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CorsoStrategie per la cooperazione
Modulo “Strategie per la cooperazione” - Parte 1Paradigmi della cooperazione internazionale
Carlo TassaraRoma, novembre-dicembre 2016
Facoltà di Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione
Laurea triennale Cooperazione internazionale e sviluppo
Corso Strategie per la cooperazioneModulo “Diritti umani”: Nadan Petrovich
Modulo “Strategie per la cooperazione”: Carlo Tassara
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Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
Paradigmi della cooperazione internazionale
• Conclusione della Seconda Guerra Mondiale.
• La Conferenza di Bretton Woods (1944) stabilisce le nuove
regole nei rapporti commerciali e finanziari tra i paesi
industrializzati. Partecipano 44 paesi, compresi quelli
comunisti, che però non ratificano gli accordi finali.
• Si contrappongono la posizione britannica (più aperta verso i
paesi non industrializzati) e quella statunitense (più liberista).
Prevale la posizione nordamericana: adozione del dollaro,
maggiore integrazione commerciale, aumento della
produzione, stabilità finanziaria, ecc.
• Posteriore creazione della Banca Mondiale (1945), del Fondo
Monetario Internazionale (FMI-1945) e del GATT (1947).
Fatti storici
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Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
Paradigmi della cooperazione internazionale
• General Agreements on Tariffs and Trade (GATT): liberaliz-
zazione del commercio e diminuzione delle imposte doganali.
• Nascita delle Nazioni Unite (1945), per mantenere la pace, la
sicurezza e la cooperazione tra i paesi, e di alcune agenzie:
FAO, UNESCO, UNICEF (1946), OMS (1948), ecc.
• I paesi che hanno vinto la guerra (Cina, Francia, Gran
Bretagna, Stati Uniti, Unione Sovietica) si riservano il diritto di
veto nel Consiglio di Sicurezza.
• Il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECO-
SOC) attiva il primo fondo speciale per lo sviluppo (1948).
• Inizio della Guerra Fredda e creazione delle alleanze regionali:
NATO (1948-1949) e Patto di Varsavia (1955).
Fatti storici
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• Il Piano Marshall (European Recovery Program) è il principale
strumento degli Stati Uniti per sostenere la ricostruzione dei
paesi europei dopo la Seconda Guerra Mondiale, consolidare
la loro egemonia commerciale nella regione, e contenere la
possibile espansione dell’influenza sovietica.
• L’approccio è assistenziale e la cooperazione si basa sugli
interessi del donatore.
• Si realizza tra il 1947 e il 1951, con un investimento di 17.000
milioni di dollari: 26% materie prime e prodotti semi lavorati;
25% cibo e fertilizzanti; 15% macchine, veicoli e attrezzature;
12% combustibile; 22% altro.
Piano Marshall e temi collegati
Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
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• Nel 1948 nasce l’Organizzazione Europea per la
Cooperazione Economica (OECE), con l’adesione di 15 paesi
europei e della Turchia, che più tardi si trasformerà in OCSE.
• Le sue finalità principali sono quelle di usufruire al meglio
degli aiuti del Piano Marshall, nel breve periodo, e di
promuovere la cooperazione e il coordinamento economico
tra gli stati membri, nel medio e lungo periodo.
• Nel 1951 nasce inoltre la Comunità Europea del Carbone e
dell‘Acciaio (CECA), che dà inizio al lento processo di
integrazione regionale e crea le basi per la posteriore
costituzione della Comunità Economica Europea (1958) e
dell’Unione Europea (1992).
Piano Marshall e temi collegati
Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
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• Impatti positivi: contribuisce al
rilancio dell’economia, favorisce la
cooperazione regionale, riduce
l’influenza sovietica tra i paesi
recettori della regione.
• Impatti negativi: stimola la corruzione,
alcuni paesi usano parte delle risorse
per le guerre coloniali, crea
dipendenza verso gli Stati Uniti,
ritarda la transizione verso il libero
mercato, crea un divario in Europa tra
est ed ovest.
Risorse ricevute (milioni USD)
Gran Bretagna 3.297 Olanda 1.128
Francia 2.296 Belgio & Lux. 777
Germani occ. 1.448 Austria 488
Italia 1.204 Danimarca 385
Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
Piano Marshall e temi collegati
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• Il processo di “decolonizzazione” inizia negli anni ’40 in Asia:
Filippine (1946), India e Pakistan (1947), Birmania (1948),
Indonesia (1949).
• Tra il 1945 e il 1966 conquistano l’indipendenza 54 paesi di
vari continenti.
• Le antiche potenze coloniali sono uscite indebolite dalla
guerra e si concentrano sulla propria ricostruzione e
riattivazione economica.
• Di conseguenza, nella gran parte dei casi, esse riconoscono
pacificamente l’indipendenza delle antiche colonie, cercando
nel contempo di mantenere con queste un forte legame
economico, commerciale e culturale.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
Decolonizzazione
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Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
Decolonizzazione
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• Si crea una doppia dipendenza tra vecchie metropoli e nuovi
paesi indipendenti: i primi mantengono importanti interessi
commerciali nei secondi; mentre i secondi hanno bisogno
della assistenza tecnica e finanziaria dei primi.
• Tale situazione viene accentuata dalla competizione tra il
blocco “occidentale e capitalista” con il blocco “orientale e
comunista”: entrambi sono interessati a conquistare il
consenso e rafforzare la propria egemonia nei nuovi paesi
indipendenti.
• Nascono le prime Organizzazioni Non Governative (ONG):
confessionali (cattoliche, protestanti, ecc.), laiche (diritti
umani, sostegno ONU) e “politiche” (partiti e sindacati).
Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
Fatti storici
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Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
• Paradigma dominante: piena fiducia nella crescita economica
come strada maestra per lo sviluppo. Il “sottosviluppo” si deve
al “circolo vizioso della povertà” (Nurske 1953).
Approcci e paradigmi
4. Assenza di
investimenti
(infrastruttura
e tecnologia)3. Poco capitale
circolante
1. Basso reddito
2. Scarsa capacità
di risparmio
5. Bassa produzione
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Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
• Secondo la “teoria degli stadi” di Rostow (1952 e 1959) lo
sviluppo si raggiunge seguendo alcune tappe obbligate: 1.
società tradizionale; 2. precondizioni per il decollo industriale;
3. decollo industriale; 4. maturità; 5. consumi di massa.
• La cooperazione è quindi un “aiuto ai paesi poveri”, affinché
aumentino la loro capacità produttiva e la crescita economica.
Non si riconosce particolare importanza all’equità sociale.
• L’approccio è soprattutto economico ed è finalizzato alla
costituzione del capitale fisico.
• Il ruolo della cooperazione è quello di erogare capitali e
orientare gli investimenti dei paesi industrializzati verso i paesi
“sottosviluppati”.
Approcci e paradigmi
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Paradigmi della cooperazione internazionale
Antecedenti: dal 1945 agli anni ‘50
• Gli stati nazionali sono gli “attori” dello sviluppo: gestiscono
l’iniziativa politica, finanziaria e “organizzativa” della
promozione dell’economia
• Tra donatori e beneficiari le relazioni sono di tipo gerarchico:
non c’è dialogo tra partners.
• La modalità operativa principale è il trasferimento di risorse,
che spesso sono prestiti, più o meno agevolati.
• La cooperazione è “legata”: i beni e i
servizi necessari si comprano quasi
esclusivamente nel paese che finanzia
le attività (donatore).
Approcci e paradigmi
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• I nuovi stati indipendenti sono poco industrializzati, ma sempre
più protagonisti a livello internazionale (Terzo Mondo…).
• Nel 1961 nasce il Movimento dei Paesi Non Allineati (MPNA),
dopo la Conferenza di Bandung (1955), che riunisce 29 leader
della prima generazione post coloniale,
e riscuote un consenso crescente.
• Nel 1963, il MPNA promuove la
creazione dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA), che
nel 2002 viene sostituita dall’Unione Africana.
• Obiettivi MPNA: autodeterminazione; lotta apartheid e imperia-
lismo; non adesione ai patti militari; rafforzamento ONU e
democratizzazione relazioni internazionali; sviluppo e
ristrutturazione del sistema economico internazionale.
Anni ’60: il decennio dello sviluppo
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
Conferenze MPNA e paesi partecipanti
Belgrado (1961): 25 membri + 3 osservatori
Il Cairo (1964): 47 membri + 10 osservatori
Lusaka (1970): 54 membri + 8 osservatori
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• Conferenze ONU sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD I
- 1964 e UNCTAD II - 1968), fortemente volute dal MPNA:
occorre adottare una politica commerciale più favorevole
(imposte doganali e finanziamenti compensativi) ai paesi in via
di sviluppo (PVS). Alle parole non seguono però i fatti…
• UNCTAD I; si crea il “Gruppo dei 77” (G-77), che promuove
l’assunzione di posizioni comuni dei PVS in ambito ONU.
• Le Nazioni Unite (1961) propongono di aumentare l’Aiuto
Pubblico allo Sviluppo (APS) dei paesi industrializzati ai PVS
almeno all’1% del PIL e di raggiungere, sempre nei PVS, un
tasso di crescita di almeno il 5% annuo entro il 1970.
Anni ’60: il decennio dello sviluppo
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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• Nel 1960 i paesi industrializzati creano l’Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che pro-
muove politiche economiche e sociali comuni, e il Comitato di
Aiuto allo Sviluppo (DAC), che definisce le linee generali delle
politiche di cooperazione allo sviluppo dei paesi membri.
• Creazione delle prime agenzie bilaterali di cooperazione dei
paesi industrializzati: Canada (1960), Francia, Germania,
Giappone, Stati Uniti (1961).
Anni ’60: il decennio dello sviluppo
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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• 1961-1970: “Alleanza per il progresso”, un programma di aiuti
degli Stati Uniti all’America Latina per ostacolare l’influenza
della rivoluzione cubana. Investimento: 20.000 MUSD (risorse
USA e BID).
• Assi tematici: riforma agraria; promozione del libero scambio;
modernizzazione strade e comunicazioni; acceso a casa, salute
ed educazione (alfabetizzazione); controllo dell’inflazione.
• La morte di Kennedy (1963), i cambiamenti nella politica
estera USA (1964) e l’opposizione di alcune oligarchie
latinoamericane fanno arenare l’Alleanza per il progresso.
• Si firmano i primi accordi quadro di cooperazione bilaterale
tra gli Stati Uniti e alcuni paesi dell’America Latina.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’60: il decennio dello sviluppo
Fatti storici
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• Il paradigma della “crescita economica” viene duramente
criticato dagli economisti della “teoria della “dipendenza”
(Cardoso, Dos Santos, Faletto, Furtado, ecc.), che trova il
sostegno della Commissione Economica per l’America Latina
e i Caraibi (CEPAL) delle Nazioni Unite.
• Dualità “centro-periferia”: l’egemonia dei paesi industrializzati
genera una “divisione dei compiti” e una sperequazione nella
produzione industriale e nel commercio.
• La “teoria della dipendenza” non cambia gli assetti internazio-
nali, ma condiziona le politiche economiche dei paesi
latinoamericani: tasse doganali, protezionismo, promozione
mercato interno, sostituzione delle importazioni.
Approcci e paradigmi
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’60: il decennio dello sviluppo
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Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’60: il decennio dello sviluppo
• Non si registrano cambiamenti sostanziali negli approcci della
cooperazione internazionale allo sviluppo dei paesi
industrializzati.
• Attori: le novità importanti sono tre. 1. Il protagonismo delle
Nazioni Unite e dei PVS. 2. La nascita delle agenzie di
cooperazione dei paesi industrializzati. 3. Il consolidamento
della società civile e delle ONG.
• Sorgono le ONG di seconda generazione, meno assistenziali e
più critiche. In Italia, le ONG si strutturano attorno al sostegno
al movimento missionario (cattoliche) e ai processi
rivoluzionari e post-coloniali (laiche).
Approcci e paradigmi
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• Economia internazionale: tra il secondo dopoguerra e i primi
anni ’70 si registra una notevole crescita economica, soprattut-
to in Europa e Giappone, ma questo non incide sul divario tra
Nord e Sud.
• Nei PVS (Asia e America Latina) c’è crescita senza sviluppo: i
piccoli miglioramenti (infrastrutture, agricoltura, educazione,
ecc.) non incidono sulla qualità della vita e sono “bilanciati”
dall’esplosione demografica, dall’aumento della
disoccupazione, dagli squilibri nella bilancia dei pagamenti.
• Aumento del debito estero nei PVS (soprattutto in A. Latina).
Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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• Aumenta anche il debito estero degli Stati Uniti e nel 1971
viene dichiarata la non convertibilità del dollaro: ripercussioni
su stabilità monetaria e commercio internazionale.
• Guerra dello Yom Kippur (ottobre 1973) e crisi energetica: in
rappresaglia contro i paesi occidentali che sostengono Israele,
la OPEP aumenta drasticamente il prezzo del petrolio.
• Inflazione, crisi economica e disoccupazione anche nei paesi
industrializzati: ne risentono l’APS e, più in generale, le
politiche di cooperazione allo sviluppo.
• Conferenza MPNA di Algeri (1973) e VI Sessione straordina-
ria Assemblea generale ONU (1974): Dichiarazione e Piano
d’azione per un nuovo ordine economico internazionale.
Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
Paradigmi della cooperazione internazionale
Nuovo ordine economico internazionale (1974)
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Principali criticità operative nell’erogazione della cooperazione
• Una parte importante degli aiuti (“occidentali” e “orientali”)
viene subordinata agli interessi strategici dei paesi donatori
(p.e.: aiuti legati).
• Alcuni paesi recettori destinano risorse rilevanti ad
investimenti improduttivi (acquisto di armi, opere faraoniche,
ecc.), che non hanno impatto sullo sviluppo e la qualità della
vita della popolazione.
• Autoritarismo e corruzione, diffusi in molti PVS: 1. impedisco-
no un vero dibattito nazionale sulle priorità e le politiche di
sviluppo; 2. sviano l’uso di molte risorse in beneficio di poche
persone.
Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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• La società civile e le sue organizzazioni si consolidano, sia nei
paesi industrializzati sia nei PVS. In tale contesto, le
Organizzazioni Non Governative (ONG) di cooperazione e i
loro approcci innovativi cominciano ad essere conosciuti e
apprezzati a livello internazionale.
• Nazioni Unite: i paesi industrializzati devono aumentare
progressivamente l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS-ODA)
fino a raggiungere lo 0,7% del PIL a metà degli anni ‘70.
• Va aumentando il debito dei PVS con le banche multilaterali.
Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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L’Informe Pearson “Lo sviluppo, un lavoro comune” (1968-1970),
promosso dalla Banca Mondiale, critica le modalità di realizzazione
della cooperazione pubblica e formula molte proposte innovative:
Paradigmi della cooperazione internazionale
Approcci e paradigmi
Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
• Commercio: abolizione di diritti d’importazione e quote restrittive
sui prodotti dei PVS; stabilizzazione dei prezzi dei prodotti agricoli.
• Investimenti esteri: no alle concessioni straordinarie dei PVS per gli
investitori; sostegno organico alla formazione della mano d’opera e
al rafforzamento dell’industria locale.
• Cooperazione allo sviluppo: aumento, slegamento e migliore
finalizzazione dell’APS; programmazione almeno triennale degli
aiuti; standardizzazione delle procedure; sostegno organico alla
educazione e alla ricerca scientifica nei PVS; miglior coordinamento
degli aiuti e ruolo ordinatore delle Nazioni Unite.
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• La crescita economica è un fattore importante, ma non esclusivo:
su iniziativa della Banca Mondiale, si comincia a parlare dei
bisogni fondamentali (basic needs) come motore dello sviluppo.
• La cooperazione, oltre che promuovere la crescita economica,
deve migliorare le condizioni sociali dei settori più poveri.
• Riconoscimento del ruolo delle donne (produttivo, riproduttivo,
comunitario) e rivendicazione del loro spazio nella cooperazione.
• La componente a dono della cooperazione non deve essere
inferiore al 25% e progressiva eliminazione degli aiuti “legati”.
• Si consolida il “progetto” come modalità operativa principale
della cooperazione e si affermano alcuni “strumenti di gestione”,
come il Ciclo del progetto e il Quadro logico.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Approcci e paradigmi
Anni ’70: basic needs e “cultura del progetto”
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• Il Rapporto Brandt “Nord-Sud. Un programma per la
sopravvivenza” (1980) e il Rapporto Brundtland “Il nostro
futuro comune” (1987), fortemente voluti dalle Nazioni Unite,
rilanciano alcuni temi “tradizionali” (aumento dell’APS,
riforma dell’economia e del commercio internazionale) e ne
introducono di nuovi (sicurezza alimentare, politiche
energetiche responsabili, sviluppo sostenibile).
• L’indebolimento di Unione Sovietica e paesi comunisti (1989:
Muro di Berlino) cambia l’agenda internazionale (capitalismo
unica opzione): diminuisce l’attenzione dei paesi
industrializzati verso i PVS e aumenta il numero e la gravità dei
conflitti e delle crisi regionali.
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
Si amplia e si approfondisce la crisi economica internazionale:
• Cambiamenti
nella struttura
produttiva:
aumentano gli
investimenti esteri
e la produzione
manifatturiera nei
PVS (soprattutto
in Asia:
manodopera
abbondante e
qualificata).
Evoluzione delle esportazioni 1980-1995 (MUSD)
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• Diminuiscono i prezzi delle materie prime.
• La progressiva industrializzazione di alcuni PVS non modifica
sostanzialmente la distribuzione del reddito nei PVS.
• Cambiamenti rilevanti anche nella produzione agricola: Stati
Uniti e Unione Europea aumentano la produzione (intensiva e
tecnificata) e adottano politiche protezioniste.
• Si generano eccedenze agricole nel Nord: ciò danneggia i paesi
del Sud del mondo e in particolare i piccoli produttori
(evidente contraddizione con le finalità della cooperazione allo
sviluppo: assenza di coerenza nelle politiche).
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
Popolazione malnutrita 1970-2000 (%)
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• Crisi del debito estero nei PVS, e soprattutto in America Latina e
in Africa subsahariana.
• Viene gestita con ricette neoliberali: privatizzazioni, liberalizzazio-
ni, taglio di spesa pubblica e politiche sociali, ecc.
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
Debito estero come proporzione del PIL (%) • La crisi colpisce
soprattutto i gruppi
sociali più poveri: il
reddito reale si riduce
di oltre il 50%.
• America Latina:
transizione e
consolidamento della
democrazia.
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• Di fronte alla crisi economica internazionale si afferma il
paradigma neoliberale: fiducia nella capacità del mercato, che
genera in “modo spontaneo” le opportunità di sviluppo
economico.
• Le priorità della politica economica si riflettono nei 10 punti
del Consenso di Washington (1989): lotta all’inflazione;
riduzione della spesa e del debito pubblico; diminuzione delle
dimensioni e delle funzioni dello stato; privatizzazioni;
deregolamentazione; liberalizzazione del commercio
internazionale, degli investimenti esteri, dei tassi di interesse.
• La crisi economica diminuisce le risorse disponibili per l’APS.
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
Evoluzione APS 1960-2008
Mld USD
%
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• La politica neoliberale si orienta all’aumento della ricchezza a
breve e alla posteriore adozione di politiche redistributive.
• Tutto ciò genera la critica neoliberale alla cooperazione
internazionale, che spreca tempo e risorse in “attività poco
efficaci”, invece di promuovere politiche di riforma dello stato e
piani di aggiustamento strutturale dell’economia dei PVS.
• Il Consenso di Washington “spinge” la cooperazione a
condizionare gli aiuti all’adozione di politiche di aggiustamento
strutturale e utilizzare lo strumento del credito condizionato
(soprattutto verso i paesi dell’America Latina).
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Approcci e paradigmi
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• D’altra parte, il lavoro delle ONG e le analisi del DAC
generano una critica democratica e partecipativa alla
cooperazione internazionale, che si basa su alcuni temi:
il carattere “statocentrico” e verticale della cooperazione;
l’assenza di dialogo e la scarsa partecipazione degli attori della
società civile e, quindi, la poca “appropriazione” (ownership)
delle attività di cooperazione da parte degli attori locali;
l’applicazione meccanica nei PVS dei modelli di sviluppo
sperimentati con successo nei paesi industrializzati;
gli alti costi di transazione della cooperazione;
la scarsa coerenza tra politiche economiche e politiche di
sviluppo.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Approcci e paradigmi
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• Il DAC sottolinea l’importanza che i donatori “coordinino
meglio gli aiuti e che questi ultimi siano basati su politiche
integrate, le cui priorità siano negoziate con i PVS: si creano i
primi “tavoli di coordinamento” dei donatori e i gruppi di
consultazione sostenuti dalla Banca Mondiale e dall’UNDP.
• Altri punti importanti segnalati dal DAC:
più accurata selezione dei progetti;
maggior sostegno, settoriale e nazionale, ai progetti;
maggior impegno da parte dei paesi beneficiari.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’80: l’efficacia della cooperazione
Approcci e paradigmi
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• Si evidenziano i limiti del paradigma neoliberale, che non dà
importanza a fattori come la coesione sociale, la lotta alla
povertà, e il rafforzamento delle istituzioni dei PVS.
• I piani di aggiustamento strutturale hanno comportato un
elevato costo sociale: la crescita economica (dove c’è stata) non
ha generato redistribuzione del reddito e miglioramento della
qualità della vita per i gruppi sociali più vulnerabili.
• Fine del bipolarismo (1991: crollo Unione Sovietica) e della
Guerra Fredda.
• Esplosione di molte crisi e conflitti regionali in varie parti del
mondo: ciò genera un aumento rilevante delle risorse destinate
agli aiuti umanitari e di emergenza.
Anni ’90: lo sviluppo umano
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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Anni ’90: lo sviluppo umano
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
Incidenza degli aiuti d’emergenza nell’APS 1984-1994 (%)
• Guerra nel Golfo
Persico (1990-1991)
• Guerra civile ex Iu-
goslavia (1992-1995)
• Conflitto dei Grandi
Laghi [Ruanda, Zai-
re, ecc.] (1994-1997)
• Negli anni ’90 scoppiano 108 conflitti, dei quali solo 20 sono
“guerre tradizionali”. Gli altri sono conflitti armati interni (tra
gruppi etnici, religiosi o di altro tipo).
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• Superamento del GATT e adozione di nuove regole per il
commercio internazionale: chiusura dell’Uruguay Round
(1986-1993), accordi di Marrakech (1994) e creazione
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio [OMC] (1995),
che ha attualmente 192 paesi membri.
• Critiche a OMC e nuovi accordi (poco trasparenti e molto
favorevoli a paesi industrializzati e imprese multinazionali):
apertura totale del mercato monetario; super protezione pro-
prietà intellettuale; elevata complessità tecnico-operativa;
governance di fatto tripartita (Giappone, UE ed USA).
• Nel 1993 si firma il Trattato di Libero Commercio (TLC) tra
Canada, Messico e Stati Uniti.
Anni ’90: lo sviluppo umano
Paradigmi della cooperazione internazionale
Fatti storici
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• L’UNDP raccoglie e sistematizza gli orientamenti innovativi e
formalizza il paradigma dello sviluppo umano:
il superamento della povertà si persegue aumentando le
opportunità e le capacità personali (il reddito pro-capite non è
l’unico fattore importante);
il ruolo dello stato deve essere flessibile e “accompagnare i
processi”, non imporli dall’alto;
occorre considerare un insieme integrato di politiche (salute,
educazione, rafforzamento istituzionale, partecipazione, ecc.);
le politiche globali (macro) vanno coniugate con le politiche
nazionali e le specificità territoriali (micro), valorizzando le
capacità locali attraverso approcci partecipativi.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’90: lo sviluppo umano
Approcci e paradigmi
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• Pubblicazione primo “Rapporto sullo sviluppo umano” UNDP
(1990).
• Anni ’90: realizzazione di molteplici conferenze delle NU.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’90: lo sviluppo umano
Approcci e paradigmi
Indice di sviluppo umano 2014
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• Le agenzie pubbliche recepiscono poco a poco gli approcci
formulati dalle ONG, dal DAC e altri attori:
il dialogo con e la partecipazione degli attori della società civile;
la partnership tra gli attori che realizzano i progetti e la pro-
mozione della “appropriazione” da parte degli attori locali;
i principi metodologici innovativi: tecnologie appropriate;
sviluppo sostenibile; formazione e creazione di capacità;
la coerenza tra politiche economiche e di cooperazione;
i donatori devono adeguarsi alle procedure locali;
la cooperazione “legata” va progressivamente eliminata.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’90: lo sviluppo umano
Approcci e paradigmi
• Nel 1996 il DAC pubblica “Shaping the XXI Century …”.
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Paradigmi della cooperazione internazionale
Anni ’90: lo sviluppo umano
Protagonismo UE
APS netto dei paesi membri del DAC-OCSE (% del totale)
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Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
• Dichiarazione del Millennio (settembre) e gli Obiettivi di
Sviluppo del Millennio (dicembre 2000) per il 2015.
• L’orizzonte strategico della cooperazione internazionale è
sempre più la lotta alla povertà.
• Il dialogo sulle politiche globali, i reciproci interessi, la
partnership, la partecipazione attiva e l’appropriazione
(ownership) da parte degli attori locali, si consolidano come
criteri universali della cooperazione internazionale.
• Oltre agli stati nazionali, gli attori principali sono gli enti locali,
le organizzazioni della società civile e il settore privato.
• Concentrazione delle risorse e diminuzione della quantità di
progetti verso il budget support.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Approcci e paradigmi
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Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Dichiarazione di Parigi
Criteri Impegni
AppropiazioneI paesi soci esercitano un’autorità effettiva sulle proprie strategie e politiche e coordinano la
realizzazione di progetti e programmi di sviluppo.
Allineamento
I paesi donatori basano il proprio appoggio sulle strategie, le istituzioni e le procedure dei paesi
soci. In proposito, si considerano specialmente importanti: valorizzazione delle strategie e
politiche nazionali; adozione di sistemi di gestione e procedimenti dei paesi soci; rafforzamento
della capacità di gestione delle istituzioni locali; progressivo aumento degli aiuti slegati.
Armonizza-
zione
Le azioni dei donatori sono più armonizzate, trasparenti ed efficaci. In proposito, alcuni
elementi prioritari sono: adozione di regole comuni e semplificazione delle procedure;
complementarietà e divisione del lavoro tra paesi donatori; promozione di comportamenti
orientati alla armonizzazione, all’allineamento e al raggiungimento di risultati; erogazione di
aiuti efficaci agli stati fragili; utilizzazione di un approccio coerente nella valutazione.
Gestione
orientata a
risultati
Miglioramento delle procedure legate alla gestione delle risorse e all’assunzione di decisioni.
Responsabilità
comuni
Paesi donatori e paesi soci hanno responsabilità comuni in tutto il processo, e in particolare per
quanto relativo a: promozione della partecipazione degli attori locali; pianificazione delle risorse
nel lungo periodo; valutazione dei risultati.
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Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Dichiarazione di Parigi
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Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Moltiplicazione degli attori
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Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
Paradigmi della cooperazione internazionale
Cooperazione Sud-Sud
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• Vari donatori, e soprattutto l’Unione Europea, danno priorità
a fattori come la coesione e l’inclusione sociale, soprattutto
nella cooperazione con i paesi a reddito medio e medio alto
(tra i quali quelli dell’America Latina).
• La coesione sociale è “la capacità di una società di assicurare il
benessere di tutti i suoi membri diminuendo le ineguaglianze
ed evitando le polarizzazioni” (Consiglio d’Europa).
• La coesione sociale si riferisce a una società “governata da un
contratto sociale (...) condiviso, tra uno stato trasparente,
solidale e impegnato con i principi di giustizia e solidarietà, e
cittadini che hanno diritti e responsabilità” (IADB 2004).
Paradigmi della cooperazione internazionale
Approcci e paradigmi
Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
49
• Una politica orientata al rafforzamento della coesione sociale
implica l’accettazione di alcune sfide importanti.
Ampliamento dell’accesso ai servizi pubblici e alla giustizia.
Accesso universale alla protezione e alla previdenza sociale.
Qualità dei servizi pubblici, soprattutto per i gruppi sociali
più vulnerabili e marginali della popolazione.
Politiche attive per l’occupazione e ampliamento dei diritti
dei lavoratori.
Politiche fiscali progressive e principio di solidarietà.
Rafforzamento delle istituzioni e della governabilità.
Paradigmi della cooperazione internazionale
Approcci e paradigmi
Anni 2000: i nuovi paradigmi della cooperazione
50
Alcuni concetti
• Cooperazione internazionale (CI): una relazione che si
stabilisce tra due o più parti al fine di operare congiuntamente
per contribuire allo sviluppo socio economico delle parti
coinvolte.
• Le parti possono essere organismi internazionali, stati,
istituzioni pubbliche (nazionali, regionali e locali) o private
(associazioni, ONG, imprese, ecc.).
• Sistema della CI: rete di istituzioni attraverso le quali si
realizzano azioni e progetti di cooperazione internazionale allo
sviluppo.
• Aiuti allo sviluppo: trasferimento (o scambio) di risorse,
tecnologie, conoscenze, capacità o esperienze orientate alla
introduzione di cambiamenti positivi.