeriale Ambiente del 4 febbraio 1977,
pubblicata sulla G.U. 21.02.1977 n. 48, con la denominazione “corsi d’acqua” si identificano sia
i corsi d’acqua naturali (come i fiumi, i torrenti, i rii, ecc….), che quelli artificiali (come i canali
irrigui, industriali, navigabili, ecc…), fatta però esclusione dei canali appositamente costruiti per
lo smaltimento di liquami e di acque reflue industriali.
Art.2.d – ALVEO DI UN CORSO D’ACQUA
Porzione della regione fluviale compresa tra le sponde incise naturali, costituite dal limite
dell’erosione dei terreni operata dalla corrente idrica, ovvero fisse (artificiali), quali scogliere e
muri d’argine in froldo.
ART.2.e – FASCIA DI RISPETTO
Fascia di terreno, su entrambi i lati del corso d’acqua, a sviluppo longitudinale, da riferirsi a
tutta l’asta del corpo d’acqua medesimo.
Trattasi di un area necessaria a consentirne l’accessibilità per la manutenzione, la fruizione e la
riqualificazione ambientale.
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ART.3 - INDIVIDUAZIONE DEL RETICOLO IDRICO PRINCIPALE
Il reticolo idrico principale è stato individuato dalla Deliberazione Giunta Regionale 25 gennaio
2002 n. 7/7868, allegato A, e successive modificazioni ed integrazioni (cfr. DGRL n. 7/13950
del 1 agosto 2003) e aggiornato secondo la D.G.R. 22 dicembre 2011 n. IX/2762 – allegato A:
su di esso l’esercizio della attività di polizia idraulica compete alla Regione Lombardia.
Elenco corsi d’acqua appartenenti al reticolo idrico principale compresi nel territorio
comunale:
Fiume Rio Torto (LC012): tutto il corso;
Valle di Toscio (LC013): dallo sbocco e per il tratto che corre lungo il confine con il
Comune di Civate;
Torrente Inferno (LC014): da quota 515 m del tratto montano (Val Molinata) allo
sbocco.
ART.4 - INDIVIDUAZIONE DEL RETICOLO IDRICO MINORE
Il reticolo idrico minore è stato individuato in base alla definizione del regolamento di
attuazione della L. 36/94 (art. 1 e 2), da quanto definito dalla Deliberazione Giunta Regionale
25 gennaio 2002 n. 7/7868, allegato B, e successive modificazioni ed integrazioni (cfr. DGRL n.
7/13950 del 1 agosto 2003) e comunque per differenza dal reticolo principale.
In particolare risultano inseriti i corsi d’acqua rispondenti ad uno o più dei seguenti criteri:
siano indicati come demaniali nelle carte catastali o in base a normative vigenti;
siano stati oggetto di interventi di sistemazione idraulica con finanziamenti pubblici;
siano rappresentati come corsi d’acqua dalle cartografie ufficiali (IGM, CTR).
Su di esso l’esercizio della attività di polizia idraulica è di competenza comunale.
ART.5 – AMBITO DI APPLICAZIONE
Il presente regolamento è applicato su tutto il reticolo idrografico comunale così come riportato
nella Relazione Tecnica e individuato sulla cartografia allegata, elaborati che costituiscono
parte integrante del documento.
ART.6 – INDIVIDUAZIONE DELLE FASCE DI RISPETTO DEI CORSI D’ACQUA
Le distanze dai corsi d’acqua devono intendersi misurate ortogonalmente e orizzontalmente dal
piede arginale esterno o, in assenza di argini in rilevato, dalla sommità della sponda incisa. Nel
caso di sponde stabili, consolidate o protette, le distanze possono essere calcolate con
riferimento alla linea individuata dalla piena ordinaria o dallo spigolo esterno del manufatto.
La fascia di rispetto deve comunque tenere conto:
delle aree storicamente soggette ad esondazioni;
delle aree interessabili da fenomeni erosivi e di divagazione dell’alveo.
La misura della fascia di rispetto dovrà sempre essere effettuata con precisione a seguito di
rilievo topografico in situ.
Nell’eventualità di realizzazione di interventi autorizzati di trasformazione morfologica di aree
poste in fregio ai corsi d’acqua che comportino una modifica dei cigli e/o scarpate e/o argini, la
misura relativa alle fasce di rispetto dovrà intendersi riferita alla situazione finale dopo
l’intervento.
Tali interventi non dovranno comunque mai comportare una riduzione della sezione idraulica.
ART. 7 – ATTIVITÀ ED INTERVENTI VIETATI ALL’INTERNO DELLE FASCE DI
RISPETTO
La realizzazione di nuove edificazioni, a carattere provvisorio e/o definitivo, di qualsiasi
natura, destinazione e dimensione: per edificazione va inteso qualunque tipo di fabbricato
per i quali siano previste opere di fondazione anche se in sotterraneo.
I movimenti di terra che alterino in modo sostanziale e stabile il profilo del terreno, con
implicazioni negative sulla sponda.
La realizzazione di qualsiasi opera in muratura anche se non sporgente dal terreno.
La posa di tralicci, pali e teleferiche a carattere permanente.
La realizzazione di pescaie e chiuse.
Il pascolo e la permanenza di bestiame sulle sponde, sulle scarpate e sugli argini.
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La piantagione di alberi, siepi ed arbusti oltre a qualsiasi attività agricola (es.: orti) ad una
distanza inferiore ai 4,00 m.
Lo sradicamento di alberi che porti a compromettere la stabilità della sponda.
Il deposito di qualsiasi tipo di materiale.
La realizzazione di: impianti di smaltimento di rifiuti, discariche, cave.
Qualunque intervento che possa essere di danno alle sponde e/o alle opere di difesa
spondale esistenti.
Qualunque tipo di recinzione od interclusione alla fascia di rispetto: si precisa che le
recinzioni in muratura con fondazioni sono assimilate ai fabbricati, mentre quelle
semplicemente infisse nel terreno sono assimilate alle piantagioni (D.G.R. n. 7633 del
08.04.1986).
La tombinatura dei corsi d’acqua, ai sensi dell’art. 115, c. 1 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
e s.m.i. e del Piano di Tutela ed Uso delle Acque della Lombardia.
Il posizionamento longitudinale di infrastrutture in alveo che ne riducano la sezione.
Qualunque trasformazione, manomissione, immissione di acque in generale, se non
meteoriche, e di reflui non depurati in particolare, all'interno del corpo idrico.
Per quanto non meglio precisato sopra si faccia riferimento alla D.G.R. 22 dicembre 2011 – n.
IX/2762, allegato B – par. 5 – punto 5.2 e allegato E – Titolo I – par. 5.
ART.8 –LAVORI E OPERE SOGGETTI A CONCESSIONI
All’interno delle fasce di rispetto si considerano ammissibili, previa valutazione di compatibilità
e successiva concessione rilasciata dall’Autorità idraulica competente e sotto l’osservanza delle
condizioni imposte nel relativo disciplinare, i seguenti lavori/opere: la formazione di pennelli, chiuse ed altre simili opere nell’alveo dei fiumi e torrenti per
facilitare l’accesso e l’esercizio dei porti natanti e ponti di barche;
la formazione di ripari a difesa delle sponde che si avanzano entro gli alvei oltre le linee che
fissano la loro larghezza normale;
i dissodamenti dei terreni boscati e cespugliati laterali ai fiumi e torrenti a distanza minore
di metri cento dalla linea a cui giungono le acque ordinarie, ferme le disposizioni di cui
all’art. 96, lettera c) del R.D. 523/1904;
le piantagioni delle alluvioni a qualsivoglia distanza dalla opposta sponda, quando si trovino
di fronte di un abitato minacciato da corrosione, ovvero di un territorio esposto al pericolo
di disalveamenti;
la formazione di rilevati di salita o discesa dal corpo degli argini per lo stabilimento di
comunicazione ai beni, agli abbeveratoi, ai guadi ed ai passi dei fiumi e torrenti;
la ricostruzione, tuttoché senza variazioni di posizione e forma, delle chiuse stabili ed incili
delle derivazioni, di ponti, ponti canali, botti sotterranee e simili esistenti negli alvei dei
fiumi, torrenti, rivi, scolatoi pubblici e canali demaniali;
il trasporto in altra posizione dei molini natanti stabiliti sia con chiuse, sia senza chiuse,
fermo l’obbligo dell’intera estirpazione delle chiuse abbandonate;
l’occupazione delle spiagge dei laghi con opere stabili, gli scavamenti lungh’esse che
possano promuovere il deperimento o recar pregiudizio alle vie alzaie ove esistono, e
finalmente la estrazione di ciottoli, ghiaie o sabbie. Restano inoltre soggette a concessione la realizzazione nonché ogni modifica delle seguenti
opere:
ponti carrabili, ferroviari, passerelle pedonali, ponti-canali;
attraversamenti dell’alveo con tubazioni e condotte interrate, sospese o aggraffate ad altri
manufatti di attraversamento;
attraversamenti dell’alveo con linee aeree elettriche, telefoniche o di altri impianti di
telecomunicazione;
tubazioni aggraffate ai muri d’argine che occupino l’alveo in proiezione orizzontale;
muri d’argine ed altre opere di protezione delle sponde;
opere di regimazione e di difesa idraulica;
opere di derivazione e di restituzione e scarico di qualsiasi natura;
scavi e demolizioni;
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coperture parziali o tombinature dei corsi d’acqua nei casi ammessi dall’autorità idraulica
competente;
chiaviche. Altre norme di riferimento sono quelle contenute nel Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico
(PAI) per le aree di esondazione e i dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei
corsi d’acqua (art. 9, commi 5, 6, 6-bis delle Norme di Attuazione del PAI, approvato con
D.P.C.M. 24 maggio 2001). Ad integrazione si specifica quanto segue:
Opere di regimazione idraulica (per il consolidamento e la regolarizzazione degli alvei)
Le opere previste, con o senza occupazione del suolo demaniale, devono essere finalizzate al
riassetto dell'equilibrio idrogeologico, al ripristino della funzionalità della rete del deflusso
superficiale, alla messa in sicurezza dei manufatti e delle strutture, alla rinaturalizzazione
spontanea, al miglioramento generale della qualità ecobiologica ed a favorirne la fruizione
pubblica.
Nel caso di interventi temporanei è obbligatorio il ripristino dei luoghi a carico del soggetto
richiedente.
Durante l’esecuzione di tali opere è consentita l’occupazione temporanea dell’alveo, che non
deve comunque ridurre la capacità di portata dell’alveo e realizzata in modo da non arrecare
danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità in caso di piena. Esse dovranno essere concepite privilegiando, compatibilmente con la disponibilità della risorsa
idrica, le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica. La realizzazione di muri di sponda verticali o ad elevata pendenza è consentita unicamente
all'interno di centri abitati, e comunque dove non sono possibili alternative di intervento a
causa della limitatezza delle aree disponibili. Le opere in progetto, anche se realizzate da privati, devono essere supportate da una relazione
tecnica che ne comprovi la necessità, la compatibilità ambientale oltre a dimostrare l’assenza
di interferenze negative sull’assetto idrogeologico ed idraulico.
Manufatti e attraversamenti in subalveo
I manufatti e gli attraversamenti realizzati in subalveo (al di sotto dell’alveo) devono essere
posti a quote inferiori a quelle raggiungibili in base all’evoluzione morfologica prevista
dell’alveo; devono comunque essere adeguatamente difesi dalla possibilità di danneggiamento
per erosione del corso d’acqua mediante la realizzazione di protezione e rivestimento del fondo
alveo nel tratto interessato dall’attraversamento.
E’ ammesso l’attraversamento mediante spingitubo e tubazioni rivestite da tubo fodera, se le
operazioni non interferiscono con sponde e/o scogliere esistenti.
L’attraversamento dovrà avvenire perpendicolarmente all’asse dell’alveo.
Infrastrutture longitudinali in alveo
Nello specifico caso di impossibilità di diversa localizzazione delle stesse, sono ammesse
infrastrutture longitudinali in subalveo.
In tal caso devono essere poste a quote inferiori a quelle raggiungibili in base all’evoluzione
morfologica prevista dell’alveo; devono comunque essere adeguatamente difese dalla
possibilità di danneggiamento per erosione del corso d’acqua mediante la realizzazione di
protezione e rivestimento del fondo alveo nel tratto interessato dall’attraversamento.
Le tubazioni aggraffate ai muri di sponda non devono essere causa di restringimento della
sezione di deflusso, non devono alterare o causare danno alle opere stesse; nel caso dovessero
subire danni a causa di eventi idrogeologici/idraulici non sono previsti risarcimenti.
Attraversamenti in superficie
Per attraversamenti si intendono: ponti, gasdotti, fognature, tubature e infrastrutture a rete in
genere.
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Gli attraversamenti con luce superiore a m 6,00 devono essere realizzati secondo la direttiva
dell'Autorità di Bacino "Criteri per la valutazione della compatibilità idraulica delle infrastrutture
pubbliche e di interesse pubblico all'interno delle fasce A e B", paragrafi 3 e 4 (approvata con
delibera dell'Autorità di Bacino n. 2/1999).
Per i manufatti di dimensioni inferiori il progetto deve essere accompagnato da apposita
relazione idrologico-idraulica, redatta da tecnico abilitato, attestante che gli stessi sono stati
dimensionati per una piena con tempo di ritorno di almeno 100 anni e un franco minimo di 1
m. Eccezionalmente, per corsi d’acqua di piccole dimensioni e per infrastrutture di modesta
importanza, possono essere assunti tempi di ritorno inferiori, in relazione ad esigenze tecniche
specifiche, purché adeguatamente motivate e supportate da uno studio che attesti che le opere
non comportino un significativo aggravamento delle condizioni di rischio idraulico sul territorio
circostante per piene superiori a quella di progetto.
Le portate di piena devono essere valutate secondo le direttive idrologiche di Autorità di Bacino
e Regione. Si raccomanda di analizzare l’interazione tra fondazione/spalle del manufatto in progetto con le
sponde esistenti: in generale, al fine di non comprometterne la stabilità, le spalle degli
attraversamenti non dovranno interagire direttamente con le sponde stesse se non dopo
essere intervenuti con opere di consolidamento. In ogni caso i manufatti di attraversamento comunque non devono:
restringere la sezione mediante spalle e rilevati di accesso;
avere l'intradosso a quota inferiore al piano campagna;
comportare una riduzione della pendenza del corso d'acqua mediante l'utilizzo di soglie di
fondo.
Per i manufatti di dimensioni minori, oltre alla relazione idrologico-idraulica, è facoltà
dell’Amministrazione richiedere l’applicazione di tutta o di parte della direttiva dell'Autorità di
Bacino in funzione della tipologia del manufatto da realizzare e dell’uso al quale sarà destinato. Gli attraversamenti di tubazioni in fregio a ponti esistenti dovranno avvenire attraverso la
sezione di valle, lungo la soletta dell’impalcato, e non dovranno in alcun modo attraversare la
sezione di deflusso del corso d’acqua.
Sottopassi di attraversamento delle opere viarie
I sottopassi per l'attraversamento delle opere viarie devono garantire il mantenimento della
sezione preesistente del corso d'acqua, evitandone restringimenti. La sezione dell'alveo a valle
dell'attraversamento deve sempre risultare maggiore e/o uguale a quella di monte. I sottopassi
devono essere dotati di idonei manufatti di imbocco e sbocco allo scopo di evitare rigurgiti,
malfunzionamenti od erosioni delle sponde in corrispondenza della sezione di collegamento tra
il nuovo e l'esistente.
Allo scopo di mantenere la piena efficienza e funzionalità idraulica, i sottopassi:
devono essere dimensionati, oltre che in base alle specifiche esigenze idrauliche ed irrigue,
anche in maniera da garantire l'ispezionabilità e il facile svolgimento delle operazioni di
manutenzione periodica;
non possono essere realizzati mediante manufatti a "botte a sifone", salvo impossibilità
tecnica di soluzioni alternative, previa progettazione idraulica di dettaglio e solo per casi di
pubblica utilità.
Estrazione di materiale litoide
L’estrazione di materiale litoide dall’alveo dei corsi d’acqua è di esclusiva competenza
regionale.
Infrastrutture tecnologiche
E’ consentita la realizzazione di infrastrutture tecnologiche “orizzontali”, mediante la posa di
tubazioni interrate lungo le sponde dei corsi d’acqua, sempre che i movimenti di terra non
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alterino in modo sostanziale e stabile il profilo del terreno, ed esclusivamente adottando gli
accorgimenti tecnici utili ad evitarne la rottura per erosione o cedimento della sponda.
Tali interventi saranno subordinati alla verifica idraulica del sito ed alla valutazione della
stabilità delle sponde onde prevedere la realizzazione di opere di difesa e di consolidamento
delle sponde stesse. E’ consentita la realizzazione di infrastrutture tecnologiche “verticali”, esplicitamente posa di
pali per l’illuminazione, all’interno dell’area urbanizzata, lungo i corsi d’acqua con sponde
protette e alveo incassato rispetto all’area circostante, preferibilmente su tratti rettilinei, a non
meno di 4,00 m dal ciglio della sponda, isolati tra loro, e comunque a distanze tali da non
configurare un corpo continuo e consentire il libero accesso e transito per le operazioni di
manutenzione, fruizione ed efficienza della fascia di rispetto.
Recinzioni e piantumazioni
Sono consentite le recinzioni amovibili e formate da pali e reti metalliche purché realizzate a
non meno di 4,00 m dalla sponda del corso d’acqua. In presenza di sponde protette con muri in cemento armato con scarpata a tergo e nei casi in
cui sia provata la necessità ai fini della sicurezza, sono autorizzate le recinzioni amovibili alla
sommità dello stesso; è possibile, sempre per motivi di sicurezza, sostituire alla recinzione la
posa di un siepe posta ad una distanza di 2,00 m dal muro di sponda e comunque utilizzando
piante con apparato radicale poco sviluppato al fine di non danneggiare l’opera di protezione
della sponda. Effettuare una verifica di compatibilità idraulica dell’opera con particolare riferimento alle
possibili interferenze con materiale trasportato in caso di piena.
Infrastrutture viarie e parcheggi
Nell’ambito delle fasce di rispetto è consentita la realizzazione di sentieri pedonali, piste
ciclabili e strade, ma senza attrezzature fisse, e tali da non interferire con periodiche
operazioni di manutenzione e pulizia dei corsi d'acqua, purché posizionate il più possibile verso
il margine esterno delle fasce stesse.
Le pavimentazioni delle infrastrutture viarie devono essere realizzate con materiali che
favoriscano il drenaggio delle acque superficiali e non concorrano all’aumento dei tempi di
corrivazione delle stesse. I parcheggi possono essere realizzati in corrispondenza di sponde protette con alveo incassato
rispetto all’area circostante, preferibilmente su tratti rettilinei, posizionati il più possibile verso
il margine esterno della fascia di rispetto, utilizzando pavimentazioni realizzate con materiali
che favoriscano il drenaggio delle acque superficiali e non concorrano all’aumento dei tempi di
corrivazione delle stesse. Nella realizzazione delle opere non devono essere modificate né la morfologia né la struttura
delle sponde e delle aree comprese nelle fasce di rispetto se non per piccole sistemazioni
relative alla pavimentazione.
Scarichi nei corsi d’acqua
La polizia idraulica disciplina anche l'autorizzazione di scarichi nei corsi d'acqua, sotto l'aspetto
della quantità delle acque recapitate.
La materia è normata dall'art. 12 delle Norme Tecniche di attuazione del Piano Stralcio per
l'Assetto Idrogeologico.
L'autorizzazione allo scarico deve verificare preliminarmente la capacità del corpo idrico a
smaltire le portate scaricate con particolare riferimento, oltre alla sezione idraulica dello stesso
(sufficienza od insufficienza), l'attuale regime idraulico, il franco di bonifica, la ricettività del
collocamento finale.
I limiti di accettabilità di portata di scarico fissati, in assenza di più puntuali indicazioni, devono
comunque rispettare quanto disposto dal Piano di Risanamento Regionale delle Acque ossia:
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20 l/s per ogni ettaro di superficie scolante impermeabile, relativamente alle aree di
ampliamento e di espansione residenziali e industriali;
40 l/s per ettaro di superficie scolante impermeabile, relativamente alle aree già dotate di
pubbliche fognature. Il manufatto di recapito deve essere realizzato in modo che lo scarico avvenga nella medesima
direzione del flusso e prevedere accorgimenti tecnici (quali manufatti di dissipazione
dell'energia) per evitare l'innesco di fenomeni erosivi nel corso d'acqua. Nell'impossibilità di convogliare le acque allo scarico nei corsi d'acqua si rende necessario
prevedere sistemi autonomi di laminazione o smaltimento consistenti in bacini di accumulo
temporaneo delle acque meteoriche. Nelle aree destinate ad insediamenti residenziali, attività industriali e artigianali le acque
meteoriche intercettate dalle coperture e dalle aree impermeabilizzate devono essere
recapitate in appositi bacini di accumulo temporaneo evitando il convogliamento diretto in
fognatura o alla rete superficiale e/o la dispersione casuale nelle zone limitrofe. I manufatti di
raccolta, di recapito e di accumulo delle acque meteoriche devono obbligatoriamente essere
compresi nelle opere di urbanizzazione primaria. I bacini di accumulo, dimensionati in relazione
alla superficie delle aree impermeabili e all'altezza di pioggia prevista nelle 24 ore con un
tempo di ritorno centennale, devono invasare le acque meteoriche tramite opportune opere di
captazione. I bacini di accumulo devono essere ricavati in apposite aree permeabili ed essere provvisti di
una soglia tarata per il rilascio regolato dei volumi d'acqua invasati nella rete di scolo delle
acque superficiali. Qualora si preveda un fondo impermeabile per il mantenimento di uno
specchio d'acqua permanente si dovrà garantire il riciclo, anche forzato, dell'intero volume di
acqua onde evitarne il ristagno e il deterioramento della qualità. La dimensione dei bacini deve
essere calcolata considerando il volume di raccolta pari a 130 mm d'acqua per ogni metro
quadrato di superficie impermeabile.
Griglie ed elementi filtranti
All'imboccatura dei tratti dei corsi d'acqua intubati devono essere posti elementi filtranti, o
griglie, allo scopo di evitare l'intasamento della tubazione da parte del detrito e del materiale di
varia natura raccolto e trasportato dalle acque lungo il percorso a monte.
Gli elementi filtranti devono essere dimensionati e posizionati in modo da non diminuire la
sezione utile di deflusso.
La manutenzione ordinaria delle griglie deve prevedere la ripulitura degli elementi filtranti in
particolar modo dopo ogni eventuale piena.
Il Comune deve prescrivere la periodicità degli interventi manutentori ordinari e straordinari.
Tombinature o intubamenti
Vige il divieto di tombinatura dei corsi d'acqua ai sensi dell’art. 115, c. 1 del D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152 e s.m.i. e tutte le operazioni che possano portare all'interramento dei fossi.
Potranno essere autorizzati gli intubamenti qualora ne venga documentata la necessità per
motivi di incolumità delle persone.
Nel caso di manutenzioni straordinarie, le tombinature esistenti dovranno essere aperte e
sostituite con delle griglie.
Manufatti pertinenziali
E’ consentita la realizzazione di pergolati, intesi come strutture discontinue aperte lateralmente
e senza alcun tipo di fondazione, posizionate sul margine esterno della fascia di rispetto e
comunque il più possibile distanti dalle sponde, con un ingombro tale da non interferire con
periodiche operazioni di manutenzione e pulizia del corso d'acqua.
Il manufatto deve essere concepito come struttura amovibile e quindi soggetta, qualora se ne
presentasse l’occorrenza, a rapida rimozione.
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STUDIO GEOLANDSCAPE – Geologo Luca Stanzione
23868 VALMADRERA (LC), Via Leopardi 7 – Tel: 0341 200641 Fax: 0341 1886053 P.IVA: 03511570131 – C.F.:STNLRB66H29E507K
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ART. 9 – LAVORI E OPERE SOGGETTI A NULLA-OSTA IDRAULICO
Sono soggetti a nulla-osta idraulico:
gli interventi che ricadono nella fascia di rispetto di 10 metri a partire dall’estremità
dell’alveo inciso o, nel caso di corsi d’acqua arginati, dal piede esterno dell’argine;
la formazione di difese radenti che non modifichino la geometria del corso d’acqua e non
riducano in alcun modo la sezione di deflusso dell’alveo;
gli interventi o gli usi occasionali che interessano l’area demaniale, ma non generano
interferenze significative con la stessa (es. manifestazioni culturali e/o sportive, singoli
interventi di taglio piante e sfalcio erba, ecc). Ad integrazione si specifica quanto segue: Difese radenti (contro l’erosione delle sponde e di contenimento delle piene)
Sono consentite le difese radenti senza restringimento della sezione d'alveo e a quota non
superiore al piano campagna, realizzate in modo tale da non deviare la corrente verso la
sponda opposta né provocare restringimenti d'alveo: tali opere devono essere caratterizzate da
pendenze e modalità costruttive tali da permettere l'accesso al corso d'acqua. Sono ammesse anche le opere eseguite dai privati, “per semplice difesa aderente alle sponde
dei loro beni, che non alterino in alcun modo il regime dell’alveo” (art. 58 T.U. 523/1904), “alla
condizione che le opere o le piantagioni non arrechino né alterazione al corso ordinario delle
acque, né impedimento alla sua libertà, né danno alle proprietà altrui, pubbliche o private, …..,
ed in generale al diritto di terzi” (art. 95 T.U. 523/1904), e non dovranno interessare, per
quanto possibile, aree demaniali. Il privato proprietario dovrà provvedere alla manutenzione del manufatto nonché alla sua
efficiente funzionalità: tutti gli interventi di ripristino e/o di consolidamento necessari saranno
ad esclusivo carico del proprietario.
Durante l’esecuzione di tali opere è consentita l’occupazione temporanea dell’alveo, che non
deve comunque ridurre la capacità di portata dell’alveo e deve essere realizzata in modo da
non arrecare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità in caso di piena. Esse dovranno essere concepite privilegiando, compatibilmente con la disponibilità della risorsa
idrica, le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica. La richiesta di autorizzazione alla realizzazione di tali opere deve essere supportata da una
relazione tecnica che ne comprovi la necessità, la compatibilità ambientale oltre a dimostrare
l’assenza di interferenze negative sull’assetto idrogeologico ed idraulico.
Manutenzione delle sponde e dell’ambito del corso d’acqua
I lavori di ripulitura e manutenzione del corso d’acqua devono essere eseguiti senza alterare
l'ambiente fluviale qualora vi siano insediate specie faunistiche e botaniche protette o di
evidente valore paesaggistico. Al fine di ridurre il rischio idrogeologico, ogni proprietario frontista è tenuto alla manutenzione
lungo il fronte di proprietà: per manutenzione si intende lo sfalcio dell’erba, il taglio di arbusti
e, ove si manifesti la necessità, la realizzazione di opere di difesa spondali. Sono permessi gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione
riparia, al miglioramento del regime idraulico, alla manutenzione delle infrastrutture idrauliche
e alla realizzazione dei percorsi di attraversamento, nonché gli interventi di risanamento o
potenziamento dei corsi d'acqua qualora ne venga documentata la necessità, accertata la
compatibilità idraulica, comprovato il miglioramento nell'assetto del territorio interessato
mediante la presentazione di una relazione tecnica redatta da un tecnico abilitato. Tali interventi dovranno essere concepiti privilegiando, compatibilmente con la disponibilità
della risorsa idrica, le tecniche costruttive proprie dell'ingegneria naturalistica.
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ART.10 – INTERVENTI AMMISSIBILI CON PROCEDURA D’URGENZA
È consentita l’effettuazione, senza la preventiva concessione idraulica, richiedendo la sola
autorizzazione provvisoria, di tutte quelle attività che rivestano carattere di urgenza e rilevanza
pubblica.
La valutazione delle condizioni di urgenza deve essere fatta dall’autorità idraulica competente
che a seguito della richiesta rilascia, se del caso, la sopra citata autorizzazione provvisoria.
Il soggetto attuatore dovrà comunque richiedere il rilascio della concessione, entro 60 giorni
dall’avvio dell’attività.
Nel provvedimento di autorizzazione si deve fare presente che, qualora a conclusione dell’iter
istruttorio risulti che le opere in questione non siano concedibili, il richiedente dovrà, a sua
cura e spese e senza oneri in capo all’Amministrazione, procedere al ripristino dei luoghi.
Gli interventi realizzati sul reticolo di competenza dalle Autorità idrauliche, o su loro
prescrizione, per sistemazioni idrauliche o destinati alla difesa degli abitati e delle infrastrutture
dalle piene e/o da altri rischi idrogeologici, non necessitano delle preventive autorizzazioni e
concessioni idrauliche e non sono soggetti al pagamento di alcun canone.
ART.11 – PROPRIETARI FRONTISTI
Ai sensi del 2° comma dell’art. 58 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523 sono consentite «le opere
eseguite dai privati per semplice difesa aderente alle sponde dei loro beni, che non alterino in
alcun modo il regime dell’alveo». Tale diritto dei proprietari frontisti, ai sensi dell’art. 95
comma 1, «...è subordinato alla condizione che le opere o le piantagioni non arrechino né
alterazioni al corso ordinario delle acque, né impedimento alla sua libertà, né danno alle
proprietà altrui, pubbliche o private, alla navigazione, alle derivazioni ed agli opifici
legittimamente stabiliti ed in generale ai diritti di terzi». La realizzazione di muri spondali verticali o ad elevata pendenza è tollerata unicamente
all’interno di centri abitati e comunque dove non siano possibili alternative di intervento a
causa della limitatezza delle aree disponibili. Secondo quanto stabilito dall’art. 12, R.D. n. 523/1904, sono ad esclusivo carico dei proprietari
e possessori frontisti le costruzioni di opere di difesa dei loro beni contro i corsi d’acqua. I frontisti saranno chiamati a rispondere dei danni di qualsiasi natura arrecati ai beni demaniali
o loro pertinenze, nonché di ogni altra circostanza che in qualsiasi modo pregiudichi il buon
regime dei corsi d’acqua o generi pericolo per la pubblica incolumità, causati dalla scarsa
manutenzione delle loro proprietà. Qualora le attività di manutenzione rientrino nella casistica per la quale è necessario il nulla-
osta idraulico, questo dovrà essere ottenuto preventivamente.
ART. 12 – INTERVENTI RELATIVI AD EDIFICI, STRUTTURE ED INFRASTRUTTURE
ESISTENTI E RICADENTI ALL’INTERNO DELLE FASCE DI RISPETTO
Tutti le infrastrutture e le edificazioni esistenti alla data di approvazione del presente
Regolamento, ricadenti parzialmente o totalmente all’interno delle fasce di rispetto, e realizzati
in data anteriore al 1904, o realizzati in data successiva con regolare autorizzazione rilasciata
dall’ufficio del Genio Civile competente, sono tollerate qualora non rechino un riconosciuto
pregiudizio sull’assetto idrologico-idraulico del corso d’acqua, ma giunte a deperimento,
conseguente al quale e necessario provvedere alla loro totale demolizione, non possono essere
surrogate fuorché all’esterno delle fasce di rispetto stesse. L’individuazione di fasce di rispetto in deroga a quanto previsto dall’art. 96, lett. f), R.D. n.
523/1904 potrà avvenire solo previa realizzazione di appositi studi idrogeologici ai sensi della
L.R. n. 12/2005 (art. 57) e della DGR 30 novembre 2011 n. 2616 “Aggiornamento dei Criteri
ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di
Governo del Territorio in attuazione dell’articolo 57 comma 1 della L.R. 11 Marzo 2005 n. 12,
approvati con D.G.R. 22 dicembre 2005 n. 8/1566 e successivamente modificati con D.G.R. 28
maggio 2008 n. 8/7374”.
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ART.13 – Ripristino di corsi d’acqua a seguito di violazioni in materia di polizia
idraulica
In caso di realizzazione di opere abusive o difformi da quanto concesso/autorizzato, la diffida a
provvedere alla rimozione e riduzione in pristino dovrà essere disposta con apposita Ordinanza
Sindacale.
ART.14 –AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA, AMBIENTALE E VALUTAZIONE DI
IMPATTO AMBIENTALE
Tutti gli interventi che ricadono in aree di interesse paesaggistico ai sensi degli artt. 136
(immobili ed aree di notevole interesse pubblico), 142 (aree tutelate per legge), 143 c.1 lett.
d) e 157 (notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della
normativa previgente) del D.Lgs. 42/04 e s.m.i., sono assoggettati ad autorizzazione
paesaggistica ex art. 142 del medesimo Decreto Legislativo.
La competenza al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è definita dall’art. 80 della L.R.
12/2005 e s.m.i.; ulteriori approfondimenti al riguardo sono contenuti nel documento “Criteri e
procedure per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni
paesaggistici in attuazione della Legge regionale 11 marzo 2005 n. 12” approvato con D.G.R.
15 marzo 2006 n. 2121 (3° Supplemento Straordinario al n. 13 del Bollettino Ufficiale della
Regione Lombardia del 31 marzo 2006) che costituisce, ai sensi dell’art. 3 delle norme del
Piano Paesaggistico Regionale (PPR), atto a specifica valenza paesaggistica integrato nel Piano
del Paesaggio Lombardo. In generale, in qualsivoglia ambito del territorio regionale sono ubicati gli interventi, deve
sempre essere verificata la coerenza con norme ed indirizzi di tutela del PPR evidenziando
relazioni e sinergie tra la rete idrografica naturale (art. 21 norme PPR) e gli altri sistemi ed
elementi del paesaggio di interesse regionale, al fine di perseguirne tutela, valorizzazione e
miglioramento della qualità. Al riguardo, qualora gli strumenti di pianificazione territoriale
sottordinati (Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale, Piani Territoriali di Coordinamento
dei parchi, Piani Territoriali Regionali d’Area, Piani di Governo del Territorio) siano stati
riconosciuti dall’Ente competente quale atto a valenza paesaggistica “a maggiore definizione”,
sostituiscono a tutti gli effetti il PPR (vedi artt. 4, 5 e 6 norme PPR). Quando gli interventi sono inclusi ovvero possono interferire con le aree facenti parte della rete
ecologica europea “Natura 2000” devono essere attivate le procedure di Valutazione di
Incidenza secondo le modalità individuate dalla D.G.R. 8 agosto 2003, n. 7/14106 e s.m.i. e
dalla D.G.R. 15 ottobre 2004, n. 7/19018 e s.m.i.. Qualora le opere oggetto di concessione rientrino nelle categorie di interventi individuati negli
elenchi A e B dell’Allegato III - Parte seconda del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. dovranno essere
espletate le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) o di verifica di
assoggettabilità a VIA previste dagli artt. 23 e 32 del medesimo dispositivo. Ulteriori
indicazioni al riguardo, anche in riferimento alle competenze amministrative per lo svolgimento
delle procedure, sono contenute nella L.R. 5/2010 “Norme in materia di valutazione di impatto
ambientale”.
ART. 15 – Procedure DI SDEMANIALIZZAZIONE - MODIFICA LIMITI AREA
DEMANIALE E ALIENAZIONE
Sdemanializzazione
L’art. 947 c.c., così come modificato dalla l. 37/1994, esclude la sdemanializzazione tacita dei
beni del demanio idrico. Nelle procedure di sdemanializzazione il provvedimento finale può essere assunto dall’Agenzia
del Demanio solo a seguito di parere favorevole delle Regioni e Province autonome, tenuto
conto anche degli indirizzi delle Autorità di bacino, così come convenuto in sede di Conferenza
Unificata (seduta del 20/06/2002 - Accordo Stato, Regioni ed Enti locali in materia di demanio
idrico ai sensi dell’art. 86 del d.lgs. 112/1998).
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Conformemente a quanto indicato nell’art. 5 della l. 37/1994, il parere regionale deve essere
rilasciato solo a seguito di opportune verifiche in materia di tutela delle acque, equilibrio
geostatico e geomorfologico dei terreni interessati, nonché sugli aspetti naturalistici ed
ambientali coinvolti dagli interventi progettati. Il Comune, nella necessità di modificare o di definire i limiti delle aree demaniali deve proporre
ai competenti uffici dell’amministrazione statale (Agenzia del Demanio) le nuove delimitazioni.
Le richieste di sdemanializzazione sul reticolo minore devono essere inviate alla Agenzia del
Demanio.
Il Comune deve in tal caso fornire il nulla-osta idraulico. Ai sensi dell’art. 115, c. 4, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i., le aree del demanio fluviale
di nuova formazione non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
Alienazione
L’alienazione di beni demaniali è consentita nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 5-bis
del D.L. 143/2003, convertito con l. 212/2003. La Regione interessata alla compravendita del bene è chiamata ad esprimere un parere
vincolante, entro 90 giorni dal ricevimento della documentazione trasmessa dall’Agenzia del
Demanio competente per territorio, così come stabilito nell’Accordo Stato, Regioni e Province
autonome del 30/11/2006 - n. 2690.
ART.16 – CANONI
Sono riportati dall’allegato C della normativa vigente, distinti “CON” e “SENZA” occupazione
fisica dell’area demaniale.
Il canone è dovuto per anno solare e versato anticipatamente entro il 31 marzo dell’anno di
riferimento; per le concessioni rilasciate o in scadenza in corso d’anno, il canone è dovuto in
ragione di ratei mensili pari a un dodicesimo per ciascun mese di validità del provvedimento
concessorio «con esclusione dei canoni minimi che non sono suddivisibili e devono essere
comunque corrisposti per intero»; la frazione di mese deve intendersi per intero (l.r. 29 giugno
2009, n. 10)
L’imposta regionale per l’occupazione delle aree del demanio idrico, nella misura del 100%
dell’importo complessivo del canone da versare, si applica alle sole concessioni inerenti il
reticolo principale.
Qualora il canone annuo e la relativa imposta regionale, se dovuta, risultino di importo
complessivo superiore a 300,00 €, il Concessionario è tenuto a costituire, a favore del
Concedente, una cauzione a garanzia pari ad una annualità di canone, a cui si aggiunge
l›imposta regionale se dovuta (L.R. n. 10/2009, art. 6, c. 9). Tale somma verrà restituita, ove
nulla osti, al termine della concessione.
E’ previsto l’adeguamento annuo del canone sulla base dell’incremento dell’indice ISTAT.
ART.17 – ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA
Parere idraulico: valutazione di ordine tecnico che l’Autorità Idraulica esprime su una
proposta progettuale di intervento che interessa un corso d’acqua. Il parere non dà alcun titolo
ad eseguire opere.
Autorizzazione provvisoria: è l’autorizzazione che viene rilasciata nei soli casi d’urgenza per
la realizzazione di opere/interventi di rilevanza pubblica. Entro 60 giorni dall’avvio dell’attività
dovrà essere comunque chiesta regolare concessione idraulica.
Nulla-osta idraulico: viene rilasciato quando le opere e le attività da realizzare, all’interno
delle fasce di rispetto e senza toccare l’area demaniale, non producono alterazioni al regime
dell’alveo (artt. 58 e 59 R.D. 523/1904), in particolare le difese radenti ricadenti su proprietà
privata (art. 58) nonché quegli interventi che non sono suscettibili di influire direttamente od
indirettamente sul regime del corso d’acqua (circolare 18.5.1982 n. 8689).
Non soggetta al pagamento di canone demaniale.
Concessione idraulica: è l’atto necessario per poter utilizzare un bene del demanio idrico e/o
le sue pertinenze. Ai sensi del R.D. 523/1904 interessa quei soggetti, pubblici o privati, che
intendono occupare aree demaniali.
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Si distinguono due tipologie di concessioni:
Concessione con occupazione fisica di area demaniale: quando gli interventi o l’uso ricadono
all’interno dell’area demaniale, interessando fisicamente il perimetro dell’alveo o la superficie
delle sponde, degli argini o delle alzaie.
E’ soggetta al pagamento del canone demaniale e dell’imposta regionale.
Concessione senza occupazione fisica di area demaniale: quando gli interventi o l’uso non
toccano direttamente il perimetro dell’alveo o la superficie delle sponde, degli argini o delle
alzaie, ma intercettano le proiezioni in verticale dell’area demaniale (ad es. attraversamenti in
sub-alveo o aerei).
E’ soggetta al pagamento del solo canone demaniale.
ART.18 – ISTRUTTORIA
Nel valutare le richieste di nulla-osta idraulico o concessione i tecnici incaricati dovranno in
generale tenere conto dei criteri di buona tecnica di costruzione idraulica; in particolare è
necessario che le opere previste evitino l’occupazione o la riduzione delle aree di espansione
idraulica del corso d’acqua e consentano la massima laminazione delle piene. Le pratiche di nulla-osta e concessione in materia di Polizia Idraulica (nuova pratica)
dovranno essere corredate da tutti gli elaborati tecnici richiesti a norma di legge(corografia,
estratto catastale, piante, sezioni, relazione idraulica, bollettino spese di istruttoria, pareri
ambientali, certificazione antimafia, parametri per il calcolo del canone). In particolare la pratica dovrà essere consegnata al protocollo comunale ed il Responsabile del
Procedimento provvederà in proprio o attraverso altro personale ad istruire la pratica, nella
salvaguardia dei principi di accelerazione e trasparenza di cui alla L. 241/90 e s.m.i. e della
L.R. 30 dicembre 1999, n. 30. La richiesta sarà esposta all’Albo Pretorio Comunale per 15 giorni al fine di accertare l’esistenza
di eventuali interessi di terzi; la pubblicazione deve contenere la succinta esposizione
dell’istanza, la data di presentazione, la descrizione dell’intervento, ovvero altre informazioni
atte a dare ad eventuali oppositori piena cognizione delle caratteristiche della concessione. Il
provvedimento di pubblicazione deve contenere anche il termine della pubblicazione e l’invito a
coloro che ne abbiano interesse di presentare eventuali opposizioni o reclami o domande
concorrenti. La mancanza di documentazione obbligatoria verrà segnalata entro 15 giorni dal ricevimento al
protocollo ed i termini della stessa verranno sospesi fino ad integrazione avvenuta.
Con provvedimento motivato, per casi specifici, il Responsabile del Procedimento potrà
interrompere i tempi richiedendo della documentazione aggiuntiva necessaria per
l’espletamento della pratica.
I tempi di correlazione tra eventuali altri provvedimenti necessari all’intervento (tipo: svincolo
idrogeologico, autorizzazione paesistica, ecc.) comporteranno di fatto una sospensione dei
termini di rilascio del provvedimento. Nel caso in cui l’opera richiesta rientri tra quelle vietate in modo assoluto, prima della formale
adozione del provvedimento di diniego, vengono comunicati al soggetto che ha presentato
l’istanza i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, ai sensi dell’art. 10-bis, l. 241/90;
gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente
corredate da documenti, entro il termine di 10 giorni dal ricevimento della comunicazione. Il Responsabile del Procedimento potrà avvalersi, per l’esame della pratica, della Conferenza
dei Servizi, come previsto dall’art. 14 e segg. della L. 241/90, quando convergono più interessi
pubblici. I pareri che l’Autorità idraulica esprime in sede di conferenza di servizi non possono
sostituire il rilascio del provvedimento concessorio. A conclusione dell’iter procedurale il Responsabile del Procedimento provvederà al rilascio del
nulla-osta (lettera a firma del dirigente) o della concessione (con predisposizione del
disciplinare e redazione del decreto) o al diniego con provvedimento motivato; il
provvedimento, di qualsiasi natura, sarà esposto all’Albo Pretorio Comunale per un periodo di
15 giorni.
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In base al D.P.R. del 26 aprile 1986 n. 131 le concessioni sui beni demaniali sono soggette a
registrazione. In particolare la tariffa parte 1, art. 5 (atti soggetti a registrazione in termine
fisso) al punto 2 indica che le concessioni sui beni demaniali vanno registrate applicando
un’aliquota del 2% dell’importo complessivo (canone + imposta) per il numero degli anni di
durata della concessione. Nel caso di una richiesta di modifica o rinnovo di una concessione esistente, rilasciata ai
sensi del R.D. 523/1904, viene:
recuperato il numero di pratica precedente, che deve essere chiusa;
creata una nuova pratica;
seguito lo stesso iter della pratica nuova per verificare che permangono le condizioni di
concedibilità. Nel caso di una richiesta di rinuncia di una concessione esistente, rilasciata ai sensi del R.D.
523/1904, viene recuperato il numero di pratica, quindi viene:
verificato che il concessionario abbia provveduto al pagamento dei canoni arretrati ed, in
caso negativo, vengono richiesti;
effettuato un sopralluogo finalizzato a verificare lo stato dei luoghi ed in particolare se le
opere oggetto della concessione sono state rimosse;
qualora le opere non siano state rimosse, si dispone la loro rimozione e le modalità di
ripristino dei luoghi;
qualora le opere siano state rimosse, si verifica che le opere di ripristino dei luoghi siano
accettabili e, in caso negativo, si ordinano le opere di sistemazione;
quando le opere risultano essere state rimosse ed i luoghi sistemati in modo opportuno, si
procede alla redazione della relazione d’istruttoria, nella quale dispone la chiusura della
concessione;
si predispone il decreto di chiusura della concessione idraulica. Nel provvedimento con il quale si dichiara la revoca del precedente titolo concessorio
dovranno essere esplicitate le ragioni di tale decisione (sopravvenuti motivi di pubblico
interesse, mutamento della situazione di fatto o nuova valutazione dell’interesse pubblico
originario). Il provvedimento di revoca non può avere efficacia retroattiva.
ART.19 – DOCUMENTAZIONE PER DOMANDA DI NULLA-OSTA IDRAULICO O DI
CONCESSIONE DI POLIZIA IDRAULICA
ART.19A - PROCEDURA RELATIVA A PRATICA NUOVA
Per le istanze di nulla-osta idraulico o di concessione di polizia idraulica, in marca da bollo di
14,62 €, il progetto dovrà essere corredato dalla seguente documentazione minima:
1. Relazione tecnica costituita da:
descrizione delle opere oggetto della concessione;
luogo, dati catastali (foglio mappa e mappale);
nel caso di occupazione d’area il calcolo della superficie demaniale richiesta
motivazioni della realizzazione dell’opera;
caratteristiche tecniche dell’opera.
2. Relazione idrologica/idrogeologica/idraulica:
firmata da tecnico abilitato, da cui emerga la compatibilità progettuale richiesta (in
ottemperanza alla direttiva dell’Autorità di Bacino del Po in data 11 maggio 1999);
asseverazione del progettista, nel caso di interventi sulle sponde (secondo quanto disposto
dagli artt. 58 e 95 del TU 523/1904 – diritto dei proprietari frontisti alla realizzazione di
difese);
3. Elaborati grafici (2 copie):
Corografia (scala 1:10.000/1:5.000) con evidenziato il tratto interessato dalle opere
oggetto della concessione;
Estratto mappa catastale (scala 1:2.000/1:1.000) con il posizionamento delle opere
oggetto della concessione;
rilievo topografico dello stato di fatto, quotato con punti fissi riconoscibili in loco, esteso per
almeno 50 metri a monte e a valle dell’intervento (scala 1:100-1:200);
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planimetria topografica di progetto, quotata (scala 1:100-1:200);
sezioni dello stato di fatto estese a tutto il rilievo con frequenza minima di 5,00 metri;
sezioni di progetto con raffronto relativo allo stato di fatto;
sezione, pianta e particolari, in scala adeguata, delle opere oggetto della concessione;
documentazione fotografica dello stato dei luoghi. N.B.: per interventi attinenti i fabbricati, oltre alla documentazione di cui sopra, dovrà essere
presentata la pianta dell’edificio, sezioni trasversali all’alveo con indicato l’edificio e la quota
della piena di riferimento (non inferiore alla Q100) individuata dalla relazione idraulica di
verifica, costituente parte integrante del progetto. 4. Ricevuta versamento spese d’istruttoria
a. Ricevuta del versamento di €. 51,65 effettuato su bollettino sul c.c. postale n. - IBAN:
intestato a , via , – Causale: Istruttoria pratica di polizia idraulica.
5. 1 copia di tutta la documentazione in forma digitale (formati: doc; xls; jpg; pdf; dwg)
6. Certificazioni allegate:
se in area vincolata: autorizzazione ai fini paesaggistici ai sensi della decreto legislativo 22
gennaio 2004 n. 42 rilasciata dalla Direzione Generale Territorio della Giunta Regionale o
dal Comune interessato dall’intervento, qualora trattasi di opere delegate ai sensi dell’art.
80 della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12 e s.m.i.;
se in area di Parco: autorizzazione di conformità alla Pianificazione rilasciata dal Parco
interessato dalle opere oggetto della concessione;
nel caso di scarico: certificazione dell’Amministrazione Provinciale, o copia conforme, di
accettabilità dello scarico ai sensi dell’Art. 2 dell’allegato della legge 21 gennaio 1994 n. 61.
certificato della Camera di Commercio recante dicitura antimafia, rilasciato ai sensi dell’art.
9 del D.P.R. 3 giugno 1998 del D.P.R. n. 252 del 03.06.1998. (solo per ditte che non
gestiscono pubblici servizi).
ART.20 – INDIRIZZI RELATIVI ALLA VERIFICA DI COMPATIBILITÀ IDRAULICA
Fatte salve le disposizioni vigenti in materia relative ai criteri per l’analisi idraulica (Normativa
PAI), la compatibilità idraulica sarà valutata individuando i possibili rischi che l’intervento in
progetto potrebbe comportare; in generale si dovrà valutare che l’intervento non costituisca
ostacolo al libero deflusso delle acque e che le strutture coinvolte non risultino a rischio.
La relazione di compatibilità idraulica ed idrologica dovrà essere condotta secondo le seguenti
disposizioni minime:
la relazione deve essere chiara, esauriente e contenere i dati necessari per consentire il
controllo e la verifica di tutti i calcoli eseguiti;
lo scenario del rischio idraulico deve essere definito con riferimento alla portata
massima con tempo di ritorno almeno centenario e con individuazione plano-altimetrica
(in scala adeguata) dell’area di massima espansione relativamente alla zona
d’intervento e delle zone a monte e a valle per un dintorno significativo (almeno 50
metri). N.B.: L’adozione di portate con tempi di ritorno inferiori deve considerarsi eccezionale e deve
comunque essere evidenziata ed adeguatamente motivata.
ART.21 – NORME FINALI
Il presente regolamento si applica a tutti i casi previsti nei precedenti articoli ed a quelli non
contenuti che comunque interessano aree di asservimento idraulico del reticolo idrico minore,
nel rispetto della vigente normativa statale e regionale.
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STUDIO GEOLANDSCAPE – Geologo Luca Stanzione
23868 VALMADRERA (LC), Via Leopardi 7 – Tel: 0341 200641 Fax: 0341 1886053 P.IVA: 03511570131 – C.F.:STNLRB66H29E507K
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7. Norme aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile
D.lgs. 152/2006, art. 94 – Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano – (estratto).
……………………………
Comma 3
La zona di Tutela Assoluta è costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o
derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ……………, deve avere un estensione di almeno
10 (dieci) metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e
dev’essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
Comma 4
La Zona di Rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela
assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e
quantitativamente la risorsa idrica captata…………
In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo e
lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia
effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto
della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della
vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e
di quelli finalizzati alla variazione dell’estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-
quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo a stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto
presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E’ comunque
vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
Comma 5
Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad
eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso
deve essere garantita la loro messa in sicurezza.
Entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della terza parte del presente decreto le regioni
e le province autonome disciplinano, all’interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o
attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti di piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.
D.G.R. 10 aprile 2003, n. 7/12693 “D.L. 11 maggio 1999, n. 152 e s.m., art. 21, comma 5 -
Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque sotterranee destinate al consumo umano” All.
1 – Direttive per la disciplina delle attività all’interno delle zone di rispetto.
1. Premessa
……………. la presente direttiva formula criteri e indirizzi in merito:
alla realizzazione di strutture e all’esecuzione di attività ex novo nelle zone di rispetto dei
pozzi esistenti;
alla ubicazione dei nuovi pozzi destinati all’approvvigionamento potabile.
………………………….
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3. Disciplina delle zone di rispetto
3.1 Realizzazione di fognature
Ai fini dell’applicazione del presente atto, per fognature si intendono i collettori di acque
bianche, di acque nere e di acque miste, nonché le opere d’arte connesse, sia pubbliche sia
private.
I nuovi tratti di fognatura da situare nelle zone di rispetto devono:
costituire un sistema a tenuta bidirezionale, cioè dall’interno verso l’esterno e viceversa, e
recapitare esternamente all’area medesima;
essere realizzati evitando, ove possibile, la presenza di manufatti che possano costituire
elemento di discontinuità, quali sifoni e opere di sollevamento.
Ai fini della tenuta, tali tratti potranno in particolare essere realizzati con tubazioni in cunicolo
interrato dotato di pareti impermeabilizzate, avente fondo inclinato verso l’esterno della zona
di rispetto, e corredato di pozzetti rompitratta i quali dovranno possedere analoghe
caratteristiche di tenuta ed essere ispezionabili, oggetto di possibili manutenzioni e con idonea
capacità di trattenimento.
In alternativa, la tenuta deve essere garantita con l’impiego di manufatti in materiale idoneo e
valutando le prestazioni nelle peggiori condizioni di esercizio, riferite nel caso specifico alla
situazione di livello liquido all’intradosso dei chiusini delle opere d’arte.
Nella zona di rispetto di una captazione da acquifero non protetto:
non è consentita la realizzazione di fosse settiche, pozzi perdenti, bacini di accumulo di
liquami e impianti di depurazione;
è in generale opportuno evitare la dispersione di acque meteoriche, anche provenienti da
tetti, nel sottosuolo e la realizzazione di vasche di laminazione e di prima pioggia.
Per tutte le fognature nuove (principali, secondarie, allacciamenti) insediate nella zona di
rispetto sono richieste le verifiche di collaudo.
I progetti e la realizzazione delle fognature devono essere conformi alle condizioni evidenziate
e la messa in esercizio delle opere interessate è subordinata all’esito favorevole del collaudo.
3.2 Realizzazione di opere e infrastrutture di edilizia residenziale e relativa urbanizzazione
Al fine di proteggere le risorse idriche captate i Comuni, nei propri strumenti di pianificazione
urbanistica, favoriscono la destinazione delle zone di rispetto dei pozzi destinati
all’approvvigionamento potabile a “verde pubblico”, ad aree agricole o ad usi residenziali a
bassa densità abitativa.
Nelle zone di rispetto:
per la progettazione e la costruzione degli edifici e delle infrastrutture di pertinenza non
possono essere eseguiti sondaggi e indagini di sottosuolo che comportino la creazione di vie
preferenziali di possibile inquinamento della falda;
le nuove edificazioni possono prevedere volumi interrati che non dovranno interferire con la
falda captata, in particolare dovranno avere una distanza non inferiore a 5 m dalla
superficie freatica, qualora l’acquifero freatico sia oggetto di captazione. Tale distanza
dovrà essere determinata tenendo conto delle oscillazioni piezometriche di lungo periodo
(indicativamente 50 anni).
In tali zone non è inoltre consentito:
la realizzazione, a servizio delle nuove abitazioni, di depositi di materiali pericolosi non
gassosi, anche in serbatoi di piccolo volume a tenuta, sia sul suolo sia nel sottosuolo;
l’insediamento di condotte per il trasporto di sostanze pericolose non gassose;
l’utilizzo di diserbanti e fertilizzanti all’interno di parchi e giardini, a meno di non utilizzare
sostanze antiparassitarie che presentino una ridotta mobilità nei suoli.
…………………………………
3.4 Pratiche agricole
Nelle zone di rispetto sono consigliate coltivazioni biologiche, nonché bosco o prato stabile,
quale ulteriore contributo alla fitodepurazione.
E’ vietato lo spandimento di liquami e la stabulazione, come previsto dal Regolamento
Attuativo della L.R. n. 37 del 15 dicembre 1993 “Norme per il trattamento, la maturazione e
l’utilizzo dei reflui zootecnici”.
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Per i nuovi insediamenti e per quelle aziende che necessitano di adeguamenti delle strutture di
stoccaggio, tali strutture non potranno essere realizzate all’interno delle aree di rispetto, così
come dettato dall’art. 9 punto 7 del Regolamento Attuativo della L.R. n. 37 del 15 dicembre
1993 “Norme per il trattamento, la maturazione e l’utilizzo dei reflui zootecnici”.
L’utilizzo di fertilizzanti di sintesi e di fanghi residui di origine urbana o industriale è comunque
vietato.
Inoltre l’utilizzo di antiparassitari è limitato a sostanze che presentino una ridotta mobilità
all’interno dei suoli.
4. Nuovi pozzi ad uso potabile
L’ubicazione di nuovi pozzi ad uso potabile deve essere di norma prevista in aree non
urbanizzate o comunque a bassa densità insediativa.
L’accertamento della compatibilità tra le strutture e le attività in atto e la realizzazione di una
nuova captazione, con la delimitazione della relativa zona di rispetto ai sensi della D.G.R.
15137/96, è effettuata sulla base degli studi prescritti, integrati dai risultati delle indagini
effettuate sulle strutture e attività presenti nella zona medesima.
4.1 Aree scarsamente urbanizzate
La delimitazione della zona di rispetto è operata sulla base del criterio idrogeologico o
temporale, non essendo consentita, per le nuove captazioni, l’applicazione del criterio
geometrico.
Allo scopo di proteggere le risorse idriche captate, i Comuni favoriscono, negli strumenti di
pianificazione urbanistica, la localizzazione di pozzi captanti acque da acquiferi non protetti in
aree già destinate a “verde pubblico”, in aree agricole o in aree a bassa densità abitativa.
4.2 Aree densamente urbanizzate
Qualora un nuovo pozzo debba essere realizzato in aree densamente urbanizzate, con
sfruttamento di acquiferi vulnerabili, ai sensi della D.G.R. n. 15137/96, la richiesta di
autorizzazione all’escavazione dovrà documentare l’assenza di idonee alternative sotto il profilo
tecnico/economico.
La richiesta, fermi restando i contenuti previsti dalla citata deliberazione, sarà inoltre corredata
da:
l’individuazione delle strutture ed attività presenti nella zona di rispetto;
la valutazione delle condizioni di sicurezza della zona, contenente le caratteristiche e le
verifiche idrauliche e di tenuta delle eventuali fognature presenti, documentate anche
mediante ispezioni, le modalità d’allontanamento delle acque, comprese quelle di
dilavamento delle infrastrutture viarie e ferroviarie e di quelle eventualmente derivanti da
volumi edificati soggiacenti al livello di falda;
il programma d’interventi per la messa in sicurezza della captazione, che potrà prevedere a
tale fine interventi sulle infrastrutture esistenti, identificando i relativi costi e tempi di
realizzazione.
Nel caso considerato, non essendo possibile la delimitazione di una e vera propria zona di
rispetto, il criterio di protezione della captazione sarà di tipo dinamico e la concessione di
derivazione d’acqua indicherà le prescrizioni volte alla tutela della qualità della risorsa
idrica interessata, quali la realizzazione del predetto programma degli interventi, la messa
in opera di piezometri per il controllo lungo il flusso di falda e la previsione di programmi
intensivi di controllo della qualità delle acque emunte.
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8. Norme interventi sulla rete idrografica e sui versanti (PAI) Titolo I - Norme per l’assetto della rete idrografica e dei versanti
Art. 9. Limitazioni alle attività di trasformazione e d’uso del suolo derivanti dalle
condizioni di dissesto idraulico e idrogeologico
1. Le aree interessate da fenomeni di dissesto per la parte collinare e montana del bacino sono
classificate come segue, in relazione alla specifica tipologia dei fenomeni idrogeologici, così
come definiti nell’Elaborato 2 del Piano:
frane:
Fa, aree interessate da frane attive - (pericolosità molto elevata),
Fq, aree interessate da frane quiescenti - (pericolosità elevata),
Fs, aree interessate da frane stabilizzate - (pericolosità media o moderata),
esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi d’acqua:
Ee, aree coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità molto elevata,
Eb, aree coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità elevata,
Em, aree coinvolgibili dai fenomeni con pericolosità media o moderata,
trasporto di massa sui conoidi:
Ca, aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi non protette da opere di difesa e di
sistemazione a monte - (pericolosità molto elevata),
Cp, aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi parzialmente protette da opere di difesa
e di sistemazione a monte - (pericolosità elevata),
Cn, aree di conoidi non recentemente riattivatisi o completamente protette da opere di
difesa - (pericolosità media o moderata),
2. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L.
11 dicembre 2000, n. 365, nelle aree Fa sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, così come definiti alla lettera a)
dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di
interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di
interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela;
le opere di bonifica, di sistemazione e di monitoraggio dei movimenti franosi;
le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;
la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo
stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli interventi devono
comunque garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto
conto dello stato di dissesto in essere.
3. Nelle aree Fq, oltre agli interventi di cui al precedente comma 2, sono consentiti:
gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, così
come definiti alle lettere b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti
di superficie e volume;
gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-funzionale;
gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di edifici esistenti, nonché di nuova
costruzione, purché consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente Piano ai
sensi e per gli effetti dell’art. 18, fatto salvo quanto disposto dalle a linee successive;
la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l’ampliamento di quelli
esistenti, previo studio di compatibilità dell’opera con lo stato di dissesto esistente validato
dall'Autorità competente; sono comunque escluse la realizzazione di nuovi impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti, l’ampliamento degli stessi impianti esistenti, l’esercizio
delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, così come definiti dal D. Lgs. 5.02.77,
n. 22. E’ consentito l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già
autorizzate ai sensi dello stesso D.Lgs. 22/1997 (o per le quali sia stata presentata
comunicazione di inizio attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati
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all’art. 31 del D.Lgs. 22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla
durata dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad
esaurimento della capacità residua derivante dalla autorizzazione originaria per le
discariche e fino al termine della vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa, previo
studio di compatibilità validato dall'Autorità competente. Alla scadenza devono essere
effettuate le operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all’art.
6 del suddetto decreto legislativo.
4. Nelle aree Fs compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche
conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio
1992, n. 225. Gli interventi ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di
compatibilità con le condizioni del dissesto validato dall'Autorità competente.
5. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L.
11 dicembre 2000, n. 365, nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento
conservativo degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5
agosto 1978, n. 457;
gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di
interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale,
compatibili con la normativa di tutela;
i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di
4 m dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;
gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per
quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;
la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità
dell’intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli
interventi devono comunque garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono
destinati, tenuto conto delle condizioni idrauliche presenti;
l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue;
l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio
attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso
D.Lgs. 22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata
dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento
della capacità residua derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al
termine della vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa, previo studio di
compatibilità validato dall'Autorità competente. Alla scadenza devono essere effettuate le
operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all’art. 6 del
suddetto decreto legislativo.
6. Nelle aree Eb, oltre agli interventi di cui al precedente comma 5, sono consentiti:
gli interventi di ristrutturazione edilizia, così come definiti alla lettera d) dell’art. 31 della L.
5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume;
gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-funzionale;
la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue;
il completamento degli esistenti impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti a tecnologia
complessa, quand'esso risultasse indispensabile per il raggiungimento dell'autonomia degli
ambiti territoriali ottimali così come individuati dalla pianificazione regionale e provinciale; i
relativi interventi di completamento sono subordinati a uno studio di compatibilità con il
presente Piano validato dall'Autorità di bacino, anche sulla base di quanto previsto all'art.
19 bis.
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6bis. Nelle aree Em compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di
pianificazione territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti,
tenuto anche conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L.
24 febbraio 1992, n. 225. Gli interventi ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno
studio di compatibilità con le condizioni del dissesto validato dall'Autorità competente.
7. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L.
11 dicembre 2000, n. 365, nelle aree Ca sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento
conservativo degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5
agosto 1978, n. 457;
gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo;
gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di
interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale,
compatibili con la normativa di tutela;
i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di
4 m dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;
gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per
quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;
la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo
stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli interventi devono
comunque garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto
conto delle condizioni idrauliche presenti;
l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue.
8. Nelle aree Cp, oltre agli interventi di cui al precedente comma 7, sono consentiti:
gli interventi di ristrutturazione edilizia, così come definiti alla lettera d) dell’art. 31 della L.
5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume;
gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico funzionale;
la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue.
9. Nelle aree Cn compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche
conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio
1992, n. 225. Gli interventi ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di
compatibilità con le condizioni del dissesto validato dall'Autorità competente.
12. Tutti gli interventi consentiti, di cui ai precedenti commi, sono subordinati ad una verifica
tecnica, condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988, volta a
dimostrare la compatibilità tra l’intervento, le condizioni di dissesto e il livello di rischio
esistente, sia per quanto riguarda possibili aggravamenti delle condizioni di instabilità presenti,
sia in relazione alla sicurezza dell’intervento stesso. Tale verifica deve essere allegata al
progetto dell'intervento, redatta e firmata da un tecnico abilitato.
Titolo IV - Norme per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
Art. 48. Disciplina per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
1. Le aree a rischio idrogeologico molto elevato, delimitate nella cartografia di cui all'Allegato
4.1 all'Elaborato 2 del presente Piano, ricomprendono le aree del Piano Straordinario per le
aree a rischio idrogeologico molto elevato, denominato anche PS 267, approvato, ai sensi
dell'art. 1, comma 1-bis del D.L. 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni della
L. 3 agosto 1998, n. 267, come modificato dal D.L. 13 maggio 1999, n. 132, coordinato con
la legge di conversione 13 luglio 1999, n. 226, con deliberazione del C.I. n. 14/1999 del 20
ottobre 1999.
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Art. 49. Aree a rischio idrogeologico molto elevato
1. Le aree a rischio idrogeologico molto elevato sono individuate sulla base della valutazione
dei fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico, della relativa pericolosità e del danno
atteso. Esse tengono conto sia delle condizioni di rischio attuale sia delle condizioni di
rischio potenziale anche conseguente alla realizzazione delle previsioni contenute negli
strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
2. Le aree a rischio idrogeologico molto elevato sono perimetrate secondo i seguenti criteri di
zonizzazione:
ZONA 1: area instabile o che presenta un'elevata probabilità di coinvolgimento, in tempi
brevi, direttamente dal fenomeno e dall'evoluzione dello stesso;
ZONA 2: area potenzialmente interessata dal manifestarsi di fenomeni di instabilità
coinvolgenti settori più ampi di quelli attualmente riconosciuti o in cui l'intensità dei
fenomeni è modesta in rapporto ai danni potenziali sui beni esposti.
Per i fenomeni di inondazione che interessano i territori di pianura le aree a rischio
idrogeologico molto elevato sono identificate per il reticolo idrografico principale e
secondario rispettivamente dalle seguenti zone:
ZONA B-Pr in corrispondenza della fascia B di progetto dei corsi d'acqua interessati dalla
delimitazione delle fasce fluviali nel Piano stralcio delle Fasce Fluviali e nel PAI: aree
potenzialmente interessate da inondazioni per eventi di piena con tempo di ritorno inferiore
o uguale a 50 anni;
ZONA I: aree potenzialmente interessate da inondazioni per eventi di piena con tempo di
ritorno inferiore o uguale a 50 anni.
Nelle aree di cui ai commi precedenti deve essere predisposto un sistema di monitoraggio
finalizzato ad una puntuale definizione e valutazione della pericolosità dei fenomeni di
dissesto, all'individuazione dei precursori di evento e dei livelli di allerta al fine della
predisposizione dei piani di emergenza, di cui all'art. 1, comma 4, della L. 267/1998, alla
verifica dell'efficacia e dell'efficienza delle opere eventualmente realizzate.
Le limitazioni d'uso del suolo attualmente operanti ai sensi della L. 9 luglio 1908, n. 445 e
della L. 30 marzo 1998, n. 61, relative alle aree a rischio idrogeologico molto elevato,
rimangono in vigore e non sono soggette alle misure di salvaguardia di cui al presente
Piano.
Art. 50. Aree a rischio molto elevato in ambiente collinare e montano
1. Nella porzione contrassegnata come ZONA 1 delle aree di cui all'Allegato 4.1 all'Elaborato 2
di Piano, sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento
conservativo, così come definiti alle lettere a), b), c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978,
n.457, senza aumenti di superficie e volume, salvo gli adeguamenti necessari per il
rispetto delle norme di legge;
le azioni volte a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità con riferimento alle caratteristiche del
fenomeno atteso. Le sole opere consentite sono quelle rivolte al consolidamento statico
dell'edificio o alla protezione dello stesso;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria relativi alle reti infrastrutturali;
gli interventi volti alla tutela e alla salvaguardia degli edifici e dei manufatti vincolati ai
sensi del D.Lgs, 29 ottobre 1999 n.490 e successive modifiche e integrazioni, nonché di
quelli di valore storico-culturale così classificati in strumenti di pianificazione urbanistica
e territoriale vigenti;
gli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e idraulico presente e per il
monitoraggio dei fenomeni;
la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi
pubblici essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità
dell'intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli
interventi devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni per cui
sono destinati, tenuto conto dello stato di dissesto in essere.
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STUDIO GEOLANDSCAPE – Geologo Luca Stanzione
23868 VALMADRERA (LC), Via Leopardi 7 – Tel: 0341 200641 Fax: 0341 1886053 P.IVA: 03511570131 – C.F.:STNLRB66H29E507K
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2. Per gli edifici ricadenti nella ZONA 1 già gravemente compromessi nella stabilità strutturale
per effetto dei fenomeni di dissesto in atto sono esclusivamente consentiti gli interventi di
demolizione senza ricostruzione e quelli temporanei volti alla tutela della pubblica
incolumità.
3. Nella porzione contrassegnata come ZONA 2 delle aree di cui all'Allegato 4.1 all'Elaborato 2
di Piano sono esclusivamente consentiti, oltre agli interventi di cui ai precedenti commi:
gli interventi di ristrutturazione edilizia, così come definiti alla lettera d) dell'art. 31 della
L. 5 agosto 1978, n. 457;
gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti unicamente per motivate necessità di
adeguamento igienico-funzionale, ove necessario, per il rispetto della legislazione in
vigore anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze delle attività e
degli usi in atto;
la realizzazione di nuove attrezzature e infrastrutture rurali compatibili con le condizioni
di dissesto presente; sono comunque escluse le nuove residenze rurali;
gli interventi di adeguamento e ristrutturazione delle reti infrastrutturali.
Art. 51. Aree a rischio molto elevato nel reticolo idrografico principale e secondario
nelle aree di pianura
1. Nelle aree perimetrate come ZONA B-Pr nell’Allegato 4.1 all’Elaborato 2 di Piano sono
applicate le disposizioni di cui all’art. 39 delle presenti Norme relative alla Fascia B,
richiamate ai successivi commi. Dette perimetrazioni vengono rivedute in seguito alla
realizzazione degli interventi previsti.
2. Nelle aree della ZONA B-Pr esterne ai centri edificati, sono esclusivamente consentiti:
le opere di nuova edificazione, di ampliamento e di ristrutturazione edilizia, comportanti
anche aumento di superficie o volume, interessanti edifici per attività agricole e
residenze rurali connesse alla conduzione aziendale, purché le superfici abitabili siano
realizzate a quote compatibili con la piena di riferimento;
gli interventi di ristrutturazione edilizia interessanti edifici residenziali, comportanti
anche sopraelevazione degli edifici con aumento di superficie o volume, non superiori a
quelli potenzialmente allagabili, con contestuale dismissione d'uso di queste ultime;
gli interventi di adeguamento igienico - funzionale degli edifici esistenti, ove necessario,
per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro
connessi ad esigenze delle attività e degli usi in atto.
3. Nelle aree perimetrate come ZONA I nell’Allegato 4.1 all’Elaborato 2 di Piano, esterne ai
centri edificati, sono esclusivamente consentiti:
gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento
conservativo, così come definiti alle lett. a), b), c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n.
457, senza aumento di superficie o volume;
gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità con riferimento alle caratteristiche del
fenomeno atteso. Le sole opere consentite sono quelle rivolte al recupero strutturale
dell’edificio o alla protezione dello stesso;
la manutenzione, l’ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di
interesse pubblico riferiti a servizi essenziali e non delocalizzabili, nonché la
realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali, purché non concorrano ad
incrementare il carico insediativo e non precludano la possibilità di attenuare o
eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio, e risultino essere comunque
coerenti con la pianificazione degli interventi d’emergenza di protezione civile. I progetti
relativi agli interventi ed alle realizzazioni in queste aree dovranno essere corredati da
un adeguato studio di compatibilità idraulica che dovrà ottenere l’approvazione
dell’Autorità idraulica competente;
gli interventi volti alla tutela e alla salvaguardia degli edifici e dei manufatti vincolati ai
sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 e successive modifiche e integrazioni, nonché
di quelli di valore storico-culturale così classificati in strumenti di pianificazione
urbanistica e territoriale vigenti;
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gli interventi per la mitigazione del rischio idraulico presente e per il monitoraggio dei
fenomeni.
4. Per centro edificato, ai fini dell'applicazione delle presenti Norme, si intende quello di cui
all'art. 18 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, ovvero le aree che al momento
dell'approvazione del presente Piano siano edificate con continuità, compresi i lotti interclusi
ed escluse le aree libere di frangia. Laddove sia necessario procedere alla delimitazione del
centro edificato ovvero al suo aggiornamento, l'Amministrazione comunale procede
all'approvazione del relativo perimetro.
5. Nelle aree della ZONA B-Pr e ZONA I interne ai centri edificati si applicano le norme degli
strumenti urbanistici generali vigenti, fatto salvo il fatto che l’Amministrazione comunale è
tenuta a valutare, d’intesa con l’autorità regionale o provinciale competente in materia
urbanistica, le condizioni di rischio, provvedendo, qualora necessario, a modificare lo
strumento urbanistico al fine di minimizzare tali condizioni di rischio.
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9. Normativa d’uso della carta di pericolosità sismica locale
Dalla Carta di Pericolosità Sismica Locale del Comune di Valmadrera, si individuano differenti
tipologie di risposta sismica dei terreni.
La cartografia individua con i codici:
Z1a – Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi;
Z1b – Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti;
Z1c – Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana;
Z2 – Zona con terreni di fondazione particolarmente scadenti;
Z3a – Zona di ciglio H > 10 m (scarpata con parete subverticale);
Z3b – Zona di cresta rocciosa e/o cucuzzolo: appuntite – arrotondate;
Z4a – Zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali granulari e/o
coesivi;
Z4b – Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale;
Z4c – Zona morenica con presenza di depositi granulari;
Z5 – Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-
meccaniche molto diverse;
le zone a diverso scenario di pericolosità sismica locale.
Tali scenari sono stati ricostruiti a partire dalle indicazioni contenute nell’Allegato 5 della
D.G.R. n. 9/2616 2011 (Aggiornamento dei “Criteri ed indirizzi per la definizione della
componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio, in
attuazione dell’art. 57, comma 1, della L.R. 11 marzo 2005, n. 12, approvati con D.G.R. 22
dicembre 2005, n. 8/1566” e successivamente modificati con D.G.R. 28 maggio 2008, n.
8/7374).
Ai sensi del D.M. 14 gennaio 2008, la determinazione delle azioni sismiche in fase di
progettazione non è più valutata riferendosi ad una zona sismica territorialmente definita,
bensì sito per sito, secondo i valori riportati nell’allegato B del citato D.M.; la suddivisione del
territorio in zone sismiche (ai sensi dell’O.P.C.M. 3274/03) individua unicamente l’ambito di
applicazione dei vari livelli di approfondimento in fase pianificatoria.
Essendo il Comune di Valmadrera classificato in zona sismica 3 nella Classificazione
Sismica dei comuni italiani, sono soggette alle seguenti norme tutte le costruzioni.
Nelle aree individuate in carta, è obbligatorio procedere ad approfondimenti d’indagine di 2°
livello negli scenari PSL Z3 e Z4.
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E’ richiesta, in fase di progettazione, la valutazione delle caratteristiche geologiche e dei
parametri geotecnici dei terreni di fondazione; tale valutazione deve considerare la successione
stratigrafica sino al bedrock sismico, o in alternativa fino alla profondità di circa 30,00 m dal
piano campagna (profondità alla quale si considera generalmente Vs >1000 m/s).
Nel caso fossero riconoscibili o ipotizzabili variazioni laterali o verticali della successione
stratigrafica (alternanze o sovrapposizioni di litotipi molto diversi), si deve procedere alla
verifica in sito del fattore di amplificazione dei terreni (Fa) secondo la metodologia riportata
nell’All. 5 della D.G.R. n. 9/2616 2011.
Qualora il valore Fa misurato sia maggiore del valore di soglia indicato per il territorio
comunale, riportato nella seguente tabella, il progetto dovrà essere sottoposto all’analisi di 3°
livello secondo l’All. 5 della D.G.R. n. 9/2616 2011.
Valori di soglia per il Comune di Valmadrera
Suolo tipo B Suolo tipo C Suolo tipo D Suolo tipo E
Valori di soglia per il periodo
compreso tra 0.1 – 0.5 s 1,4 1,9 2,2 2,0
Valori di soglia per il periodo
compreso tra 0.5 – 1.5 s 1,7 2,4 4,2 3,1
In alternativa, utilizzare lo spettro di norma caratteristico della categoria di suolo superiore,
con il seguente schema:
anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria di suolo C;
nel caso in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro della categoria di
suolo D;
anziché lo spettro della categoria di suolo C si utilizzerà quello della categoria di suolo D;
anziché lo spettro della categoria di suolo E si utilizzerà quello della categoria di suolo D.
Nel caso di presenza contemporanea di effetti litologici (Z4) e morfologici (Z3) si analizzeranno
entrambi i casi e si sceglierà quello più sfavorevole.
Per le aree con scenari PSL Z1, Z2 e Z5 non è prevista l’applicazione degli studi di 2° livello,
ma il passaggio diretto a quelli di 3° livello.
I risultati delle analisi di 3° livello saranno utilizzati in fase di progettazione al fine di
ottimizzare l’opera e gli eventuali interventi di mitigazione della pericolosità.
In alternativa alla applicazione dell’analisi di 3° livello è possibile utilizzare i parametri di
progetto previsti nella normativa nazionale per la zona sismica superiore (per il Comune di
Valmadrera si potranno utilizzare i valori previsti per la zona sismica 2).
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Gli approfondimenti di 2° e 3° livello non devono essere eseguiti in quelle aree che, per
situazioni geologiche, geomorfologiche e ambientali o perché sottoposte a vincolo da particolari
normative, siano considerate non edificabili, fermo restando tutti gli obblighi derivanti
dall’applicazione di altra normativa specifica.
Sono comunque valide le norme di carattere regionale e nazionale più restrittive rispetto alle
presenti, relative a progettazione di edifici in zona sismica.
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10. Gestione delle acque superficiali sotterranee e di scarico
La gestione delle acque superficiali e sotterranee dovrà avere i seguenti obiettivi:
1. la mitigazione del rischio idraulico (allagamento) ad opera delle acque superficiali
incanalate, secondo i più recenti principi dell’Autorità di Bacino del fiume Po, del PTUA e del
PTCP (art. 26);
2. la riduzione degli apporti di acque meteoriche provenienti dalle superfici già
impermeabilizzate o di futura impermeabilizzazione, con differenziazione dei recapiti finali a
seconda dello stato qualitativo delle acque, favorendo, ove consentito dalla normativa
vigente e dalle condizioni idrogeologiche, lo smaltimento nel sottosuolo;
3. la salvaguardia dell’acquifero, a protezione dei pozzi di approvvigionamento idrico potabile
e la pianificazione dell’uso delle acque.
La pianificazione dell’uso delle acque potrà avvenire:
differenziando l’utilizzo delle risorse in funzione della valenza ai fini idropotabili e della
potenzialità idrica;
limitando al fabbisogno potabile in senso stretto l’utilizzo di fonti di pregio;
prevedendo l’utilizzo di fonti distinte ed alternative al pubblico acquedotto (es. pozzi
autonomi di falda ad uso irriguo, igienico-sanitario, industriale e antincendio, recupero e
riutilizzo di acque meteoriche).
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11. Tutela della qualità dei suoli
Ogni intervento che preveda il cambio di destinazione d’uso (da industriale o commerciale a
verde privato o pubblico o residenziale) dovrà essere preceduto dalla effettuazione di indagini
ambientali preliminari, ai sensi del Regolamento di Igiene comunale (o del Regolamento di
Igiene Tipo regionale) e del D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 “ Parte IV titolo V - Norme in materia
ambientale”, al fine di verificare lo stato chimico-ambientale dei terreni e, se necessario, delle
acque sotterranee.
Nel caso di contaminazione accertata (superamento delle concentrazioni soglia di
contaminazione – Csc) devono essere attivate le procedure di cui al D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152
“Norme in materia ambientale”, comprendenti la redazione di un Piano di caratterizzazione
(PdCA) e di un Progetto operativo degli interventi di bonifica in modo da ottenere le
informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza
e/o bonifica del sito.
Indipendentemente dalla classe di fattibilità di appartenenza, stante il grado di vulnerabilità,
potranno essere proposti e predisposti o richiesti sistemi di controllo ambientale per gli
insediamenti con scarichi industriali, stoccaggio temporaneo di rifiuti pericolosi e/o materie
prime che possono dar luogo a rifiuti pericolosi al termine del ciclo produttivo.
In relazione alla tipologia dell’insediamento produttivo, i sistemi di controllo ambientale
potranno essere costituiti da:
realizzazione di piezometri per il controllo idrochimico della falda, da posizionarsi a monte
ed a valle dell’insediamento (almeno 2 piezometri);
esecuzione di indagini negli strati superficiali del terreno insaturo dell’insediamento, per
l’individuazione di eventuali contaminazioni in atto, la cui tipologia è strettamente
condizionata dal tipo di prodotto utilizzato.
Tali sistemi e indagini di controllo ambientale saranno da attivare nel caso in cui nuovi
insediamenti, ristrutturazioni, ridestinazioni abbiano rilevanti interazioni con la qualità del
suolo, del sottosuolo e delle risorse idriche, e potranno essere richiesti dall’Amministrazione
Comunale ai fini del rilascio di concessioni edilizie e/o rilascio di nulla osta esercizio attività, ad
esempio nei seguenti casi:
nuovi insediamenti produttivi potenzialmente a rischio di inquinamento;
subentro di nuove attività in aree già precedentemente interessate da insediamenti
potenzialmente a rischio di inquinamento per le quali vi siano ragionevoli dubbi di una
potenziale contaminazione dei terreni;
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ristrutturazioni o adeguamenti di impianti e strutture la cui natura abbia relazione diretta o
indiretta con il sottosuolo e le acque, quali ad esempio rifacimenti di reti fognarie interne,
sistemi di raccolta e smaltimento acque di prima pioggia, impermeabilizzazioni e
pavimentazioni, asfaltatura piazzali, rimozione o installazione di serbatoi interrati di
combustibili ecc…
La gestione delle terre e rocce da scavo in fase di cantiere dovrà seguire i dettami
dell’art. 186 del D.Lgs. 152/06 così come modificato dal D.Lgs. 4/2008 e dal D.Lgs.
205/2010 e D.M. 10.08.2012 n. 161.