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18 Domenica 3 maggio 2009 Domenica 3 maggio 2009 19 9 Andrea Alfano Il verista nato a Castrovillari che dipinse il “popolo” il mondo degli umili, le storie degli emarginati «AI MIEI QUADRI NON METTO “Torrone” fuma, anni ’30; sopra U friddigliusu 1933-38; a lato ritratto maschile anni ’30; nella pagina di sinistra autoritratto dei primi del ’‘900; nel riquadro Andrea Alfano di TONINO SICOLI LA C R AVAT TA » A ndrea Alfano usava un singolare metodo per realizzare i suoi quadri: s’era fabbrica- to un pezzo di vetro af- fumicato attraverso il quale guardare le persone e le cose, che ritraeva poi in una pittura dalle tinte fosche e dai toni bruni, tut- ta giocata sull’effetto fumé di fi- gure che emergono dallo sfon- do. Gli piaceva evocare la realtà, co- me se si trattasse di ectoplasmi, di macchie antropomorfe, di volti e oggetti, che appaiono dall'ombra come se affiorassero dall'incon- scio. Alfano è uno degli ultimi espo- nenti di un filone artistico verista appena filtrato da una visione po- stimpressionista e postespressio- nista. Nato a Castrovillari nel 1879 da un sarto e da una cucitrice volge il suo sguardo al mondo degli umili e della povera gente di cui sa co- gliere, oltre che la maschera uma- na, emozioni e sentimenti. Nei volti vede stampati i segni della vita, le storie affaticate degli emarginati, le espressioni toc- canti dei popolani. Lasciata la Calabria nel 1902 con una borsa di studio della Pro- vincia di Cosenza si iscrive all’Ac- cademia di Belle Arti di Roma. Ma la sua ritrosia verso ogni discipli- na formativa ed un’arte accade- mica, gli fa ben presto abbando- nare gli studi, convinto com’è che il vero genio debba essere autodi- datta. A Roma stringe amicizia con un maestro del genere aneddoti- co, Antonio Mancini, con il quale avvia un lungo sodalizio anche per certe affinità tematiche ed espressive. «Se Mancini attraver- so l’intrusione materica - scrive Enrico Crispolti nella sua mono- grafia del 2002 - tentava di accen- tuare un vitalistico approccio alla consistenza esistenziale (…) nel caso di Alfano s’assiste invece ad una sottrazione temporale e spa- ziale per convergere su una rifles- sione centrata sulla condizione individuale». Mancini lo presenta al “Circolo Artistico”, dove ha modo di cono- scere molti artisti, mercanti e an- tiquarie come Giosi, Augusto e Ugo Jandolo, che lo aiutano a so- pravvivere anche quando gli vie- ne interrotta la borsa di studio. Gli amici di Mancini, come so- prattutto il pittore inglese John Sargent, cercano di inserirlo nel mercato inglese ma la sua pittura cruda e scarna non riesce ad im- porsi sui raffinati clienti del mer- cante Goupil, che sono più attrat- ti dal cromatismo splendente di Mancini. «Guardate i mie ritratti - spiega Alfano sul “Brutium” di Frangi- pane nel 1956 - Un volto, due ma- ni: null’altro. Ai miei quadri non metto la cravatta». La sua pittura è contigua per te- mi a quella di Mancini “pittore de- gli stracci”, ma il colore che nell’artista romano è denso e cor- poso, diventa nel calabrese fluido e inconsistente. Le forme sono modellate dalla luce, che le lascia tuttavia in un’atmosfera crepu- scolare. «Quelle sue impressioni di colo- re sporco e gocciolante - scrive in proposito Alfonso Frangipane nel 1914 - figure strane, accenna- te con pennellate spaziose, stra- ne, stridenti di toni (…) che lascia- no, con mal celata compiacenza del pittore, abbondanti colature, dall’alto in basso della tela, finan- co sul pavimento». La sua prima mostra è del 1906, quando espone alla 76° Esposizio- ne Internazionale della Società Amatori e Cultori di Belle Arti, as- sieme a tanti altri artisti ancora sconosciuti ma di grande avveni- re come Balla, Boccioni e Severi- ni. La Società Amatori e Cultori di Belle arti era nata a Roma nel 1829 e per un secolo (fino al 1930) ha rappresentato un punto di ri- ferimento per gli artisti romani e stranieri residenti o operanti nel- la città. Il suo potere era esercita- to soprattutto con la vendita delle opere esposte e nella scelta di quelle da acquistare per le pubbli- che istituzioni. Alfano è presente non solo all’esposizione del 1906 ma anche a quelle del 1908, 1912, 1915, 1918 e del 1920. In occasione dell’esposizione del 1915 un Au- toritratto, viene acquistato dalla Galleria Pitti (1916) per passare successivamente agli Uffizi e, in- fine, alla Pinacoteca di Ravenna, dove viene distrutto durante la guerra. Antonio Mancini annota a proposito di questo dipinto: «Fi- ne qualità sincera per amare sem- pre di più l’arte che darà tutto con l’entusiasmo del bello, del vero, del buono». Allo scoppio della Prima Guer- ra Mondiale, Alfano presta servi- zio militare presso un ospedale militare di Roma e nel 1917 espo- ne alla Mostra del bianco e nero, dove è notato da Cipriano Efisio Oppo, il futuro grand commis dell’arte durante il Fascismo. Dopo un temporaneo soggior- no a Catanzaro, presso il fratello, progetta alcuni affreschi per il convento di San Francesco a Pao- la, ma l’opera non vedrà mai l’at- tuazione. Durante il soggiorno calabrese, nel 1920 partecipa an- che alla I Mostra Calabrese d’Arte moderna, alla quale espongono migliori artisti calabresi del pe- riodo: da Rubens Santoro a Gaele Covelli, da Francesco Jerace ad Alessandro Monteleone. A Reggio Calabria nel Palazzo del Governo realizza nel 1922, in- tanto, un grande dipinto di oltre quattro metri su La ricostruzione di Reggio Calabria dopo il terre- moto del 1908, mentre alla II Biennale Calabrese del 1922 ven- de alla Real Casa uno studio e al Ministero per la Pubblica Istru- zione un dipinto, Il fornaciaro, destinato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Durante il Ventennio rifiuta di iscriversi al partito fascista e si sottrae alle mostre del regime, anche se esegue un ritratto di Be- nito Mussolini ed uno di Michele Bianchi. Alla Mostre Sindacali del 1934, 1945 e 1951 è l'amico Frangipane ad inviare le opere della propria collezione. In com- penso partecipa alle mostre cala- bresi come la IV Biennale Cala- brese nel 1926 in cui è premiato con una medaglia d'oro e dove espone per l'ultima volta con An- tonio Mancini, che morirà nel 1930. Sceglie l'isolamento e si appar- ta nel silenzio, lontano dai disa- stri della guerra e dei compro- messi politici. Sono gli anni in cui si dedica con maggiore assiduità alla poesia e nel 1936 pubblica la sua prima raccolta in versi “Pars Parva”. Trascorsa la guerra a Castrovil- lari, ritorna a Roma, dove nel 1945 allestisce una mostra anto- logica alla Galleria La Conchi- glia, che segna anche il ritorno all’attività artistica ed espositiva. Lavora instancabilmente con un ritrovato entusiasmo e nuovi successi, che culminano con i fe- steggiamenti per i suoi set- tant’anni organizzati a Roma, Ca- strovillari e Cosenza. Nel 1954 ri- ceve dal Presidente della Repub- blica Luigi Einaudi le insegne di Grand’Ufficiale al Merito. Intanto con l’età che avanza le condizioni di salute di Alfano si deteriorano: viene colpito da una forte depressione e la vista va peg- giorando fino alla quasi cecità de- gli ultimi anni. Muore a Roma nel 1967 a ottantotto anni, assistito solo dal suo medico di famiglia Vincenzo Di Vietri che lo ha accol- to in casa sua. Alfano è il pittore di un’umani- tà derelitta e sofferente, provata dalla malattia e dalla miseria. C’è nei suoi quadri un senso di uma- na pietà per gli uomini provati dalla vita, per quella composta di- gnità di chi sa affrontare con co- raggio il destino avverso. La sua sensibilità gli fa cogliere negli sguardi e nei gesti tutto il peso di una condizione esistenzia- le che è psicologica e sociale. Gli uomini e le donne si portano die- tro le proprie storie personali ma anche i tratti di un'appartenenza sociale, di una tipologia antropo- logica. Una spiritualità severa emana dalle figure dall'espressione in- tensa, dagli sguardi smarriti. Con la sua arte Alfano va alla ri- cerca dell'anima, dell'essenza co- me ha scritto di lui il filosofo Ugo Spirito. «La parola arte - scrive lui stes- so - è sinonimo di anima: come l’anima, anche l’arte non è, in sé e per sé, ponderabile, non ha misu- ra: è afenomeno». E a questa sfuggevolezza pensa probabil- mente quando dipinge, usando un linguaggio immediato, con una pittura “di getto”, stesa a lar- ghe macchie che cerca di cogliere l'attimo fuggente. Alfano non fa una pittura di racconto, con scene articolate e complesse, ma l’efficacia dell’im- magine è affidata ai singoli perso- naggi, ai loro volti, alle loro mani, senza che siano posti in alcun contesto. Pochi tratti e un pezzo di figura bastano per restituire l’immediatezza di un carattere, l’espressione di un corpo, di un atteggiamento rubato. Moderno barocco Alfano taglia l'oscurità con lame di luce che esaltano le figure rendendole drammaticamente plastiche. Come dice Cipriano Efisio Op- po, nella sua monografia del 1950, delle «ultime scosse del mo- rente Ottocento italiano, (…) e le prime scosse del Novecento (…) il nostro pittore calabrese non se n'è accorto nemmeno. Ha conti- nuato per la sua strada assolata, ove le forme si stagliano semplici e veritiere e pare non abbiano sto- ria». Alfano si colloca nella scia della tradizione artistica italiana, a partire dal naturalismo in chiaro- scuro del Seicento alla pittura ro- mantica e verista, rinnovata da spunti di cultura europea. L’in- fluenza di Daumier e di Courbet, ma anche del realismo sociale di Pellizza da Volpedo o dell'energi- co tonalismo neobarocco di Sci- pione gli fanno preferire una pit- tura calda e tonale, fatta di atmo- sfere velate e di partecipazione so- lidale. I suoi quadri sono la sinte- si stilistica di elementi dialettali e di una maniera pittorica rapida “alla francese”. «Egli ha una sua visione reali- stico-fantomatica; e parla un suo linguaggio abbreviato, nel quale le immagini assumono il valore di apparizione improvvisa. - scrive nel 1950 il pittore e critico d’arte Virgilio Guzzi, collaboratore del- la storica rivista “Primato” - Per un gusto di essenzialità il pittore (…) si riduce volentieri ad una realtà di frammenti e di rapidi ab- bozzi; strappa, per così dire, dal fondo i suoi pochi segni, le sue lu- ci e macchie». Il suo mondo è fatto di immagi- ni non finite e misteriose, abboz- zate, che suggeriscono la forma senza svelarla mai del tutto, flui- de come se si stessero conforman- do in quel momento o discioglien- do. Non c’è dubbio che l’artista ca- strovillarese, ai toni aulici e intel- lettualistici cari a tanta arte del suo tempo, preferisca uno stile sobrio e un tocco veloce. Alfano è incline ad un’arte po- polare e non trasgressiva, che parla il linguaggio dei buoni sen- timenti e che si rivolge diretta- mente al cuore della gente. Moderno barocco Nei suoi quadri c’è il senso della pietà Il pittore di un’umanità derelitta e sofferente provata dalla miseria

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18 Domenica 3 maggio 2009 Domenica 3 maggio 2009 19

9Andrea AlfanoIl verista nato a Castrovillari che dipinse il “popolo”il mondo degli umili, le storie degli emarginati

«AI MIEI QUADRINON METTO

“Torrone” fuma, anni ’30; sopra U friddigliusu 1933-38;a lato ritratto maschile anni ’30; nella pagina di sinistraautoritratto dei primi del ’‘900; nel riquadro Andrea Alfano

di TONINO SICOLI

LA C R AVAT TA »A

ndrea Alfano usavaun singolare metodoper realizzare i suoiquadri: s’era fabbrica-to un pezzo di vetro af-

fumicato attraverso il qualeguardare le persone e le cose, cheritraeva poi in una pittura dalletinte fosche e dai toni bruni, tut-ta giocata sull’effetto fumé di fi-gure che emergono dallo sfon-do.

Gli piaceva evocare la realtà, co-me se si trattasse di ectoplasmi, dimacchie antropomorfe, di volti eoggetti, che appaiono dall'ombracome se affiorassero dall'incon-scio.

Alfano è uno degli ultimi espo-nenti di un filone artistico veristaappena filtrato da una visione po-stimpressionista e postespressio-nista.

Nato a Castrovillari nel 1879 daun sarto e da una cucitrice volge ilsuo sguardo al mondo degli umilie della povera gente di cui sa co-gliere, oltre che la maschera uma-na, emozioni e sentimenti. Neivolti vede stampati i segni dellavita, le storie affaticate degliemarginati, le espressioni toc-canti dei popolani.

Lasciata la Calabria nel 1902con una borsa di studio della Pro-vincia di Cosenza si iscrive all’Ac -cademia di Belle Arti di Roma. Mala sua ritrosia verso ogni discipli-na formativa ed un’arte accade-mica, gli fa ben presto abbando-nare gli studi, convinto com’è cheil vero genio debba essere autodi-datta.

A Roma stringe amicizia conun maestro del genere aneddoti-co, Antonio Mancini, con il qualeavvia un lungo sodalizio ancheper certe affinità tematiche edespressive. «Se Mancini attraver-so l’intrusione materica - scriveEnrico Crispolti nella sua mono-grafia del 2002 - tentava di accen-tuare un vitalistico approccio allaconsistenza esistenziale (…) nelcaso di Alfano s’assiste invece aduna sottrazione temporale e spa-ziale per convergere su una rifles-sione centrata sulla condizioneindividuale».

Mancini lo presenta al “CircoloArtistico”, dove ha modo di cono-scere molti artisti, mercanti e an-tiquarie come Giosi, Augusto eUgo Jandolo, che lo aiutano a so-pravvivere anche quando gli vie-ne interrotta la borsa di studio.

Gli amici di Mancini, come so-prattutto il pittore inglese JohnSargent, cercano di inserirlo nelmercato inglese ma la sua pitturacruda e scarna non riesce ad im-porsi sui raffinati clienti del mer-cante Goupil, che sono più attrat-ti dal cromatismo splendente diMancini.

«Guardate i mie ritratti - spiegaAlfano sul “Brutium” di Frangi-

pane nel 1956 - Un volto, due ma-ni: null’altro. Ai miei quadri nonmetto la cravatta».

La sua pittura è contigua per te-mi a quella di Mancini “pittore de-gli stracci”, ma il colore chenell’artista romano è denso e cor-poso, diventa nel calabrese fluidoe inconsistente. Le forme sonomodellate dalla luce, che le lasciatuttavia in un’atmosfera crepu-scolare.

«Quelle sue impressioni di colo-re sporco e gocciolante - scrive inproposito Alfonso Frangipanenel 1914 - figure strane, accenna-te con pennellate spaziose, stra-ne, stridenti di toni (…) che lascia-no, con mal celata compiacenzadel pittore, abbondanti colature,dall’alto in basso della tela, finan-co sul pavimento».

La sua prima mostra è del 1906,quando espone alla 76° Esposizio-ne Internazionale della SocietàAmatori e Cultori di Belle Arti, as-sieme a tanti altri artisti ancorasconosciuti ma di grande avveni-re come Balla, Boccioni e Severi-ni.

La Società Amatori e Cultori diBelle arti era nata a Roma nel1829 e per un secolo (fino al 1930)ha rappresentato un punto di ri-ferimento per gli artisti romani estranieri residenti o operanti nel-la città. Il suo potere era esercita-to soprattutto con la vendita delleopere esposte e nella scelta diquelle da acquistare per le pubbli-che istituzioni.

Alfano è presente non soloall’esposizione del 1906 ma anchea quelle del 1908, 1912, 1915,1918 e del 1920. In occasionedell’esposizione del 1915 un Au-toritratto, viene acquistato dallaGalleria Pitti (1916) per passaresuccessivamente agli Uffizi e, in-fine, alla Pinacoteca di Ravenna,dove viene distrutto durante laguerra. Antonio Mancini annotaa proposito di questo dipinto: «Fi-ne qualità sincera per amare sem-pre di più l’arte che darà tutto conl’entusiasmo del bello, del vero,del buono».

Allo scoppio della Prima Guer-ra Mondiale, Alfano presta servi-zio militare presso un ospedalemilitare di Roma e nel 1917 espo-ne alla Mostra del bianco e nero,dove è notato da Cipriano EfisioOppo, il futuro grand commisdell’arte durante il Fascismo.

Dopo un temporaneo soggior-no a Catanzaro, presso il fratello,progetta alcuni affreschi per ilconvento di San Francesco a Pao-la, ma l’opera non vedrà mai l’at -tuazione. Durante il soggiornocalabrese, nel 1920 partecipa an-che alla I Mostra Calabrese d’Artemoderna, alla quale espongonomigliori artisti calabresi del pe-riodo: da Rubens Santoro a GaeleCovelli, da Francesco Jerace ad

Alessandro Monteleone.A Reggio Calabria nel Palazzo

del Governo realizza nel 1922, in-tanto, un grande dipinto di oltrequattro metri su La ricostruzionedi Reggio Calabria dopo il terre-moto del 1908, mentre alla IIBiennale Calabrese del 1922 ven-de alla Real Casa uno studio e alMinistero per la Pubblica Istru-zione un dipinto, Il fornaciaro,destinato alla Galleria Nazionaled’Arte Moderna di Roma.

Durante il Ventennio rifiuta diiscriversi al partito fascista e sisottrae alle mostre del regime,anche se esegue un ritratto di Be-nito Mussolini ed uno di MicheleBianchi. Alla Mostre Sindacalidel 1934, 1945 e 1951 è l'amicoFrangipane ad inviare le operedella propria collezione. In com-penso partecipa alle mostre cala-bresi come la IV Biennale Cala-brese nel 1926 in cui è premiatocon una medaglia d'oro e doveespone per l'ultima volta con An-tonio Mancini, che morirà nel1930.

Sceglie l'isolamento e si appar-ta nel silenzio, lontano dai disa-stri della guerra e dei compro-messi politici. Sono gli anni in cuisi dedica con maggiore assiduità

alla poesia e nel 1936 pubblica lasua prima raccolta in versi “ParsParva”.

Trascorsa la guerra a Castrovil-lari, ritorna a Roma, dove nel1945 allestisce una mostra anto-logica alla Galleria La Conchi-glia, che segna anche il ritornoall’attività artistica ed espositiva.

Lavora instancabilmente conun ritrovato entusiasmo e nuovisuccessi, che culminano con i fe-steggiamenti per i suoi set-tant’anni organizzati a Roma, Ca-strovillari e Cosenza. Nel 1954 ri-ceve dal Presidente della Repub-blica Luigi Einaudi le insegne diGrand’Ufficiale al Merito.

Intanto con l’età che avanza lecondizioni di salute di Alfano sideteriorano: viene colpito da unaforte depressione e la vista va peg-giorando fino alla quasi cecità de-gli ultimi anni. Muore a Roma nel1967 a ottantotto anni, assistitosolo dal suo medico di famigliaVincenzo Di Vietri che lo ha accol-to in casa sua.

Alfano è il pittore di un’umani -tà derelitta e sofferente, provatadalla malattia e dalla miseria. C’ènei suoi quadri un senso di uma-na pietà per gli uomini provatidalla vita, per quella composta di-

gnità di chi sa affrontare con co-raggio il destino avverso.

La sua sensibilità gli fa coglierenegli sguardi e nei gesti tutto ilpeso di una condizione esistenzia-le che è psicologica e sociale. Gliuomini e le donne si portano die-tro le proprie storie personali maanche i tratti di un'appartenenzasociale, di una tipologia antropo-logica.

Una spiritualità severa emanadalle figure dall'espressione in-tensa, dagli sguardi smarriti.Con la sua arte Alfano va alla ri-cerca dell'anima, dell'essenza co-me ha scritto di lui il filosofo UgoSpirito.

«La parola arte - scrive lui stes-so - è sinonimo di anima: comel’anima, anche l’arte non è, in sé eper sé, ponderabile, non ha misu-ra: è afenomeno». E a questasfuggevolezza pensa probabil-mente quando dipinge, usandoun linguaggio immediato, conuna pittura “di getto”, stesa a lar-ghe macchie che cerca di coglierel'attimo fuggente.

Alfano non fa una pittura diracconto, con scene articolate ecomplesse, ma l’efficacia dell’im -magine è affidata ai singoli perso-naggi, ai loro volti, alle loro mani,

senza che siano posti in alcuncontesto. Pochi tratti e un pezzodi figura bastano per restituirel’immediatezza di un carattere,l’espressione di un corpo, di unatteggiamento rubato.

Moderno barocco Alfano taglial'oscurità con lame di luce cheesaltano le figure rendendoledrammaticamente plastiche.

Come dice Cipriano Efisio Op-po, nella sua monografia del1950, delle «ultime scosse del mo-rente Ottocento italiano, (…) e leprime scosse del Novecento (…) ilnostro pittore calabrese non sen'è accorto nemmeno. Ha conti-nuato per la sua strada assolata,ove le forme si stagliano semplicie veritiere e pare non abbiano sto-ria».

Alfano si colloca nella scia dellatradizione artistica italiana, apartire dal naturalismo in chiaro-scuro del Seicento alla pittura ro-mantica e verista, rinnovata daspunti di cultura europea. L’in -fluenza di Daumier e di Courbet,ma anche del realismo sociale diPellizza da Volpedo o dell'energi-co tonalismo neobarocco di Sci-pione gli fanno preferire una pit-tura calda e tonale, fatta di atmo-sfere velate e di partecipazione so-

lidale. I suoi quadri sono la sinte-si stilistica di elementi dialettali edi una maniera pittorica rapida“alla francese”.

«Egli ha una sua visione reali-stico-fantomatica; e parla un suolinguaggio abbreviato, nel qualele immagini assumono il valore diapparizione improvvisa. - scrivenel 1950 il pittore e critico d’arteVirgilio Guzzi, collaboratore del-la storica rivista “Primato” - Perun gusto di essenzialità il pittore(…) si riduce volentieri ad unarealtà di frammenti e di rapidi ab-bozzi; strappa, per così dire, dalfondo i suoi pochi segni, le sue lu-ci e macchie».

Il suo mondo è fatto di immagi-ni non finite e misteriose, abboz-zate, che suggeriscono la formasenza svelarla mai del tutto, flui-de come se si stessero conforman-do in quel momento o discioglien-do. Non c’è dubbio che l’artista ca-strovillarese, ai toni aulici e intel-lettualistici cari a tanta arte delsuo tempo, preferisca uno stilesobrio e un tocco veloce.

Alfano è incline ad un’arte po-polare e non trasgressiva, cheparla il linguaggio dei buoni sen-timenti e che si rivolge diretta-mente al cuore della gente.

Moderno baroccoNei suoi quadri

c’è il senso della pietàIl pittore di un’umanità

derelitta e sofferenteprovata dalla miseria