il fatto pp 12 13

2
12 » ESTERI | IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 6 Luglio 2015 Srebrenica 1995-2015 N » PIERFRANCESCO CURZI ellabitato di Potocari , a due passi dalla fabbrica della mor- te e dalla spianata del pianto, in mezzo ad alcune case ridot- te a ruderi, cè un campo di calcetto. Spesso è occupato da bambini e ragazzini. Indossa- no maglie di squadre di calcio importanti. Di fronte un pic- colo alimentari e la fermata dellautobus della linea che collega Srebrenica a Bratu- nac. La strada sale dolce verso la città termale. Coprire la di- stanza a piedi equivale a ritor- nare ai giorni dellorrore, la stessa distanza coperta da nu- clei familiari disgregati. Oggi non si rischia una pallottola, gli abitanti ti salutano, offro- no un cayo un bicchiere dacqua, lostacolo della lin- gua solo un dettaglio. Atti di genocidioSrebrenica, 20 anni dopo il crimine continentale di mag- giori dimensioni dagli orrori della Seconda Guerra Mon- diale. Crimini trasformati in atti di genocidiodalle sen- tenze del Tribunale Penale dell'Aja per la ex Jugoslavia (Icty). Eppure, come accade da cento anni per il Grande malearmeno, una delle parti in causa, la Serbia in questo caso, non li riconosce o li mi- nimizza. Fango sulla memo- ria degli oltre 10mila morti (sebbene la targa al memoria- porti la cifra 8.372) e sul do- lore dei loro cari. La vigilia dellanniversario numero 20 è scossa dalle polemiche sullarresto, il 10 giugno scor- so a Berna, di un leader mili- tare bosniaco, Naser Oric, at- tivo durante la guerra balca- nica. Nemico pubblico dei serbi di Bosnia, eroe per i bo- sgnacchi. Arrestato nel 2003 e processato dallIcty per Cri- mini di guerra, da cui è stato prosciolto nel 2008, stava per finire nelle mani della giusti- zia serba che ne aveva chiesto lestradizione alle autorità svizzere. Alla fine è stato e- stradato in Bosnia. Questa vi- cenda sta avvelenando il cli- ma, al punto da mettere in di- scussione lo svolgimento del- le celebrazioni dell11 luglio. Sabato, alla spianata del me- moriale di Potocari, è attesa una folla di poco inferiore al- le 100mila persone. Tra loro Capi di Stato, Ambasciatori, Ministri degli Esteri, com- preso il nostro Gentiloni; con lui anche la Presidente della Camera, Laura Boldrini. As- senti, con ogni probabilità, i vertici di Belgrado: "Aspetto di essere invitato ufficial- mente" ha replicato il pre- mier, Alexandar Vucic, pole- mizzando col sindaco di Sre- brenica, Camil Durakovic. Bosgnacco, originario di Sre- brenica, tra i pochi a essere sfuggito alla morte, attraver- so i boschi, per raggiungere Tuzla, la terra promessa. Me- no di dieci anni fa è tornato in patria dagli Stati Uniti e da cinque anni è alla guida della complessa municipalità. 'Druze Tito, mi ti se kunemo'. La frase è incisa su una lastra della fabbrica di batterie per navi a Potocaric, Gorade e e- pa, Zone protette, capace di inviare nella cittadina ter- male poche centinaia di sol- dati imberbi, impotenti e sot- tomessi al volere del generale invasore, Ratko Mladic. A ca- po del contingente olandese, il famoso Dutchbat , cera il colonnello Ton Karremans. Le immagini girate a Potoca- ri, nel video della vergogna, lo immortalano culo e cami- ciacol Boia dei Balcani; la stretta di mano di benvenuto, un bicchierino di rakija con tanto di brindisi per il buon e- sito delloccupazione, il suo genuflettersi al capo militare serbo bosniaco senza tratta- tiva alcuna, senza chiedere Attacchi e tombe La rivolta, i carrarmati e i cimiteri dentro e fuori la città Ansa Dal 7 al 18 luglio di vent anni fa trovarono la morte migliaia di bosniaci, civili, uomini, adulti, ragazzini. Esseri umani inermi. Con L Europa e il mondo fermi I PROTAGONISTI NASER ORIC Guidava le truppe bosniache: accusato di crimini contro i servi RADOVAN KARADZIC Lo psichiatra leader dei serbi di Bosnia: a processo allAja THOM KARREMANS Comandante del battaglione olandese a difesa della città I 10 giorni della vergogna per l eccidio annunciato

Upload: segnalazioni

Post on 22-Jul-2016

215 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

 

TRANSCRIPT

Page 1: Il fatto pp 12 13

12 » ESTERI | IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 6 Luglio 2015

Srebrenic a1995 -2015

N» PIERFRANCESCO CURZI

ell’abitato di Potocari , a duepassi dalla fabbrica della mor-te e dalla spianata del pianto,in mezzo ad alcune case ridot-te a ruderi, c’è un campo dicalcetto. Spesso è occupato dabambini e ragazzini. Indossa-no maglie di squadre di calcioimportanti. Di fronte un pic-colo alimentari e la fermatad el l’autobus della linea checollega Srebrenica a Bratu-nac. La strada sale dolce versola città termale. Coprire la di-stanza a piedi equivale a ritor-nare ai giorni dell’orrore, lastessa distanza coperta da nu-clei familiari disgregati. Ogginon si rischia una pallottola,gli abitanti ti salutano, offro-no un “cay” o un bicchiered’acqua, l’ostacolo della lin-gua solo un dettaglio.

“Atti di genocidio”Srebrenica, 20 anni dopo ilcrimine continentale di mag-giori dimensioni dagli orroridella Seconda Guerra Mon-diale. Crimini trasformati in“atti di genocidio” dalle sen-tenze del Tribunale Penaledell'Aja per la ex Jugoslavia(Icty). Eppure, come accadeda cento anni per il “Grandemale”armeno, una delle partiin causa, la Serbia in questocaso, non li riconosce o li mi-nimizza. Fango sulla memo-ria degli oltre 10mila morti(sebbene la targa al memoria-porti la cifra 8.372) e sul do-lore dei loro cari. La vigiliadell’anniversario numero 20è scossa dalle polemichesull’arresto, il 10 giugno scor-so a Berna, di un leader mili-tare bosniaco, Naser Oric, at-tivo durante la guerra balca-nica. Nemico pubblico deiserbi di Bosnia, eroe per i b o-sgnacchi. Arrestato nel 2003e processato dall’Icty per Cri-mini di guerra, da cui è statoprosciolto nel 2008, stava perfinire nelle mani della giusti-zia serba che ne aveva chiesto

l’estradizione alle autoritàsvizzere. Alla fine è stato e-stradato in Bosnia. Questa vi-cenda sta avvelenando il cli-ma, al punto da mettere in di-scussione lo svolgimento del-le celebrazioni dell’11 luglio.Sabato, alla spianata del me-moriale di Potocari, è attesauna folla di poco inferiore al-le 100mila persone. Tra loroCapi di Stato, Ambasciatori,

Ministri degli Esteri, com-preso il nostro Gentiloni; conlui anche la Presidente dellaCamera, Laura Boldrini. As-senti, con ogni probabilità, ivertici di Belgrado: "Aspettodi essere invitato ufficial-mente" ha replicato il pre-mier, Alexandar Vucic, pole-mizzando col sindaco di Sre-brenica, Camil Durakovic.Bosgnacco, originario di Sre-

brenica, tra i pochi a esseresfuggito alla morte, attraver-so i boschi, per raggiungereTuzla, la terra promessa. Me-no di dieci anni fa è tornato inpatria dagli Stati Uniti e dacinque anni è alla guida dellacomplessa municipalità.'Druze Tito, mi ti se kunemo'.La frase è incisa su una lastradella fabbrica di batterie pernavi a Potocaric, Gorade e e-

pa, “Zone protette”, capacedi inviare nella cittadina ter-male poche centinaia di sol-dati imberbi, impotenti e sot-tomessi al volere del generaleinvasore, Ratko Mladic. A ca-po del contingente olandese,il famoso Dut ch bat , c’era ilcolonnello Ton Karremans.Le immagini girate a Potoca-ri, nel video della vergogna, loimmortalano “culo e cami-cia” col “Boia dei Balcani”; lastretta di mano di benvenuto,un bicchierino di rakija contanto di brindisi per il buon e-sito dell’occupazione, il suogenuflettersi al capo militareserbo bosniaco senza tratta-tiva alcuna, senza chiedere

At t acch ie tombeLa rivolta,i carrarmatie i cimiteridentro e fuorila città Ansa

Dal 7 al 18 luglio di vent’anni fa trovarono la mortemigliaia di bosniaci, civili, uomini, adulti, ragazzini.Esseri umani inermi. Con L’Europa e il mondo fermi

I PROTAGONISTI

N AS E RORICG u i d avale truppebosniache:a cc u s a todi criminicontro i servi

R A D OVA NKA R A DZ I CLo psichiatraleader deiserbi diBosnia: ap ro ce ss oall’Aja

T H OMKA R R E M A N SCo m a n d a n tedelbattaglioneolandesea difesadella città

I 10 giorni della vergognaper l’eccidio annunciato

Page 2: Il fatto pp 12 13

Lunedì 6 Luglio 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | ESTERI » 13

aiuto, senza riportare l’esattaportata degli avvenimenti.Ecco, Ton Karremans, figurachiave del fallimento Onu nel1995. Eppure, appena un an-no prima, la stessa figuracciale Nazioni Unite l’av eva nofatta in un altro scenario disangue, il genocidio ruande-se. Allora toccò al generaleRomeo Dallaire – a nc h ’e ss oolandese di nascita seppurcanadese di adozione – a s s i-stere impotente allo stermi-nio dei Tutsi da parte dellemilizie dell’Hutu Power. Conuna sostanziale differenza:Dallaire denunciò il disegnogenocidiario che si stava con-sumando e cercò in tutti i mo-

di di far recepire la reale por-tata dell'evento, ricevendo incambio colpevoli silenzi.Quanto a coscienza, gli olan-desi hanno molto da farsi per-donare in Bosnia. Quando ilpeso, il fardello piuttosto,non ti fa dormire, si finiscecol tracimare nella solidarie-tà bulimica. Il governo olan-dese è in testa per donazioni aSrebrenica, oltre 120milionidi euro, destinate alle infra-strutture, al memoriale di Po-tocari e alla ricerca e ricono-scimento delle vittime; i pro-getti di volontariato si spre-cano, i meeting tra le autoritàolandesi e le organizzazionidelle vittime sono frequenti.Il mea culpa è evidente, alcu-ni soldati del Dutchbat, erosidal rimorso, tornano spessosulle rive della Drina, alcunisi sono addirittura trasferitiin pianta stabile.

Il rimorso olandeseEppure è difficile dimentica-re la connivenza del batta-glione con le atrocità, al pun-to, secondo le carte ufficialidei processi, da prendereparte alle violenze e agli stu-pri di massa, una moda nellaBosnia degli anni ’90. Doma-ni, nei pressi di Tuzla, pren-derà il via la Marcia della Vi-ta: cento chilometri in quat-tro giorni. È lo stesso traccia-to, al contrario, percorso da-gli uomini in fuga da Srebre-nica in quei giorni di lugliodel 1995. L’ultima tappa, il 10luglio, partirà da KonjevicPolje per raggiungere il me-moriale di Potocari. Percorsolastricato di corpi e fosse co-muni, realizzando la via cru-cis del dolore musulmano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

» LEONARDO COEN

Fu alla fine d’agosto del 1993che capitai a casa di Abdul-lah Sidran, poeta e dramma-turgo bosniaco. Autore delle

sceneggiature di Papà è in viaggiod’af f a ri e Ti ricordi di Dolly Bell?,Leone d’Oro del 1983. Sarajevo erastrangolata dall’assedio dei serbi.Non c’era luce. Né acqua. La gentemoriva a decine, ogni giorno. Dodi-micila vittime in tre anni. Gillo Pon-tecorvo pensava di poterlo salvareinvitandolo alla Mostra del Cinemadi Venezia, quale giurato. Ma perandarci, occorreva il nullaosta.Dell’Onu. E anche dei serbi: “Nonvoglio il consenso dei cetnici, Me-glio restare ostaggio tra gli ostaggidi Sarajevo assediata e martoriata enon chiedere permessi a chi ha resoSarajevo un cimitero”. A un certopunto, dopo che aveva accusato gliitaliani di essere fascisti e la mia rab-biosa reazione, si alzò di scatto dalpuf sul quale era seduto e uscì. Lamoglie, imbarazzata, spiegò: “È or-goglioso, è ferito nel cuore e nellamente”. La moglie era croata. Il mi-gliore amico, un serbo-bosniaco: E-mir Kusturica. Che era scappato.Prima a Belgrado. Poi in America. Sisentiva tradito. Peggio, pensava cheKusturica avesse tradito Sarajevo.

Abdullah tornò poco dopo. Inmano una bottiglia di whisky. Brin-dammo all’amicizia: “Litigare ti facapire”. Dalla finestra indicò primauna chiesa, poi un monastero bi-zantino, infine il minareto di unamoschea. Le tre anime del suo Pae-se. Mise un disco. Un colpo secco lofece sussultare: un cecchino serboaveva sparato. Cominciò a parlare –l’alcool scioglie i pensieri: “Noi, quia Sarajevo, viviamo nella fantasia,ci arriva ogni sorta di messaggio equesti messaggi ci dicono che sia-mo indispensabili al mondo e sem-bra che il mondo non possa vivere

se gli viene sequestrato un esem-plare di questa nostra razza. Poi,però, riceviamo messaggi esatta-mente contrari, che il mondo cioèpuò sopravvivere e bene, solo se rie-sce ad ammazzare tutte le fedi mi-noritarie, i gusti estetici diversi, leaffinità sessuali fantasiose... sel’Europa e il mondo vogliono viverein un modo simile... vedi, alloraquesta Europa e il mondo non sonoposti dove andare, questo Occiden-te è fascista, nessuno ci aiuta. Nonl’ipocrita Occidente, perché pensache siamo mussulmani e ci lasciaammazzare. Non l’Islam, perché

crede che non siamo abbastanzamusulmani”. Da quell’incontro conSidran sono trascorsi ventidue annied è come se fosse ieri. Sarajevo, ilmassacro di Srebrenica, la crisi delKosovo, le tensioni etniche. Perchéci risiamo con la Grande Paura della“polveriera Balcani”, ci risiamo coni grovigli di una politica che si co-niuga con corruzione e incompe-tenza, vedi l’attuale drammatica in-stabilità della Macedonia che sem-bra sempre più il preludio a qual-cosa di peggio. Il pretesto è servitosu un piatto d’argento: la sempiter-na questione della minoranza alba-nese. Non un timore, ma una terri-bile realtà: il redivivo Uçk – l’e s e r-cito di liberazione del Kosovo – ètornato in azione con blitz sangui-nosi. Né meglio va in Bosnia-Erze-

govina, serbi, croati e bosniaci col-laborano con diffidenza e recrimi-nazioni; le cicatrici dell’assedio diSarajevo sono davanti agli occhi ditutti, le macerie e i luoghi degli ec-cidi ridipinti di rosso sangue, per-ché nessuno scordi. Infine, le duegrandi emergenze: i migranti e ilterrorismo islamico. Dalla Grecia,il popolo che fugge piglia quella cheviene chiamata la “rotta balcanica”per raggiungere il Nord Europa el’esodo dei disperati rischia di ag-giungere tensioni alla tensione. Lamiccia è già innescata, come quella,assai più subdola, della Jihad dietro

l’angolo e pochi giorni fasono stati espulsi dall’I-talia alcuni kosovari.

Il fondamentalismoislamico ha solide basinei Balcani, non soltan-to in Bosnia e in Kosovoma anche in Macedonia,Bulgaria e Albania. I ser-vizi occidentali hannoprove che questi Paesisono utilizzati come a-vamposti per le organiz-zazioni legate a Isis e

al-Qaeda: dei tremila foreign fi-ghters che combattono per il Calif-fato, 500 provengono da qui. Anzi,c’è proprio una Brigata Balcanican el l ’esercito dell’Isis, comandatada Lavdrim Muhaxheri, ex coman-dante degli albanesi dello Stato i-slamico. L’estate scorsa sono statiarrestati in Kosovo 450 reclutatori.In Bosnia, negli anni del conflitto,operavano due gruppi di celluleterroristiche, gli iraniani e gli “a f-gani”, chiamati così non per l’o r i-gine ma per l’amalgama, combat-tenti islamici provenienti dal Ma-ghreb, dalla Libia, dalla Giordania edallo Yemen. In Bosnia ha operatopure l’Hua (Harakat-ul-Ansar), le-gato ad al-Qaeda. Più che “p o l v e-riera”, Balkanistan.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’A NA L I SI

Attenzione, la polverieraBalcanica non è sopita

L’EQUILIBRIO a n c o raoggi è precario, e proprioin queste zone sia l’Isi sche al-Queda hannosostenitori e gruppia loro collegati

Le dateS re b re n i c aera unae n c l avebosniacac i rco n d a t ada territoriabitatida serbibosniaci,e costituiva“un’a re adi sicurezza"co n t ro l l a t adalla Forzadi protezionedelle NazioniU n i te .

11Lug l ioVe n n eoccupata e letruppe serbo-bosniachedepor taronolapopolazionee compironoil genocidio

20S ettembreNel 2003 BillCl i n to ni n a u g u rail memoriale

TOM TOM

DJ U G O S L AV I AIN FRANTUMI

La federazione tenuta in-sieme da Tito inizia il

disfacimento dopo lasua morte, nel 1980.Nel 1990 si tiene

l’ultimo congressodel partito comu-nista.Nel 1991 la Slove-

nia si rende indi-pendente in modo

i n c r u e n to.

DLA GUERRAPER ETNIE

Sempre nel 1991 i nazionalisticroati si scontrano con i serbie anche con i bosniaci.La fase più cruenta del con-flitto - che si trascinerà fino afine 1995, con gli accordi diDayton, provocando quasi 100mila morti e centinaia di mi-gliaia di profughi - è quella dellaBosnia-Erzegovina, dove i serbiassediano a lungo Sarajevo e lealtre enclave della minoranzamusulmana.

STOR I A&GEOGRAFIA

QUALCUNO HA SENTITOPARLARE DEI ROHINGY?» FURIO COLOMBO

C'È UN POPOLO senza terra, quasi due milioni dipersone, intere famiglie di tutte le età che vengonocacciate e perseguitate da Birmania, Malesia, Thai-landia, Indonesia, Australia, dovunque tentino, conbarconi pericolosi, di approdare a una spiaggia. È unpopolo di religione islamica che tutti gli altri (sia i-slamici che buddisti) cercano di isolare, con l’espe -diente di internarli in campi in cui sono totalmenteisolati e senza limiti alla detenzione. Oppure cerca-no di fuggire su barconi di trafficanti che, molte vol-te, dopo essere stati pagati li abbandonano in mare.Non esiste un conto delle vittime e non esiste unasola personalità del mondo occidentale che abbiadenunciato l'isolamento, la cattura, l'abbandono. Il

loro difensore, è solo il Dalai Lama, men-tre il più duro avversario è il monaco bud-dista Wirathu, responsabile di moltestragi e dell'internamento in campi di pri-gionia. Ma i Rohingya non sono il solo po-polo tormentato. È impossibile dimenti-care ciò che sta accadendo alle caste po-vere dell’India. Il nuovo presidente, secondo il mo-dello di una nuova legge internazionale che lega ilconservatorismo più stretto (protezione della ric-chezza e taglio della spesa sociale ) da tempo, sulmodello americano, si lega alla “t ra d i z i o n e ” e alla“re l i g i o n e ”. Per il presidente indiano di estrema de-stra Modi, religione significa proibire con divieto as-

soluto la macellazione delle mucche, uniconutrimento nei villaggi poveri. E intanto inCina, oltre alla occupazione militare del Ti-bet, continua anche la persecuzione del po-polo Oiguro fino al punto di proibire lingua,religione e costumi, e di imporre la leggemarziale che interpreta come insurrezione

(dunque pena di morte) ogni protesta. Nel Sud delSudan è in corso da anni una guerra feroce: da unaparte ci sono reparti armati di milizie organizzateallo scopo. Dall'altra villaggi che rischiano la mortesolo per recarsi al pozzo in cerca di acqua. Il resto delmondo mostra di credere che Isis sia la sola minac-cia alla pace che, altrimenti, prevale nel mondo.