dalmazia italiana

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La breve vita della Dalmazia "italiana".

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Page 1: Dalmazia Italiana

Della spartizione dell’ex Yugoslavia occupata si discusse fra Ciano e Ribbentrop a Vienna , fra il 22 ed il 22 aprile 1941.

Il 24 aprile Hitler stabilì : il nord ai tedeschi ed il sud agli italiani, con linea di demarcazione Samobor- Dvor-Jajce-Fojnica-Višegrad:.

Nei successivi colloqui con Pavelic del 25 aprile svoltisi a Lubiana , e quelli del 7 maggio a tenutisi Monfalcone, gli Italiani assicurarono alla NDH la bauxite per l'alluminio neccessario alle industrie tedesche.

Il 18 maggio Pavelic a Roma firmava con Mussolini la cessione della Dalmazia. Essa comprendeva Susak, Sebenico, Spalato e le Bocche di Cattaro. 5.381 km.quadrati di terre croate si aggiungevano così all'Istria ed a Zara, annesse dopo la 1a Guerra mondiale. 1 …

L’Italia , con quell’accordo, acquisiva 124 medie aziende , 150 officine , 9 cantieri navali, una cartiera per carta fine da sigaretta a Susak, 15 grandi stabilimenti per la produzione dell’olio d’oliva, 10 aziende per la conservazione del pesce, una fabbrica di pre-lavorazione della bauxite presso Sebenico…

Alla NDH restarono sull’Adriatico due porticcioli , Metkovic e Gruz, parte della brulla costiera sotto il Velebit, e la costa da Omiz a Dubrovnik.2

Così l'Adriatico diventava praticamente un mare italiano. Inoltre la NDH si obbligava a non costruire postazioni militari, nè a

dotarsi di marina militare, nè di stazioni di polizia o di guardie di finanza entro una fascia di 80 km , considerata zona di prevalente interesse italiano, che diverrà poi la Seconda Zona.

Nel terzo colloquio venivano precisati i rapporti politici fra NDH ed Italia. Secondo questi accordi, la NDH doveva essere un regno annesso a casa Savoja, con re Ajmone di Savoja, conte di Spoleto...

Secondo l'accordo quindi le truppe italiane d'invasione sarebbero divenute formazioni dell'esercito del regno NDH.

Ma ciò non avvenne, e gli Italiani restarono sempre truppe d'occupazione.

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68 Sui rapporti fra NDH e Regno d'Italia vedere: Ferdo Čulinović, Okupatorska podjela Jugoslavije, Beograd 1970.; Bogdan Krizman, Pavelić i Ustaše, Zagreb, 1978.; Bogdan Krizman, NDH između Hitlera i Musollinija, Zagreb, 1983.; Fikreta Jelić-Butić, Ustaše i Nezavisna Država Hrvatska 1941.-1945, Zagreb, 1978.;Rafael Brčić, "Prilog razmatranju okupacionih sistema u BiH 1941. godine'', Prilozi, br. 5., Sarajevo, 1969., str. 217.-259.; Jere Jareb, Pola stoljeća hrvatske politike, Buenos Aires, 1960., ponovljeno izdanje u Zagrebu 1995.; Jere Jareb, "Hrvatski narod u drugom svjetskom ratu 1941.-1945/', Časopis za suvremenu povijest (dalje: ČSP), br. 3./1995. i Hrvoje Matković, Povijest Nezavisne Države Hrvatske, Zagreb, 1994. .

2 Hrvatski državni arhiv, Zagreb (dalje HDA), Fond NDH - "S", kut. 520, dok. inv. broj 1.283. Veleobrt na novo prisjedinjenim primorskim krajevima Hrvatske.

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Page 2: Dalmazia Italiana

Nella sola Croazia, sino al giugno 1941, l'Italia teneva 65.000 soldati nella Ia zona, e 78.300 soldati nella zona spettante alla NDH. 3

Spartizione della Croazia fra Italia, Germania e NDH

La Ia Zona era la Dalmazia definita di “assoluto interesse italiano”, a causa del passato di dominazione della Repubblica Veneta, come disse Mussolini il compimento del Risorgimento; ma gli Italiani erano 5000 su 380.000 abitanti, dei quali i Croati erano 280.000, i Serbi 90.000 e 5000 di varie altre nazionalità !

La IIa Zona comprendeva molte miniere interessanti sia l’Italia , sia la Germania che la NDH.

Ma nel luglio-agosto 1941 iniziava l'insurrezione partigiana.

Pavelic non riuscì a venirne a capo coi suoi soli ustascia e chiese l' intervento dell'Italia, che all'inizio di settembre occupava la Seconda Zona 4 e all'inizio di ottobre la Terza.

370 Zdravko Dizdar, "Brojidbeni pokazatelji odnosa vojničkih postrojbi na teritoriju Nezavisne Države Hrvatske 1941.-1945. godine", ČSP, n.. 1.-2., Zagreb, 1996., pagg. 161.-197.Da questo lavoro sono tratti i numeri dei soldati e dei cetnici .

4 Nel diario dell'Esercito Continentale della NDH, che elenca gli avvenimenti della decade a cominciare dall'11 luglio, è annotato che «gli Italiani non si comportano nel modo migliore con le autorità della NDH e con la nostra gente nelle località di confine, dove, in particolare a Goražde e Čajniča confiscarono 60-70 milioni di dinari , provenienti dalla Slovenia annessa - appartenenti alla NDH - come come pagamento della truppa.».

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Gli Italiani, sollecitati dalla popolazione terrorizzata dai crimini degli ustascia, nell'agosto '41 fecero allontanare gli ustascia dalla Seconda Zona, permettendo di restare solo ai «domobranzi» - l'esercito appena costituito della NDH, ed a milizie organizzate dagli stessi Italiani. 5

Gli ustascia poterono restare nella Terza.

Gli Italiani presero anche il controllo del potere civile nella Seconda Zona. Il governo della NDH dovette consultarsi col comando della IIa Armata italiana tramite il dr. Andrija Karcic, sostituito più tardi dal dr. David Sincic, e militarmente tramite l'ufficiale di collegamento gen. Mihail Lukic.

a) Politica italiana nella Croazia annessa negli anni 1941-1943

Dopo gli accordi di Roma il governo italiano organizzò il potere nelle regioni annesse come nell'Italia di allora, con qualche specificità.

Così il 7 giugno 1941 , con regio decreto, venne organizzato il potere amministrativo territoriale del dipartimento allargato di Fiume e Kupa.

Nella giurisdizione di Fiume vennero incorporate Castua (Kastav) , Čabar , parte del cantone di Delnice, Sušak, Bakar (Buccari) con Bakarca e le isole del Quarnaro comprendenti Cherso e Lussino (già all'Italia col trattato di Rapallo del 1920).

A capo della struttura amministrativa venne designato il prefetto Temistocle Testa.

Le restanti parti annesse, col decreto di Mussolini del 20 maggio 1941, vennero incorporate nel Governatorato della Dalmazia, con sede a Zara, diviso nelle province di Zara, Spalato e Cattaro.

Nelle provincie vennero instaurate le prefetture come organi del potere civile, e le questure come organi di polizia, mentre le guarnigioni militari ricadevano sotto i comandi militari. Italiani.

Altrove, nel diario nel dipartimento di fanteria della NDH, si fa notare che «gli Italiani aiutano gli insorti per rafforzare il malcontento degli abitanti del luogo con l'intenzione di allargare la loro area d'influenza» , e che « a Spalato e Cattaro accolgono tutti i fuggiaschi ebrei, in fuga dalla NDH.»AOS SRJ, Archivio della NDH, fascicolo. 85, doc. N.. 12/6.-2 fino all' 11.

5 Il 20 agosto 1941 il generale Blazi, della IIa Armata, disse a Karlovac a Res, ufficiale di collegamento con la NDH: « voi Croati non siete capaci di restaurare l'ordine e la pace, ed il Duce ha ordinato che lo facciamo noi».HDA, Archiivio del MUP- RH, n.. 111-14/563.

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Governatore della Dalmazia venne nominato Giuseppe Bastianini che nel febbraio 1943 venne sostituito con Francesco Giunta.

Come Prefetti vennero nominati Paolo Zerbino per Spalato, Verzio Orazi per Zara e Franco Scasselati per Cattaro. Essi erano subordinati totalmente al Governatore a Zara.

Obbiettivo dell'annessione non fu solo il dominio italiano ma l'italianizzazione forzata, in breve tempo, della popolazione croata e serba.

A questo fine sin dalla metà del 1941 vennero emessi numerosi decreti del Governatore Bastianini e dei prefetti. Per raggiungere più facilmente quest'obbiettivo si risparmiò alla popolazione annessa la mobilitazione immediata, ed iniziarono subito lavori pubblici, lasciando campo libero all'iniziativa privata per il commercio, l'artigianato e l'imprenditoria.

Contemporaneamente però iniziarono odiose proibizioni, come quella di esporre la bandiera croata, ed umilianti demolizioni, come quelle del monumento al vescovo croato Grgor Niski di Spalato e della targa commemorativa di Ante Trumbic, politico croato. A Trogir vennero scalpellati gli emblemi del bano croato Mladen Šubić, la lapide del municipio di Trogir posta a ricordo del centennario dell'inno croato «Lijepe naše», e la targa commemorativa della casa nativa del bano Petar Berislavić. A Curzola venne scalpellata la lapide di re Tomislav, e sfregiate le memorie della cultura croata in molte città e luoghi.

Con questi mezzi il Governatorato della Dalmazia, Bastianini, si illudeva di poter assimilare in fretta e furia all'Italia i dipartimenti croati annessi.

Il 18 maggio 1941 Mussolini decretò l'annessione all'Italia e la creazione del Governatorato. Così il 10 giugno 1941 dichiarava che «la questione dalmata è finalmente risolta». Dichiarava che i Croati ed i Serbi sono «non nazionalità, e se insistono a dichiarsi tali diverranno nemici e dovranno andarsene.

Ed iniziò ad inviare nei territori annessi numerosi Italiani per «rafforzare al massimo l'italianità di quelle terre»!

Iniziò una forte pressione sulla popolazione croata e serba per «reitalianizzarla»...La lingua italiana divenne lingua ufficiale, ed in diversi posti le camicie nere gettarono fuori chi osava parlare croato negli uffici pubblici .

Si permise solo la stampa in lingua italiana, e si ostacolarono i giornali bilingui. A Spalato il giornale San Marco, dal dicembre 1941 divenne Il Popolo di Spalato, ed a Zara uscì II Giornale di Dalmazia. Entrambi i giornali furono spericolati sostenitori dell'italianità e del fascismo.

Seguirono le italianizzazioni dei toponimi delle città, dei paesi, delle vie, delle piazze, degli indicazioni stradali...

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Poi toccò ai cognomi, che, nelle nuove carte d'identità obbligatorie per tutti i nuovi «italiani» annessi , vennero tradotti forzatamente in versione italianizzata.

Un'ordinanza di Bastianini del 19 luglio 1941 scioglieva tutte le associazioni, i circoli, gli organi di partito che non fossero organizzati dai fascisti. Vennero sciolti tutti i circoli culturali e sportivi croati, e le biblioteche popolari croate, le «citaonice», trasformate in circoli italiani. 6

Particolare attenzione venne dedicata nei dipartimenti annessi alle scuole croate. Per la durata di due anni esse divennero focolai di italianizzazione della gioventù

All'uopo si iniziò col licenziamento dei maestri ed insegnanti croati sostituiti nell'autunno 1941 con maestri ed insegnati provenienti dall'Italia, che vennero distribuiti in tutte le scuole elementari e medie.

Per assolvere al compito dell'italianizzazione, a metà 1941 venne istituito a Roma un apposito Provveditorato per le Province Annesse col compito di diffondere la lingua e la cultura italiana in Dalmazia e nel Fiumano. Il governo istituì borse di studio per studenti scelti del luogo per proseguire gli studi superiori ed accademici in Italia, non attendendosi grandi risultati ma solo per vincere la resistenza dei genitori, degli studenti stessi e degli insegnati croati .

Eguale insucesso il fascismo lo ebbe col clero croato nel tentativo di farne un alleato nell'italianizzazione della gioventù.

Sulla via dell'italianizzazione si procedette ad introdurre nell'amministrazione pubblica quadri provenienti dall'Italia. Con appositi esami vennero scelti elementi con buona padronanza della lingua e di provata fede nel fascismo, per arrivare poi ad estendere questo metodo in tutti i posti di lavoro.

Dal marzo 1942 il governo Bastianini aveva già rimosso metà personale dell'amministrazione, continuando a farlo sino alla capitolazione dell'Italia l'8 settembre '43.

Eguale zelo italianizzatore venne dedicato alle aziende private ed ai servizi pubblici. Tutto ciò anche alla scopo di attrarre dall'Italia disoccupati italiani e fascisti.

A quest'ultimo obbiettivo, creare posti di lavoro per i fascisti, mirava il fascista istriano Italo Sauro7 che ottenne da Mussolini di poter gestire a Roma un Ufficio per i Territori Adriatici, avente il precipuo scopo di spezzare la resistenza al'italianizzazione e «l'eliminazione della slavitudine

6 le «čitaonice» croate fondate sin dagli inizi dell'Ottocento. (n.d.t.)

7 comandante della Milizia in Istria, mai processato, collega di Luigi Papo, il maggiore propagandista delle foibe nel dopoguerra. (n.d.t.)

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dai territori adriatici»8 Cosicchè giunsero nei dipartimenti annessi molti Italiani del Regno cui vennero assicurati uno stipendio, un'alloggio ed un posto.

Questi sono gli Italiani che dopo la guerra optarono per l'Italia. Molti di loro furono i privilegiati portatori di italianità nelle terre croate annesse . Sono costoro che fondarono la GIL ed il Dopolavoro ed altre organizzazioni fasciste in Dalmazia.

Ma non raggiusero l' obbiettivo di italianizzare i Croati.Per mutare la composizione etnica allora si passò alla concessione della

cittadinanza, delegando i prefetti a rifiutarla a coloro che si dichiaravano sempre croati o serbi, che divenivano così «ospiti indesiderati».

Infine il Governatorato soffiò sul fuoco degli antichi contrasti fra Serbi e Croati.

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L'insurrezione organizzata dai comunisti appena iniziò l'invasione dell'Urss dilagò subito fra i Croati annessi: le Zone Prima e Seconda divennero i maggiori centri della resistenza all'occupazione fascista italiana dell'ex Jugoslavia e della NDH.

Il terrore. I crimini, ed i campi di concentramento divennero i principali mezzi dell'italianizzazione fascista dei dipartimenti croati annessi.

Le misure repressive divennero il metodo principale per stroncare la resistenza del popolo.

Vennero formate numerose squadraccie fasciste dotate di mezzi militari. Ma nemmeno questo bastò. 9

Per combattere l'insurrezione venne sin da subito creato un Tribunale di Guerra della Seconda Armata, con sede a Sušak.

Su ordine di Mussolini il 22 luglio 1941, venne insediata a Šibenik, una sezione staccata del Tribunale, la quale per ordine di Bastianini il 13 agosto 1941 sostituì i tribunali jugoslavi in tutte le loro competenze.

Già nell'agosto '41 vennero emesse le prime condanne a morte per sabotaggio.

Mussolini con decreto del 3 ottobre '41 ordinava che «coloro che attentano all'integrità dello Stato, oppure propagandano la lotta armata contro lo Stato debbono essere puniti con la morte». Bastianini, l'11 ottobre, istituiva il Tribunale Straordinario per la Dalmazia per criminali politici, appartenenti a formazioni partigiane , membri del partito comunista e tutti coloro che si oppongono allo stato esistente.

8 Saopštenja br. 34.-53. o zločinima okupatora i njihovih pomagača, Državne komisije za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača Jugoslavije, Beograd, 1945., (dalje samo: Saopštenja), str. 564.-576.

9 Per i mezzi repressivi usati in Dalmazia vedere Narodnooslobodilačka borba u Dalmaciji 1941.-1945., Zbornik dokumenata, libro 1. (1941) sino al libro 8. (settembre-ottobre 1943.), IHRPD, Split, 1981,- 1985. (in poi: NOB-a u Dalmaciji...).

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In un mese vennero condannate a morte 35 persone, mentre diverse decine a lunghi anni di carcere.

Nemmeno questo servì a stroncare la rivolta. Allora il 24 ottobre Mussolini fece creare il Tribunale Speciale della

Dalmazia con poteri maggiori di quello Straordinario.10

Il lavoro di detto tribunale era veloce e senza formalità. Lo componevano ufficiali dell'esercito e della milizia fascista. Veniva accettato il principio della responsabilità collettiva, per cui potevano essere condannate persone che non avevano partecipato al fatto. Venne all'uopo evocata la «giustizia di Roma».

Questo tribunale giudicò migliaia di persone, delle quali centinaia vennero condannate a morte e altre a migliaia di anni di carcere.

Dai dati della Comissione di Stato per i crimini di guerra nella Jugoslavia risultano 5000 condannati, dei quali 500 a morte, e gli altri all'internamento nei lagher, dove molti morirono, oltre a coloro che caddero in mano ai nazisti dopo la capitolazione dell'Italia nel '43.

Da un documento del consolato della NDH di Fiume, indirizzato al Ministero degli Esteri della NDH a Zagabria, del 20 dicembre '41, si apprende di quattro trasporti di circa 800 persone, tra le quali 60 donne e 40 bambini, ammanettati e legati con catene, che attraversarono Fiume provenienti dalla Dalmazia diretti verso l'interno dell'Italia, avvenuti dal 15 al 25 novembre '41. Di loro si dice: « è triste vedere questa nostra gente ammanettata, legata con catene, andare verso l'incognito, sforzarsi di portare il loro bagaglio, coi visi sfatti dal dolore, trascinando le catene». Più oltre si legge : «gli italiani non sono intenzionati di smettere di arrestare e deportare in massa la nostra gente» 11.

Di smettere non ne avevano proprio l'intenzione.I carabinieri di Milano il 24 novembre ricevevano da Spalato l'ordine di

inviare altre catene per legare 3000 persone. Il documento del Consolato NDH continua: «Le violenze sulla nostra

gente nei dipartimenti annessi ultimamente sono particolarmente rilevanti a causa delle squadre della milizia fascista che circondano villaggi, bruciano case, prelevano vettovaglie, biancheria, preziosi, bestiame, sparano sulle botti di vino, e senza alcun motivo uccidono gente innocente». 12

Dal giugno '41, nell'isoletta di Ošljak, del comprensorio di Zara, gli Italiani organizzarono il primo lagher inviandovi i prigionieri di Sebenico e

10 vedere Saopštenja, br. 34.-53., n. dj., str. 577.-585. Vi sono molti esempi di sentenze di detto tribunale, che comprendeva la fucilazione in massa di ostaggi: ad esempio per l'abbattimento di pali del telegrafo la pena era la fucilazione di tre ostaggi.

11 « Žalosno je vidjeti te naše ljude ruku okovanih unakrst, međusobno povezanih lancima, kako odlaze u neizvjesno, naprežući se pri nošenju prtljaga, lica izobličenoga od boli, koju im pri tom prouzrokuju okovi ». «Talijani ne kane prestati sa hapšenjima i deportiranjem ljudi u masi»

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di Zara in attesa di essere trasportati in Italia. In questo cosidetto Lazzareto restarono gruppi di prigionieri sino alla capitolazione dell'Italia. Dal '42 i prigionieri di questo lagher vennero inviati in altri lagher prossimi , particolarmente a Molat (Melada). 13

Ma anche tutte queste misure non servirono allo scopo di «italianizzare» la Dalmazia. Ne è prova la dichiarazione del prefetto di Spalato dr. P. Zerbino: «L'antipatia di questo popolo verso l'Italia , e in particolare verso il fascismo, non può che far ricorrere, ahimè, alla forza almeno in un primo tempo, ma dopo non resterà che rafforzare i confini ed espellere la popolazione».

Così all'inizio del '42 iniziarono le espulsioni in massa verso la NDH. Da un comunicato del 15 maggio '42 del governatore della Dalmazia, nella

sola provincia di Spalato , a cominciare dal primo novembre '41, il prefetto Zerbino aveva internato in Italia 1.796 persone, ed espulse verso la NDH 1.273 persone.

Dai dati della NDH, fino alla capitolazione dell'Italia, furono espulsi dai territori annessi più di 17.000 persone. 14

La Seconda Armata, per ordine dell'Alto Comando Slovenia Dalmazia (Super SLODA) cambiò il suo compito da «carattere nazionale», ahimè, in «forza di occupazione».

Apparvero i primi dubbi sul modo in cui era stata affrontata l'insurrezione partigiana, e su quale pista seguire per sradicare il crescente movimento ribelle. E si pensò di creare un «cordone sanitario» installando postazioni militari all'interno della NDH oltre i confini, per prevenire infiltrazioni nei territori annessi, sfruttando anche i cetnici.

Quindi l'esercito italiano verso la metà del '42 scatenò delle grandi operazioni nell'intera Dalmazia per sradicare i partigiani e assicurare i «confini» dei dipartimenti annessi. A questo fine si reclutarono tra i serbi delle bande di volontari anticomunisti comandate da ufficiali italiani. 15

Ma anche questo fu senza successo. Le azioni partigiane crebbero.Contemporaneamente il potere civile italiano intensificò le pressioni sugli

abitanti colpendo i familiari dei «ribelli». In tal senso Bastianini dal 7 giugno '42 emanò un decreto che considerava tutti gli abitanti assenti dalla loro residenza dichiarata come «unitisi agli insorti». I loro famigliari vennero

12 «sili koja se provađa nad našim narodom u anektiranom području u zadnje se vrijeme naročito ističu odredi fašističke milicije, koji opkoljavaju sela, premeću kuće, odnose hranu, rubeninu, vrijednosne predmete, stoku, pucaju iz puške na bačve sa vinom, pa bez ikakvog osnova i prethodnog postupka ubijaju nedužne ljude..»

13 A Molat i carabinieri richiesero dei rotoli di ffilo spinato per recintare meglio il lagher, in quanto, quando arrivava la barca per prelevare gli ostaggi da fucilare , i prigionieri fuggivano attraverso la parte mal recintata, rendendo difficile la loro cattura! Questo documento fa parte del materiale del Trattato di Pace del '47. (N.D.T)

14 Vjekoslav Vrančić, Urota protiv Hrvatske, Zagreb, 1943., pag. 6. Un certo numero di costoro si unirono prontamente ai partigiani e non vennero registrati dal governo della NDH.

15 Su modello degli ascari, che aveva funzionato nelle guerre coloniali, come sottolinea il Rochat. (n.d.t.)

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considerati ostaggi e fu loro vietato di allontanarsi dalla loro residenza, sotto minaccia di fucilazione. 16

Nei luoghi dove erano avvenuti dei sabotaggi, diversioni ed attacchi armati, si autorizzarono rappresaglie contro gli abitanti che vennero considerati «sostenitori ed aiutanti degli insorti», per cui era prevista la fucilazione.

Subito si cominciò con la fucilazione di numerosi ostaggi fatti prigionieri solo perchè trovati nei pressi. Si stabiliva che per ogni cittadino caduto in qualche attentato si dovevano fucilare cinque ostaggi, e per ogni ufficiale del regio esercito o rappresentante dell'amministrazione civile della Dalmazia caduto si dovevano fucilare 20 ostaggi.

Per avere sempre a disposizione degli ostaggi da fucilare si dovevano tenere a disposizione dei confinati.

Da un comunicato dell'ufficiale dei carabinieri Butti, nella parte annessa della Dalmazia dal giugno al settembre '42 i carabinieri arrestarono 2.073 persone, delle quali 436 uomini, 943 donne e 694 bambini. 17

Per tenere sotto controllo tutti questi confinatii il 27 giugno Bastianini ordinò la creazione del lagher di Molat (Melada) , isola dell'arcipelago di Zara.18

Il lagher venne creato sulla spiaggia di Jaz. Circondato da filo spinato per un chilometro di raggio.

Inizialmente vennero collocate delle piccole tende per gli internati, poi vennero erette 8-9 baracche, ciascuna per 150 posti, dove si dormiva per terra. Il lagher poteva contenere 1500 persone, ma il numero dei detenuti fu sempre maggiore.

L'ingegnere Leonardo Fontabba fu il primo direttore del lagher, sostituito il 7 gennaio '43 dal suo aiutante Carlo Szomer. Il lagher era sorvegliato da 150 carabinieri e circa 500 soldati di stanza sull'isola. Nel lagher vennero messi intere famiglie ed interi villaggi.

Sino alla fine del 1942 furono internate a Molat 2.067 persone, provenienti da Sebenico, Skradin e Biograd.

I documenti dicono che - il 29 giugno 1942 nel lager erano rinchiusi 223 confinati (76 uomini ,

103 donne e 44 bambini),- il 20 luglio 1320 (359 uomini, 566 donne e 395 bambini), - il 15 agosto 2337 (866 uomini, 1021 donne e 450 bambini- 250 maschi e

200 femmine), sino al - 11 gennaio 1943 quando il numero arrivö a 2985. Molti vennero

trasportati in Italia ma 1627 (di cui 552 donne) restarono a Molat.

16 Saopštenja, n.. 34.-53., pagg.. 473.-481.

17 Zbornik dokumenata i podataka o narodooslobodilačkom ratu jugoslovenskih, naroda (successivamente NOR), tomo V, libro 9., Borbe u Hrvatskoj 1942., pagg. 477.-480.

18 Saopštenja, n. 34.-53., pagg. 551.-563. Per un più ampio esame dei campi di concentramento italiani vedere Narcisa Lengel-Krizman, "Koncentracioni logori talijanskog okupatora u Dalmaciji i Hrvatskom primorju (1941.-1943.)", Povijesni prilozi, n. 2./1983., pagg. 247.-283. Sinora è il lavoro più completo .

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Giungevano sempre nuovi confinati. Ad esempio il 14 giugno 1943 giunsero nel lager di Molat 250 operai arrestati a Lozovac.

Anche dopo la caduta di Mussolini (25 luglio 1943) , durante il governo Badoglio, arrivarono a Molat una quarantina di confinati.

Da un’ordinanza del generale Gaspero Barbieri, prefetto di Zara, si

apprende che dal 19 maggio 1943 gli uomini confinati a Molat tra i 21 ed i 50 anni , parenti di fuggiaschi, ed i genitori di fuggiaschi, furono considerati ostaggi per le rappresaglie in caso di sabotaggi ed uccisioni compiuti dai partigiani nelle loro provincie. L’ordine di fucilazione lo portava personalmente il prefetto.

Il 22 maggio Barbieri ordinava, in rappresaglia dell’abbattimento di 22 pali del telegrafo, la fucilazione di 66 confinati di Molat, cioè di tre ogni palo abbattuto. Ma, per intervento del generale Robotti, il numero di fucilati venne ridotto di 40.

Le fucilazioni avvenivano fuori dal lager, spesso a Zara. Quando i confinati vedevano arrivare la barca della polizia per prelevare gli

ostaggi si diffondeva il panico, per cui il loro prelievo diventava difficoltoso.

Nel lager di Molat in totale ci furono circa 10.000 confinati. Venne chiamato lager della morte e tomba dei vivi.

Dai documenti sequestrati agli italiani dopo l’8 settembre ‘43 risulta che a Molat, dal 30 giugno al 25 novembre 1942 , morirono 422 detenuti, e nella prima metà del ’43 altri 532 di malattie e per le orribili condizioni igieniche. La maggioranza dei decessi riguardava donne e bambini.

Il lager di Molat venne chiuso nel settembre del ’43 dopo la capitolazione dell’Italia. I detenuti , guidati dai comunisti e simpatizzanti del movimento di liberazione, disarmarono la guarnigione italiana. Parte dei confinati raggiunse i partigiani in continente con le barche, e parte si unì subito ai partigiani formando la “flotta delle barche armate di Molat” ("Molatska flota oružanih brodova").

Non potendo Molat accogliere le masse crescenti di confinati fra l'autunno '42 e l'inizio '43 vennero creati dei campi improvvisati.

Uno di questi era Biograd, ed un altro, più grande, a Vodice. Il lager provvisorio di Vodice durò più mesi sinchè venne creato il campo di concentramento di Hangar-Vodice. Dai documenti risulta che in esso finirono 1800 persone, successivamente trasportate a Molat ed in vari campi in Italia.

Sull’isola di Murtera , nel circondario di Šibenik, vennero confinate 1200 persone, e altre 1500 sull’isola di Olip , a nord di Molat, che vennero poi trasportate a Molat ed in Italia.

Per far posto a Molat il generale Umberto Spiga , comandante del XVIII corpo d’Armata italiano, in connessione al grande rastrellamento nello Zagorje dalmato , sulle isole e sulla costa di Šibenik , che iniziò il 21 marzo ’43 , fece trasferire i maschi maggiori di 15 anni in diversi punti della costa dove c’erano postazioni dell’esercito.

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Il rastrellamento venne effettuato dalle divisioni Eugenio di Savoja di stanza a Šibenik e dalla Bergamo di stanza a Trogir, nel distretto di Drniš.

La realizzazione del compito (del trasferimento) venne effettuata dalla Prima divisione di cavalleria veloce di Šibenik.

Il 25 marzo 43, riservato agli ostaggi in isolamento, si creò il Campo di Concentramento Rastrellati di Zlarino, su un nudo scoglio senz'acqua sull'isola di Zlarin, in un recinto murato di metri 80 x 80, sormontato da filo spinato. All'interno vennero collocate tende militari per 18-20 persone ciascuna. Capo del lagher all'inizio era l'ufficiale dei carabinieri Cino di Rosa, della 173ma sezione di carabinieri della divisione Eugenio di Savoja, seguito dal sottufficiale Umberto Ransay, della divisione Bergamo. Custodivano il lagher 120 soldati italiani e una ventina di carabinieri.

Il 30 aprile '43 vi si trovavano 1645 prigionieri, dei quali 104 vennero trasferiti nei lagher in Italia , 149 rilasciati e 5 ricoverati nell'ospedale di Šibenik.

Come arrivavano nuovi rastrellati altrettanti prigionieri venivano inviati nei lagher in Italia, parte a Rab –Arbe, e parte dei malati rimandati a casa.

Il lagher di Zlarin per le condizioni igieniche, la fame e la sete fu uno dei peggiori, e non c'era detenuto che non fosse stato percosso dalle guardie, in particolare gli ostaggi in isolamento, dei quali 7 vennero fucilati.

Dal maggio '43 si diffuse la dissenteria ed altre malattie per cui morirono 9 prigionieri nel lagher ed altri 17 all'ospedale di Šibenik.

Il lagher venne smantellato il 15 giugno '43, ma i suoi 1200 prigionieri vennero trasferiti in nave a Fiume e quindi spediti nei lagher in Italia. Alla capitolazione dell'Italia non vennero liberati ma consegnati a tedeschi che li trasferirono nei loro lagher, dai quali sopravissero una dozzina.

Un altro campo di concentramento, che avrebbe dovuto essere il maggiore della Dalmazia secondo i progetti, venne iniziato ad Ugljan, un'isola di Zara, nel settembre '43 , ma mai inaugurato perchè l'Italia capitolò. 19

In tutta la Dalmazia annessa all'Italia si istituirono i lagher. Il 30 marzo 1942 il VI Corpo d'Armata italiano allestì nella provincia di

Cattaro (Kotor) i lagher di Prevlaka e Mamula, il primo gestito dalla divisione Messina ed il secondo dalla Emilia.

A Prevlaka il lagher era composto da baracche militari, riservato ai simpatizzanti della lotta di liberazione ed agli ostaggi, cioè ai famigliari e parenti dei partigiani. All'inizio venne diviso in due parti: nella prima vennero richiusi i rastrellati di Boka Kotorska (Bocca di Cattaro).

19 NOB-a u Dalmaciji..., libro 5., Split, 1983., pag. 588.

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Nell'altra i rastrellati nella NDH, con regime più severo, con divieto di ricezione di pacchi da casa, per cui 200 detenuti morirono di fame.

A Prevlaka transitarono diverse migliaia di persone, poi distribuite in altri lagher.

Del lagher di Mamula (circa 1000 confinati) e del lagher di Bar e di altri lagher in Albania e Italia parla g. A. e J. Pečarić in questo libro, per cui sorvolo.

Parlerò di un esempio del modo di far la guerra degli Italiani. Di simili esempi ve ne sono centinaia.

Il 13 novembre 1942, i partigiani attaccarono un reparto di marinai italiani nei pressi di Primošten, uccidendone 14. Per ordine del generale Mario Roatta e del governatore Bastianini tre giorni dopo l'esercito italiano compiva la rappresaglia sulla popolazione civile. La località venne accerchiata e bombardata da terra e da mare. Molte case vennero rase al suolo e quasi tutte danneggiate e moltissimi abitanti feriti o uccisi. Poi la fanteria diede l'assalto alla città indifesa, catturando tutti gli abitanti. Molti vennero fucilati a scannati con le bajonette davanti le donne ed i bambini. Seguì il saccheggio e l'incendio. Molte bombe a mano inesplose vennero lasciate sul terreno ed in seguito uccisero diversi bambini. Risultato: 80 morti e 166 deportati a Vodice e circa 300 case distrutte.20

Di questa rappresaglia contro civili innocenti e disarmati si interessò il vescovo di Sebenicco, frate J. Mileta, che scrisse alla segreteria vaticana al cardinale Luigi Maglione affinchè ne parlasse al papa. Avvisò anche l'arcivescovo di Zagabria Alojizije Stepinac che ne parlò col ministro italiano presente a Zagabria, R. Casertano.

Dell'episodio parlò anche la radio americana ed i giornali nel mondo intero. Anche le autorità della NDH protestarono. 21 Fu tutto inutile. Il piano di italianizzazione forzata continuò.

Nei territori annessi all'Italia anche gli ebrei vennero confinati nei lagher 22 .

Alla data dell'inizio della guerra, 6 aprile 1941, in Dalmazia c'erano circa 450 ebrei, dei quali 415 nella sola Spalato.

Il regime riservato agli ebrei dagli Italiani era molto più leggero di quello della NDH, per cui a Spalato giunsero più di 3000 ebrei fuggiaschi dalla NDH. Gli ebrei spalatini diedero loro vitto ed alloggio provvedendo anche a farli emigrare verso l'Italia e gli USA.

20 Saopštenja, br. 34.-53., n. dj., str. 460.-465.

21 HDA, Fond: Hrvatsko križarsko bratstvo, kut. 1. Biskupski ordinarijat Šibenik br. 2769 od 17.XI. 1942. J. Bastianiniju dr. J. Mileta. Vedi il rapporto del dr. J. Kriste, Actes et documentes du Saint Siege relatifa la seconde guerre, vol.. 9: La Saint Siege et les victimes da la guerre, janvier 1943.-decembre 1943, Citta del Vaticano, 1975, dok. br. 73 (str. 164), 189 (str. 297.-298) i 193 (str. 305).

22 Vedi Jaša Romano, Jevreji Jugoslavije 1941.-1945. žrtve genocida i učesnici NOR-a,Beograd, 1980., Teritorije pod italijanskom okupacijom - aneksijom, str. 134.- 151.

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Tranne gruppi minori a Čapljina e Makarska dove vennero smistati, e un gruppo di 200 persone a Kotor, tutti gli altri andarono a Spalato dove la comunità ebraica ricevette dalle autorità italiane un'assistenza provvisoria, un aiuto finanziario e carte annonarie per il cibo. Qui non ci furono attività e misure antisemite.

Ma a Spalato il 12 giugno vennero imbrattate da ignoti le targhe poste dall'esercito italiano, e vennero incolpati gli Ebrei, per cui venne demolita la sinagoga, le botteghe ebraiche e decine di case di Ebrei.

Le autorità italiane allora organizzarono l'invio al «confino liberale» in Italia circa 1100 fuggiaschi ebrei. Ne inviarono 496 nell'isola di Korčula e di Vela Luka e 252 nell'isola di Mljet. Qui vennero alloggiati in camere private, senza regime di detenzione, ma pagando una tassa.

Alla capitolazione dell'Italia caddero tutti in mano ai tedeschi che li inviarono nei loro lagher.

Simile situazione si incontra nella provincia di Fiume che era stata allargata in un ampio territorio croato. Qui le autorità italiane dal maggio '41 presero misure contro la popolazione civile. Anche qui vennero cambiati tutti i toponimi, i nomi delle piazze e delle vie, dei villaggi, e vennero prese misure repressive contro la popolazione croata residente in Italia.

Anche qui si iniziò con gli arresti di rutti gli antifascisti, gli oppositori e particolarmente i comunisti, che nei decenni precedenti vi avevano trovato rifugio.

Quando scoppiò l'insurrezione partigiana le misure si intensificarono. Vennero fucilati dall'esercito e dalla polizia singoli e gruppi di ribelli, vennero catturati ostaggi tra i sospetti sostenitori della lotta armata , spediti in carcere e deportati in vari campi di concentramento in Italia sin dall'autunno del '41.

Il primo rastrellamento avvenne a Tuhobić all'inizio di novembre 1941 quando vennero catturate molte persone e si dovette allestire il primo lagher nelle vicinanze.

Il 26 novembre la Questura di Fiume inaugurava il Campo di Concentramento di Laurana « per familiari di ribelli fuggiti nei boschi per unirsi alla guerriglia». 23

Venne requisito l'Hotel Park (circa 500 letti) guardato da 20 soldati e 12 carabinieri. Il primo gruppo di confinati giunse il 5 dicembre '41 dai dipartimenti di Susak e Kastav (Castua) e sino all'inizio di maggio '42 ci furono 900 confinati. Il lagher si estese al cortile ed all'idroterapia, e cominciò il trasferiomento nei lagher in Italia.

Ecco un esempio di come agiva il potere.

Il prefetto Testa cominciò pianificando ed organizzando con l'esercito ed i carabinieri un attacco del villaggio di Jelenje in 30 maggio '42, per punirlo perchè alcuni abitanti erano andati coi partigiani. Vennero fucilati sulla piazza davanti alla popolazione 20

23 Vedi: Mihael Sobolevski, "Talijanski koncentracioni logor u Lovranu 1941.-1943. godine", Liburnijske teme, libro 6., Lovran, Opatija, 1987, pagg. 115.-121.

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persone estratte a sorte fra i parenti di fuggiti dai partigiani . Le loro proprietà vennero sequestrate e le loro case e rase al suolo. 24

Per ordine sempre del prefetto Testa il Regio Esercito italiano, i carabinieri e le camicie nere incendiarono il 12 luglio 1942 per gli stessi motivi Podhum, paese di 1550 abitanti della provincia allargata di Fiume. Subito in mezzo al paese vennero fucilati 108 uomini. Il paese venne incendiato e tutte le 370 case e 124 costruzioni economiche rase al suolo. Le 185 famiglie composte di 889 persone ( 208 uomini, 269 donne e 412 bambini) vennero internate nel lagher di Laurana

Il lagher di Laurana venne chiuso il 1 marzo 1943. Sino allora vi furono rinchiuse più di 3000 persone, in maggioranza del fiumano, ma anche della Dalmazia e della Slovenia.

Per il crescente numero di prigionieri ed internati si dovettero costruire altri lagher. A Fiume venne creato un lagher di transito per il quale passarono circa 3500 persone, in prevalenza donne e bambini, che venivano poi spediti nei lagher in Italia. Di questo lagher di Fiume non ci sono documenti.

Il lagher di Bakar venne creato nel marzo '42 e chiuso nel luglio '43. In esso finì gente proveniente dal Gorski Kotar e dal litorale croato rastrellata nelle operazioni di «pulizia».

In queste operazioni venivano bruciati i villaggi nelle località potenzialmente offensive (per l'esercito italiano), cioè da dove potevano essere osservate ed eventulamente attaccate le truppe italiane.

A questo proposito valga quanto il commissario italiano del distretto di Cabar comunicava al prefetto Testa il 3 settembre '42: dal 31 marzo al 1 settembre '42 gli abitanti del distretto di čabar erano diminuiti da 12263 persone a 5545 «innazitutto per gli internamenti e lo spopolamento voluto dall'autorità militare». La Commissione territoriale per l'accertamento dei crimini dell'occupatore della Croazia e dei suoi collaboratori (Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača Hrvatske) ha accertato che le autorità italiane internarono in questo distretto 4500 persone.

Molti di costoro andarono nel lagher di Bakar (Buccari), nel quale, solo dal 30 luglio al 2 agosto '42, finirono 3145 persone dei distretti di Bakar e di Delnice. In seguito ci furono detenute sempre circa 2000 persone. Erano alloggiati in baracche militari infestate da insetti di tutti i generi. Dormivano su giacigli di paglia con una ciperta. I malati gravi venivano mandati all'ospedale di Fiume, mentre per i meno gravi era stata allestita un'infermeria con medici italiani. La malattia più comune era la denutrizione, cui poco potevano rimediare i medici.

Il lagher venne evacuato il 2 luglio per far posto ai soldati ammassati nelle caserme di Fiume ed 800 detenuti vennero mandati a Fiume e poi trasferiti al Campo di concentramento per internati civili di guerra di Arbe –Rab . Questo lagher, il maggiore nei territori annessi all'Italia, venne

24 Hrvoje Mezulić, Fašizam krsitelj i palikuća, Zagreb, 1946., pagg. 41.- 44.

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inaugurato il 27 luglio per raccogliere i rastrellati di Lubiana e del fiumano.25

Sorto in uno spiazzo tra le località di Kompor e S.Eufemia a circa 5/6 km. da Arbe – Rab. Da Kompor vennero espulse una decina di famiglie per far posto agli ufficiali italiani, quindi allargato il sentiero che collegava a Rab. Recintato con filo spinato venne diviso : a nord della strada per gli uomini ed a sud per le donne e bambini. Vennero collocate all'interno delle piccole tende, che nel dicembre '42 vennero sostituite da baracche di legno. Era custodito da 2200 fra soldati e carabinieri, alloggiati a Rab, ed erette delle torri di sorveglianza attorno al lagher, dotate di riflettori. Il comandante era l'ufficiale Vincenzo Cuiuli.

Il primo gruppo di 432 uomini sloveni giunse al lagher il 28 e 29 luglio. Solo dal 2 al 9 agosto giunsero 5599 persone, delle quali 3496 Sloveni (2302 uomini , 597 donne e 597 bambini), il resto erano Croati provenienti dal distretto di Gorski Kotar (1663 persone), da Bakar – Buccari (296 persone) e da lagher italiani (144 persone), delle quali circa l'80% donne e bambini.

Alla fine del '42 gli internati erano fra i 13000 ed i 15000, dei quali 2/3 Sloveni. I bambini erano più di 2000 (1463 sloveni).

Poi il numero di internati cominciò a scendere a causa dell'alta mortalità, per cui molti vennero trasferiti nei lagher in Italia e piccoli gruppi anche rilasciati. Cosicchè nel gennaio '43 restarono circa 3000 nel lagher, nell'»albergo ospedale»di Rab 2000, e nell'aprile '43 il numero scese a 2500.

La maggioranza degli internati era nuda e scalza e conduceva una vita di stenti per mancanza di igiene, di cibo, di vestiti. Il centro del lagher era chiamato Trg Glade, piazza della fame. Per questo cominciarono ad ammalarsi in massa. Non fu sufficiente improvvisare un ospedale nell'albergo di Rab. I più colpiti furono i bambini. A nulla servirino le preghiere delle organizzazioni umanitarie della Slovenia e della Croazia. Morirono 4641 internati secondo la stima della Commissione per i crimini di guerra. Questo lagher fu paragonabile a quelli nazisti. I primi morti vennero seppelliti nel camposanto del convento di Kampor, poi l'amministrazione dovette allestire un cimitero apposito circondato da un muro ad una ventina di minuti a piedi, a sud ovest dal lagher. Qui vennero erette 1061 croci coi nomi, ma i morti rinvenuti erano due o tre per croce. Nell'ospedale di Fiume pure morirono 34 internati di Rab.

Il 23 maggio '43 presso il lagher di Rab per «slavi» (Croati e Sloveni), venne creato un campo per Ebrei. Era diviso dal primo da filo spinato e guardato dal guardie permanentemente per impedire ogni comunicazione. Ciononostante presto si misero in comunicazione. Erano Ebrei provenienti dai lagher di Dubrovnik, Hvar, Brac e Kraljevica. Il 18 giugno gli Ebrei erano 2353 (1054 uomini , 982 donne e 307 bambini).. Nel periodo che separa dalla capitolazione dell'Italia a Rab

25 Narcisa Lengel-Krizman, "Koncentracioni logori talijanskog okupatora u Dalmaciji i Hrvatskom primorju (1941.-1943.)", Povijesni prilozi, n.. #1983., pagg. 250.-251. ed Hrvoje Mezulić, Fašizam krstitelj i palikuća, Zagreb, 1946., str. 47.-52.

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finirono 3577 Ebrei. Essi stavano peggio che nei lagher di provenienza ma meglio degli «slavi». Vi morirono solo 11 persone.

Gli abitanti di Rab cercarono di recare qualche aiuto agli internati e salvarono da sicura morte almeno un migliaio di essi. Alla capitolazione dell'Italia gli internati, slavi ed ebrei, insorsero e disarmarono le guardie liberandosi da se. Poi molti di essi si unirono ai partigiani, portando l'apporto di una brigata partigiana formata da 5 battaglioni, 4 di slavi ed uno di Ebrei, per circa 1600 combattenti, e crearono sull'isola un' «autorità popolare» (narodna vlast). Disarmarono i 2200 soldati e carabinieri italiani e le loro guarnigioni di Osor e di Cres.

Il 18 settembre sbarcarono sul continente dove riorganizzarono la sedicesima brigata slovena che andò in Slovenia. I Croati e gli Ebrei rimasero in Croazia. Più di 1300 ex internati ebrei si unirono al Movimento di Liberazione della Croazia, e circa 1800 si recarono sul continente controllato dai partigiani, dove di loro si prese carico lo ZAVNOH.

211 Ebrei di loro iniziativa raggiunsero l'Italia. Rimasero sull'isola ancora 200 ex internati ebrei che il 22 marzo '44 caddero nelle mani dei tedeschi, i quali li spedirono ad Auschwitz, dove vennero tutti liquidati.

Gli ex internati croati s'integrarono nel Movimento di Liberazione. 26

(...)

26 Al proposito vedere: -Ivo Kovačić, Koncentracioni logor Kampor na Rabu 1942.-1943., Rijeka, 1983.;-Narcisa Lengel-Krizman, "Koncentracioni logori talijanskog okupatora u Dalmaciji i Hrvatskom primorju (1941.-1943.)", Povijesni prilozi, 1983., pagg. 258.-265 e 279- 282.; -Rab živa priča "kulture in civilizacije" italianskega okupatorja, Maribor, 1953.; -M. Konjhodžić, Krvavim tragovima talijanskih fašista, Zagreb, 1945.; -F. Potočnik, "Kako su se oslobodili internira", Otpor u žicama, I., Beograd, 1969. e nello stesso libro F. Sušterčić, "Rab"; -Jaša Romano, "Jevreji u logoru na Rabu i njihovo uključivanje u NOR", Jevrejski istorijski muzej, Zbornik, 2., Beograd, 1973.

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