fratelli (coltelli) musulmani...da gennaio 2015 è in corso una guerra civile tra i ribelli houthi...
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4 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 19 MAGGIO 2019
KUWAIT
TURCHIA
MALINIGER CIAD
INDIA
EGITTO
GIORDANIA
SOMALIA
AZERBAIGIAN
EMIRATI ARABI UNITI
OMAN
BAHREIN
DamascoDamascoBeirutBagdadFalluja
TeheranKabul
Islamabad
MuscatRiyadhAbu Dhabi
TUNISIA
ALGERIALIBIA
ARABIASAUDITA
IRAQSIRIALIBANOIRAN
YEMEN
Algeri
RabatTripoli
Il Cairo
Tunisi
PAKISTAN
AFGHANISTAN
Sana’aSana’a QATAR
MAROCCO
Guerre (anche) di religione
Corriere della Sera
Divisione religiosa tra musulmani (%)Sono escluse le altre fedi
* La maggior parte della popolazione è musulmana ibadita
100%SunnitiSciiti
AFGHANISTAN 15 84
ALGERIA 99,90,1
ARABIA SAUDITA 5 95
AZERBAIGIAN 65 28
BAHREIN 70 30
EGITTO 941
EMIRATIARABI UNITI 16 80
IRAN 89 9
IRAQ 63 34
KUWAIT 30 45
LIBANO 36 24
LIBIA 100
MAROCCO 100
OMAN* 2 24
PAKISTAN 20 75
SIRIA 12 74
TUNISIA 99,90,1
GIORDANIA 991
YEMEN 37 63
Il presidente Assad (della minoranza alauita, legata alla confessione sciita) è impegnatoda quasi otto anni in una guerra civile contro milizie ribelli sunnite, sostenute soprattutto dall’Arabia Saudita. L'Isis ha perso la cittàdi Baghuz a fine marzo. Ora le milizie sunnite sono concentrate nella regione di Iblid. Alleati di Assad sono: Russia, Iran e sciiti libanesi
SIRIA
LIBANO
TURCHIA
IRAQ
GIORDANIA
Damasco
Palmira
Valicodi Al-Tanf
Talul al-Safa
Homs
Idlib
Quneitra
Deraa
Aleppo
Afrin
Deir Az Zor
Baghuz
Jarablus
Kobane Qamishli
Manbij
Raqqa
80km
Presenza IsisGovernativi
CurdiRibelliZona demilitarizzatacontrollata dai ribelliTurchi e ribelliGolan (Israele)
FORZE IN CAMPODa gennaio 2015 è in corso una guerra civile
tra i ribelli Houthi (di confessione sciita, aiutati dall’Iran) e il governo del presidente sunnita
Saleh (poi sostituito da Hadhi), sostenuto dall’Arabia Saudita. Il conflitto e le epidemie
hanno causato 50-60 mila morti. Dopoil cessate il fuoco del 2018, a maggio i ribelli
hanno concentrato le loro forze nel nord-ovest del Paese. Negli ultimi giorni gli Houthi
hanno abbandonato il porto di Hodeida
YEMEN
Sana’a
Amran
Mar
Ros
so
Golfodi Aden
Dhamar
IbbAtaq
Aden
Sa’dah
Ma’rib Say’unAl-Ghayda
Al-Mukalla
Socotra
Hodeida
ARABIA SAUDITA
GIBUTI
100km
Al-Bayda
Ta’izz
OMAN
Ribelli HouthiGovernativiLocalità contese
FORZE IN CAMPO
Lo scontro è tra il maresciallo Haftar (esercito nazionale libico, sostenuto da Arabia
Saudita, Emirati, Egitto e Russia) e il governo di Sarraj,
riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato da
Qatar e Turchia. Si trattadi un conflitto intersunnita.
L’offensiva di Haftarè al momento ferma alle porte
di Tripoli. Dal 4 aprile ci sono stati circa 600 morti
e 60 mila sfollati
LIBIALIBIA
NIGER
ALGERIA
TUNISIA
CHAD
SUDAN
EGIT
TO
200km
Zawiya
Sabrata
Bengasi
Al-BaydaDerna
Tobruq
Ajdabiya
Jalu
Waddan
Gadames
Sabha
Kufrah
Murzuq
Ghat
Mar Mediterraneo
FEZZAN
FORZE IN CAMPOControllo mistoMilizie legate a Sarraj HaftarIsis
CIRENAICA
Tripoli
Al-HumsMisurata
Sirte
TRIPOLITANIA
Il dibattito delle idee
di LORENZO CREMONESI
Tre violenti focolai aperti: in Siria (dove la sconfitta dell’Isise la vittoria di Assadhanno riacceso la questione curda), nello Yemen (dove l’Arabia sunnita combatte l’Iran sciita) e in Libia (dove l’Egitto sunnita sta con Haftar controle milizie sunnitedi Sarraj appoggiate dai Fratelli musulma-ni): oggi la più sanguinosa guerra intestinasi combattenel mondo islamico
Fratelli (coltelli) musulmani L a Libia è oggi il campo di battaglia preferito tra
i «fratelli coltelli» del Medio Oriente. Una sto-ria antica che si rinnova continuamente. Cer-chi islam e trovi subito divisioni, scissioni, lot-te interne, guerre fratricide. Se è ormai una ve-
rità platealmente riconosciuta quella per cui ci sono più musulmani uccisi da confratelli di fede che non daqualsiasi altro gruppo, religioso o meno, la riesplosio-ne del conflitto alle porte di Tripoli pone l’accento suuna dimensione più acuta — sebbene meno nota —del fenomeno: il braccio di ferro all’interno del mondosunnita. Non solo sciiti contro sunniti dunque, bensìsunniti contro sunniti; militanti che pregano alla stessamaniera, hanno le stesse convinzioni coraniche, rispet-tano in modo identico il Ramadan, uguali nei riti, mapronti a spararsi addosso a vicenda. Lo si ritrova tra lemacerie di Bengasi, di Sirte, alle periferie di Tripoli og-gi sotto assedio; negli orrori della Siria e dello Yemen;negli attacchi contro le comunità sciite in Afghanistane Pakistan; nei timori algerini di questa incerta transi-zione dopo il ventennale regime di Bouteflika, con lapaura di ricadere nei massacri di due decenni fa; neiracconti dei prigionieri scampati alle carceri egiziani;tra le strade di Mosul, Raqqa, Baghouz; nei tentativi diricostruire la nuova Bagdad. Una sorta di anarchico eviolento «tutti contro tutti», che contribuisce a smon-tare le teorie dello «scontro di civiltà» e certamente in-debolisce una delle percezioni tanto diffuse in Occi-dente dall’11 settembre 2001, per cui sarebbe in atto unacoerente e compatta guerra d’aggressione da parte delmondo musulmano nel suo complesso contro i figli della Rivoluzione francese e della tradizione giudaico-cristiana.
Petrolio e religioneRacconta a «la Lettura» Eugene Rogan, docente di
Storia moderna del Medio Oriente a Oxford: «La perce-zione occidentale di essere vittime dell’aggressionedell’estremismo islamico deve essere ampiamente rivi-sta se si esamina la gravità delle tensioni all’interno delmondo islamico. Soprattutto l’attacco delle truppe di Khalifa Haftar contro le milizie legate al governo di
potenzialmente sfruttabile. Ma, soprattutto, agli occhidel presidente egiziano la Libia non può diventare luo-go di rifugio degli estremisti islamici e dei Fratelli mu-sulmani, i quali stanno invece con le milizie nel campodi Sarraj. Da qui il pieno sostegno economico e bellicoad Haftar. Così, come lo stato maggiore dell’esercito alCairo fa la guerra contro Hamas a Gaza e i jihadisti nelSinai (tanto da non disdegnare la cooperazione dietrole quinte con Israele), allo stesso tempo non ha alcunaremora ad aiutare un alleato che pare voglia costruire aTripoli un regime laico centralizzato molto simile aquello di al-Sisi e per giunta fieramente deciso a elimi-nare i Fratelli musulmani in tutte le loro articolazionisia moderate che più militanti, definendoli senza ecce-zioni «pericolosi terroristi pro Isis e Al Qaeda».
Fratelli musulmani contro salafiti«All’origine dell’attuale scontro ideologico-teologico
tra sunniti — Qatar e Turchia da una parte; Arabia Sau-dita, Egitto ed Emirati dall’altra — sta la diaspora delmovimento dei Fratelli musulmani egiziani fuggiti inArabia Saudita al tempo delle persecuzioni nasserianenegli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento — spie-ga a “la Lettura” lo studioso francese dell’islam radicaleGilles Kepel, che sul tema ha appena scritto il libroUscire dal caos (verrà pubblicato in Italia a settembreda Raffaello Cortina) e tiene quest’anno un corso speci-fico all’università di Lugano —. Allora la casa regnantedegli al-Saud era dominata dalla concezione salafita-wahabita cresciuta nella penisola arabica alla fine delSettecento. Era un ideale di perfezione e purezza utopi-co che resta tuttora dominante. Proprio mentre in Eu-ropa s’imponevano gli slanci della Rivoluzione france-se e le politiche dell’Illuminismo; mentre Voltaire, Di-derot, Montesquieu e il pensiero laico aprivano all’ideadi progresso e speranza nell’avvenire per un società in-centrata sui diritti dell’individuo e la democrazia dei tanti, nel mondo musulmano si assisteva a una ricercaspasmodica degli antichi modelli sociali ripresi dal Co-rano, dalla vita di Maometto e dei primi califfati».
Le litigiose e frammentate realtà localistiche e triba-li, dove le dispute erano continuamente risolte con pic-
Fayez al-Sarraj a Tripoli contribuisce a mettere in lucele contraddizioni interne all’islam sia politico che reli-gioso. Le frizioni più profonde sono quelle non soltan-to tra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita autoproclamatasiguardiana della tradizione sunnita, bensì tra quest’ulti-ma e il Qatar e la Turchia, che non hanno nulla di sciita.Così, un Paese potenzialmente molto ricco, tra i piùgrandi esportatori di petrolio e gas al mondo, diventavittima delle tensioni regionali a causa della debolezzaendemica del suo Stato centrale dopo la defenestrazio-ne del regime di Gheddafi nel 2011».
Dalla vecchia realtà bipolare della guerra fredda,quando ben poco accadeva senza passare da Washin-gton e Mosca, al monopolio americano ormai in nettadecadenza dopo i fallimenti delle invasioni di Afghani-stan e Iraq agli inizi del secondo millennio, al multipo-larismo anarchico della scena internazionale degli ulti-mi anni, che in Medio Oriente si è declinato nella cre-scita delle tensioni tra medie potenze regionali in cercadi un rinnovato ruolo egemonico sin dal periodo delloscoppio delle «primavere arabe» nel 2011: così si con-densa la genesi del problema. Un conflitto che vede loscontro molto spregiudicato e pragmatico tra oppostevolontà di potenza, miste ad appetiti economici, manon privo di aspetti religiosi e ideologici.
Va subito ricordato che le riserve energetiche libichefanno gola a tutti. Nel 2013 si calcolava che i giacimentiammontassero a oltre 48 miliardi di barili di greggio,oltre a immense quantità di gas ancora da esplorare. Sipensi che persino in questo difficile periodo di guerrala sola Eni produce tra 270 mila e 280 mila barili di pe-trolio al giorno concentrati nel terminale di Mellitah,meno dei 348 mila raggiunti nel 2017, che comunque,associati al gas raccolto dai campi di Bahr Essalam e Wafa convogliati nel gasdotto Greenstream per la Sici-lia, in partnership con la società nazionale libica Noc,rappresentano oltre il 70 per cento della produzionenazionale, superando di gran lunga le attività della francese Total.
Non stupisce che Abdel Fattah al-Sisi, in particolare,veda la Cirenaica come una regione alle porte di casa
DOMENICA 19 MAGGIO 2019 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 5
KUWAIT
TURCHIA
MALINIGER CIAD
INDIA
EGITTO
GIORDANIA
SOMALIA
AZERBAIGIAN
EMIRATI ARABI UNITI
OMAN
BAHREIN
DamascoDamascoBeirutBagdadFalluja
TeheranKabul
Islamabad
MuscatRiyadhAbu Dhabi
TUNISIA
ALGERIALIBIA
ARABIASAUDITA
IRAQSIRIALIBANOIRAN
YEMEN
Algeri
RabatTripoli
Il Cairo
Tunisi
PAKISTAN
AFGHANISTAN
Sana’aSana’a QATAR
MAROCCO
Guerre (anche) di religione
Corriere della Sera
Divisione religiosa tra musulmani (%)Sono escluse le altre fedi
* La maggior parte della popolazione è musulmana ibadita
100%SunnitiSciiti
AFGHANISTAN 15 84
ALGERIA 99,90,1
ARABIA SAUDITA 5 95
AZERBAIGIAN 65 28
BAHREIN 70 30
EGITTO 941
EMIRATIARABI UNITI 16 80
IRAN 89 9
IRAQ 63 34
KUWAIT 30 45
LIBANO 36 24
LIBIA 100
MAROCCO 100
OMAN* 2 24
PAKISTAN 20 75
SIRIA 12 74
TUNISIA 99,90,1
GIORDANIA 991
YEMEN 37 63
Il presidente Assad (della minoranza alauita, legata alla confessione sciita) è impegnatoda quasi otto anni in una guerra civile contro milizie ribelli sunnite, sostenute soprattutto dall’Arabia Saudita. L'Isis ha perso la cittàdi Baghuz a fine marzo. Ora le milizie sunnite sono concentrate nella regione di Iblid. Alleati di Assad sono: Russia, Iran e sciiti libanesi
SIRIA
LIBANO
TURCHIA
IRAQ
GIORDANIA
Damasco
Palmira
Valicodi Al-Tanf
Talul al-Safa
Homs
Idlib
Quneitra
Deraa
Aleppo
Afrin
Deir Az Zor
Baghuz
Jarablus
Kobane Qamishli
Manbij
Raqqa
80km
Presenza IsisGovernativi
CurdiRibelliZona demilitarizzatacontrollata dai ribelliTurchi e ribelliGolan (Israele)
FORZE IN CAMPODa gennaio 2015 è in corso una guerra civile
tra i ribelli Houthi (di confessione sciita, aiutati dall’Iran) e il governo del presidente sunnita
Saleh (poi sostituito da Hadhi), sostenuto dall’Arabia Saudita. Il conflitto e le epidemie
hanno causato 50-60 mila morti. Dopoil cessate il fuoco del 2018, a maggio i ribelli
hanno concentrato le loro forze nel nord-ovest del Paese. Negli ultimi giorni gli Houthi
hanno abbandonato il porto di Hodeida
YEMEN
Sana’a
Amran
Mar
Ros
so
Golfodi Aden
Dhamar
IbbAtaq
Aden
Sa’dah
Ma’rib Say’unAl-Ghayda
Al-Mukalla
Socotra
Hodeida
ARABIA SAUDITA
GIBUTI
100km
Al-Bayda
Ta’izz
OMAN
Ribelli HouthiGovernativiLocalità contese
FORZE IN CAMPO
Lo scontro è tra il maresciallo Haftar (esercito nazionale libico, sostenuto da Arabia
Saudita, Emirati, Egitto e Russia) e il governo di Sarraj,
riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato da
Qatar e Turchia. Si trattadi un conflitto intersunnita.
L’offensiva di Haftarè al momento ferma alle porte
di Tripoli. Dal 4 aprile ci sono stati circa 600 morti
e 60 mila sfollati
LIBIALIBIA
NIGER
ALGERIA
TUNISIA
CHAD
SUDAN
EGIT
TO
200km
Zawiya
Sabrata
Bengasi
Al-BaydaDerna
Tobruq
Ajdabiya
Jalu
Waddan
Gadames
Sabha
Kufrah
Murzuq
Ghat
Mar Mediterraneo
FEZZAN
FORZE IN CAMPOControllo mistoMilizie legate a Sarraj HaftarIsis
CIRENAICA
Tripoli
Al-HumsMisurata
Sirte
TRIPOLITANIA
Chi ha vinto più premi letterari? Se lo è chiesto — in chiave americana — Emily Temple, sul sito «Literary Hub». Per circoscrivere la ricerca altrimenti infinita si è limitata ai riconoscimenti principali
(assumendosi la responsabilità della scelta). In testa, con 9 premi c’è Philip Roth, seguito da John Updike (8). Con 7 vittorie Colson Whitehead (La ferrovia sotterranea, Sur) batte Saul Bellow (6, ma uno di questi è il Nobel).
Premi in classifica
{Risvoltidi Giulia Ziino
Fratelli (coltelli) musulmani Idlib, causando altre vittime. È ovvio che senza l’aiutomilitare fondamentale di Russia e Iran, assieme allamilizia sciita dell’Hezbollah libanese, non sarebbe so-pravvissuto. E ancora oggi resta estremamente debole.Intanto però le forze curde sostenute dagli americanihanno creato una regione autonoma nel Nord Est, le-gittimata dal loro ruolo centrale nella lotta contro l’Isis.Adesso sperano di trovare un’intesa politica con Dama-sco. «I sauditi hanno scelto di non aiutare più le milizieribelli sunnite in Siria e in cambio si sono accordati coni russi, che sono una potenza militare sempre più im-portante nella regione», spiega Kepel.
Algeria e TunisiaProprio di fronte a questi disastri e al rischio di es-
serne a loro volta vittime, gran parte dei dirigenti sia tu-nisini che algerini paiono muoversi con grande circo-spezione (lo stesso spiega le realtà di Giordania e Ma-rocco). La Tunisia è aiutata da una società civile tuttosommato articolata, che anche prima della «primaveraaraba» si esprimeva con sindacati, artisti, intellettuali,partiti e mass media relativamente liberi. Ciò ha per-messo ai governi seguiti alla defenestrazione di Zine El-Abidine Ben Ali già il 14 gennaio 2011 (fu la rivoluzionepiù rapida e relativamente meno violenta di tutte) di trovare formule di coabitazione e compromesso tra leforze laiche e i Fratelli Musulmani moderati del partitoNahda.
Molte più incognite si aprono invece di fronte all’Al-geria, dove le massicce proteste di piazza negli ultimidue mesi hanno costretto la nomenklatura a dimetteredopo vent’anni il presidente Abdelaziz Bouteflika. An-ziano, malatissimo, Bouteflika dopo l’infarto soffertonel 2013 fungeva sostanzialmente da copertura al go-verno-ombra composto da militari e suoi fedelissimi.Sinora il patto sociale non scritto era che il rischio dellaripresa della guerra civile tra Fronte islamico e militarinegli anni Novanta, costata oltre 200 mila morti, servis-se da collante contro ogni cambiamento. Ma oggi quelpatto non funziona più. E le folle chiedono elezioni alpiù presto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
contrapposti possono protrarre la guerra all’infinito,come avviene nello Yemen con le tribù Houthi sciite fi-lo-Teheran e le forze sunnite governative aiutate daisauditi, sostengono gli osservatori più attenti.
In realtà, il contenzioso teologico tra sciiti e sunnitirisale alle fazioni in lotta per definire i criteri d’elezionedel successore di Maometto quattordici secoli fa. Allavisione sunnita del Califfo primus inter pares scelto daun’assemblea di notabili tra i suoi discepoli migliori sicontrappose quella sciita del discendente per legami disangue con il Profeta. Ma, anche in questo caso, è la po-litica a funzionare da detonatore. È stato dopo la rivolu-zione khomeinista del 1979 che le antiche tensioni coni Saud per il controllo del passaggio nelle acque delGolfo Persico si sono fatte più acute. L’invasione ameri-cana dell’Iraq nel 2003 ha quindi rilanciato il braccio diferro tra Teheran e Riad. E oggi le pressioni volute daDonald Trump contro l’Iran hanno come effetto colla-terale di aizzare l’intervento saudita nello Yemen e ag-gravare la situazione. Le Nazioni Unite denunciano de-cine di migliaia di morti per fame e stenti in questo Pa-ese, dove il governo centrale non funziona più dal 2015,le epidemie non vengono curate e manca qualsiasi ser-vizio essenziale.
Bashar Assad vince, ma non del tuttoSembra invece volgere al suo epilogo il conflitto in
Siria. Anche questo è stato per molti aspetti una proxywar, una guerra di prossimità. Proprio a causa di inter-venti diretti e indiretti è durata otto anni con effetti de-leteri. Si calcola quasi mezzo milione di morti, almenoil triplo di feriti. Secondo l’Alto Commissariato Onu peri rifugiati tra la primavera del 2011 e il marzo scorso iprofughi fuggiti all’estero sono stati 5,7 milioni e 6,1milioni gli sfollati interni. Il che significa che oltre unterzo degli abitanti non sta più a casa propria. L’econo-mia è in ginocchio. Città come Aleppo, Hama, Homs,Raqqa e migliaia di villaggi e centri minori sono larga-mente ridotti in macerie, molte strade interrotte. In di-verse regioni mancano ancora gli allacciamenti con lu-ce e acqua. Il regime di Bashar Assad sta adesso attac-cando le ultime milizie di oppositori nella regione di
cole guerre e razzie — aggiunge Kepel — venivano cosìsuperate, assimilate e unificate nel progetto di ritornoai rituali e codici religiosi del VII secolo dopo Cristo, ocomunque ispirato all’età d’oro del Profeta. Da una par-te la speranza nel futuro migliorabile e progressivo, dall’altra il passato come idealtipo perfetto da imitare».
I leninisti islamici in EgittoTuttavia i «Fratelli» egiziani, che pure idealmente
sposano i principi salafiti, iniziano ben presto a critica-re la corruzione della casa regnante saudita, a loro direpiù innamorata dei petrodollari che ansiosa di ritorna-re al vero islam. Continua Kepel: «Per i Saud è ovvio cheil salafismo serve per legittimarli a dinastia reale con ilprivilegio di custodire La Mecca e Medina, quindi de-positari del vero islam nella regione. Per loro i militantiegiziani diventano come leninisti musulmani, irrispet-tosi della casa regnante e unicamente interessati a co-struire la società islamica perfetta».
Il diverbio diventa insanabile. Il piccolo Qatar, in lot-ta con i sauditi per l’egemonia regionale grazie alla cre-scita della rendita petrolifera, accetta i «Fratelli» in fu-ga da Riad e ne diviene il protettore, li finanzia, fornisceasilo e forza politica. La sua rete televisiva, Al Jazeera,nel 2011 diventa centro culturale dei movimenti islami-ci legati ai «Fratelli» in tutta la regione, cresciuti dopolo scoppio delle primavere arabe. Non a caso, dopo ilgolpe militare nel luglio 2013 guidato da al-Sisi controil governo del presidente Mohamed Morsi, che l’annoprima aveva vinto le elezioni per il Partito libertà e giu-stizia legato ai «Fratelli», è ancora il Qatar ad accoglierei perseguitati politici che riescono ad espatriare.
Yemen, la guerra infinita tra viciniA Tripoli sono in tanti oggi a guardare con preoccu-
pazione al conflitto yemenita come esempio deleteriodi quanto possa diventare tragica la situazione. Qui in-fatti un amalgama esplosivo di aspirazioni egemonicheregionali e lotte teologico-religiose ha come risultato ladistruzione metodica del Paese a causa dell’interventodiretto di Iran e Arabia Saudita.
Anche in Libia i rinforzi che arrivano sui due fronti
Gli specialistiLo studioso americano
Eugene L. Rogan, nato nel1960, insegna Storia delMedio Oriente moderno
all’Università di Oxford, inGran Bretagna. Sono statipubblicati in italiano i suoi
libri Gli Arabi (traduzione diLorenzo Matteoli, Bompiani,2012) e La Grande guerra nelMedio Oriente (traduzione di
Giuseppe Bernardi,Bompiani, 2016). Inoltre
Rogan ha curato con lostorico israeliano Avi Shlaimil volume a più voci La guerra
per la Palestina (traduzionedi Alessandro Zago, il Ponte,
2004). Gilles Kepel, nato aParigi nel 1955, è un
politologo e orientalistafrancese specializzato neglistudi sul mondo islamico. Asettembre uscirà in Italia ilsuo libro Uscire dal caos. Lecrisi nel Mediterraneo e nel
Medio Oriente (RaffaelloCortina), che Kepel
presenterà in occasione delFestivaletteratura di
Mantova. Altri suoi saggipubblicati nel nostro Paese:
Oltre il terrore e il martirio(traduzione di Donata
Feroldi, Feltrinelli, 2009); Ilprofeta e il faraone
(traduzione di FabioGalimberti, Laterza, 2006);
Fitna. Guerra nel cuoredell’Islam (traduzione di
Chiara Brancaccio eLeonardo Capezzone,
Laterza, 2004); L’autunnodella guerra santa
(traduzione di GianlucaFoglia, Carocci, 2002); Jihad,ascesa e declino (traduzione
di Roberto Landucci eStefano Liberti, Carocci,2001); La rivincita di Dio(traduzione di Carmela
Torre, Rizzoli, 1991)Il movimento
I Fratelli musulmani sono unmovimento politico
integralista fondato nel1928 dall’egiziano Hasanal-Banna, per reagire alla
secolarizzazione dellesocietà arabe e imporre un
ordine politico basato sulCorano. Oggetto di una durarepressione in Egitto (Banna
venne ucciso nel 1949)sotto la monarchia e i
successivi regimi d’improntamilitare, nel 2012 i Fratelli
musulmani, dopo la cadutadi Hosni Mubarak, vinsero le
elezioni presidenziali conMohamed Morsi. L’anno
dopo però un colpo di Statomilitare esautorò Morsi,
portando al potere l’attualepresidente Abdel Fattah al-
Sisi. I Fratelli musulmani, chenon rifuggono dall’uso della
violenza, sono presenti indiversi Paesi islamici: il
movimento palestineseHamas, che controlla Gaza, è
una loro filiazione. Sonoconsiderati un gruppo
terroristico in Egitto, Siria,Arabia Saudita, Emirati
Arabi Uniti. Hanno trovatosostegno in Turchia e Qatar
i