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INTERVISTA AL NUOVO AMMINISTRATORE DELEGATO: «I SOCI? MEGLIO LIGURI» MONTANI: «CON L'AUMENTO BANCA CARIGE CE LA FARÀ» icurazioni, vendita entro fine anno: «C'è molto interesse» FRANCESCO FERRARI » 7 AUMENTO DI CAPITALE, CESSIONI, INFRASTRUTTURE: PARLA L'AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA BANCA MONTANI «Assicurazioni Carige, vendiamo entrofineanno» «Il piano da 800 milioni? Ambizioso, ma ce la faremo Contiamo su nuovi soci stabili: li preferiamo liguri» L'INTERVISTA FRANCESCO FERRARI GENOVA. Sveglia all'alba e riunio- ni convocate alle 7 del mattino, con una tolleranza che raramente sfo- ra i trenta minuti. I primi ad essersi accorti del cambiamento, in Banca Carige, sono stati i dirigenti. «Io come Renzi? No, guardi, nessun plagio: questi sono i miei orari da sempre. Vero, presidente?», e giù un sorriso di pietra rivolto a Cesare Castelbarco Albani, che dall'altra parte dell'ufficio annuisce: «È ve- ro, Piero è fatto proprio così». Piero, all'anagrafe, è Piero Luigi Montani, il manager tornato a Ge- nova per mettere in sicurezza la cassaforte della città: Banca Cari- ge. Poltrona che scotta, la sua. E non solo per essere appartenuta al padre-padrone della vecchia Cassa di risparmio, Giovanni Berneschi. «Se sono ottimista? Compiti facili / non ne esistono, in questo momen- to - dice al SecoloXIX- La crisi non ha risparmiato nessuno, soprat- tutto in una regione debole come questa. Eppure ottimista lo sono. La banca ha una storia importante e grandissime potenzialità,oltre a un gruppo dirigente all'altezza. Queste sono le migliori premesse per rilanciare Carige. E cambiar- la, dove necessario». Prima della crisi il modello di banca più ambito era quello di banca internaziona- le. Durante la crisi anche i big, scottati dagli errori fatti sui mercati esteri, hanno scoperto il modello territoriale. Poi è arri- vata la crisi delle ban- che territoriali. Montani che mo- dello di banca ha in mente? «Carige è sem- pre stata una ban- ca territoriale, e continuerà a es- serlo. La sua sto- ria è lì a testimo- niarlo. Per essere ancora più diretti: il processo di risanamen- to che abbiamo avviato non inten- de assolutamente snaturare il dna dell'istituto. Non dobbiamo di- menticare che, pur avendo un peso molto importante, rispetto ai cin- que "big" del mercato siamo una realtà di dimensioni medio-picco- le. Siamo una banca regionale che non vuole rinunciare a mantenere un forte interesse in altre aree, co- me la Lombardia, il Piemonte e il Veneto. L'80% della nostra atti- vità si concentrerà, non a caso, k nel Nord Italia». Avete appena approvato un piano ambizioso, che prevede un aumento di capitale di 800 milioni da perfezionare entro l'estate. Ce la farete? «È un piano certamente ambi- zioso, basti pensare che parliamo di una cifra superiore alla metà del- la nostra attuale capitalizzazione

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INTERVISTA AL NUOVO AMMINISTRATORE DELEGATO: «I SOCI? MEGLIO LIGURI»

MONTANI: «CON L'AUMENTO BANCA CARIGE CE LA FARÀ»

icurazioni, vendita entro fine anno: «C'è molto interesse» FRANCESCO FERRARI » 7

AUMENTO DI CAPITALE, CESSIONI, INFRASTRUTTURE: PARLA L'AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA BANCA

MONTANI «Assicurazioni Carige,

vendiamo entro fine anno» «Il piano da 800 milioni? Ambizioso, ma ce la faremo Contiamo su nuovi soci stabili: li preferiamo liguri»

L'INTERVISTA

FRANCESCO FERRARI

GENOVA. Sveglia all'alba e riunio­ni convocate alle 7 del mattino, con una tolleranza che raramente sfo­ra i trenta minuti. I primi ad essersi accorti del cambiamento, in Banca Carige, sono stati i dirigenti. «Io come Renzi? No, guardi, nessun plagio: questi sono i miei orari da sempre. Vero, presidente?», e giù un sorriso di pietra rivolto a Cesare Castelbarco Albani, che dall'altra parte dell'ufficio annuisce: «È ve­ro, Piero è fatto proprio così».

Piero, all'anagrafe, è Piero Luigi Montani, il manager tornato a Ge­nova per mettere in sicurezza la cassaforte della città: Banca Cari­ge. Poltrona che scotta, la sua. E non solo per essere appartenuta al padre-padrone della vecchia Cassa di risparmio, Giovanni Berneschi. «Se sono ottimista? Compiti facili

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non ne esistono, in questo momen­to - dice al SecoloXIX- La crisi non ha risparmiato nessuno, soprat­tutto in una regione debole come questa. Eppure ottimista lo sono. La banca ha una storia importante e grandissime potenzialità,oltre a un gruppo dirigente all'altezza. Queste sono le migliori premesse per rilanciare Carige. E cambiar­la, dove necessario».

Prima della crisi il modello di banca più ambito era quello di banca internaziona­le. Durante la crisi anche i big, scottati dagli errori fatti sui mercati esteri, hanno scoperto il modello territoriale. Poi è arri­vata la crisi delle ban­che territoriali. Montani che mo­dello di banca ha in mente?

«Carige è sem­pre stata una ban­ca territoriale, e

continuerà a es­serlo. La sua sto­ria è lì a testimo­niarlo. Per essere ancora più diretti: il processo di risanamen­to che abbiamo avviato non inten­de assolutamente snaturare il dna dell'istituto. Non dobbiamo di­menticare che, pur avendo un peso molto importante, rispetto ai cin­que "big" del mercato siamo una realtà di dimensioni medio-picco­le. Siamo una banca regionale che non vuole rinunciare a mantenere un forte interesse in altre aree, co­me la Lombardia, il Piemonte e il Veneto. L'80% della nostra atti­vità si concentrerà, non a caso, k nel Nord Italia».

Avete appena approvato un piano ambizioso, che prevede un aumento di capitale di 800 milioni da perfezionare entro l'estate. Ce la farete?

«È un piano certamente ambi­zioso, basti pensare che parliamo di una cifra superiore alla metà del­la nostra attuale capitalizzazione

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di Borsa. Ma mi permetta di far no­tare che quegli 800 milioni, rispet­to ad altri aumenti di capitale, sem­brano davvero poca cosa. Io resto convinto che Carige possa guarda­re con fiducia alla realizzazione del piano, nei tempi stabiliti».

Moody's non è così ottimista. L'agenzia di rating ha messo in dubbio la capacità della banca di arrivare preparata all'esame della Bce, il prossimo autunno.

«Moody's ha fatto semplice­mente il suo lavoro. Si sa come agi­scono le agenzie di rating: esami­nano il passato, non il presente, e lanciano allarmi sul futuro. Il giu­dizio di Moody's, da questo punto divista, non mi ha stupito. Spetta a noi smentirlo, e il piano che abbia-

LA CLASS ACTION

«Umanamente capisco i piccoli

azionisti. Posso solo dire: abbiate fiducia» mo approvato è stata la prima ri­sposta concreta agli scettici».

Carige sta cercando investi­tori internazionali.

«Cerchiamo chiunque sia inten­zionato a investire nella nostra banca».

Certo: ma il road show che avete organizza­to all'estero si­gnifica che guar­date anche al di là dei confini na­zionali. Avete ri­scontrato inte­resse?

«Fra Milano e Londra abbiamo avuto contatti con una settantina di soggetti. L'unico problema riscontrato è il size della banca: come le dicevo, non siamo un istituto di grandi dimensioni e non tutti ci conoscono. Ma l'inte­resse, oggettivamente, c'è».

Anche fra gli italiani? «Noi contiamo molto sugli inve­

stitori italiani, soprattutto sui ligu­ri. Nella banca del futuro ci sarà bi­sogno di qualcuno che conosca me­glio di altri il territorio, le sue spe­cificità, le sue esigenze. Anche

perché una cosa è un investitore "di transito", altra cosa è un socio stabile».

Quando si parla di investitori stabili spuntano sempre i nomi di Bonomi e Malacalza.

«Come ho già detto, saremmo ben lieti di averli fra i nostri soci».

Nella situazione che si è de-terminatac'è il rischio concreto che Carige finisca sotto il con­trollo di un gruppo straniero?

«In astratto è un rischio, se vo­gliamo chiamarlo così, che corro­no tutti. Anche Unicredit e Inte­sa».

Nel piano industriale si fa ri­ferimento a tagli dei costi e mi­glior gestione del credito. Se­condo alcuni analisti - di recen­te ne ha parlato Ernst & Young -con l'avvicinarsi dell'esame Bce le banche potrebbero interveni­re negativamente sul credit

crunch. Carige come si compor­terà con la sua clientela, dalle aziende alle famiglie?

«Sinceramente non vedo questa correlazione diretta fra i test della Bce e l'accesso al credito. Il raffor­zamento del capitale, per quanto ci riguarda, servirà proprio a miglio­rare il rapporto trabanca e il tessu­to produttivo del territorio. In Li­guria la crisi si è fatta sentire più che altrove: il nostro sostegno alla piccola e media impresa non man­cherà».

Il settore marittimo rappre­senta ormai la prima industria della regione. Carige come si sta confrontando con i suoi opera­tori?

«Ho avuto modo di incontrarne parecchi. Tutti mi dicono che i traffici stanno aumentando, e che il solo porto di Genova sarebbe in grado di raddoppiarli se solo aves­se delle infrastrutture decenti. Purtroppo, da genovese trapianta­to a Milano da anni, non posso che confermare questo limite. Le rica­dute positive di un'opera come l'al­ta capacità/velocità sarebbero im­mense».

Carige è pronta a fare la sua parte?

«È la città che deve farlo, prima dellabanca. Senza il Terzo valico le potenzialità del porto rischiano di essere annientate: questo è poco ma sicuro».

A proposito di infrastrutture: fino all'anno scorso Carige era intenzionata a finanziare l'ac­

quisizione dell'aeroporto Cri­stoforo Colombo da parte della Camera di commercio. Il dos­sier è ancora aperto?

«Da quando sono qui nessuno me ne ha parlato».

La cessione delle assicurazio­ni, che assieme ad altri asset valgono circa 90 punti base ai fi­ni del Common Equity Tier 1 di Basilea 3, si sta rivelando tut-t'altro che semplice. Adesso che si è conclusa l'ispezione Ivaas si sta muovendo qualcosa?

«Cedere un'assicurazione non è mai facile. È uno dei pochi casi in

cui esiste un'Au­torità che deve vi­gilare sia sul ven­ditore che sull'ac­quirente. Detto questo, il fatto di avere chiuso il bi­lancio e recepito le indicazioni del-l'Ivaas ci sta age­volando parec­chio. Diciamo che dalle manifesta­

zioni di interesse dovremmo pas­sare presto a una o più proposte concrete».

Tempi di chiusura? «Probabilmente entro l'anno». Capitolo esuberi. Lei ha ga­

rantito che «non ci sarà macel­leria sociale».

«Infatti non ci sarà. Il piano non prevede licenziamenti, ma uscite incentivate, pensionamenti e ri­collocazioni. Nulla di tragico. Cer­to: l'organizzazione della rete an­drà radicalmente rivista. Rinunce­remo a 80/90 sportelli e adottere­mo il modello "hub and spoke", con alcune filiali alleggerite della fun­zione di cassa, mentre 600 risorse andranno a incrementare l'attività di vendita».

Che cosa si sente di dire ai pic­coli azionisti che hanno intra­preso una class action contro la precedente gestione della ban­ca?

«Posso dire che umanamente li capisco, e che immagino la loro rabbia e il loro nervosismo. Ma l'andamento del titolo non dipen­de dalla banca. In questi anni le azioni Carige sono state sostan­zialmente in linea con quelle degli altri istituti. Ai piccoli azionisti chiedo solo tanta fiducia. Spero che accettino il mio consiglio». [email protected] @ RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL FUTURO DELL'ISTITUTO

Finire in mani di gruppi stranieri? È un rischio che in astratto riguarda tutti, anche Unicredit e Intesa Sanpaolo

IL SOSTEGNO AL TERRITORIO E IL CREDIT CRUNCH

In Liguria la crisi si è fatta sentire più che altrove: noi non abbandoneremo aziende e famiglie PIERO LUIGI MONTANI a.d. Banca Carige

La scheda * Piero Luigi Montani, classe 1954,

-^ genovese, è stato nominato amministratore delegato di Banca Carige lo scorso 29 ottobre.

• Dopo avere iniziato la carriera come impiegato, a 20 anni, nel Credito Italiano, per poi diventar­ne top manager, Montani ha ricoperto fra gli altri i ruoli di direttore generale e amministra­tore delegato di Banca Popolare di Novara e amministratore delegato di Banca Antonveneta.

Nel 2011 è nominato a.d. di NedioCredito Centrale (gruppo Poste), un anno più tardi diventa consigliere delegato di Banca Popolare di Milano.

• Dal 2002 è Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica. Sposato, un figlio, vive tra Carate Brianza e Genova

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