il periodico del collegio ipasvi di gorizia - anno x n.3...

20
M. Schiavon EDITORIALE: L’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini Il concetto di dolore F. Banello Il dolore: P. Bonaldo la valutazione e la gestione F. Morsan A. Pellizzari G. Pigat R. Quattrocchi O. Masala Dolore e medicina complementare: l’agopuntura S. Buchini News: corsi di aggiornamento organizzati dal Collegio Provinciale I.P.A.S.V.I. di Gorizia per il 2010 Direttore responsabile: Mario Schiavon. Comitato editoriale: Consiglio Direttivo e Revisori dei Conti Collegio IPASVI di Gorizia - Via Mo- relli, 38 - 34170 Gorizia - tel/fax 0481534024 - sito web: www.ipasvigorizia.it - e-mail: [email protected]. Stampato presso: Centro Stampa Tipografia - Via Romana, 46/48 - 34074 Monfalcone (Gorizia). Aut. Trib. Gorizia n. 273 del 18/03/1997. Periodico Trimestrale. Poste Italiane SpA. Spedizione in abbonamento postale. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), art. 1, comma 2. DCB/Gorizia. feed back il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3/2010 IL DOLORE NEI PROCESSI DI CURA

Upload: hoangkiet

Post on 17-Feb-2019

237 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

M. Schiavon EditorialE: l’assistenza infermieristica ed il dolore

S. Buchini il concetto di dolore

F. Banello il dolore: P. Bonaldo la valutazione e la gestioneF. Morsana. PellizzariG. Pigatr. Quattrocchi

o. Masala dolore e medicina complementare: l’agopuntura

S. Buchini News: corsi di aggiornamento organizzati dal Collegio Provinciale i.P.a.S.V.i. di Gorizia per il 2010

Direttore responsabile: Mario Schiavon. Comitato editoriale: Consiglio Direttivo e Revisori dei Conti Collegio IPASVI di Gorizia - Via Mo-relli, 38 - 34170 Gorizia - tel/fax 0481534024 - sito web: www.ipasvigorizia.it - e-mail: [email protected]. Stampato presso: Centro Stampa Tipografia - Via Romana, 46/48 - 34074 Monfalcone (Gorizia). Aut. Trib. Gorizia n. 273 del 18/03/1997. Periodico Trimestrale. Poste Italiane SpA. Spedizione in abbonamento postale. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), art. 1, comma 2. DCB/Gorizia.

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3/2010

il dolore nei processi di cura

Page 2: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

3

4

7

15

18

19

Proprietario ed editore: Collegio Provinciale IPASVI di Gorizia - Via Morelli, 38 - 34170 Goriziatel/fax 0481534024 - sito web: www.ipasvigorizia.it - e- mail: [email protected].

Direttore responsabile: Mario SCHIAVON.

Comitato editoriale: Alessandro BATTAGLINI, Sara BUCHINI, Francesco CECCHINI, Angelo DANTE, Edi Maurizio FEDEL, Gloria GIURICIN, Orietta MASALA, Alessandra RIGOTTI, Luana SANDRIN, Adriana SVERCO, Debora VALENTINI.

Redazione: Sara BUCHINI, Angelo DANTE, Gloria GIURICIN, Orietta MASALA, Luana SANDRIN.

Grafica e stampa: Centro Stampa Tipografia - Via Romana, 46/48 - 34074 Monfalcone (Gorizia).

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3/2010

3

4

7

15

18

19

Editoriale: l’assistenza infermieristica ed il doloreM. Schiavon

Il concetto di doloreS. Buchini

Il dolore: la valutazione e la gestioneF. Banello, P. Bonaldo, F. Morsan, A. Pellizzari, G. Pigat, R. Quattrocchi

Dolore e medicina complementare: l’agopunturaO. Masala

News: corsi di aggiornamento organizzati dal Collegio Provinciale I.P.A.S.V.I. di Gorizia per il 2010S. Buchini

BachecaS. Buchini

Indice

Page 3: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

feedbackNella discussione riguardo l’assistenza infermieristi-ca rivolta alla persona con dolore in genere si è soliti rifarci alla revisione bibliografica: ricerche, apporti di discipline quali farmacologia, fisiologia, clinica nella sua più ampia accezione. Prima di tutto, però, il dolore è un’esperienza soggettiva che non si la-scia facilmente definire: ogni persona ha una propria esperienza dolorosa legata alla propria individuali-tà, cultura, al suo vissuto ed alla sua storia. Quali considerazioni possiamo riportare in proposito sulla nostra realtà professionale odierna? Il Codice deontologico dell’infermiere all’art. 34 capo IV cita: “L’infermiere si attiva per prevenire e contra-stare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera af-finché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari”.(1) L’infermiere, quindi, ha sia il compito di misurare il dolore, che quello di controllare l’efficacia della terapia, nonché quello di contrastarne e prevenirne gli effetti secondari, anche mediante l’elaborazione e l’adozione di piani assistenziali specifici.In modo innovativo ed estremamente pertinente, il codice deontologico pone l’accento su un aspetto peculiarmente morale, inquadrando i sintomi, an-che il dolore, in una prospettiva di responsabilità infermieristica. Misurare e valutare adeguatamente il dolore non rappresenta un aspetto rilevante solo dal punto di vista teorico e della ricerca, ma costitui-sce il passo fondamentale per individuare strategie di intervento più opportune e permette di disporre di adeguati parametri per verificare l’efficacia e l’ap-propriatezza del trattamento. L’infermiere è il professionista sanitario in grado di cogliere segni e sintomi che consigliano l’adozio-ne di una terapia palliativa, quando il paziente non risponde più alle terapie specifiche, o di applicare terapie idonee al controllo del dolore in presenza di condizioni patologiche che comportino un carico di sofferenza che compromette la dignità e la qualità di vita del paziente.Di recente, il ruolo degli infermieri nel sollievo dal

dolore è stato riconosciuto dall’articolo 5 comma 2 della Legge 38/2010: “... sono individuate le fi-gure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina gene-rale e ai medici specialisti in anestesia e rianima-zione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali. ...”.(2)

L’infermiere viene riconosciuto, pertanto, una figura professionale competente ed essenziale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore.Sempre nell’articolo 5 comma 2 vengono indicate le strutture nelle quali le cure palliative e la terapia del dolore si articolano a livello regionale, nonché le modalità per assicurare il coordinamento di queste due reti a livello nazionale e regionale.(2) Nelle strut-ture sanitarie per acuti, infatti, l’obiettivo è quello di guarire il malato attuando trattamenti curativi volti ad affrontare e guarire la malattia.I sintomi, ed in particolare il dolore, se non affronta-ti incidono in modo sostanziale sulla qualità di vita della persona. Proprio per questa ragione, il dolore dovrebbe essere considerato un vero e proprio para-metro vitale quindi rilevato più volte durante la gior-nata. La valutazione è elemento fondamentale per poi dar vita ad un adeguato piano terapeutico. È il paziente stesso che valuta il proprio dolore e non importa assolutamente quale scala o strumento mul-tidimensionale viene utilizzato, ma è fondamentale soprattutto che questo venga fatto.Oggi l’impegno degli infermieri è rivolto alla perso-nalizzazione dell’assistenza, all’elaborazione ed al-l’adesione a percorsi e processi di cura nonché alla ricerca, tutti strumenti per dare dignità e qualità alla vita.

3

Editoriale: l’assistenza infermieristica ed il doloreMario Schiavon

feedback

Referenze.(1) Federazione Nazionale Collegi Infermieri. Il Codice deontologico dell’infermiere [Online]. 2009 [accesso del 15 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.ipasvi.it/professione/content.asp?ID=19.(2) Parlamento italiano. Legge 15 marzo 2010, n. 38. “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolo-

re” [Online]. 2010 [accesso del 15 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/10038l.htm.

il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 4: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

LE DEFINIZIONI.Il dolore rappresenta una sfida sempre aperta, diversa ed impegnativa. Anche se il dolore è un’esperienza comune a tutti gli esseri umani, spiegare questo ter-mine in modo esaustivo non è semplice. La maggiore difficoltà si riscontra nella descrizione con poche pa-role di una realtà complessa e globale, il cui signifi-cato viene creato in maniera soggettiva dalla persona che la vive, e che è formata da specifiche compo-nenti fisiopatologiche, psicologiche, comportamen-tali e socio-culturali. La parola dolore viene spesso utilizzata dal paziente quando si rivolge al medico per spiegare e comunicare il proprio star male. Tale vissuto è determinato dalla percezione di un cambia-mento inaspettato ed inaccettabile, che da una parte incute timore e dall’altra rafforza la volontà di ripri-stinare lo stato precedente.(1)

Dal punto di vista funzionale, il dolore agisce come un sistema di allarme in grado di indicare precoce-mente la presenza di un danno; esso così svolge un ruolo di chiaro valore adattivo per la salute ed il be-nessere degli esseri viventi.(2) Proprio perché il dolore ha come funzione la difesa della vita, è stato definito come il quinto segno vitale, al pari di frequenza car-diaca e respiratoria, pressione arteriosa e temperatura corporea.(3)

Ciò nonostante, quando il dolore si trasforma da epi-sodio acuto in condizione cronica, cioè quando si protrae oltre al normale tempo di guarigione, esso perde il suo carattere di allarme ed acquista le carat-teristiche di malattia cronica.(4)

In questo senso, il cambiamento più considerevole degli ultimi decenni nell’approccio scientifico e cli-nico al dolore consta nella sostituzione del paradig-ma del dolore come sintomo, quindi indicatore di processi patologici, con quello di dolore come ma-lattia.(5)

L’International Association for the Study of Pain de-scrive in generale il dolore come un’esperienza sen-soriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno reale o potenziale del tessuto, o descritta con riferi-mento a tale danno.(6)

Tale definizione, supportata anche dall’Organizza-zione Mondiale della Sanità, evidenzia come il do-lore non deve essere inteso soltanto come sintomo di una lesione corporea, ma soprattutto come esperien-za somato-psichica unitaria. È un fenomeno non del

tutto collegato direttamente ed oggettivamente all’in-tensità dello stimolo doloroso, ma che origina e si modifica anche sulla base dell’elaborazione sogget-tiva compiuta dalle strutture cerebrali coinvolte nella gestione e nell’integrazione degli elementi cognitivo-valutativi ed affettivo-motivazionali dei vissuti.(7-8)

La fenomenologia evidenzia la dimensione perso-nale del dolore, concepito come interruzione della precisa corrispondenza tra corpo ed esistenza: non è proprio l’organo che soffre, ma la vita che si contrae e che, persa ogni intenzionalità, si organizza in base al dolore.(9)

Il dolore, qualunque sia la sua origine ed in qualsiasi modo venga vissuto, mette in discussione i punti car-dine della vita dell’uomo, creando “quella disconti-nuità sufficiente per gettare nuova luce sulle cose ed essere insieme patimento e rivelazione”.(10)

LA STORIA.Gli esseri umani hanno sempre cercato di sconfiggere il dolore e di fornire risposte adeguate a tale proble-ma. Quando ancora vivevano di caccia e di raccolta, i nostri antenati hanno appreso, con molta probabi-lità osservando gli animali, alcune modalità di com-portamento, per esempio inumidire con la saliva le parti contuse e doloranti del corpo. In seguito forse la ragione e l’esperienza li hanno indotti a bagnarle con acqua fredda e ad applicarvi foglie e radici per con-trastare sintomi, come una tumefazione, od indurre uno stato specifico, per esempio il rilassamento.(11) Con la costituzione della società e la conseguente specializzazione dei ruoli nella comunità, alcuni in-dividui sono diventati esperti nell’uso dei rimedi offi-cinali.(12) Prima della civilizzazione, magia, religione e medicina sono strettamente collegate, e la malattia ed il dolore vengono considerati una punizione di-vina causata da una negligenza umana individuale o collettiva, od una conseguenza dell’intrusione di spiriti maligni nel corpo.(13) Questa visione si arresta quando, prima in Grecia grazie a Ippocrate (460-377 a.C. circa) ed alla sua teoria dei quattro fluidi, e poi nel resto del mondo, una nuova concezione della medicina permette di interpretare in modo razionale i fenomeni naturali come il dolore.(12)

Nel Medioevo, in Occidente la cultura giudaico-cri-stiana conferisce grande valore al dolore come mez-zo di purificazione attraverso cui l’uomo giunge alla

4

feedback

Il concetto di doloreSara Buchini

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 5: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

5

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

salvezza dell’anima dopo aver messo scompiglio nel-l’ordine stabilito da Dio. In questo periodo, grazie al supporto della Chiesa, la logica della pedagogia della sofferenza si afferma: il dolore deve essere accettato, anzi ricercato tramite pratiche auto-punitive, come modalità di redenzione e crescita spirituale.(12,14)

Dopo l’anno Mille ha inizio in tutta Europa la fase pre-universitaria della medicina durante la quale, grazie alla Scuola Salernitana, la medicina inizia a laicizzarsi, e la malattia ed il dolore sono nuovamen-te considerati prodotti di cause naturali.(15)

Soltanto con Cartesio (1596-1650) il dolore diviene segnale di precisi malfunzionamenti somatici. Il filo-sofo francese sviluppa il primo paradigma organicista del dolore sottolineando la funzione biologica protet-tiva, recuperata e sistematizzata scientificamente al-l’inizio del XX secolo dal fisiologo e neurologo Char-les Sherrington (1857-1952).(7,16) Nel periodo illumini-sta il dolore viene considerato come sintomo in grado di facilitare la diagnosi da parte del medico.(17)

L’inizio dell’epoca moderna è segnato dalla fonda-mentale scoperta della trasmissione elettrica del do-lore e dalla nascita della neurofisiologia, qui si chiu-de la diatriba tra l’ipotesi aristotelica del dolore come emozione e quella di Galeno (129-216 d.C. circa), che localizzava i meccanismi del dolore nel sistema nervoso centrale.(18)

Nonostante gli enormi progressi, ancora oggi la medicina occidentale tende a considerare il dolore come un problema tecnico, togliendogli il suo ca-rattere personale e rendendo l’uomo infermo e mi-sero.(19) Con la scomparsa della cultura del dolore, la sofferenza viene rimossa dall’esperienza comune e viene confinata a luoghi preposti, per esempio gli ospedali o gli studi specialistici.(10,20) Tuttavia nella nostra civiltà, mentre da una parte si delinea la pos-sibilità di togliere di mezzo il dolore tramite la tec-nologia, dall’altra si delinea l’attitudine a ricercare il dolore stesso. L’uomo oggi abbandonato a se stesso ed estraneo al proprio universo incerto, attraverso il dolore e la marchiatura del corpo (come il piercing, il tattooing, il branding) cerca di riappropriarsi della propria dimensione antropologica e di un senso di appartenenza, elementi che nella cultura della ricer-ca del piacere e del benessere sembrano essere stati dimenticati.(18)

I PRINCIPALI MODELLI TEORICI SUL DOLORE.Negli ultimi quattro secoli, la ricerca scientifica ha sostenuto un approccio meccanicistico al tema del dolore. In tale prospettiva, le teorie della specificità (21) affermano che il dolore rappresenta una specifica

forma di sensibilità, fornita di un proprio apparato in-dipendente rispetto a quello degli altri sensi. Questa ipotesi si è per lungo scontrata con la teoria dell’in-tensità dello stimolo avanzata dal neurologo tedesco Wilhelm Erb, che sosteneva che ogni tipo di stimo-lo sensoriale può causare dolore nel caso raggiunga un’intensità sufficiente.(22) La causa diretta e lineare della sofferenza è il principale oggetto di interesse e studio delle teorie della specificità. Queste teorie rispecchiano il dualismo cartesiano che descrive il dolore partendo dall’osservazione del comportamen-to della persona.(12)

Nel 1840 il fisiologo tedesco Johannes Peter Müller (1801-1858) sostiene l’ipotesi che il cervello è in grado di ricevere informazioni sugli stimoli esterni, anche quelli dolorosi, solamente attraverso la parte sensitiva del sistema nervoso. Tuttavia nel 1894 il fi-siologo austriaco Maximilian von Frey (1852-1932) sviluppò una più organica e completa teoria della specificità del dolore, partendo dall’evidenza che la cute umana possiede una grande varietà di punti sen-soriali unici per le diverse sensazioni. Secondo tale teoria, le terminazioni libere dei nervi sono recettori specifici per il dolore.(12) Queste scoperte hanno aiu-tato le successive ricerche in campo fisiologico ad individuare i diversi tipi di fibre coinvolte nel proces-so di trasmissione e modulazione delle informazioni dolorose e ad identificare nel tratto spinotalamico “la via del dolore”.(23)

Alla fine del XIX secolo, il fisiologo tedesco Alfred Goldscheider (1858-1935) provò a dimostrare la de-bolezza delle ipotesi di von Frey e suggerì che, per poter capire a fondo i meccanismi sottesi al dolore, si debba ipotizzare un qualche processo centrale di sommazione (teoria della sommazione). Con la teoria dei modelli è possibile capire una serie di fenomeni difficili da spiegare ricorrendo ai modelli precedenti, come la persistenza della sensazione dolorosa dopo la scomparsa della causa iniziale o l’inasprimento del dolore dovuto all’effetto cumulativo.(17)

La teoria dei modelli è stato il primo passo di un lun-go processo di allontanamento dalle teorie della spe-cificità, troppo semplicistiche per poter spiegare le diverse tipologie di dolore; essa rappresenta una pre-messa necessaria alla teoria del cancello di Melzack e Wall (1965).(24) Secondo questa teoria, l’esperienza del dolore implica tre dimensioni distinte ma inter-connesse: la prima fisiologica, che descrive il cam-mino dello stimolo doloroso attraverso le vie afferenti al sistema nervoso centrale, e la seconda e la terza di natura psicologica (una riguarda la dinamica di valutazione cognitiva collegata al processo di costru-

Page 6: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

6

feedback

Referenze.(1) Notaro P, Ferrario M, Gentili M, Girotti PC, Guzzetti V, Mero-

ni A, et al. Dolore cronico, dolore inutile. Strutture di terapie del dolore in Italia. Perché un libro bianco. Milano: Società Certificatrice SPC s.r.l.; 2009.

(2) Zimmermann M, Handwerker HO. Il dolore. Lineamenti e prassi medica. Milano: Fogliazza; 1988.

(3) Stephenson J. Veterans’ pain a vital sign. JAMA Mar 1999;281(11):978.

(4) Bonica JJ. The management of pain. 1st edition. Philadelphia: Lea & Febiger; 1953.

(5) Portenoy R. Presentazione. In: Mercadante S. Il dolore. Va-lutazione, diagnosi e trattamento. Milano: Masson S.p.A.; 2006. p. IX-X.

(6) Turk DC, Okifuji A. Pain terms and taxonomies of pain. In: Fishman SM, Ballantyne JC, Rathmell JP. Bonica’s manage-ment of pain. 4th edition. Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins; 2010. p. 13-23.

(7) De Benedittis G. È davvero tutto nella mia mente? Il dolore psicogeno rivisitato. Pathos 2008;15(4):6-24.

(8) Melzack R, Casey KL. Sensory, motivational and central control determinants of pain: a new conceptual model. In: Kenshalo DR, editor. The skin senses. Springfield: Charles C Thomas; 1968. p. 423-43.

(9) Galimberti U. Enciclopedia di psicologia. Torino: Garzanti; 1999.

(10) Natoli S. L’esperienza del dolore. Le forme del patire nella cultura occidentale. 2° edizione. Milano: Feltrinelli; 2004.

(11) Tiengo M. Il dolore e il suo controllo. L’Arco di Giano 2002;33:37-56.

(12) Minuzzo S. Nursing del dolore. Roma: Carocci; 2004.(13) De Bernardo G. Il rispetto della sofferenza e della morte del-

l’uomo nella società. In: Il rispetto della sofferenza e della morte nelle principali confessioni. Pensiero, indicazioni e linee guida di accoglienza nelle strutture sanitarie. Verona: Libreria Cortina; 2002. p. 47-57.

(14) D’Onofrio F. Il dolore, un compagno scomodo. Milano: San Paolo Edizioni; 1992.

(15) Sterpellone L. I grandi della medicina. Le scoperte che hanno

cambiato la qualità della vita. Roma: Donzelli; 2004.(16) Sherrington CS. Cutaneous sensations. In: Schäfer EA, edi-

tor. Textbook of physiology. Volume 2. Edinburgh: Pentland; 1900. p. 920-1001.

(17) Rey R. The history of pain. Cambridge: Harvard University Press; 1998.

(18) Agrò FE, Fusco BM, D’Antuono A, Carassiti M. Antropologia del dolore. In: Mercadante S. Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento. Milano: Masson S.p.A.; 2006. p. 7-19.

(19) Illich I. Nemesi medica. L’espropriazione della salute. Mila-no: Paravia Bruno Mondadori Editori; 2004.

(20) Ercolani M. Malati di dolore. Aspetti medici e psicologici del paziente con dolore cronico. Bologna: Zanichelli; 1997.

(21) Schiff JM. Lehrbuch der Physiologie des Menschen. I. Mu-skel- und Nervenphysiologie. Lahr: Schauenburg M. & C.; 1858-1859.

(22) Luckey GWA. Some recent studies of pain. Am J Psychol 1895;7:109.

(23) Horn S, Munafò M. Pain: theory, research and intervention. Buckingham: Open University Press; 1997.

(24) Melzack R, Wall PD. Pain mechanisms: a new theory. Scien-ce 1965 Nov 19;150(699):971-9.

(25) Summers S. Evidence-based practice part 1: pain definitions, pathophysiologic mechanisms, and theories. J Perianesth Nurs 2000 Oct;15(5):357-65.

(26) Hughes J, Smith TW, Kosterlitz HW, Fothergill LA, Morgan BA, Morris HR. Identification of two related pentapeptides from the brain with potent opiate agonist activity. Nature 1975 Dec 18;258(5536):577-80.

(27) Melzack R. Phantom limbs and the concept of a neuromatrix. Trends Neurosci 1990 Mar;13(3):88-92.

(28) Melzack R. Pain and stress: a new perspective. In: Gatchel RJ, Turk DC, editors. Psychosocial factors in pain. Critical pers-pectives. New York: The Guilford Press; 1999.

(29) Melzack R. Pain and the neuromatrix in the brain. J Dent Educ 2001 Dec;65(12):1378-82.

(30) Melzack R. Evolution of the neuromatrix theory of pain. The Prithvi Raj Lecture: presented at the third World Congress of World Institute of Pain, Barcelona 2004. Pain Pract 2005 Jun;5(2):85-94.

zione di significato dell’esperienza del dolore, l’al-tra si riferisce ad un processo affettivo-motivazionale che dipende largamente dai valori, dalle credenze, dai tratti e dalle esperienze del singolo individuo).(25)

Secondo la teoria del cancello, a livello delle cor-na dorsali del midollo spinale esiste un cancello, un meccanismo in grado di modulare in senso facilita-torio od inibitorio la trasmissione delle informazioni dolorose dai distretti periferici verso il sistema nervo-so centrale.(24)

Nel 1975 Hughes, Smith e Kosterlitz isolarono i co-siddetti oppioidi endogeni, sostanze morfino-simili prodotte dal cervello che, legandosi ai rispettivi recet-tori nel sistema nervoso centrale, svolgono un’azione analgesica simile a quella della morfina. Tale scoper-ta ha permesso la formulazione della teoria biochi-mica dei recettori oppioidi.(26)

Dagli anni Novanta del secolo scorso, Melzack (1990, 1999), basandosi sull’osservazione di alcuni pazienti con dolore da arto fantasma, ipotizza che le sensazioni associate alla presenza illusoria di una

parte del corpo possano essere spiegate mediante l’attività di una specifica rete di neuroni cerebrali disposti tra talamo e corteccia e tra corteccia e siste-ma limbico: la neuromatrice.(27-28) Secondo la teoria della neuromatrice, che è l’evoluzione della teoria del cancello, il cervello non si limita ad elaborare i segnali provenienti dalle aree periferiche, ma genera uno schema integrale del corpo, assumendo un ruolo preminente rispetto alle strutture nervose inferiori.(29) Questa teoria fornisce una cornice concettuale nuo-va alla questione del dolore, in particolare a quella delle sindromi dolorose croniche che sono caratteriz-zate da una grande intensità del dolore e da un ruolo indefinito della patologia sottostante. Tale prospettiva sostiene che il dolore, piuttosto che essere prodotto direttamente dagli stimoli sensoriali scatenati da una lesione tissutale o da una patologia, è originato dal-l’architettura sinaptica della neuromatrice, capace di creare, fra gli altri, anche il pattern neuronale speci-fico del dolore, costituito dall’intersezione di neuro-moduli sensoriali, affettivi e cognitivi.(30)

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 7: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

7

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

IL CONTROLLO DEL DOLORE: BREVE EXCURSUS STORICO.Già al primo uomo fu concesso il controllo del dolo-re, si legge dal libro della Genesi (Gen 2, 21): “Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rin-chiuse la carne al suo posto.”.Da allora la battaglia per il sollievo del dolore è sta-ta lunga e tormentata. Nelle popolazioni primitive il dolore era visto come uno spirito nemico dentro la persona che soffriva. È su questa base che lo strego-ne o lo sciamano intervenivano sul sofferente con una leggera ferita, attraverso la quale doveva uscire lo spirito maligno che generava il dolore.Per secoli la famosa “randellata” in testa od un pu-gno alla mandibola sono stati i metodi più diffusi per rendere il malato incosciente ed insensibile al dolore.I primi tentativi per diminuire il dolore risalgono agli Egizi, la cui cultura era molto avanzata: furono i primi a capire che il freddo inibisce la circolazione e la sensibilità. Gli Egizi conoscevano la “pietra di Melfi”, una roccia che strofinata sopra le membra da amputare o cauterizzare istupidiva il paziente.L’evoluzione delle conoscenze erboristiche, fece-ro scoprire l’oppio, la mandragora e la cannabis. L’oppio (dal greco òpion), che deriva dal papavero bianco, era già conosciuto dai Sumeri nel 3500 a.C. come rimedio al mal di denti e nell’antico Egitto era conosciuto come tranquillante. La mandragora era un analgesico naturale utilizzato da Plinio il Vec-chio, naturalista romano, prima di un’operazione chirurgica.Nel 3000 a.C. gli Assiri ricorrevano a narcotici ve-getali, quali papavero, mandragora e cannabis per provocare uno stato di coma transitorio durante il quale poter operare.Nel 500 a.C. gli Indios peruviani provocavano un’anestesia della lingua e delle labbra facendo ma-sticare foglie di coca, mentre il filosofo greco Ippo-crate (460-377 a.C.) utilizzava una “spugna sopori-fera” imbevuta di oppio, giusquiamo e mandragora, per addormentare un malato.È ancora un medico greco, Dioscoride (I secolo d.C.), che coniò la parola “anaisthesia” per descrivere gli

effetti della mandragora, che ritroviamo utilizzata, nel 1200, da Domenico de Luca.Nel 1500 Valerius Cordus scoprì le proprietà ipnoti-che dell’etere etilico e Paracelso ne scopre il potere analgesico, ma ambedue non ne intuirono l’impor-tanza clinica, così la lotta al dolore procedette su altre strade. Nello stesso secolo comparirono i primi tentativi di somministrazione endovenosa di oppio mediante il calamo di una piuma.Nel 1846 venne suggellato il termine “anestesia” per indicare l’insensibilità al piacere ed al dolore. Era nata così la moderna anestesia.Nel 1853 a Londra il dottor John Snow somministrò cloroformio (già sintetizzato nel 1831) alla regina Vittoria durante il parto per la nascita del principe Leopoldo e così nasce la partoanalgesia.Nel 1901 venne effettuata la prima anestesia peridu-rale attraverso lo hiatus dell’osso sacro.Nel 1902 venne coniata la parola “anestesiologia” per indicare la scienza ed i mezzi per ottenere insen-sibilità al dolore, con o senza ipnosi.Attualmente la ricerca, nella lotta contro il dolore, si orienta in buona parte sullo studio delle endorfine, morfine fisiologiche di natura proteica scoperte nel 1974, presenti nel cervello; esse sono capaci di agire contro il dolore.

IL CONTROLLO DEL DOLORE: ASPETTI SOCIALI E RELIGIOSI.Dolore e sofferenza sono, in primo luogo, delle con-traddizioni che l’umanità ha cercato di risolvere at-traverso la religione, la filosofia, l’arte e la scienza. Nel corso dei secoli, l’opera intellettuale e creativa di teologi, filosofi, artisti e scienziati ha mostrato un incessante tentativo di comprendere essenza e signi-ficato del dolore umano.Per quanto incompreso o rifiutato, il dolore è un fe-nomeno comune, che accompagna frequentemen-te l’esistenza di ogni individuo: colpisce tutti in un modo unico ed irripetibile. Il dolore è sempre l’esperienza di una persona o l’in-terpretazione che di esso dà l’individuo che la vive e non la mera espressione di un corpo.Il processo diagnostico che l’infermiere compie per una corretta anamnesi algologica non può e non

Il dolore: la valutazione e la gestione Fabio Banello, Paola Bonaldo, Federica Morsan, Antonella Pellizzari, Gigliola Pigat, Rosa Quattrocchi (infermieri del Servizio di Anestesia del Presidio Ospedaliero di Monfalcone)

Page 8: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

8

feedback

deve limitarsi all’osservazione “oggettiva” di un do-lore fisico ma è piuttosto fondato sulla valutazione del dolore espresso.Solo riconoscendo la dimensione soggettiva del bisogno di assenza di dolore è possibile instaurare una efficiente ed efficace relazione professionale tra infermiere e paziente, quindi occorre comprendere sia il dolore provato dal paziente, sia il paziente che prova dolore.Nell’affrontare il dolore, l’operatore sanitario deve saper confrontarsi con una società che negli anni si è trasformata diventando sempre più una società mul-tietnica in cui convivono diverse culture, religioni, esperienze personali e quindi subentra anche un diverso approccio al dolore. È interessante rilevare come ancora oggi non è raro il ritenere che fattori religiosi possono influire negativamente nell’accet-tazione del dolore. Le tre religioni monoteiste, che credono in Dio, hanno una visione del dolore ab-bastanza simile, proprio perché in poche situazioni come nel momento del dolore, il rapporto tra l’uo-mo e Dio è così profondo, complesso e, per alcuni versi, contraddittorio. Certamente l’uomo ha paura del dolore fisico, teme la morte, si sente solo e talo-ra abbandonato dal suo Dio. Nelle preghiere delle tre religioni è comune la richiesta di essere riservati dal dolore, ma viene ribadita anche l’accettazione di questa condizione.Nelle altre religioni quali il buddismo e l’induismo, il rapporto con il dolore è ancora diverso. Il buddi-smo parte dal presupposto che tutta la vita è dolo-re. Il Buddha ha insegnato la strada per emanciparsi dal dolore attraverso la meditazione. Il buddismo si può definire un pensiero filosofico di tipo religioso, dove il dolore è ritenuto il maggiore dei mali, e la sua risoluzione avviene mediante la meditazione. L’induismo vede la causa della sofferenza nell’iso-lamento dell’uomo. Anche per l’induismo, l’essere umano deve fondersi con Dio e con tutto ciò che esiste attraverso la meditazione. Per questa religione, comprendere la sofferenza è il primo passo verso la liberazione da essa.Nella discussione attorno all’assistenza infermieristi-ca per il dolore, o per meglio dire per la persona con dolore, in genere ci si rifà alla revisione bibliografica: ricerche, apporti di discipline quali farmacologia, fi-siologia, clinica. In effetti l’approccio alla questione dolore non può essere che interdisciplinare, poiché il dolore è di per sé un’esperienza umana comples-sa. Forse è il sintomo che per eccellenza esprime l’olismo della persona: per esempio nell’adulto il dolore determina un incremento della pressione sia

sistolica che diastolica, in conseguenza dello stato di stress generale provocato dal dolore; nel neona-to, invece, determina tra l’altro iperglicemia. Prima di tutto, però, il dolore è un’esperienza soggettiva che non si lascia facilmente definire: ogni persona ha una propria esperienza dolorosa legata alla pro-pria individualità, cultura, al suo vissuto ed alla sua storia, tanto che è spesso relativo confrontare fra loro due stati di sofferenza. La scelta del migliore rimedio ed assistenza dovrebbe porre nelle migliori condi-zioni possibili di espressione: conoscenze, esperien-za, ricerca costituiscono l’attrezzatura idonea per la situazione. Qui si affacciano le prime perplessità: il processo di acquisizione delle conoscenze si muove fondamentalmente su due coordinate che hanno tra loro un’azione sinergica: da una parte il dinamismo, ovvero l’apertura, la disponibilità al cambiamento, al superamento del presente per progredire verso il futuro, dall’altra il conservatorismo, cioè la tendenza al mantenimento dello status quo e della stabilità, certamente rassicurante e confortante. In ciascuno coesistono queste due anime, sebbene con propor-zioni diverse a seconda del soggetto, del momento e del contesto in cui si è inseriti. Se si guarda com-plessivamente all’esperienza professionale e perso-nale degli infermieri dei settori assistenziali più vari, si può constatare che ognuno sembra colto da uno strano virus: quello della soggettività. Tutti devono ammettere una certa partigianeria nei confronti del loro punto di vista: sono naturalmente portati a valo-rizzare, privilegiare ciò che è loro, mentre in genere si sottovaluta ciò che sembra contraddirlo o minac-ciarlo. Ne consegue che nell’agire infermieristico la tendenza a categorizzare, classificare può produrre automatismi dei tipo: “... di sicuro la terapia miglio-re per il dolore postoperatorio è ...”, “... le persone ansiose soffrono di più il dolore ...”, “... gli uomini sopportano di più il dolore delle donne ...”. Resta però il fatto che, nell’ambito di una relazione sup-portiva, la produzione di stereotipi deve essere co-stantemente monitorizzata mediante la consapevo-lizzazione. Lavorare per non farsi costringere dagli stereotipi è un percorso faticoso, che si incentra sulla formazione permanente, sulla consapevolezza di sé, sulla riflessione etica e deontologica. Chi è chiama-to a prendersi cura dell’altro ha delle responsabilità precise, oltre che verso sé, anche rispetto all’altro, alla persona assistita; questo deve rappresentare lo stimolo costante al confronto con l’abitudine ed i li-miti personali e professionali.Tuttavia è a partire dalla realtà di oggi che si deve riprogettare il percorso di rinnovamento dell’assi-

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 9: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

9

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

stenza infermieristica. Quali considerazioni si pos-sono riportare in proposito sulla realtà professionale odierna?• La consuetudine risulta spesso ancora prevalente

(“... in questo reparto, per il dolore ci si è sempre comportati così ...”), come meccanismo di difesa rispetto ad una complessità organizzativa ed alla repentinità di cambiamenti per la figura profes-sionale infermieristica.

• L’evidenza scientifica contribuisce ad orientare l’approccio assistenziale. É vero che fa parte della realtà professionale, ma non va dimenticata l’im-portanza di un processo di consapevolizzazione dei valori deontologici che sono alla base della professione infermieristica. Da ciò scaturisce la necessità di riorientare i professionisti rispetto al significato di protocolli e linee guida, chiarendo che si tratta di linee guida e non di una guida alla linea.

• Il confronto tra diverse culture professionali non sempre porta a risultati eticamente e deontolo-gicamente soddisfacenti sui bisogni dei pazienti, ma addirittura si instaurano tensioni o conflitti nello stesso team.

• I progressi della ricerca non devono essere igno-rati: tutto quanto è possibile fare per alleviare il dolore deve trovare l’infermiere in prima linea. Giustamente l’accento è posto sul dolore preve-nibile e prevedibile: provare a riflettere su quanta parte del dolore ha queste caratteristiche lascia stupiti e pensosi, perché molte delle pratiche in-vasive e cruente potrebbero assumere altra luce. Per non dire quanto dolore potrebbe essere ridot-to od eliminato. Che dire poi del giudizio morale sommerso che stimola il dolore? Soffrire con di-gnità ha prodotto più sofferenza che non la peste, ma non risulta da alcuna ricerca o statistica. La persona che tollera il dolore in silenzio, con con-tenimento, da sempre attira l’approvazione più di colui che si lamenta.

• Quali raccomandazioni possono essere espresse per gli infermieri? Accanto a linee guida e proto-colli terapeutici per il dolore, sarebbe importante esistesse un vaccino contro il pregiudizio. Tutte le volte che si pensa che dolore fa rima con soppor-tazione, l’allarme deve scattare prontamente per portare a verificare la veridicità.

• Dare parola al dolore resta un imperativo ed un dovere a cui non è possibile sottrarsi. Ascoltare il dolore è già curare. Al dolore non si risponde con il silenzio.

OSPEDALE SENZA DOLORE: ESPERIENZE INTERNAZIONALI E NAZIONALI.Gli Acute Pain Services (in italiano Servizi del Dolo-re Acuto) nascono negli Stati Uniti dall’esperienza di John Bonica, anestesista italo-americano che negli anni cinquanta fondò la clinica del dolore; qui vi era la possibilità di effettuare la terapia del dolore sia esso acuto o cronico, attuando un passo avanti nel campo assistenziale sia da un punto di vista etico che scientifico.Attualmente negli Stati Uniti tutti gli ospedali sono dotati di questi servizi, generalmente composti da anestesisti, infermieri esperti nei problemi connessi al dolore, farmacisti, spesso fisioterapisti che seguo-no il paziente nelle 24 ore prima dell’intervento fino a 48-72 ore dopo.In Europa la situazione è disomogenea, nel nord Eu-ropa la loro diffusione è ampia (Inghilterra, Olanda, Svezia), mentre in altri paesi, tra i quali l’Italia, la gestione del dolore post-operatorio non è ancora standardizzata e spesso è basata sulla disponibilità e sulle competenze dei singoli professionisti.Rawal e Berggren nel 1994 hanno proposto un par-ticolare modello di Acute Pain Service (A.P.S. nurse based anesthesiologist-supervised) in cui l’anestesi-sta è affiancato da una figura infermieristica dedica-ta: il pain nurse, infermiere esperto nel dolore che è responsabile del controllo del dolore post-operato-rio. Questo infermiere diventa il punto di riferimento e collegamento tra le varie fasi ed i diversi operatori del processo di gestione del dolore.In Italia la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva ha delineato le linee guida per il trattamento del dolore post-ope-ratorio definendo l’Acute Pain Service una struttu-ra multiprofessionale nata con lo scopo di ridurre il dolore post-operatorio e raccomandando la sua istituzione nei maggiori ospedali. Il team di questo servizio dovrebbe applicare i protocolli sulla gestio-ne del dolore, monitorare l’efficacia degli interventi terapeutici adeguando e personalizzando la terapia antalgica.Tale servizio ha dunque un’importanza determinante perché incrementa la sicurezza e la gestione del do-lore post-operatorio, riducendone le problematiche, accelerando la ripresa, e quindi il recupero dell’au-tonomia del paziente; il sollievo dal dolore determi-na un senso di benessere generale e sembra ridurre gli effetti avversi (nausea e vomito). La personaliz-zazione della cura del dolore ha lo scopo di legare l’intervento ad uno specifico piano terapeutico che tenga conto non solo delle evidenze scientifiche, dei

Page 10: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

10

feedback

protocolli e delle linee guida ma anche della realtà sociale e delle specificità individuali della persona cui le prestazioni sono rivolte.In Italia esistono gli Acute Pain Services solo in al-cuni gradi strutture sanitarie attive nelle 24 ore con personale dedicato, quindi la strada da percorrere è ancora lunga.L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato che l’Italia è agli ultimi posti per consumo di morfi-na in Europa. Questo ha fatto sì che, allo scopo di arginare la prevalenza del dolore negli ospedali, il Ministero della Sanità ha lanciato nel 2001 a livel-lo nazionale il progetto “Ospedale senza Dolore” prendendo esempio da alcuni paesi europei dove l’esperienza a tal proposito era già avanzata.Il progetto ha tra i suoi obiettivi principali:• migliorare il processo assistenziale specificata-

mente rivolto al controllo del dolore di qualsiasi origine;

• creare una diffusa e capillare coscienza del pro-blema dolore;

• sviluppare una sensibilità tra il personale sanita-rio sul trattamento del dolore e mettere in atto tutte le misure possibili per contrastarlo, indipen-dentemente dal tipo e dalle cause che lo origina-no;

• modificare le attitudini ed i comportamenti dei professionisti aumentando la consapevolezza del dolore, a volte sottovalutato o considerato un evento ineluttabile.

Nell’ambito del progetto viene raccomandata l’isti-tuzione di un Comitato per l’Ospedale senza Dolore in ogni struttura, composto da un referente della di-rezione sanitaria, da esperti della terapia del dolore, da specialisti coinvolti nel trattamento del dolore post-operatorio e da altre figure professionali abi-tualmente dedicate agli interventi di controllo del dolore. Tale comitato è nello stesso tempo motore e garante della realizzazione delle strategie atte a raggiungere l’obiettivo principale: il controllo del dolore.Le finalità del comitato sono:• assicurare un osservatorio specifico per il dolore;• promuovere protocolli per il suo trattamento;• promuovere l’educazione continua del persona-

le nell’ottica di un continuo miglioramento della qualità dell’ assistenza;

• monitorare il consumo di analgesici (in particola-re degli oppioidi);

• avviare modalità uniformi di valutazione e rileva-zione del sintomo dolore.

IL DOLORE COME QUINTO PARAMETRO VITALE E LA SUA MISURAZIONE.Dal 2001, su proposta dell’allora ministro Umber-to Veronesi, il dolore viene misurato con regolarità come altri parametri vitali quali la pressione arterio-sa, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e la temperatura corporea, tanto che l’American Pain Society definì il dolore come quinto parametro vi-tale.Il dolore, quindi, al pari degli altri parametri vitali si “osserva” e ciò implica una vasta gamma di rileva-zioni per completare un quadro clinico. Gli infer-mieri devono, perciò, considerare il dolore non solo fisicamente, ma cognitivamente, relazionalmente, affettivamente e socialmente.Perché considerare il dolore come quinto parametro vitale? Perché indipendentemente da tipo, modello e causa, il dolore, se non trattato, può avere effetti dannosi sul paziente.Accertamento e valutazione quindi sono il primo passo per il controllo del dolore.Le scale del dolore permettono di misurare ed og-gettivare un’esperienza, quale il dolore, soggettiva e sensoriale. Tali scale hanno un’unità di misura co-mune, quindi se applicate offrono una valutazione qualitativa e quantitativa dell’esperienza di dolore proporzionale alla sensazione della persona e con-frontabile con altri punteggi ottenuti in tempi diversi sul medesimo paziente; inoltre, queste scale deriva-no la misurazione di dolore da indicatori oggettivi.Scale oggettive.Le scale oggettive, a cui appartengono le misure comportamentali e fisiologiche, impiegano parame-tri di valutazione esterni al soggetto e sono compila-te dal personale sanitario.Scale soggettive.Le scale soggettive (o self-report o scale di autova-lutazione) vengono così chiamate perché compren-dono strumenti che richiedono al paziente di dare una personale descrizione e/o valutazione della sensazione dolorosa vissuta. Tra tutti gli strumenti, questa categoria è considerata la più importante nel-la valutazione del dolore perché accanto all’inten-sità di dolore, tali scale rilevano informazioni sulle componenti cognitive, emozionali, sensoriali e com-portamentali, pertanto forniscono dati più affidabili sulla sensazione di dolore; tuttavia, favoriscono la comparsa di bias nelle risposte dei soggetti. In parti-colare, si dividono in: scale unidimensionali e mul-tidimensionali. Le scale unidimensionali valutano solo l’intensità del dolore.

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 11: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

11

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

• Scala Analogica Visiva (VAS). Al paziente viene presentato il disegno di una linea orizzontale o verticale di dieci centimetri di lunghezza; l’estre-mità sinistra è contrassegnata dall’etichetta “do-lore assente” e l’estremità destra da “il peggior dolore possibile”. Al paziente è chiesto di appor-re un segno lungo il continuum, corrispondente alla sensazione di dolore vissuta. La distanza, espressa in centimetri, dall’estremità sinistra del-la scala coincide con la valutazione.

• Scala Grafica Verbale (VRS). Questa scala è una linea orizzontale di 10 centimetri, lungo la quale ad intervalli costanti sono disposte etichette ver-bali per definire l’esperienza di dolore, comprese tra “assenza di dolore“ (estremità sinistra della scala) e “il peggior dolore possibile” (estremità destra). Il paziente deve indicare l’etichetta che coincide con la sua sensazione di dolore.

• Scala Numerica Semplice (NRS). Il paziente do-vrebbe selezionare un numero corrispondente alla sua intensità di dolore: da una linea di 10 centi-metri numerata da 0 a 10, dove 0 indica “assenza di dolore” e 10 “il peggior dolore possibile”.

Le scale multidimensionali misurano più costrutti (ad esempio l’intensità di dolore, paura, ansia).• Scala delle espressioni facciali. Consiste in una

serie di disegni raffiguranti espressioni facciali comprese tra il sorriso ed il pianto.

• Diario del dolore quotidiano.• Mappa del dolore attraverso un diagramma.• Questionario attraverso un’intervista con il me-

todo PQRST che raccoglie i dati relativi a cosa lo provoca, la sua qualità, la sua irradiazione, la severità ed il tempo.

Tutte le scale di misurazione hanno bisogno comun-que da parte dell’infermiere di un ascolto attivo del paziente.

IL SERVIZIO DI ANESTESIA DEL PRESIDIO OSPE-DALIERO DI MONFALCONE.Tale servizio ha come sua mission quella di rendere il più sopportabile possibile l’immediato post-opera-torio ai pazienti, attraverso un adeguato controllo del dolore e quindi una terapia antalgica appropriata.Per la sua formazione, il medico anestesista risulta essere la figura di riferimento ed è supportato da per-sonale infermieristico che ha sviluppato, negli anni, competenze e conoscenze in merito al trattamento del dolore.Dal 2000 in questo servizio è stata introdotta la tera-pia antalgica post-operatoria con l’applicazione del-la pompa elastomerica. La pompa elastomerica è un dispositivo monouso per l’infusione continua di far-maci in soluzione, a velocità costante preimpostata. È costituita da un palloncino-serbatoio in materiale elastico (elastomero) che esercita, sul fluido in esso contenuto, una pressione costante; tale fluido viene spinto lungo una linea d’infusione direttamente in vena, sottocute, intorno ad un plesso, in un’articola-zione od in peridurale.

L’infusione continua di oppioidi e di altri analgesici, con pompa elastomerica, rappresenta una metodica vantaggiosa ed efficace nella cura del dolore acuto.Nel servizio in questione, è stato avviato un proget-to pilota sulla terapia antalgica post-operatoria con pompa elastomerica negli interventi di protesi d’an-ca e ginocchio. Tale scelta è stata dettata dalle se-guenti considerazioni:• l’intensità del dolore è provocata dall’intervento;• i risultati ottenuti fino a quel momento con una te-

rapia antalgica tradizionale erano insoddisfacenti;• gli interventi sono abbastanza numerosi da per-

mettere sia di avere una casistica che di valutare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento antalgico.

Page 12: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

12

feedback

Accanto alle pompe elastomeriche per via endove-nosa sono state provate anche altre tecniche antal-giche: catetere peridurale, catetere peri-neurale (un catetere inserito sotto il controllo di un elettrostimo-latore e posizionato vicino al nervo) con sommini-strazione di boli di anestetico locale, catetere intra-articolare (nelle artroscopie di spalla viene inserito un catetere dentro l’articolazione alla fine dell’inter-vento sotto visione diretta) con pompa elastomerica preparata solo con anestetico locale, pompa per PCA (patient controlled analgesia: dispositivo endoveno-so per mezzo del quale l’utente si autosomministra una piccola dose di soluzione analgesica), terapia antalgica ad orario fisso.Dalla valutazione dei risultati, la tecnica che ha pro-dotto i migliori risultati sia per quanto riguarda il controllo del dolore, la soddisfazione dei pazienti, le minori complicanze e la facilità nella gestione e nel controllo da parte del personale infermieristico è risultata essere la pompa elastomerica endove-nosa.Visti i buoni risultati ottenuti nel controllo del dolore la terapia antalgica post-operatoria è stata applicata a tutte le tipologie di interventi di chirurgia medio-alta delle varie specialità: la chirurgia protesica, la ri-costruzione legamentosa, le artroscopie di spalla, le osteotomie correttive, le laparotomie ginecologiche, la chirurgia addominale e toracica, la proctologia, la laringectomia e la uvulopalatoplastica. Il numero dei pazienti trattati con terapia antalgi-ca post-operatoria è aumentato con il passare degli anni: nel 2001 il numero di pazienti trattati era 391 (di cui 373 con pompa elastomerica) su circa 4.000 interventi (9,78%), mentre nel 2009 i pazienti trattati erano 1.019 su 4.218 interventi (24,16%), di cui 822 con pompa elastomerica endovenosa.La componente ortopedica è sempre molto rilevante, ma si sta diversificando visto l’introduzione di una nuova metodica chirurgica nell’intervento di prote-si d’anca: accesso anteriore mini-invasivo, dove la componente dolorosa è realmente minore rispetto all’intervento tradizionale. I protocolli applicati dal servizio sono stati tratti dalle linee guida della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva e ten-gono in considerazione anche la scala del dolore secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’anestesista in sala operatoria, a seconda dell’età dell’utente, del tipo d’intervento, delle patologie concomitanti e/o delle allergie ai farmaci, decide la terapia antalgica appropriata. Nell’elastomero vengono inseriti farmaci quali analgesici (oppioidi

maggiori), antinfiammatori, antiemetici, gastropro-tettori, in dosi variabili a seconda che l’utente soffra o meno di insufficienza renale o patologie coagula-tive od allergiche.Gli infermieri di anestesia collaborano con il me-dico nella preparazione delle terapia antalgica, in-formano l’utente sullo scopo della stessa e la mo-nitorizzano nelle 48 ore successive all’intervento, rilevando l’esito ed il grado di dolore riferito dal soggetto.Il lavoro dell’infermiere di anestesia si svolge preva-lentemente in sala operatoria dove avviene il primo contatto con il paziente. Qui viene fatta un’anamne-si patologica remota ed il paziente viene informato sui principali passaggi anestesiologici. In questa fase assieme al medico, viene fatta una prima stima pre-dittiva sul grado di dolore a cui la persona potrebbe andare incontro (stima legata all’entità dell’inter-vento ed all’impatto psicologico del dolore stesso, ovvero, se l’utente sarà più o meno in grado di “sop-portarlo”).Vi è, inoltre, uno scambio continuo con i colleghi delle varie unità operative, i quali possono contat-tare l’infermiere di anestesia sia per i casi in cui il dolore non risulta ben controllato, sia nel caso in cui la persona lamenti degli effetti collaterali (nausea, vomito, prurito, sedazione, allucinazioni).In quasi dieci anni, questa esperienza ha fatto cresce-re il gruppo infermieristico del servizio di anestesia sia come persone che come professionisti, ha favori-to un contatto con i pazienti che prima era assente, poiché si concludeva all’uscita dalla sala operatoria, ha portato, inoltre, ad un confronto con i colleghi delle altre unità operative.Si è promosso e sviluppato anche un sempre mag-gior interesse sulla gestione del dolore e sono stati superati molti preconcetti sull’uso degli oppioidi e dei farmaci antidolorifici in genere.

VALUTAZIONE DEL DOLORE PRESSO IL SERVIZIO DI ANESTESIA DEL PRESIDIO OSPEDALIERO DI MONFALCONE.Presso il Servizio di Anestesia del Presidio Ospeda-liero di Monfalcone la misurazione viene effettuata attraverso la VAS oppure la VRS. Dal 2001 ad oggi sono stati raccolti numerosi dati che hanno permes-so di capire quanto sia importante la conoscenza del dolore e la sua misurazione per saperlo affrontare e combattere subito e per permettere al paziente di stare meglio.Nel servizio in questione viene utilizzato il diagram-ma di flusso a lato.

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 13: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

13

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Nel Presidio Ospedaliero di Monfalcone sono sta-ti eseguiti dal 2001 al 2009 circa 45.800 interventi che comprendono sia interventi di chirurgia mag-giore sia interventi di chirurgia minore. Nel corso degli anni si è passati ad un progressivo aumento di controllo del dolore attraverso l’utilizzo di pompe elastomeriche, pompe per PCA (patient controlled analgesia) e terapia ad orario fisso o terapie al biso-gno. Gli infermieri del Servizio di Anestesia misura-no il dolore post-operatorio solo ed esclusivamente nei pazienti con pompe elastomeriche e pompe per PCA.

PROSPETTIVE FUTURE.A fronte di quanto esposto si può comprendere come l’importanza di un’attenta formazione ed un costan-te aggiornamento sul dolore sia fondamentale al fine di superare i dubbi ed i pregiudizi sull’argomento e sulla sua terapia rendendo gli attori più consape-voli, sicuri ed autonomi nell’esercizio delle proprie funzioni.È, infatti, evidente come la soluzione al problema di un inadeguato trattamento del dolore, soprattutto post-operatorio, non risieda soltanto nello sviluppo di nuove tecniche ma anche, e soprattutto, nello svi-

luppo di un’organizzazione che ottimizzi l’utilizzo delle risorse sia tecniche che umane e che predi-sponga una formazione mirata del personale. L’inse-rimento nei piani di sviluppo regionali del progetto “Ospedale senza Dolore” ha fornito nuova linfa a varie iniziative che avevano già preso forma negli ospedali di diverse dimensioni e indirizzo.Ciò che ancora sembra mancare sulla strada verso una gestione del dolore ottimale è una leadership forte che sappia indicare un modello di comporta-mento uniforme che, a sua volta, permetta di rile-vare, valutare e trattare il dolore nel miglior modo possibile senza che questo problema sia lasciato alla sensibilità od alla conoscenza del singolo ope-ratore. Questa leadership potrebbe svilupparsi su più am-biti:• a livello centrale, con il potenziamento del Servi-

zio per il Dolore Acuto ritenuto a livello interna-zionale e dalle linee guida della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva uno strumento organizzativo necessa-rio ed indispensabile per una corretta gestione del dolore. In Italia, questo servizio è stato isti-tuito, all’interno dei dipartimenti di anestesia e

Page 14: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

Referenze.• Associazione Italiana per lo Studio del Dolore. XIII Congresso

Nazionale Torino 2001. Springer-Verlag Italia; 2001.

• Katz J, Melzack R. Measurement of pain. Surg Clin North Am 1999 Apr;79(2):231-52.

• Lanser P, Gesell S. Pain management: the fifth vital sign. Heal-thc Benchmarks 2001 Jun;8(6):68-70.

• Le Breton D. Antropologia del dolore. Roma: Meltemi Editore s.r.l.; 2007.

• Loeser JD, Butler SH, Chapman CR, Turk DC. Bonica’s mana-gement of pain. 3rd edition. Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins; 2001.

• Mercadante S. Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento. Milano: Masson S.p.A.; 2006.

• Molinari E, Castelnuovo G. Psicologia clinica del dolore. Mi-lano: Springer-Verlag Italia s.r.l.; 2010.

• Registered Nurses’ Association of Ontario. Assessment & ma-

nagement of pain. Nursing best practice guideline. Shaping the future of nursing [Online]. November 2002 [accesso del 20 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.rnao.org/Sto-rage/29/2351_BPG_Pain_and_Supp.pdf.

• Registered Nurses’ Association of Ontario. Assessment & management of pain. Supplement. Nursing best practice gui-deline. Shaping the future of nursing [Online]. March 2007 [accesso del 20 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.rnao.org/Storage/35/3004_BPG_Pain_Supplement.pdf.

• Shorten G, Carr DB, Harmon D, Puig MM, Browne J. Posto-perative pain management. An evidenced-based guide to practice. Edizione italiana a cura di Mercadante S. La gestione del dolore postoperatorio. Linee guida di trattamento. Elsevier Masson s.r.l.; 2007.

• Stomberg MW, Wickström K, Joelsson H, Sjöström B, Haljamäe H. Postoperative pain management on surgical war-ds--do quality assurance strategies result in long-term effects on staff member attitudes and clinical outcomes? Pain Manag Nurs 2003 Mar;4(1):11-22.

feedback

14

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

rianimazione, sotto il coordinamento di un me-dico anestesista, responsabile di una equipe di infermieri esperti di dolore che si occupa della rilevazione del dolore e funge da tramite con gli infermieri delle singole unità operative;

• il secondo ambito andrebbe realizzato nelle sin-gole unità operative con la presenza di una figura di coordinamento che promuova un team infer-mieristico aggiornato e sensibile nei confronti del dolore.

Molto spesso tra gli infermieri predominano senti-menti di scoraggiamento e la paura di non riuscire a rispondere al bisogno del loro assistito. A supporto di tale affermazione vi sono alcuni studi che hanno evidenziato come, oltre all’applicazione di proto-colli standard, nelle competenze dell’infermiere en-tra in gioco un fattore tanto importante quanto poco valutabile oggettivamente: l’empatia intesa come “il

mettersi nei panni dell’altro ricordandosi di restare anche un po’ nei propri, senza confondersi con il vissuto dell’altro” ovvero la capacità di percepire ed immedesimarsi anche nel dolore altrui.Se l’empatia però è uno strumento così importante per poter comprendere e contenere il dolore e quin-di per aiutare le persone, come la si può apprendere? Forse rinforzando una formazione che oltre a com-petenze scientifiche sviluppi capacità comunicative, relazionali e psicologiche.Queste nuove competenze, unite alla sensibilità che dovrebbe essere qualità indispensabile per intra-prendere la professione infermieristica, andrebbero a tutto vantaggio del benessere dell’utenza, ed in se-guito anche della stessa professione, che finalmente otterrebbe, insieme ai risultati tangibili della qualità erogata, anche il rispetto sociale che merita.

Il dolore che si sopporta meglio è quello degli altri (anonimo)

Posso simpatizzare con qualsiasi cosa, tranne che con la sofferenza (Oscar Wilde)

Nulla è così facilmente sopportabile come il dolore degli altri(François de La Rochefoucauld)

Page 15: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

Il termine “medicina complementare e alternativa” si riferisce ad un vasto insieme di pratiche sanitarie che non fanno parte della tradizione di un dato paese e che non sono integrate nel sistema sanitario do-minante. Altri termini talora usati per definire queste pratiche sono quelli di “medicina naturale”, “medici-na non convenzionale”, e “medicina olistica”.(1)

La “medicina tradizionale”, invece, comprende di-verse pratiche, metodi, conoscenze e credenze re-lative a prodotti medicinali a base vegetale, animale e/o minerale, terapie spirituali, tecniche manuali ed esercizi applicati singolarmente od in combinazione per mantenere il benessere e per curare, diagnostica-re o prevenire malattie.(1)

Il ricorso alla medicina tradizionale ed alla medicina complementare e alternativa è in costante aumento in tutto il mondo. Attualmente, rappresenta la par-te più consistente dell’assistenza sanitaria a livello mondiale. Nei paesi a basso e medio reddito circa l’80% della popolazione può contare sulla medici-na tradizionale per i propri bisogni sanitari primari.(1) L’utilizzo della medicina complementare e alterna-tiva è sempre più diffuso anche in molti paesi ad alto reddito, dove quasi il 65% della popolazione dichiara di aver fatto ricorso a queste forme di me-dicina.(1,2).Per rispondere alle sfide poste dalla diffusione della medicina tradizionale e della medicina complemen-tare e alternativa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sviluppato la WHO Traditional Medicine Strategy: 2002-2005. Questa strategia ha quattro principali obiettivi:(1)

1. definire un quadro politico;2. garantire la sicurezza, l’efficacia e la qualità;3. aumentare l’accessibilità;4. promuovere un utilizzo appropriato della medici-

na tradizionale e della medicina complementare e alternativa.

I BENEFICI.Molte terapie della medicina tradizionale e della me-dicina complementare e alternativa sono sostenute da evidenze empiriche di sicurezza ed efficacia. Le fonti di tale evidenza sono di solito rappresentate dalla letteratura e dalla farmacopea tradizionali, e/o dall’esperienza clinica raccolta nel corso di secoli. Attualmente, un numero crescente di studi scientifici avvalora l’impiego di determinate terapie della medi-cina tradizionale e della medicina complementare e alternativa.(3)

Le terapie della medicina tradizionale e della me-

dicina complementare e alternativa generano meno effetti indesiderati rispetto a certe terapie convenzio-nali, come quelle con farmaci convenzionali.(3) Per esempio, una commissione dei National Institutes of Health (NIH, Istituti Nazionali della Sanità) ha pub-blicato una dichiarazione congiunta sull’agopuntura che afferma che l’incidenza degli effetti indesiderati derivanti da questa terapia è estremamente bassa, in genere più bassa di quella che si registra con i tratta-menti della medicina convenzionale.(4)

Altra ragione del ricorso a tali medicine come me-todo di cura complementare è l’aumento di casi di malattie croniche e debilitanti per le quali non esiste una terapia.(3)

I principali vantaggi, quindi, sono la diversità e fles-sibilità, la reperibilità ed economicità in molte parti del mondo, la popolarità nei paesi a basso e medio reddito, i costi comparativamente più bassi ed il livel-lo di impegno tecnologico relativamente modesto. Di conseguenza, queste terapie hanno la possibilità di contribuire al miglioramento del sistema sanitario in molti paesi.(1) Tuttavia, esiste la necessità di potenziare la ricerca per avere maggiori conferme della loro effi-cacia. Le misure necessarie per promuovere la ricerca comprendono il riconoscimento della medicina tradi-zionale e della medicina complementare e alternativa sul piano legale, l’aumento dei finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo di metodi di ricerca appropriati per la valutazione delle varie terapie e lo sviluppo di sistemi di tutela dei diritti di proprietà intellettuale.(1)

I RISCHI.Le terapie prescrittive della medicina tradizionale e della medicina complementare e alternativa sono co-munemente usate come sistemi di autocura. Tuttavia, in molti paesi i prodotti della medicina tradizionale e della medicina complementare e alternativa non sono sottoposti a normative, e permangono molte preoccupazioni sui rischi relativi alla sicurezza ed alla qualità dei medicamenti.(5)

L’Uppsala Monitoring Centre, centro collaborante con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per la ricerca sulle reazioni indesiderate ai farmaci (6), ha raccolto dati da tutto il mondo sugli effetti indeside-rati successivi all’utilizzo di terapie prescrittive della medicina tradizionale e della medicina complemen-tare e alternativa.(7)

I rischi comprendono anche effetti indesiderati deri-vanti da pratiche di livello inadeguato, o dall’utilizzo scorretto di queste tecniche da parte di operatori non qualificati. È importante notare che mentre le terapie

Dolore e medicina complementare: l’agopunturaOrietta Masala

feedback

15

il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 16: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

basate su procedure di medicina tradizionale e di me-dicina complementare e alternativa sono relativamente sicure, gli incidenti occasionali non mancano, e si ve-rificano quando gli operatori che applicano le terapie non sono adeguatamente addestrati o non si attengono ad un codice di etica professionale, oppure quando il trattamento non è calibrato ed adattato in funzione della condizione o costituzione del paziente.(3)

La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri esplicita nel suo Consi-glio Nazionale del 2002 che le medicine e le pratiche non convenzionali ritenute in Italia come rilevanti da un punto di vista sociale sia sulla base delle indica-zioni della Risoluzione n. 75 del Parlamento europeo del 29 maggio 1997 e della Risoluzione n. 1206 del Consiglio d’Europa del 4 novembre 1999 che sulla base della maggiore frequenza di ricorso ad alcune di esse da parte dei cittadini oltre che degli indiriz-zi medici non convenzionali affermatisi in Europa, negli ultimi decenni, sono: Agopuntura, Fitoterapia, Medicina Ayurvedica, Medicina Antroposofica, Me-dicina Omeopatica, Medicina Tradizionale Cinese, Omotossicologia, Osteopatia, Chiropratica.(8) L’eser-cizio delle suddette medicine e pratiche non conven-zionali è da ritenersi a tutti gli effetti atto medico.(8)

L’AGOPUNTURA. Definizione.Il termine “agopuntura” descrive una famiglia di procedure che comportano la stimolazione dei pun-ti anatomici del corpo mediante tecniche di vario tipo.(9)

La tecnica di agopuntura comporta l’inserimento di un ago nella pelle e nei sottostanti tessuti in speciali punti conosciuti come punti per scopi terapeutici o di prevenzione.(9)

Cenni storici.L’agopuntura ha origine in Cina ed è parte della me-dicina tradizionale orientale. La sua origine precisa è ancora oggetto di dibattito. Alcuni esperti afferma-no che in qualche tempo agli inizi del I secolo a.C., l’agopuntura era anche una terapia delle signature riferita alla medicina cinese.(10) Altri insistono che i primi riferimenti di agopuntura umana possono esse-re realmente datati solo tra il V e l’VIII secolo d.C..(11) Alcuni autori hanno anche ipotizzato che diversi tatuaggi rinvenuti su resti umani possano indicare l’uso dell’agopuntura in Europa già nel 3300 a.C..(9)

Sebbene l’agopuntura sia stata usata per anni nelle comunità immigrate, l’interesse tra gli occidentali ha avuto momenti altalenanti. Le più recenti ondate di interesse datano intorno al 1970.(9)

L’agopuntura è comunemente usata in Cina, Taiwan, Giappone, Corea, Singapore ed altri stati dell’estre-mo oriente. La sua popolarità è cresciuta rapidamen-te (10), in particolare come trattamento per il dolore.(9)

Concetti tradizionali.Nell’agopuntura il corpo è visto come un delicato equilibrio di due opposte forze e inseparabili: yin e yang. Lo yin rappresenta gli aspetti freddi, lenti o passivi della persona, mentre lo yang ritrae gli aspetti attivi, il caldo, l’eccitato. Un’importante teoria è che la salute sia ottenuta attraverso il bilanciamento di yin e yang e la malattia sia causata da uno squilibrio che porta ad un blocco nel flusso dell’energia vitale del corpo (qi, si pronuncia “chii”).(9)

L’energia vitale e la salute spirituale, emotiva, mentale e fisica sono influenzate dalla controparte di forze yin e yang lungo percorsi noti come meridiani. Il qi può essere sbloccato, secondo la medicina tradizionale cinese, utilizzando l’agopuntura in determinati pun-ti del corpo. Esistono dodici canali principali, detti meridiani, che si estendono verticalmente, bilateral-mente e simmetricamente; ogni canale corrisponde e si connette internamente ad ognuno dei dodici zang fu (organi). Significa che vi sono sei canali yin e sei yang: tre canali yin e tre yang che corrono su ciascun braccio e tre yin e tre yang su ciascuna gamba.(9)

I tre canali yin della mano (polmone, pericardio e cuore), cominciano dal petto e viaggiano lungo la faccia interna (principalmente la porzione anteriore) del braccio, verso la mano. I tre canali yang della mano (intestino crasso, san jiao e intestino tenue) ini-ziano dalla mano e viaggiano lungo la faccia esterna (principalmente la porzione posteriore) del braccio, verso la testa. I tre canali yin del piede (milza, fegato e reni) cominciano dal piede e viaggiano lungo la faccia interna (principalmente la porzione posteriore e mediale) della gamba, verso il petto o il fianco. I tre canali yang del piede (stomaco, cistifellea e vesci-ca) cominciano dal volto, nella regione dell’occhio e discendono lungo il corpo lungo la faccia esterna (principalmente la porzione anteriore e laterale) della gamba, verso il piede.(9)

Il flusso del qi attraverso ciascuno dei dodici canali comprende una via interna ed una esterna. La via esterna è quella normalmente mostrata su una map-pa per l’agopuntura ed è relativamente superficiale. Tutti i punti di agopuntura di un canale risiedono nella sua via esterna. Le vie interne costituiscono il corso profondo del canale nel quale entrano le cavi-tà del corpo e gli organi zang fu correlati. I percorsi superficiali dei dodici canali descrivono tre circuiti completi del corpo.(9)

Secondo la teoria della tradizione medica cinese l’agopuntura funziona normalizzando il flusso del qi, l’energia vitale del corpo. Il dolore o le malattie sono trattate tentando di rimediare le accumulazioni o de-ficienze locali o sistemiche del qi. Si considera che il dolore indichi un blocco od una stagnazione del flusso del qi; un assioma della letteratura medica del-l’agopuntura è “niente dolore, niente blocco; niente blocco, niente dolore”.(9)

feedback

16

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 17: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

Evidenza clinica.Scienza millenaria, terapia alternativa della medicina orientale: l’agopuntura diventa protagonista della di-scussione scientifica. Pratica che fa bene sono a chi ci crede o che ha davvero effetti benefici? Gli scet-tici l’hanno sempre vista con diffidenza, come una tecnica a metà tra l’inutile tortura, di farsi forare con gli aghi, e la stregoneria, ma nel mondo, anche in quello occidentale, l’agopuntura ha riscosso sempre molto successo, soprattutto come cura contro alcuni dolori.Vi sono stati molti studi sui potenziale benefici del-l’agopuntura, il NIH ha riscontrato che, nel comples-so, i risultati sono stati difficili da interpretare a causa di problemi relativi alle dimensioni e alla progetta-zione degli studi.(9)

Il National Center for Complementary and Alterna-tive Medicine (NCCAM, Centro Nazionale per la Medicina Complementare e Alternativa) ha finan-ziato una ricerca scientifica per far progredire la co-noscenza dell’agopuntura. Alcuni recenti studi del NCCAM sono indirizzati a:(9)

• valutare se l’agopuntura funziona per specifiche condizioni di malattia come ad esempio il mal di schiena, i mal di testa cronici ed il dolore al ginocchio;

• come l’agopuntura potrebbe funzionare, ad esem-pio ciò che accade nel cervello durante il tratta-mento di agopuntura;

• modi per meglio identificare e comprendere le potenziali proprietà neurologiche dei meridiani e dei punti di agopuntura;

• metodi e strumenti per migliorare la qualità della ricerca sull’agopuntura.

Secondo una ricerca eseguita dal neurobiologo Maiken Nedergaard e dai suoi collaboratori presso l’University of Rochester Medical Center e pubbli-cata sulla rivista Nature Neuroscience, l’agopuntura agisce favorendo il rilascio nei tessuti interessati di adenosina, che entra in relazione con i segnali di dolore al cervello.(12) L’adenosina è un nucleoside composto da una molecola di adenina legata ad un ribosio che è noto per partecipare ai meccanismi di regolazione del sonno, per la sua azione sul cuore e per le sue proprietà antinfiammatorie. L’adenosi-na, prodotta a livello della cute, ha peraltro anche un’azione analgesica che esplica in occasione di lesioni attraverso l’inibizione della trasmissione dei segnali dolorifici.(12)

Questo ed altri studi inglesi e tedeschi evidenziano come possano integrarsi tecniche diagnostico-tera-peutiche con basi culturali e scientifiche tra loro di-versissime con risultati clinici di sicura efficacia.(9) In particolare, alcune recenti revisioni della Cochrane Collaboration, che rivedono periodicamente in ma-niera sistematica gli studi clinici pubblicati, selezio-nando quelli di maggiore qualità, individuano indi-cazioni di sicura efficacia soprattutto nell’area del dolore.(13,14) Bisogna sottolineare che la medicina cinese non trat-ta mai “una patologia” ma sempre “il paziente nella sua interezza”. Ciò rende non standardizzabile la cura e, quindi, difficilmente studiabile secondo i cri-teri scientifici di evidence-based medicine. Tuttavia i ricercatori hanno evidenziato che il meccanismo dovrebbe essere studiato ancora e meglio per capir-ne tutte le implicazioni.(9)

Referenze.(1) World Health Organization Geneva. WHO Traditional Me-

dicine Strategy 2002-2005. [Online]. 2002 [accesso del 5 settembre 2010]. Disponibile da: http://whqlibdoc.who.int/hq/2002/who_edm_trm_2002.1.pdf.

(2) Ernst E. Prevalence of use of complementary/alternative medicine: a systematic review. Bull World Health Organ 2000;78(2):252-7.

(3) World Health Organization Geneva. General guidelines for methodologies on research and evaluation of traditional medicine [Online]. 2000 [accesso del 5 settembre 2010]. Disponibile da: http://apps.who.int/medicinedocs/pdf/whozi-p42e/whozip42e.pdf.

(4) National Institutes of Health. NIH Panel Issues Consensus Statement on Acupuncture [Online]. 1997 [accesso del 5 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.nih.gov/news/pr/nov97/od-05.htm.

(5) Ernst E, Pittler MH, Wider B. The desktop guide to comple-mentary and alternative medicine: an evidence-based approa-ch. 2nd edition. Philadelphia: Elsevier Ltd; 2006.

(6) Uppsala Monitoring Center. Welcome to the UMC [Online]. [accesso del 5 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.who-umc.org/DynPage.aspx.

(7) Farah MH, Edwards R, Lindquist M, Leon C, Shaw D. In-ternational monitoring of adverse health effects associated with herbal medicines. Pharmacoepidemiol Drug Saf 2000 Mar;9(2):105-12.

(8) Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Consiglio Nazionale della FNOMCeO (Ter-ni 18 Maggio 2002). Medicine non convenzionali: la posizio-ne della FNOMCeO [Online]. 2002 [accesso del 5 settembre 2010]. Disponibile da: http://www.aslbrescia.it/asl/media/do-cumenti/medicina_complementare/posizione_fnomco.pdf.

(9) Ernst E, Pittler MH, Wider B. Complementary therapies for pain management. An evidence-based approach. Cambridge: Elsevier Limited; 2007. Traduzione di Santini G. Le medicine complementari e il dolore. Un’approccio basato sull’evidenza clinica. Milano: Elsevier s.r.l.; 2009.

(10) Kaptchuk TJ. Acupuncture: theory, efficacy, and practice. Ann Intern Med 2002 Mar 5;136(5):374-83.

(11) Imrie R, Ramey DW, Buell PD, Ernst E, Basser S. Veterinary acupuncture and historical scholarship: claims for the antiqui-ty of acupuncture. The Scientific Review of Alternative Medi-cine Summer 2001;5(3):133-9.

(12) Goldman N, Chen M, Fujita T, Xu Q, Peng W, Liu W, et al. Adenosine A1 receptors mediate local anti-nociceptive effects of acupuncture. Nat Neurosci 2010 Jul;13(7):883-8.

(13) Linde K, Allais G, Brinkhaus B, Manheimer E, Vickers A, White AR. Acupuncture for tension-type headache. Cochrane Database Syst Rev. 2009 Jan 21;(1):CD007587.

(14) Green S, Buchbinder R, Hetrick S. Acupuncture for shoul-der pain. Cochrane Database Syst Rev. 2005 Apr 18;(2):CD005319.

feedback

17

il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 18: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

Collegio Provinciale di GoriziaInfermieri Professionali, Assistenti Sanitari,

Vigilatrici d’Infanzia

AGGIORNAMENTO 2010

LA LETTURA DEL CODICE DEONTOLOGICO NELLA PRATICA QUOTIDIANA E NELLA RICERCA

Riflettere criticamente sull’esperienza e la ricerca

Gorizia, 19 ottobre 2010 dalle ore 14.30 alle 18.30

Relatori: DANTE A. - BUCHINI S.Multietnicità e multiculturalità: approccio infermieristico Monfalcone, 26 ottobre 2010dalle ore 14.30 alle 18.30Relatori: FEDEL E. M. - GRACEFFA G. - SZULIN M.

Risk Management: operare con prudenza nell’agire

professionaleGorizia, 09 novembre 2010

dalle ore 14.30 alle 18.30Relatori: GIURICIN G. - MASALA O.

- ZUCH C.Pratica infermieristica e codice deontologico nella quotidianitàMonfalcone, 16 novembre 2010dalle ore 14.30 alle 18.30Relatori: DANTE A. FEDEL E. M. - GOINA S.

La lettura del codice deontologico nella

pratica quotidiana e nella ricerca

Moderatore degli Incontri:Il Presidente Mario SCHIAVON

Destinatari: Infermiere, Infermiere Pediatrico, Assistente Sanitario.Posti disponibili per incontro: 70.Accreditamento ECM regionale: per ciascuno degli incontri è stato richiesto l’accreditamento, pertanto si potrà scegliere a quali incontri partecipare (anche solo ad uno o più).

Costo di iscrizione per ciascun incontro: Euro 10,00.Sedi: vedi singolo corso.Segreteria organizzativa: Collegio IPASVI di Gorizia - Via Morelli, 38 - 34170 Gorizia - tel/fax 0481534024 - sito web: www.ipasvigorizia.it - e-mail: [email protected].

Il Collegio Provinciale I.P.A.S.V.I. di Gorizia ha organizzato degli eventi formativi per l’autunno 2010. Qui di seguito viene riportata la locandina.

News: corsi di aggiornamento organizzati dal collegio provinciale i.p.a.s.v.i. di gorizia per l’anno 2010.Sara Buchini

18

feedback

il periodico del Collegio

IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 19: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini

Bacheca Sara Buchini

CAMBIO INDIRIZZO

Si invitano tutti gli iscritti che variano

indirizzo ad informare tempestivamente

sia telefonicamente che via mail la

Segreteria del Collegio.

BIBLIOTECA DEL COLLEGIO

I testi della biblioteca del Collegio possono essere consultati dagli iscritti durante l’orario di apertura dell’ufficio: Martedì e Venerdì dalle 16.00 alle 19.00.

PUBBLICAZIONI SU FEEDBACK, PERIODICO DEL COLLEGIOFeedback è aperto alla collaborazione di quanti desiderino intervenire sulle sue pagine con argomenti riguardanti qualsiasi aspetto della professione. Gli articoli dovranno essere redatti in lingua italiana, su supporto Word in ambiente Windows e dovranno comprendere titolo ed autore nonché gli eventuali riferimenti bibliografici (stile Vancouver). Con l’invio del testo e degli eventuali allegati, l’autore concede piena autorizzazione ad utilizzare l’articolo sia per la pubblicazione che per eventuali riedizioni. La Redazione si riserva la facoltà di apportare eventuali modifiche al testo originale, tali da non stravolgere le intenzioni dell’autore, che sarà debitamente e anticipatamente informato di tale evenienza.

INDIRIZZO DEL COLLEGIO

Il Collegio si trova a Gorizia

in Via Morelli n. 38. Tel/fax 0481534024.

Sito web: www.ipasvigorizia.it.

E-mail: [email protected].

ORARIO DI APERTURA DEL COLLEGIO

La segreteria del Collegio è aperta il martedì ed il venerdì dalle 16.00 alle 19.00.

19

feedbackil periodico del Collegio IPASVI di Gorizia

anno X n. 3/2010

Page 20: il periodico del Collegio IPASVI di Gorizia - anno X n.3 ...ipasvigorizia.it/allegati/allegatiFeedback/feedback32010.pdf · l’assistenza infermieristica ed il dolore S. Buchini