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Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® E SIMON EDIZIONI ELEMENTI TEORICI DI 94 a cura di Nunzio Silvestro 2008 BIBLIOTECONOMIA ARCHIVISTICA E Estratto della pubblicazione

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Gruppo Editoriale Esselibri - Simone

®ESIMONEDIZIONI

ELEMENTI TEORICI DI

94

a cura di Nunzio Silvestro

2008

BIBLIOTECONOMIAARCHIVISTICAE

Estratto della pubblicazione

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

ALTRI VOLUMI DELLA CASA EDITRICE IN MATERIA DI ARCHIVISTICA,BIBLIOTECONOMIA, BENI CULTURALI

28/1 Diritto dei beni culturali e del paesaggio • 2007 • II Edizione • pp. 448 •€ 18,00

90 Manuale di Biblioteconomia e Bibliografia • 2007 • VIII Edizione • pp. 400 •€ 25,00

90/1 Test di Biblioteconomia • 2006 • III Edizione • pp. 336 • € 15,00

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92 Dopo i beni culturali - Biblioteche e musei nell’era di Internet • 2001 • pp.208 • € 11,36

93 Elementi di Museotecnica • 2002 • pp. 190 • € 11,00

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206 Elementi di Archivistica • 2004 • VIII Edizione • pp. 320 • € 15,00

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ST16 La legislazione sui beni culturali e del paesaggio • 2005 • IV Edizione • pp.352 • € 25,00

ST16/1 Legislazione internazionale e comunitaria dei beni culturali • 2005 • pp.272 • € 18,00

In riferimento alla Parte II (Archivistica),il Capitolo 11 (Gli archivi notarili) è stato curato da Aldo Niccoli,

il Capitolo 16 (L’informatica negli archivi) da Francesco Maria Landolfi.

Finito di stampare nel mese di novembre 2008dalla «Legoprint Campania s.r.l.» - Via Vicinale Murate, 1/B - Napoli

per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Il volume si propone come valido strumento di studio sia per coloro chesono chiamati a superare esami di Biblioteconomia o Archivistica in sedeuniversitaria, offrendo un’agile ma esaustiva trattazione di tutti i maggioriargomenti per entrambe le materie, sia per quanti si accingono ad affrontarei concorsi che danno accesso ai diversi ruoli professionali connessi al lavoronegli archivi o nelle biblioteche. I contenuti approfonditi nel testo si articola-no, più specificatamente, in tre sezioni.

La prima, riservata alla Biblioteconomia, si apre con i capitoli relativi allastoria del libro e all’evoluzione storica delle biblioteche, per poi passare agliaspetti principali della materia. Fra gli altri: i compiti e la tipologia degli isti-tuti bibliotecari; la classificazione, l’organizzazione e il funzionamento am-ministrativo-gestionale delle biblioteche italiane; le funzioni del personale bi-bliotecario; le operazioni riguardanti l’immissione in istituto e la catalogazio-ne dei volumi; l’edilizia, gli impianti, gli arredamenti e i servizi a disposizionedel pubblico (informazioni, consultazione e prestito dei volumi, riproduzio-ni). Questa stessa sezione include anche opportuni riferimenti alle norme piùsignificative in materia di diritto d’autore e di deposito legale dei documentidi interesse culturale destinati alla pubblica fruizione, nonché un’attenta eparticolareggiata analisi sulla struttura istituzionale dell’Amministrazione deibeni librari. I meccanismi che presiedono all’automazione degli istituti (te-nendo conto pure dei possibili livelli di informatizzazione e dei più diffusisoftware che trovano applicazione nelle biblioteche), la consultazione dei ca-taloghi pubblici on line (OPAC), le risorse fisiche e digitali delle bibliotecheautomatizzate e le informazioni biblioteconomiche reperibili in Internet co-stituiscono ulteriori argomenti di questa parte, che si conclude con un capito-lo interamente dedicato al «Servizio bibliotecario nazionale» (SBN), intesocome struttura finalizzata a diffondere la conoscenza e a favorire la circola-zione del patrimonio librario italiano tramite una rete automatizzata costitu-ita da tutte le biblioteche partecipanti.

La seconda parte del testo, a sua volta incentrata sull’Archivistica, attribu-isce il dovuto rilievo alla storia degli archivi, alle mansioni del personale ar-chivistico e alle caratteristiche dei documenti conservati negli istituti (consi-derati nel loro passaggio dagli archivi correnti a quelli di deposito, prima ditrovare una collocazione definitiva negli archivi storici), con un’ampia pano-ramica sulle diverse tipologie di archivi (privati, notarili, ecclesiastici, giudi-ziari) che si affiancano a quelli dello Stato e degli altri enti ed istituti pubblici.Un apposito spazio è riservato all’elencazione dei siti Internet di alcune delleprincipali organizzazioni e associazioni archivistiche nazionali ed estere, sen-za dimenticare, altresì, le pagine dedicate all’attività archivistica internazio-nale e agli archivi stranieri e comunitari. Sotto il profilo della vera e propria

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«tecnologia archivistica», la trattazione concerne i principali aspetti dell’ar-chiveconomia (collocazione e custodia delle carte, ubicazione e strutturazio-ne degli istituti), la riproduzione sostitutiva dei documenti (fotoriproduzionee microfilmatura), ma soprattutto l’informatizzazione degli archivi moderni ele caratteristiche tecnico-normative della documentazione elettronica. Ulte-riori approfondimenti prendono in esame l’evoluzione della legislazione ar-chivistica e l’articolazione istituzionale dell’Amministrazione dei beni archi-vistici.

A conclusione del volume, un’Appendice contenente le regole internaziona-li di descrizione archivistica ISAD (G) (General international standard archivaldescription), relative ai criteri di descrizione generali, nonché due capitoli in-centrati su argomenti significativi per lo studio sia della Biblioteconomia chedell’Archivistica: il primo dedicato alla conservazione e al restauro dei beniarchivistici e librari (con una trattazione concernente le regole tecniche per lasicurezza degli impianti e per la prevenzione degli incendi, le principali causedi deterioramento dei materiali cartacei, gli agenti patogeni naturali e biolo-gici, gli istituti di restauro); il secondo imperniato sulla collocazione di archi-vi e biblioteche nel più ampio contesto dei beni culturali, in merito alla qualevengono dettagliatamente analizzate le indicazioni contenute nel D.Lgs. 22gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio.

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PARTE I

BIBLIOTECONOMIA

Capitolo 1 - Cenni di storia del libro ...................... Pag. 7

Capitolo 2 - Evoluzione storica delle biblioteche ... » 18

Capitolo 3 - Biblioteconomia e istituti bibliotecari » 22

Capitolo 4 - L’Amministrazione dei beni librari ..... » 28

Capitolo 5 - Organizzazione e personale delle bi-blioteche italiane ................................................. » 43

Capitolo 6 - Amministrazione, contabilità e statisti-che nelle strutture bibliotecarie .......................... » 52

Capitolo 7 - Edilizia, impianti, arredamenti e servi-zi aggiuntivi ......................................................... » 57

Capitolo 8 - Il libro in biblioteca ............................. » 64

Capitolo 9 - La catalogazione .................................. » 79

Capitolo 10 - ISBD (International standard biblio-graphic description) .......................................... » 95

Capitolo 11 - Cataloghi per soggetti e per materie.Cataloghi speciali ................................................ » 101

Capitolo 12 - Biblioteconomia e automazione ......... » 110

Capitolo 13 - SBN (Servizio bibliotecario nazionale) » 120

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� Capitolo 1 �Cenni di storia del libro

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Sommario1. La scrittura. - 2. I supporti della scrittura. - 3. Gli strumenti scrittori. - 4. Il libro manoscrittodall’età antica all’Umanesimo. - 5. L’invenzione della stampa. - 6. La diffusione della stampa dalQuattrocento al Seicento. - 7. La stampa dal Settecento ad oggi. - 8. La composizione. - 9. Lafotocomposizione.

1. LA SCRITTURA

La storia del libro passa necessariamente attraverso la storia della scrittu-ra, le prime forme della quale furono quelle pittografiche, in cui i segni ripro-ducevano disegni di oggetti con valore semantico aderente o simbolico. Dalpittogramma si passò poi alle scritture ideografiche, in cui il segno non rap-presentava soltanto un oggetto, ma un concetto. I geroglifici egiziani testimo-niarono appunto il passaggio da una scrittura pittografica a una ideograficaattraverso la stilizzazione dei segni grafici.

Nelle scritture primitive i segni si andarono sempre più stilizzando, assu-mendo significati via via più ampi, fino ad arrivare a un tipo di scrittura nellaquale pochi segni, combinati fra loro, potevano rappresentare qualunque pa-rola. Nacquero così le scritture sillabiche, nelle quali ogni segno corrisponde-va a una sillaba, seguite poi da quelle alfabetiche, in cui ogni segno corrispon-deva a un suono. Un esempio di scrittura sillabica fu la cosiddetta lineare B,documentata da alcune tavolette rinvenute negli scavi archeologici effettuatinei centri dove fiorì la civiltà micenea (XV-X sec. a.C.) e decifrate nel 1952dall’inglese Michael Ventris.

Secondo la tradizione, i fenici furono i primi a utilizzare una scritturaalfabetica. I caratteri fenici furono poi adottati dai greci dell’Asia Minore.Una versione dell’alfabeto greco fu in seguito introdotta in Italia probabil-mente dai coloni di Cuma e si diffuse in varie forme (alfabeti etrusco, osco,umbro, falisco, latino). Il cristianesimo e la conseguente diffusione dell’ope-ra di evangelizzazione resero necessaria la creazione di nuove scritture alfa-betiche, come il cirillico (così chiamato da San Cirillo, il monaco che iniziòla cristianizzazione dei popoli slavi e adattò i segni dell’alfabeto greco allalingua delle popolazioni slave), il copto, l’armeno, il georgiano. Nel mondooccidentale l’alfabeto latino soppiantò tutte le altre forme di scrittura e an-cora oggi, pur avendo subìto notevoli modificazioni, è l’unico in uso nell’Eu-ropa occidentale.

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2. I SUPPORTI DELLA SCRITTURA

2.1 Materie dure

I primi segni grafici furono tracciati in epoca primitiva sulle pareti dellecaverne e sulle pietre. Nell’antichità si scrisse, anche se occasionalmente, suvari oggetti, come vasi e fibule, nonché sulle pareti delle tombe. Gli antichipopoli del Mediterraneo usavano per la scrittura sia tavolette d’argilla, chevenivano cotte dopo essere state incise con i segni grafici, sia gli ostraka (coc-ci), sui quali si scriveva a sgraffio. Tanto i greci quanto i latini usarono letavolette di legno, che potevano essere dealbatae (imbiancate) o cerate, sullequali si scriveva a sgraffio; su quelle cerate la scrittura poteva essere cancella-ta, così da poterle utilizzare ancora. Non a caso le tavolette cerate sopravvis-sero per lungo tempo, limitatamente ad alcuni usi, anche quando furono adot-tati il papiro e la pergamena. Spesso due o più tavolette venivano unite insie-me a formare il codice (da caudex = tronco d’albero): due tavolette costituiva-no il dipticus, tre il tripticus, mentre veniva chiamato polipticus il codice for-mato da più di tre tavole.

2.2 Materie flessibili

Fin dall’antichità furono diversi i tentativi di impiegare materiali scrittoriche presentassero maggiore flessibilità delle tavolette. A questo scopo si usa-rono le foglie di palma, il lino e, infine, la corteccia degli alberi, in particolarela membrana compresa fra la corteccia e il tronco. Nel mondo antico, tutta-via, le materie scrittorie più usate furono il papiro e la pergamena.

La pianta del papiro cresceva in abbondanza sulle rive del delta del Nilo.Dallo stelo del papiro si ricavavano strisce sottili che venivano poi dispostel’una accanto all’altra e ricoperte di un altro strato di strisce, perpendicolarialle prime. Dopo averle essiccate al sole se ne ricavava la charta papiri, i cuifogli venivano arrotolati (spesso intorno a un’assicella detta umbilicus) a for-mare il volumen. Il recto dei fogli (quello con le strisce disposte orizzontal-mente) era particolarmente adatto alla scrittura, ma si usava, all’occorrenza,anche il verso. La scrittura veniva disposta su colonne e per leggere si svolge-va il rotolo orizzontalmente. Il papiro fu usato dagli egizi fin dal III millennioa.C., anche se il più antico papiro egiziano pervenutoci appartiene all’iniziodel II millennio (XII dinastia). I più antichi papiri greci giunti fino a noi risal-gono invece al IV secolo a.C., mentre a Roma il papiro si diffuse nel III secoloa.C. e venne usato fino al IV secolo d.C., quando fu gradualmente sostituito,per gli usi letterari, dal codice pergamenaceo. Il papiro continuò comunquead essere adoperato, per usi documentari, ancora per molti secoli, finché scom-parve definitivamente tra il VII e l’XI secolo.

La pergamena, a sua volta, si otteneva mediante opportuna conciatura dipelli di animali (pecora, montone, capra e agnello), le quali venivano macera-te nella calce, per poi essere raschiate e fatte seccare. Ben levigate, potevanoessere usate su entrambe le facce. Una stessa pelle di animale poteva ancheessere riutilizzata grattando via l’inchiostro con la pietra pomice (assumendo,

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in tal caso, la denominazione di palinsesto). Naturalmente, a differenza delpapiro, prodotto in territori limitati perché coltivabile solo in particolari con-dizioni climatiche, la pergamena poteva essere reperita molto più facilmentein luoghi diversi. Si ritiene che l’uso della pergamena abbia avuto inizio nellacittà di Pergamo (donde il nome) nel II secolo a.C., quando il re d’Egitto Tolo-meo Filadelfo proibì l’esportazione del papiro per timore che la biblioteca diPergamo togliesse il primato culturale ad Alessandria. Alla pergamena venivadata la forma del codice (cioè quella del nostro libro), che sostituì, a partiredal IV secolo d.C., l’antico volume papiraceo. Quasi tutta la letteratura latinaci è giunta grazie alla trascrizione su codici di pergamena eseguita dai monacimedievali. Verso la fine del Medioevo la pergamena fu poi gradualmente so-stituita dalla carta.

L’invenzione della carta come impasto di materiali fibrosi (detta origina-riamente charta bombycina o charta cuttunea, per distinguerla dalla chartapapyri) è attribuita al cinese Ts’ai Lun, che nel II secolo a.C. realizzò il primofoglio cartaceo. In Europa, tuttavia, essa fu introdotta soltanto nell’VIII seco-lo dagli arabi, i quali, dopo averne appreso i procedimenti di fabbricazionedai cinesi, li avevano ulteriormente perfezionati. Dalla Spagna, dove sorse nelXII secolo la prima cartiera,

l’uso della carta si diffuse in Italia e poi nel resto

dell’Europa. La carta italiana rimase per lungo tempo la più ricercata nel Vec-chio Continente e quella di Fabriano, nelle Marche, divenne la più fiorentecartiera europea. Ai maestri cartai fabrianesi è attribuita anche l’invenzionedelle «pile a maglio», vasche per la raffinazione dell’impasto fibroso che costi-tuirono la prima macchina impiegata nella fabbricazione della carta.

Nel XV secolo l’uso della carta ricavata da stracci si era ormai affermatoin tutta Europa e il nuovo materiale aveva sostituito la pergamena, diven-tando il naturale supporto della scrittura a stampa che si sviluppava in que-gli anni. Il procedimento per la fabbricazione della carta restò pressochéinvariato fino all’Ottocento. Stracci di lino, canapa e cotone venivano smi-nuzzati, fatti macerare e battuti fino a diventare una pasta omogenea. Im-messa la pasta in appositi tini, vi si immergeva la forma, costituita da untelaio rettangolare all’interno del quale erano tesi sottili fili di ottone (vergel-le), sostenuti da alcune barre di legno (filoni) ad essi perpendicolari. La for-ma, immersa nel tino, tratteneva, grazie ai filoni e alle vergelle, uno strato dipasta. I telai venivano poi messi ad asciugare finché ne uscivano i fogli dicarta, che, trattati con colla e poi fatti asciugare ancora, diventavano prontia ricevere la scrittura. Le cartiere usavano inoltre sistemare nei telai dei filiintrecciati a formare un disegno (filigrana), la cui impronta, alla pari di ciòche avveniva per quella dei filoni e delle vergelle, rimaneva impressa sulfoglio, risultando visibile in controluce. Anche nelle carte di oggi si può ve-dere frequentemente la filigrana, la quale, negli antichi documenti, rappre-sentava spesso un segno prezioso per stabilire la provenienza della carta(dal momento che ogni cartiera usava una filigrana diversa) e, quindi, perdatare e localizzare un libro.

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10 Parte I - Biblioteconomia

3. GLI STRUMENTI SCRITTORI

Sulle tavolette di argilla la scrittura veniva tracciata, quando l’argilla eraancora molle, con una canna appuntita: i segni che ne risultavano avevano laforma di piccoli cunei, da cui il nome di scrittura cuneiforme dato ai segniritrovati sulle tavolette. Per la scrittura sulle tavolette cerate veniva usato in-vece uno stilo di ferro o di osso, acuminato dal lato con cui si scriveva e aforma di spatola dall’altro, per la cancellatura.

Sul papiro, e in seguito sulla pergamena, si scriveva con il calamus, unacanna tagliata alla punta, con taglio obliquo o diritto: a seconda del tipo ditaglio si otteneva una scrittura più o meno sottile. La penna d’oca, invece, è,probabilmente, di uso posteriore: le prime testimonianze risalgono infatti alVI secolo. Certamente, essa era più adatta, essendo più flessibile, a tracciarelettere minuscole.

Per quanto riguarda l’inchiostro, l’originaria miscela (già nota agli egizi) diacqua, nerofumo e gomma venne arricchita e perfezionata dai monaci medie-vali, i quali ne conservavano gelosamente le ricette. Si fabbricò anche un in-chiostro rosso a base di minio (donde il termine miniatura) per le iniziali e ledecorazioni, per le quali si usarono anche altri inchiostri d’oro, d’argento e dimolteplici colori. L’inchiostro (dal greco eukaoston, in latino atramentum) eraconservato nell’atramentarium, mentre il calamarium era il contenitore deicalami. Altri strumenti dello scriba medievale erano la spongia deletilis, chelavava la pergamena cancellando all’occorrenza lo scritto, e la pomice, cheserviva sia per levigare la pergamena prima dell’uso, sia per rendere liscia lapunta del calamo.

4. IL LIBRO MANOSCRITTO DALL’ETÀ ANTICA ALL’UMANESIMO

Gli unici documenti originali della letteratura greca giunti fino a noi risal-gono all’età ellenistica e consistono per lo più in papiri frammentari ritrovatiin Egitto, dove la città di Alessandria costituiva, nel III sec. a.C., uno dei piùfiorenti centri di cultura dell’antichità. Altri papiri, quasi duemila, furono rin-venuti, nel corso del Settecento, ad Ercolano, durante lo scavo della villa deiPisoni, sepolta dall’eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C.: alcuni di essicontengono le opere del filosofo greco epicureo Filodemo di Gadara (1).

I papiri dell’età romana sono molto rari, ma alcune notizie sulla produzio-ne dei libri della Roma antica si ricavano dai numerosi accenni all’editoriache si trovano nelle opere di Cicerone, Seneca, Marziale e altri. Il commerciolibrario era molto fiorente nell’età classica e il lavoro di copiatura era affidatoa schiavi letterati, generalmente greci.

I fogli di papiro venivano uniti per formare un’opera, sovrapponendo il mar-gine destro di ciascun foglio al margine sinistro di quello seguente. Al margine

(1) I papiri ritrovati ad Ercolano sono conservati e studiati nell’apposita officina dei papiri ercolanesi dellaBiblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli.

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11Capitolo 1 - Cenni di storia del libro

destro dell’ultimo foglio si incollava un umbilicus, un cilindro di legno o diavorio terminante con dei cornua attorno ai quali venivano arrotolati i fogliprecedentemente uniti, mentre all’esterno, attaccato ad uno dei cornua, sporge-va l’index, un pezzo di papiro che conteneva il titolo dell’opera. Questo, però,veniva riportato anche all’inizio dell’opera stessa, insieme al numero delle lineee delle colonne. I rotoli di papiro venivano conservati in astucci di pelle o in vasidi terracotta. Alla fine dell’età classica il libro subì poi una modifica decisiva.Abbandonata la forma del rotolo, in uso col papiro, il volume realizzato in per-gamena assunse la forma a codice già usata per le tavolette cerate che venivanolegate insieme a formare il dipticus, il tripticus e il polipticus. Il termine codicevenne usato anche per designare i fogli di pergamena piegati in due e inseritiuno nell’altro a formare i quaderni (originariamente di quattro fogli, da cui ilnome). La forma a codice facilitava la consultazione del libro, permetteva unamaggiore estensione del testo, dispensava dall’avvolgimento e dallo svolgimen-to del rotolo e si prestava alla decorazione e all’illustrazione.

La letteratura latina ci è pervenuta quasi interamente attraverso i codicipergamenacei medievali. Dalla caduta dell’Impero romano al XII secolo, i mo-nasteri e le istituzioni ecclesiastiche, che detenevano il monopolio della cultu-ra, si occuparono della compilazione e della copiatura dei libri. Gli scriptoriadei grandi monasteri, come quello di Vivarium fondato da Cassiodoro e quel-lo di Montecassino creato da San Benedetto, trascrissero bibbie, commentibiblici, scritti dei Padri della Chiesa, opere di matematica,

medicina e astro-

nomia, e ricopiarono i testi dei grandi scrittori latini.Nel XII secolo la fondazione delle università, la diffusione dell’istruzione tra

i laici, la nascita della borghesia e l’adozione della carta come materia scrittoriaebbero effetti rilevanti sulla produzione libraria. Nel momento in cui i centridella cultura si spostarono nelle università, la compilazione dei testi non fu piùmonopolio esclusivo dei monasteri, ma furono gli stessi studenti ad occuparsidella produzione e della circolazione dei libri. Intorno alle università sorserobotteghe di copisti professionisti, organizzati in corporazioni, che lavoravanosotto il controllo degli organi universitari. Da ogni esemplare redatto dai docen-ti i copisti trascrivevano il numero di copie che il mercato richiedeva e chedovevano servire alle scuole e alle università come strumenti di lavoro. Gli even-tuali errori dei copisti venivano corretti dagli utenti del libro mediante annota-zioni (glosse) apposte nel testo. L’esemplare non veniva rilegato, ma lasciato infascicoli separati, detti peciae. Questo accorgimento consentiva al libraio di farricopiare lo stesso testo contemporaneamente da più copisti. Le peciae veniva-no anche date in prestito dai librai agli studenti, dietro compenso in denaro o incambio di altri libri. Gli studenti potevano così provvedere alla copiatura (per-sonalmente oppure rivolgendosi ai copisti di professione), contribuendo alladiffusione e alla moltiplicazione dei libri.

Nel XIV e nel XV secolo, grazie al rinnovato interesse per i testi dell’anti-chità classica, l’editoria del libro manoscritto conobbe un’eccezionale fioritu-ra, dovuta anche all’intervento del mecenatismo dei prìncipi. I testi antichi,ricopiati, ricostruiti e commentati, divennero un prodotto molto richiesto sia

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12 Parte I - Biblioteconomia

dai prìncipi laici che dal clero. Importanti biblioteche come la Laurenziana diFirenze e la Vaticana nacquero appunto da collezioni private. Accanto allaproduzione di testi classici, nell’età dell’Umanesimo si diffuse quella delle operein volgare, che veniva incontro alle esigenze di un pubblico sempre più vasto.Si intensificò e si razionalizzò anche l’attività dei copisti, che si organizzaro-no in vere e proprie “catene di montaggio”, procedendo a una divisione deicompiti: chi copiava il testo, chi aggiungeva le rubriche, chi i titoli dei capito-li. Il manoscritto si avviava gradatamente verso la produzione in serie, cheavrebbe poi caratterizzato il libro a stampa.

5. L’INVENZIONE DELLA STAMPA

Il problema di riprodurre in più esemplari o a più riprese segni e immaginifu affrontato in vario modo da molti popoli dell’antichità. Egiziani, assiro-babilonesi, romani adottarono le tecniche più svariate per contrassegnaremonete o effettuare incisioni su mattoni d’argilla. In Cina, fin da tempi anti-chissimi, si usarono tavole di legno inchiostrate per stampare disegni e carat-teri. Anche in Europa, nel Medioevo, miniatori e copisti usarono piccoli legniincisi per stampigliare iniziali o altri contrassegni sui codici. Questi tentativicostituirono i precedenti della tecnica xilografica che si affermò rapidamentea partire dal XIII secolo, favorita dall’introduzione della carta. A questa sisostituì l’arte della stampa, mentre la xilografia continuò ad essere usata cometecnica di illustrazione. In età umanistica, infatti, il diffondersi della culturafavorì la ricerca di un sistema più rapido per la riproduzione di testi. L’artedella stampa, intesa come riproduzione di un testo o di una figura eseguitacon mezzi meccanici in molti esemplari identici, si affermò in Europa verso lametà del XV secolo. Molti paesi hanno vantato una loro priorità in questa checostituisce una delle più importanti scoperte dell’umanità per gli straordinarieffetti che ne sono derivati, ma è opinione comune che la stampa a caratterimobili sia stata inventata da Gutenberg.

Johann Gutenberg nacque a Magonza nel 1400 circa e morì intorno al 1468.Il suo nome comparve per la prima volta, negli atti di un processo, a Strasbur-go, dove era espatriato. In seguito ritornò a Magonza e anche se l’attribuzionedelle sue opere è resa difficile dal fatto che egli non firmò mai i libri che usci-vano dalla sua officina, sembra che appartengano a questi primi anni dellasua attività alcuni fra i più antichi documenti stampati, tra i quali un fram-mento di un poemetto tedesco sul Giudizio universale (databile 1445-46), uncalendario astronomico del 1448, varie edizioni della Grammatica latina diDonato. Nel 1449 Gutenberg costituì poi una società con il banchiere JohannFast, insieme al quale pubblicò le famose Lettere d’indulgenza (1454-55), forsei più antichi documenti datati. Nel 1455, con la collaborazione tecnica di Pe-ter Schoeffer, realizzò la prima opera tipografica europea: la celebre Bibbiadetta delle 42 linee o mazarina, della quale risultano ancora esistenti una ven-tina di esemplari. Fra le altre opere sono da ricordare il Catholicon del 1460 ela Bibbia detta delle 36 linee.

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13Capitolo 1 - Cenni di storia del libro

Da Magonza la tecnica della stampa si diffuse gradualmente in tutta Euro-pa e alla fine del Quattrocento non esisteva città importante che non avesseuna propria tipografia. Benché la tecnica fosse ancora rudimentale, i torchi abraccio di questi prototipografi stamparono opere meravigliose: dai primiincunaboli agli eleganti volumi del Cinquecento fu tutto un fiorire di classici,opere in volgare, volumetti spesso impreziositi dalle illustrazioni xilografiche.Nonostante i vari miglioramenti, la tecnica della stampa rimase invariata perquasi tre secoli.

6. LA DIFFUSIONE DELLA STAMPA DAL QUATTROCENTO AL SEICENTO

Il segreto di cui Gutenberg tentò di circondare la sua invenzione non duròa lungo, perché soci e apprendisti esportarono rapidamente la nuova arte.«Sino al 1500 essa si diffuse in oltre 50 località della Germania» (BARBERI). Fuappunto un socio di Gutenberg, Alberto Pfister, a introdurla a Bamberga, dovestampò, nel 1460, il primo libro a caratteri mobili con illustrazioni xilografi-che, unendo così due tecniche che sembravano tanto diverse tra loro per me-todi e per risultati. La stampa si diffuse in pochi anni in tutta la Germania, daStrasburgo a Colonia, a Norimberga e in altre città a opera di tipografi i cuinomi sono giunti fino a noi: i fratelli Zainer, Enrico Quentel, Antonio Kober-ger e altri. «Furono circa 200 le officine tedesche della seconda metà del secoloXV» (BARBERI).

Furono ancora due tedeschi, secondo la tradizione, a portare l’arte dellastampa in Italia, dove si sarebbe ben presto sviluppata in misura ancora mag-giore che in Germania. Intorno al 1464 il cardinale spagnolo Torquemada (oforse il cardinale tedesco Niccolò di Cusa) avrebbe invitato nel monasterobenedettino di Subiaco Conrad Schweinheim e Arnoldo Pannartz, due stam-patori tedeschi ai quali si dovrebbe l’introduzione della stampa in Italia. Èloro, infatti, la prima opera tipografica italiana, datata 29 ottobre 1465: il Dedivinis institutionibus adversus gentes di Lattanzio. Il primo libro stampato inItalia sembra invece che sia stato il De oratore di Cicerone, sempre a opera deidue prototipografi tedeschi. In seguito Schweinheim e Pannartz si trasferiro-no a Roma, dove proseguirono, non senza grosse difficoltà, la loro attività. Stadi fatto che essi non furono i soli ad essere aiutati dal cardinale Torquemada,se è vero che questi fece stampare una sua opera (le Meditationes) da UlricoHan (anch’egli tedesco) a Roma, nel 1467. Numerose officine furono aperte inquesto periodo in diverse città italiane, in particolare a Venezia, dove la stam-pa fu introdotta dal tedesco Giovanni da Spira nel 1469. Venezia annoverava,alla fine del XV secolo, circa duecento stamperie, detenendo il primato tra lecittà d’Europa, grazie alla posizione geografica favorevole e alla legislazionedella Repubblica che incoraggiava tali imprese.

Nella città lagunare operarono alcuni dei più grandi tipografi editori deltempo, tra i quali il celebre Aldo Manuzio (detto «il vecchio»), nato in pro-vincia di Roma intorno al 1450 e morto a Venezia nel 1513. Nel 1484 stampòl’Ero e Leandro di Museo e da allora si dedicò alla pubblicazione di splendi-

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14 Parte I - Biblioteconomia

de edizioni, avvalendosi della collaborazione dei più famosi umanisti deltempo. Nel 1501, con un’edizione oggi rarissima di Virgilio, inaugurò la se-rie delle edizioni in ottavo e l’anno successivo uscì la Divina Commedia conl’emblema dell’áncora col delfino, marca tipografica destinata a divenire sim-bolo di perfezione formale. Per le opere latine fece incidere da Franco Griffile prime serie di un nuovo carattere tipografico, il cancelleresco, chiamatopoi aldino o italico, che permetteva di economizzare lo spazio pur presen-tando una certa eleganza formale e che divenne il carattere più usato pertutto il secolo XVI. L’opera di Aldo Manuzio fu poi continuata dal figlio Pa-olo (chiamato da papa Pio IV a dirigere la Tipografia Romana) e dal nipoteAldo «il giovane».

Nel XVI secolo il libro a stampa venne sempre più perfezionandosi e siavvicinò nell’aspetto al libro moderno. Nell’ultimo decennio del Quattrocentocomparve il titolo sotto forma di occhiello nella pagina che precede il testo(2). Nei primi anni del Cinquecento si diffuse il frontespizio, con le indicazio-ni di autore e data e con la marca tipografica.

Il libro cominciò ad essere acquistato non più soltanto dalle élite intellet-tuali: si stamparono e si vendettero le opere in volgare, gli avvisi (gli antenatidel giornale) e i resoconti di viaggi nelle terre da poco scoperte, i libri di devo-zione etc. Venezia continuò a mantenere, almeno in Italia, un indiscusso pri-mato editoriale, grazie anche alle famiglie di tipografi che si tramandavanol’arte tipografica da una generazione all’altra.

Nella seconda metà del XVI secolo si diffuse anche l’arte della calcografia(incisione) ad incavo su metallo, che permetteva di ottenere illustrazioni mol-to più minuziose e fedeli dell’antica xilografia. Sarà comunque nel Settecento,con il trionfo della grande erudizione, che la calcografia acquisterà un’impor-tanza maggiore della stessa tipografia, per la sua utilità nella pubblicazione diopere tecnico-scientifiche, ma soprattutto perché avrebbe permesso di com-porre tavole esplicative, spesso fuori testo.

Fra gli artisti del Rinascimento spiccano i nomi di Antonio Pollaiolo, An-drea Mantegna e del Parmigianino, il fondatore dell’incisione italiana ad ac-quaforte. Le ricche incisioni compensarono, in qualche modo, l’impoverimentodei contenuti che si verificò verso la metà del secolo, quando, con il Conciliodi Trento e la pubblicazione dell’Indice dei libri proibiti, si instaurò il climaoscurantista della Controriforma.

Il Seicento fu l’epoca dei grandi contrasti anche nell’arte della stampa. Daun lato si assistette al trionfo del Barocco, che si espresse in una produzionesempre più appariscente, ma povera di contenuti: frontespizi, antiporte (3),prolissità dei titoli, prefazioni dedicatorie e, nel contempo, sciatteria dei ca-ratteri e scadente qualità della carta; dall’altro lato il fervore degli studi scien-tifici diede luogo a una produzione editoriale clandestina, nel contesto della

(2) I primi incunaboli, invece, somigliavano anche in questo ai manoscritti: il titolo era riportato o all’ini-zio del testo o alla fine, nel cosiddetto colophon, insieme alle indicazioni riguardanti l’autore, il tipografo e ladata (non sempre presenti).

(3) L’antiporta è una pagina esornativa, posta all’inizio del libro, che raffigura una scena.

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quale molte delle opere pubblicate indicavano falsi luoghi di stampa, allo sco-po di eludere la censura. L’editoria europea subì un regresso. L’unica aziendaeditoriale che continuò a produrre opere di un certo valore grazie alla relativalibertà di stampa esistente fu quella degli Elzevier in Olanda, che pubblicò,oltre alle edizioni di classici latini e greci, anche testi scientifici e religiosibollati come volumi proibiti, per i loro contenuti, nei paesi d’origine, espor-tandoli in vari Stati europei attraverso le proprie agenzie. Nella seconda metàdel secolo, infine, nacquero i primi giornali letterari, come il «Journal desSavants» e il «Giornale dei letterati».

7. LA STAMPA DAL SETTECENTO AD OGGI

Nel corso del Settecento si ebbe, in Italia, una grande ripresa della stam-pa. Sorsero nuove stamperie, la più celebre delle quali fu quella aperta daGiambattista Bodoni a Parma, sotto la protezione dei Borbone. Bodoni sioccupò soprattutto dell’aspetto tecnico ed estetico del libro, raggiungendonell’impaginazione e nella forma dei tipi un equilibrio fino ad allora scono-sciuto. Disegnò inoltre nuovi caratteri che da lui presero il nome (caratteribodoniani).

Nel corso del XVIII secolo la figura dell’editore si differenziò da quelladello stampatore, che venne ad assumere un ruolo essenzialmente tecnico. Furiconosciuto, inoltre, il diritto di proprietà dell’opera da parte dell’autore odell’editore (il copyright). Vennero introdotte, così, le prime leggi sulla pro-prietà letteraria, allo scopo di sconfiggere il fenomeno delle contraffazioni.Nell’editoria europea del Settecento si distinse soprattutto la produzione fran-cese, determinata dalla grande fioritura dell’erudizione e delle scienze e dalladiffusione delle idee dei lumi che culminò nell’Encyclopédie. Le idee illumini-ste penetrarono in Italia soprattutto attraverso la tipografia svizzera, in riferi-mento alla quale sono da ricordare i fratelli Agnelli, che pubblicarono a Luga-no, anonimi e con falsi luoghi di edizione e data, opuscoli e giornali prove-nienti dalla Francia.

Con la rivoluzione industriale si trasformarono anche le tecniche di stam-pa e i sistemi di distribuzione del libro, mentre la crescente alfabetizzazioneallargò il numero dei lettori, sia di opere che di periodici. La tipografia subìuna profonda trasformazione grazie ai nuovi procedimenti di fabbricazionedella carta (come l’uso della pasta di legno al posto della pasta di stracci e lamacchina continua), che permettevano di ottenerne una quantità maggiore acosti minori. In seguito, con la macchina piana da stampa che sostituì il tor-chio, anche il vapore fu introdotto nella produzione tipografica. Un ulterioreperfezionamento delle tecniche tipografiche si verificò verso la metà del seco-lo con l’invenzione della linotype e della monotype. Progressi notevoli furonocompiuti anche nel campo dell’incisione sostituendo al rame l’acciaio, piùresistente alle alte tirature. Il libro divenne un prodotto industriale e si diffusetra un pubblico sempre più vasto. A scopo di richiamo pubblicitario, presepiede anche l’uso della copertina illustrata.

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Scomparsa definitivamente la figura del tipografo-editore, si affermò quel-la dell’editore nel senso moderno del termine e nacquero le prime grandi caseeditrici; Giuseppe Pomba, primo presidente dell’Associazione librai italiani(la futura AIE, Associazione italiana editori), fondò quella che diverrà la UTET;inoltre, iniziarono la propria attività Le Monnier, Vallardi, Sonzogno, Zani-chelli. Ad opera di alcune tra queste case editrici vennero pubblicate le primecollezioni economiche, con le quali il libro divenne accessibile alla quasi tota-lità della popolazione.

8. LA COMPOSIZIONE

Nel procedimento usato per la stampa tipografica si distinguono due mo-menti: quello della composizione e quello della stampa.

Nell’antica composizione a mano i caratteri (tipi) erano in lega di piombo,antimonio e stagno e avevano la forma di blocchetti rettangolari, con in rilie-vo la lettera, il numero, o il segno di interpunzione, ovviamente in senso inver-so al normale. Il compositore poneva le varie lettere nel compositoio, forman-do righe di lunghezza (giustezza) prestabilita. Successivamente, legate le lette-re con dello spago, inseriva la composizione nel tirabozze, inchiostrava il pez-zo e tirava le prime bozze di stampa. Queste venivano poi visionate dal corret-tore o dallo stesso autore, mentre il compositore provvedeva a sostituire glieventuali righi errati (cioè viziati da refusi) con quelli corretti.

Ovviamente la composizione a macchina era più rapida di quella eseguitaa mano. Le compositrici meccaniche più diffuse sono state la linotype e lamonotype.

La linotype fu costruita nel 1885 dall’orologiao tedesco Othmar Mergentha-ler. Con questa macchina il linotypista batteva su una tastiera, liberando dalmagazzino delle matrici lo stampo della lettera corrispondente ai tasti battuti.Si creava così una linea di composizione sulla quale colava del metallo fuso,che, raffreddandosi, formava un blocco sul quale veniva inciso il testo. Ognicarattere ricadeva poi automaticamente al proprio posto nel magazzino.

La monotype, invece, è opera dell’americano Tolbert Lanston. Si tratta diuna macchina che offriva, rispetto alla linotype, il vantaggio di poter correg-gere i refusi senza dover fondere l’intera linea di composizione. Era infatticostituita da due unità indipendenti tra loro: una tastiera e una compositrice-fondatrice. Battendo sulla tastiera si perforavano delle strisce di carta in basea un determinato codice, per cui ad ogni foro corrispondeva un carattere.Queste strisce venivano inserite nella macchina e visionate da un lettore pneu-matico che comandava la fusione e quindi la composizione del pezzo. Com-posto e corretto, il testo poteva andare in stampa, non prima, però, di passareattraverso l’impaginatore, che disponeva la composizione in pagine, con fron-tespizi, titoli, note, indici, spazi etc.

La tecnica più moderna di composizione si giova dell’ausilio di una mac-china fotocompositrice dotata di una tastiera di tipo dattilografico collegata aun sistema computerizzato che provvede automaticamente alla giustificazio-

Estratto della pubblicazione

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ne del rigo, all’impaginato etc. e proietta lo scritto sul video luminoso. Succes-sivamente tale macchina fotografa su pellicola il testo definitivo per l’incisio-ne delle lastre da inserire nelle macchine da stampa.

9. LA FOTOCOMPOSIZIONE

Il grado di evoluzione raggiunto oggi dalle tecnologie informatiche con-sente l’utilizzo del personal computer per la preparazione di testi e pagine conrisultati eccellenti. Tale tecnica permette a un numero sempre maggiore dipersone di preparare direttamente pagine pronte per la stampa, grazie allapossibilità di ottenere il prodotto finale dalla stampante e di farlo fotografaresu un’unità di fotocomposizione.

Le macchine per la stampa lavorano il foglio su entrambe le facciate, pri-ma quella anteriore (bianca), poi quella posteriore (volta). Tali macchine pos-sono essere piane o cilindriche (queste ultime sono dette offset e possono stam-pare anche contemporaneamente in bianco-volta), a seconda che la pressioneavvenga tra due superfici piane, curve, o piano-cilindriche (se la pressione ètra una superficie piana e una curva). Nel caso di pressione piana la composi-zione inchiostrata scorre su una delle due superfici, stampando il foglio postosull’altra superficie. Le macchine rotative a pressione cilindrica, invece, sonocostituite da rulli sui quali vengono poste le pagine di composizione. Tali rulli,continuamente inchiostrati, girano velocemente sulla carta, che corre su grossebobine. I fogli stampati vengono poi meccanicamente tagliati. Eseguita la stam-pa, si passa alla raccolta dei fogli, che possono essere piegati in ottavo, sedice-simo, trentaduesimo, per poi essere o cuciti a filo-refe o incollati (sistemaall’americana). Il libro, infine, viene rilegato in brossura, cioè con la sempliceapplicazione di una copertina in cartoncino, oppure «cartonato» con coperti-na rigida.

Estratto della pubblicazione

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� Capitolo 2 �Evoluzione storica delle biblioteche

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Sommario1. L’età antica. - 2. Il Medioevo. - 3. L’Umanesimo e il Rinascimento. - 4. I secoli XVII e XVIII. -5. L’età contemporanea.

1. L’ETÀ ANTICA

La presenza di biblioteche nelle più antiche civiltà è attestata sia dai reper-ti archeologici che dalle notizie giunte fino a noi attraverso le opere degliscrittori antichi. Le prime biblioteche erano annesse ai templi o ai palazzireali e svolgevano la funzione di archivi di Stato.

Le ventiduemila tavolette d’argilla rinvenute nel luogo dove sorgeva l’anti-ca Ninive sono la testimonianza più preziosa della civiltà assiro-babilonese.Nelle tavolette, coperte di caratteri cuneiformi, si trovano indicazioni di ap-partenenza a collezioni e a sezioni della biblioteca cittadina, la quale sorgeva,probabilmente, nel palazzo del re Assurbanipal (669-626 a.C.).

Nel 1907, a Boghazkoe, già capitale del regno hittita, situata a est di Ankara,furono scoperte circa undicimila tavolette d’argilla, le quali formavano i catalo-ghi indicanti il titolo e il numero delle tavolette comprese in ciascuna opera.

Le biblioteche alle quali ci siamo fin qui riferiti erano costituite da banconiin muratura allineati lungo le pareti, su cui venivano collocate le tavolette diterracotta. Ciascuna tavoletta aveva un numero d’ordine e sulla prima eraindicato il titolo. I titoli, inoltre, erano tracciati su tasselli che venivano mura-ti accanto al posto dove era sistemata l’opera.

Poche notizie ci sono pervenute delle prime biblioteche greche (1). Proba-bilmente, la più importante fu quella di Aristotele, ma furono più note quelledi Teofrasto e dei figli di Pisistrato.

Grandi e importanti biblioteche si costituirono nell’età ellenistica, le piùfamose delle quali furono quelle di Alessandria e di Pergamo. Progettata daTolomeo Soter (238 a.C.) e realizzata da suo figlio, Filadelfo, la biblioteca diAlessandria fu un importante centro di studi, ricco di centinaia di migliaia dirotoli di papiro, con un proprio scrittorio e una scuola filologica. Sorta origi-nariamente nel quartiere di Brucheion, ebbe successivamente, proprio per lasua rapida espansione, una succursale presso il tempio di Serapide, il Sera-peion. Costituita in modo simile a quella di Alessandria, la biblioteca di Perga-mo, fondata da Eumene II (197-158 a.C.), fu un altro importante centro di

(1) È bene ricordare che presso i greci si usava, come materiale scrittorio, il papiro.

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19Capitolo 2 - Evoluzione storica delle biblioteche

cultura greca. Secondo Plinio, proprio Eumene II avrebbe introdotto l’usodella pergamena come materiale scrittorio in sostituzione del papiro, in quantomolto più resistente e tale da permettere la scrittura su entrambe le facce.

Le prime biblioteche romane, invece, furono biblioteche private e le operein esse conservate erano, per lo più, bottino di guerra. Tra le biblioteche costi-tuite ad opera di uomini dotti e bibliofili, vale la pena ricordare sia quella diCicerone, nella quale confluirono anche i libri di Silla, sia quella dei Pisoni adErcolano. Il primo progetto di una biblioteca pubblica risale a Giulio Cesare,che ne affidò la realizzazione a Terenzio Varrone, anche se poi la bibliotecasorse solo nel 37 a.C. ad opera di Asinio Pollione, che la costruì sull’Aventino,nell’atrio del tempio della Libertà. In seguito, altre biblioteche furono istituiteda Augusto e dai suoi successori, tanto che nel IV secolo a Roma si contavanoben ventotto biblioteche pubbliche. Inoltre, anche tra i ricchi si diffuse l’usodi possedere una propria biblioteca, in cui gli schiavi lavoravano alla copiatu-ra e alla collazione delle opere.

Ben più scarse sono le notizie sull’organizzazione interna delle antiche bi-blioteche romane, a proposito delle quali si sa solo che erano divise in duesezioni, una latina e l’altra greca. È comunque probabile che abbiano avutoun sistema di classificazione per generi e per materie analogo a quello dellabiblioteca di Alessandria, il cui catalogo fu redatto da Callimaco.

2. IL MEDIOEVO

Le antiche biblioteche di Roma cominciarono a decadere quando gli impe-ratori, sotto la minaccia barbarica, trasferirono altrove le loro sedi e quando,con l’affermazione del cristianesimo, iniziò la decadenza della cultura classi-ca. Già nel IV secolo d.C. le biblioteche di Roma erano abbandonate e deserte;la biblioteca di Alessandria, invece, venne distrutta alla fine del IV secolo.

In Oriente la biblioteca imperiale di Bisanzio rimase in funzione, anche secon alterne vicende, fino al sacco dei turchi (1453). Dopo la caduta di Bisan-zio furono le biblioteche monastiche ad occuparsi della conservazione e dellatrasmissione dei testi greci, così come in Occidente, dopo le invasioni barbari-che, i monasteri raccolsero le opere dell’età classica e le ricopiarono. Fu laregola benedettina, in particolare, a prescrivere, fra le attività conventuali, lostudio della calligrafia, rafforzando il vincolo tra monachesimo e attività cul-turale. I monaci copisti svolgevano la loro attività in appositi locali, gli scrip-toria, dove era prescritto il silenzio e le regole d’accesso erano piuttosto rigide.Gli amanuensi, che sedevano su sgabelli (scanni) posti di fronte a banchi ap-positamente attrezzati (plutei), forniti di un piano superiore inclinato, copia-vano ciascuno un manoscritto diverso o singole parti di una stessa opera,oppure, più spesso, scrivevano insieme sotto dettatura, seguendo la guida diun maestro responsabile (armarius).

Nel VI secolo l’ex senatore romano Cassiodoro fondò a Squillace, in Cala-bria, il monastero di Vivarium (così chiamato perché ubicato nelle vicinanzedi vivai ittici), dove trasportò la sua ricchissima biblioteca, dando origine a

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20 Parte I - Biblioteconomia

una scuola scrittoria presso la quale si copiavano testi non solo sacri, ma an-che di autori profani, latini e greci. Nello stesso secolo, Isidoro di Siviglia fecenascere in quella città spagnola una delle più ricche biblioteche del tempo.Molto importante fu inoltre l’opera del monastero di Montecassino, fondatonel 527 da San Benedetto, che non solo costituì una ricca biblioteca, ma fuanche un attivissimo scriptorium, dove i monaci, oltre a trascrivere le opere,provvedevano pure alla loro ornamentazione (miniature).

Alla fine del VI secolo i missionari provenienti dall’Irlanda fondarono alcu-ni dei più importanti centri scrittori dell’Occidente, come Luxeuil, Corbie, S.Gallo, Bobbio, Fulda. Ben presto, sorsero centri culturali dove le tradizionalicapacità dei religiosi si univano alla nascente cultura e al mecenatismo deiprìncipi. Ricordiamo, tra le altre, la biblioteca partenopea sita in Castel del-l’Ovo, fondata dagli Angioini.

In epoca medievale ebbe inizio anche la storia della biblioteca Vaticana, chepuò essere divisa in tre età: la prima va dalle origini (VI secolo) alla fine delsecolo XIII; la seconda comprende l’epoca di Bonifacio VIII e dello scisma diAvignone, giungendo fino a Martino V; la terza va dal XV secolo ai giorni nostri.

3 L’UMANESIMO E IL RINASCIMENTO

In questi periodi, con il rinnovato interesse per i testi classici, le bibliote-che acquistano nuova importanza. Soprattutto due fattori concorrono al ri-fiorire delle biblioteche e del libro: l’invenzione della stampa, con conseguen-te incremento della produzione di opere librarie, e l’interesse dei prìncipi perla cultura. Le biblioteche quattrocentesche, infatti, non sono appannaggioesclusivo di enti ecclesiastici, ma si vengono costituendo presso privati stu-diosi e soprattutto presso le corti. A questo proposito, vale la pena ricordare lericche biblioteche dei Medici, dei Visconti, degli Sforza, dei Gonzaga, degliEstensi e degli Aragonesi. Si arricchiscono, in questo periodo, anche le colle-zioni delle chiese e delle comunità ecclesiastiche, grazie alle eredità di illustriumanisti. Petrarca, ad esempio, donò numerosi manoscritti alla San Marco diVenezia, mentre la ricca biblioteca del fiorentino Niccolò Nicolini (circa 1.430codici), acquistata da Cosimo il Vecchio, costituì il nucleo della bibliotecaMediceo-Laurenziana. Nel 1468, un umanista greco, il cardinale Bessarione,legò la propria collezione di codici greci, la più ricca del tempo, alla basilica diSan Marco, dando origine alla biblioteca Marciana di Venezia. Altre bibliote-che pubbliche sorsero sotto l’influenza del movimento umanistico, tra le qualila Malatestiana di Cesena.

Con il Rinascimento si definisce una concezione diversa di biblioteca: men-tre nel Medioevo gli istituti bibliotecari erano patrimonio esclusivo della Chiesa,degli ordini monastici, o delle corti, nell’età rinascimentale l’influsso dellacultura umanistica, l’invenzione della stampa e il conseguente incremento dellaproduzione libraria avvicinano il libro ad un pubblico sempre più ampio. Lavivace classe borghese, inizialmente nutrita di conoscenze prettamente prati-che, diventa sempre più desiderosa di maggiore alfabetizzazione, di cultura,

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21Capitolo 2 - Evoluzione storica delle biblioteche

dunque anche di libri, i quali, ormai, non servono più soltanto alla Chiesa oalle università, ma diventano lo strumento indispensabile per la formazionedi nuove forze sociali che si mostrano aperte, oltre che alla cultura classica ealla retorica, anche ai trattati tecnici, al diritto, alle letture amene. Le bibliote-che rinascimentali si rinnovano anche nell’architettura e nell’arredamento e ipiù insigni artisti sono chiamati a realizzarle: ne è un esempio la bibliotecaLaurenziana di Firenze, eseguita su disegno di Michelangelo, la quale, oltre avantare la più ricca raccolta di manoscritti classici e umanistici esistente inItalia, costituisce uno dei capolavori dell’arte del Cinquecento.

4. I SECOLI XVII E XVIII

Nel XVII secolo il grande fervore di studi scientifici da un lato e il ristagno diquelli umanistici dall’altro influenzano lo sviluppo delle biblioteche, che acqui-stano, in questo periodo, un carattere moderno nel senso attuale del termine. Siaprono al pubblico la biblioteca Ambrosiana a Milano (1608), l’Angelica a Roma(1614), la Gambalunghiana a Rimini (1617), l’Augusta a Perugia (1623), l’Uni-versitaria a Padova (1626) e molte altre in Italia e in vari paesi d’Europa.

Nel corso del Settecento, sotto l’impulso della cultura illuministica, si vengo-no a costituire i più preziosi e cospicui nuclei librari, grazie anche al contributodi bibliofili e di prìncipi mecenati. Una delle due Biblioteche nazionali centraliitaliane, quella di Firenze, deriva dalla fusione della biblioteca Magliabechiana,la più importante nell’Italia settecentesca, con la Palatina; la Biblioteca nazio-nale di Napoli viene fondata da Carlo III di Borbone nel 1734; nello stesso peri-odo sorgono la nazionale di Milano e quella di Torino, fondate, rispettivamente,da Maria Teresa d’Austria e da Vittorio Amedeo II di Savoia.

Anche all’estero, nel XVIII secolo, vengono aperte al pubblico ricche biblio-teche, come la Nationale di Parigi e le biblioteche di Stato di Vienna e Berlino.

5. L’ETÀ CONTEMPORANEA

A partire dall’Ottocento, le biblioteche di maggiore importanza sono per lopiù pubbliche e vengono regolate da norme statali, secondo una consuetudineche ora contraddistingue tutti i principali istituti bibliotecari contemporanei. Fraquesti, il più rilevante è indubbiamente costituito dalla Library of Congress diWashington (la biblioteca più fornita del mondo, con oltre 95 milioni di libri incatalogo), seguita dalla Biblioteca Lenin di Mosca, dalla Bibliothèque Nationale diParigi e dalla British Museum Library di Londra (con circa 20 milioni di volumi).

Secondo l’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazio-ne, la scienza e la cultura, a cui si deve, tra l’altro, il Manifesto sulle bibliotechepubbliche, per garantire un servizio adeguato ai cittadini ciascuna bibliotecapubblica dovrebbe rispettare il rapporto minimo di 1,5 - 2,5 libri per abitante,ma si tratta di un parametro che risulta frequentemente disatteso, come acca-de anche per i paesi dell’Unione Europea, dove pure esistono oltre 40milabiblioteche pubbliche municipali.

Estratto della pubblicazione

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� Capitolo 3 �Biblioteconomia e istituti bibliotecari

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Sommario1. La biblioteconomia: definizione e oggetto della materia. - 2. Compiti e tipologia delle bibliote-che. - 3. Le biblioteche italiane.

1. LA BIBLIOTECONOMIA: DEFINIZIONE E OGGETTO DELLA MATERIA

Il termine biblioteconomia deriva dalle parole biblioteca («deposito di li-bri», dal greco biblion = «libro» e teke = «scrigno», «deposito») e nomos (ingreco «legge», «regola»). Essa è dunque «l’insieme delle norme che regolano lavita delle biblioteche» (GUERRIERI) e, come disciplina, «studia l’organizzazio-ne e il funzionamento delle biblioteche» (MANFRÉ).

Secondo Manfré, compito della biblioteconomia è quello di studiare:

— la catalogazione dei libri, cioè i vari tipi di cataloghi e le norme per la lorocompilazione;

— la classificazione, cioè i vari metodi di suddivisione dei libri per classi;— la collocazione, cioè i vari metodi di collocazione dei libri (per formato,

per materie etc.) e le «segnature» che indicano tale collocazione sui libristessi e sulle schede del catalogo;

— la conservazione e la tutela del patrimonio librario;— l’acquisto dei libri e gli altri canali (ad esempio le donazioni) attraverso cui

essi giungono in biblioteca;— l’amministrazione della biblioteca;— l’organizzazione della biblioteca e i servizi che essa deve offrire agli

utenti;— l’edilizia e l’arredamento della biblioteca, sia per scopi estetici e funzio-

nali che ai fini della conservazione e della tutela del patrimonio libra-rio.

2. COMPITI E TIPOLOGIA DELLE BIBLIOTECHE

Secondo le definizioni fornite dal Grande dizionario della lingua italiana(UTET), per «biblioteca» deve intendersi il «luogo (sala, edificio) adibitoalla custodia dei libri, al loro ordinamento e schedatura, alla loro prontaconsultazione», ovvero una «raccolta più o meno vasta e sistematica di libri(sia d’uso pubblico, sia d’uso privato)».

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23Capitolo 3 - Biblioteconomia e istituti bibliotecari

È compito di ogni biblioteca «raccogliere documenti (1), ordinarli, descri-verli nel modo più atto a favorire la più ampia diffusione dell’informazione inessi contenuta» (COEN PIRANI) e tutto il lavoro del bibliotecario deve esseresvolto in funzione del pubblico a cui è destinato.

Oggi, infatti, diversamente che nel passato, si tende giustamente a privile-giare l’aspetto dell’informazione e del servizio piuttosto che quello della con-servazione, anche se un’accurata e corretta conservazione del documento ènecessaria per garantirne una migliore diffusione.

In linea generale, comunque, va detto che, in base ai loro compiti e allerispettive funzioni, le biblioteche si raggruppano in tre categorie principali:

— biblioteche generali di conservazione e di ricerca;— biblioteche di ricerca specializzata;— biblioteche di pubblica lettura.

Tale suddivisione, però, non dev’essere recepita in maniera troppo rigida,giacché «molte sono le biblioteche che devono far fronte a compiti diversi, chemettono a disposizione del pubblico settori di ricerca accanto a settori di pubbli-ca lettura», mentre, d’altra parte, «raramente anche in piccole biblioteche dipubblica lettura manca un settore di conservazione» (COEN PIRANI).

2.1 Biblioteche generali di conservazione e di ricerca

Fanno parte di questa categoria le grandi biblioteche nazionali, che hannoil compito di documentare la cultura del loro paese. Tra queste sono da segna-lare in Italia, oltre alle varie biblioteche nazionali, la nazionale centrale diFirenze e la nazionale centrale di Roma.

Sono biblioteche generali di ricerca e conservazione in genere tutte le bi-blioteche storiche, le cui origini risalgono ai secoli passati e che conservanomanoscritti antichi e moderni e materiale librario di gran pregio. Si segnala-no, tra queste, le biblioteche delle più antiche università, come quelle di Oxford,Parigi e, in Italia, di Bologna, Padova etc.

2.2 Biblioteche di ricerca specializzata

Poiché neppure le più grandi biblioteche generali possono custodire tuttolo scibile in ogni materia, esistono le biblioteche di ricerca specializzata, chelimitano il loro interesse a singoli campi del sapere, offrendo però una docu-mentazione approfondita nel settore specifico. Un esempio è la biblioteca delCNR (Consiglio nazionale delle ricerche) a Roma, che si occupa di tutto quan-to si pubblica, in Italia e all’estero, nel campo scientifico. Fra le straniere sipuò citare, come esempio, la National Library of Medicine di Washington, laquale, tra l’altro, pubblica l’Index Medicus, il più completo strumento biblio-grafico nel campo della medicina.

(1) Il termine «documento» è usato per indicare non solo il libro, il periodico e, in genere, tutto il materialea stampa e manoscritto, ma anche microfilm, fotografie, dischi, nastri magnetici e qualunque supporto infor-mativo che possa essere custodito in una biblioteca.

Page 25: ELEMENTI TEORICI DI BIBLIOTECONOMIA · 2018. 4. 12. · in tal caso, la denominazione di palinsesto). Naturalmente, a differenza del papiro, prodotto in territori limitati perché

24 Parte I - Biblioteconomia

2.3 Biblioteche di pubblica lettura

Sono le public libraries, aperte a tutti gli utenti di qualsiasi livello culturale.Compito di queste biblioteche è anche quello di «esercitare un’azione di richia-mo verso il pubblico meno portato alla lettura» (COEN PIRANI). Biblioteche diquesto tipo sono, per esempio, le biblioteche comunali.

3. LE BIBLIOTECHE ITALIANE

L’attuale distribuzione delle biblioteche sul territorio italiano non è moltodiversa da quella che si riscontrava negli Stati pre-unitari, per cui mentrealcune città o regioni concentrano un gran numero di importanti istituti, altrene sono carenti.

Dal 1930 è attiva l’Associazione italiana biblioteche (AIB), il cui scopo èquello di sostenere lo sviluppo organico degli istituti bibliotecari e creareun servizio bibliotecario efficiente in ambito amministrativo, bibliotecono-mico e tecnologico. Organi dell’AIB sono: il «Bollettino d’informazioni» e«AIB/notizie», mentre, sul piano nazionale, il Convegno annuale organizza-to dall’Associazione rappresenta un significativo momento d’incontro e didibattito.

In base al censimento effettuato nel 2002 dall’ICCU (l’Istituto centrale peril catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografi-che, facente capo al Ministero per i beni e le attività culturali), in Italia esisto-no 15.280 biblioteche, il 47% delle quali costituito da biblioteche pubbliche. Adispetto delle ridotte dimensioni territoriali, la regione che, in rapporto allapopolazione, dispone del maggior numero di istituti è la Valle d’Aosta (49,8biblioteche ogni 100mila abitanti), seguita dal Trentino (42,3), mentre chiu-dono la classifica due regioni meridionali, Campania e Puglia, rispettivamen-te con 16,9 e 15,3 biblioteche ogni 100mila abitanti.

I dati fino ad oggi controllati dall’Istituto, riferibili a oltre 12.000 enti, per-mettono di stabilire, per le biblioteche italiane, la seguente articolazione tipo-logica:

— due biblioteche nazionali centrali (quelle di Roma e Firenze);

— oltre 5.000 biblioteche pubbliche, di cui quasi 4.900 gestite dagli enti lo-cali;

— quasi 3.500 biblioteche specializzate, riservate a un singolo settore di co-noscenza;

— circa 1.300 biblioteche di cultura generale;

— più di 2.000 biblioteche d’insegnamento superiore (in particolare, univer-sitarie).

Unitamente alle due biblioteche nazionali centrali, sono specialmente quellecomunali ad essere a disposizione di tutti i cittadini, poiché solo il 2,7% diesse prevede ingressi riservati, mentre questa quota, per gli istituti specializ-zati e per quelli universitari, arriva a toccare punte del 58 e del 64 per cento.

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