estratto advertiser 01/2016 gennaio-febbraio

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Media Italia S.p.a. Agenzia media a servizio completoTorino, Via Luisa del Carretto, 58 Tel. 011/8109311 [email protected]

Milano, Via Washington, 17 Tel. 02/480821Roma, Via Abruzzi, 25 Tel. 06/58334027

Bologna, Via della Zecca, 1 Tel. 051/273080

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MarketingForum

5-6MAGGIOArtimino - Prato

Come per gli altri appuntamenti targati Richmond Italia, l’obiettivo di Marketing Forum è quello di generare nuove opportunità d’incontro tra domanda – Direttori marketing delle maggiori aziende italiane - e oerta - le aziende fornitrici di prodotti e soluzioni per il settore marketing.I partecipanti all’evento, grazie ad una tta agenda di incontri, potranno pianicare la loro strategia di new business e prendersi cura del loro sviluppo personale.

Per info o per partecipare:Tel. 02 312009 [email protected]

DUE GIORNI DENSI DI CONFERENZE, WORKSHOP E INCONTRI DI NEW BUSINESS DEDICATI AI PROFESSIONISTI DEL MARKETING ITALIANO.

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3AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

SOMMARIOGENNAIO / FEBBRAIO 2016

BUZZATTUALITÀ

FOCUSINCHIESTA TURISMO / Dal bit al cuore TENDENZE / Il design thinking aumenta la longevità del messaggio

PEOPLEMen (and women…) at work!

WORLDINTERNATIONAL NEWS

COMMUNICATIONNEWSDIGITAL IN THE ROUND / Il capodanno nei social media cinesi: tradizioni millenarie e sfide di marketingBUZZY SEEDS / Il mondo nuovoBRANDS STRENGTH / È Disney la marca più

“potente”ENEL E TIM / Il rebranding dei campioni nazionaliDATA DRIVEN DECISION MAKING / Informazioni, non opinioni

SPECIALE PROGRAMMATICSCENARIO / Dal buying al marketingINTERVISTE AI PROTAGONISTI

MEDIA FOR GOODNEWSCLOSE UP: Privalia e Unicef / Future for Children CLOSE UP: Quixa e Dynamo Camp / Una web radio per donare un sorriso ai bambini e ragazzi meno fortunati

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FOCUS12

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MEDIA FOR GOOD67

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MarketingForum

5-6MAGGIOArtimino - Prato

Come per gli altri appuntamenti targati Richmond Italia, l’obiettivo di Marketing Forum è quello di generare nuove opportunità d’incontro tra domanda – Direttori marketing delle maggiori aziende italiane - e oerta - le aziende fornitrici di prodotti e soluzioni per il settore marketing.I partecipanti all’evento, grazie ad una tta agenda di incontri, potranno pianicare la loro strategia di new business e prendersi cura del loro sviluppo personale.

Per info o per partecipare:Tel. 02 312009 [email protected]

DUE GIORNI DENSI DI CONFERENZE, WORKSHOP E INCONTRI DI NEW BUSINESS DEDICATI AI PROFESSIONISTI DEL MARKETING ITALIANO.

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Ci trovi su:

ACADEMYNEWSLOBBY E ISTITUZIONI / Raccolta fondi e dignità, binomio possibile?

RETAILNEWS

SOCIALPIATTAFORME IM / Da “Instant Messaging” a

“Instant Life Style”RICERCHE / Meno specchi, più caring

MOBILERICERCHE / Parola d’ordine: mobile first

NEXTCES 2016 / Tecnologie per un consumer journey superconnesso

BUSINESS TECHNEWSIL MERCATO DELLE ANALYTICS / Analizzare e integrare i Big Data

MARKETINGBRANDED CONTENT / I segreti per vincere CULTURA + IMPRESA #1 / Premio Cultura + Impresa 2015: ecco la short listCULTURA + IMPRESA #2 / Art Bonus, un anno dopo

DOSSIERINTERNET OF EVERYTHING / Quando le cose governeranno il web

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SOMMARIOGENNAIO / FEBBRAIO 2016

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7AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it 7AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

Solo una coincidenza, nulla più. Il fatto che nelle pagine di questo numero si parli del rebranding di due aziende “storiche” come Enel e Telecom Italia, proprio quando anche questa rivista sta cambiando testata, non ci ha dato alla testa. Eppure la doppia copertina - all’inizio quella consueta, a cui fa seguito subito la nuova immagine di Advertiser - è un’anticipazione (l’effettivo cambiamento avrà luogo ufficialmente, con tutte le formalità burocratiche del caso, solo dal prossimo mese) che va oltre la sem-plice innovazione grafica e il riallineamento con la url del nostro sito www.advertiser.it.Innanzitutto il nuovo nome nuovo non è: si tratta del recupero di una denominazione, che con una differente tagline (“L’Utente di Pubblicità”) già oltre vent’anni fa anti-cipava lo spostamento del focus editoriale del mensile dallo strumento - l’attività di comunicazione - all’azienda e a chi in azienda, da decisore, si occupa della “salute” del brand. Una mission che non è mai stata abbandonata, anzi, mettendo l’accento sulla strategia, è stata via via rafforzata.Perchè allora diventiamo Advertiser Commu-nication Strategies? Innanzitutto per ribadire quanto sopra descritto, unendo i due focus in un solo brand. Poi perché, parallela-

mente alla penetrazione del digitale e della tecnologia nel mondo della comunicazione di brand, il ruolo della persona, dell’indivi-duo, dell’uomo per farla breve, è al centro di un progressivo ampliamento. Tanto sul versante di un consumatore (di comunica-zione prima ancora che di prodotti) sempre più proattivo, che fa di sé la misura di tutto, quanto sul lato dell’uomo di marketing, al quale la disponibilità di strumenti tecnologici sempre più raffinati non fa altro che sotto-lineare come il destinatario ultimo di tutto il suo lavoro sia sempre lo stesso. Il cambio di testata non è quindi un punto di parten-za, ma una sorta di step intermedio di un percorso che abbiamo già iniziato da tempo e a cui vogliamo dare anche dignità visiva e lessicale, per proseguire con rinnovato vigore nell’esplorazione del terreno dell’in-novazione e della digital transformation. Perché nell’epoca in cui l’intelligenza ar-tificiale promette (e manterrà) mirabolanti conquiste, il marketing resta sostanzial-mente una scienza umana. A cui il digitale e la tecnologia forniscono strumenti e metodologie di straordinaria efficacia, ma il

“dito sul grilletto” dello starter di qualsiasi attività rimane quello di un uomo. In ultima istanza dell’Advertiser, appunto.

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BENTORNATO ADVERTISER

La redazione

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IL DESIGN THINKING AUMENTA LA LONGEVITÀ DEL MESSAGGIO

L’enorme estensione dei servizi digitali e il dilagare di esperienze immateriali, producono un desiderio irresistibile di nuovo pragmatismo,

orientando le persone alla ricerca di funzioni leggibili e concrete.

di FRANCESCO MORACE E LUCIA CHROMETZKAwww.futureconceptlab.com

k Il design della comunicazione e il design di prodotto sono mondi

separati ma sempre più affini. Se da un lato l’industrial design si avvicina a logiche e dinamiche tipiche della comunicazione classica, dall’altra la comunicazione cerca strumenti sempre più concreti, tangibili e duraturi grazie al contributo di oggetti

FOCUS

e prodotti. In questa direzione assistiamo alla crescita esponenziale di oggetti fatti per comunicare, proposti dalle aziende di ogni settore con lo scopo di aumentare la longevità del messaggio, superando l’imma-terialità tipica della comunicazione digitale, per sorprendere attraverso tecnologie e situazioni che seppur di facile accesso, sono

però di grande impatto. Il messaggio diventa in questo modo un prodotto utile, superan-do decisamente la logica dei gadget e di quegli oggetti che hanno la sola funzione di moltiplicare l’impatto di marchi e loghi. La funzione innovativa diventa l’elemento chiave, secondo un processo di vero e pro-prio design thinking.

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21AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

casi dal mondo

Domino’s, con oltre 10.000 punti vendita in 50 paesi del mondo, è leader mondiale nella distribuzione di pizza a domicilio. Negli Stati Uniti ottiene il 50% delle ordinazioni via web, e oltre 250 dipendenti si dedicano allo sviluppo della piattaforma tecnologica dell’azienda. Forte di questi numeri, Domino’s Pizza ha deciso di sperimentare

una nuova forma di messaggio capace di unire comunicazione e servizio. Si tratta del progetto Easy Order, grazie al quale è possibile ordinare la propria pizza a domicilio semplicemente con un tweet. Il servizio è partito negli USA nel maggio 2015 e ha riscosso un notevole successo, soprattutto in termini di visibilità mediatica. Il meccanismo è molto semplice. Gli utenti che vogliono sfruttare il servizio devono iscriversi al sito con il proprio handle Twitter. Quando si vuole lanciare l’ordine, basta scrivere un tweet che contenga l’hashtag #easyorder o l’emoji che raffigura la fetta di pizza. Dopo pochi secondi arriva un messaggio diretto che chiede di confermare l’acquisto e parte l’ordinazione. Negli ultimi mesi Domino’s ha avviato una sperimentazione simile anche con gli SMS. Si tratta dunque di una semplificazione assoluta del servizio che permette un concreto risparmio di tempo, di energie e di costi di chiamata.

TENDENZE /COMUNICAZIONE USABLE MESSAGE

DOMINO’S PIZZA #EASYORDER

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22 AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

LESSON LEARNED 2 Unire design del prodotto e design della comunicazione secondo le logiche del design thinking..

1 Utilizzare la tecnologia per ampliare con nuove funzioni lo statuto degli oggetti di uso comune.

SAFETY TRUCK PER LA SICUREZZA SULLE STRADE ARGENTINEIn Argentina purtroppo muore quasi una persona ogni ora a causa di incidenti stradali. La rete stradale del Paese

sudamericano è costituita principalmente da strade a due sole corsie e il traffico pesante è imponente. Partendo da questa triste evidenza, Samsung e Leo Burnett Argentina hanno sviluppato un concetto in grado di facilitare il sorpasso anche in strade strette. Safety Truck permette infatti di vedere “attraverso” il camion. Una telecamera posta sulla parte frontale riprende la strada di fronte al veicolo, riproducendo in tempo reale le immagini su una serie di monitor ad alta definizione montati sul retro.In questo modo, chi si trova in coda al mezzo, può ottenere magicamente la visuale oscurata dal bisonte della strada, cogliendo il momento più opportuno per sorpassare in tutta sicurezza. Inoltre, con questo sistema si possono limitare i tamponamenti causati da frenate improvvise, ad esempio quando un animale attraversa la strada.Samsung ha dichiarato che si tratta di un prototipo, perfettamente funzionante dal punto di vista tecnologico ed efficace in termini di sicurezza. Il sistema dovrà subire comunque un processo di autorizzazione per confermare l’attinenza ai regolamenti della strada, vigenti in Argentina. Per facilitare il processo, Samsung sta lavorando fianco a fianco con ONG e associazioni locali che promuovono la sicurezza stradale.

L’OPERA-DENUNCIA INFLATABLE REFUGEET Il 16 novembre, a Venezia è apparso silenziosamente un gigantesco profugo gonfiabile: un’installazione degli artisti belgi Dirk Schellekens e Bart Peleman. A pochi giorni dalla strage di Parigi e nel pieno delle polemiche internazionali sull’immigrazione, i due artisti hanno realizzato il loro Inflatable Refugee un profugo in versione gonfiabile alto 6 metri, che su una chiatta ha attraversato i canali veneziani. Grande come l’emergenza che li riguarda,

triste, solitario a ricordare la difficile condizione di interi popoli in fuga. Dopo Venezia, l’opera-denuncia dei due artisti girerà per il mondo tra

porti, fiumi e canali, per ricordare, con la sua presenza ingombrante, la dimensione umana della questione immigrazione.

FOCUS

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23AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

3 Regalare non soltanto prodotti e servizi, ma anche esperienze sorprendenti da condividere.

Ricerche recenti dimostrano che i brasiliani leggono mediamente un libro all’anno. Per aumentare la diffusione dei libri, la casa editrice L&PM (il più grande distributore di libri tascabili di tutto il Brasile) ha chiesto l’aiuto di Agência Africa. Il 23 aprile 2015, in occasione della Giornata Mondiale del Libro, nella metropolitana di San Paolo sono stati distribuiti gratuitamente 10.000 Ticket Books, ovvero libri dotati di un sistema RFID caricato con 10 biglietti per utilizzare i mezzi pubblici. I libri sono così diventati strumenti dalla molteplice funzione: comunicare, leggere, viaggiare. La grafica dei volumi si è ispirata alla metropolitana e sono stati scelti titoli con

un numero di pagine che fosse possibile leggere al massimo in 10 viaggi. I generi proposti andavano dalla poesia alla letteratura, dal giallo al fumetto. Alcuni titoli erano L’arte della guerra di Sun Tzu, Amleto di William

Shakespeare, Cento sonetti d’amore di Pablo Neruda, Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald, Sherlock Holmes: Il mastino dei Baskerville di Sir Arthur Conan Doyle, ma anche i Peanuts e Garfield. Inoltre, il libro-biglietto

forniva la possibilità di essere ricaricato online, per essere girato a un amico garantendo la stessa esperienza: oltre 2.300 libri sono stati “ricaricati” sul sito di L&PM, dimostrando il successo dell’iniziativa.

LE “NO TECH ZONE”DI IVAN CASHIvan Cash, un ex dipendente di Facebook, che ora fa l’artista, ha posizionato alcuni cartelli nei parchi di San Francisco avvertendo i visitatori che stanno entrando in una “No Tech Zone”, nel tentativo di scoraggiare l’utilizzo degli smartphones. Il primo cartello, apparso in Alamo Square, è stato rapidamente rimosso, ma in queste settimane altri cartelli dall’aspetto ufficiale sono apparsi in vari spazi verdi della città, tra cui i parchi di Alamo, Duboce e Dolores. In un video l’artista ha spiegato che la proliferazione delle connessioni WiFi gratuite e dei dispositivi intelligenti lo hanno spinto a regalare ai residenti “solo un piccolo promemoria”: i parchi dovrebbero fornire “una fuga naturale dal mondo moderno”. Cash, secondo testimonianze, ha arruolato

amici e artisti locali che lo hanno aiutato a piazzare i cartelli durante i fine settimana.

TENDENZE /COMUNICAZIONE USABLE MESSAGE

I LIBRI-BIGLIETTO BRASILIANI

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38 AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

COMMUNICATION

Sulle tracce di Alfons Mucha. Affiches pubblicitarie d’autore e arti applicate nello splendore dell’Art Nouveau. Da Palazzo Reale a Porta Venezia. Il Diurno torna dal passato e il Fai lo restituisce al presente in alcune giornate speciali. Sotto la polvere è intatto il fascino del tempo. Nella Milano d’oggi le diverse zone della città sono lo sfondo di una storia che riannoda i fili con il nostro recente passato. Ed è subito Giallo.

di VITTORIA MORGANTI

www.facebook.com/VittoriaMorganti

IL MONDO NUOVO

kIn Europa tra fine Ottocento e inizio Novecento prese vita il

laboratorio della modernità come lo de-finiscono gli studiosi, alludendo a quella palestra di grandi talenti che con le loro innumerevoli sperimentazioni portarono alle scoperte scientifiche, alle conquiste sociali, economiche e culturali che ne seguirono. Fu allora che prese forma il cosiddetto mondo nuovo, orientato al progresso, che se da una parte chiu-se i conti con la rigidità ottocentesca, caratterizzata dalle enormi disparità sociali, dall’altra non riuscì a trattenere la complessità dei fermenti nazionali-stici che sfociarono nella Prima Guerra Mondiale. Una linea di confine dramma-tica, dunque, che per reazione opposta e contraria, alla sua conclusione spalancò le porte alle forme d’espressione più innovative che in seguito travolsero il mondo, cambiandolo definitivamente. Ad Alfons Mucha e al suo tempo, Palazzo Reale ha dedicato una bella mostra, che apre una finestra sugli scenari in cui ope-rò uno dei maggiori esponenti dell’Art Nouveau, facendo dialogare le affiches del celebre artista ceco con altre produ-zioni del periodo di pari raffinatezza. Dai mobili di Carlo Bugatti, ai vetri di Gallé, alle ceramiche di Chini, a sculture e ferri battuti lavorati finemente, nel contesto di un percorso che porta alla scoperta di alcuni stupendi manifesti. Famose le sue

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39AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

BUZZY SEED

locandine per l’attrice Sarah Bernhardt, che gli aprirono le porte all’attività nella pubblicità, dedicate alla grande signora del teatro francese, vera icona dell’e-mancipazione femminile ante litteram, impegnata tanto nella vita privata che in quella pubblica, dove non fece mistero delle sue simpatie politiche, come nel caso dell’Affaire Dreyfus. Intanto Mucha si dedica sempre più ai manifesti pub-blicitari legati a vari generi alimentari, dai biscotti Lefèvre-Utile, alle marche di champagne più famose, da Moët et Chandon a Heidensieck & Co, passando dalla birra al classico liquore Bénédic-tine, ma anche alle agenzie di viaggio o alle merci di largo consumo. Ben presto diventa riconoscibile uno stile Mucha, dove il prodotto è spesso inserito in un contesto ridotto rispetto alla protagoni-sta, a una giovane fanciulla bionda dalle folte chiome, che si raccolgono a formare un ornamento perfettamente decorati-

vo a caratterizzare l’affiche. Un’attività intensa quella di Mucha che mantenne vivo l’interesse per svariate applicazioni artistiche, sempre incentrate su un ideale di bellezza femminile delicato o anche seducente e mai volgare, come ben appa-re nel percorso della mostra. Un mondo che torna alla ribalta con una visione d’insieme ben studiata. Alfons Mucha e le atmosfere Art Nouveau, Palazzo Reale di Milano sino al 20 marzo 2016.

LA MEMORIAIl Diurno di Porta Venezia, riaperto in alcune giornate tra inizio dicembre e questo gennaio grazie alla delegazio-ne milanese FAI, oltre a soddisfare le curiosità che sempre accompagnano le visite nelle ambientazioni d’epoca a lungo prigioniere del passato, ha avuto il merito di portare alla luce i segnali di un saper vivere democratico di qualità. Una scoperta che meriterebbe di trovare

sopra da sinistra:Alfons MuchaCycles Perfecta, 1902Litografia a colori, cm 152,6 × 102,2 Richard Fuxa FoundationFoto: © Richard Fuxa Foundation

Giorgio Spertiniper la Società Ceramica di Laveno Vaso con montatura in metallo dorato, 1903Terraglia forte, montatura in metallo dorato, montatura cm 40,5 (altezza), vaso cm 32,5 × 15 (diam.) Collezione Antonello © Archivio fotografico Collezione Antonello.

Alfons MuchaVariante della Dame aux Camélias (Sarah Bernhardt / Farewell American Tour), 1905-1906 Litografia a colori, cm 208 × 79,5Richard Fuxa Foundation Foto: © Richard Fuxa Foundation

a lato:Alfons MuchaRêverie (F. Champenois), 1897 Litografia a colori, cm 66,3 × 51 Richard Fuxa FoundationFoto: © Richard Fuxa Foundation

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40 AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

finanziamenti adeguati per la ristrut-turazione completa di questo “Albergo Diurno Metropolitano”, inaugurato il 18 gennaio 1926, definito “il più accogliente e moderno d’Europa” dalla pubblicità di allora. Il lungo sonno ha preservato le sembianze della struttura, pensata per i viaggiatori in transito a Milano e per chi volesse usufruire dei servizi per il benes-sere della persona e per la cura dell’ab-bigliamento, comprese le prenotazioni e le informazioni utili per proseguire il viaggio o fermarsi in città. Suddiviso in due parti, spaziava su 1200 mq con due ingressi distinti da cui si accedeva alle terme o dall’ingresso principale, dove si trovava l'agenzia di viaggi con accanto il fotografo, fino ad addentrarsi nel salone dove c’erano barbieri per uomo e parruc-chieri per signora, compresi le manicure e le pedicure. Tutto intorno vivono anco-

ra le atmosfere Liberty, con particolari di mobili e decori che rivelano la mano del progettista che disegnava personalmente i complementi d’arredo con un corner, come diremmo oggi, dedicato al bar e al ristoro per chiudere il cerchio sulla qualità dell’ambiente. Una fetta di mondo che spunta dall’album dei ricordi firmata da Piero Portaluppi, architetto brillante e avanguardista, che lavorava per la bor-ghesia milanese illuminata come i Necchi Campiglio con la stessa apertura di idee e di organizzazione di una vita nova, in questo caso messa al servizio del grande pubblico. Per non disperdere l’impegno e la memoria di un luogo così significativo per Milano e il suo territorio, il Fai invita chiunque sia in possesso di fotografie, documenti o ricordi diversi a condivider-li sulla sua pagina Facebook. facebook.com/albergodiurnovenezia.

NOW ONLINE

Fuori dai Cardini è il primo romanzo di Mauro Ferraresi. Una storia ricca di colpi di scena, un giallo che si allunga sulla spy story con protago-nista Alessandro Amaldi, professore universitario che alla fine riesce a dipanare la trama complessa degli eventi. Sullo sfondo di uno scena-rio internazionale, dalla Grecia all'Afghanistan a San Pietroburgo per chiudere il cerchio con la Milano dei nostri giorni. Con la città vissuta negli ambienti universitari come nei quartieri classici, da Brera ai Navigli, alla modernità dei palazzi di porta Nuova fino alle zone decentrate. Il Booktrailer di Vittoria Morganti.

A CURA DI WWW.ICHIOCCIODRILLI.IT

EMANUELEGABARDI

Tiene corsi, laboratori e master di pubblicità e co-municazione all’Università di Torino e alla Statale di Milano. Dirige la collana Casi di Comunicazione

VITTORIAMORGANTI

È autore e curatore di diversi volumi di comu-nicazione culturale e di attualità. È specializzata

in design e in temi di lifestyle.

a lato:Albergo Diurno VeneziaFoto: V.Morganti

ERRATA CORRIGE Nell’articolo “Filastrocche per un anno” le due

didascalie delle immagini del Calendario Lavazza (pag 35) sono attribuite erroneamente al Calendario Pirelli nonostante l’immagine riporti il logo e i credits corretti: “Lavazza, Calendar 2016, Photo by Joey L.”.

Ci scusiamo con i lettori e con i diretti interessati.

COMMUNICATION

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41AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it 41AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it

Cavalcando il successo di Star Wars e la crescita esplosiva dell’immagine e del valore di questa “marca” che fa parte del suo rooster, Disney conquista la prima posizione nel “Brands Strengh Index” realizzato da Brand Finance, detronizzando Lego, che ha commesso alcuni passi falsi sul terreno della correttezza commerciale e delle libertà civili.

a cura di MASSIMO BOLCHI

È DISNEYLA MARCA PIÙ “POTENTE”

k Dopo anni in cui Apple ha dominato, per valore d’impresa, la Borsa di New

York, da qualche mese lo scettro per la maggiore capitalizzazione al mondo le è contesa da Google, anzi dalla sua holding Alphabet, che l’ha superata sul filo di lana, in un’alternanza del primato degna dei migliori velocisti del ciclismo. Quando però si guarda alla “potenza” della marca, si sta parlando di qualcosa di molto diverso dal semplice andamento del titolo. La società di consulenza strategia Brand Finance ha realizzato il Brands Strength Index, uno studio specifico su tale tema, che si affianca alla classifica, più finanzia-ria, Brand Finance Global 500, mettendo sotto la lente non solo la quotazione di Bor-sa, ma anche - e soprattutto - fattori quali la familiarità e la vicinanza ai consumatori, la fidelizzazione degli stessi, gli investimenti di marketing, le attività di promozione, il livello di soddisfazione di dipendenti e collaboratori e infine la corporate reputa-tion. Alla fine di questa complessa analisi è risultato che il brand “più potente” al mondo, attualmente, è Disney. Non solo per la sua eredità storica ricca di creazioni originali, ma anche per l’attivismo di perio-di più recenti che ha portato all’acquisizio-ne e al controllo di brand quasi altrettanto forti, quali ESPN, Pixar, i Muppet e Marvel. Senza dubbio, però, l’acquisizione vincente è stata quella di Lucasfilm. In pratica di “Star Wars”. Solo l’ultimo episodio della saga, “Il risveglio della Forza” ha frantuma-to ogni record al botteghino, diventando il

film più rapido nel raggiungere il miliardo di dollari di incasso, quello con il più ricco weekend di lancio (529 milioni di dollari) e arrivando a un incasso totale finora che sfiora i due milioni di dollari Usa.Brand Finance stima che il valore sul solo brand “Star Wars” si aggiri sui 10 miliardi di dollari, una cifra che ridicolizza, quasi, il pur rilevantissimo importo - 4 miliardi - sborsato nel 2012 da Disney per acquisire la casa di produzione. Ma questo vantag-gio economico non è tanto legato a una transazione favorevole, quanto è dovuto all’impegno in prima persona di Disney nella valorizzazione del brand, che è stato e continua a essere utilizzato in maniera ottimale e innovativa, determinandone una crescita rapida e intelligente. Due caratte-ristiche non facili da far convivere in una sola azione, sottolinea Brand Finance. L’a-vanzata di Disney ha “relegato” al secondo

posto della classifica Lego, dominatore l’anno scorso. Benchè rimanga una marca sempre estremamente potente - tant’è che Brand Finance le ha riconfermato il rating di eccellenza AAA+, l’azienda danese ha at-traversato una serie di episodi controversi che ne hanno minato l’immagine comples-siva. Ad esempio, sul piano commerciale, è stata multata in Germania dall’Authority per la Concorrenza a causa del tentativo di proibire ai dettaglianti di vendere i suoi prodotti a prezzo scontato. La sua reputa-zione ha invece sofferto per il sospetto di complicità con il governo cinese, a seguito dell’intervento sull’artista dissidente Ai Wei volto impedirgli l’uso di elementi (mattoncini) Lego nelle sua creazioni. Successivamente tali limitazioni sono state revocare, ma il danno - presso la pubblica opinione - era stato fatto. Con le inevitabili conseguenze sulla percezione del brand.

BRANDS STRENGTH

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COMMUNICATION

INFORMAZIONI,NON OPINIONI

k Piergiorgio Grossi è VP Innovation di Iconsulting, uno dei più grandi

System Integrator indipendenti italiani specializzato nella progettazione di Data Warehouse, Business Intelligence, Perfor-mance Management e Big Data Analytics. In passato si è occupato per Ferrari di inno-vazione e gestione di prodotti e servizi IT fino a raggiungere il ruolo di Head of Infor-mation System della scuderia. Per Iconsul-ting, oltre a occuparsi di innovazione, dirige BetterDecisions, uno spazio di esplorazione all’interno del processo di decision-making attraverso l’analisi di esperti in Scienza Co-gnitiva, Information Technology, Big Data, Management, Economia e Psicologia. Da sempre appassionato di software engene-ering, supporta diversi progetti innovativi e all’avanguardia in questo campo e nella città dove vive, Reggio Emilia, promuove diverse attività di networking d’impresa.

A quali condizioni il dato migliora le decisioni? Quali sono le condizioni e pre-condizioni perché ciò avvenga davvero?William Edwards Deming, “inventore” dell’omonimo Ciclo per il miglioramento continuo della qualità, diceva: “Without data you’re just another person with an opinion”. Siamo sostenitori del concetto di Data Driven Decision Making, per cui alla base delle decisioni deve esserci un’eviden-za oggettiva, ma sappiamo anche che tra un buon dato e una buona decisione esiste un elemento non neutro: il decisore stesso. Vanno dunque presi in considerazione diversi aspetti: la quantità di dati a disposi-zione, la selezione dei dati utili a prendere decisioni, tipo di decisione da prendere. Ad

Alla base delle decisioni deve esserci un’evidenza oggettiva su cui basarle, ma tra un “buon” dato e una “buona” decisione si interpone un elemento non neutro: il decisore stesso, che ne rappresenta la “variabile” umana.

di ANDREA GRANELLI

esempio se devo prendere decisioni su base quotidiana, non potrò accontentarmi di avere informazioni aggiornate settimanal-mente. Inoltre, prima di essere sottoposti all’attenzione dell’uomo, i dati vanno ela-borati e trasformati tramite algoritmi: una sorta di “mani invisibili” che sempre di più governano la nostra vita quotidiana.Un altro tema centrale è la modalità con cui il dato viene fruito dal decisore, questa ha infatti un impatto decisivo sulla decisione stessa. Bisogna considerare quantità diverse di informazioni a seconda del tempo che si ha a disposizione per decidere.Ma anche l’ambiente influisce sulla deci-sione, si parla infatti di progettazione di ambienti di scelta: luoghi o organizzazioni che, mediante metodologie come il Design Thinking, favoriscono la trasformazione del dato in scelta fornendo le giuste condizioni, anche a livello emozionale. E infine il decisore: a molti di noi piace pensare di essere logici e analitici nel modo di decidere, del resto siamo Homo Sapiens e non animali. La realtà però è che ci siamo evoluti con un meccanismo ben preciso che fa parte del nostro DNA: il “fight or flight response”, la reazione di attacco o fuga. Questo meccanismo viene attivato dal no-stro cervello ogni volta che siamo esposti a una minaccia, come il dover decidere qual-cosa di importante. Solo conoscendo i no-stri processi cognitivi possiamo ambire alla progettazione di sistemi a supporto delle decisioni più efficaci. Tutto questo per dire che il percorso che va dalla generazione e gestione del dato e arriva alla decisione, va studiato in ottica multisciplinare. È proprio da questo concetto che in Iconsulting è

nata l’idea di “BetterDecisions”. Le aziende devono investire nel governo e nell’integra-zione del dato sia a livello tecnologico sia a livello metodologico: per poter sfruttare i dati, esse devono introdurre nuovi processi e modelli organizzativi.

Il Forum “BetterDecisions” è un impor-tante momento di riflessione sul tema e fa il “punto della situazione". A che punto si trova l’Italia?BetterDecisions nasce dalla volontà di mettere insieme il lato tecnologico e il lato “human” della decisione. Dopo il coinvol-gimento dei manager in questo format, sono molte le aziende che hanno voluto approfondire il tema del Decision Making. Per questo stiamo elaborando un piano di formazione dedicato alle aziende per esplo-rare i modelli di leadership nell’era della “Data Revolution”. Da questo punto di vista sono dunque ottimista, c’è una consapevo-lezza sempre maggiore sul fatto che i dati e

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DATA DRIVEN DECISION MAKING

il mondo consumer e l’Internet of Things: Fitbit -produttore di braccialetti per trac-ciare l’attività fisica - per esempio, fa ormai pubblicità in TV in prima serata. Siamo sempre più abituati a misurarci e a essere misurati, dalla quantità di passi che faccia-mo, alla nostra posizione geografica, a cosa mangiamo e anche questo aiuta a sensibi-lizzare. Anche i governi possono fare la loro parte nel dare l’esempio: come Iconsulting abbiamo realizzato sistemi molto avanzati nel campo della Sanità per orientare le scelte di spending review verso una politica di riduzione della sofferenza del cittadino e nel campo della Sicurezza con sistemi che guidano le forze dell’ordine sul territorio per abbassare il tasso di criminalità.Si parla inoltre molto di Smart Cities. Con l’utilizzo di Open Data, il coinvolgimento attivo dei cittadini, l’utilizzo del patrimonio informativo delle istituzioni pubbliche, fino ad arrivare al Data Journalism e a tutte le iniziative/start up che possono potenzial-

mente nascere dall’utilizzo di questi dati, si potrebbero generare scenari molto inte-ressanti. Nel piano Nazionale della Scuola digitale si parla di “Strategia Dati nella Scuola” e la parola “dati” appare 76 volte, anche questo è un passo che, associato ai nuovi insegnamenti che si vogliono mettere in campo (pensiero computazio-nale), possono agire in maniera profonda nelle nuove leve. Vivendo a Reggio Emilia e lavorando a Bologna mi piacerebbe che l’Emilia Romagna non fosse vista solo come la terra del food o dei motori (da dove peraltro provengo) ma che potesse essere di riferimento anche per il mondo dei dati: una Data Valley, perché no? Sicu-ramente è molto interessante quello che ha detto Renzi relativamente al post-Expo a proposito della possibilità di creare un polo dedicato ai Big Data; dopotutto, con l’Alta Velocità la distanza tra Milano e Bologna non è tanto più grande di quella tra San Francisco e San Josè.

il processo decisionale possano migliorare il business. Certo il processo è lungo, altri paesi sono partiti prima dal punto divista della cultura del dato, ma in Italia abbiamo grandi ricercatori e con la nostra cultura del “design” e del “saper fare” pensiamo si possano consolidare queste nuove cono-scenze e competenze.

Quali azioni andrebbero lanciate per aumentare significativamente la cultura del dato in Italia?C’è sicuramente un cambiamento nel mon-do mainstream che può essere di stimolo al processo. Sempre più spesso i media utilizzano dati e statistiche per commenta-re la politica, per spiegare lo sport o per fare fact checking. Chiaramente lo stimolo non basta e un “effetto bar”, in cui tutti possono dire tutto, è sempre dietro l’angolo, ma la consuetudine a trattare di “dati” deve pas-sare anche attraverso processi di massa.Pensiamo alla spinta che sta dando anche

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QUANDO LE COSEGOVERNERANNO IL WEBIl telecomando per dominare la quarta rivoluzione industriale è già nelle nostre mani. Basterà infatti uno smartphone e una connessione internet per comandare tutta una serie di oggetti intelligenti e connessi in un sistema che farà impallidire Tony Stark, l’Iron Man della Marvel.

di ANTONINO PINTACUDA

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k I numeri parlano di un settore desti-nato a raggiungere cifre enormi: il Ceo

di Cisco John Chambers ha calcolato che il mercato dell’Internet of Everything varrà 19 trilioni di dollari nel 2020. 19mila miliardi di dollari... Gli analisti di McKinsey scrivono di un impatto economico che oscillerà tra 3.9 e 11 trilioni di dollari all’anno, a partire dal 2025. Una rivoluzione che coinvolgerà tutti i settori della nostra vita e del nostro lavoro: dalle smart-city alla GDO, passando per il wellness e il turismo. Saremo immersi in un universo sino a ora solo immaginato, le cui potenzialità sono infinite. Di Internet of Thing (IoT) e, per estensione, di Internet of Everything (IoE) si parla dalla fine dello scorso millennio, era il 1999 quando Kevin Ashton, direttore esecutivo dell’Auto-ID Center, ha introdotto il concetto in una presentazione per la P&G, come ricorderà lui stesso dieci anni dopo. Un neologismo che

ha avuto un successo crescente diventando presto il punto verso cui convergono tutte le grandi aziende. Ricordando quel preciso momento Ashton aggiungeva che “la nostra economia, la società e la sopravvivenza non si basano su idee o informazioni: sono basate sulle cose. Non si può mangiare bit, bruciarli per stare al caldo o metterli nel serbatoio della benzina. Idee e informazioni sono importanti, ma le cose contano molto di più. Tuttavia, la tecnologia dell’informazione di oggi è così dipendente da dati originati da persone che i nostri computer sanno di più sulle idee che sulle cose”. Si doveva rispo-stare l’attenzione dal noumeno al fenomeno, per dirla con Kant. Un progetto titanico: “potenziare i computer con i propri mezzi di raccolta di informazioni, in modo che pos-sano vedere, sentire e annusare il mondo in perfetta autonomia”. Uno scenario che apre arcobaleni di possibilità ma che, al tempo

stesso, atterrisce per le implicazioni etiche e morali. Se lavatrici che si programmano da sole, frigoriferi che conversano con il televisore, oggetti che interagiscono con l’ambiente e si evolvono di conseguenza sono allettanti, altrettanto però non può dirsi della spinosa questione della privacy e della possibilità di un futuro “alla Matrix” in cui le macchine hanno preso il sopravvento. “Uno” che ha le idee chiare sul tema è Mark Zuckerberg: da quando è diventato papà del-la tenerissima “Max”, ha deciso di stravolgere la sua casa. Da buon nerd Mark ha lanciato infatti la sua “sfida” per il 2016: costruire una semplice intelligenza artificiale per gestire la casa e il lavoro. Lui stesso la definisce una specie di Jarvis di Iron Man, il maggiordomo digitale del supereroe. Con la sua casa intelli-gente, Zuckerberg gestirà attraverso controlli vocali l’illuminazione, la temperatura, la musica all’interno della sua villa. Passando poi al riconoscimento facciale di chi suona al campanello, al monitoraggio avanzato della stanza della piccola Max fino alla gestione del flusso di lavoro dell’impero di Facebook in maniera più fluida. Questa è una sfida che Zuckerberg vuole portare avanti da solo, a differenza di Internet.org o del team di sviluppo della realtà virtuale di Oculus. Mark vuole riprendere a scrivere righe di codice da solo, proprio come ha fatto nella stanza di Harvard quando ha cambiato per sempre il nostro modo di connetterci.

APPLE, GOOGLE E MICROSOFT: IL FUTURO INIZIA OGGIGià a partire con il rilascio dell’SDK per iOS 8, Apple ha mosso passi sicuri verso il mondo dell’IoT attraverso lo sviluppo di HealthKit e HomeKit. La prima permette a ogni app di concorrere a una gestione più completa della salute e del benessere. Un’app per la misu-razione della pressione può condividere i suoi dati con un’app medica permettendo così al medico di fornire cure e indicazioni più precise e mirate.“Riteniamo che HealthKit di Apple rivo-luzionerà il modo in cui il settore sanitario interagisce con le persone”, ha affermato il dottor John Noseworthy, Presidente e CEO della Mayo Clinic. “Siamo orgogliosi di guidare l’introduzione di questa tecnologia innovativa con l’app Mayo Clinic”.HomeKit consente invece di collegare tutti gli apparecchi domestici per gestire al meglio la propria casa. HomeKit offre un protocollo comune, un abbinamento sicuro degli appa-recchi e la possibilità di controllare facilmen-te gruppi o singoli apparecchi in tutta la casa,

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senza dimenticare l’integrazione con Siri. Per esempio, è possibile dire a Siri che si sta “andando a dormire” per spegnere le luci, chiudere le porte e impostare il termostato.“Siamo davvero felici di partecipare a questa nuova era, in cui la domotica diventerà real-tà, in maniera sicura e perfettamente inte-grata”, ha dichiarato Eric Rondolat, CEO di Philips Lighting. “HomeKit ci permetterà di migliorare ulteriormente l’esperienza Philips Hue, rendendo ancora più semplice l’abbinamento sicuro degli apparecchi e permettendo di controllarli tramite Siri.”. Il claim di HomeKit non lascia spazio a dubbi: “la gestione della casa è in mani sicure. Le tue”. Da Cupertino assicurano che HomeKit “la privacy è assicurata, visto che i dati di HomeKit sono sempre criptati. Solo chi vive con te saprà se stai spegnendo le luci o accendendo il riscalda-mento”. Nell’arena dell’IoT sono scesi anche gli altri giganti della Silicon Valley, Google ha già sguinzagliato le teste d’uovo del suo R&D per il progetto Brillo. Il nuovo sistema operativo è diretta emanazione di Android, a cui abbina un linguaggio sviluppato ad hoc: Weave. Il nuovo linguaggio degli oggetti connessi creato da Mountain View già scelto da nomi del calibro di LG, HP, Philips e Asus. Anche il futuro della Big G passa quindi dalla domotica, case sempre più autonome e intelligenti comandate in sicurezza dal proprio smartphone. Ad appannaggio degli sviluppatori, Brillo è online sulla piattaforma Google Developers. Il suo debutto è avvenuto in maniera discreta al CES dove LG ha già utilizzato Weave per un suo condiziona-tore d’aria, una lavatrice, una telecamera di sicurezza e un frigorifero. Microsoft ha

sviluppato invece la piattaforma Azure che offre soluzioni preconfigurate per sbarcare nel mondo degli oggetti connessi sfruttando il nuovo Windows 10, l’obiettivo è sempre quello: aiutare i propri clienti a trasformare il proprio business. Dalla sua Redmond ha una vasta platea che con i suoi prodotti è cresciuta, identificando semplicemente il pc con il sistema operativo Windows.Non solo i giganti, anche Mozilla e la sua volpe di fuoco viaggiano veloci verso l’IoT. Cala infatti a maggio il sipario su Firefox Os, il sistema operativo della Mozilla Foundation, che si concentrerà le energie sull’Internet delle Cose con partnership già siglate con Panasonic per le smart tv. “Stiamo entrando in una nuova entusiasmante fase di internet in cui servono soluzioni aperte e interopera-bili in cui siano garantite sicurezza dei daty e della privacy. Quello che in Mozilla sappiamo fare meglio. Per questo stiamo concentrando le nostre energie nel settore dell’IoT”, ha scritto Ari Jaaksi sul blog della fondazione lo scorso 4 febbraio.

PUBBLICITÀ SEMPRE PIÙ CONNESSE Il Guardian ha dedicato un ampio articolo agli stravolgimenti che l’internet delle cose produrrà nel mondo della pubblicità. Minac-ciati dall’ascesa inarrestabile degli adblocker, gli inserzionisti stanno infatti passando al contrattacco con soluzioni ipertargetizzate. Un universo ancora inesplorato come quello dell’IoT rappresenta una landa per pionieri coraggiosi. Sarà un tripudio di cartelloni intel-ligenti che mostrano in tempo reale annunci personalizzati, etichette di alcolici che dialoga-no con il frigorifero, autoradio in dotazione alle nuove automobili che dialogano con il nostro smartphone creando un palinsesto costruito in base alle nostre navigazioni. Grazie alla connet-tività costante e pervasiva, i prodotti diventano così mezzi per entrare in relazione sempre più diretta con i clienti. Già la multinazionale Diageo ha attrezzato le bottiglie di Johnnie Walker Blue con un’etichetta intelligente che permette al produttore di inviare comunica-zioni ad hoc ai suoi estimatori che leggono l’etichetta con il proprio smartphone. Dopo aver

ΩIL LIBRO

UN MONDO IN CUI LE LAVATRICI DIALOGHERANNO CON I TOSTAPANE

Un viaggio dentro il nuovo mondo co-stituito da 50 miliardi di oggetti connessi, 14 trilioni di dollari di giro d’affari, incrementi del PIL tra l’1 e il 2% e nascita di nuovi posti di lavoro, con aziende alla ricerca di data scien-tist, gli specialisti di statistica e matematica capaci di trasformare i big data grezzi raccolti dai sensori in una materia raffinata, organiz-zata e gestibile per nutrire l’enorme mercato

dell’Internet delle Cose. Il giornalista Ga-briele Di Matteo ha dedicato all’IoT il libro “Dialogo tra una lavatrice e un tostapane” edito dalla Hoepli nella collana Microscopi. Un volume che analizza le due facce di que-sto fenomeno disrupting. Come sottolinea l’autore: “attenzione, è una tipica rivoluzione a due facce. La prima genera entusiasmo tra i big del mercato che ho intervistato in que-sto libro e tra gli utenti open mind che vo-gliono impossessarsi del futuro. La seconda faccia, invece, innesca grandi dubbi sulla no-stra privacy e sulla nostra incolumità digitale o addirittura fisica”. Un futuro in cui impa-reremo a convivere con miliardi di sensori. A guardare un film mentre la nostra auto

guida da sola. Sapremo controllare la salute dagli smartwatch allacciati ai nostri polsi, sa-remo avvisati quando si libera un parcheggio in città, oppure saremo guidati dalla nostra auto al distributore di benzina più vicino. Tra cinque anni cosa resterà del pc così come lo conosciamo? Di Matteo cita il regista JJ Abrams che ha rivolto la do-manda ai ricercatori del MIT di Boston. A rispondere al regista del nuovo Star Wars è Eric Schmidt, seduto negli uffici colorati di Google: “Internet sparirà. Ci saranno così tanti sensori, oggetti connessi e da indossare che il web in se stesso non sarà più nemmeno percepito, sarà all’interno di milioni di cose”.

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stappato la bottiglia, infatti, le comunicazioni cambiano, non si tratta più di agganciare un potenziale cliente ma di coltivare quel cliente per fidelizzarlo consigliandogli ad esempio come gustare al meglio il prodotto. L’etichetta intelligente sviluppata da Thinfilm impedisce inoltre la contraffazione, controllando che il prodotto non sia stato aperto prima di essere stato effettivamente venduto. Diageo ha inoltre collaborato con Evrythng per sviluppare nuove soluzioni nell’ambito dell’IoT, infatti, quando un articolo entra a far parte di un sistema IoT, diventa automaticamente un generato di dati sempre più preziosi per il business. Se prima il prodotto era solo un oggetto fisico, aprendosi al mondo dell’internet delle cose, diventa un insieme anche di software e di dati.

Ω OPINIONE

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: LA PROSSIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALEDI GIUSEPPE DONVITOPARTNER DEL FONDO DI VENTURE CAPITAL P101

“Insegnerò all’intelligenza artificiale a riconoscere i miei amici quando bus-sano alla porta”. Così ha scritto Mark Zuckerberg in un suo recente post in cui dichiarava di voler costruire la “propria” Intelligenza Artificiale entro l’anno. Una passione non nuova per il creatore di Facebook che già nel 2014 era al centro di un altro investimento legato all’intelli-genza artificiale: ben 40 milioni di dollari destinati a “Vicarious” (azienda specia-lizzata in AI) insieme all’attore Ashton Kutcher e a Elon Musk, il fondatore di Tesla. L’obiettivo che Vicarious si po-neva era - e probabilmente lo è ancora - ambizioso: replicare la neocorteccia, ovvero quella parte del cervello umano che vede, controlla il corpo, capisce il linguaggio e sa fare i conti.

L’intelligenza artificiale è una tec-nologia destinata a trasformare tutti i settori dell’economia. Un impatto non banale in quanto con questa tecnologia si “addestrano” le “macchine” a pensare e prendere decisioni come esseri umani, con una piccola differenza (almeno sino a oggi...), ossia che tutte le decisioni sono

empiriche e quindi basate sull’analisi di dati. Ed è qui che l’intelligenza ar-

tificiale si compenetra al mon-do dei cosiddetti Big Data.

Un mercato in gran-de crescita che si stima possa raggiungere, nel

2022, a livello globale, i 40 miliardi di dollari. Una

delle ragioni che lo ha fatto di-ventare attrattivo anche per il mondo del Venture Capital: nel 2014 sono stati investiti circa 300 milioni di dollari in star-tup operanti nell’ambito dell’AI con una crescita del 300% rispetto al 2013.

Anche grandi player come Google hanno iniziato a muoversi con interesse. Il colosso di Mountain View ha infatti recentemente messo a segno un’altra acquisizione in questo settore, rilevando la britannica Deep Mind per oltre 500 milioni di dollari. Si tratta di una compa-gnia londinese che opera in quel ramo dell’intelligenza artificiale definito il deep learning, che consiste in una serie di tecniche e tecnologie informatiche - nella fattispecie degli algoritmi di calcolo statistico - afferenti alla branca dell’AI e dell’apprendimento automatico. Questi algoritmi sono strutturati in diversi livelli di astrazione che hanno lo scopo di per-mettere al sistema informatico di com-prendere, più o meno, come funziona il cervello umano e come quest’ultimo ana-lizzi e interpreti, ad esempio, il linguaggio umano o le immagini che gli arrivano dal nervo ottico.

Gli effetti dell’intelligenza artificiale sa-

ranno dirompenti in tutti i business. Basti pensare che grazie all’AI i computer po-tranno capire cosa gli utenti umani scri-vono all’interno dei social website come Facebook (e quindi interagire) o capire cosa vogliano cercare realmente, quale sia il loro stato d’animo, se l’immagine che hanno appena visualizzato gli sia piaciuta oppure no. Dirompenti saran-no anche i suoi effetti sull’eCommerce. Come sostiene Babak Hodjat, co-fondatore di Sentient Technologies, (una delle società di AI che ha ricevuto più investimenti a oggi - $143 milioni), l’AI sarà in grado di rivoluzionare l’e-Commerce, facendolo diventare in-telligente (intelligent e-commerce). Basandosi sulla modalità con cui l’utente interagisce con un sito di acquisti online, sulle spese passate, sul modo con cui osserva lo schermo, un algoritmo software sarà in grado di identificare autonomamente il prodotto che l’utente vorrebbe acquistare e quindi inviare il design di quel prodotto ad una stampante 3-D che lo realizza al momen-to! Hodjat ha definito tutto ciò “design automatizzato”, ossia dotato di intelligen-za artificiale, diciamo noi...

Oltre a ciò, l’AI inaugurerà una nuova era del “consumer”. Si pensi che già oggi delle tecniche definite di analisi predittiva permettono di dedurre trend futuri ba-sandosi su serie storiche di dati; l’utilizzo dell’intelligenza artificiale permetterà di andare oltre, ossia qualora dovessimo avere dei gap rilevanti in tali serie stori-che, le applicazioni basate su AI saranno

in grado di dedurre i dati da inserire in tali gaps in maniera “intelligente”.

Molto rumore c’è stato recentemente su una delle applicazioni più evidenti e disruptive dell’AI, ossia nella robotica: in particolare, la possibilità di costru-ire robot intelligenti che diventino parte integrante delle nostre vite. Un recente report di Bank of America Mer-rill Lynch ha concluso che la nascita di “macchine intelligenti” è da considerarsi la prossima rivoluzione industriale.

La combinazione di AI, deep learning e natural user interfaces (ad esempio, riconoscimento vocale) sta rendendo sempre più vicina l’automatizzazione di una serie di task lavorativi che fino a qualche tempo fa si pensava fosse impossibile realizzare con una “mac-china”. Su questo punto si è aperto un incerto dibattito fra chi sostiene che il potenziale effetto di lungo termine sarà la scomparsa di posti di lavoro e chi ritie-ne che invece tali tecnologie apriranno le porte a nuove opportunità professionali.

È come sempre complesso individua-re le conseguenze di tale rivoluzione, ma l’unica certezza resta il fatto che il management di ogni azienda dovrà sin da subito cercare di indi-viduare gli impatti dell’intelligenza artificiale sulla propria value chain, in quanto (come menzionato da Ro-land Berger) l’effetto “transforma-tional” sarà a dir poco drammatico, con il rischio implicito che un giorno il management stesso sia sostituito da macchine intelligenti...

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AdVStrategie di Comunicazione

N°1 - Gennaio/Febbraio 6

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Hanno collaborato a questo numero:Lucia Chrometzka, Laura Franconi, Emanuele Gabardi, Andrea Granelli, Elena Grinta, Francesco Moneta, Francesco Morace, Vittoria Morganti, Clelia Palmese, Nino Santomartino, Sara Zheng.

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