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Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro Guida al DISTACCO DEL LAVORATORE RENZO LA COSTA febbraio 2010 1

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Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro

Guida al

DISTACCO DEL LAVORATORE

RENZO LA COSTA

febbraio 2010

1

Quadro sinottico

(aggiornato all’Art. 30 Decreto Legislativo 276/03)

Definizione

(Art. 30, 1°comma) (1)

Si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Oggetto e durata

(Art. 30, 1°comma)

(Art. 30, 3°comma) (2)

La prestazione lavorativa presso un terzo avviene per un periodo di tempo determinato o determinabile ( comunque temporaneo). La durata del distacco è comunque funzionale alla persistenza dell'interesse del distaccante.

Il distacco che comporta un trasferimento ad un'unità produttiva della distaccataria sita a più di 50 Km da quella il cui il lavoratore è adibito può avvenire solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive

Soggetti

(Art.30, 2°comma) (3)

(Art. 30, 3°comma ) (4)

Datore di lavoro distaccante: responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore

Lavoratore: deve ottemperare alla disposizione del distacco; tranne che questo comporti un mutamento di mansioni, in tal caso necessita il suo consenso;

Utilizzatore: beneficia della prestazione lavorativa

Forma Non precisata da intendersi libera

Effetti della violazione delle disposizioni in materia.

(Art. 30, 4° comma bis)

Quando il distacco avvenga in violazione delle disposizioni contenute nell'Art. 30, comma 1°, il lavoratore può chiedere, mediante ricorso, anche notificato al solo soggetto che ne utilizza la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tal caso i pagamenti effettuati dal distaccante a titolo retributivo e previdenziale liberano l'utilizzatore dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal distaccante per la costituzione o la gestione del rapporto si intendono compiuti dal soggetto utilizzatore.

1) Art. 30, 1° comma: L'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa

2) Art. 30, 3° comma: Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 Km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive

3) Art. 30, 2° comma: In caso distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore

4) Art. 30, 3° comma: Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato

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Le origini del distacco

Va preliminarmente osservato che il c.d. “comando” o “distacco” di personale è un fenomeno che nasce nel diritto pubblico e che viene poi adottato nel diritto del lavoro privato.Nell’ambito del rapporto di pubblico impiego (artt. 56 e 57 d.p.r. n. 3/1957, quale integrato dall’art. 34, d.p.r. n. 1077/1970, dagli artt. 31,43, e 50 del D. Lgs. n. 29/1993) si usa designare con il termine “comando” il provvedimento con il quale un impiegato - in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio e quando sia provvisto di una specifica competenza - può essere comandato dall’Amministrazione di appartenenza,a) ad un’altra Amministrazione dello Stato, o, b) ad un Ente pubblico,continuando in entrambi i casi ad appartenere sempre al ruolo di origine.Nella prima ipotesi (sub a) di “comando” - corrispondente, nel settore privato, ad uno spostamento interno tra unità produttive autonome di una stessa impresa - il costo e’ sopportato dall’Amministrazione di appartenenza. Nella seconda ipotesi (sub b) - mutando il beneficiario della prestazione del dipendente statale, nella specie l’Ente pubblico - quest’ultimo viene gravato dell’onere del rimborso del costo del distaccato, a favore della di lui Amministrazione statale di appartenenza.Il termine “distacco” non viene, invece, usato dalla legge per indicare un preciso fenomeno giuridico, per cui - al riguardo - ci si imbatte in una varietà di opinioni che merita, comunque, riferire. Secondo taluni, il “distacco” identificherebbe la fattispecie del comando da un’Amministrazione ad un Ente pubblico, onerato del rimborso; secondo Cons. di Stato, sez VI, 7 marzo 1970, n. 198, sarebbe, invece, il passaggio di un impiegato da un Ente pubblico ad un’Amministrazione dello Stato; secondo altri ancora sarebbe la situazione di fatto (realizzata anche senza alcun idoneo provvedimento) tramite cui taluni dipendenti vengono assegnati a prestare servizio presso o nell’interesse di un’altro Ente o Amministrazione a carico della quale sono posti gli oneri della relativa prestazione, “situazione che si palesa, invero, come possibile strumento di favoritismi ed e’ contraria ai principi del buon andamento e dell’imparzialita’ della Pubblica Amministrazione “. Nell’ambito del rapporto di lavoro privato i due termini vengono usati indifferentemente, quali sinonimi.

Definizione

Il distacco o comando si ha quando un datore di lavoro (distaccante), per proprie esigenze produttive, pone temporaneamente uno o più lavoratori (distaccati) a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. La riforma Biagi ha regolato il distacco nel settore privato.

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CaratteristicheIl distacco è caratterizzato dalla presenza di un interesse produttivo temporaneo del datore di lavoro distaccante, che deve permanere per tutta la durata del distacco. È necessario il consenso del lavoratore nel caso in cui, durante il periodo del distacco, debba svolgere mansioni diverse, sebbene equivalenti, rispetto a quelle per cui è stato assunto. Se il distacco comporta un trasferimento presso una sede di lavoro che dista 50 km da quella originaria, deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive. Se il distacco è effettuato in assenza di questi elementi, il lavoratore può chiedere la costituzione di un rapporto alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione (distaccatario). La richiesta deve essere fatta tramite ricorso, presentato al giudice del lavoro e notificato anche al solo distaccatario.

Il datore di lavoro distaccante può:

• sostituire il lavoratore distaccato con un altro lavoratore assunto a tempo determinato

• richiedere al soggetto presso cui il lavoratore è distaccato un rimborso delle spese sostenute a seguito del distacco (rimborso che non può superare il costo effettivamente sostenuto .

Trattamento economico e normativo - 1

Il trattamento economico e normativo rimane a carico del datore di lavoro distaccante. La contribuzione INAIL è calcolata con riferimento alla tariffa e ai premi del soggetto presso cui il lavoratore è distaccato.

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Trasferimento, trasferta e distacco a confronto

Istituto Durata Tipologia

Coinvolgimento di altri soggetti oltre alle parti

titolari del contratto

Rimborso delle spese

Trasferimento A tempo indeterminato

Definitivo mutamento del luogo della prestazione lavorativa

Nessuno

Alcuni CCNL prevedono la partecipazione del datore alle spese di trasloco e viaggio(anche per i familiari) più un'indennità trasferimento (a forfait o legata a particolari parametri, esempio un ammontare pari alla differenza del canone d'affitto per un determinato periodo di tempo)

TrasfertaNormalmente breve (ma non necessariamente)

Provvisorio mutamento del luogo della prestazione lavorativa (rientro certo nella sede originaria)

La prestazione è resa fuori sede ma a favore del datore di lavoro

Il rimborso spese può essere: a piè di lista oppure mediante la corresponsione di un'apposita indennità forfettaria oppure con un regime misto

Distacco(o comando)

Temporaneo purché non definitiva

Mutamento non definitivo del luogo di lavoro

la prestazione è resa presso e a favore di un soggetto terzo (distaccatario)

Occorre verificare quanto disciplinato dal contratto collettivo e individuale. In via generale, si procede ai rimborsi spese se i costi per gli spostamenti del dipendente aumentano sensibilmente rispetto a quelli ordinariamente sopportati

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Gli adempimenti

Forma

L’art. 30 D.Lgs. 276/2003 non prevede che il comando sia comunicato al lavoratore in forma scritta da parte del datore di lavoro; tuttavia una lettera, firmata per accettazione, è consigliabile, specie ove il distacco si protragga per lungo periodo.

Comunicazioni Obbligatorie

Il distacco va comunicato in via telematica, da parte del distaccante, al centro per l'impiego, entro 5 giorni, con il mod. Unificato Lav.

Istruzioni operative:

1) i campi "Comune - CAP - Indirizzo della sede di lavoro" si riferiscono alla sede del distaccante. Per la comunicazione di cessazione si riferiscono alla sede cui il lavoratore è assegnato al momento della cessazione;

2) nel quadro "Trasmissione", al campo "Data fine rapporto", si inserisce la data di fine distacco. Se è prorogato, occorre una nuova comunicazione;

3) codice fiscale distaccatario: si inserisce il CF a 11 cifre del datore presso cui il lavoratore è distaccato. Le ditte individuali e i professionisti inseriscono il codice alfanumerico;

4) denominazione distaccatario: ragione sociale del datore o cognome e nome se ditta individuale o professionista;

5) settore: si inserisce il settore d'attività del distaccatario, selezionandolo dalla tabella "Atecofin";

6) PAT INAIL: si inserisce la PAT del distaccatario assegnata dall'INAIL. In caso di ditta di nuova costituzione ancora senza PAT, va inserito il codice: 00000000 in attesa di codice PAT. Alcune categorie di datori non soggette all'obbligo assicurativo inseriranno uno tra i seguenti codici: 99990000 Ditta Estera; 99990001 Studi Professionali/Altro; 99990002 Impiegati Agricoli; 99991000 Colf; 99991001 Operai Agricoli; 99992000 Ministeri;

7) Comune - CAP - Indirizzo della sede di lavoro: si indicano i dati relativi alla localizzazione della sede di lavoro del distaccatario; 8) Telefono - Fax - e-mail della sede di

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lavoro: indicare almeno una di queste informazioni, riferite alla sede di cui ai campi precedenti (Min. lav., nota 21.12.2007, n. 8371).

Cos’è l’interesse al distacco

Qualsiasi interesse produttivo del distaccante legittima il distacco, a condizione che l'interesse non si esaurisca nella mera somministrazione di lavoro ovvero in un interesse esclusivamente di tipo economico, fatta eccezione per i distacchi (accordo collettivo) finalizzati ad evitare i licenziamenti (INAIL, circ. 2.8.2005, n. 39 - Min. lav. circ. 15.1.2004, n. 3). L'interesse è proprio del datore distaccante. A fondamento della destinazione di un dipendente presso un terzo vi possono essere ragioni di controllo dell'attività del fornitore o di altro soggetto, collaborazione per la migliore riuscita del prodotto, piena messa in opera e addestramento delle maestranze dopo la fornitura di un macchinario o impianto complesso ecc. Si deve trattare di un interesse di tipo "produttivo", legato alle esigenze dell'impresa piuttosto che dell'imprenditore in quanto persona fisica. L'interesse determina la legittimità del distacco: esso deve esistere al momento dell'adozione del provvedimento e sussistere per tutta la sua durata. Il venir meno dell'interesse, per l'avvenuto soddisfacimento dello scopo o il suo cessare, determina l'immediata carenza di un requisito sostanziale e comporta l'illegittimità del distacco ove si prolunghi oltre. L'interesse al puro e semplice risparmio del costo del lavoro (mediante rimborso a carico del distaccatario) è ammesso nelle sole aziende in crisi, al fine di evitare il licenziamento di alcuni dipendenti e previo accordo sindacale. È ammesso il rimborso di quanto speso dal datore per la prestazione resa in favore del distaccatario. È esplicitamente vietato, in tutti i casi di distacco, ricadendosi nella fattispecie della somministrazione irregolare, farsi rimborsare più di quanto effettivamente speso per la prestazione del distaccato (Min. lav., circ. 24.6.2005, n. 28).

Quanto dura il distacco

La legge non riporta nulla di più dell'avverbio "temporaneamente", senza prevedere un termine minimo o massimo; il concetto di temporaneità coincide quindi con quello di non definitività, indipendentemente dalla durata del distacco, purché funzionale alla persistenza dell'interesse del distaccante (Min. lav., circ. 15.1.2004, n. 3). Il distacco (purché non definitivo) è lecito anche per lunghi periodi, purché legato a una data certa o al compimento di un'opera o servizio (Cass. 2.9.2004, n. 17748). Se manca la temporaneità, si è in presenza di un trasferimento (Cass. 20.2.1985, n. 1499).

Revoca del distacco

Se viene meno l'interesse del datore di lavoro distaccante, cessa la motivazione del distacco, con conseguente diritto e dovere del distaccante di revocare il provvedimento anche ove sia stata comunicata al lavoratore una durata (prevista) maggiore. In questo caso deve prevalere la tutela della posizione aziendale: in caso contrario si avrebbe un distacco illecito. Il venir meno dell'interesse per fatti ascrivibili al distaccatario agisce come "causa di forza maggiore" nei confronti del lavoratore, bloccandone qualsiasi contestazione (Cass. 21.5.1998, n. 5102).

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Trattamento economico e normativo - 2

Il datore distaccante rimane responsabile, per tutta la durata del distacco, del trattamento economico e normativo (si applica il CCNL del distaccante) a favore del lavoratore distaccato (art. 30, D.Lgs. 10.9.2003, n. 276) : quindi ferie, permessi, scatti, progressioni di carriera, ecc. restano a carico e a cura del datore di lavoro titolare del rapporto, che mantiene il dovere di vigilare sulla corretta esecuzione del contratto instaurato con il dipendente che presti la propria opera a favore di un terzo in un luogo non coincidente con la sede dell'impresa (Cass. 10.8.1999, n. 8567). Poiché il lavoratore ha diritto al trattamento economico connesso alle mansioni, se presso il distaccatario gli vengono attribuite mansioni superiori a quelle abitualmente disimpegnate, spetta la retribuzione (maggiore) corrispondente. Spettano tutte le indennità contrattuali legate a particolari attività (es. di cassa) finché permane la situazione che vi dà diritto. La norma non prevede nulla in tema di eventuali spese sostenute dal lavoratore per l'esecuzione del distacco: occorre quindi che le parti trovino un accordo ad hoc .

Rimborsi dal distaccatario al distaccante

Se le parti lo stabiliscono di comune accordo, preferibilmente ma non necessariamente in forma scritta, il rimborso al distaccante della spese connesse al trattamento economico del lavoratore non ha rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino: infatti, poiché il lavoratore esegue la prestazione non solo nell'interesse del distaccante ma anche nell'interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l'imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società (Cass. SU 13.4.1989, n. 1751). Il rimborso può riguardare la retribuzione corrente (per i soli mesi, giornate od ore che il lavoratore abbia prestato a favore del distaccatario), i ratei di 13ª, 14ª e altre gratifiche, le quote di TFR, le ferie e i permessi maturati e, in genere, tutte le altre somme direttamente o indirettamente collegate alla prestazione resa dal dipendente. È ammesso anche il rimborso degli oneri sostenuti dal distaccante quali: i contributi previdenziali e assistenziali; i premi assicurativi; i contributi per previdenze e assistenze integrative; i contributi eventualmente versati agli enti bilaterali; ecc. L'importo del rimborso non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore (da intendersi speso) dal datore di lavoro distaccante (Min. lav., circ.15.1.2004, n. 3); ove invece esso ecceda il costo effettivo rimasto a carico del datore di lavoro titolare del rapporto, non si è più in presenza di un distacco ma di somministrazione, in questo caso illecita, pesantemente sanzionata.

Somme corrisposte dal distaccatario

Le somme e/o valori che il distaccatario ritiene di riconoscere al distaccato in aggiunta alla normale retribuzione contrattuale devono essere comunicate al datore di lavoro distaccante per i relativi adempimenti, quali le registrazioni nel libro unico del lavoro (Min. lav. circ. 20/2008), le ritenute fiscali (Min. fin, circ. 23.12.1997, n. 326), le dichiarazioni e il versamento dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi (INPS, circ. 24.12.1997, n. 263).

Distacco parziale

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Il lavoratore può continuare a svolgere la sua prestazione anche solo parzialmente presso il distaccatario, continuando a rendere presso il distaccante la restante parte della propria attvità (Min. lav., cir. 15.1.2004, n. 3). Il comando disposto dal datore presso altro soggetto è compatibile con il carattere parziale della prestazione presso il destinatario ed è configurabile quando sussistano l'interesse del distaccante a che il lavoratore presti la propria opera presso il destinatario, la temporaneità (intesa come non definitività) e la persistenza, in capo al distaccante, sia del potere di determinare la cessazione del distacco che di quello direttivo (eventualmente in parte delegato al destinatario), rimanendo estranea la volontà del lavoratore che esegue la prestazione altrove in osservanza del dovere di obbedienza (Cass. 21.5.1998, n. 5102). Fermi restando i limiti di orario previsti dalla normativa applicata (per es. D.Lgs. 66/2003), il distacco può quindi riguardare una prestazione resa presso due diversi soggetti ogni giorno, oppure a giorni alterni ovvero ancora con una modalità "mista", anche nell'ambito di società collegate (Cass. 23.8.1996, n. 7762). Obbligato agli adempimenti nei confronti del lavoratore (e degli enti previdenziali e assistenziali) resta il datore distaccante, il quale potrà accordarsi con il distaccatario per il rimborso pro quota delle ore o giornate rese in suo favore. Configura comando e non intermediazione di mano d'opera la contemporanea prestazione di attività presso l'azienda distaccante e presso l'azienda che utilizza parte della prestazione a seguito del distacco (Corte App. L'Aquila 31.10.2002).

Società collegate, controllate e gruppi d'impresa

I semplici rapporti economici tra varie società collegate sono irrilevanti se invocati quale unica ragione giustificatrice del distacco. Al contrario nulla può impedire, in presenza di un reale interesse del datore, di ritenere lecito un distacco tra società appartenenti al medesimo gruppo o imprenditore (Trib. Genova 4.12.2002; Min. lav., nota 11.4.2001, n. 5). Sono società controllate quelle: 1) in cui un'altra ha la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria; 2) in cui un'altra ha voti sufficienti per un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) che sono sotto influenza di altra società per particolari vincoli contrattuali con essa. Per i nn. 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate o fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno 1/5 dei voti o 1/10 se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati (art. 2359 c.c). È lecito il distacco presso una società collegata quando l'assegnazione sia temporanea e sussista l'interesse del datore distaccante a che la prestazione sia resa a favore di un terzo (Min. lav., nota 11.4.2001, n. 5). È lecito il distacco disposto dalla casa madre che abbia un reale interesse a sovrintendere con proprio personale all'attività delle collegate (Cass. 16.2.2000, n. 1733). È possibile un contratto a termine per sostituire un dipendente distaccato presso altra azienda del gruppo (Min. lav., lett. circ. 25.6.2001). Salvo il caso in cui azienda e lavoratore abbiano pattuito la sospensione del rapporto, il distacco "intragruppo" non comporta sospensione del contratto in essere e degli obblighi che ne discendono (Cass. 8.10.1991, n. 10556). Con riguardo alla legittimazione passiva, destinatario dell'azione legale esercitata dal lavoratore per la tutela dei propri diritti resta sempre il distaccante e non l'azienda del gruppo presso cui egli opera temporaneamente (Cass. 8.2.1988, n. 1325).

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Qualora il distacco intragruppo faccia seguito a una sentenza di reintegra per licenziamento illegittimo, il giudice deve verificare l'impossibilità di riassegnare il lavoratore alle precedenti mansioni, l'effettiva equivalenza dei compiti presso il distaccatario e le ragioni tecniche, organizzative o produttive (Cass. 9.8.2002, n. 12126). Se l'impresa distaccataria viene fusa con un'altra, la nuova società risultante dalla fusione succede in toto nel rapporto di distacco, incluso il potere di controllo sul lavoratore (Cass. 3.11.2000, n. 14383). L'interesse al distacco non può essere considerato automaticamente sussistente per il solo fatto che due società appartengano alle medesime persone (Cass. 3.6.2000, n. 7450). Il patto di prova non è lecito quando l'assunzione (e quindi la prova) riguardi un lavoratore che, già dipendente di una società controllata, sia stato per lungo tempo distaccato presso il datore che intende assumerlo (Cass. 2.12.2004, n. 22637; Cass. 7.12.1998, n. 12379). La messa a disposizione di giocatori professionisti di calcio da parte di una squadra di club a favore della rappresentativa nazionale non configura distacco (Cass. 14.6.1999, n. 5866). La cessazione dell'attività che abbia formato oggetto di convenzione tra un datore privato e una PA non comporta automaticamente la cessazione del personale distaccato ma va valutata con riguardo alla sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento per riduzione dell'attività produttiva (Cass. 25.10.1997, n. 10516).

Doveri e diritti

Una volta operato il distacco, il potere direttivo si scinde: mentre il datore di lavoro resta titolare del potere (direttivo) di modificare il contratto di lavoro (es. attribuendo una progressione di carriera) o il distacco (es. disponendo che la relativa prestazione sia resa solo per alcuni giorni della settimana presso il distaccatario) o perfino di revocare il distacco, il distaccatario assume su di sé quella parte del potere direttivo che attiene alle concrete modalità di svolgimento della mansione (es. l'ora di inizio dell'attività, l'obbligo di utilizzare strumentazioni o abiti di lavoro, di partecipare a riunioni eccetera, ecc.). I giorni di ferie e il trattamento economico sono quelli del CCNL del datore distaccante, la titolarità della gestione delle ferie continua a rimanere nella disponibilità del datore di lavoro stesso. È opportuno che distaccante, distaccatario e distaccato si accordino sulla fruizione. A fronte di un accordo pregresso tra datore di lavoro e distaccato, il distaccatario non potrà opporsi, restando tuttalpiù libero di rinunciare al distacco. A fronte della chiusura per ferie collettive dell'azienda del distaccante, il distaccato può lavorare normalmente a favore del distaccatario, fruendo delle ferie prima o dopo. Normalmente, la richiesta di permesso è rivolta direttamente al distaccatario e in seguito comunicata al datore di lavoro. Non è consentito l'ulteriore distacco del lavoratore distaccato da parte del distaccatario, il quale, non essendo titolare del rapporto di lavoro, non può disporne la modifica. È lecita, se contenuta nella durata del comando, la trasferta del lavoratore disposta dal distaccatario; è però opportuno che il datore di lavoro sia informato. A differenza del potere direttivo, il potere disciplinare permane nell'esclusiva disponibilità del datore distaccante. Sarà cura del distaccatario informare con la massima tempestività il datore di lavoro di eventuali condotte del lavoratore che siano passibili di sanzioni disciplinari, così da consentirgli di avviare tempestivamente la procedura ex art. 7 L. 300/1970. In presenza di valide ragioni, il distaccatario potrà inibire al lavoratore l'ingresso nella propria sede o nei propri locali del lavoratore del quale lamenti una condotta scorretta. In linea di principio, il distaccato ha diritto di partecipare alle assemblee indette presso il datore di lavoro nonché, specie su argomenti che concernano direttamente le condizioni nelle quali viene resa la propria

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prestazione (es. sicurezza sui luoghi di lavoro), anche a quelle indette presso il distaccatario. Il distaccatario deve informare il datore di lavoro del numero di ore di assemblea retribuita eventualmente godute. E' legittima la pretesa del lavoratore di scioperare in occasione di agitazioni sindacali indette presso la propria azienda di appartenenza. Fermi i requisiti dell'interesse e della temporaneità, è lecito l'utilizzo di lavoratori distaccati da parte di un'impresa che si sia aggiudicata l'esecuzione di un appalto pubblico (Min. lav., nota 13.7.2006). È lecito il distacco nell'ambito del lavoro portuale (Min. lav., nota 12.4.2005).

Prestazioni a sostegno del reddito

L'assegno per il nucleo familiare continua a essere anticipato al lavoratore da parte del datore distaccante con le consuete modalità. Le prestazioni di maternità, malattia e TBC continuano a essere pagate normalmente dal datore distaccante. Il distaccato non può essere inserito in un programma di cassa integrazione guadagni aperto presso il distaccatario. L'indennità di mobilità e il trattamento di disoccupazione speciale in edilizia possono essere applicati anche al distaccato purché venga revocato il distacco. L'indennità ordinaria di disoccupazione spetta al distaccato, ove ricorrano i requisiti generali, in seguito alla (involontaria) cessazione del rapporto di lavoro. Le regole sono contenute nella circolare INPS 13.3.2006, n. 41.

Mutamento di mansioni

Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore (art. 30 c. 3, D.Lgs. 276/2003). Il dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Ogni patto contrario è nullo (art. 2103 cc). Lo svolgimento delle proprie mansioni costituisce un diritto del lavoratore, connesso al mantenimento e anzi al miglioramento delle proprie capacità ed esperienze professIonali (Cass. 17.7.1998, n. 7040). Il distacco con mansioni invariate non comporta alcun problema, cosa che potrebbe verificarsi invece nel caso di mansioni equivalenti: queste sono di norma ricomprese nel medesimo livello contrattuale, anche se il medesimo ambito di inquadramento non è di per sé solo sufficiente a far ritenere legittimo l'esercizio dello jus variandi (Cass. 3.7.2001, n. 9002). Ai fini della valutazione della reale equivalenza delle mansioni, deve essere attribuito valore più al criterio qualitativo (natura intrinseca dei compiti affidati) che a quello quantitativo (mera elencazione dei compiti stessi). Il consenso del lavoratore vale a ratificare l'equivalenza delle mansioni laddove il mutamento di esse, pur non comportando un demansionamento, implichi una riduzione e/o specializzazione dell'attività effettivamente svolta, inerente al patrimonio professionale del lavoratore stesso (Min. lav., circ. 15.1.2004, n. 3). Il consenso è necessario se il distacco comporta un mutamento di mansioni e questo si configura solo quando le nuove mansioni attribuite non siano equivalenti rispetto a quelle precedentemente svolte (Confindustria, circ. 17.10.2003, n. 17686) : è opportuno un accordo con il lavoratore, così da evitare problemi successivi. È sempre vietata l'attribuzione di mansioni inferiori mentre non dovrebbe creare problemi il distacco con attribuzione di mansioni superiori, acquisibili in

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ogni caso dopo 3 mesi di svolgimento dei compiti più qualificanti (cd. promozione automatica) senza che ricorra la sostituzione di un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. La legge non prevede alcuna forma particolare per il consenso del lavoratore. È consigliabile un'apposita comunicazione scritta da far firmare per accettazione; se poi le mansioni non sono almeno equivalenti a quelle di origine, cioè se quanto scritto nella lettera non trova riscontro nella realtà, il consenso non vale. Il giudice del merito può annullare il distacco se le mansioni sono illegittimamente modificate in pejus (Cass. 9.8.2002, n. 12126). Se il provvedimento è illegittimo, il lavoratore ha diritto non solo al risarcimento del danno, ma anche ad essere riammesso presso la precedente sede di lavoro (Cass. 1.7.2002, n. 9530).

Distacco oltre 50 km

Quando il distacco comporti lo spostamento a un'unità produttiva sita a più di 50 km da quella cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive (art. 30 c. 3, D.Lgs. 276/2003). Se la sede del distaccatario non è raggiungibile con i mezzi pubblici, ma solo con un mezzo privato (o i mezzi pubblici richiedano tempi eccessivi e frequenti cambi di veicolo), ai fini del calcolo della distanza, dovrà essere computato il percorso più logico e breve. Se, invece, il trasporto pubblico è efficiente, vanno utilizzati tram, autobus ecc. e la distanza tra una sede di lavoro e l'altra è desumibile dai dati e tabelle resi disponibili dalle varie aziende di trasporto locale (Min. lav., circ. 22.2.2006, n. 5). Se, invece, il comando è contenuto entro i 50 km, non occorrono particolari requisiti, salvo quelli generici: interesse del datore, temporaneità, attività lavorativa determinata.

Distacco senza mutamento di mansioni ed entro 50 KM

Nessuna problematica connessa

Distacco con mutamento di mansioni ed entro 50 KM

Occorre il consenso del lavoratore

Distacco senza mutamento di mansioni e oltre 50 KM

Solo per ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive

Distacco con mutamento di mansioni e oltre 50 KM

Solo per ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive + consenso del lavoratore

Per quanto riguarda le "comprovate" ragioni, si ritiene che il legislatore abbia inteso responsabilizzare in maniera particolare (anche ai fini della prova) il datore, posto che il lavoratore subisce un allontanamento non irrilevante dalla propria sfera lavorativa, abitativa e degli interessi privati. Non vi è alcun obbligo per il datore di comunicare le ragioni al dipendente contestualmente alla notifica del distacco; è però necessario che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore fornisca la prova (Cass. 15.5.2004, n. 9290).

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Edilizia

Il distacco è condizionato, dal CCNL, al consenso del lavoratore interessato e all'interesse economico e produttivo da parte dell'azienda distaccante (è tale una qualsiasi motivazione tecnica, produttiva e organizzativa del distaccante purché effettivamente esistente, rilevante e legittima). Al termine del distacco, il lavoratore rientra presso la propria impresa. L'impresa distaccante evidenzierà nelle denuncia alla Cassa Edile la posizione dei lavoratori distaccati (Min. lav., nota 8.7.2005). In caso di impiego di lavoratori distaccati, l'impresa tenuta alla presentazione del DURC deve procurarsi, richiedendola al distaccante, copia del DURC di questa ove impieghi lavoratori distaccati in attività per le quali la presentazione del DURC sia necessaria. Il personale distaccato presso il cantiere di un terzo deve essere munito della tessera di riconoscimento, corredata di fotografia e generalità del lavoratore nonché dell'indicazione del datore (distaccante). In alternativa è prevista, per i datori di lavoro fino a 9 dipendenti, l'annotazione (prima dell'inizio dell'attività lavorativa giornaliera) nell'apposto registro vidimato dalla DPL. Il registro va tenuto presso il cantiere stesso (art. 36- bis D.L. 4.7.2006, n. 223, conv. L. 4.8.2006, n. 248; Min. lav., circ. 28.9.2006, n. 29).

Cassa integrazione guadagni

E’ lecito, anche se avente finalità prevalentemente economica (risparmio legato al mancato pagamento di retribuzioni mediante la loro erogazione a carico del distaccatario), il comando di lavoratori che sarebbero posti in CIG. Tale risparmio consente infatti da un lato all'impresa di sopravvivere e, dall'altro, di conservare in forza e aggiornati (nonché pronti a essere richiamati) dipendenti già formati (Min. lav., circ. 24.6.2005, n. 28).

Riduzioni di personale

Gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea (art. 8 D.L. 20.5.1993, n. 148, conv L. 19.7.1993, n. 236; art. 30, c. 4, D.Lgs. n. 276/2003). Si tratta di un interesse individuato direttamente dal legislatore (INPS, circ. 9.3.1994, n. 81), riguardante i lavoratori il cui posto è a rischio e condizionato alla sussistenza del pericolo per i posti di lavoro e alla conclusione di un accordo aziendale. L'interesse, più che del datore di lavoro, è dei dipendenti che, per tale via, evitano il licenziamento. Il distaccatario dovrà prestare particolare attenzione all'andamento della crisi dell'azienda distaccante: cessata tale situazione il distacco non ha più ragion d'essere ed è opportuno che egli provveda a rinviare i lavoratori comandati presso il datore o ad assumerli alle proprie dipendenze. Non occorre alcuna autorizzazione preventiva da parte di enti o Ministero. Gli ispettori possono verificare l'autenticità dell'accordo sindacale e dei suoi contenuti, convocare le parti firmatarie e richiedere all'azienda di esibire tale documento (Min. lav., circ. 19.1.1993, n. 11). Secondo l'INPS, l'accordo deve prevedere la durata del distacco. Gli obblighi contributivi continuano a fare capo al datore distaccante in base alla sua classificazione previdenziale, a prescindere dalle mansioni assegnate al lavoratore comandato.

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Per quanto riguarda i premi INAIL, la tariffa e il premio da applicare nei confronti del personale distaccato vanno rapportati, senza aprire una nuova posizione assicurativa, alle condizioni in atto presso l'impresa distaccataria, "anche se a carico dell'impresa distaccante".

Gruppi parlamentari

Sono distaccabili, per lo svolgimento di attività connesse ai fini istituzionali dei Gruppi, i lavoratori pubblici e privati. Nell'impiego privato occorre il consenso del lavoratore e del datore (art. 1, L. 26.11.1993, n. 482). Il Gruppo richiedente deve coprire tutti gli oneri delle prestazioni dei distaccati, compresa la retribuzione e gli altri compensi. I Presidenti di Camera e Senato stabiliscono il numero totale dei distaccati, nel limite di 150 persone. Il distacco può durare per diverse legislature, non è cumulabile con aspettative o permessi sindacali e può cessare anticipatamente.

Ricercatori

Sono interessati il personale di ricerca dipendente da enti di ricerca, ENEA, ASI, i professori e i ricercatori universitari, le aziende industriali e assimilate (con priorità per le PMI), i soggetti assimilati in fase d'avvio e le attività di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo e diffusione di tecnologie. Le parti devono concordare le mansioni del ricercatore, le modalità del suo inserimento nonché l'attribuzione di un compenso aggiuntivo da parte del destinatario delle prestazioni del ricercatore. La richiesta deve essere presentata dal distaccatario e il ricercatore deve manifestare il proprio consenso, obbligatoriamente in forma scritta. Entro 30 giorni, l'ente distaccante comunica l'accoglimento della domanda, la reiezione motivata o l'accoglimento per una durata diversa (inferiore) da quella richiesta. Al termine di ogni anno di attività, e comunque al termine del distacco, il personale trasmette al distaccante una relazione sull'attività svolta controfirmata dal legale rappresentante del soggetto richiedente. La durata massima è prevista dalla legge ed è fissata in 4 anni, rinnovabili una sola volta, il che porta il totale massimo a 8 anni. Il ricercatore distaccato mantiene il rapporto di lavoro con il soggetto da cui dipende e l'annesso trattamento economico e contributivo. Al termine del distacco, è garantito il rientro nella sede e nelle funzioni svolte alla data di assegnazione. Il ricercatore può chiedere in ogni momento la cessazione del distacco e il reintegro nelle precedenti funzioni; la cessazione e il reintegro sono disposti entro 6 mesi (D.Lgs. 27.7.1999, n. 297; D.M. 8.8.2000).

Distacco illecito

Quando il distacco sia disposto in difetto dell'interesse del datore distaccante e della temporaneità, intesa come non definitività (Min. lav., nota 12.4.2005, n. 387), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo (art. 30, c. 4- bis , D.Lgs. 276/2003).

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È quindi escluso il litisconsorzio necessario nei confronti del (finto) datore di lavoro. L'onere della prova è a carico del lavoratore, che deve dimostrare il difetto della temporaneità e/o dell'interesse. La decorrenza del nuovo rapporto, ove la domanda sia accolta dal giudice, avverrà con riguardo al momento iniziale del distacco (se questo era viziato sin dall'origine) o dal momento in cui i requisiti essenziali sono venuti meno. Il ricorso deve essere preceduto dal tentativo obbligatoria di conciliazione ex artt. 410 e 411 c.p.c. presso la DPL. L'accoglimento del ricorso da parte del giudice comporta il riconoscimento della somministrazione irregolare: tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione (art. 27 c. 2, D.Lgs. 276/2003). Ne consegue che il lavoratore non avrà alcun titolo a pretendere somme già ricevute e potrà agire solo per le differenze tra quanto spettategli e quanto già corrisposto da parte del datore-somministratore. Il distaccatario deve mantenere in essere tutti i provvedimenti adottati dal finto distaccante (es. promozioni, scatti, benefit ecc.). INPS e INAIL non avranno alcun titolo a pretendere contributi e premi già versati dal distaccante-somministratore (Confindustria, circ. 10.9.2004, n. 18114).

Sanzioni

Nel caso di distacco privo dei requisiti (rappresenta una somministrazione illecita), sia il distaccatario sia il distaccante sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell'arresto fino a 18 mesi e l'ammenda è aumentata fino a 300 euro al giorno per ogni minore (art. 18, c. 5- bis , D.Lgs. 276/2003). Non essendo prevista l'alternatività tra le due sanzioni (arresto e ammenda) non si applica la prescrizione obbligatoria (Fond. Studi CDL 26.9.2005, Principio n. 7) e non si applica l'istituto dell'oblazione.

Aspetti contributivi, previdenziali e assistenziali

Obbligato al calcolo e al versamento dei contributi previdenziali è sempre il datore di lavoro distaccante, in base alla propria classificazione (Min. lav., circ. 15.1.2004, n. 3), fatta salva la facoltà di farsi rimborsare il costo degli oneri contributivi dal distaccatario (INPS, circ. 9.3.1994, n. 81). Quanto sopra, a meno che, per espresso accordo tra le parti, il rapporto con il distaccante non sia stato sospeso per dar luogo a un nuovo rapporto col beneficiario della prestazione di lavoro (Cass. 10.8.1999, n. 8567). Gli obblighi contributivi continuano a gravare sul datore di lavoro originario anche nel caso di distacco per evitare riduzioni di personale (Min. lav., circ. 15.1.2004, n. 3; circ. 18.1.1994, n. 4).

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Il versamento dei contributi è effettuato con le ordinarie modalità. Il fatto che il distaccante resti il soggetto obbligato a corrispondere il trattamento economico e contributivo fa sì che nulla muti in tema di prestazioni pensionistiche, continuando a trovare applicazione i principi generali in tema di lavoro subordinato (INPS, circ. 1.2.2005, n. 18). Per le PA che occupano personale in posizione di comando l'obbligo contributivo continua a gravare sul distaccante titolare del rapporto, anche con riguardo alle somme che l'ente distaccatario corrisponde a titolo di compensi accessori (INPS, circ. 26.5.2000, n. 103). Per quanto concerne l'obbligo di versamento del TFR al Fondo tesoreria INPS, ai fini della determinazione dell'organico aziendale (almeno 50 addetti), i lavoratori distaccati computano in capo al distaccante (INPS, circ. 3.4.2007, n. 70). Al distaccante, titolare del rapporto di lavoro, fanno capo tutti gli adempimenti di carattere contributivo (termini e modalità consuete) : versamento dei contributi (all'ente o agli enti di iscrizione), consegna, ove previsto, della certificazione CUD, denuncia mensile EMENS e trasmissione, ove previsto, del modello 770/semplificato. Il distaccatario che intenda riconoscere al distaccato ulteriori emolumenti retributivi (somme e/o valori) è tenuto a comunicarli al distaccatario che provvederà ad inserirli nel libro unico del lavoro ai fini dell'applicazione dei relativi adempimenti retributivi, contributivi e fiscali.

Premi assicurativi

Il premio assicurativo rimane a carico del distaccante e va calcolato, con riferimento alle retribuzioni corrisposte o a quelle convenzionali, applicando la voce di tariffa in cui rientra la lavorazione che è svolta presso il distaccatario, tenendo conto della "gestione tariffaria" in cui l'impresa distaccataria è inquadrata. Se la gestione tariffaria del distaccante coincide con quello del distaccatario vi sono 2 ipotesi distinte: 1) la lavorazione presso il distaccatario è la medesima di quella del distaccante: il lavoratore resta assicurato nella PAT del distaccante alla corrispondente voce di tariffa (che è già attiva); 2) la lavorazione è diversa da quella del distaccante: il lavoratore rimane assicurato nella PAT del distaccante ma quest'ultimo dovrà ottenere (con denuncia di variazione del rapporto assicurativo) una nuova voce di tariffa analoga a quella in vigore presso il distaccatario (i salari corrisposti durante il distacco saranno denunciati nella nuova voce di tariffa); in caso di distacco cd. part time, cioè con prestazione resa sia presso il distaccante che il distaccatario: se le lavorazioni sono identiche vale quanto al punto 1; in caso contrario, la regola è quella esposta al punto 2, con la precisazione che i salari corrisposti durante il distacco dovranno essere ripartiti proporzionalmente tra le diverse voci di tariffa nell'ambito della stessa PAT. Se la gestione tariffaria del distaccante è diversa da quella del distaccatario, il distaccante dovrà aprire una nuova PAT nell'ambito della gestione tariffaria del distaccatario e, in funzione delle lavorazioni svolte, ottenere dall'INAIL la corrispondente o le corrispondenti voci di tariffa (INAIL, nota 10.6.2005, n. 2923; circ. 2.8.2005, n. 39). Il distaccante ha l'obbligo di denunciare all'INAIL le retribuzioni corrisposte ai lavoratori distaccati nella propria dichiarazione delle retribuzioni in sede di autoliquidazione dei premi assicurativi.

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Infortuni sul lavoro e malattie professionali

Obbligato a effettuare le denunce di infortunio sul lavoro e di malattia professionale e a dare notizia all'autorità di PS di ogni evento che abbia per conseguenza la morte o l'inabilità al lavoro per più di 3 giorni è sempre e solo il datore distaccante. A decorrere dal 30.3.2004, è possibile trasmettere all'INAIL la denuncia d'infortunio per via telematica (www.inail.it - applicazione "punto cliente"). Il certificato medico verrà inviato solo se richiesto dall'INAIL. Ne consegue che il lavoratore è tenuto a comunicare l'infortunio di cui sia rimasto vittima direttamente al datore distaccante, inviandogli anche la relativa documentazione medica. Nel caso in cui il lavoratore ometta di inviare la documentazione al datore e la consegni solamente al distaccatario, occorre che sia stato preventivamente stipulato un accordo che vincoli il distaccatario a trasmettere tempestivamente al distaccante la documentazione relativa all'infortunio, onde consentirgli di effettuare le relative denunce entro i termini di legge; le eventuali sanzioni per la violazione degli obblighi di denuncia sono condizionate alla verifica dell'effettiva conoscenza in capo al distaccante (INAIL, circ. 2.8.2005, n. 39). Se il lavoratore denuncia l'infortunio o la malattia professionale al distaccatario anziché al distaccante, ma entro i termini di legge, non viene meno il diritto all'indennizzo per il periodo antecedente la denuncia all'INAIL. In sede di verifica del termine per l'invio della denuncia all'INAIL da parte del datore, si terrà conto della data in cui il distaccante ha ricevuto il certificato e non di quella in cui il certificato sia stato eventualmente ricevuto per errore dal distaccatario. L'azione di regresso, qualora l'infortunio sia causato dalla violazione di norme prevenzionali, può essere esperita nei confronti sia del distaccante che del distaccatario (quest'ultimo quale responsabile della direzione e sorveglianza del lavoro e della sicurezza). Nei confronti del distaccatario non può invece essere applicato l'istituto della rivalsa. Nel caso di distacco per evitare riduzioni di personale, la tariffa e il premio vanno rapportati, senza che ciò comporti l'apertura di una nuova PAT, alle condizioni in atto presso l'azienda distaccataria anche se a carico dell'impresa distaccante (Min. lav., circ. 21.4.1994, n. 58). Il datore di lavoro ha altresì l'obbligo di riportare nel proprio registro infortuni anche gli eventi occorsi ai lavoratori distaccati (che determinano almeno un giorno di assenza), adempimento che rimarrà in vigore fino ai 6 mesi successivi l'istituzione del "Sistema Informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro", denominato "SINP" (artt. 8 e 53, D.Lgs. 81/2008 - Min. lav., lett. circ. 21.5.2008). Una volta istituito il predetto sistema informativo, il datore di lavoro e il dirigente devono comunicare all'INAIL (e all'IPSEMA), ai fini statistici e informativi, anche per i lavoratori distaccati, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno 1 giorno, escluso quello dell'evento e, ai fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a 3 giorni (art. 18, c. 1, lett. r, D.Lgs. 81/2008).

Aspetti fiscali

Al distaccante, titolare del rapporto di lavoro, fanno capo tutti gli adempimenti di carattere fiscale: versamento delle imposte in qualità di sostituto d'imposta, consegna della certificazione CUD, denuncia mensile all'Agenzia delle entrate dei dati fiscali (a decorrere

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dal gennaio 2009 - L. 244/2007) e trasmissione del modello 770/semplificato. Il distaccatario che intenda riconoscere al distaccato ulteriori emolumenti retributivi (somme e/o valori) è tenuto a comunicarli al distaccatario che provvederà ad inserirli nel libro unico del lavoro ai fini dell'applicazione dei relativi adempimenti retributivi, contributivi e fiscali.

Iva

Non sono rilevanti ai fini dell'IVA i distacchi a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo (art. 8, c. 35, L. 11.3.1988, n. 67) : è quindi necessario che venga rimborsato solo il costo del personale prestato (retribuzione, oneri previdenziali e contrattuali). Se invece le somme rimborsate sono superiori (o anche inferiori) al costo, l'intero importo è imponibile ai fini IVA; a tal proposito si ricorda che richiedere al distaccatario un rimborso superiore al costo sostenuto per il distacco configura una somministrazione illecita (Min. lav., circ. 15.1.2004, n. 3). È inoltre necessario che: 1) il personale sia legato da rapporto dipendente con l'impresa distaccante; 2) l'attività sia organizzata da chi riceve la prestazione, nell'ambito della propria struttura; 3) l'accordo delle aziende riguardi esclusivamente il prestito o il distacco del personale. Costituisce imponibile IVA il rimborso degli oneri sostenuti dalla distaccante in forza di un accordo sottoscritto con la distaccataria che preveda anche la fornitura di macchinari o servizi (Ag. Entrate, ris. 5.112002, n. 346).

Irap

Per quanto riguarda il distaccante, gli importi spettanti a titolo di recupero degli oneri relativi al personale distaccato sono esclusi dalla base imponibile; gli stessi importi non sono deducibili da parte del distaccatario, salve le agevolazioni in materia di determinazione dalla base imponibile previste dalla normativa (Min. fin., circ. 12.11.1998, n. 263). È importante che il datore distaccante non chieda il rimborso dell'IRAP, in quanto questa resta a carico del distaccatario.

Distacco e contratto part-time Il lavoratore distaccato potrà svolgere presso il distaccatario attività lavorativa a tempo parziale, continuando in tal caso a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione (Ministero del lavoro e delle politiche sociali - circolare 15 gennaio 2004, n. 3).

Lavoratori comunitari in Italia In attuazione della Direttiva 1996/71 CEE, contenente disposizioni per la tutela dei lavoratori distaccati presso imprese situate in altri stati membri, che svolgono prestazioni lavorative temporanee, il Decreto Legislativo 25/2/2000 n. 72 è applicato a tutte le imprese ubicate in paesi dell’UE diversi dall’Italia nelle ipotesi in cui, in occasione di prestazione di servizi transnazionali, distaccano un lavoratore in territorio italiano:

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- per conto proprio e sotto la loro direzione, in occasione di un contratto di appalto di servizi concluso con il destinatario della prestazione che opera in territorio italiano; - presso un’unità produttiva, appartenente alla stessa azienda o allo stesso gruppo. In ogni caso dovrà comunque intercorrere, durante tale periodo, un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l’impresa distaccante. Le predette disposizioni si applicano anche alle imprese ubicate in uno Stato non membro (Circ. Min. Lav. n.82 del 23/11/2000) della UE, che in occasione di prestazione di servizi transnazionale, distaccano un lavoratore, a patto che siano rispettate le condizioni di cui sopra. Si precisa che per lavoratore distaccato si intende colui che, abitualmente occupato in un paese membro della UE, è chiamato a svolgere il proprio lavoro in territorio italiano per un periodo predeterminato, laddove il rapporto di lavoro instaurato tra l’impresa beneficiaria del servizio ed il lavoratore distaccato è sottoposto alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e contrattuali applicate a coloro che in Italia svolgono funzioni analoghe ai distaccati. Il committente, pertanto, che si serva di un appaltatore transnazionale, sarà obbligato in solido con quest’ultimo a corrispondere al lavoratore distaccato una retribuzione che garantisca il rispetto dei minimi contrattuali, garantendogli un trattamento normativo non inferiore a quello spettante ai propri dipendenti. Sono stati forniti, inoltre, alcuni chiarimenti in merito alle modalità ed ai termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, con particolare riferimento ai lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso imprese italiane o straniere, residenti in Italia, per svolgere in Italia determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto, stipulato tra le imprese residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero. In primo luogo si sottolinea l’esigenza di mantenere il requisito che prevede che le richieste di autorizzazione al lavoro devono essere relative a lavoratori stranieri con qualifiche specializzate, laddove tale requisito potrà essere ritenuto non vincolante, solo nell’ipotesi in cui si individui una diversa regolamentazione mediante accordi bilaterali. In sede istruttoria, inoltre, dovrà essere verificata l’esistenza della ditta estera e la dipendenza dalla stessa da parte dei lavoratori stranieri per i quali viene richiesta l’autorizzazione al lavoro, sulla base dell’esame di idonea documentazione, prodotta dall’azienda italiana richiedente. Le Direzioni provinciali del lavoro, inoltre, devono verificare la corrispondenza tra le qualifiche possedute dagli stranieri e l’attività oggetto del contratto di appalto.Sulle richieste di autorizzazione, le sedi provinciali competenti devono acquisire anche il parere della RSA dell’azienda richiedente e delle OO.SS. di categoria dei lavoratori

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comparativamente più rappresentative a livello provinciale nel settore interessato (Circ. Min. Lav. n. 82 del 23/11/2000).

Lavoratori extracomunitari in Italia Considerando la frequenza negli ultimi tempi dei casi di trasferimento in Italia di lavoratori extracomunitari, dipendenti da imprese aventi sede all'estero, per svolgere nel nostro Paese attività lavorativa subordinata, è necessario fornire ulteriori chiarimenti circa le istruzione operative, per la richiesta e la concessione delle autorizzazioni al lavoro di detti lavoratori stranieri distaccati (Circolare Min. Lav. n.78/1990).L’attuale normativa (art.1, comma 3, D.lgs.72/2000) prevede le ipotesi in cui le imprese stabilite in uno Stato non membro della UE, in occasione di prestazione di servizi transnazionali, distaccano un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, in territorio nazionale italiano, nell'ambito di un contratto concluso con il destinatario della prestazione di servizi che opera in territorio italiano. Disposizioni ministeriali (Circolare Min. Lav. 82/2000 e Messaggio Inps del 4 marzo 2002, n. 102) chiariscono che il distacco del lavoratore sarà consentito qualora sussista la permanenza di un rapporto di lavoro fra il lavoratore distaccato e l’impresa distaccante (casa madre), durante l’intero periodo di distacco.L’ambito di applicazione del citato Decreto Legislativo risulta piuttosto vasto, ricomprendendo ogni attività qualificata. In particolare si fa riferimento (all’art.27, comma 1, lett. i), D.lgs. 286/98) ai lavoratori dipendenti, regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le suddette parti. La Direzione provinciale del lavoro rilascerà le autorizzazioni al lavoro nel rispetto di particolari modalità operative: - verificare che le richieste di autorizzazione al lavoro siano relative a lavoratori stranieri con qualifiche specializzate, a meno che non sia prevista una diversa regolamentazione dagli accordi bilaterali; - esaminare la documentazione prodotta dall’azienda italiana richiedente, onde verificare l’esistenza della ditta estera e la dipendenza dalla medesima dei lavoratori stranieri per i quali è richiesta l’autorizzazione al lavoro; - verificare la corrispondenza tra le qualifiche possedute dagli stranieri e l’attività oggetto del contratto di appalto;

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- acquisire anche il parere della rappresentanza sindacale dell’azienda richiedente e delle OO.SS. di categoria dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello provinciale nel settore interessato. A decorrere dal 12 aprile 2007, nell’ipotesi in cui i lavoratori temporaneamente trasferiti all’estero (articolo 27, comma 1, lettera i) siano dipendenti regolarmente retribuiti dai datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea, il nulla osta al lavoro è sostituito da una comunicazione, da parte del committente, del contratto in base al quale la prestazione di servizi ha luogo, unitamente ad una dichiarazione del datore di lavoro contenente i nominativi dei lavoratori da distaccare e attestante la regolarità della loro situazione con riferimento alle condizioni di residenza e di lavoro nello Stato membro dell'Unione europea in cui ha sede il datore di lavoro. La comunicazione è presentata allo sportello unico della prefettura-ufficio territoriale del Governo, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno (art. 27, comma 1 bis, D.Lgs n. 286/1998 inserito dall’art.5, comma 1, lettera b), D.L. del 15 febbraio 2007, n. 10 convertito, con modificazioni in legge 6 aprile 2007, n. 46). In caso di mancata comunicazione, il lavoratore straniero sorpreso dalle forze dell'ordine rischia un'espulsione (art.13, la lettera b) del comma 2, mod.art.5, comma 1, lettera a), D.L. del 15 febbraio 2007, n. 10 convertito, con mod. in legge 6 aprile 2007, n. 46). A partire dal 19 maggio 2008 (Circolare Ministero Interno del 13 maggio 2008, n. 2198), è attiva anche la procedura informatizzata per la presentazione delle domande relative ai predetti lavoratori (articolo 27 comma 1 lettera i e comma 1 bis - Testo Unico per l'Immigrazione).Pertanto, non sarà più possibile accettare le istanze che non siano presentate con le nuove modalità.Le procedure per la registrazione dell'utente e per l'invio delle domande -rinvenibili sul sito internet (www.interno.it) - sono identiche a quelle già ampiamente illustrate con la citata circolare diramata in occasione del decreto flussi non stagionali del 2007. In tal senso dovrà essere la seguente modulistica: - M - per la richiesta di nulla osta al lavoro subordinato (comma 1 lettera i) per i lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero; - M 2 - per la presentazione della comunicazione di ingresso di lavoratori stranieri (comma 1 bis) da utilizzare nel caso in cui i lavoratori siano dipendenti regolarmente retribuiti dai datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea. E’ possibile affermare che nel caso in cui un’azienda italiana affidi l’esecuzione di una pluralità di commesse oggetto di un unico contratto di appalto ad un consorzio di imprese e tra le stesse consorziate vi siano anche imprese aventi sede in un Paese

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extracomunitario, l’appaltante sia tenuto a richiedere il nulla osta al lavoro (art. 40 comma 13 D.lgs n. 394/1999), per i lavoratori dipendenti dell’impresa estera, non avente sede operativa in Italia, con riferimento non alla durata della singola e specifica commessa ma in considerazione dell’oggetto contrattuale a monte e al tempo necessario al completamento dell’opera o del servizio dedotti in appalto (Interpello Ministero del lavoro del 03 aprile 2008, n. 10)Ciò vale, in particolare, qualora l’esecuzione della singola commessa non comporti alcun mutamento di sito produttivo, né della tipologia dell’attività svolta.Si precisa infine che, sebbene il nulla osta al lavoro (art. 27 lett. i) comma 1) del TU n. 286/98), in caso di interruzione anticipata del contratto di appalto, non possa essere utilizzato per impiegare il lavoratore extracomunitario nella realizzazione di una diversa opera o servizio, si ritiene invece fattibile, in merito al medesimo contratto di appalto, prorogare la durata iniziale del nulla osta in ragione di un prolungamento della durata dei lavori necessari al completamento dell’opera o del servizio, tenendo comunque presente il limite massimo previsto dalla legge (art. 40, comma 2, DPR n. 394/1999, come modificato dal DPR n. 334/2004) (Interpello Ministero del lavoro del 03 aprile 2008, n. 10).

Distacco del lavoratore italiano all’estero

l lavoratore italiano può essere inviato all’estero utilizzando uno dei seguenti istituti: - trasferta- trasferimento- distacco

Il lavoratore può essere distaccato in:- paesi dell’Unione Europea: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Slovacca, Slovenia, Ungheria, Cipro e Malta (sono aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo Islanda, Liechtenstein e Norvegia; aderisce alla Convenzione europea la Turchia; aderisce alla normativa U.E. in materia di libera circolazione delle persone la Svizzera);- paesi extracomunitari con i quali vigono accordi di sicurezza sociale (paesi convenzionati o parzialmente convenzionati): Argentina, Australia, Brasile, Canada e Quebec, Capoverde, Croazia, Israele, Jersey e altre isole del canale; Jugoslavia (per Bosnia, Macedonia e Repubblica federale di Jugoslavia), Monaco Principato, San Marino, Stati Uniti d'America, Stato Città del Vaticano, Tunisia, Uruguay e Venezuela- paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale (paesi non convenzionati): tutti gli altri (es: Cina, Romania, ecc…)Tale classificazione ha effetto ai fini autorizzativi, contributivi (previdenziali e assistenziali) e fiscali.

Ai sensi dell’art. 1, comma 4, D.L. n. 317/1987 “i lavoratori italiani che sono disponibili a svolgere attività all'estero devono iscriversi in apposita lista di collocamento tenuta dall'ufficio regionale del lavoro del luogo di residenza, il quale rilascia il nulla osta all'assunzione che può avvenire con richiesta nominativa. L'iscrizione nella lista è compatibile con quella nella lista ordinaria di collocamento. Il lavoratore che stipula un contratto per l'estero può chiedere di mantenere l'iscrizione nella lista ordinaria.” Tale regola vale per tutti i lavoratori, compresi i dirigenti.

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Per l'assunzione, il distacco o il trasferimento di personale italiano da occupare in Paesi appartenenti all'Unione europea, in virtù della libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (Trattato istitutivo della Comunità economica europea del 25 marzo 1957), non è necessaria alcuna autorizzazione da parte del Ministero del lavoro, né in genere alcun adempimento particolare, salvo il rispetto delle norme di pubblica sicurezza.

Per quanto riguarda i paesi extracomunitari si applica il Decreto legge 31.07.1987, n. 317 (“Norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extracomunitari e di rivalutazione delle pensioni erogate dai fondi speciali gestiti dall'Inps”) ed il Decreto ministeriale Ministero del Lavoro e Previdenza sociale del 16.08.1988: i datori di lavoro devono presentare richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e contemporaneamente inviarne copia al Ministero degli affari esteri e all'ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione territorialmente competente, secondo la sede del richiedente. La domanda di autorizzazione deve essere corredata del certificato di iscrizione alla camera di commercio o al registro delle società di data non anteriore ad un mese, e deve essere allegata alla domanda copia del contratto di appalto o comunque va specificata la fattispecie contrattuale o il titolo giuridico inerente all'esercizio dell'attività medesima. La domanda deve essere redatta sulla base del modello allegato al decreto ministeriale citato e deve contenere l’indicazione (art. 1, comma 6, D.M. 16 agosto 1988):

• della persona fisica o giuridica per la quale ricorre l’obbligo dell’autorizzazione; • del numero dei lavoratori interessati e dei corrispondenti livelli e trattamenti

economico-normativi; • della località dove questi ultimi sono inviati e dell’eventuale programmazione di

nuove assunzioni e/o trasferimenti; • ove il contratto prevede espressamente la possibilità, dopo il trasferimento

all'estero, che il lavoratore assunto sia destinato a prestare la propria attività presso consociate estere, il datore di lavoro deve obbligarsi a garantire le condizioni di lavoro previste da tali trattamenti.

In applicazione dell’art. 57, L. n. 218/1995, i rapporti di lavoro che si svolgono all’estero sono disciplinati, in assenza di specifica convenzione applicabile, in base a quanto disposto per le obbligazioni contrattuali dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, resa esecutiva con la legge 18 dicembre 1984, n. 975.

L’art. 6, comma 2, della legge suddetta attribuisce alle parti la facoltà di scegliere la legge applicabile al rapporto e prevede che, in mancanza di scelta, il contratto di lavoro sia regolato: a) dalla legge del Paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro Paese; b) dalla legge del Paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso Paese, a meno che non risulti dall’insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro Paese (in quest’ultimo caso si applica la legge di quest’altro Paese).

La scelta effettuata dalle parti in merito alla legge regolatrice del rapporto:

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• non vale in alcun caso a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che altrimenti troverebbe applicazione (art. 6, comma 1, L. n. 975/1984);

• deve essere espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze (art. 3, comma 1, L. n. 975/1984);

• può riguardare la legge applicabile a tutto il contratto di lavoro ovvero una parte soltanto di esso (art. 3, comma 1, legge in esame).

Nella circolare n. 3 Ministero del lavoro del 15 gennaio 2004 si puntualizza altresì che:

• gli oneri relativi al trattamento economico e normativo del lavoratore in distacco restano a carico del distaccante, che ne rimane esclusivamente responsabile nei confronti del lavoratore. L’eventuale rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino. In ultima analisi, poiché il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell'interesse del distaccante ma anche nell'interesse del distaccatario, la possibilità di ammettere il rimborso rende più lineare e trasparente anche l'imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola società. In questo senso l'importo del rimborso non può superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante;

• gli adempimenti contributivi nei confronti dell’Inps seguono l'inquadramento del datore di lavoro distaccante;

• l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (Inail), il relativo premio rimane a carico del datore di lavoro distaccante ma è calcolato sulla base dei premi e della tariffa che sono applicati al distaccatario;

• il datore di lavoro distaccante, salvo un diverso accordo fra le parti relativamente al trattamento economico e normativo, rimane poi responsabile in caso di rivalsa dell'Istituto in occasione di un infortunio sul lavoro, integrante un'ipotesi di reato, occorso al distaccato presso il distaccatario quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro

La normativa si applica ai lavoratori di qualsiasi nazionalità, distaccati o assunti all'estero da impresa avente sede in Italia, mentre sono esclusi dall'applicazione della presente normativa i lavoratori che vengono inviati all'estero in trasferta, per i quali si applica pienamente la legislazione Italiana. Nel caso di lavoratori inviati in paesi convenzionati, per il periodo di distacco le convenzioni prevedono generalmente la possibilità del mantenimento della legislazione del paese di provenienza. Al termine del distacco il lavoratore è soggetto al regime assicurativo del paese nel quale presta l'attività. Per i lavoratori occupati all'estero in paesi non convenzionati, il regime assicurativo è stabilito dalla legge 3.10.1987, n. 398, che esplica i suoi effetti anche nei confronti delle assicurazioni non contemplate dalle convenzioni bilaterali.I lavoratori dipendenti iscritti ai regimi assicurativi esteri possono essere autorizzati alla prosecuzione volontaria; possono chiedere quindi all'INPS l'autorizzazione a proseguire volontariamente la contribuzione per raggiungere il diritto alla pensione o per aumentarne l'importo. La domanda di autorizzazione ai versamenti volontari va presentata alla propria Sede INPS sull'apposito modulo O10/M, allegando la documentazione indicata sul modulo stesso. Inoltre, è necessario aggiungere la dichiarazione dei periodi assicurativi rilasciata dal datore di lavoro per l’anno di presentazione della domanda (su mod. O1/M-Sost.) e la copia del modello CUD relativo all’anno precedente.I lavoratori dipendenti assicurati all'INPS possono riscattare i periodi di lavoro svolti all'estero, in Paesi che non hanno stipulato con l'Italia convenzioni in materia di sicurezza

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sociale. Il riscatto è possibile anche quando i periodi sono stati assicurati secondo la legislazione locale e persino quando hanno dato luogo alla liquidazione di una pensione ad esclusivo carico dello stato estero.

I lavoratori italiani operanti all'estero, in Paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale, sono obbligatoriamente iscritti alle seguenti forme di previdenza ed assistenza sociale (art. 1 Decreto legge 31.07.1987, n. 317):a) assicurazione per l'invalidità la vecchiaia ed i superstiti; b) assicurazione contro la tubercolosi; c) assicurazione contro la disoccupazione involontaria; d) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; e) assicurazione contro le malattie; f) assicurazione di maternità.

Ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sul piano strettamente operativo l’INAIL fornisce le seguenti istruzioni (circolare n. 39 - 2 agosto 2005):A) Gestione tariffaria del distaccante coincidente con quella del distaccatario:1) Se la lavorazione da porre in essere presso l'impresa distaccataria trova riferimento nella classificazione adottata per il distaccante, il lavoratore distaccato resta inserito nella Posizione Assicurativa Territoriale del datore di lavoro distaccante alla voce di tariffacorrispondente;2) Diversamente (se la lavorazione da porre in essere presso l'impresa distaccataria non trova riferimento nella classificazione tariffaria applicata al distaccante), occorre istituire sempre nell'ambito della Posizione Assicurativa Territoriale del distaccante una o più specifiche voci di tariffa analoghe ai riferimenti classificativi in vigore sulla Posizione Assicurativa Territoriale del distaccatario;3) Infine, se il lavoratore distaccato, oltre ad operare presso l'impresa distaccataria, continua ad esercitare lavorazioni diverse presso il datore di lavoro distaccante, si ripartiscono proporzionalmente le retribuzioni erogate fra le diverse voci di tariffa della Posizione Assicurativa Territoriale del distaccante, in base all'incidenza delle singole lavorazioni sul complesso dell'attività lavorativa effettuata .B) Gestione tariffaria del distaccante diversa da quella del distaccatario:E’ necessario aprire una nuova Posizione Assicurativa Territoriale a carico del datore di lavoro distaccante, con gestione tariffaria uguale a quella del distaccatario ed applicazione dei riferimenti classificativi corrispondenti alle lavorazioni esercitate.

I criteri, sono validi sia per l'aspetto contributivo sia per quello fiscale.

Per individuare la retribuzione convenzionale si deve calcolare la retribuzione nazionale mensile. Tale valore si ottiene dividendo per 12 la retribuzione annua prevista dal contratto collettivo, compresi gli importi erogati a seguito di accordi tra le parti, ma escludendo l'eventuale “indennità estero”.I valori convenzionali devono essere rapportati al periodo di lavoro nel mese, in caso di assunzioni, cessazioni del rapporto di lavoro, trasferimento da e per l'estero. Il coefficiente da utilizzare è 26 (Inps, circ. n. 41/2004).I contributi dovuti sono calcolati su retribuzioni convenzionali stabilite annualmente con decreto ministeriale (per il 2005, DM 17.01.2005). Tali retribuzioni sono determinate con riferimento e comunque in misura non inferiore ai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei. Le retribuzioni di cui al decreto citato costituiscono base

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di riferimento per la liquidazione delle prestazioni economiche di malattia e maternità nonché per il trattamento ordinario di disoccupazione per i lavoratori rimpatriati.Il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di 12 mesi, è determinato, dal 1° gennaio 2001, sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente ai fini contributivi dal Ministero del lavoro, a norma della Legge 398/87. Il sostituto di imposta italiano dovrà verificare che non sia in essere, tra i due Stati, un accordo contro le doppie imposizioni che prevede la tassazione del reddito di lavoro dipendente, esclusivamente nel Paese estero; in tal caso, la convenzione prevarrebbe su tutto.L' art. 23 del DPR 600/73 stabilisce che se alla formazione del reddito di lavoro dipendente concorrono somme o valori prodotti all'estero le imposte ivi pagate a titolo definitivo sono ammesse, in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, in detrazione fino a concorrenza dell'imposta relativa ai predetti redditi prodotti all'estero; resta in ogni caso ferma la possibilità, per il contribuente di utilizzare il credito maturato direttamente in sede di dichiarazione dei redditi - Mod. 730 o Mod. UNICO - art. 15 del DPR 917/86.

La giurisprudenza

La direttiva n. 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di un prestazione di servizi, interpretata alla luce dell'art. 49 del Trattato, osta a un provvedimento legislativo che imponga agli enti pubblici aggiudicatari di attribuire gli appalti edilizi esclusivamente alle imprese che, all'atto della presentazione delle offerte, si impegnino per iscritto a corrispondere ai propri dipendenti una retribuzione non inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo vigente nel luogo dell'esecuzione dell'appalto. (Corte di Giustizia 3/4/2008, causa n. 346/06)

Il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse del distaccante, purché non coincidente con quello della mera somministrazione di lavoro altrui. Pertanto, fermo restando l'interesse del datore di lavoro distaccante a che il lavoratore svolga la propria attività presso il distaccatario e in assenza di specifico divieto di legge, il distacco può avvenire anche con riferimento a lavoratori assunti con contratto a termine, purché entro il periodo di validità del rapporto e nel rispetto della causale del rapporto. (Trib. Roma 21/11/2007)

Il distacco del lavoratore, la cui durata coincide con quella dell'interesse del datore di lavoro a che il dipendente renda la sua prestazione presso un soggetto terzo, è un istituto per sua natura temporaneo; di conseguenza, la cessazione del compito del dipendente presso il distaccatario non configura un'ipotesi di soppressione del posto di lavoro ed è inidonea a integrare un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, salvo che il datore di lavoro provi l'impossibilità di riassorbire il lavoratore nella propria struttura societaria. (Trib. Genova 5/12/2006)

Le parti di un rapporto di lavoro possono pattuire un distacco del lavoratore che, fermo il perdurare del vincolo con il datore di lavoro distaccante, faccia sorgere un distinto rapporto con altro imprenditore, anche all'estero, con sospensione del rapporto originario. In tale caso i rapporti restano separati, anche se le due imprese sono gestite da società

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collegate, con conseguente non imputabilità alla società distaccante, se non diversamente pattuito, delle obbligazioni relative al secondo rapporto. (Cass. 5/9/2006 n. 19036)

Edilizia – Infortunio e responsabilità del distaccante

Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 gennaio 2010, n. 215

La Corte di appello di Venezia, in accoglimento dell'appello incidentale proposto dall'INAIL avverso una sentenza del Tribunale di Venezia, condannava in solido G.R., S.R., la N. sas e la M.E Costruzioni spa al pagamento in favore dell'INAIL di una somma a titolo di rivalsa per le somme erogate a D. R.M. per l'infortunio sul lavoro da quest'ultimo sofferto. Osservava in sintesi la Corte, che era dimostrata la responsabilità: - del G. (dipendente della società M. distaccato presso la società N.S., capogruppo della N.) nella causazione dell'infortunio sofferto dal D.R., per non aver usato la necessaria diligenza e cautela nel movimentare la pesante gru - escavatrice che aveva travolto l'infortunato; - del S., in quanto, al momento dell'incidente, era responsabile del cantiere e dei lavori; - della N., per aver omesso, nella qualità di datore di lavoro del D.R., la predisposizione delle necessarie misure di sicurezze connesse all'uso della macchina escavatrice; - della società M., datrice di lavoro del G., conducente della gru, per aver omesso il preventivo accertamento dell'esistenza nel cantiere dei prescritti presidi infortunistici, assenti nel pontone, per operare la gru senza la presenza di una idonea barriera di protezione e senza la predisposizione di segnalazioni acustiche o manuali a mezzo di lavoratori incaricati. Ricorrono in Cassazione M.E. Costruzioni e S.R. - Resistono con controricorso l'INAIL e L'A. - LE ASSICURAZIONI D'I. spa, la quale ultima ha anche proposto ricorso incidentale. La Corte riunisce i ricorsi e rigetta. "Sebbene, infatti, nella pronuncia della corte veneta si faccia sol incidentalmente riferimento alla previsione dell'art. 2049 c.c., non vi è dubbio che tale previsione costituisca di per sè ragione sufficiente per l'accoglimento della domanda proposta nei confronti della società ricorrente. Basta, al riguardo, richiamare il principio, affermato da tempo nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, per cui la norma in questione, al pari di quella prevista dall'art. 1228 c.c., individua nel nostro ordinamento una ipotesi di responsabilità oggettiva, indipendente, cioè, dalla colpa del soggetto responsabile, sicchè il dolo o la colpa vanno valutati con riferimento al sol fatto dell'ausiliario, e non al comportamento del debitore. Si tratta di una forma di responsabilità per la quale la dottrina e la giurisprudenza parlano da tempo di una presunzione assoluta di colpa e la cui giustificazione viene essenzialmente rinvenuta nella teoria del rischio di impresa, come principio generale, parallelo alla colpa, di imputazione della responsabilità: espressione, in altri termini, di un criterio obiettivo di allocazione dei rischi, per il quale i danni cagionati dal dipendente sono posti a carico dell'impresa, come componente dei costi di questa". "Tale principio risulta adeguatamente richiamabile, ad avviso di questa Corte, anche nel caso di distacco del dipendente presso altra organizzazione aziendale, tenuto conto dei requisiti individuati dalla giurisprudenza (ancor prima della codificazione dell'istituto ad opera del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 30) a giustificazione di questa peculiare forma di dissociazione fra la titolarità del rapporto di lavoro (che permane il capo al soggetto distaccante) e il destinatario della relativa prestazione (che diviene l'imprenditore distaccatario)". In altre parole, la Corte ribadisce "la ritenuta responsabilità della società ricorrente, alla luce del principio già evidenziato che, in caso di distacco del dipendente presso altra organizzazione aziendale, il datore di lavoro distaccante, in capo al quale permane la titolarità del rapporto di lavoro, è tenuto a rispondere, ai sensi dell'art. 2049 c.c., dei fatti illeciti commessi dal dipendente distaccato, per presupporre il distacco uno specifico interesse del datore di lavoro all'esecuzione della prestazione presso il terzo con conseguente permanenza della responsabilità, in virtù del principio del rischio d'impresa, per i fatti illeciti derivanti dallo svolgimento della prestazione stessa." "Mette conto, peraltro, rilevare che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte in tema di tutela antinfortunistica nelle esternalizzazioni delle fasi del processo produttivo, ove lavoratori dipendenti da più imprese siano presenti sul medesimo teatro lavorativo, i cui rischi interferiscono con l'opera o col risultato dell'opera di altri soggetti (lavoratori dipendenti o autonomi), tali rischi concorrono a configurare l'ambiente di lavoro ai sensi del D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 4 e 5 sicchè ciascun datore di lavoro è obbligato ex art. 2087 c.c. ad informarsi sui rischi derivanti dall'opera o dal risultato dell'opera degli altri attori sul medesimo teatro lavorativo e a dare le conseguenti istruzioni ed informazioni ai propri dipendenti".

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Lavoro - Lavoro subordinato - Costituzione del rapporto - Assunzione - Divieto di intermediazione e di interposizione (appalto di mano d'opera) - Dipendenti di cooperativa promossa dalle ACLI - Distacco presso l'"organismo madre" - Inclusione nel divieto - Condizioni e fondamento.Artigianato - Impresa artigiana - In genere - Qualifica rilevante ai fini previdenziali - Riconoscibilità alle società cooperative a responsabilità limitata - Condizioni.Società - Di capitali - Società cooperative - In genere (nozione, caratteri, distinzioni, tipi: a responsabilità limitata e non limitata) - Società cooperativa a responsabilità limitata - Qualifica di impresa artigiana ai fini previdenziali - Riconoscibilità - Condizioni.Corte di Cassazione - 20.10.2000/17.1.2001, n. 594/01 Il distacco di lavoratori di una cooperativa promossa dalle ACLI presso l'"organismo madre" configura un'intermediazione illecita di mano d'opera, ove non sia sorretto da un reale interesse (pure non necessariamente economico) idoneo a legittimare un'operazione di "effettivo prestito umano", che - pur potendo coincidere con tutta la durata del rapporto dei lavoratori suddetti - sia realmente ed inequivocabilmente diretta ad assicurare il raggiungimento delle legittime finalità dell'organismo, senza prestarsi a vanificare la tutela dei lavoratori inserendoli in via definitiva nell'organizzazione utilizzatrice con lo scopo di aggirare impedimenti burocratici alla diretta assunzione presso quest'ultima (quale - nella specie - il divieto per una sezione provinciale delle ACLI di superare un certo numero di dipendenti).L'art. 3, secondo comma, della L. 8 agosto 1985 n. 443 (legge quadro per l'artigianato), modificato dall'art. 1 della legge 20 maggio 1997 n. 133, deve essere interpretato nel senso che tutte le società cooperative, comprese quelle a responsabilità limitata, qualora siano in possesso dei requisiti richiesti dal primo comma del medesimo art. 3 e dall'art. 4 detta stessa legge, possono usufruire della qualifica di impresa artigiana, allo scopo di ottenere il trattamento previdenziale dall'ordinamento riservato a quest'ultima, dato che l'esclusione, operata dalla norma, delle società a responsabilità limitata (non con un unico socio), delle società per azioni e delle società in accomandita per azioni deve intendersi limitata alle Società capitalistiche che perseguono scopi di lucro. FATTO. - L'INPS ha ravvisato nelle prestazioni lavorative rese, sin dal momento della loro assunzione, da tre dipendenti della cooperativa S.r.l. "Mondo Lavoro" - promossa dalla sezione provinciale delle ACLI - presso la stessa - (più precisamente presso il Patronato ACLI), un'intermediazione di mano d'opera vietata dalla legge n. 1369/60; con la conseguenza che tali lavoratori dovevano considerarsi dipendenti dell'ACLI cui incombeva il relativo obbligo retributivo, rimasto inevaso. Ha perciò ottenuto, nei confronti della predetta Associazione un decreto ingiuntivo che è stato revocato a seguito di opposizione proposta dalle ACLI con ricorso del 3.7.96. Il Pretore, rilevata la gratuità della utilizzazione di tali lavoratori, e quindi la mancanza di qualsiasi profitto per la cooperativa - laddove lo stesso rappresenta un elemento indefettibile affinché ricorra un'intermediazione illecita di manodopera, la omologazione della loro posizione retributiva e contributiva a quelli del patronato - e la fondamentale circostanza - che per effetto di obbligo statutario la cooperativa erogava la messa a disposizione delle attività lavorative in favore dell'ACLI essendo obbligata a provvedere a contribuire alla realizzazione delle finalità delle stesse, ha escluso che ricorresse l'intermediazione vietata dalla legge trovando, in definitiva, la fattispecie la sua giusta collocazione. La Cooperativa, oltre a tale finalità, ha anche quella della acquisizione e della gestione del patrimonio mobiliare ed immobiliare e ACLI e di attività alberghiere. Di diverso avviso è stato il Tribunale di Trento che, essenzialmente sulla scorta della decisione delle S.U. 2517/97, ha ritenuto l'irrilevanza della mancanza di lucro da parte della Cooperativa e della regolarità delle posizioni retributive e previdenziali rilevando che gli effetti dell'art. 1 della predetta legge ricorrevano, mancando gli estremi del distacco, e sussistendo una completa utilizzazione delle prestazioni lavorative dei predetti lavoratori da parte dell'ACLI. Nella decisione del Tribunale riveste, altresì, importanza centrale la negazione di ogni rilievo alla considerazione, del Pretore, che si è di fronte ad una "mera erogazione", nel

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concreto dei rapporti fra le parti, atteso che la Cooperativa è tipicamente "ineludibilmente" un soggetto economico, e la messa a disposizione di mano d'opera costituisce operazione economicamente rilevante. Le ACLI chiedono la cassazione della sentenza con ricorso sostenuta da tre motivi. L'INPS resiste con controricorso; le ricorrenti hanno presentato memoria. DIRITTO. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1 L. n. 1369/1960, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; Con il secondo la violazione del primo e terzo comma della norma predetta; dell'art. 2697 c.c. in relazione a tale norma ,vizi di motivazione. Il terzo motivo è del tutto analogo al primo. Le censure che per la loro interdipendenza e connessione devono esaminarsi congiuntamente presentano i seguenti punti nodali: a - si imputa al Tribunale di aver ritenuto ostativi alla qualificazione come distacco dei lavoratori formalmente assunti dalla Cooperativa - ma occupati presso il patronato ACLI - il fatto che essi furono sin dall'inizio assunti per espletare il loro lavoro presso lo stesso e la non temporaneità del distacco; essendo lo stesso permanente in quanto una precisa clausola statutaria imponeva alla Cooperativa di prestarsi ad ogni attività di supporto alle ACLI. Ciò, secondo il Tribunale, degrada l'attività della Cooperativa, attesa la definitività della utilizzazione del lavoratore da essa assunto da parte del patronato, ad un ruolo meramente formale. In tal modo esso contraddice la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la temporaneità non è incompatibile con la permanenza del lavoratore distaccato anche per tutta la durata del rapporto essendo invece essenziali la permanenza dell'interesse al distacco che per la Cooperativa era quello, sancito dal suo statuto, di concorrere al conseguimento dei fini delle ACLI nel cui ambito il buon funzionamento del Patronato ha un'importanza non secondaria; b - proprio nel non aver riconnesso a tale interesse il dovuto rilievo giuridico - negandogli sostanzialmente l'idoneità a sorreggere un distacco e ritenendo, invece, che la natura ontologicamente imprenditoriale della cooperativa non potesse dar luogo se non a distacchi patrimonialmente valutabili risiede l'errore di fondo in cui è incorso il Tribunale, cui è del tutto sfuggito il particolare vincolo associativo - solidaristico che lega la Cooperativa rispetto alle ACLI, ed il rapporto di filiazione della prima rispetto alla seconda; c - pur non essendo necessario, perché ricorra la illecita intermediazione, un fine di lucro, il Tribunale ha del tutto omesso di considerare la insussistenza dì uno degli elementi fondanti della predetta interposizione costituito dalla pregiudizievole posizione retributiva ed economica dei dipendenti dell'imprenditore fittizio rispetto a quelli dell'imprenditore utilizzatore insussistente nel caso di specie stante la omologazione retributiva e contributiva dei lavoratori distaccati rispetto d quelli dipendenti dal Patronato; d - nessuna considerazione v'era stata per lo sviluppo legislativo che non riconosce più alla scissione fra datore di lavoro formale ed utilizzatore delle energie lavorative una intermediazione vietata, essendo, invece, tali assetti richiesti dalla domanda di flessibilità presente nel mondo del lavoro; e - non era provato che fra i lavoratori e le ACLI fosse intercorso un rapporto di lavoro subordinato. L'ultimo profilo di censura è inammissibile perché introduce una questione nuova, in quanto non v'è nella sentenza impugnata alcuna questione in ordine al rapporto di subordinazione fra lavoratori assunti dalla Cooperativa e patronato ACLI; né in proposito è stata denunciata alcuna omissione di pronuncia da parte del Tribunale. Quanto agli altri alcuni di loro colgono punti della decisione del Tribunale erronei ed inidonei a sorreggere la decisione dello stesso che, invece, per le ragioni che saranno indicate, va mantenuta ferma. A - In primo luogo il Tribunale parte dal postulato secondo cui l'operazione di messa a disposizione di propri dipendenti, da parte della Cooperativa, a favore di altro soggetto, ha carattere ineludibilmente, patrimoniale, sicché non resta spazio alcuno per prospettazioni alternative, come quella pretorile, che in essa ha ravvisato "attività di erogazione" che, secondo la stessa sono antinomiche ad ogni ipotesi di illecita intermediazione. Asserzione, questa del giudice d'appello, costituente corollario del convincimento secondo

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cui essendo la Cooperativa ontologicamente soggetto economico, essa non può che avere interessi di natura patrimoniale: non trovando di conseguenza spazio un interesse di tipo associativo - solidaristico proprio dei doveri filiali che le Cooperative, - che operino nell'ambito delle organizzazioni associative "no profit" - hanno, diversamente da quanto ritiene il Tribunale, rispetto ai nuclei operativi essenziali e fisionomici delle stesse; senza escludere che nell'ambito della complessiva organizzazione le cooperative costituiscano una sorta di braccio economico operante, tuttavia, in un programma fortemente segnato dalla piena tutela della persona umana con una preponderanza, quindi, di fattori non riducibili ad interessi patrimoniali e, rispetto agli stessi ritenuti sovraordinati. Il Tribunale non ha per niente focalizzato tale realtà di notevole diffusione nel tempo presente e particolarmente in uso, come è noto, per esempio, presso alcune comunità terapeutiche, sovente di ispirazione cristiano - evangelica, ma non riducibili a questa sola area ideologica, in cui la solidarietà e lo spirito di servizio costituiscono uno dei principali fattori terapeutici, nell'ambito delle quali le Cooperative assolvono al ruolo di produzione e mantenimento dei beni patrimoniali, nonché di formazione di un patrimonio di professionalità per i soggetti in terapia con il preciso obbligo, tuttavia, che ogni socio - lavoratore deve, sol che l'organismo c.d. centrale ne abbia bisogno per qualsiasi esigenza propria dei fini che lo caratterizzano (essenzialmente la ristrutturazione della personalità dei soggetti in comunità).prestare il proprio apporto e quindi esser distaccato, presso lo stesso. Né attenzione il Tribunale ha mostrato per un fenomeno di mutazione legislativa molto chiaramente espressa nel nostro ordinamento che ha rotto il collegamento necessario fra intermediazione illecita e scissione fra chi assume e chi utilizza la forza lavoro, la cui più compiuta espressione è contenuta nella legge n. 196/1997 relativa alla fornitura di prestazioni temporanee di lavoro. Lo stesso, per quanto presupponga qualità per i soggetti che lo gestiscono che non hanno le cooperative in questione, è indicativo di una chiara tendenza ordinamentale. D'altra parte, le stesse S.U., largamente invocate dal Tribunale per escludere che perché sussista la fattispecie in questione non deve necessariamente esservi un lucro per l'interposto, ed essendo invece sufficiente che il lavoratore graviti esclusivamente nell'ambito dell'organizzazione imprenditoriale utilizzatrice, hanno affermato che tale realtà poteva esser superato da un diverso assetto legislativo. Lo stesso, come si è detto, pur non essendo applicabile alle cooperative, rappresenta, tuttavia, una importante tendenza che deve esser ben presente al giudice che debba accertare se esista una illecita intermediazione. Fatta questa premessa in ordine alla non necessarietà della natura economica dell'interesse che legittima il distacco, va rilevato che, affinché lo stesso sia realmente sorretto da un interesse del tipo innanzi detto, è necessario che dai fatti allegati emerga un'operazione di effettivo prestito umano. Sicché essa, pur potendo coincidere con tutta la durata del rapporto di lavoro del lavoratore oggetto dello stesso - sia però realmente ed inequivocabilmente diretta ad assicurare il raggiungimento delle legittime finalità dell'organismo madre, senza che essa possa prestarsi ad essere, invece, vanificatoria della tutela dei lavoratori inserendo - come ha giustamente rilavato il Tribunale - in via definitiva - i lavoratori nella organizzazione utilizzatrice, con lo scopo di superare ostacoli burocratici che impedivano che una certa sezione provinciale potesse superare un determinato numero di lavoratori: limitazione che poteva esser dettata dal non voler soggiacere a determinate regole legali. A fronte di tale realtà la messa a disposizione dell'organismo centrale (o madre) di lavoratori formalmente dipendenti dalla Cooperativa non é più rispondente ad esigenze temporanee del primo, per quanto di durata non prevedibile ed eventualmente coincidente con l'intera durata del rapporto di lavoro del distaccato, ma sopperisce ad un'esigenza stabile della stessa - cui osta la stessa regola interna che sorregge l'organizzazione utilizzatrice - inserendo il lavoratore stella stessa in maniera definitiva ed assegnando alla Cooperativa un ruolo strumentale di aggiramento della regola stessa non rispondente al fine solidaristico statutario che postula il concorso al raggiungimento di un interesse lecito, e comunque non in contrasto con le regole statutarie del soggetto che utilizza i lavoratori (Il Pretore, rileva nella sua decisione che la modifica statutaria che prevedeva l'obbligo di concorrere al raggiungimento dei fini delle ACLI era stata introdotta proprio per le predette difficoltà di superamento del numero di lavoratori addetti alla sede provinciale).

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Il ricorso, corretta la motivazione nel senso predetto, va quindi rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.(Omissis)

Documenti

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

CIRCOLARE 15 Gennaio 2004 , n. 3

Art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di distacco.

Alle direzioni regionali del lavoro Alle direzioni provinciali del lavoro loro sediAlla regione Siciliana assessorato lavoro - Ufficio regionale del lavoro - Ispettorato del lavoro Alla provincia autonoma di Bolzano - Assessorato lavoro Alla provincia autonoma di Trento - Assessorato lavoro All'I.N.P.S. - Direzione generale All'I.N.A.I.L. - Direzione generale Alle Direzione generale AA.GG. R.U. A.I. - Divisione VII Al SECIN

L'istituto del distacco trova applicazione, per la prima volta, nel campo dei rapporti di lavoro privatistico in base ai contenuti di cui all'art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276; la precedente previsione di cui all'art. 8 della legge n. 236/1993 era strettamente connessa alla fattispecie «di evitare le riduzioni di personale».

I requisiti di legittimita' del distacco ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo n. 276/2003 sono:a) la temporaneita' del distacco;b) l'interesse del distaccante.

Il concetto di temporaneita' coincide con quello di non definitivita' indipendentemente dalla entita' della durata del periodo di distacco, fermo restando che tale durata sia funzionale alla persistenza dell'interesse del distaccante.

Quanto al profilo dell'interesse, l'art. 30 del decreto legislativo n. 276/2003 ne consente una interpretazione piuttosto ampia, tale che il distacco puo' essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui. Inoltre la sussistenza di tale interesse deve protrarsi per tutto il periodo di durata del distacco.

In tale ottica, la formulazione della novella legislativa legittima le prassi di distacco all'interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono a una reale esigenza di imprenditorialita', volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo. Questa ipotesi e' stata, in assenza di disposizioni legislative, oggetto della nota del Ministero del lavoro dell'11 aprile 2001 (n. 5/26183), che ha individuato anche per tale fattispecie interesse del distaccante e temporaneita' come requisiti essenziali per la legittimita' del distacco.

Quanto agli oneri relativi al trattamento economico e normativo del lavoratore in distacco, essi restano a carico del distaccante, che ne rimane esclusivamente responsabile nei confronti del lavoratore, ma va detto che gia' in passato era consolidata la prassi di un loro rimborso da parte del distaccatario. Sul punto, si rammenta peraltro che la Cassazione a sezioni unite 13 aprile 1989, n. 1751, ha chiarito, che il rimborso al distaccante della spesa del trattamento economico non ha alcuna rilevanza ai fini della qualificazione del distacco genuino. In ultima analisi, poiche' il lavoratore distaccato esegue la prestazione non solo nell'interesse del distaccante ma anche nell'interesse del distaccatario, la possibilita' di ammettere il rimborso rende piu' lineare e trasparente anche l'imputazione reale dei costi sostenuti da ogni singola

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societa'. In questo senso l'importo del rimborso non puo' superare quanto effettivamente corrisposto al lavoratore dal datore di lavoro distaccante.

Cio' che differenzia il distacco dalla somministrazione, infatti, e' solo l'interesse del distaccante. Mentre il somministratore realizza il solo interesse produttivo della somministrazione a fini di lucro, il distaccante soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l'interesse al buon andamento della societa' controllata o partecipata.

A fronte della titolarita' in capo al distaccante del trattamento economico rimane a suo carico anche il trattamento contributivo, che deve essere adempiuto in relazione all'inquadramento del datore di lavoro distaccante (1). Per quanto riguarda, invece, l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, il relativo premio rimane a carico del datore di lavoro distaccante ma e' calcolato sulla base dei premi e della tariffa che sono applicati al distaccatario (2). Il datore di lavoro distaccante, salvo un diverso accordo fra le parti relativamente al trattamento economico e normativo, rimane poi responsabile ex art. 10 decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965 in caso di rivalsa dell'Istituto in occasione di un infortunio sul lavoro, integrante un'ipotesi di reato, occorso al distaccato presso il distaccatario quale soggetto incaricato della direzione e sorveglianza del lavoro ex comma 3 del medesimo art. 10.

Quanto alla ipotesi disciplinata dall'art. 30, comma 3, prima parte, del decreto legislativo n. 276/2003, il consenso del lavoratore vale a ratificare l'equivalenza delle mansioni laddove il mutamento di esse, pur non comportando un demansionamento, implichi una riduzione e/o specializzazione della attivita' effettivamente svolta, inerente al patrimonio professionale del lavoratore stesso.

Non si applica in caso di distacco, per sua natura temporaneo, la disciplina del trasferimento. Nell'ipotesi in cui il distacco comporti lo svolgimento della prestazione presso un'unita' produttiva la cui distanza rispetto a quella cui il lavoratore sia normalmente adibito sia superiore a 50 km il distacco potra', comunque, intervenire solo per comprovate esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive.

Nell'ipotesi di distacco di un lavoratore presso un altro soggetto il distaccante potra' stipulare un contratto a termine con un altro lavoratore ove sussistano le esigenze legittimanti l'apposizione del termine in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 368/2000.

Nell'ipotesi di distacco il lavoratore potra' svolgere la sua prestazione anche parzialmente presso il distaccatario, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione (3).

Roma, 15 gennaio 2004Il Ministro: Maroni

Note

1 Cfr. Circ. Min. lav. 18 gennaio 1994, n. 4.2 Cfr. Circ. Min. lav. 21 aprile 1994, n. 58.3 Cfr. Nota Min. lav. n. 5/26183 cit., che richiama la sentenza della Cass. Civ. del 21 maggio 1998, n. 5102.

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Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali 24 giugno 2005, n. 28

Alle Direzioni Regionali del lavoroAlle Direzioni Provinciali del lavoroLORO SEDIAlla Regione Siciliana - Assessorato lavoro - Ufficio Regionale del lavoro - Ispettorato dellavoroPALERMOAlla provincia Autonoma di Bolzano - Assessorato lavoroBOLZANOAlla Provincia Autonoma di Trento - Assessorato lavoroTRENTOAll'INPS - Direzione generaleROMAAll'INAIL - Direzione generaleROMAAlla Direzione generale per l'attività ispettivaAl SECINSEDE

OGGETTO: Circolare in materia di distacco e cassa integrazione.

I. I presupposti di legittimità del distaccoIl distacco si verifica allorquando un datore di lavoro per soddisfare un interesse proprio invia uno o più lavoratori alle dipendenze di un soggetto terzo per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. Requisiti di legittimità del distacco sono la temporaneità e la sussistenza di un interesse al distacco in capo al datore di lavoro distaccante.Con riferimento al requisito dell'interesse, l'articolo 30 del decreto legislativo n. 276 del 2003 si limita a precisare che il datore di lavoro distaccante deve "soddisfare un proprio interesse". Particolare attenzione va dunque riservata alla elaborazione giurisprudenziale che, pur formatasi antecedentemente alla nuova disciplina legislativa, ne ha ispirato i contenuti, chiarendo che l'interesse deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente per tutto il periodo in cui il distacco è disposto. A tale proposito, con la Circolare n. 3/2004, questo Ministero ha altresì osservato come l'interesse che legittima il distacco non può mai concretizzarsi in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura di lavoro altrui, che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della somministrazione di lavoro.Occorre, inoltre, chiarire che non si può ritenere automaticamente sussistente l'interesse del datore di lavoro al distacco per il solo fatto che esso viene disposto tra imprese appartenenti al medesimo gruppo.La giurisprudenza ha, infatti, ritenuto che il rapporto di gruppo che lega distaccante e distaccatario non legittima per sé solo il distacco ma costituisce un presupposto di fatto da considerare ai fini della valutazione circa la sussistenza, nel caso concreto, dell'interesse del datore di lavoro distaccante (Cass. 18 agosto 2004 n. 16165 e Cass. 16 febbraio 2000 n. 1733).In questo senso anche la già richiamata Circolare n. 3/2004 ha precisato, da un lato, che la formulazione della novella legislativa legittima le prassi di distacco all'interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono ad una reale esigenza di imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo, e, dall'altro lato, che la precedente prassi amministrativa aveva comunque riconosciuto necessari, anche in questa ipotesi, tanto il requisito dell'interesse del distaccante quanto quello della temporaneità del distacco.

II. Il ricorso al distacco quale alternativa a una procedura di cassa integrazione per contrazione di attività produttiva

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E' in questo contesto che deve essere valutata la liceità del ricorso al distacco quale alternativa a una procedura di cassa integrazione per contrazione della attività produttiva.Detta ipotesi solleva infatti alcuni profili di criticità con riferimento al principio in base al quale il distacco deve essere riconducibile ad uno specifico interesse del datore di lavoro affinché la prestazione sia, temporaneamente, eseguita presso un terzo ma in adempimento dell'unico e originario rapporto di lavoro che prosegue con il distaccante.

Poiché, infatti, il distacco integra un atto organizzativo dell'impresa che lo dispone, e determina così una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (Cass. 18 agosto 2004, n. 16165), deve escludersi la legittimità di un distacco fondato su una ragione meramente economica, che può essere tanto l'interesse ad un corrispettivo, come sopra evidenziato, quanto il solo interesse al risparmio del costo del lavoro.Avrebbe natura meramente economica un distacco che non si limitasse ad avere come effetto solo indiretto il rimborso del costo del lavoro, che costituisce prassi ricorrente e irrilevante ai fini della legittimità del distacco (Cass., Sez. Un., 13 aprile 1989, n. 1751 già richiamata dalla Circolare n. 3/2004), ma trovasse in tale esito la sua propria giustificazione.La possibilità quindi di disporre il distacco per evitare il ricorso alla cassa integrazione potrebbe apparire dettata non tanto da un interesse proprio del distaccante, affinché i lavoratori eseguano presso il terzo la prestazione lavorativa, quanto piuttosto dalla esigenza di sostenere l'impresa, temporaneamente in crisi, attraverso il rimborso del costo della manodopera in distacco; tanto più che l'operazione complessiva troverebbe riscontro in un autonomo e rilevante interesse del distaccatario a fronteggiare, proprio attraverso la fornitura della manodopera in distacco, punte di intensificazione della attività produttiva.In questo senso depone anche il confronto con la specifica ipotesi di distacco prevista dall'articolo 8 legge n. 236/1993. La norma in esame rinvia, infatti, ad accordi collettivi che regolamentino il distacco di personale per evitare il ricorso a procedure di licenziamento collettivo.In questo caso l'interesse che legittima il distacco è quello dei lavoratori a non essere licenziati (ed eventualmente l'interesse pubblico a preservare i livelli occupazionali) mentre, a fronte del filtro dato dal controllo sindacale sulla operazione, l'autonomo interesse del distaccante può anche mancare ovvero può, in questa ipotesi, coincidere con il mero passaggio dei costi della manodopera eccedentaria in capo al distaccatario. Non sembra, peraltro, che questa ipotesi possa essere estesa in via analogica a quella in esame sia per la natura eccezionale della fattispecie sia per la differenza sussistente fra una situazione tendenzialmente irreversibile, quale quella che porta ad una procedura di licenziamento collettivo, rispetto ad una ipotesi di temporanea concentrazione dell'attività produttiva cui è possibile far fronte con un trattamento di integrazione salariale.Peraltro proprio il dato della temporaneità può consentire una ricostruzione dell'interesse del distaccante che, nella ipotesi prospettata, sia ulteriore rispetto ad una mera opportunità di escludere il ricorso alla cassa integrazione. Da questa prospettiva sembra anche possibile accordare rilevanza come presupposto di fatto al gruppo di impresa entro cui ricondurre l'operazione di distacco.

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Seguito della circolare: omissis

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Segue stralcio circolare

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Fac-simile comunicazione di distacco al lavoratore per esigenze formative( aggiungere l’eventuale espresso consenso del lavoratore ove ricorra il caso )

Al dipendente Sig.

- Sede -

Oggetto: distacco presso altra struttura produttiva

Al fine di corrispondere ad esigenze formative del proprio personale connesse alla conoscenza di nuove e diverse attrezzature di lavorazione, Le comunico che con decorrenza dal giorno / / e fino alla data del / / la S.V. presterà servizio presso la ditta/società esercente attività di con sede in

Restano invariati mansioni, orario di lavoro e trattamento economico. Il rapporto di lavoro permane instaurato con lo scrivente datore di lavoro. Si applicano le norme generali in materia di distacco di lavoratori, da ultimo regolamentate dal Dlgs 276/2003.

Al termine del periodo di distacco , la S.V. riprenderà regolarmente servizio presso la scrivente, secondo gli usi consueti.

Luogo e data

IL DATORE DI LAVORO

Per ricezione ed accettazioneIl Lavoratore

Firma …………………………………. Data……………..

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Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro

Guida al

DISTACCO DEL LAVORATORE

RENZO LA COSTA

febbraio 2010

fine

tutti i diritti riservati

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