comunicare il progetto e progettare la comunicazione due casi di full immersion tesi di laurea...
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Sommario e introduzione della mia Tesi di Laurea Magistrale in Moda: "Comunicare il progetto e progettare la comunicazione. Due casi di full immersion".La tesi ha ricevuto il premio "Cultura d'impresa 2011" (a cura di Uni.Rimini).TRANSCRIPT
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ALMA MATER STUDIORUM
UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
Corso di Laurea Magistrale in Moda
comunicare il progetto eprogettare la comunicazione
due casi di full immersion
Tesi di Laurea in Analisi Sociosemiotica della moda
Presentata da
MARIANNA BALDUCCI
RelatoreGIAMPAOLO PRONI
CorrelatoreROMANO UGOLINI
III SESSIONE
ANNO ACCADEMICO 2009-2010
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La maggior parte delle immagini di questo elaborato è stata realizzata attingendo dagli archivi di
nounproject.com, un progetto per la valorizzazione e condivisione di un alfabeto visivo universa-
le. Nounproject si sta costruendo come libreria open source di tutti quei simboli che fanno parte
del nostro immaginario comunicativo più quotidiano e che possono essere letti da chiunque.
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indice
Introduzione........................................................................9
From conception to completion
Le fasi del percorso metaprogettuale..........................17
Dallo scenario al concept, l’ecosistema prende forma..............................22
Creatività e autostima: l’importanza del “pensiero laterale”.........................32
Spread ideas and move people
Gli strumenti della comunicazione nell’era della conver-
genza..................................................................................37
Cross-medialità e convergenza: immersi nel flusso mediatico.......................38 Non solo web: la comunicazione tradizionale si aggiorna ma non ci abbandona....45 La cartella stampa (press kit)......................................................54
Contenuti del sito web (microcontents).............................................58
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Il blog..............................................................................61
Scrivere per i social network.......................................................71
Green Future
Una tendenza dominante nella progettazione
di domani............................................................................81
Full Immersion # 1
ECOAREA better living....................................................97
Il sito web.......................................................................100
Expo Area: learning by living......................................................104
ESP Program: i requisiti per far parte del network ECOAREA......................108
ECOAREA Magazine..............................................................111
La rete multicanale...............................................................112
Full Immersion # 2
ReeDo - riusare per piacere.........................................115
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Il sito web.......................................................................118
Dalla piattaforma Moodle al ReeDo Shop: learning by doing......................121
Laboratori e performance: esempi di comunic-azione.............................126
La rete multicanale...............................................................129
Conclusioni.....................................................................133
Bibliografia.....................................................................141
Sitografia........................................................................145
Ringraziamenti.................................................................149
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introduzione
Qualsiasi esperienza progettuale può essere paragonata alla delicata e complessa costruzione
di un ecosistema: gli elementi che vi stanno alla base ne costituiscono la “comunità fondante”,
che si sviluppa e si modifica in un preciso ambiente (fisico o virtuale); tra tali elementi si genera,
nel tempo, un equilibrio di tipo dinamico soggetto ad alterazioni e mutamenti (anche strategici)
per garantire la sopravvivenza dell’intero ecosistema, alla continua ricerca dell’efficienza e di
una certa stabilità; l’“ecosistema progettuale”, infine, si concretizza nella relazione con altri
ecosistemi, nel suo essere un sistema aperto, una piattaforma di contatto tra energie e risorse
che possano arricchirlo e portarlo all’evoluzione.
L’ecosistema progettuale contemporaneo per eccellenza è la marca: punto di riferimento prima-
rio dell’immaginario collettivo, capace di condizionarci nei comportamenti e di suggerire nuove
forme di consumo e di socialità, la marca è, oggi più che mai, protagonista indiscussa della
nostra quotidianità e del nostro sentire. Il Victorian Albert Museum di Londra, nel 2000-2001,
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le ha persino dedicato un’intera esposizione, “Brand. New”, seguita appena un anno dopo da
un’omonima pubblicazione: al centro marche-feticcio, marche-opere d’arte, marche depositarie
di visioni, ricordi, emozioni condivise.
Progettare (o ri-progettare) un brand è un’operazione che richiede metodo e creatività, sia quan-
do si agisce sull’immagine e sulla storia del marchio in generale, sia quando si lavora all’interno
del suo contesto per la creazione e il lancio di un nuovo prodotto/servizio. Per cogliere il grado
di complessità che contribuisce all’equilibrio e al successo di una marca (e di qualsiasi altro
progetto creativo ad essa paragonabile), possiamo adottare come assiomi fondamentali due
definizioni che saranno guida e giustificazione degli argomenti sviluppati nei capitoli successi-
vi: la prima proviene da uno dei più conosciuti studi sul brand marketing di Andrea Semprini
(1993) che ci parla di marche in termini di “mondi possibili”; la seconda fa parte del Cluetrain
Manifesto, lanciato in rete nel 2006 da un gruppo di comunicatori statunitensi, tra i quali spicca
Rick Levine (già consulente della IBM), che individua 95 tesi fondamentali per il posizionamento
aziendale nell’epoca postmoderna e parla, in particolar modo, di marche e mercati in termini di
“conversazioni” (cluetrain.com).
Il brand è diventato sempre più un elemento strategico, specialmente all’interno di mercati ad
alto grado di complessità, perché agisce come catalizzatore di identità e marcatore di fiducia nei
confronti di consumatori preparati e, allo stesso tempo, imprevedibili. Il consumatore contem-
poraneo non rispetta le nicchie delle quali i produttori avevano ingenuamente tracciato i confini
e, oltretutto, manifesta comportamenti e scelte di consumo contraddittori (sempre dal punto di
vista dei produttori). L’acquisto dell’abbigliamento ne è un esempio evidente: il consumatore al-
terna la scelta di capi cheap e di capi “di lusso” con estrema facilità, a seconda dell’occasione,
della disponibilità economica del momento o anche solo di un semplice capriccio. Il consumo
si è trasformato, da “atto” isolabile e facilmente osservabile da una certa distanza, in “flusso”
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continuo, diluito nel quotidiano, micro-particolareggiato all’interno ma capace, al contempo, di
costituire uno degli elementi chiave di connessione a livello globale.
È qui che interviene il progetto-marca che, concretamente, possiamo tradurre in una vera e
propria strategia di comunicazione.
Già dagli anni ’90, la comunicazione ha contaminato in modo irreversibile la nostra cultura,
tanto che ormai la stessa nozione di brand non può quasi più essere attribuita al mercato,
bensì proprio alla dimensione comunicativa (da intendersi in senso profondo, aldilà della pura
strategia pubblicitaria che ne costituisce soltanto una minima sfaccettatura):
[…] una marca senza comunicazione non veicolerebbe nessuna specificità, non saprebbe qua-
lificare la sua presenza e giustificare la propria originalità, sia sul piano dei prodotti proposti
che del progetto di marca più generale.
[Semprini, La marca postmoderna. Potere e fragilità della marca nelle società contemporanee,
Franco Angeli 2005, p.53]
Ed è ancora Semprini (2005) a definire la comunicazione il “motore semiotico” della marca
postmoderna, in un’epoca nella quale le pratiche e gli strumenti comunicativi non agiscono
solo come mediatori del senso, ma piuttosto come ragioni d’essere dei rapporti socio-culturali,
portando alle estreme conseguenze la celebre intuizione di Marshall McLuhan (2002) per cui
“il medium è il messaggio”.
Per costruire un brand, così come per metter in piedi un’organizzazione, è indispensabile cono-
scere alcuni fattori di base, sia interni che esterni (Ferrero 2010): la vision e la mission dell’im-
presa, i suoi valori di riferimento, il contesto nel quale essa si muove (compresa l’esperienza
di eventuali concorrenti) e il pubblico al quale vorrà rivolgersi. Il nostro progetto-marca dovrà
costruirsi, perciò, a partire da una solida struttura discorsiva che ne giustifichi l’esistenza e ne
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evidenzi l’unicità.
Per avere più chiaro come intervenire nella progettazione del nostro “mondo possibile”, il meto-
do semiotico può venirci in aiuto:
La determinazione del posizionamento di una marca, delle caratteristiche del suo target, delle
tappe della sua “presenza nel mondo” tramite azioni di comunicazione, mette in gioco ciò che
la semiotica qualifica come strategia discorsiva, quella di un soggetto che interviene su un
altro soggetto virtuale e che dovrebbe rappresentare l’interlocutore ideale, trasmettendogli un
racconto che rientra in quella che si può chiamare strategia narrativa: vale a dire, la concate-
nazione di programmi che permettono la circolazione del valore e degli oggetti afferenti.
[Giulia Ceriani, Marketing moving: l’approccio semiotico, Franco Angeli 2002, p. 22]
La dimensione narrativa è essenziale nella progettazione. Qualsiasi progetto creativo si artico-
la passando attraverso vari livelli di enunciazione: dall’enunciazione fondamentale (la ragione
d’essere) alla promessa (la ragione d’essere orientata al target), dalla specificazione della pro-
messa (messa a punto del carattere originale e del grado di innovazione del progetto creativo)
all’iscrizione in un territorio costellato di specifici valori (Semprini, 2005). Al centro della marca,
così come di qualsiasi altra espressione della creatività, si colloca, dunque, un progetto di sen-
so.
Tale prospettiva attribuisce alla comunicazione una valenza ben più concreta di quanto ci si
possa immaginare: la comunicazione, quale motore imprescindibile per la progettazione crea-
tiva, implica la “messa in discorso” di valori che possono essere di natura immateriale (valori
cognitivi) o materiale (valori pragmatici) a seconda che essi agiscano sul “saper essere” o sul
“saper fare” dell’individuo (Ceriani, 2002).
Di conseguenza, Ceriani (2002) descrive due possibili modelli di creatività:
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• creatività polemica, che presenta un’idea disturbante, il cui elemento di origina-
lità è facilmente individuabile proprio per la sua capacità di opporsi allo status quo
e di costituirne un’anomalia;
• creatività consensuale, le cui capacità combinatorie riescono ad agire sia nel
rinnovare lo sguardo dell’osservatore che nel modificare il saper fare/essere del
comunicatore stesso.
In entrambi i casi, la strategia di comunicazione riguarda il rapporto tra una competenza e una
performanza (Ceriani, 2002).
Così come la comunicazione non può essere definita soltanto un processo di trasmissione di
dati o di promozione, allo stesso modo un progetto creativo in senso lato non può essere limi-
tato ad una geniale intuizione del momento. La creatività è, essa stessa, una strategia a tutti
gli effetti, che fa della comunicazione la sua linfa vitale per raccogliere stimoli, interpretare la
realtà e risolvere problemi.
Appaiono particolarmente calzanti le “visioni” di Mark Earls:
Sono persuaso di aver scorto un nuovo modo di pensare il business più congruente con le
condizioni attuali, che sono bene diverse da quelle all’opera al tempo in cui fu concepito il
marketing. Chiamo questa nuova epoca “Era della creatività”, perché il miglior business per le
aziende è oggi quello di avere delle idee: le idee ci costringono a soffermarci, ci impongono la
riflessione e ci inducono a ristrutturare totalmente il nostro modo di pensare e agire. Le idee ci
forniscono il giusto carburante per mettere in moto il passaparola, al quale oggi viene giusta-
mente riconosciuta la potenza che ha sempre avuto.
[Mark Earls, Benvenuti nell’Era della creatività. Le banane e la fine del marketing, Il Sole 24
Ore 2003, p.9]
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Earls pone l’attenzione su due elementi fondamentali:
• lo straordinario potere performativo della creatività che, applicata con criterio nel
contesto aziendale, è in grado di intervenire sui comportamenti del proprio target
per modificarli;
• la modalità attraverso cui il potenziale creativo può mettersi in moto, sfruttando
un terreno che, oggi, è quello privilegiato dalla comunicazione: il passaparola (buzz
e viral communication) veicolato da piattaforme di socialità (virtuali e non solo) ad
alto contenuto emozionale.
Secondo Pier Giorgio Dal Santo (autore del saggio Brand Management 2.0: nuove strategie di
comunicazione nel fashion, all’interno di Fashion branding 3.0 a cura di G. Iacobelli, 2010) il
consumatore di oggi, infatti, adotta solo quello che gli è personalmente utile e che riconosce
come intimamente legato a sé; è, inoltre, abituato ad essere multitasking e a muoversi agil-
mente soprattutto nella molteplicità del web, laddove ha imparato a dirigere la sua attenzione
ovunque e concentrarla solo su quegli stimoli che reputa interessanti, stimoli che poi filtra e,
solo se ne riceve un’immediata gratificazione, condivide con altri utenti. Come scrive Morace,
si parla, allora, di “consum-autori” proprio perché i destinatari della comunicazione aziendale
vogliono sentirsi proprietari dei marchi che consumano. Ecco perché il brand deve essere inqua-
drato, a sua volta, come un soggetto comunicatore capace di ricoprire un triplice ruolo (Pasqui-
ni, 2010): “conversatore” (il brand dialoga con le persone), “conversato” (le persone conversano
sul brand), “conversabile” (le persone devono poter conversare direttamente col brand di loro
propria iniziativa).
La partecipazione empatica degli utenti ai quali il brand si rivolge è condizione necessaria per
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la sua stessa esistenza:
Al di fuori della sua dimensione collettiva, sociale, pubblica e condivisa, una marca non ha esi-
stenza. Per esistere, e quindi per avere un contenuto ed un’identità, la marca deve avere una
presenza sulla piazza pubblica: un universo di comunicazione, un contesto di presentazione
determinato e un contesto di consumo e di ricezione.
[Andrea Semprini, Marche e mondi possibili. Un approccio semiotico al marketing della marca,
Franco Angeli 1993, p. 57]
Così accade per qualsiasi progetto di comunicazione: l’uomo è, per sua natura, un animale
gregario (Earls, 2003) le cui stesse capacità linguistiche si sono evolute principalmente per
facilitare i processi di interazione con il gruppo e non solo per consentire la trasmissione di in-
formazioni. La rete, in questo senso, ha amplificato questa dimensione collettiva e l’ha portata
a uno sviluppo senza precedenti: si veda il concetto di communities, gruppi d’interesse che si
generano attorno ai contenuti più disparati, comunità “non esclusive” che possono essere sem-
plicemente attraversate, ma anche suscitare processi di affezione solidi estesi a livello globale.
L’esigenza di analizzare i più attuali strumenti di comunicazione a disposizione delle aziende
nell’epoca della “convergenza mediatica” (Jenkins, 2007), segnata dal trionfo del web 2.0, e
di propendere per un approccio semiotico nell’interpretazione dei processi creativi che ne con-
dizionano le strategie, scaturisce da un’osservazione che Semprini (2005) aveva avanzato già
qualche anno fa: quello che più sembra essere entrato in crisi non è tanto il valore commerciale
delle marche (che, accantonando le criticità dei singoli contesti socio-economici, continuano
sostanzialmente a vendere), quanto piuttosto la loro legittimità di fondo.
Progettare la comunicazione in termini semiotici consiste nel saper selezionare alcuni elementi
all’interno del flusso di significati che attraversa lo spazio sociale, organizzarli in una struttura
discorsiva motivata e convincente, obbligarli a un duplice confronto con la realtà: il confronto
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con i destinatari e il confronto con gli altri processi di comunicazione concomitanti o concorrenti
(Semprini, 2005).
La scelta dei casi studio analizzati, “ReeDo - riusare per piacere” e “ECOAREA better living”,
viene, in primo luogo, da un contatto diretto con entrambi: il primo, in ambito accademico come
esperienza di partecipazione diretta; il secondo, in seguito a un incontro in un contesto pro-
fessionale da cui è scaturita l’intenzione di tracciare una case history del progetto. Entrambe
le realtà fanno della comunicazione la loro principale risorsa, con l’obiettivo di delineare una
strategia che sappia coniugare i più innovativi strumenti del web con quelli della comunicazione
d’impresa più “istituzionale”; entrambe si collocano all’interno di una tendenza estremamen-
te attuale, quella della sostenibilità e della progettazione green-oriented, che specialmente in
questi ultimi anni ha subito una notevole spinta interessando moltissime fasce di mercato dif-
ferenti.
Uno sguardo privilegiato è rivolto ad alcuni degli strumenti più attuali della comunicazione orien-
tata al web, nonché a quei fenomeni e piattaforme della rete che, per vocazione, possono co-
stituire canali di espressione creativa in linea con la cultura della “convergenza” e della condi-
visione.
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