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I fosfeni Le immagini luminose che vediamo a occhi chiusi, chiamate fosfeni, sono soggettive e si generano a livello dell'occhio o del cervello. Esse probabilmente riflettono l'organizzazione nervosa della visione di Gerald Oster 11- j 'occhio è un organo di senso la cui attività può essere facilmen- te interrotta indossando un cap- puccio nero o entrando in una stanza completamente buia. Tuttavia raramen- te si ha l'impressione di una completa oscurità. Man mano che gli occhi si adattano al buio, specialmente se il sog- getto è rilassato, possono apparire im- magini luminose: lampi di luce gene- ralmente colorata di blu, verde aran- cione o giallo. Comprimendo i bulbi oculari si possono ottenere altri tipi di immagini. Queste derivano dall'autosti- molazione delle fibre ottiche e scienti- ficamente vengono chiamate fosfeni (dal greco phos, luce e phanein, appa- rire). Poiché i fosfeni si originano a li- vello della retina e della corteccia, so- no un fenomeno che si verifica parti- colarmente nell'uomo e sono estrema- mente interessanti sia dal punto di vi- sta psicologico sia estetico. I fosfeni possono formarsi sponta- neamente oppure essere provocati in diverse maniere. Appaiono spontanea- mente in assenza di stimoli luminosi specialmente se questi mancano da molto tempo; molte visioni di mistici che usavano meditare al buio, possono essere sicuramente considerate dei fo- sfeni; anche le allucinazioni dei prigio- nieri tenuti al buio o i fantasmi che molti asseriscono di aver visto non so- no probabilmente altro che dei fosfeni. Il buio non è però indispensabile, ba- sta che manchi lo stimolo luminoso esterno, i fosfeni infatti sono un peri- colo a cui vanno incontro i camionisti che guidano per molte ore in mezzo a una tormenta di neve. Anche i piloti di aeroplano possono incorrere nei fo- sfeni, specialmente se volano da soli ad alte quote, quando il cielo è completa- mente privo di nuvole. (Ci si può chie- dere cosa vedranno gli astronauti du- rante il lungo viaggio verso Marte, in mezzo al vuoto per parecchi mesi). Èmolto istruttivo per un adulto sape- re cosa vede un bambino quando si trova nel suo letto al buio. I bambini hanno una straordinaria facilità nel su- scitare fosfeni, che si va man mano perdendo con l'avvicinarsi dell'adole- scenza. Probabilmente i fosfeni costi- tuiscono un importante elemento del mondo che circonda il bambino, in quanto egli non è ancora capace di distinguere bene i fenomeni esterni da quelli originati dal suo organismo. Pres- so la Scuola di Pediatria Golden Gate di San Francisco è stato compiu- to da Rhoda Kellogg un interessante studio su circa 300 000 disegni eseguiti da bambini di pochi anni provenienti da diversi gruppi etnici. I bambini di 2-4 anni sono capaci di usare la mati- ta, ma non sanno eseguire rappresenta- zioni realistiche: disegnano invece im- magini che derivano chiaramente dai fosfeni (si veda l'illustrazione a pagina 64). È possibile che anche l'umanità ai suoi albori usasse fare disegni derivati dai fosfeni. Immagini simili a quelle che appaiono nei fosfeni sono state rin- venute sia in grotte preistoriche, che nell'arte popolare, e in opere più. raf- finate di molte culture in periodi diver- si (si veda l'illustrazione in alto a pa- gina 66). Gli studiosi di arte antica dovrebbero, secondo me, tenere conto dei fosfeni come possibile fonte intrin- seca di ispirazione nell'uomo, quando studiano le possibili relazioni e influen- ze tra le varie culture primitive. Il fe- nomeno che generalmente va sotto il nome di « vedere le stelle » e che scien- tificamente viene detto vedere i fosfe- ni, può essere ottenuto anche median- te un colpo in testa. Un sistema meno drastico è quello di comprimersi i bul- bi oculari con le dita. Infatti se schiac- ciamo le palpebre abbassate con la punta delle dita, possiamo vedere un tipo di fosfene: generalmente appare un arco di cerchio, di circa mezzo cen- timetro di diametro (si veda l'illustra- zione a pagina 62). I fosfeni si forma- no normalmente nella parte opposta del campo visivo in cui avviene la com- pressione: se si comprimono le palpe- bre nella zona vicina al naso, essi ap- paiono nel lato esterno e viceversa. Comprimendo con più forza i bulbi oculari si ottengono fosfeni di diverso tipo. Per esempio appoggiando con for- za l'indice sul lato interno della pal- pebra e spostandolo verso la tempia si ottengono le immagini mostrate a pa- gina 62. Il campo visivo si illumina improvvisamente e poi, se la pressione dura alcuni secondi, appaiono figure si- mili a una scacchiera evanescente di punti luminosi; altre volte si possono scorgere strutture più elaborate che cir- condano un punto luminoso. Quando la pressione viene allentata, la scac- chiera generalmente scompare, lascian- do solamente la luminosità centrale. Se la pressione viene ripetuta, può ap- parire un insieme di strisce luminose irregolari simili a un sistema di vasi sanguigni. Allentando nuovamente la pressione, appare una tenue immagine simile a una filigrana che permane a lungo. La scacchiera è probabilmente dovuta alla trama regolare della retina, la filigrana invece si forma presumibil- mente assai più lontano dall'occhio in quanto la sua immagine è molto più stabile. Come il lettore potrà facilmen- te constatare compiendo esperimenti su di sé o su altri, la sensibilità individua- Questi disegni, eseguiti dall'autore, cercano di rappresentare le forme e i colori dei fosfeni, che sono tuttavia assai soggettivi. I disegni sono stati realizzati con vernici fosforescenti che brillano al buio e hanno intensità luminosa variabile come i fosfeni. 61

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Page 1: I fosfeni - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1970... · 2011. 9. 16. · to da Rhoda Kellogg un interessante studio su circa 300 000 disegni eseguiti da bambini

I fosfeniLe immagini luminose che vediamo a occhi chiusi, chiamate fosfeni,sono soggettive e si generano a livello dell'occhio o del cervello. Esseprobabilmente riflettono l'organizzazione nervosa della visione

di Gerald Oster

11- j 'occhio è un organo di senso lacui attività può essere facilmen- te interrotta indossando un cap-puccio nero o entrando in una stanzacompletamente buia. Tuttavia raramen-te si ha l'impressione di una completaoscurità. Man mano che gli occhi siadattano al buio, specialmente se il sog-getto è rilassato, possono apparire im-magini luminose: lampi di luce gene-ralmente colorata di blu, verde aran-cione o giallo. Comprimendo i bulbioculari si possono ottenere altri tipi diimmagini. Queste derivano dall'autosti-molazione delle fibre ottiche e scienti-ficamente vengono chiamate fosfeni(dal greco phos, luce e phanein, appa-rire). Poiché i fosfeni si originano a li-vello della retina e della corteccia, so-no un fenomeno che si verifica parti-colarmente nell'uomo e sono estrema-mente interessanti sia dal punto di vi-sta psicologico sia estetico.

I fosfeni possono formarsi sponta-neamente oppure essere provocati indiverse maniere. Appaiono spontanea-mente in assenza di stimoli luminosispecialmente se questi mancano damolto tempo; molte visioni di misticiche usavano meditare al buio, possonoessere sicuramente considerate dei fo-sfeni; anche le allucinazioni dei prigio-nieri tenuti al buio o i fantasmi chemolti asseriscono di aver visto non so-no probabilmente altro che dei fosfeni.Il buio non è però indispensabile, ba-sta che manchi lo stimolo luminosoesterno, i fosfeni infatti sono un peri-colo a cui vanno incontro i camionistiche guidano per molte ore in mezzo auna tormenta di neve. Anche i pilotidi aeroplano possono incorrere nei fo-sfeni, specialmente se volano da soli ad

alte quote, quando il cielo è completa-mente privo di nuvole. (Ci si può chie-dere cosa vedranno gli astronauti du-rante il lungo viaggio verso Marte, inmezzo al vuoto per parecchi mesi).

Èmolto istruttivo per un adulto sape-re cosa vede un bambino quando si

trova nel suo letto al buio. I bambinihanno una straordinaria facilità nel su-scitare fosfeni, che si va man manoperdendo con l'avvicinarsi dell'adole-scenza. Probabilmente i fosfeni costi-tuiscono un importante elemento delmondo che circonda il bambino, inquanto egli non è ancora capace didistinguere bene i fenomeni esterni daquelli originati dal suo organismo. Pres-so la Scuola di Pediatria GoldenGate di San Francisco è stato compiu-to da Rhoda Kellogg un interessantestudio su circa 300 000 disegni eseguitida bambini di pochi anni provenientida diversi gruppi etnici. I bambini di2-4 anni sono capaci di usare la mati-ta, ma non sanno eseguire rappresenta-zioni realistiche: disegnano invece im-magini che derivano chiaramente daifosfeni (si veda l'illustrazione a pagina64). È possibile che anche l'umanità aisuoi albori usasse fare disegni derivatidai fosfeni. Immagini simili a quelleche appaiono nei fosfeni sono state rin-venute sia in grotte preistoriche, chenell'arte popolare, e in opere più. raf-finate di molte culture in periodi diver-si (si veda l'illustrazione in alto a pa-gina 66). Gli studiosi di arte anticadovrebbero, secondo me, tenere contodei fosfeni come possibile fonte intrin-seca di ispirazione nell'uomo, quandostudiano le possibili relazioni e influen-ze tra le varie culture primitive. Il fe-

nomeno che generalmente va sotto ilnome di « vedere le stelle » e che scien-tificamente viene detto vedere i fosfe-ni, può essere ottenuto anche median-te un colpo in testa. Un sistema menodrastico è quello di comprimersi i bul-bi oculari con le dita. Infatti se schiac-ciamo le palpebre abbassate con lapunta delle dita, possiamo vedere untipo di fosfene: generalmente appareun arco di cerchio, di circa mezzo cen-timetro di diametro (si veda l'illustra-zione a pagina 62). I fosfeni si forma-no normalmente nella parte oppostadel campo visivo in cui avviene la com-pressione: se si comprimono le palpe-bre nella zona vicina al naso, essi ap-paiono nel lato esterno e viceversa.

Comprimendo con più forza i bulbioculari si ottengono fosfeni di diversotipo. Per esempio appoggiando con for-za l'indice sul lato interno della pal-pebra e spostandolo verso la tempia siottengono le immagini mostrate a pa-gina 62. Il campo visivo si illuminaimprovvisamente e poi, se la pressionedura alcuni secondi, appaiono figure si-mili a una scacchiera evanescente dipunti luminosi; altre volte si possonoscorgere strutture più elaborate che cir-condano un punto luminoso. Quandola pressione viene allentata, la scac-chiera generalmente scompare, lascian-do solamente la luminosità centrale.Se la pressione viene ripetuta, può ap-parire un insieme di strisce luminoseirregolari simili a un sistema di vasisanguigni. Allentando nuovamente lapressione, appare una tenue immaginesimile a una filigrana che permane alungo. La scacchiera è probabilmentedovuta alla trama regolare della retina,la filigrana invece si forma presumibil-mente assai più lontano dall'occhio inquanto la sua immagine è molto piùstabile. Come il lettore potrà facilmen-te constatare compiendo esperimenti sudi sé o su altri, la sensibilità individua-

Questi disegni, eseguiti dall'autore, cercano di rappresentare le forme e i colori deifosfeni, che sono tuttavia assai soggettivi. I disegni sono stati realizzati con vernicifosforescenti che brillano al buio e hanno intensità luminosa variabile come i fosfeni.

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le è assai varia. Conosco una donnache, se inavvertitamente si strofina gliocchi con un asciugamano la mattina,si provoca fosfeni talmente intensi, chele loro immagini continuano a sovrap-porsi alla visione normale per ore.

fosfeni dovuti alla pressione agisconoallo stesso modo di uno stimolo visi-

vo proveniente dall'esterno per quantoriguarda il fenomeno della permanenzadell'immagine. Questo fenomeno con-siste nel fatto che un'immagine cheabbia colpito la retina per dieci secon-di non sparisce immediatamente, ma ri-mane impressa, tanto che, se ci voltia-mo dopo aver visto un'immagine benilluminata verso una parete bianca de-bolmente illuminata, quest'immagine ciappare come una negativa. Il fenome-no della permanenza delle immagini av-viene anche quando dopo un'immagineluminosa, chiudiamo gli occhi e produ-ciamo fosfeni mediante pressione: laluminosità del fosfene fa in questo ca-

so da sfondo illuminato. Anche i fosfe-ni possono dare una propria immaginenegativa. Se si comprime la palpebradi un occhio leggermente aperto rivol-to verso una superficie ben illuminata,si può vedere un fosfene a forma dicerchio scuro.

Un diverso stimolo meccanico pervedere i fosfeni, si può ottenere muo-vendo rapidamente gli occhi dopo es-sere stati a lungo al buio. Questo siverifica facilmente alzandosi dal lettoquando è ancora buio. L'aspetto carat-teristico di questi fosfeni è quello diuna grande quantità di archi luminosigialli, molto chiari la prima volta, mapiù evanescenti se si cerca di ripetereil fenomeno (si veda la figura nella pa-

gina a fronte). Lo scomparso BernardNebel dell'Argonne National Laboratoryha studiato dettagliatamente questi fo-sfeni causati da movimenti. Egli haproposto che possano essere dovuti allapressione esercitata sulla retina dal-l'umor acqueo, il liquido limpido e ge-

latinoso che riempie i bulbi oculari.I fosfeni possono essere inoltre pro-

dotti da una grande quantità di sostan-ze chimiche. L'alcool, per esempio, spe-cialmente a forti dosi, può far vederelampi di luce e macchie luminose chegli alcolizzati considerano mosche chesi muovono sulla parete. Molte tossine,tra cui quelle dovute alla scarlattina,possono provocare fosfeni di questogenere. Gli allucinogeni come la me-scalina, la psilocibina e l'LSD spessoprovocano fosfeni di forme geometri-che. Senza dubbio i fosfeni sono unamanifestazione dell'intossicazione psi-chedelica. Alcuni anni fa presi una pic-cola dose di LSD (75 microgrammi)durante un esperimento sulla psicolo-gia della visione. Quando ormai tuttigli altri effetti della droga erano pas-sati continuai a vedere per ben sei me-si dei magnifici fosfeni stando a letto.Per la maggior parte si trattava di va-riazioni di alcune figure geometrichefondamentali nei colori giallo, arancio-

Premendo delicatamente la palpebra, come mostra il disegno I fosfeni cosi indotti, appaiono generalmente dalla parte op•a destra, si ottengono fosfeni di forma circolare (a sinistra), posta del campo visivo in cui è stata esercitata la pressione.

Schiacciando invece con forza i bulbi oculari, come nella figura punti luminosi che si spostano nel campo visivo (a sinistra). Ila destra, si ottengono fosfeni a forma di scacchiera, oppure disegno difficilmente riesce a rappresentare questo tipo di fosfeni.

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ne e verde. (La psilocibina, secondo al-tri ricercatori, tende a produrre fosfenidi colori più foschi come verde cupoe blu scuro).

I fosfeni possono essere anche col-legati con alcuni tipi di malattie. Colo-ro che soffrono di emicrania possonovedere figure a forma di scacchiera (siveda la figura in alto a pagina 60) ge-neralmente dalla parte opposta delcampo visivo in cui soffrono di emi-crania. Gli oculisti sanno che determi-nati tipi di fosfeni che accompagnanoi movimenti degli occhi, sono un sin-tomo di distacco della retina. Noiosifosfeni possono inoltre verificarsi a cau-sa di un tumore o a causa della ecces-siva pressione dei vasi che comprimo-no il nervo ottico o la zona visiva del-la corteccia cerebrale.

Un metodo sperimentale molto usatoè quello di indurre fosfeni mediante

stimolazione elettrica. Questo metodo fuscoperto nel XVIII secolo, e venivausato durante esperimenti pseudoscien-tifici da persone che si mettevano incircolo, unendo le mani e ricevevanouna scarica proveniente da un genera-tore elettrostatico ad alta tensione. Be-niamino Franklin, partecipando a unodi questi « trattenimenti » a Parigi, notòche durante la scarica, si vedeva unlampo di luce, anche tenendo gli occhichiusi. Alessandro Volta dedicò moltotempo a questo fenomeno; egli scopriche il lampo appariva solo all'aperturao alla chiusura del circuito, non duran-te il flusso della corrente e che erapossibile indurre fosfeni più facilmenteapplicando elettrodi alle tempie. Nel1819 il fisiologo boemo Johannes Pur-kinje pubblicò il primo lavoro detta-gliato sui fosfeni. Egli si applicò unelettrodo alla fronte e uno alla bocca eriuscí a ottenere duraturi fosfeni apren-do e chiudendo il circuito mediantesbarrette metalliche.

Il più recente e completo lavoro suifosfeni indotti dalla corrente elettricaè stato eseguito recentemente da MaxKnoll e collaboratori presso la Tech-nische Hochschule di Monaco. (Knollè molto più famoso per aver costruitoinsieme a E.A.F. Ruska nel 1932 il pri-mo microscopio elettronico). Il sistemaattualmente utilizzato per ottenere l'a-pertura e la chiusura del circuito èquello di adoperare un generatore a on-de quadre. Knoll applicò un treno dionde di questo tipo a bassa tensione(circa I volt di differenza di potenzialee 1 milliampere di intensità di corrente)alle tempie su cui aveva posato deglielettrodi impregnati di soluzione salinaper facilitare il contatto elettrico. Trovòche le onde aventi la stessa frequenzadelle onde cerebrali (tra i 5 e i 40 hertz)

erano le più efficaci per produrre i fo-sfeni. Knoll condusse esperimenti supiù di 1000 persone, ottenendo sempre,quando si erano adattate al buio, chevedessero almeno dei lampi di luce;più di metà di esse riuscivano, concen-trandosi maggiormente, a vedere figuregeometriche.

Variando la frequenza delle onde leimmagini cambiavano e alternando va-rie frequenze, il gruppo di Knoll riuscía classificare 15 gruppi di immagini (siveda l'illustrazione a pagina 66) e nu-merose variazioni nell'ambito di questigruppi. Ogni persona che aveva esegui-to l'esperimento ottenendo un determi-nato gruppo di fosfeni, a una data fre-quenza, rispondeva allo stesso modoanche dopo sei mesi. Il fatto che deter-minate frequenze provochino i fosfeni,fa presupporre un interessante fenome-no di risonanza per cui alcune cellulereagiscono contemporaneamente a sti-moli elettrici di intensità prestabilita.

I fosfeni che si formano nei soggettinormali sono stati oggetto di numerosistudi. Ho trovato che i lampi luminosinon dipendono dalla direzione dellosguardo e probabilmente si originanonella retina. Applicando un piccoloelettrodo alla palpebra, si ottiene unlampo luminoso nella stessa zona delcampo visivo in cui si trova l'elettro-do; invece nei fosfeni indotti mediantepressione si era notato che l'immagineappariva esattamente nella zona op-posta.

Nel mio laboratorio della Mount Si-nai School of Medicine di New

York abbiamo studiato le relazioni esi-stenti tra i lampi luminosi intermittentie la frequenza di stimolazione elettrica.Mordecai Shlank e io abbiamo trovatoche esiste un massimo di frequenza acui i lampi spariscono. La luce ordi-naria al di sopra di una determinata

frequenza (la frequenza critica di fu-sione) non appare più pulsante, macontinua. (La luce di una lampadinaappare intermittente alla periferia diNew York dove la corrente ha una fre-quenza di 30 hertz, ma appare conti-nua alla frequenza normale di 60hertz). Nel caso dei fosfeni indotti elet-tricamente, tuttavia, i lampi intermit-tenti non cessano con l'aumentare del-la corrente, anzi il campo diviene com-pletamente buio a una frequenza di 40hertz. Questo fenomeno è veramentestrano: quando la frequenza ha supe-rato un determinato punto critico i fo-sfeni spariscono all'improvviso, lascian-do il soggetto con la sensazione di es-sere rimasto solo nello spazio. A partequesto aspetto, il fenomeno può essereinteressante in quanto permette di di-stinguere il lato puramente neurologicodella visione dagli stimoli luminosi pro-venienti dall'esterno.

In esperimenti successivi abbiamoadoperato due generatori indipendentie quattro elettrodi in modo da poterapplicare contemporaneamente onde didue differenti frequenze. Ciascun trenodi onde superava la frequenza critica enon doveva teoricamente produrre fo-sfeni. In realtà insieme producevanofosfeni che si spostavano con anda-mento ondulatorio attraverso il campovisivo. Sembra che qualche meccani-smo nervoso sia in grado di mescolarei due segnali, che assumono un anda-mento periodico, producendo luci pul-santi, nello stesso modo in cui il siste-ma uditivo è in grado di mescolare tonidi due differenti frequenze, quandovengono percepiti simultaneamente daidue orecchi.

Quando questi fosfeni pulsanti ven-gono combinati con la visione normale,assumono determinate forme. Se unsoggetto fissa una superficie bianca benilluminata, mentre gli viene applicata

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fosfeni prodotti da rapidi movimenti dell'occhio si possono ottenere facilmente, peresempio, alzandosi dal letto in una stanza buia. Immediatamente appaiono delle seriedi archi colorati (a sinistra) che partono dalla fovea (puntino; ripetendo l'esperimentosi ottiene un'immagine più sfocata (a destra) a causa dell'affaticamento della retina.

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una corrente di frequenza piuttostoalta (circa 100 hertz), egli vede delleimmagini simili a una carta geografica.Se il campo illuminato viene periodi-camente oscurato, con una frequenzasimile a quella della corrente applicata,i fosfeni divengono evanescenti. G.S.Brindley dell'Università di Cambridgetrovò che quando l'intervallo di illu-minazione del campo è un multiploesatto della frequenza delle onde appli-cate, si ha una relazione molto strettatra gli stimoli applicati e l'andamentodei fosfeni ondulatori. Egli trovò inol-tre che si continuavano a vedere ondeluminose anche quando l'intervallo di

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illuminazione del campo aveva una fre-quenza che superava la frequenza criti-ca prima menzionata; evidentementel'apparato ottico forniva informazionisulla frequenza anche quando essa eratale da apparire continua. Non c'è dastupirsi che i nervi sappiano distingue-re nell'ambito delle alte frequenze: an-che i nervi uditivi lo fanno normal-mente.

Come ho detto all'inizio i fosfeni sem-brano originarsi in punti diversi

della trasmissione nervosa della visio-ne. Si può stimolare direttamente lacorteccia visiva del cervello in modo

da ottenere fosfeni. Questo fatto è sta-to dimostrato da numerosi ricercatori,specialmente durante interventi sul cer-vello in cui viene attuata solo l'aneste-sia locale e il paziente resta cosciente.

La tecnica della stimolazione elet-trica della corteccia cerebrale è statamolto sviluppata negli ultimi anni daWilder Penfield e collaboratori del Neu-rological Institute di Montreal. Essiapplicarono corrente alternata in va-rie zone della corteccia cerebrale, me-diante due elettrodi posti a breve di-stanza l'uno dall'altro. Lo stimolo del-la zona visiva della corteccia impe-disce al paziente la visione normale,mentre fa apparire lampi di luce. Spo-stando gli elettrodi sulla vicina areavisiva associativa, il paziente vede fo-sfeni costituiti da forme geometriche.Spostando gli elettrodi molto più lon-tano, spesso il paziente riferisce di ve-dere immagini già viste, con una vivez-za di particolari da sembrare attuali.Gli esperimenti di Penfield non sonoriusciti a stabilire in quale zona del cer-vello si formino i fosfeni, se nelle zonein cui sono stati applicati gli elettrodioppure in altri punti che si trovano lun-go la via ottica mediante la quale puòessere trasmesso lo stimolo nervoso. Viè comunque, almeno in apparenza, unacerta relazione con i movimenti del-l'occhio in quanto i fosfeni prodottimediante stimolazione della corteccia,sembrano muoversi nella stessa direzio-ne dello sguardo del paziente.

Nel cervello umano, una vasta zonadella corteccia è adibita alla visione,La zona di corteccia adibita alla solavisione distinta è 10 000 volte più gran-de della superficie della fovea, la regio-ne centrale della retina in cui si trova-no i coni strettamente avvicinati e cheha la funzione della percezione delleimmagini dettagliate. Poiché la zona vi-siva della corteccia è la più ricca disolchi, era molto difficile, durante gliesperimenti di Penfield, saggiarla tuttacon gli elettrodi, si cercò perciò diadottare nuovi metodi che permettesse-ro di stimolare selettivamente le suevarie porzioni.

Una applicazione molto utile di que-ste ricerche sarebbe quella di poter su-scitare stimoli visivi in quelle personedivenute cieche per lesioni della retinao del nervo ottico. La corteccia di que-sti pazienti reagisce agli stimoli elettri-ci anche quando non ha più ricevutoimpulsi visivi da parecchi anni. ACambridge, Brindley e W. S. Lewinhanno stabilito, in base alla topologiadella corteccia visiva, che, se si riesco-no a eccitare almeno 50 centri visivistrettamente ravvicinati, il paziente po-trebbe avere un potere risolvente suffi-

Molti disegni dei bambini possono derivare dai fosfeni. Un bambino inizia dise-gnando, secondo lo schema di Rhoda Kellogg, semplici scarabocchi (a) e « diagrammi »(b) passa poi a forme combinate (c e d) fino a costruire rappresentazioni realistiche. Leforme della fila a e b sono assai simili ai fosfeni indotti mediante corrente elettrica.

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Molte forme di arte apparse in tempi diversi sembrano avere come denominatore co-mune i fosfeni. Come esempio abbiamo preso le pitture preistoriche delle grotte di Al-meria in Spagna (in alto) e le decorazioni incise sulle terracotte messicane in basso).

Max Knoll cercò di classificare i vari tipi di fosfeni indotti elettricamente. Basandosisui rapporti di piú di 1000 volontari raggruppò i fosfeni in 15 categorie, ciascuna dellequali è qui rappresentata da un esempio e numerata secondo un criterio di affinità.Alcune figure corrispondono in un determinato individuo a uno stimolo ben preciso.

ciente per « leggere » le lettere stam-pate normalmente una alla volta; perla normale lettura veloce sono ne-cessari 600 centri. Brindley e Lewinfecero i loro primi esperimenti con ibabbuini. Essi applicarono dei minu-scoli ricevitori, rivestiti di plastica alsilicone, sotto le ossa craniche. Ciascunricevitore era collegato, mediante uncavo che passava attraverso un foropraticato nel cranio, a un elettrodo diplatino messo in contatto con la cor-teccia visiva. I ricercatori di Cambrid-ge riuscivano a eccitare i vari elettrodispostando sopra al cranio una radiotrasmittente in sintonia con le frequen-ze dei diversi ricevitori. (Il trasmettito-re, volendo, avrebbe potuto essere mes-so in azione anche da fotocellule capa-ci di percepire le radiazioni luminose.)

Dopo gli studi preliminari sui bab-buini. Brindley e Lewin applicarono 80elettrodi alla corteccia visiva di unadonna, divenuta cieca di entrambi gliocchi a causa di un glaucoma, che siera offerta spontaneamente. La pazien-te riferí di « vedere » due punti separa-ti quando venivano eccitati due ricevi-tori distanti solo due millimetri. I fo-sfeni sparivano non appena lo stimoloveniva rimosso, benché nel caso diuno stimolo molto forte si avesse il fe-nomeno della permanenza delle imma-gini. Come ci si può naturalmenteaspettare non c'è un'esatta corrispon-denza tra la localizzazione del ricevi-tore eccitato e l'apparizione di un fo-sfene sotto forma di un punto dellospazio in un determinato campo visivo.Se un paziente dovesse riconoscere del-le lettere dovrebbe prima imparare afar corrispondere un determinato in-sieme di fosfeni a una lettera dell'alfa-beto. Altrimenti si potrebbe studiareun procedimento che mediante stimo-lazioni appropriate del cervello, fornis-se fosfeni di forme più facilmente di-stinguibili.

Questo sistema di ricevitori non puòfunzionare in coloro che sono ciechidalla nascita. Essi infatti non vedono ifosfeni, al contrario di coloro che sonodivenuti ciechi in seguito a malattie oincidenti. Attualmente sto compiendodelle ricerche con alcuni oculisti perstabilire i tipi di fosfeni che possonoessere ottenuti mediante pressione ostimolazione elettrica in alcuni casi dicecità dovuti a distacco della retina, alesioni del nervo ottico e anche a di-struzione della corteccia visiva a causadi tumori. Si cerca di vedere in qualicasi si possono indurre i fosfeni in mo-do da potere in futuro applicare quel-la specie di « protesi » visiva che ab-biamo sopra descritta.

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