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CORSO DI FORMAZIONE SPECIALISTICA LE NUOVE TIPOLOGIE DI LAVORO FLESSIBILE: COLLABORAZIONI AUTONOME, COLLABORAZIONI EQUIPARATE, PARTITE IVA, ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE, LAVORO ACCESSORIO ROMA, 27 MAGGIO 2016 RELATORE DOTT . P AOLO FERRETTI CONSULENTE DEL LAVORO IN ANCONA

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CORSO DI FORMAZIONE SPECIALISTICA

LE NUOVE TIPOLOGIE DI LAVORO FLESSIBILE: COLLABORAZIONI AUTONOME, COLLABORAZIONI EQUIPARATE, PARTITE IVA, ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE, LAVORO ACCESSORIO ROMA, 27 MAGGIO 2016

RELATORE DOTT. PAOLO FERRETTI

CONSULENTE DEL LAVORO IN ANCONA

LA «PARASUBORDINAZIONE»

“La parasubordinazione” è un’espressione elaborata dai

giuslavoristi, priva di denominazione legislativa, che identifica

tutti quei particolari rapporti di lavoro che appartengono ad una

vasta ed eterogenea categoria, di natura autonoma, contraddistinta

dall’obbligazione di fornire una prestazione d’opera continuativa e

coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere

subordinato.

Pertanto il «lavoro parasubordinato» non identifica una

fattispecie tipica (come l’espressione lavoro subordinato), ma, al

contrario, una particolare modalità di svolgimento della

prestazione di lavoro che si concretizza in rapporti di natura e

origine diverse con caratteristiche intermedie tra quelle del lavoro

subordinato e quelle del lavoro autonomo.

LA «PARASUBORDINAZIONE»

Il lavoro subordinato e quello parasubordinato hanno un elemento

connettivo: il vincolo di dipendenza sostanziale e di disparità

contrattuale del prestatore d’opera rispetto al soggetto che

usufruisce della sua prestazione”.

In dottrina, Santoro Passarelli: “tutte quelle prestazioni manuali e

tecniche eseguite personalmente senza vincolo di subordinazione,

ma caratterizzate dalla dipendenza economica e dalla debolezza

contrattuale del prestatore di lavoro”. G. Santoro Passarelli in Il

lavoro “Parasubordinato”, F. Angeli, Milano, 1979, pag. 81

LA «PARASUBORDINAZIONE»

Con l’attuazione della Legge n. 533/1973, le norme del processo

del lavoro vengono estese agli «altri rapporti di collaborazione che

si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata,

prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato».

Nei lavori preparatori emerge la necessità di tutelare questi nuovi

rapporti per la loro posizione di inferiorità simile a quella dei

lavori subordinati e dalla condizione di soggezione socio-

economica.

La mancanza del vincolo della subordinazione caratterizza il

rapporto di lavoro parasubordinato (ed ovviamente lo

differenzia dal lavoro subordinato).

LA «PARASUBORDINAZIONE»

La stessa legge n. 533, nel riformulare l’art.

2113 c.c., estende il regime dell’invalidità delle

rinunzie e transazioni su diritti indisponibili

derivanti da disposizioni inderogabili della legge

e dei contratti e accordi economici collettivi a

tutti i rapporti menzionati dall’art. 409 c.p.c. ,

ivi compresi perciò quelli parasubordinati.

LA «PARASUBORDINAZIONE»

Rientrano nell’area della parasubordinazione

una varietà di rapporti di lavoro autonomo, che

devono presentare i connotati precisati nella

formula generale del 409 c.p.c., sia compresi

nella fattispecie generale del contratto d’opera

(artt. 2222 ss., c.c.), ed in particolare del

contratto d’opera professionale (artt. 2229 ss.,

c.c.), sia distintamente tipizzati e disciplinati dal

codice civile (sempre che non comportino

un’organizzazione imprenditoriale).

LA «PARASUBORDINAZIONE»

Il concetto di «coordinamento/coordinazione»

Il lavoratore parasubordinato deve coordinare

l’attività con le esigenze dell’organizzazione del

committente, con riferimento sia ai tempi sia

alle modalità esecutive concordate. Il requisito

della coordinazione, pertanto, mette in

evidenza il profilo organizzativo del rapporto

di lavoro nel senso che indica il collegamento

funzionale tra l’attività del prestatore d’opera e

quello del committente.

LA «PARASUBORDINAZIONE»

Il concetto di «coordinamento/coordinazione»

«Il coordinamento si realizza allorché vi sia un collegamento

funzionale fra l’attività del professionista e quella del

destinatario della prestazione professionale, nel senso che, l’una

concorra alla realizzazione dell’altra, in un sistema di

distribuzioni attuato da quest’ultimo e di cui possono essere

elementi rivelatori le direttive eventualmente impartite dal

cosiddetto datore di lavoro, ovvero la circostanza che il

professionista assicuri la propria disponibilità in maniera

vincolante ed a discapito della propria autonomia». Cass., 9

novembre 1983, n. 6656

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS.

81/2015

PUNTO DI PARTENZA

La riforma del processo del lavoro (L. 533/1973) include (art. 409,

comma 1, sub 3) nelle controversie di lavoro anche quelle relative

ai rapporti «di collaborazione che si concretino in una prestazione

di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale,

anche se non a carattere subordinato».

Art. 5 DPR 633/1972 e successive modifiche

………………………………omissis…………………Non si

considerano effettuate nell'esercizio di arti e professioni le

prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione

coordinata e continuativa di cui all'art. 49 del decreto del

Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597,

omissis………… rese da soggetti che non esercitano per

professione abituale altre attività di lavoro autonomo.

……………………omissis………………..

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81/2015

L’art. 49 TUIR (prima versione) stabiliva che sono redditi di lavoro

autonomo:

i redditi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore

di società, associazioni e altri enti con o senza personalità

giuridica, dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e

simili, dalla partecipazione a collegi e commissioni e da altri

rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Si

considerano tali i rapporti aventi per oggetto la prestazione di

attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o professione esercitata

da contribuente ai sensi del comma 1, che pur avendo contenuto

intrinsecamente artistico o professionale sono svolte senza vincolo

di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro

di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi

organizzati e con retribuzione periodica prestabilita.

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS. 81/2015

L’art. 34 della L. 342/2000 ha modificato l’art. 47, 1° comma TUIR

(ora art. 50, 1° comma) ed ha stabilito che sono redditi assimilati a

quello di lavoro dipendente:

"c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo

d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di

amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o

senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste,

enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché

quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per

oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a

favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e

continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica

prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti

istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'art. 46,

comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o

professione di cui all'art. 49, comma 1, concernente redditi di lavoro

autonomo, esercitate dal contribuente».

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81/2015

Dal 1° gennaio 2001 è venuta meno la previsione del

contenuto artistico-professionale dell’attività veniva

svolta.

Quindi dal 01/01/2001, anche le attività senza

contenuto artistico o professionale (quindi anche le

attività meramente operative o manuali) potevano

astrattamente essere oggetto di rapporti di cococo

(ferma la necessità della natura autonoma del rapporto

intercorso).

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Art. 2 comma 26 L. 335/1995

A decorrere dal 1 °gennaio 1996, sono tenuti

all'iscrizione presso una apposita Gestione separata,

presso l'INPS…..omissis…..i titolari di rapporti di

collaborazione coordinata e continuativa, di cui al

comma 2, lettera a ), dell'art. 49 del medesimo testo

unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui

all'art. 36 della legge 11 giugno 1971, n.

426.……..omissis…………

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Art. 5 D.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38

A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente

decreto legislativo (dal 16 marzo 2000), sono soggetti

all'obbligo assicurativo i lavoratori parasubordinati

indicati all'art. 49, comma 2, lettera a ), del decreto del

Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917

e successive modificazioni e integrazioni, qualora

svolgano le attività previste dall'art. 1 del testo unico o,

per l'esercizio delle proprie mansioni, si avvalgano,

non in via occasionale, di veicoli a motore da essi

personalmente condotti.

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D.Lgs. 276/2003 – riconduzione delle cococo ad un progetto

Nell’originaria formulazione, l’art. 61 del D.lgs. 2003 n.

276 statuiva che: ”fermo restando la disciplina per gli agenti e i

rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata

e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di

subordinazione, di cui all’art. 409 , n.3, c.p.c. devono essere

riconducibili ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o

fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal

collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del

coordinamento con l’organizzazione del committente e

indipendentemente dal tempo impiegato per la esecuzione della

attività lavorativa”.

Art. 69: assenza di specifico progetto (salvo casi specifici) =

rapporto di lavoro subordinato dall’origine

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Il D.Lgs. 276/2003 non aveva specificato cosa dovesse

intendersi per “progetto, programma di lavoro o fase di esso”.

La giurisprudenza ha tentato di colmare il vuoto (vedi

Tribunale di Genova del 07/04/2006).

Min. Lav. Circ 1/2004: il progetto deve consistere in

un'attività produttiva ben determinata o comunque ben

identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato

risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con

la sua prestazione. Il progetto può essere connesso all’attività

principale o accessoria dell’impresa e le valutazioni e le scelte

tecniche ad esso sottese sono insindacabili.

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L. 92/2012 (Legge Fornero) e successiva modifica ad

opera del DL 76/2013

Viene eliminato il riferimento al programma di lavoro e alle

sue fasi e il co.co.pro. viene ricondotto ad un “progetto

specifico”.

Viene precisato che “il progetto deve essere funzionalmente

collegato ad un determinato risultato finale” e non può né

“consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale

del committente”’ né “comportare lo svolgimento di compiti

meramente esecutivi o ripetitivi, che possono esser

individuati dai contratti collettivi….omissis…..” (vedasi

Circ. Min. Lav. n. 29/2012).

.

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L. 92/2012 (Legge Fornero) e successiva modifica ad

opera del DL 76/2013

Il corrispettivo, oltre ad essere proporzionato alla quantità e

qualità dell’attività svolta (come già previsto nella disciplina

originaria), deve essere fissato, per ciascun settore di attività,

in base ai profili professionali tipici del settore e in ogni caso

sulla base dei minimi salariali per le mansioni comparabili

svolte dai lavoratori dipendenti.

In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso

non deve essere inferiore alle retribuzioni minime indicate dai

contratti collettivi applicati alle figure professionali con

competenza ed esperienza analoghe a quelle del lavoratore a

progetto.

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81/2015

PUNTO DI ARRIVO

Il 25 giugno 2015 è entrato in vigore il decreto

legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (“Disciplina organica

dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in

tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7,

della legge 10 dicembre 2014, n. 183”).

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81/2015

PUNTO DI ARRIVO

Art. 52 comma del D.lgs. n. 81/2015

«1. Le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis

del decreto legislativo n. 276 del 2003 sono abrogate e

continuano ad applicarsi esclusivamente per la

regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata

in vigore del presente decreto.

2. Resta salvo quanto disposto dall’art. 409 del codice

di procedura civile». La riforma lascia salvo quanto disposto dall’articolo 409 cpc e cioè: «I

rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera

continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a

carattere subordinato»

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS. 81/2015

PUNTO DI ARRIVO

Abrogazione della normativa riferita al contratto a progetto (e non

solo)

Art. 61 (Definizione e campo di applicazione);

Art. 62 (forma);

Art. 63 (corrispettivo);

Art. 64 (obbligo di riservatezza);

Art. 65 (invenzioni del collaboratore a progetto);

Art. 66 (altri diritti del collaboratore a progetto);

Art. 67 (estinzione del contratto e preavviso);

Art. 68 (rinunzie e transazioni)

Art. 69 (divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa

atipici e conversione del contratto);

Art. 69-bis (altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro

autonomo) –

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PUNTO DI ARRIVO

Non è quindi più prevista la tipologia della collaborazione

coordinata e continuativa “a progetto”.

Precisazione: le collaborazioni coordinate e continuative di

cui all’articolo 409 c.p.c., espressamente fatte salve dal 2°

comma dell’articolo 52, possono però essere stipulate con la

previsione di uno specifico progetto (non è il progetto in sé ad

essere stato abrogato, ma la regolamentazione del contratto a

progetto).

La regolamentazione previgente del co.co.pro. continua ad

esistere nel nostro ordinamento qualora i relativi contratti

siano già in atto alla data 25 giugno 2015.

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PUNTO DI ARRIVO

Art. 2 comma 1 del D.Lgs. 81/2015

Collaborazioni organizzate dal committente

«A far data dal 01 gennaio 2016, si applica la disciplina

del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di

collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro

esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di

esecuzione sono organizzate dal committente anche con

riferimento ai tempi e al luogo di lavoro».

Sebbene dal 25 giugno 2015 al 31 dicembre 2015 fosse possibile stipulare

contratti di lavoro autonomo senza che potesse essere applicato, limitatamente

a detto periodo di operatività, l’art. 2 comma 1, il c.d. «semestre bianco» è

stato o avrebbe dovuto essere utilizzato per sanare l’esistente.

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PUNTO DI ARRIVO

L’interpretazione del Ministero nella Circ. 3/2016

«La formulazione utilizzata dal Legislatore, di per sé

generica, lascia intendere l'applicazione di qualsivoglia

istituto, legale o contrattuale (ad es. trattamento retributivo,

orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso

i licenziamenti illegittimi ecc.), normalmente applicabile in

forza di un rapporto di lavoro subordinato. In altri termini il

Legislatore, rispetto alle fattispecie indicate dall'art. 2,

comma 1, in esame, ha inteso far derivare le medesime

conseguenze legate ad una riqualificazione del rapporto,

semplificando di fatto l'attività del personale ispettivo che - in

tali ipotesi - potrà limitarsi ad accertare la sussistenza di una

etero-organizzazione».

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PUNTO DI ARRIVO

Domanda:

Alle co.co.pro. in corso alla data del 25/06/2015 è applicabile

dal 01/01/2016 la previsione introdotta dall’art. 2?

Risposta:

Circ. Min. Lav. n. 3 del 1° febbraio 2016: sì, in quanto è

applicabile dal 1° gennaio 2016, la disciplina del rapporto di

lavoro subordinato anche alle co.co.pro. stipulate prima del 25

giugno 2015 se etero-organizzate ai sensi del citato 1° comma

dell’art. 2.

Altra risposta: no, stante la diversa ratio delle disposizioni

che mantengono per le vecchie co.co.pro. le presunzioni di

subordinazione del D.Lgs. n. 276/2003.

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PUNTO DI ARRIVO

Domanda:

Dal 01/01/2016, che succede alle cocopro in corso alla data

del 25/06/2015?

Risposta:

I contratti che rispettano i criteri fissati dagli artt. 61 e segg

del D.L.vo n. 276/2003 e che non sono caratterizzati né da

etero direzione, né da etero organizzazione (art. 2 D.lgs. 81),

possono proseguire senza problemi anche dopo il 01/01/2016

sino alla naturale scadenza.

Diversamente: valutare la procedura di stabilizzazione

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PUNTO DI ARRIVO

Domanda:

Dal 01/01/2016, che succede alle cococo stipulate tra il

25/06/2015 ed il 31/12/2015?

Risposta:

I contratti che non sono etero-diretti e nei quali non

concorrono simultaneamente i tre elementi di cui all’art. 2 del

D.lgs. 81/2015 (e quindi non sono neppure etero-

organizzati) possono proseguire senza problemi anche dopo

il 01/01/2016.

Diversamente: valutare la procedura di stabilizzazione

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PUNTO DI ARRIVO

Il contratto di lavoro autonomo con partita IVA ex art. 2222 cod.

civ. non è più soggetto alle limitazioni previste dall’art. 69 bis

della L. 92/2012 (collaborazione con lo stesso committente per 8

mesi per 2 anni consecutivi, corrispettivo derivante dalle

collaborazioni, riconducibile allo stesso centro di imputazione di

interessi, pur se in favore di soggetti diversi, superiore all’80%

nell’arco di due anni solari consecutivi, postazione fissa presso

una delle sedi del committente), fatte salve le ipotesi di

conoscenze teorico – tecniche di grado elevato o valore

reddituale complessivo superiore ad una determinata soglia

( art. 69 – bis, comma 2, lettera b) o prestazioni professionali

per le quali viene richiesta l’iscrizione in albi o registri

professionali, individuati dal D.M. 20 dicembre 2012 (comma

3).

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PUNTO DI ARRIVO

Il lavoro autonomo “consentito” (dopo l’entrata in vigore

del D.lgs. n. 81/2015)

La norma non prevede una tipologia contrattuale particolare:

il riferimento è dunque il contratto di lavoro autonomo ex art.

2222 e segg. cod. civ.

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PUNTO DI ARRIVO

Il lavoro autonomo “consentito” (dopo l’entrata in vigore

del D.lgs. n. 81/2015)

Quindi i contratti di lavoro autonomo sono sostanzialmente

riconducibili a due macro gruppi:

- Lavoro autonomo in regime IVA (lavoro autonomo ex art.

2222 c.c. non necessariamente personale, senza

coordinazione, senza continuatività di rapporto con il

cliente/committente);

- Lavoro autonomo ex art. 2222 c.c anche in regime di

collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409 cpc.

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PUNTO DI ARRIVO La legittimità del contratto di lavoro autonomo dipende dall’assenza di

almeno uno dei parametri indicati nell’art. 2 del D.Lgs. 81/2015:

esclusiva personalità della prestazione (e non solo «prevalentemente

personale» che invece può connotare una co.co.co. ex articolo 409 c.p.c.);

continuatività della prestazione;

prestazione organizzata dal committente anche con riferimento ai tempi e

al luogo di lavoro.

Dal 1° gennaio 2016, qualora venga riscontrata la contestuale presenza di

tutte le condizioni di cui sopra, gli ispettori applicheranno al rapporto in

esame la disciplina del contratto di lavoro subordinato (dominante nel nostro

ordinamento ex art. 1 D.Lgs. 81/2015).

Semplificazione del compito ispettivo dopo l’accertamento dell’etero

organizzazione: Non necessaria la riqualificazione del rapporto

contrattuale; attribuzione al rapporto della regolamentazione propria del

lavoro subordinato.

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PUNTO DI ARRIVO

Analisi dei parametri in base a Circ. Min. Lav. n. 3/2016

Prestazioni di lavoro esclusivamente personali: quelle rese personalmente

dal collaboratore senza una minima organizzazione e/o senza avvalersi

dell’apporto, sia pur minimo, di altri soggetti;

Prestazioni svolte in via continuativa: possono considerarsi tali quelle che si

ripetono in un determinato arco temporale, comportando un impegno costante

e abbastanza lungo del collaboratore a favore del committente, finalizzato al

conseguimento di una reale utilità.

Svolgimento delle prestazioni etero-organizzate dal committente: è il

committente a definire tempi e luogo di lavoro («ogniqualvolta il

collaboratore operi all’interno di una organizzazione datoriale rispetto alla

quale sia tenuto a osservare determinati orari di lavoro e sia tenuto a

prestare la propria attività presso luoghi di lavoro individuati dallo stesso

committente, si considerano avverate le condizioni di cui all’art. 2, comma 1»

del dlgs n. 81/2015» Circ. 3/2016)

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PUNTO DI ARRIVO

Etero-organizzazione (da non confondere con

«Coordinamento): si concretizza allorché sia il committente a definire

quantomeno i tempi e il luogo di lavoro; la Circ. 3/2016 afferma che si ha

etero-organizzazione «ogniqualvolta il collaboratore operi all’interno di una

organizzazione datoriale rispetto alla quale sia tenuto a osservare

determinati orari di lavoro e sia tenuto a prestare la propria attività presso

luoghi di lavoro individuati dallo stesso committente,…omissis….sempre che

le prestazioni risultino continuative ed esclusivamente personali»

Etero-direzione subordinazione ex art. 2094 c.c., intesa come

sottoposizione del collaboratore al potere direttivo, di controllo e disciplinare

del committente.

Se la etero-organizzazione attiene al «quando» e «dove», la

etero-organizzazione coinvolge anche il «come» effettuare la

prestazione.

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS. 81/2015

PUNTO DI ARRIVO

Deroghe

Pur presenti le condizioni di cui all’art. 2 co 1 del D.lgs 81/2015, non si

verificano le conseguenze ivi previste nei seguenti casi:

a) collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati da associazioni

sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale

prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e

normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative

del relativo settore;

b) collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali

è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

c) attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli

organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi

e commissioni.

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e

società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni riconosciute dal Coni.

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS.

81/2015

PUNTO DI ARRIVO

Deroghe

Per disposizione normativa, la etero-organizzazione

non produce effetti sulle collaborazioni in deroga.

Se però, nelle collaborazioni in deroga, si ravvisasse la

presenza degli elementi della etero-direzione,

scatterebbe comunque la conversione del rapporto

(Circ. 3/2016).

Ipotesi ulteriore: la certificazione del contratto ex

D.Lgs. 276/2003

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81/2015

PUNTO DI ARRIVO

I rapporti di collaborazione con i pensionati di vecchiaia

(precedentemente svincolati dall’obbligo del progetto e più in

generale dall’applicazione degli abrogati artt. 61 e segg) sono ora

soggetti ai parametri di cui all’art. 2, comma 1.

Le c.d. mini co.co.co. (prestazioni occasionali di durata

complessiva non superiore a 30 gg nell’anno solare con lo stesso

committente, salvo che il compenso non sia superiore ad € 5.000),

precedentemente svincolate dall’obbligo del progetto e

dall’applicazione dell’abrogato art. 61 co 1, sono ora soggette ai

parametri di cui all’art. 2 co 1 (devono quindi rientrare nella

casistica generale, non esistendo più come casistica particolare).

In entrambi i casi siamo ovviamente in presenza, a livello

fiscale, di redditi assimilati a lavoro dipendente

occasionali +

confronto di norme

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PUNTO DI ARRIVO

Continua ad esistere nel ns. ordinamento la norma di cui all’art. 44

co 2 del D.L. 269/2003 conv. in L. 326/2003 (prestazioni occasionali

per le quali l’obbligo di iscrizione alla gestione separata si ha soltanto

al superamento della franchigia di € 5.000).

Il compenso è fiscalmente da inquadrare tra i redditi diversi (art. 61

lett i) TUIR).

Trattasi del c.d. «LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE»

caratterizzato dalla completa autonomia del lavoratore circa i

tempi e le modalità di esecuzione del lavoro, dalla mancanza del

requisito della continuità, dal mancato inserimento funzionale del

lavoratore nell’organizzazione aziendale e dal fatto che è esercitato

solo in occasioni definite e non ricorrenti.

Anche per questi rapporti, come per ogni altro rapporto di lavoro

autonomo, si applica l’art. 2 comma 1.

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS.

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PUNTO DI ARRIVO

Art. 409.

(Controversie individuali di lavoro)

Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative

a:

………………………omissis……

3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di

collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa

e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere

subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel

rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo

tra le parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività

lavorativa (in rosso la modifica proposta all’art. 409 c.p.c. nel disegno di

legge n. 2233 su lavoro autonomo e lavoro agile).

…………………………omissis……………..

IL PERCORSO DELLE COCOCO SINO AL D.LGS.

81/2015

PUNTO DI ARRIVO

La modifica dell’art. 409 cpc recepirebbe principi

giurisprudenziali che identificano la funzione di coordinamento

quando l’attività è strutturalmente e funzionalmente collegata

alla organizzazione produttiva del committente. Ma la

«connessione funzionale» non deve in ogni caso sconfinare in

una pregnante ingerenza del committente che tolga autonomia al

collaboratore e lo assoggetti alle direttive del committente stesso

(in tal senso, Cassaz. 6752/1996).

Il «coordinamento» comporta che il potere del committente sia

limitato alla richiesta della prestazione contrattualmente

convenuta, non sussistendo invece il potere di determinazione

unilaterale delle modalità di esecuzione della stessa.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Il Decreto detta la nuova disciplina del lavoro

accessorio negli artt. da 48 a 50 (viene abrogata la

disciplina contenuta negli artt. 70 e segg del D.lgs. n.

276/2003).

Le principali novità:

l’ampliamento dell’utilizzo del contratto di lavoro

accessorio mediante aumento del limite complessivo

dei compensi;

previsione stabile di cumulabilità;

divieto di lavoro accessorio per lavori in appalto;

obbligo di comunicazione preventiva alla DTL.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Aumento del limite (soggetto a rivalutazione annuale) dei

compensi che possono essere percepiti dal prestatore di lavoro

dalla totalità dei committenti, che adesso è pari ad euro 7.000,

mentre precedentemente il limite era di euro 5.000.

Rimane invariato il limite previsto dalla previgente normativa

(se il committente è imprenditore o professionista, il lavoratore

potrà percepire un importo massimo di 2.000 euro annui dal

committente).

Il lavoro accessorio ha una qualificazione meramente

economica che prescinde dall’occasionalità della prestazione

(non c’è più, dopo il DL 76/2013, la previsione normativa

della «natura meramente occasionale») In senso contrario:

INPS mess. 9124/2014

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Il superamento dei limiti economici comporta la trasformazione

del lavoro accessorio in uno di lavoro subordinato a tempo

indeterminato se le prestazioni sono «verosimilmente fungibili

con le prestazioni rese da altro personale dipendente» Circ.

Min. Lav n 4/2013

Necessità del committente di effettuare richiesta al lavoratore

affinché quest’ultimo rilasci dichiarazione che non è stato

superato il limite degli importi massimi previsti.

In questa ipotesi, nessuna sanzione (Nota Min Lav 3439/2013)

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Art. 48 co 1: anno civile (01/01 – 31/12) e

non più, come in precedenza, all’anno

solare.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Il comma 2 dell’art. 48 disciplina, ora

stabilmente, il lavoro accessorio con

riferimento ai percettori di prestazioni

integrative del salario o di sostegno al reddito,

laddove specifica che tali soggetti possono

svolgere lavoro accessorio in tutti i settori

produttivi nel limite complessivo di euro 3.000

di compenso per anno civile.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Il lavoro accessorio nel settore dell’agricoltura, può essere

svolto:

• in attività agricole di carattere stagionale, effettuate da

pensionati e da giovani minori di 25 anni di età, se

regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso un istituto di

qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni

scolastici, oppure in qualunque periodo dell’anno, se

regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l’università;

• in attività agricole svolte a favore di produttori agricoli

con un volume di affari fino ad euro 7.000 (art. 34, comma

6, D.P.R. n. 633/1972), ma che non devono essere svolte da

soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici

dei lavoratori agricoli.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

L’art. 48 co 6 vieta il ricorso a prestazioni di

lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di

appalti di opere o di servizi, tranne nei casi

previsti da D.M. da adottarsi entro 6 mesi

dall’entrata in vigore del Dlgs 81 (termine

ampiamente scaduto)

Il committente deve sempre essere

l’utilizzatore finale della prestazione di lavoro

accessorio (già pacifico in precedenza per Circ.

Min. Lav 4/2013, smentita da Tribunale Milano

10/04/2014 n. 318).

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Art. 49 co 3: obbligo di comunicare alla DTL, prima dell’inizio della

prestazione e attraverso modalità telematiche (compresi sms e posta

elettronica), i dati anagrafici ed il codice fiscale del lavoratore, indicando

altresì il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale che non

deve essere superiore ai 30 giorni successivi.

In via transitoria, in attesa che vengano attivate le suddette modalità

telematiche per la comunicazione alla Dtl, il Min. Lav. nota n. 3337/2015, ha

stabilito che la comunicazione preventiva debba essere fatta secondo le

procedure INPS (Circ. INPS 177/2013) essere effettuata secondo le

procedure attuali e cioè deve essere inoltrata all’Inps.

Mancata comunicazione preventiva: Applicazione della maxisanzione

(Circ Min Lav 4/2013) e conversione del rapporto.

Mancata remunerazione di alcune giornate in presenza di comunicazione

preventiva: no maxisanzione (Nota Min Lav 12695/2013), ma conversione

del rapporto.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL

D.LGS. 81/2015

Novità antielusione in arrivo

Novità in arrivo, preannunciate da una news pubblicata sul sito

del Min Lav il 22 marzo 2016.

Al fine di eliminare gli usi impropri ed illegali del lavoro

accessorio, una norma anti elusione/evasione sarà inserita nel

primo decreto correttivo dei decreti attuativi del Jobs Act.

I voucher saranno pienamente tracciabili.

La tracciabilità sarà assicurata dalla comunicazione telematica

preventiva di:

nominativo e codice fiscale del prestatore;

data e luogo in cui svolgerà la prestazione lavorativa;

durata della prestazione lavorativa.

LE NOVITÀ PER IL LAVORO ACCESSORIO NEL D.LGS. 81/2015

Il voucher ha attualmente un valore orario

nominale di € 10,00 (da intendersi come valore

minimo – Circ. Min. Lav. n. 4/2013), salvo il

settore agricolo.

Il valore nominale comprende la contribuzione

(13%) a favore della gestione separata Inps, il

premio assicurativo INAIL (7%) ed un

compenso al concessionario per la gestione del

servizio (5%).

Il valore netto del voucher è pari ad euro

7,50.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE NEL D.LGS.

81/2015

Art. 53: Superamento dell’associazione in

partecipazione con apporto di lavoro

1. All'articolo 2549 del codice civile sono apportate le seguenti

modificazioni: a) il secondo comma è sostituito dal

seguente: «Nel caso in cui l'associato sia una persona fisica

l'apporto di cui al primo comma non può consistere,

nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro.»;

2. b) il comma terzo è abrogato.

3. I contratti di associazione in partecipazione in atto alla data

di entrata in vigore del presente decreto, nei quali l'apporto

dell'associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in

una prestazione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro

cessazione.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE NEL D.LGS.

81/2015

Alla luce delle modifiche, l’art. 2549 così recita:

Nozione

Con il contratto di associazione in partecipazione

l'associante attribuisce all'associato una

partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o

più affari verso il corrispettivo di un determinato

apporto.

Nel caso in cui l'associato sia una persona fisica

l'apporto di cui al primo comma non può consistere,

nemmeno in parte (ndr: quindi, neppure misto), in

una prestazione di lavoro.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE NEL D.LGS.

81/2015

Rimangono quindi valide le associazioni in

partecipazione:

a) tra impresa associante e persona fisica

associata per apporto di solo capitale;

b) tra impresa associante e persona

giuridica o ente associato per apporto

di capitale o di lavoro o misto

(capitale e lavoro).

.

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE NEL D.LGS.

81/2015

Il Dlgs 81 cancella tutte le presunzioni e divieti

introdotti dalla L. 92/2012 (numero massimo di

associati ecc)

I contratti di associazione in partecipazione con

apporto di lavoro stipulati in data antecedente il

25/06/2015 sono fatti salvi fino alla loro

conclusione, ferma restando la possibilità di

essere ricondotti al lavoro subordinato se carenti

degli elementi di autonomia previsti e degli

elementi tipici della fattispecie contrattuale.

CORSO DI FORMAZIONE SPECIALISTICA

ISPEZIONI E SANZIONI

ROMA, 27 MAGGIO 2016

RELATORE DOTT. PAOLO FERRETTI

CONSULENTE DEL LAVORO IN ANCONA

ASPETTI PATOLOGICI DEL CONTRATTO DI LAVORO AUTONOMO

IL CONTRATTO DI LAVORO AUTONOMO HA DUE POTENZIALI AVVERSARI:

1) LE ISTITUZIONI IN FASE DI CONTROLLO

2) IL LAVORATORE AUTONOMO

ASPETTI PATOLOGICI DEL CONTRATTO DI LAVORO AUTONOMO

LA RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO DA AUTONOMO A SUBORDINATO ED IL «PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO»

PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO (IN GENERALE)

La regola generale del nostro ordinamento è che la retribuzione pattuita tra datore e lavoratore si presume costituisca il corrispettivo della sola prestazione ordinaria.

Ne consegue che tutte le somme che il datore versa al dipendente in misura eccedente rispetto ai minimi del CCNL rappresentano, in applicazione del principio del favor prestatoris, un trattamento di miglior favore rispetto al trattamento minimo ordinario (e dunque, non comprendono i cosiddetti istituti retributivi indiretti: tredicesima, quattordicesima, indennità per ferie e permessi non goduti, lavoro straordinario e TFR).

PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO (IN GENERALE)

La regola generale si applica in ogni caso, a meno che datore e lavoratore non abbiano sottoscritto un accordo (patto di conglobamento) in cui si specifica che il pagamento della retribuzione, globalmente considerata, va a soddisfare ogni diritto del lavoratore connesso all’attività da quest’ultimo svolta, compresi dunque gli istituiti di retribuzione indiretti, eccetto comunque il TFR (Cass. 16/4/1992, n. 4651, Cass. 23/01/2006 n. 1261, Cass. 31/05/2011, n. 12051).

Tale patto di conglobamento è valido solo se da esso “risultino specifici titoli cui è riferibile il compenso complessivo, poiché solo in tal caso si rende superabile la presunzione che il compenso convenuto è dovuto quale corrispettivo della sola prestazione ordinaria e si rende possibile il controllo giudiziale circa l’effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettanti per legge o per contratto” (Cass. 7/4/2010, n. 8255).

PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO (IN CASO DI RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO)

In caso di riqualificazione del rapporto da autonomo a subordinato, il «principio di assorbimento» è teso a ridurre l’ammontare delle eventuali differenze retributive.

Deve però applicarsi la presunzione inversa a quella che opera rispetto al lavoro subordinato. In questo caso il compenso pattuito dalle parti in relazione ad un rapporto qualificato dalle stesse come autonomo si presume destinato a compensare integralmente l’opera prestata dal lavoratore. Per tale motivo, nel caso in cui detto rapporto sia riconosciuto dal Giudice come subordinato, eventuali differenze retributive a vantaggio del lavoratore vanno calcolate tenendo conto dell’intero trattamento retributivo corrispostogli dal datore. Nel caso poi tale trattamento sia più favorevole rispetto a quello che spetterebbe al lavoratore in base ai minimi del CCNL, gli importi eccedenti vanno imputati agli istituti retributivi indiretti.

PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO (IN CASO DI RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO)

“In tema di determinazione del trattamento retributivo spettante al lavoratore subordinato, è stato più volte condivisibilmente affermato da questa Corte, …omissis…, che una volta che sia accertata in giudizio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in contrasto con la qualificazione del rapporto come autonoma operata dalle parti, ai fini della determinazione del trattamento economico dovuto, si deve considerare nel suo complesso quanto in concreto sia stato già corrisposto al lavoratore e porlo a raffronto con il trattamento minimo dipendente dalla corretta qualificazione del rapporto, con la conseguenza che, ove quest’ultimo sia stato già integralmente corrisposto, non possono essere liquidate mensilità aggiuntive commisurate ai compensi periodicamente erogati” (Cass. 7.2.2013, n. 2937).

PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO (IN CASO DI RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO)

In buona sostanza, le somme corrisposte in misura

eccedente la retribuzione prevista dal CCNL,

COMPENSANO, sino a concorrenza, anche gli istituti

retributivi indiretti tipici del lavoro subordinato (es:

mensilità supplementari, straordinario, ferie non godute).

E il TFR?

TFR E PRINCIPIO DI ASSORBIMENTO

In caso di riqualificazione del rapporto da autonomo a subordinato la prevalente giurisprudenza esclude che il TFR rientri nel principio di assorbimento in quanto il TFR matura alla cessazione del rapporto di lavoro e quindi non può considerarsi compreso nella retribuzione ordinaria corrisposta dal datore in costanza di rapporto di lavoro (Cass. 7.2.2013, n. 2937, nonché Cass. 5552/2001, Cass. 14.12.1998, n. 12548).

Tuttavia vi è una minoritaria giurisprudenza di merito che si è più volte pronunciata in maniera difforme, assimilando il TFR agli altri istituti retributivi indiretti e quindi assoggettandolo al principio dell’assorbimento (Trib. Milano, 30 luglio 1997, in Lavoro nella Giur., 1998, 244; App. Milano, 14 dicembre 2000, in Lavoro nella Giur., 2001, 697; App. Milano, 8 luglio 2005, in Lavoro nella Giur., 2006, 4, 401).

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

L’art. 22 del D.Lgs. 151/2015 ha modificato il regime sanzionatorio della maxisanzione sul lavoro sommerso, già previsto dall’art. 3 del D.L. 12/2002, conv. in L. 73/2002.

La norma, anche nella versione delineata dal D.Lgs. 151/2015, seguita a punire specificamente l’impiego di lavoratori subordinati senza comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con esclusione del datore di lavoro domestico, in nulla innovando, quindi, rispetto al testo previgente, né con riferimento all’oggetto (il lavoro “in nero” dei soli lavoratori subordinati), né in merito al campo di applicazione (resta escluso il lavoro domestico).

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

E’ inoltre confermato il contenuto del comma 4 del citato art. 3

che così recita:

4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione

qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo

precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di

non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente

qualificazione.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Non c’è dunque maxisanzione sul lavoro sommerso se,

dagli adempimenti di carattere contributivo

precedentemente svolti, si evidenzia la volontà di non

occultare il rapporto, anche se si tratta di differente

qualificazione.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Nota Min. Lav. n. 16920 del 9/10/2014

No maxisanzione in caso di disconoscimento del

rapporto di lavoro autonomo occasionale ex art. 2222

c.c. con partita IVA e/o ritenuta d’acconto qualora per

tale rapporto lavoro sia presente idonea

documentazione fiscale che escluda la volontà di

occultare il rapporto.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Nota Min. Lav. n. 16920 del 9/10/2014

Essendo il lavoro autonomo occasionale caratterizzato dall’assenza di obblighi di comunicazione preventiva, si impone infatti di considerare, oltre alla documentazione previdenziale, altri elementi significativi, idonei ad escludere la volontà di occultare il rapporto alla P.A.

Rilevante, a tali fini, la valida documentazione fiscale, quale il versamento delle ritenute d’acconto tramite F24 o la dichiarazione 770, dalla quale emerga la conoscenza da parte della P.A. di un rapporto di lavoro che, quindi, non può ritenersi “in nero” ed esclude l’applicazione della maxisanzione pur a fronte della riqualificazione della prestazione come lavoro subordinato.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Art. 22 comma 1 punto 3-quinquies del D.Lgs.

151/2015:

«In caso di irrogazione della sanzione di cui al comma

3 (N.D.R.: maxisanzione), non trovano applicazione le

sanzioni di cui all'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto

legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nonché le

sanzioni di cui all'articolo 39, comma 7, del decreto-

legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con

modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Dal 01/01/2016, in caso di lavoro autonomo riconducibile nella

disciplina del lavoro subordinato ex art. 2 comma 1 del D.Lgs.

81/2015, trovano applicazione (Circ. Min. Lav. n. 3/2016),

salvo ripensamento ministeriale, le sanzioni di cui all'art. 19

commi 2 e 3, del D.Lgs. 276/2003, ovvero:

a) Sanzione (diffidabile) da € 250 ad 1500 per aver omesso, il

datore di lavoro, di consegnare al lavoratore, all’atto

dell’instaurazione del rapporto e comunque prima dell’inizio

dell’attività di lavoro, una copia della lettera di assunzione (o

documento equipollente);

b) Sanzione (diffidabile) da € 100 a € 500 in quanto il datore di

lavoro, entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del

relativo rapporto, deve comunicare al servizio competente gli

estremi dell’assunzione del lavoratore subordinato.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Trova inoltre applicazione ogni ulteriore sanzione

riferibile al lavoro subordinato (es: dlgs n. 66/2003 in

caso di violazione della disciplina sui tempi di lavoro

ecc), oltre al recupero dei contributi connessi al

differente inquadramento previdenziale del lavoratore,

nonché l’eventuale emissione del provvedimento di

diffida accertativa relativamente alle differenze

retributive maturate dal lavoratore.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

L’art. 22 co 7 del D.Lgs. 151/2015 si occupa dei profili sanzionatori

applicabili nei casi di omessa o infedele registrazione dei dati sul libro unico:

art. 22 c.7 – «Salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele

registrazione dei dati di cui ai commi 1, 2 e 3 che determina differenti

trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione

amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a

più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione

va da 500 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori

ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000

euro. Ai fini del primo periodo, la nozione di omessa registrazione si riferisce

alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui

manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle

scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 diverse rispetto alla qualità o

quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme

effettivamente erogate……….omissis……………».

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Omissione: la registrazione deve essere omessa complessivamente (non è sufficiente la mancanza di uno degli elementi che la registrazione stessa dovrebbe ricomprendere);

Infedeltà: difformità che deve sussistere tra i dati registrati e l’effettiva retribuzione o compenso corrisposto (concetto già espresso dal Min Lav con Circ. 2/2012).

La registrazione è pertanto regolare quando si ha perfetta coincidenza tra lavorato e corrisposto.

E nell’ipotesi di riqualificazione del rapporto o più in generale di riconduzione del lavoro autonomo alla disciplina del lavoro subordinato??

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

In tal senso vedasi Circ. Min. Lav. N. 26/2015:

«E’ quindi da escludersi qualsiasi valutazione in ordine

alla riconduzione del rapporto ad altra tipologia

contrattuale ovvero in ordine alla mancata

corresponsione di determinate somme previste dalla

contrattazione collettiva applicata o applicabile,

rispetto alle quali è fatto salvo evidentemente il potere

di emanare la diffida accertativa al fine di dare

immediata tutela ai lavoratori interessati”.

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

Quindi l’omessa o l’infedele registrazione non si configura nell’ipotesi in cui un determinato rapporto di lavoro venga riqualificato.

Sono quindi regolari le registrazioni effettuate con riferimento ad un rapporto di lavoro successivamente disconosciuto e convertito in un altro in fase di accertamento.

In tale ipotesi non è pertanto applicabile la sanzione di cui all’art. 22 co 7 del D.Lgs. 151/2015.

Sempre possibile è il provvedimento di diffida accertativa per la tutela dei crediti patrimoniali del lavoratore (si rammenti però sul punto il «Principio di assorbimento»).

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

INPS/INAIL Omissione o evasione??

In caso di riqualificazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro paga le sanzioni per omissione (e non evasione) contributiva

La Corte di Cassazione - con sentenza n. 1476 depositata in data 27 gennaio 2015 – afferma che in caso di riqualificazione del rapporto di lavoro autonomo in rapporto di lavoro subordinato, con effetto retroattivo, le sanzioni per il mancato versamento dei contributi sono a titolo di omissione contributiva e non di evasione.

Ai fini di configurare la più grave ipotesi dell’evasione occorre che venga totalmente omessa la denuncia dell’esistenza di un rapporto (circostanza che non si verifica se non vi è la volontà del datore di lavoro di occultare il rapporto in quanto, al momento della sua costituzione, ha denunciato in maniera conforme al testo firmato dalle parti il rapporto medesimo).

RIQUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO E SANZIONI

INPS/INAIL

Omissione o evasione??

Circolare INPS n. 74/2003

«Con Circolare n. 110 del 23 maggio 2001, uniformandosi alle linee indicate dal

Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella circolare n. 12 del 22 gennaio 2001,

si è disposto, al p. 1.2, che la simulazione del rapporto di lavoro subordinato

rientrava, ai fini dell'applicazione del regime sanzionatorio, nell'ambito dell'evasione

contributiva, con conseguente applicazione dell'art. 116, comma 8, lett. b) della legge

n. 388/2000.

Su tali indirizzi, peraltro, sono sorte numerose problematiche……omissis…….

In tale quadro è fuor di dubbio che nella simulazione del rapporto, venendo effettuate

una serie di denunce e registrazioni obbligatorie delle quali l'Istituto, non solo ne è a

conoscenza, o può venirvi a conoscenza in sede di accertamento ispettivo, ma è

l'Organo che autorizza l'iscrizione e conseguentemente chiede il pagamento dei

contributi, può mancare del tutto l'intenzionalità, né questa può essere provata in

modo certo e inequivocabile……….omissis……..

Da quanto esposto si ritiene che in tutti i casi si proceda, anche a seguito di

accertamento ispettivo, alla trasformazione del rapporto di lavoro, non possa

configurarsi la fattispecie dell'evasione….omissis…………».

MODIFICA DI DISPOSIZIONI SANZIONATORIE IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE

La maxi sanzione per il «lavoro nero» è stata di nuovo rivisitata dall’art. 22 del D.Lgs. 151/2015 E’ istituito un sistema che prevede l’applicazione della “sanzione a scaglioni”. Viene reintrodotta la procedura di diffida, ma “condizionata”. E’ prevista la possibilità di ottenere la revoca della sospensione dell'attività imprenditoriale prevista dall’art. 14 del Dlgs. 81/2008, previo pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta; l'importo residuo, maggiorato del 5%, deve essere versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca.

ART. 22 MODIFICA DI DISPOSIZIONI SANZIONATORIE IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE

Viene superata la previsione che scomponeva la sanzione in una parte proporzionale ed una fissa giornaliera, in favore di un sistema che articola la fattispecie in tre ipotesi, graduate secondo la durata (e quindi la gravità) del rapporto irregolare.

Intervallo temporale di irregolarità Importo sanzione

Fino a 30 giorni Da 1.500 a 9.000 euro

Da 31 a 60 giorni Da 3.000 a 18.000 euro

Oltre 60 giorni Da 6.000 a 36.000 euro

ART. 22 MODIFICA DI DISPOSIZIONI SANZIONATORIE IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE

La diffida è subordinata al verificarsi delle seguenti condizioni: • il periodo prestato in nero deve essere regolarizzato; • il lavoratore, se ancora in forza in “nero”, deve essere assunto con contratto di lavoro subordinato: a tempo indeterminato full-time oppure part-time con riduzione dell’orario di lavoro in misura non superiore al 50% dell’orario a tempo pieno; a tempo determinato con un contratto di durata non inferiore a tre mesi; • il lavoratore assunto deve essere mantenuto in servizio presso il

medesimo datore di lavoro per almeno tre mesi. La prova dell'avvenuta regolarizzazione, nonché del pagamento delle sanzioni e dei contributi e premi previsti, deve essere fornita entro il termine di 120 giorni dalla notifica del relativo accertamento.

CIRCOLARE MINISTERO DEL LAVORO N. 26/2015

Pag. 2: « omissis….consegna lettera di assunzione….omissis»; Pag. 3 lett. a): «Stipulazione di un contratto di lavoro subordinato …omissis» ; Pag. 4 : «il contratto decorrerà dal primo giorno di lavoro nero…omissis»; Pag. 4 : «….omissis….formalizzazione di un contratto decorrente dal primo giorno di lavoro in nero che preveda il mantenimento al lavoro del lavoratore per almeno tre mesi dall’accesso ispettivo».

CHE CONFUSIONE!!!

Linea del tempo

0 1

Lavoratore

Ispettore

Periodo in nero da 0 a 1; accesso dell’ispettore nel momento 1 con rapporto in nero in corso. Condizioni di operatività della diffida: - Regolarizzazione del periodo in nero con versamento di contributi e

premi; - Stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (anche part time

non inferiore al 50%) o a tempo determinato non inferiore a 3 mesi (90 giorni di calendario);

- Versamento della sanzione minima edittale (art. 13 D.Lgs. 124/2004). Termine per adempiere: 120 giorni dalla notifica del verbale (art. 13 co 5 D.Lgs. 124/2004).

Periodo in nero

Linea del tempo

0 1

Lavoratore Ispettore

Periodo in nero da 0 a 1 Nel momento 1 il rapporto in nero è cessato Accesso dell’ispettore nel momento 2 ed il lavoratore non è più in forza Condizioni di operatività della diffida: - Regolarizzazione del periodo in nero con versamento di contributi e

premi; - Versamento della sanzione minima edittale (art. 13 D.Lgs. 124/2004). Termine per adempiere: 45 giorni dalla notifica del verbale

2 Cessazione rapporto in nero

Periodo in nero

Linea del tempo

0 1

Lavoratore Lavoratore

Da 0 a 1 il lavoratore è stato in nero; Da 1 a 2 il lavoratore è stato regolarizzato; Da 1 a 2 periodo > 90 giorni; Accertamento ispettivo nel momento 2. Condizioni di operatività della diffida: - Regolarizzazione del periodo in nero con versamento di contributi e

premi; - Pagamento della sanzione minima edittale (art. 13 D.Lgs. 124/2004). Termine per adempiere: 45 giorni dalla notifica del verbale di accertamento

2 Regolarizzazione > 90 giorni

Ispettore

Periodo in nero

Linea del tempo

0 1

Lavoratore

Notifica verbale

Da 0 a 1 il lavoratore è stato in nero; Da 1 a 2 il lavoratore è stato regolarizzato (< 90 giorni); oppure Da 1 a 2 il lavoratore è stato in nero; oppure Da 1 a 2 il lavoratore è stato in parte in bianco (< 90 giorni) e parte in nero; Da 2 a 3 assenza di rapporto tra la cessazione del contratto e la notifica del verbale.

Condizioni di operatività della diffida: - Regolarizzazione del periodo in nero con versamento di contributi e premi; - Stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (anche part time non inferiore al 50%) o a

tempo determinato che, in sommatoria ad un eventuale periodo «in bianco» (< 90 giorni), post ispezione, garantisca un periodo complessivo di lavoro «in bianco» non inferiore a complessivi 3 mesi (90 giorni di calendario);

- Versamento della sanzione minima edittale (art. 13 D.Lgs. 124/2004). Termine per adempiere: 120 giorni dalla notifica del verbale (art. 13 co 5 D.Lgs. 124/2004).

2

Cessazione del rapporto per cause non imputabili al datore di lavoro

Ispettore

Periodo in nero

3 Periodo in bianco

ART. 22 MODIFICA DI DISPOSIZIONI SANZIONATORIE IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE

Il decreto esclude la possibilità di diffida in ipotesi di lavoro “in nero” di lavoratori stranieri irregolari e di minori non in età da lavoro. In tale ipotesi la maxisanzione è maggiorata del 20%.

ART. 22 MODIFICA DI DISPOSIZIONI SANZIONATORIE IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE

Il decreto esclude espressamente il cumulo della maxisanzione con le sanzioni "formali”, comminate per l'omessa comunicazione di assunzione, per l'omessa consegna del contratto al lavoratore, nonché per le omesse scritturazioni sul Libro unico del lavoro.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE

L’art. 5 della L. 689/81 prevede che “quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge” e l’art. 6 della L. 689/81 prevede che la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE

La normativa definisce “datore di lavoro” ogni soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE

Al fine dunque di evitare le pregiudizievoli conseguenze della possibile moltiplicazione delle sanzioni amministrative riferite alla materia del lavoro ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro in conseguenza dell’applicazione degli artt. 5 e 6 della L. 689/81, è opportuno che le Società si dotino di una delibera con data certa, da esibire in caso di accertamento.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE

Nella delibera sarà individuato un solo soggetto che “in via esclusiva” sia unico responsabile per tutti gli incombenti ed adempimenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008 e successive modificazioni, nonché per tutti gli adempimenti previsti dalle norme legislative, regolamentari e pattizie in materia di rapporti di lavoro nonché in materia assicurativa e previdenziale.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE

In presenza di una delibera di data certa con tali contenuti, le eventuali sanzioni graveranno in capo all’unico soggetto che è stato identificato quale responsabile nella predetta delibera e non verranno conseguentemente notificate a tutti gli altri soci e/o amministratori, dovendosi escludere, in simile ipotesi, il concorso di più persone nella violazione previsto dall’art 5 della L. 689/81.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

Corte costituzionale - Sentenza 13 novembre 2014 n. 254 È incostituzionale, in quanto «sproporzionata» e «irragionevole», la previsione di una «sanzione fissa» di € 3.000 per l'omesso versamento dei contributi previdenziali «indipendentemente dalla durata» della prestazione lavorativa. La Corte costituzionale, con la sentenza 254/2014 , ha bocciato la cd. «maxi sanzione» contro il lavoro nero, voluta nel luglio 2006 dal governo Prodi, e rimpiazzata quattro anni dopo (L. 183/2010) col ritorno (maggiorato) al vecchio

criterio agganciato invece alla durata dell'infrazione.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

L'articolo 36-bis, comma 7, lettera a), del Dl n. 223 del 2006 aveva introdotto una soglia minima di 3.000 euro ai fini INPS/INAIL per ogni lavoratore. Successivamente, però, il Collegato Lavoro (L.183/2010) è intervenuto eliminando il «tetto minimo» e prevedendo unicamente un aumento del 50% delle sanzioni di cui alla L. 388/2000. Ed infatti, prima del 24/09/2015, le sanzioni civili erano calcolate nella misura del 30% «in ragione d'anno» della contribuzione evasa (fino ad un massimo del 60%) e l'importo così determinato è maggiorato del 50%.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

La L. n. 9/2014, entrata in vigore il 22 febbraio 2014, ha convertito il D.L. n. 145/2013 (Destinazione Italia) che, all'art. 14, ha previsto una maggiorazione del 30% delle sanzioni amministrative concernenti l'occupazione di lavoratori "in nero", nonché una maggiorazione del 30% delle "somme aggiuntive" da versare ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

•violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 145/2013 (cioè prima del 24 dicembre 2013): si applica la pregressa disciplina, sia per quanto concerne gli importi sanzionatori sia per quanto concerne l'applicazione della diffida di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004;

•violazioni commesse a far data dall'entrata in vigore del citato D.L. n. 145/2013 e sino al giorno antecedente alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 9/2014 (cioè dal 24 dicembre 2013 e sino al 21 febbraio 2014 compreso): si applicano le sanzioni amministrative già previste dall'art. 3 del D.L. n. 12/2002 aumentate del 30%, sia per la parte fissa che per la parte variabile, nonché la procedura di diffida di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

• violazioni commesse a far data dall'entrata in vigore della L. n. 9/2014 (ossia a far data dal 22 febbraio 2014): si applicano le sanzioni amministrative già previste dall'art. 3 del D.L. n. 12/2002 aumentate del 30%, sia per la parte fissa che per la parte variabile, ma non la procedura di diffida di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

Maxisanzione "ordinaria"

Sanz. Min. edit. Sanz. Max. edit. Magg. giornaliera

Violazioni consumate entro il 23 dicembre 2013 compreso

1.500 12.000 150

Violazioni consumate dal 24 dicembre 2013 al 21 febbraio 2014 compreso

1.950 15.600 195

Violazioni consumate dal 22 febbraio 2014

1.950 15.600 195

MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SANZIONE NEL SISTEMA PREVIGENTE

Maxisanzione “affievolita“

(nel caso ai cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo)

Sanz. Min. edit. Sanz. Max. edit. Magg. giornaliera

Violazioni consumate entro il 23 dicembre 2013 compreso

1.000 8.000 30

Violazioni consumate dal 24 dicembre 2013 al 21 febbraio 2014 compreso

1.300 10.400 39

Violazioni consumate dal 22 febbraio 2014

1.300 10.400 39

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Il ricorso giudiziario avverso l’ordinanza ingiunzione è stato regolato per circa 30 anni dall’art. 22 della L. 689/81, ma dal 06/10/2011, data di entrata in vigore del D.Lgs. 150/2011, è regolato dall’art. 6 del citato Decreto (al quale fa ora rinvio l’art. 22 della L. 689/81):

Art. 22 L. 689/81: (Opposizione all'ordinanza-ingiunzione)

Salvo quanto previsto dall'articolo 133 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e da altre disposizioni di legge, contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. L'opposizione è regolata dall'articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Art. 6 Dlgs. 150/2011 Dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione

1. Le controversie previste dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

2. 2. L'opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione.

3. ……omissis.............

4. 4. L'opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro;

b) di previdenza e assistenza obbligatoria;

………………………………………………….omissis………………………….

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Art. 6 D.Lgs. 150/20111 Dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione

5………..omissis…………… 6. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale.

7. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.

8. Con il decreto di cui all'articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso e il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente e all'autorità che ha emesso l'ordinanza.

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Art. 6 Dlgs 150/2011 Dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione

9. Nel giudizio di primo grado l'opponente e l'autorità che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente. L'autorità che ha emesso l'ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati…omissis…

10. Alla prima udienza, il giudice:

a) quando il ricorso è proposto oltre i termini di cui al comma 6, lo dichiara inammissibile con sentenza;

b) ………omissis…….

11. Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell'opponente.

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Art. 6 Dlgs 150/2011 Dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione

12. Con la sentenza che accoglie l'opposizione il giudice può annullare in tutto o in parte l'ordinanza o modificarla anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta, che è determinata in una misura in ogni caso non inferiore al minimo edittale. ……..omissis…….

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Nel primo grado di giudizio, tanto l'opponente, quanto la DTL , possono stare in giudizio personalmente, senza l'ausilio di un difensore.

Il trasgressore e l'obbligato in solido potranno quindi rivolgersi sia ad un legale, che al professionista che assiste tecnicamente l'azienda per i profili della gestione e amministrazione del personale ai sensi della legge 11 gennaio 1979, n. 12.

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO In dottrina:

Questi (n.d.r.: il consulente) potrà predisporre secondo le proprie competenze professionali il ricorso e redigerlo materialmente, ferma restando l'esclusiva titolarità e sottoscrizione del soggetto interessato (trasgressore e/o obbligato solidale). D’altro canto, può dirsi legittima la presenza del professionista alle udienze, al posto del soggetto interessato, giacché pur senza poter rivestire i panni del sostituto processuale, né tantomeno quelli del procuratore legale, ben potrà il professionista del lavoro, in una applicazione estensiva dell'art. 77, comma 1, c.p.c., rivestire la qualità di “rappresentante processuale volontario”, a seguito di espressa ed esplicita procura da parte del trasgressore e/o dell'obbligato in solido, resa nel ricorso in opposizione ed eventualmente confermata personalmente davanti al giudice dell'opposizione durante la prima udienza, essendo il professionista chiaramente “preposto” agli “affari” inerenti la gestione e l'amministrazione di quei rapporti di lavoro per i quali la Direzione provinciale del lavoro ha proceduto agli accertamenti ispettivi da ultimo consolidatisi nell'ordinanza-ingiunzione impugnata” (P. Rausei – Diritto e Pratica del Lavoro 21/2010).

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

DELEGA DI RAPPRESENTANZA

Il Sottoscritto ………………., nato a ……………. il …………, C.F. ……………. in proprio ed in qualità di legale rappresentante pro tempore della Società……….......con sede a…………. (….) – Via ……………….. n. …., C.F e P.IVA ………….. elettivamente domiciliato in…….. – Via ……. n. ….presso il Consulente del Lavoro………, sta in giudizio personalmente nel presente procedimento ex art. 22 della L. 689/1981, per rinvio all’art. 6 comma 9 del D.Lgs. 150/2011, e/o tramite il Consulente del Lavoro…….al quale viene conferita specifica delega di rappresentanza nella medesima controversia a tutti gli effetti di legge.

……………………. in proprio e nella qualifica

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

La presenza del trasgressore in prima udienza è comunque fondamentale affinché confermi la delega di rappresentanza in favore del consulente, non potendo quest’ultimo autenticare la firma del trasgressore (l’autenticazione della firma è riservata agli avvocati).

L’ORDINANZA INGIUNZIONE E LA DIFESA IN GIUDIZIO

DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Nei confronti della sentenza del Tribunale che decide in primo grado il ricorso in opposizione, la parte soccombente può proporre impugnazione, ma non può stare in giudizio personalmente, essendo questa facoltà consentita nel solo primo grado di giudizio.

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Uno dei metodi più efficaci per prevenire gli aspetti

patologici connessi alla stipula di un contratto di lavoro

autonomo è senz’altro la certificazione.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, in data

22 aprile 2016, ha aggiornato la precedente versione

delle Linee guida per la certificazione dei contratti.

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Art. 2 co 3 D.Lgs. 81/2015

«Le parti possono richiedere alle commissioni di cui

all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003,

n. 276, la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al

comma 1 (ndr: A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina

del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si

concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le

cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con

riferimento ai tempi e al luogo di lavoro). Il lavoratore può farsi

assistere da un rappresentante dell'associazione

sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un

avvocato o da un consulente del lavoro».

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

La norma si limita a prevedere che committente

e collaboratore possono richiedere alle

competenti Commissioni «la certificazione

dell’assenza dei requisiti» che ai sensi del

comma 1 della stessa disposizione

condurrebbero all’applicazione della disciplina

del lavoro subordinato.

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

L’attività di certificazione si concentra dunque

sull’accertamento che nello stipulando contratto di cococo - o nel

rapporto fino ad allora posto in essere fra le parti, se trattasi di

contratto in corso di svolgimento - non sussistono condizioni di

assoggettamento alla organizzazione esclusiva del

committente e quindi la Commissione deve verificare l’assenza

di almeno uno dei seguenti requisiti:

a) natura esclusivamente personale;

b) prestazione continuativa;

c) prestazione organizzata dal committente anche con

riferimento ai tempi di lavoro;

d) prestazione organizzata dal committente anche con

riferimento al luogo di lavoro.

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

La certificazione dei contratti di lavoro (artt. 75 e segg. D.Lgs.

276/2003) è una procedura introdotta con lo scopo di

ridurre/prevenire il contenzioso in materia di lavoro.

L’art. 30 co. 2 della L. 183/2010 ha reso maggiormente

vincolante la certificazione soprattutto nei confronti dell’autorità

giudiziaria:

«Nella qualificazione del contratto di lavoro e

nell'interpretazione delle relative clausole il giudice non può

discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di

certificazione dei contratti di lavoro….omissis…, salvo il caso di

erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di

difformità tra il programma negoziale certificato e la sua

successiva attuazione».

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera

giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono dunque

proporre ricorso al Giudice del lavoro, per vizi del consenso, per erronea

qualificazione del contratto di lavoro o per difformità tra il programma

negoziale certificato e la sua successiva attuazione.

La certificazione ha pertanto la c.d. efficacia “reale”, nel senso che è

opponibile anche ai terzi e determina la temporanea inefficacia di

qualsiasi atto che presupponga una qualificazione del contratto diversa

da quella certificata.

Tale effetto non è però assoluto, ma può essere superato esclusivamente

attraverso una successiva differente valutazione del giudice al quale il

legislatore non può sottrarre la qualificazione dei rapporti finalizzata al

riconoscimento dei diritti che ne conseguono (art. 24, comma 1, Cost.).

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Il vizio del consenso è una circostanza di fatto, suscettibile di

rendere invalido il consenso prestato alla stipulazione del

contratto.

1427 c.c.: “il contraente, il cui consenso fu dato per errore,

estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere

l’annullamento del contratto secondo le disposizioni

seguenti” (ossia gli artt. 1428 e segg. c.c.).

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Vizi del consenso

Errore: si ha quando il contraente ignora, oppure conosce in

modo sbagliato o insufficiente, situazioni determinanti ai fini

della decisione di stipulare o meno il contratto o comunque di

stipularlo in certe condizioni.

Violenza: consiste nella minaccia di un male ingiusto e

notevole per cui il contraente è indotto a stipulare un contratto

che altrimenti non avrebbe stipulato, oppure avrebbe stipulato

in condizioni diverse.

Dolo: si ha quando un contraente è indotto a raggiri o inganni

per stipulare un contratto che altrimenti non avrebbe stipulato

o avrebbe stipulato in condizioni diverse.

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Solo le parti del contratto (e non anche i terzi interessati)

possono impugnare la certificazione dinanzi all’autorità

giudiziaria per vizi del consenso (gli effetti della Sentenza

retroagiscono sin dal momento della sottoscrizione del

contratto).

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

L’atto di certificazione può essere impugnato dalle parti e dai

terzi interessati anche per erronea qualificazione del contratto

da parte della Commissione di Certificazione. In tal caso

l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà fin dal momento

della conclusione dell’accordo contrattuale (art. 80, comma 2

D.lgs 276/2003).

L’atto di certificazione può essere impugnato per difformità tra

il programma negoziale e la sua successiva attuazione. In questa

ipotesi, l’effetto dell’accertamento giudiziale decorrerà dal

momento in cui nel giudizio si accerta quando ha avuto inizio la

difformità stessa (art. 80, comma 2 D.lgs 276/2003).

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Il provvedimento di certificazione può essere impugnato innanzi

al Tribunale Amministrativo Regionale nella cui giurisdizione

ha sede la Commissione che ha certificato il contratto, per

violazioni procedurali o per eccesso di potere (art. 80, co 5,

D.Lgs. 276/2003).

Tale azione è diretta ad ottenere l’annullamento dell’atto di

certificazione, senza incidere sul contratto di lavoro al quale

accede. I vizi procedimentali in questione possono essere fatti

valere sia dalle parti che dai terzi interessati.

LA CERTIFICAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

L’art. 31 co 1 della L. 183/2010 (Collegato lavoro) legge n. 183/2010,

riscrivendo l’art. 410 c.p.c., ha eliminato l’istituto del tentativo

obbligatorio di conciliazione quale condizione di procedibilità del

ricorso innanzi al giudice del lavoro. Rimane obbligatorio soltanto il

tentativo di conciliazione da espletarsi davanti alle Commissioni di

Certificazione, nel caso in cui si impugna l’atto di certificazione (art.

80, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003).

Vista l’efficacia giuridica della certificazione anche verso i terzi (art.

79 D.Lgs. n. 276/2003), il tentativo di conciliazione è obbligatorio sia

per le parti che hanno sottoscritto il contratto certificato, sia per i terzi

interessati che intendano agire contro l’atto di certificazione (Min.

lav., nota del 25 novembre 2010).

LA STABILIZZAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Art. 54 D.lgs 81/2015 Stabilizzazione dei collaboratori coordinati

e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partita IVA

1. Al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante

il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato

nonche' di garantire il corretto utilizzo dei contratti di lavoro

autonomo, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i datori di lavoro privati

che procedano alla assunzione con contratto di lavoro subordinato a

tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di

collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di

soggetti titolari di partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti

di lavoro autonomo, godono degli effetti di cui al comma 2 a

condizione che: segue

LA STABILIZZAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Art. 54 D.lgs 81/2015 Stabilizzazione dei collaboratori coordinati

e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partita IVA

a) i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a

tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso

rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi di cui

all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, o avanti alle

commissioni di certificazione;

b) b) nei dodici mesi successivi alle assunzioni di cui al comma 2, i datori

di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta

causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.

2. L'assunzione a tempo indeterminato alle condizioni di cui al comma 1,

lettere a) e b), comporta l'estinzione degli illeciti amministrativi,

contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di

lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati

in data antecedente alla assunzione.

LA STABILIZZAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Ministero del Lavoro Circ. 3/2016

La procedura può essere attivata anche in relazione a rapporti di

collaborazione/ P.IVA già esauriti.

Non è preclusa l’assunzione part time.

Qualora la procedura di stabilizzazione venga avviata successivamente

all’accesso ispettivo e quindi all’inizio dell’accertamento, non si potrà

beneficiare della estinzione degli illeciti che verranno eventualmente

accertati all’esito dell’ispezione.

Viceversa, qualora l’accesso ispettivo abbia luogo a procedura di

stabilizzazione in corso (ad esempio sia stata già presentata istanza di

conciliazione ovvero non siano ancora trascorsi 12 mesi dall’assunzione

dei lavoratori interessati), il rispetto delle condizioni di cui all’art. 54 del

D.Lgs. n. 81/2015 potrà determinare l’estinzione degli eventuali illeciti

accertati all’esito dell’ispezione.

LA STABILIZZAZIONE DEL CONTRATTO COME

METODO DI PREVENZIONE

Ministero del Lavoro Circ. 3/2016

Il Min. Lav. evidenzia come la procedura di stabilizzazione

non infici la possibilità di avvalersi dell’esonero

contributivo previsto dalla Legge di Stabilita 2016, attesa

l’assenza di esplicite previsioni in senso contrario,

sempreché risultino rispettate anche le altre condizioni che

l’ordinamento richiede per il godimento di benefici

normativi e contributivi (in senso contrario al diritto agli

sgravi contributivi in ipotesi di riqualificazione del

rapporto, vedasi Interpello 2/2016).

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«Si sostiene da parte dell’INPS che l’assunzione con

voucher da parte della XXXXXXXXXXX di dipendenti posti

in mobilità della fallita YYYYYYYYYYY (società con assetto

proprietario coincidente con la prima e già cedente alla

stessa un ramo di azienda) sia avvenuta a fini elusivi, ossia

al fine, da un lato, di non far perdere ai lavoratori

l’indennità di mobilità, dall’altro, di sottrarsi agli obblighi

di subentrare nel rapporto di lavoro con costoro e agli

obblighi contributivi».

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«In proposito, si deve, tuttavia, osservare come appaia

difficile comprendere in che modo l’assunzione degli ex

dipendenti della YYYYYYYYYYYYYYY tramite voucher

possa incidere sull’obbligo di assunzione ai sensi dell’art.

2112 c.c. (ammesso che tale obbligo sia sussistente il che è

assolutamente contestato da parte convenuta). Tale

obbligo, infatti, ove sussistente, rimarrebbe integro in ogni

caso, che sia o meno avvenuta una assunzione a titolo di

prestazione occasionale, non certo paragonabile

all’assunzione con contratto di lavoro a tempo

indeterminato».

Quanto, poi, al fatto che il contratto di lavoro tramite

voucher comporti per il lavoratore la conservazione dello

stato di inoccupazione/disoccupazione e per il datore di

lavoro un minore esborso contributivo, si tratta di

conseguenze tipiche previste dalla legge per tale tipo di

prestazione lavorativa. L’elusione di legge potrebbe,

dunque, ipotizzarsi soltanto laddove si dimostri che il

ricorso ai voucher sia stato compiuto non certo per godere

dei benefici di legge, di per sé assolutamente leciti, quanto,

invece, per nascondere un vero e proprio rapporto di lavoro

subordinato privo dei caratteri dell’accessorietà.

È noto, infatti, che tale istituto, per la sua flessibilità, si

presta a un'agevole messa in atto di condotte improprie tese

a ricondurre, nell'ambito della tipologia flessibile del

voucher, rapporti veri e propri di lavoro, di ben altro tipo,

eludendo la normativa obbligatoria in materia di diritto del

lavoro e della previdenza sociale e quella contrattuale a

tutela del rapporto di lavoro. Nella pratica, i voucher

possono essere, dunque, utilizzati per fornire una apparenza

di regolarità a rapporti di lavoro di notevole intensità

lavorativa, o di notevole continuità della prestazione, non

compatibili con i limiti di remunerazione tramite buoni

lavoro.

In tali casi, infatti, il buono lavoro viene usato, in modo

irregolare, come schermo di regolarità per coprire una

prestazione di lavoro intrattenuta quasi interamente in nero.

Nella specie, tuttavia, alcuna prova in tal senso ha allegato

l’Istituto ricorrente che ha richiamato gli accertamenti

eseguiti in sede ispettiva, dai quali si evince che la natura

ordinariamente subordinata dei rapporti di lavoro

intrattenuti dalla XXXXXXXXXXXX con i lavoratori

convenuti è stata desunta soltanto dalla natura delle

prestazioni rese, ossia le medesime che erano state svolte

presso la ex datrice di lavoro YYYYYYYYYYYYYYYYY

(ossia mansioni impiegatizie, vedi addetti al commerciale o

amministrazione, oppure operaie come addette al

magazzino o taglio). Tale elemento, tuttavia, non è

sufficiente al fine di dimostrare la natura fittizia delle

prestazioni accessorie, alla luce della normativa, come

modificata dalle leggi 92/2012 e 99/13 e vigente nel 2014.

Con la novella di cui al D.L. 76/13 è stato eliminato il

riferimento alla natura meramente occasionale delle

prestazioni in questione, sicché viene unanimemente

affermato che, attualmente, è possibile il ricorso a

prestazioni accessorie tramite voucher per lo svolgimento

di qualsiasi tipo di attività lavorativa, fermo restando il

limite quantitativo previsto dall’art. 70, limite che, nella

specie, è pacifico che non sia stato superato. Pertanto, la

trasformazione del rapporto in quella che è la forma

comune di rapporto di lavoro, ossia in rapporto di natura

subordinata a tempo indeterminato può essere disposta

soltanto al superamento dei limiti quantitativi previsti dalla

legge.

Con questo non si nasconde che l’istituto della prestazione

accessoria, per la sua generale applicabilità come prevista

dagli ultimi interventi legislativi, pone in crisi l’ordinaria

disciplina del lavoro dipendente apparendo difficilmente

compatibile con il sistema del diritto del lavoro, tuttavia,

appare, altresì necessario, a fronte del piano dato testuale

della norma, come recepito anche dagli organi

amministrativi, tutelare il legittimo affidamento di

imprenditori e lavoratori che, in tutta libertà, decidono di

farvi ricorso, nei limiti previsti dalla legge.

Il Min. Lav. evidenzia come la procedura di stabilizzazione

non infici la possibilità di avvalersi dell’esonero

contributivo previsto dalla Legge di Stabilita 2016, attesa

l’assenza di esplicite previsioni in senso contrario,

sempreché risultino rispettate anche le altre condizioni che

l’ordinamento richiede per il godimento di benefici

normativi e contributivi (in senso contrario al diritto agli

sgravi contributivi in ipotesi di riqualificazione del

rapporto, vedasi Interpello 2/2016).

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«Quanto, poi, al fatto che il contratto di lavoro tramite

voucher comporti per il lavoratore la conservazione dello

stato di inoccupazione/disoccupazione e per il datore di

lavoro un minore esborso contributivo, si tratta di

conseguenze tipiche previste dalla legge per tale tipo di

prestazione lavorativa. L’elusione di legge potrebbe,

dunque, ipotizzarsi soltanto laddove si dimostri che il

ricorso ai voucher sia stato compiuto non certo per godere

dei benefici di legge, di per sé assolutamente leciti, quanto,

invece, per nascondere un vero e proprio rapporto di

lavoro subordinato privo dei caratteri dell’accessorietà».

È noto, infatti, che tale istituto, per la sua flessibilità, si

presta a un'agevole messa in atto di condotte improprie tese

a ricondurre, nell'ambito della tipologia flessibile del

voucher, rapporti veri e propri di lavoro, di ben altro tipo,

eludendo la normativa obbligatoria in materia di diritto del

lavoro e della previdenza sociale e quella contrattuale a

tutela del rapporto di lavoro. Nella pratica, i voucher

possono essere, dunque, utilizzati per fornire una apparenza

di regolarità a rapporti di lavoro di notevole intensità

lavorativa, o di notevole continuità della prestazione, non

compatibili con i limiti di remunerazione tramite buoni

lavoro.

In tali casi, infatti, il buono lavoro viene usato, in modo

irregolare, come schermo di regolarità per coprire una

prestazione di lavoro intrattenuta quasi interamente in nero.

Nella specie, tuttavia, alcuna prova in tal senso ha allegato

l’Istituto ricorrente che ha richiamato gli accertamenti

eseguiti in sede ispettiva, dai quali si evince che la natura

ordinariamente subordinata dei rapporti di lavoro

intrattenuti dalla XXXXXXXXXXXX con i lavoratori

convenuti è stata desunta soltanto dalla natura delle

prestazioni rese, ossia le medesime che erano state svolte

presso la ex datrice di lavoro YYYYYYYYYYYYYYYYY

(ossia mansioni impiegatizie, vedi addetti al commerciale o

amministrazione, oppure operaie come addette al

magazzino o taglio). Tale elemento, tuttavia, non è

sufficiente al fine di dimostrare la natura fittizia delle

prestazioni accessorie, alla luce della normativa, come

modificata dalle leggi 92/2012 e 99/13 e vigente nel 2014.

Con la novella di cui al D.L. 76/13 è stato eliminato il

riferimento alla natura meramente occasionale delle

prestazioni in questione, sicché viene unanimemente

affermato che, attualmente, è possibile il ricorso a

prestazioni accessorie tramite voucher per lo svolgimento

di qualsiasi tipo di attività lavorativa, fermo restando il

limite quantitativo previsto dall’art. 70, limite che, nella

specie, è pacifico che non sia stato superato. Pertanto, la

trasformazione del rapporto in quella che è la forma

comune di rapporto di lavoro, ossia in rapporto di natura

subordinata a tempo indeterminato può essere disposta

soltanto al superamento dei limiti quantitativi previsti dalla

legge.

Con questo non si nasconde che l’istituto della prestazione

accessoria, per la sua generale applicabilità come prevista

dagli ultimi interventi legislativi, pone in crisi l’ordinaria

disciplina del lavoro dipendente apparendo difficilmente

compatibile con il sistema del diritto del lavoro, tuttavia,

appare, altresì necessario, a fronte del piano dato testuale

della norma, come recepito anche dagli organi

amministrativi, tutelare il legittimo affidamento di

imprenditori e lavoratori che, in tutta libertà, decidono di

farvi ricorso, nei limiti previsti dalla legge.

Il Min. Lav. evidenzia come la procedura di stabilizzazione

non infici la possibilità di avvalersi dell’esonero

contributivo previsto dalla Legge di Stabilita 2016, attesa

l’assenza di esplicite previsioni in senso contrario,

sempreché risultino rispettate anche le altre condizioni che

l’ordinamento richiede per il godimento di benefici

normativi e contributivi (in senso contrario al diritto agli

sgravi contributivi in ipotesi di riqualificazione del

rapporto, vedasi Interpello 2/2016).

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«È noto, infatti, che tale istituto, per la sua flessibilità, si

presta a un'agevole messa in atto di condotte improprie

tese a ricondurre, nell'ambito della tipologia flessibile del

voucher, rapporti veri e propri di lavoro, di ben altro tipo,

eludendo la normativa obbligatoria in materia di diritto del

lavoro e della previdenza sociale e quella contrattuale a

tutela del rapporto di lavoro. Nella pratica, i voucher

possono essere, dunque, utilizzati per fornire una

apparenza di regolarità a rapporti di lavoro di notevole

intensità lavorativa, o di notevole continuità della

prestazione, non compatibili con i limiti di remunerazione

tramite buoni lavoro».

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«In tali casi, infatti, il buono lavoro viene usato, in modo irregolare, come

schermo di regolarità per coprire una prestazione di lavoro intrattenuta

quasi interamente in nero. Nella specie, tuttavia, alcuna prova in tal senso

ha allegato l’Istituto ricorrente che ha richiamato gli accertamenti eseguiti

in sede ispettiva, dai quali si evince che la natura ordinariamente

subordinata dei rapporti di lavoro intrattenuti dalla XXXXXXXXXXXX con

i lavoratori convenuti è stata desunta soltanto dalla natura delle prestazioni

rese, ossia le medesime che erano state svolte presso la ex datrice di lavoro

YYYYYYYYYYYYYYYYY. Tale elemento, tuttavia, non è sufficiente al fine di

dimostrare la natura fittizia delle prestazioni accessorie, alla luce della

normativa, come modificata dalle leggi 92/2012 e 76/13 e vigente nel

2014».

Con la novella di cui al D.L. 76/13 è stato eliminato il

riferimento alla natura meramente occasionale delle

prestazioni in questione, sicché viene unanimemente

affermato che, attualmente, è possibile il ricorso a

prestazioni accessorie tramite voucher per lo svolgimento

di qualsiasi tipo di attività lavorativa, fermo restando il

limite quantitativo previsto dall’art. 70, limite che, nella

specie, è pacifico che non sia stato superato. Pertanto, la

trasformazione del rapporto in quella che è la forma

comune di rapporto di lavoro, ossia in rapporto di natura

subordinata a tempo indeterminato può essere disposta

soltanto al superamento dei limiti quantitativi previsti dalla

legge.

Con questo non si nasconde che l’istituto della prestazione

accessoria, per la sua generale applicabilità come prevista

dagli ultimi interventi legislativi, pone in crisi l’ordinaria

disciplina del lavoro dipendente apparendo difficilmente

compatibile con il sistema del diritto del lavoro, tuttavia,

appare, altresì necessario, a fronte del piano dato testuale

della norma, come recepito anche dagli organi

amministrativi, tutelare il legittimo affidamento di

imprenditori e lavoratori che, in tutta libertà, decidono di

farvi ricorso, nei limiti previsti dalla legge.

Il Min. Lav. evidenzia come la procedura di stabilizzazione

non infici la possibilità di avvalersi dell’esonero

contributivo previsto dalla Legge di Stabilita 2016, attesa

l’assenza di esplicite previsioni in senso contrario,

sempreché risultino rispettate anche le altre condizioni che

l’ordinamento richiede per il godimento di benefici

normativi e contributivi (in senso contrario al diritto agli

sgravi contributivi in ipotesi di riqualificazione del

rapporto, vedasi Interpello 2/2016).

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«Con la novella di cui al D.L. 76/13 è stato eliminato il riferimento

alla natura meramente occasionale delle prestazioni in questione,

sicché viene unanimemente affermato che, attualmente, è possibile il

ricorso a prestazioni accessorie tramite voucher per lo svolgimento

di qualsiasi tipo di attività lavorativa, fermo restando il limite

quantitativo previsto dall’art. 70, limite che, nella specie, è pacifico

che non sia stato superato. Pertanto, la trasformazione del rapporto

in quella che è la forma comune di rapporto di lavoro, ossia in

rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato può essere

disposta soltanto al superamento dei limiti quantitativi previsti dalla

legge».

IL LAVORO ACCESSORIO

Tribunale di Ancona n. 505/2015 del 19/11/2015

«Con questo non si nasconde che l’istituto della prestazione

accessoria, per la sua generale applicabilità come prevista dagli

ultimi interventi legislativi, pone in crisi l’ordinaria disciplina del

lavoro dipendente apparendo difficilmente compatibile con il

sistema del diritto del lavoro, tuttavia, appare, altresì necessario, a

fronte del piano dato testuale della norma, come recepito anche dagli

organi amministrativi, tutelare il legittimo affidamento di

imprenditori e lavoratori che, in tutta libertà, decidono di farvi

ricorso, nei limiti previsti dalla legge».

IL LAVORO ACCESSORIO

Ministero del Lavoro, Circolare 18 gennaio 2013 n. 4:

“il superamento dei limiti quantitativi – e pertanto ‘qualificatori’ –

previsti potrà determinare una ‘trasformazione’ del rapporto in

quella che costituisce la ‘forma comune di rapporto di lavoro, ossia

in un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, con

applicazione delle relative sanzioni civili ed amministrative”.

Nello stesso senso: Circolari INPS n. 49 del 2013 e n. 176 del 2013

IL LAVORO ACCESSORIO

Vademecum alla L. 92/2012- Lettera Circ Min Lav 7258 del

22/04/2013

“Se la prestazione lavorativa è contenuta entro tali limiti [n.d.r: e cioè nei

limiti di importo consentiti dalla norma], al personale ispettivo non è

consentito entrare nel merito delle modalità di svolgimento della

prestazione, perché ciò finirebbe per vanificare le finalità stesse

dell’istituto. In sostanza, se sono corretti i presupposti di instaurazione del

rapporto, il Legislatore presume che qualunque prestazione rientrante nei

limiti economici sopra descritti sia per definizione occasionale e

accessoria, anche se in azienda sono presenti lavoratori che svolgono la

medesima prestazione con un contratto di lavoro subordinato”.

Ed ancora:

«Nel caso di superamento del limite economico si potrà verificare se la

prestazione svolta sia riconducibile ad un rapporto di tipo autonomo o

subordinato, con eventuali conseguenze sul piano lavoristico e

contributivo».

IL LAVORO ACCESSORIO

E’ totalmente condivisibile la Sentenza Trib. Ancona

505/2015?

Sono totalmente condivisibili le citate disposizioni

amministrative?

Sembrerebbe che i limiti reddituali possano rappresentare

una vera e propria franchigia che non consente una diversa

qualificazione contrattuale del rapporto.

Se così fosse, che fine ha fatto il principio elaborato

dalla giurisprudenza costituzionale (Sent. 121/93 e

115/94) sull’indisponibilità del tipo contrattuale quando

si verifica una sottrazione di tutele ai danni del

lavoratore?

IL LAVORO ACCESSORIO

Le Sentenze di Corte Costit. 121/93 e 115/94 hanno sancito il

principio secondo il quale non è comunque consentito al

legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di

lavoro subordinato a rapporti che abbiano oggettivamente tale

natura, ove da ciò derivi l’inapplicabilità delle norme

inderogabili previste dall’ordinamento per dare attuazione ai

principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a

tutela del lavoro subordinato.

Conseguentemente la giurisprudenza di legittimità ha più volte

affermato che, ai fini della qualificazione di un rapporto come

autonomo o subordinato, il discrimine è dato

dall’accertamento della subordinazione (assoggettamento del

lavoratore al potere direttivo e disciplinare).

IL LAVORO ACCESSORIO

Alla luce di detti principi, di rilevanza costituzionale, si pone

una domanda:

Se una prestazione lavorativa viene svolta, nei limiti reddituali

del lavoro accessorio, in presenza però di tutti i requisiti della

subordinazione (pieno assoggettamento al potere direttivo-

gerarchico-disciplinare, il pieno inserimento nell’organizzazione

con vincoli di orario, di luogo della prestazione esclusivamente

personale e senza alcun rischio economico a carico del

prestatore di lavoro), la predetta prestazione deve essere

qualificata come lavoro accessorio, senza alcuna possibilità di

rivendicazione da parte del prestatore e conseguente intervento

giudiziario nella fattispecie per il solo fatto che l’imprenditore

ha scelto di utilizzare il sistema dei voucher??

IL LAVORO ACCESSORIO

Una risposta parziale alla domanda può essere in Sent.

Corte Costit. n. 76/2015 che segna una presa di distanza

dalle Sentenze n. 121/93 e n. 115/94 sulla indisponibilità

del tipo legale.

La Corte ridimensiona la valenza del principio ad

un’esigenza sostanzialmente antielusiva in quanto nel

nuovo sistema del diritto del lavoro (che contempla

molteplici rapporti flessibili, atipici o speciali), risulta

ormai imprescindibile contemperare la rigidità del tipo

legale esclusivo con esigenze derivanti dalle peculiarità di

alcuni settori e di alcune attività lavorative.

IL LAVORO ACCESSORIO

Il principio espresso dalla Corte Costit. nella Sent. 76/2015 è

che ai fini della legittimità di una disciplina speciale, in

qualche modo derogatoria rispetto a quella di carattere

generale che contraddistingue la subordinazione nella sua

tipicità, occorrerebbe prestare preminente attenzione alle

finalità perseguite dal legislatore, se cioè rispondono ad

esigenze meramente elusive della disciplina di tutela del lavoro

dipendente, ovvero se riflettono esigenze specifiche che

contraddistinguono tipicamente una determinata fattispecie

lavorativa (il che non esclude a priori che nella giurisprudenza

di merito e di legittimità di prossima formazione possa

giungersi, sulla scorta di tale principio, a conclusioni anche

diverse da quelle volute dal legislatore).